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DADAISMO

Siamo nel 1916 e l’arte ha poco spazio per esprimersi tant’è che un gruppo di artisti ed
intellettuali formato da Arp, Tzara, Janco, Richter e Huelsenbeck fuggi nella svizzera
neutrale e si rifugiarono a Zurigo che allora era l’epicentro dell’avanguardia Europea, dove
diedero vita all’arte dell’esilio. È proprio nella Svizzera neutrale della prima guerra mondiale
che nasce e si sviluppa dal 1916 al 20 il movimento Dada o Dadaismo. Il movimento ebbe il
suo esordio a Zurigo nel 1916 e si diffuse immediatamente in Europa quindi in Germania,
Berlino, Colonia e Hannover, Francia, Parigi, Italia, Firenze Mantova, Trieste e Roma e poi
arrivò anche negli Stati Uniti a NY. La data ufficiale è fissata il 5 Febbraio del 1916 giorno
mese e anno in cui venne anche inaugurato il Cabaret Voltaire fondato da Hugo Ball.
Con questo termine non si intende nulla neanche un movimento, nasce dalla doppia
affermazione “da da” che in russo significa sisi, in tedesco là là. In italiano costituisce la
parola onomatopeica che utilizzano i bambini per indicare qualsiasi cosa . In francese
significa cavallo a dondolo, secondo altri invece questo termine venne scelto casualmente
perché un tagliacarte si conficca casualmente nella pagina di un dizionario francese nella
parola Dada, un suono privo di significato. Secondo gli stessi dadaisti, il Dadaismo non era
arte ma antiarte e cercava di combattere l’arte con l’arte quindi per ogni cosa che l’arte
sosteneva i dadaisti rappresentano l’opposto e questo era la prima caratteristica del
movimento: rifiutare ogni atteggiamento razionalistico. Questo rifiuto viene usato come una
clava per combattere le convenzioni borghesi. Pur di rinnegare la razionalità erano
irrispettosi, stravaganti, provavano disgusto nei confronti del passato, ricercavano la libertà
creativa attraverso nuovi materiali e forme per raggiungere il loro fine ultimo ovvero
distruggere l’arte. La loro parola d’ordine è “nihil” ovvero niente, niente deve essere
conservato, tutto deve essere distrutto. La distruzione era necessaria per ripartire con una
nuova arte, non più sul piedistallo dei valori borghesi ma coincidente con la vita stessa e non
separata da essa. Per attuare questa distruzione di facevano manifestazioni pubbliche,
dimostrazioni, pubblicazioni ed era soprattutto attraverso il Cabaret Voltaire si attuava la
distruzione perché si discuteva sull’arte, su mostre d’arte russa e francese, danze, letture
poetiche ed esecuzioni di musiche africane. Inoltre si mettevano in scena esibizioni di
spettacoli provocatori e dissacranti che si trasformano in autentici eventi culturali. C’era
l'intento di stupire, provocare in modo da proporre un’arte nuova ed originale ed hanno
anche un punto che li differenzia rispetto ai futuristi soprattutto il diverso atteggiamento nei
confronti della guerra, i futuristi avevano una posizione interventista mentre i dadaisti ne
erano contrari. L’arte si sviluppa attraverso le riviste che assumerà un’importanza pari se
non superiore a quella delle riviste tedesche. Anche il movimento dada presenta delle riviste
di maggior rilievo: “Dada” fondata a Zurigo nel 1917 da Tzara e diffusa fino al 291,
"Literature" fondata nel 19 “Cannibale” fondata nel 20 a Parigi, “Mecano” fondata nel 22 da
Theo Van Doesburg , "Dudù" “Bleu” fondata a Mantova da Cantarelli, Fiozzi e Tzara.
Nel 1918 Tzara scrisse il primo manifesto del Dadaismo dove espone i principi teorici e
pratici del movimento anti tutto. Nasce proprio come movimento che legittima l’assurdo
intenzionale, il gesto gratuito e la totale casualità come canone d’arte.
Rifiuta ogni atteggiamento razionale e per continuare a produrre opere d’arte si affida al
Ready Made. Questo termine indica opere realizzate con oggetti reali non prodotti con
finalità estetiche e presentati come opere d’arte. Il termine viene tradotto come già fatto,
confezionato, prefabbricato e pronto all’uso e si riferisce ad un oggetto disponibile sul
mercato del quale l’artista si appropria così com’è ma privandolo della sua funzione
utilitaristica. A questo oggetto deve essere aggiunto un titolo, una data, un’iscrizione e
l’opera deve essere manipolata quindi o capovolta, o sospesa o ribaltata o fissata al muro o
al terreno e presentata in una mostra d’arte in cui a questo oggetto gli viene conferito lo
status di opera d’arte. L’artista considerato uno dei maggiori rappresentanti del Dadaismo è
il francese Marcel Duchamp 1887-1968. E ha costruito il primo prototipo di nuovo artista da
intendersi come un uomo intellettuale pronto a porsi in maniera inaspettata solo per il
piacere di essere diverso. La Anormalità intesa come qualsiasi rifiuto è pratica sia di arte che
di vita. Sin da inizio mostra una sua irrequietezza culturale che lo porta a sommare
esperienze eterogenee, le sue prime esperienze pittoriche iniziano nel 1904 a Parigi mostra
la facilità di assimilazione le principali novità stilistiche del momento: Neoimpressionismo,
Fauvismo, Simbolismo, Futurismo ma soprattutto nell’ambito del Cubismo lui muove i primi
passi. A questo periodo appartiene una delle sue prime opere che è “Nudo che scende le
scale numero due” presentato nel 1912 al salone degli indipendenti di Parigi.
Il dipinto si sviluppa in verticale e combina sia elementi Cubisti che Futuristi e raffigura il
movimento di una figura ocra e marrone nell’atto di compiere un movimento astratto
attraverso la sovrapposizione di immagini in sequenza. Le parti del corpo discernibili dalla
figura sono composte da elementi astratti, annidati, conici, cilindrici assemblati insieme in
modo da suggerire il senso del ritmo e trasmettete anche il senso del movimento della figura
che sembra fondersi con lo spazio. I contorni scuri limitano i contorni del corpo e fungono da
linee di movimento che enfatizzano questa figura dinamica colta nell’atto di muoversi in
avanti mentre gli archi tratteggiati sembrano suggerire il movimento pelvico. Il movimento
della figura sembra ruotare in movimento antiorario dall’angolo in alto a sinistra verso
l’angolo in basso a destra e mano a mano che la sequenza in movimento si allontana dalla
parte in alto a destra e si avvicina in quella in alto a sinistra il soggetto diventa più cupo,
trasparente, quasi come raffigurare un movimento avvenuto in passato che però è rimasto
congelato nel tempo mentre il centro è una amalgama di luci, ombre che diventano sempre
più taglienti avvicinandosi ai bordi. La tavolozza presenta colori caldi, monocromatici che
virano dagli ocra alle tonalità scure quasi nere e in basso a sinistra ha inserito il titolo in
stampatello Nu Descendant Un Escalier, sembra correlato all’opera presentata e affianco vi
è la firma.
Il soggetto rappresentato raffigura una figura umana priva di identità, di età, di carattere e di
individualità anche se alcuni critici abbiamo presunto che sia un soggetto maschile. Lo
sfondo presenta le stesse caratteristiche del soggetto, è di colore scuro in modo da mettere
in risalto il soggetto dell’opera.
L’opera venne rifiutata in quanto sembrava più futurista che cubista e questo segnò il
distacco da Duchamp dal Cubismo.

“Bambina che corre sul balcone” 1912 è una delle opere più famose di Balla, il padre del
futurismo in ambito pittorico del futurismo e questo quadro trae spunto da un soggetto di
natura quotidiana. Lui ha fissato sulla tela lo spostamento veloce continuo di una bambina
ripetuto più volte in posizioni diverse ma sempre molto ravvicinate utilizzando la stessa
forma (questo è il concetto della foto dinamica). Il tacco è la punta dello stivaletto, gli spigoli
del gomito e del ginocchio rivolti in direzioni diverse, e la rotondità della testa. Le aste
verticali e orizzontali della ringhiera e le singole parti del corpo della bambina si
sovrappongono senza interruzione fondendosi in un’unica visione dinamica. Questo senso
del movimento è dato da un’inquadratura molto ravvicinata come fosse un primo piano quasi
una fotografia. C’è un taglio fotografico per indicare che il movimento è iniziato prima e
continua anche dopo la tela, serve per aumentare lo spazio del tempo e lo spazio fisico della
scena. Abbiamo vibrazioni luminose che generano questo senso di movimento, i colori sono
saturi, vivaci e il loro accostamento restituisce la vitalità della bambina e la corsa. La tecnica
utilizzata è quella del puntillismo come se fossero delle tessere di mosaico colorate che
accostate tra loro creano questa continuità dell’immagine e al tempo stesso frammentano la
visione della forma in movimento.

“La Ruotino” di Malevich 1912-13 nel periodo Cubofuturista e questa opera nasce dalla
frammentazione della forma associata al futurismo e dalla geometria astratta legata al
cubismo. Si presenta come un caleidoscopio di colori metallici, forme geometriche ripetitive,
luccicanti come in uno specchio rotto che fanno origine a questa forma complessa, ad una
scena dinamica di energia umana. Al centro abbiamo un uomo baffuto con abito e cappello
seduto davanti ad una molatrice mentre affila un coltello tenuto con la mano destra. Dietro di
lui abbiamo delle mensole sulle quali sono posati dei vasi, un tavolo, mentre a destra ci sono
degli oggetti grigi che alcuni critici hanno visto come dei palazzi e grattacieli, mentre in
basso a destra abbiamo una piccola scala. Ci sono colori metallici e brillanti dove dominano i
colori blu, verde e argento supportati dall’ arancione, dal giallo, marrone e cremisi e questa
tavolozza è stata probabilmente scelta per enfatizzare il modo violento in cui i trucioli e il
coltello luccicano.

Il nome di Deschamps è legato al concetto del Ready Made e alla sua innovazione di
prendere un oggetto qualsiasi e renderlo un'opera d’arte. Il più celebre esempio provocatorio
del Ready Made è FONTANA realizzato del 1917 che è un orinatoio maschile in maiolica
bianca capovolto firmato R Mut 1917 e viene collocato su un piedistallo. Gli unici esemplari
sono tutte repliche dell’originale in quanto l’originale non esiste più. Nell’opera convergono 4
ambiti concettuali: l'orinatoio, l’oggetto, il titolo, la collocazione e la firma. La firma a sua volta
è un gioco intellettuale complesso, la R sta per Richard che in francese popolare significa
borsellino in inglese invece la radice rich significa riccio. Invece lo pseudonimo Mut potrebbe
derivare dalla ditta di sanitari Mot Ironwork oppure dal nome di un personaggio di una
striscia di cartone chiamato mud and jeff. Mud in inglese significa babbeo o cane rognoso
ma il senso di provocazione in quest’opera è giocata tra la forma dell’orinatoio in rapporto
allo pseudonimo. La parola Mut potrebbe derivare da Mutter ovvero madre ma anche dalla
dea egizia mut che era dotata di attributi maschili e femminili in quanto generatrice di vita. La
provocazione deriva anche dalla forma perché la parte superiore ha questa forma
triangolare che lo assimila al fallo maschile mentre la parte inferiore panciuta rappresenta il
ventre materno quindi la forma unita al titolo fontana indica una fonte di vita. Di conseguenza
l’opera diviene attraverso un gioco di parole concettuali una sorta di vitello d’oro scatologico.
L’opera doveva essere presentata alla mostra degli artisti indipendenti di NY nel 1917 che
era una delle più prestigiose rassegne d’arte allestite in america. L’evento era organizzato
da intellettuali in posizione polemica nei confronti della National Academy of Design perché
secondo le regole tutti sottoscrivendo una somma di pochi dollari potevano partecipare
all’esposizione presentando un massimo di 2 opere. Deschamps che era uno dei direttori
della società e membro del comitato amministrativo per non essere riconosciuti decise di
presentare la sua opera fontana firmandola R Mut. Questo pseudonimo criticava i
collezionisti avidi che lui chiamava parassiti. Il fatto di trasformare un orinatoio in un’opera
d’arte voleva sollecitare il pubblico alla riflessione e al dibattito artistico, lui metteva in
discussione il concetto di opera d’arte come fecero gli accademici e i critici suggerendo che
solo l’artista poteva decretare cosa fosse arte. Deschamps metteva in crisi anche il ruolo del
mezzo, del supporto artistico che era sempre secondario all’idea dell’artista. La scelta di
utilizzare un orinatoio gli permetteva di giocare su più piani: poteva suscitare imbarazzo ma
se visto al contrario la sua forma richiamava la sfera sessuale. Con questa operazione
voleva sfidare il comitato e le sue regole che loro stessi avevano stabilito per combattere
l’arte. L’opera suscitò disgusto e si offesero perché pensavano che lo volessero prendere in
giro. Era un oggetto offensivo, era immorale e volgare era un plagio un evidente pezzo
idraulico. Al di là dell’aspetto provocatorio l’operazione di Deschamps è una riflessione sul
linguaggio e relazione tra nome, concetto e contesto e sui rapporti tra arte e vita. Il fine di
ogni Ready Made è quello di non rappresentare limitazioni della realtà ma di sostituirla in
base al principio al quale l’arte non è più rappresentazione attraverso un’immagine ma
direttamente rappresentata attraverso un concetto prescelto che apre la strada all’arte
concettuale.
La vita del dadaismo fu abbastanza breve in quando la funzione principale era quella di
distruggere una concezione vecchia dell’arte ma questa funzione per poter diventare
propositiva necessità di una trasformazione. Questo avviene tra il 1922-24 quando il
dadaismo si trasformò nel surrealismo ad opera di André Breton che accoglieva zara come
fosse il messia mentre zara pronunciò l'orazione funebre del dadaismo. L’opera fontana
viene omaggiata da tre grandi artisti ‍quali Oldenburg con la sua opera soft toilette del 66,
Sherrie Levine con la sua opera fontana buddha o after duchamp's e infine Maurizio
Cattelan con America.
Oldenburg considerato uno dei maggiori esponenti della pop art americana e inizia la sua
carriera presentando al pubblico oggetti della vita quotidiana decontestualizzati e
sovradimensionati. La quotidianità banale viene resa monumentale creando strutture pop
attraverso il Ready Made. L’artista è emerso come artista pop ad inizio degli anni 60 con le
cosiddette sculture morbide che presentano oggetti quotidiani e tra queste c’è Soft Toilette
del 66 che è un’opera che rifugge le proprietà convenzionali dell’oggetto d’arte in quanto non
si trova sul piedistallo ma è appesa ad un supporto metallico. Un’altra opera di riferimento
sono gli orologi molli di Dalì.

È una corrente artistica che si fonda sull’ appropriazione critica di immagini ed opere
preesistenti creando un’opera d’arte nuova originale ed inaspettata aggiungendo un
contributo personale per rendere il prodotto finito unico. Questo procedimento porta alla
fondazione della fontana Buddha 1996 chiamata anche After Duchamp che è un omaggio al
Ready Made di Duchamp ma formulato in chiave critica. Trasforma il suo gesto in un oggetto
d’arte elevando la materialità e la finitura fondendo l’opera in bronzo lucido ma questo
bronzo è un omaggio alle opere di Brancusi che è uno dei più grandi bronzisti. L’oggetto che
lei ci presenta non è più un oggetto prodotto in massa e proclamato scultura tramite il ready
made di Duchamp ma è la realizzazione artistica di ciò che questo orinatoio ha provocato. Il
titolo fontana indica la somiglianza visiva con l’orinatoio capovolto di Duchamp ma nello
stesso tempo l’appellativo Buddha fa riferimento ai reliquiari buddhisti in quanto l’ombra che
proietta prende la sagoma di un Buddha. Questa opera d’arte apre molti percorsi per
riconsiderare un’opera originale. Nel 2016 il padovano Maurizio Catena che da sempre
stupisce il pubblico con opere riverenti espone la sua opera America ed è un water
funzionante realizzato in oro massiccio in 18 carati per un peso di 103 kg. Questa particolare
opera di richiesta dell’artista è stata posizionata in uno dei bagni unisex del museo per
essere provata da chi voleva. Lui non ha mai detto quale fosse veramente il significato
dell’opera e ha dichiarato che non è compito suo spiegare al pubblico il significato dell’opera.
Alcuni critici pensano che l’opera dovesse evidenziare eccessi di ricchezza. È tuttavia con il
surrealismo che il Ready Made si sviluppa in modo molto evidente. Mentre il Ready Made di
Duchamp puntava a mettere in discussione e dissacrare il concetto dell’arte, gli oggetti
surrealisti erano rivolti a discutere la centralità assunta dalla società moderna ma entrambi
contraddicono in modo paradossale il loro uso normale. Gli oggetti surrealisti si differenziano
per due motivi: si riallacciano alla scultura accademica attraverso materiali fuori dai canoni
artistici quindi anticoncezionali e da ciò deriva un oggetto che acquista una seconda vita. Il
secondo punto è che gli oggetti rispecchiano una proiezione di noi stessi e dei desideri
nascosti. Le opere nascondono oggetti più sospetti e bricolage dal padre del surrealismo
che è Dali. Telefono aragosta del 1936. Nasce dall’unione di oggetti sconnessi, abbiamo un
telefono nero la cui cornetta è sostituita da una aragosta arancione. Il telefono è un feticcio
in quanto sia per Dali sia il telefono che l’aragosta sono elementi sensuali. L’aragosta è un
simbolo iconico per lui in quanto è affascinato per contrasti di morbidezza e durezza. L’idea
che si debba appoggiare un animale pungente all’orecchio e in viso evoca conversazioni
poco piacevoli che ci possono ferire e il fatto che la cosa del crostaceo si trovi dove si
trovano gli organi genitali sia posizionato sopra il boccaglio della cornetta evoca piacere
erotico e sessuale.
Joseph Cornell che è stato un’artista statunitense pioniere dell’assemblaggio e del cinema
sperimentale, non ha mai frequentato ne surrealisti e dadaisti ma la sua poetica non si
distacca e le sue opere svolgono un ruolo fondamentale per rivelare l’io e le ossessioni. Le
sue opere vengono realizzate a partire da frammenti trovati attraverso il vagabondaggio
nelle strade di NY è ricordato soprattutto per le scatole di legno chiuso da vetro dentro le
quali vengono assemblea le reliquie facente parte della sua mastodontica collezione
personale però i criteri di assemblaggio che per noi sembrano casuali in realtà sono
composti insieme per dare vita ad un’opera d’arte carica di senso in grado di suscitare
emozioni senza senso di sacratoio. In questo processo lui si colloca nel filone dei grandi
collezionisti del tempo dice i suoi assemblage sembrano delle vere e proprie
Wunderkammer che espongono l’oggetto come se fosse una rarità. A questo mondo ci si
avvicina tra il 34 e il 40 quando apprezza il Ready Made di Duchamp che lo porteranno a
creare delle uccelliere, gli osservatori e poi le scatole medico che contengono delle boccette
di vetro che contengono tutto tranne prodotti medici. Questi lavori vengono prodotti nella
cantina di casa sua e assemblare nuovi pezzi diventa sostitutivo di un viaggio perché dice
che assemblare nuovi pezzi produce la stessa eccitazione di un viaggio. Un’opera delle
uccellerie, si chiama senza titolo ma in realtà si chiama Pappagallo che predice il futuro per
Carmen Miranda. L’opera risale al 39 ed è un’opera ricca di viaggi e paese esotici. La forma
della scatola ricorda la struttura di un organetto a manovella evocante il mondo bohémien
degli zingari ambulanti. Il carillon aziona un'asticella collegata ad un cilindro sovrastante che
mentre ruota emette della musica. Il cilindro è ricoperto da decorazioni alcune delle quali
suggeriscono l’arma mentali per le pratiche degli indovini. Piccole stelle decorano il cilindro
mentre in basso sulla sinistra abbiamo la carta della costellazione dell’orsa minore anche
essa allusione all’astrologia e alla divinazione. L’ultima artista è Meret Oppenheim è
un'artista svizzera di origine tedesca ed è la musa ispiratrice del movimento surrealista
emerse nel panorama artistico degli anni 39 sviluppando uno dei temi maggiormente in voga
ovvero la riflessione sullo spazio immaginario, le fantasie erotiche ed oniriche, la figura della
donna come femme fatale o musa erotica per il gusto del feticismo e lo sradicamento
dell’oggetto dalla sua forma originaria. Anche lei famosa per le sue opere d’arte prodotte con
l’azione dell'assemblaggio dove vi è lo sradicamento della funzione dell’oggetto. Uno dei
suoi capolavori è l’opera Oggetto conosciuta come colazione in pelliccia del 36.
Questa opera dal momento della sua presentazione ed esposizione del 36 immediatamente
divenne ricettacolo di ogni tipo di teorie e opinioni contrastanti. Dalla pura ammirazione ad
erotico fino alla totale repulsione perché considerata peccaminosa in quanto simbolo della
sessualità. La prima interpretazione viene da Freud che ne dà un'interpretazione gastro
sessuale. Il cucchiaino è il fallo, la tazza la vagina e il
Il pelo è il pube. Per altri la forma del cucchiaino sembra la lingua e porta alla mente
sgradevoli sensazioni di una lingua pelosa. Altri provarono disagio a vedere un elemento
raffinato da the trasformato in qualcosa di decadente e animalesco, ad alcuni venne il vomito
pensando di mettersi in bocca delle
foglie di the mescolate a peli altri invece lo vollero accarezzare. Il critico d’arte Will Gompertz
scrisse che due materiali compatibili sono stati messi insieme creando un recipiente che
crea disagio, la sensazione della pelliccia è rivoltante ed esasperante. A questa mostra
partecipa anche Alfred Bar Junior. Era il direttore del nuovo Moma di NY e acquistò l’opera
per 50 dollari e dato che questa era la prima opera di una donna che il museo aveva
acquistato, la Open Hume venne chiamata la First Lady del Moma. L’opera è conosciuta con
il titolo di oggetto. Questo titolo fa riferimento al dipinto di Manet “colazione sull’erba” ma
anche a “Venere su Pelliccia” che era un romanzo sadomaso del 1870 scritto dallo scrittore
austriaco leopold von sacher-masoch il cui cognome è la radice di masochista.

NEW DADA
Verso la fine degli anni 50 l’occidente entrò in una fase storica caratterizzata dallo sviluppo e
da una crescita economica. L’industria produceva a pieno regime, le famiglie acquistavano e
le case si riempiono di oggetti. Questo cambiamento non lasciò indifferenti gli artisti che
rifacendosi all’esempio dei dadaisti e di Duchamp iniziarono ad inserire nelle loro opere
oggetti di uso quotidiano. Fu così che negli Stati Uniti nacque una nuova corrette negli anni
60 chiamata New Dada che trovò proseliti anche in Francia dove si trasformò nel nuovo
realismo ed in italia dove si trasformò nell’arte concettuale. Questo termine venne coniato da
Barbara Rose e nasce dalla rielaborazione di tematiche dadaiste. Se per il Dadaismo il
rifiuto della razionalità e la distruzione della vecchia arte erano considerati necessari per
l’abbattimento delle convinzioni borghesi, per il new Dada lo scopo dell’arte era offrire un
nuovo tipo di immagine capace di stabilire una relazione tra forma e oggetto. I dadaisti
teorizzavano che gli oggetti abbandonati quindi considerati relitti di un mondo trasformato
dall’uomo e dal processo industriale costituiscono una nuova forma di paesaggio e vengono
assunti per fare arte. La discarica diviene il punto focale dei New Dadaisti. I principale i artisti
dei New Dada sono due americani, Robert Rauschenberg e Jasper Johns che a partire dai
primi anni 50 a NY sperimentato un fare arte vicino alle esperienze dadaiste utilizzando gli
strumenti specifici dell’arte combinati con materiali ed oggetti di recupero quindi entrambi
riscattano l’oggetto al fine di produrre una iva forma d’arte. Il primo artista è Rauschenberg
che egli
Fu fortemente influenzato dall Action Painting e sviluppa un’arte attraverso la realizzazione
di quadri-scultura, assemblaggio chiamati pittura combinata quindi le sue opere si collocano
tra la Pop Art e l’arte concettuale. Il primo filone inizia nel 1951/54 con il ciclo dei paintings il
cui scopo era ridurre il dipinto alla sua natura essenziale quindi indurre l’osservazione ad
una pura esperienza. Il ciclo prese avvio alla serie degli White Paintings sono tele modulari
in 6 varie azioni: 7 pannelli dipinto di bianco che riflettono i cambiamenti di luce e gli effetti
casuali delle ombre nello spazio. Lui ci dice che il bianco non è mai assolutamente puro ma
ha una varietà di pigmenti e grumi di colore, consistenze diverse e persino colori che
compongono le diverse sfumature del bianco, sono opere che non dicono niente ma che
provocano una reazione nello spettatore. Black paintings la tela non è liscia perché su
questa vengono incollati parti di giornali dipinti con vernice nera opaca e lucida e da una
certa angolatura il giornale poteva essere visto o no. Nella prima abbiamo solo tele di pittura,
qua abbiamo sia pittura che scultura. Dal 53 al 54 c’è l’ultima serie ovvero Red Paintings,
sono sculture e qua abbiamo una pittura combinata in quanto sono realizzati utilizzando
tipologie diverse di pittura rossa con l’aggiunta di legno, unghie, carta di giornale in modo
tale che nella superficie si vengono a creare complesse figure precursori della serie
combinazioni realizzate tra il 54 e il 62. Indica l’unione tra la pittura e la scultura che vanno
oltre le solite categorie stilistiche.

Uno dei primi combinati realizzato nel 65 chiamato Bad è il manifesto della poetica del New
Dada perché mostra l’elevazione di un oggetto comune. È una vera e propria messa in
scena di letto vero e proprio con tanto di materasso di una piazza, un lenzuolo, una coperta
a scacchi e un cuscino. L’opera viene appena al muro verticalmente e in più sporcata di
colore. Il letto non è solo l’effige di se stesso ma è un letto a tutti gli effetti, è sfatto e da un
lato rappresenta il sentimento di un’azione appena trascorsa ovvero il dormire e dall’altro
rappresenta una dimensione intima pregiata e con risvolti drammatici. Il letto assume le
sembianze di un sudario che viene violata dall'osservatore. La parte superiore coincide con
le lenzuola, con il cuscino ricoperte di pennellate, sgocciolature di colori vivaci quindi giallo
bianco rosso e blu che sembrano richiamare l’action painting e il dripping painting. Al caos e
all’abitazione del registro superiore corrisponde invece un registro inferiore dove vige
l’ordine, la regolarità della trama che ricorda i dipinti della tradizione europea. In questo
gioco di sotterranei rimandi alle icone e all’arte europea quest’opera d’arte riporta alla
memoria un altro celebre letto drammatico che è la camera da letto di Van Gogh.
Rauschenberg vuol far meditare il pubblico sulla sottile soglia che separa la pittura dal
soggetto, la verità dalla finzione. Questa linea di separazione tra la pittura e la verità è legata
tramite il colore che fa da collante perché le tracce di pittura colata aggiungono al lenzuolo
sgualcito qualcosa di vissuto e drammatico. Nel complesso questa esuberanza classica e
cromatica che a stento è contenuta nel rettangolo dove è inserito il letto esprime un senso
straripante di energia che non è altro che lo specchio del caos, della violenza e passione
che contraddistinguono la vita di tutti i giorni. Rauschenberg nei suoi combinati fa rientrare
oggetti, abbigliamento, rottami urbani, animali tassidermici il tutto concretizzato nell’opera
Monogram 55-59. Il titolo deriva dall’unione di una capra e di un pneumatico che ricordava
Rauschenberg le lettere intrecciate di un monogramma. L’opera è combinata, la base
costituita da una piattaforma di legno su ruote integrata da pittura ad olio, carta, tessuto
stampato, riproduzioni, metallo legno gomma, una pallina da tennis sormontata da un capre
d'angora tassidermico che porta uno spermatico intorno al corpo il tutto con pennellate
gestuali, colore composto da marrone ocra e rosso. Quest’opera è altamente intricata in
quanto alcuni commentatori hanno interpretato quest’opera con significati sessuali, religiosi
e satirici. L’unione di una capra con uno pneumatico allude al rapporto anale rendendo
l’opera a tema omo-erotico. Questa lettura sessualizzata diventa più complicata quando si
unisce alle associazioni scatologiche fornite dalla pallina da tennis che giace dietro al
caprone. Alcuni osservatori hanno associato questo caprone ad un animale da sacrificio.
Al contrario di Rauschenberg, Johns si concentra sulla rappresentazione di simboli della
società contemporanea realizzando opere che riproducono la bandiera degli stati uniti e
sceglie di intervenire su immagini apparentemente banali di cui rivalità il significato, questo
permette di giungere ad un oggetto che diventa astratto e figurativo. Una sua caratteristica è
quella di tenere aperta la distinzione di realtà e rappresentazione, immagine reale. Verso la
metà degli anni 50 inizia a realizzare Le Bandiera sono 3 opere basate sulla bandiera degli
stati uniti, la prima si chiama Fleg è del 54-55. A questa faranno seguito versione
scomposte, invertite, moltiplicate e desaturate come White Flag del 55 e poi Triflex del 58.
Questa bandiera gli permette di esplorare un oggetto bidimensionale, una semplice struttura
geometrica e un complesso significato simbolico. Sono tutte realizzate con la tecnica
dell'encausto quindi pittura ad olio, collage di carta di giornale ed è realizzata tramite tre tele
separate montate su un’unica tavola di compensato. L’opera assume il formato di 107,3 x
153,8. Il dipinto ha una superficie ruvida e presenta i tre colori della bandiera degli Stati
Uniti, rosso bianco e blu. Le 48 stelle in campo blu sono tutte diverse l’una dalle altre e da
sotto le strisce bianche e rosse si intravede la carta di giornale. Sul retro l’opera è datata
1954. L’anno dopo realizza White Flag che è una rappresentazione monumentale
monocromatica degli stati uniti e lui ha lavorato su tre tavole distinte. La tavola in alto a
sinistra contiene le 48 stelle, quella di destra contiene 7 strisce e quella inferire contiene 6
strisce più lunghe. Queste tre vengono poi montate a formare un'unica opera di 198,9 x
306,7. La bandiera sotto riproduce il colore della bandiera americana e poi i colori vengono
ricoperti di uno strato di encausto ovvero cera d’api mista a pigmento bianco. Crea uno
strato bianco sporco a presa rapida con riflessi aggiunti in pittura ad olio bianca. Una
bandiera monocromatica vuole indicare distinzione di razza ceto e religione dove tutti
possono contare nello stesso modo mantenendo le proprie tradizioni. L’ultima è Reflexs con
3 tele dipinte ad encausto. Le tre tele hanno una disposizione a tre livelli, ognuna il 25% più
piccola creando un’opera tridimensionale. Ogni tela assomiglia alla bandiera degli Stati Uniti
e solo il dipinto davanti è completamente visibile mentre i due dietro sono visibili in parte.
Sfida ogni tradizionale idea di prospettiva in quanto le scene si debbano allontanare dal
piano dell’ osservatore. Questa ribalta questo concetto fa ribaltare le bandiere verso lo
spettatore in modo tale che l’opera si ponga nello spazio.

Rothko e Newman sono figli di ebrei emigrati in america ma loro sono anomali all’interno
dell’ espressionismo astratto americano perché a differenza di Pollock non usano action
painting o dripping painting ma usa campiture di colore saturo ed evanescente. Rothko
ambisce ad attuare un certo concetto di spazio pittorico o di spazio visivo chiamato color
field capace di evocare delle atmosfere mistiche e immateriali. Le sue tele in genere verticali
e di grandi direzioni sono composte da due- tre- quattro campiture rettangolari colorate.
Presentano contorni fluidi, tinte trasparenti evanescente disposte su fasci orizzontali e
sovrapposti. Per certi versi lui si colloca come l’anti Pollock perché mentre pollock presenta
l’ansia vitale ed il movimento attraverso questo groviglio di colori accesi, il corpo a corpo con
la tela, questa danza rituale con lo sgocciolamento. Rothko punta ad una pittura essenziale
fatta di materia cromatica pura, luminosa, vibrante e contemplativa. Per creare Rothko è
guidato da una sorta di misticismo e si pone di fronte all’estremo silenzio per esplorare le
profondità inesplorate, fu così che la sua pittura è priva di figure, forme, linee, gocce, impasti
e anche l’uso di materie insolite concentrandosi sul valore spirituale del colore da lui
concepito come fonte percettiva emotiva. Pollock si proiettava idealmente sulla superficie
delle sue opere lasciando un’impronta visibile della sua inferiorità al contrario Rothko temeva
che i suoi sentimenti tracimasse sulla tela e potessero ostacolarne la ricerca verso
l’assoluto. Se nei quadri di Pollock noi conosciamo l’artista che si è manifestato nei suoi
grovigli, di fronte alle opere di Rothko ci troviamo soli perché lui in una sorta di tensione
neoromantica passo la sua vita a contemplare lo spazio ideale che gli si rappresentava
come cielo puro rasserenante a volte sembra esplodere in bagliori di luce mistica tant’è che i
suoi quadri appaiono come una teofania ( apparizione della divinità) questa si rivela tramite
due elementi fondamentali ovvero la luce ed il colore. E egli stesso lo conferma quando le
sue tele distruggono l’illusione e rivelano la verità. I valori percettivi delle sue opere non
mirano a creare solo una nuova estetica ma vogliono provocare emozioni inconsce. Rothko
cerca la teofania ovvero la rivelazione del divino che non gli venne mai incontro. L’infinito
rimase bloccato oltre la superficie della tela e questa presenza ovvero il Divino si tramutò in
una presa d’atto di una assenza. C’è il gioco presenza-assenza e questo lo capiamo perché
nel corso degli anni 70 il colore delle sue tele iniziarono a scurirsi e il bagliore delle sue tele
si scurì. Le ultime opere si fecero più scure passando da colori prima accesi ora spenti vuoi
e tendenti al nero.
L’assenza si materializza sotto forma di buio. Un’opera in particolari si chiama Senza Titolo
del 1953 ed è formata da questa tela in verticale con tre campi tute di colore a fasce
orizzontali di diversa temperatura. La temperatura incandescente di questo grande
rettangolo giallo delimitato da una sorta di alone biancastro e questo è posto in contrasto
con la sottostante fascia opaca nera e con altre sue campiture meno estese ma vibranti di
colore giallo arancio. I diversi rettangolo sono sapientemente bilanciati grazie al calcolato
rapporto tra la luminosità e l’ampiezza delle tinte, sono delimitato da contorni morbidi ed
incerti. Si sciolgono l’uno nell’altro con questa coinvolgente illusione di vibrazione spaziale.
Accanto a Rothko l’altro grande artista che si distacca da Pollock è Neuman anche lui figlio
di ebrei e lui è sempre stato affascinato dalle culture primitive. Esprime con le forme astratte
il mistero dell’uomo della natura, della vita e della morte e lo induce a spogliare e purificare
l’atto del dipingere eliminando ogni componente tradizionale, si elimina la forma, il soggetto,
il disegno, movimento dell’azione ed il chiaroscuro , per mettere in risalto il colore puro steso
in modo indifferenziato a salutare l’intera superficie della tela. L’opera in esame si chiama Vir
Heroicus 1950-51 e questa abbagliante tela è interrotta da sottili bande di colore verticali che
sono diverse anche nello spessore e vanno a formare una sequenza di rettangolo di
differenti dimensioni imprimendo alla composizione un solenne ritmo e una raffinata
vibrazione luminosa. Queste bande verticali che fendono la superficie in modo disuguale
alcune sono più aggressive altre sono più strette e tendono a restare producono questo
ambiguo gioco percettivo che impegna lo sguardo e la mente dello spettatore a riconoscere
nella composizione un ordine di equilibrio. Lo spettatore guardando questa tela cerca di
darne un ordine mentale. Anche lui diversamente da Rothko il colore non ha solvenze o
velature ma è uniforma saturo e compatto e questo atteggiamento è finalizzato alla ricerca di
una dimensione pura trascendente e spirituale enfatizzato dall’impiego di enormi tele a
sviluppo orizzontale davanti alle quali lo spettatore vive questa esperienza di pura
contemplazione sulla limitatezza dell’uomo davanti all’infinito, è presente il concetto di
Sublime. Neumann trasforma il dipinto in un dramma visivo da cui è esclusa ogni forma di
irrazionalità, di illusionismo, di causalità prodotta da impulsi momentanei.

La risposta europea alle sperimentazioni del New Dada è rappresentato dal movimento
francese del nuovo realismo sostenuto dal critico francese Pierre Restany il cui manifesto di
fondazione viene redatto nel 1960. Attraverso il manifesto lui sosteneva da un lato che il
rifiuto delle poetiche impressioniste e astratto-informali e dall’altro si accosta alla poetica
dadaista e surrealista, nega e accetta contemporaneamente. Diversamente dal Dadaismo il
nuovo realismo non giungerà mai ad una aperta denuncia politica e morale ma sfruttando le
tecniche dadaiste e queste tecniche mirano a stimolare i sensi critico nello spettatore nei
confronti di percepire vivere e consumare la realtà quotidiana. Il vero caposcuola del
realismo è Yves Klein che raccolse l’esigenza diffusa dagli artisti di cambiare, deformare e
ampliare la visione dell’arte. Lui fu il primo artista a meditare sulla funzione dell’artista come
mezzo di comunicazione tra l’uomo e l’assoluto, quindi cambiò anche il concetto di fare arte.
Attraverso delle opere monocrome. Il suo intento è quello di usare pigmenti puri singoli in
modo che il colore non possa perdere la luminosità una volta unito ad un legante chiamato
rhodopas. Però lui ad un certo punto sente l’esigenza di abbandonare queste nuance pure
per concentrarsi sulla vera essenza del colore di un’unica tinta in grandi, di unificare la terra
ed il cielo e di dissolvere il piano orizzontale. A lui non basta ricercare il colore ma lo vuole
anche creare. Nel 57 lui brevettò con la collaborazione di chimici la tinta IKB “international
Klein Blu” la più perfetta espressione del blu. È un blu oltremare, intenso, saturo e luminoso
privo di alterazioni creato sospendendo pigmento asciutto in una resina sintetica. Sebbene
questo colore non fu mai prodotto a livello industriale, questo sarà il tema ossessionante di
tutte le sue opere tant’è che nel 1960 inaugura l’epoca blu dove IKB viene usata per ogni
opera d’arte. Si parte con l’opera che è la serie dei Monochrome Blu ovvero tele di grandi
dimensioni tutte dipinte di blu. Questo blu viene applicato anche ad altre opere, per esempio
il Ciclo delle Spugne e poi ha dato origine a delle sculture come i Crateri Lunari e poi viene
usato per creare uno dei cicli più famosi che è quello dei classici reinterpretati come la
Venere di Samotracia, Lo Schiavo Morente. Da una tinta blu a queste opere perché
intendeva associare la bellezza e la perfezione del suo colore blu capace di dare emozioni
ad altre emozioni.

…. delle antropometrie. Questo termine fu inventato dal critico Restany per definire un ciclo
di opere costituito dall’impronta lasciata sulla tela da corpi di modelle nude in movimento.
Queste vengono realizzate nel corso di performance pubbliche dove lui ribalta il ruolo della
modella che da figura immobile e passiva diventa uno strumento vivo e attivo nelle mani del
pittore. Dopo essersi spalmate di blu il seno, il ventre, i fianchi e le gambe trasformandosi in
pennelli viventi e danzavano e ballavano sulla “monotone symphony di Clay” che era una
sola nota ripetuta per 20 minuti seguita da 20 minuti di silenzio. Le modelle si sdraiano e
rotolano su tele di grandi dimensioni posizionate a terra o appese verticalmente su cui
imprimevano la silhouette del proprio corpo lasciando un'impronta che l’artista definiva
traccia di vita. Ricordano le veneri preistoriche connesse alla Dea madre e alla fertilità della
terra. Queste antropometrie al tempo stesso costituiscono una rivisitazione dell'iconografia
del nudo femminile sostituendo la rappresentazione del corpo di una donna con il suo calco
smaterializzato e astratto. Queste antropometrie che sono un’opera sospesa tra pittura e
stampa, arte e non arte rifiutano le categorie di genere. Attraverso questa performance lo
spettatore è accompagnato in un viaggio profondo nell’infinito tra la terra ed il cielo.

ARTE CONCETTUALE
Questa ricerca di uno stretto rapporto tra la materia è le due possibili relazioni esistenziali
iniziano a definire una posizione di rifiuto, di conflitto che sarà in seguito proseguita da una
parte dalla Pop Art e dall’altra dall’arte concettuale. Questa definizione risale alla seconda
metà degli anni 60 quando l’artista e critico americano Sol Lewitt nel suo scritto Paragrafi
Sull’arte Concettuale indicava le caratteristiche di una nuova corrente artistica dove si dava
maggior ripiego al procedimento mentale quindi l’atto creativo si metteva in secondo piano.
L’espressione arte concettuale ha assunto un significato polivalente. Questo perché nel
senso più ristretto indica un gruppo limitato di esperienze caratterizzato dal medesimo
linguaggio e dall’altra invece comprende movimenti, autori, accomunati dal rifiuto dell’opera
finita concepita tradizionalmente. Accanto a Lewitt il primo artista che ha il merito di aprire la
strada a questa idea rivoluzionaria del fare è l’artista statunitense Joseph Kosuth che nello
stesso periodo iniziò ad elaborare opere che non proponevano un godimento estetico ma
piuttosto il frutto di un’attività concettuale. Una delle opere più famose è “Una e tre sedie” del
65.
È un’espressione visiva del concetto di forma elaborato da Platone. Lui espose affiancate
una sedia, una fotografia di quella sedia e il testo ingrandito della definizione della parola
sedia ecco perché sono Una e tre sedie. La fotografia è una rappresentazione della vera
sedia, situata sul pavimento in primo piano mentre la definizione presa dal vocabolario si
trova dal lato opposto della fotografia, descrive il concetto di che cos’è una sedia nelle varie
accezioni del termine. Nell’opera abbiamo tre varianti del medesimo soggetto legate a tre
diversi tipi di linguaggio che mettono in evidenza la differenza ed in conflitto tra la realtà
tangibile quindi la sedia reale, la sua rappresentazione iconica quindi la fotografia e la sua
rappresentazione verbale quindi la scritta. In questa direzione di ricerca si mossero tanto
artisti europei desiderosi di rinnegare il manufatto convinti che il valore dell’arte non risiede
nelle qualità di un oggetto rappresentato ma nel discorso elaborato intorno ad esso.
Da un lato raccolsero le esperienze Dadaista e del Ready Made di Duchamp e dall’altra sul
modello di Eve Kalin si cominciò a ragionare sulla figura dell’artista e sulla sua volontà di
rappresentazione. Dal punto di vista europeo è importante la figura di Piero Manzoni
difficilmente collocabile all’interno di un preciso movimento. Questo perché lui può essere
collocato sia nel New Dada sia nel Nuovo Realismo in quanto è molto affine al collega Clay
ma le sue opere hanno sfumature concettuali, Manzoni era molto all’avanguardia rispetto
alla sua epoca. Comprendendo i meccanismi che stanno alla base del successo della
società americana, realizzò opere provocatorie e dissacranti che destarono molto scalpore
ed indignazione, per le sue opere può essere avvicinato a Duchamp. In risposta ai
Monocrome di Eve Klein dipinse quadri completamente bianchi incentrato sull’assenza di
colore o per definire il non colore. L'obiettivo non è quello di ottenere un bianco puro, ma
ottenere una totale assenza di colore. I primi lavori sono una serie di opere materiche
unendo una sostanza gessosa a teli di iuta che danno origine ad alcune linee geometriche.
Successivamente si iniziò ad utilizzare tele più bianche immerse in un miscuglio di gesso
caolino e colla che danno origine alle felpe grinzate con pieghe in diverse dimensioni. Nel
corso degli anni incomincia ad utilizzare i materiali più disparati quindi ovatta, cotone in
teofilo, fibre artificiali e naturali, panini, peluche, sassi, polistirolo, pelli di coniglio paglia e
carta. Ricorda Rauschenberg nei suoi combinati. Nel 59 in contemporanea realizza la serie
delle “Linee” considerate una delle sue scoperte più importanti. La prima linea consiste in un
foglio scuro rettangolare su cui traccia una linea scura. Successivamente realizzò linee su
rotoli di carta che poi venivano arrotolati e chiusi in cilindri di zinco su cui veniva posta
un’etichetta che riporta la lunghezza, la data e la firma dell’artista. Queste furono le prime
opere tridimensionali, noi di questa linea facciamo un’opera chiamata “Linea di lunghezza
infinita” del 60. È stata esposta alla galleria d’arte Azimut. Il cilindro riporta un’etichetta su cui
è scritta la lunghezza in centimetri della linea realizzata da Manzoni. Quando uno compra
questa opera non compra linea in quanto la linea non esiste in natura perché è puro
concetto. Gli acquirenti comprano quindi l’idea un concetto e non l’opera. Dopo le linee lui
elaborò nuovi lavori tridimensionali come “corpi d’aria” da lui stesso definiti sculture
pneumatiche. Abbiamo una scatola di legno insieme ad un foglio di istruzioni, un sacchetto
di palloncini di diversi colori ed un treppiede sul quale verrà posizionato un palloncino
conciato dando origine ad un corpo d’aria. Dello stesso periodo abbiamo “scultura nello
spazio” che presenta una sfera pneumatica in sospensione su un getto d’acqua. Nel 1960
alla Galleria Azimut lui presentò due performance che sono le più famose. La prima si
chiama “consumazione dell'arte dinamica del pubblico-divorare l’arte” e l’altra si chiama
“fiato d’artista”. La prima offre delle uova sode da mangiare firmate con l’impronta digitale
del suo pollice. Le interpretazioni di questa performance la prima si basa su una lettura
mistico religiosa e pone l’attenzione sulla natura simbolica dell’ alimento oltre che
sull’aspetto ritualistico e sacramentale. La seconda è basata sulla consumazione dell’uovo
inteso come mercificazione dell’opera d’arte e consente di collocare la performance in un
sistema ufficiale. Una variante di divorare l’arte è “uovo scultura” che rappresenta un uovo
sodo firmato con l’impronta digitale del suo pollice. Questa è una scultura e la può
conservare. Viene conservato in una piccola scatola di legno numerata e ricoperta di ovatta
come se fosse una reliquia.

La seconda performance è FIATO D’ARTISTA. Manzoni, davanti al pubblico, decide di


gonfiare dei palloncini che successivamente vengono sigillati e fissati ad una base di legno.
Ogni palloncino ha un prezzo minimo di 30 mila lire. Nel prezzo era incluso l’esecuzione
dell’opera ma variava in base alla quantità di fiato emesso nel palloncino, più era gonfiato
più costava. In questa performance la figura dell’artista diventa centrale. Il fiato diventa esso
stesso parte della creazione nel momento in cui si decide che deve essere arte. Ciò che
conta non è l’opera in sé ma la firma dell’autore, questa fu l’idea che Manzoni critico
ironicamente in ogni sua opera. Lui nonostante questo non è ancora soddisfatto perché per
lui l’arte doveva essere totale e non era bastato uscire dalla tela, ma adesso l’arte doveva
vivere. L’arte doveva vivere, nel 1961 dette vita alla performance SCULTURE VIVENTI. Fu
tenuta alla galleria La Tartaruga a Roma. In questa performance lui presenta al pubblico un
corpo umano vero e proprio, di modelle completamente nude che si prestavano all’artista
per essere firmate. È il fruitore ad essere autografato, l’opera è già pronta siamo quindi di
fronte ad un ready made e non c'è più bisogno dello scalpello per preparare un preparato
artistico. Questa volta in questa performance non basta la firma dell’artista per rendere quel
corpo un’opera d’arte ma lui inventa uno stratagemma ovvero quello di accompagnare le
sculture viventi con un attestato di autenticità apponendo sopra un timbro di colore diverso.
Se il bollino è rosso significa che la persona è una scultura vivente fino alla morte. È giallo
solo se alcune parti del corpo sono classificate opere d’arte. Verde la persona diventerà
opera d’arte in particolari posizioni ed atteggiamenti. Viola la persona sarà un’opera d’arte a
pagamento. Non solo lui fa diventare le persone opere d’arte tramite i suoi attestati ma
addirittura arriva a concepire che ogni essere umano può diventare un’opera d’arte solo
rispettando delle condizioni. Lo status di opera d’arte di ottiene salendo su un piedistallo di
legno che consente di diventare opera d’arte finché la persona vi rimane sopra e una volta
che si scende non si è più opere d’arte, non si è più degni di essere ammirati e si torna
nuovamente ad essere un umano qualsiasi quindi privato della vena artistica.
Sempre nello stesso anno crea una delle opere più provocatorie e sconcertanti che lo
rendono famoso nel mondo dell’arte che sono le celebri MERDA D’ARTISTA. Questa
conclude quel processo naturale biologico iniziato con consumazione delle uova e fiato
d’artista e in questa serie Manzoni digerisce il tutto. La serie conta 90 esemplari numerati ed
è questa che più di tutte ha condizionato la notorietà di Manzoni come artista provocatorio e
dissacrante. Quest’opera nasce dall’unione dei retaggi neodadaisti in quanto vi è la
rappresentazione di un oggetto quotidiano però caricata di significati e l’altra è la poetica del
nuovo realismo basata sulla riflessione dell’artista. Merda d’artista consiste in una scatoletta
di latta uguale a quelle impiegate nella conservazione della carne. Ogni scatoletta reca
all’esterno una etichetta tradotta in 4 lingue italiano francese inglese e tedesco su cui c’è
scritto Merda d’artista contenuto netto grammi 30 conservata al naturale prodotta ed
inscatolata nel maggio del 1961. Sul coperchio si trova il numero progressivo da 01 a 90 e la
firma autografata di Piero Manzoni. Il prezzo con cui si vende al pubblico doveva
corrispondere a 30 grammi d’oro zecchino avallando il principio secondo cui ogni artista in
quanto dotato di qualità eccezionali può permettersi di vendere a peso d’oro le proprie feci.
Inoltre la firma è in grado da sola di trasformare anche un rifiuto biologico in arte. In realtà
questa serie è uno sberleffo alla civiltà dei consumi, una provocazione verso il mercato
dell’arte, un gesto di riverenza verso il feticismo e i collezionisti. Manzoni mise anche in
discussione lo stesso significato di ricerca artistica, anche il ruolo dell’artista ma anche
quello del pubblico sempre pronto a comprare qualsiasi oggetto benché fosse firmato.

ARTE INFORMALE
Nel secondo dopoguerra nel mondo dell’arte avviene … il punto di riferimento era Parigi ed
ora il punto di sposta oltreoceano nella città di New York. Questo passaggio di testimone era
determinato dal fatto che degli USA non avevano subito le guerre mondiali, la presenza di
una grande ricchezza a disposizione dei committenti, la grande disponibilità al cambiamento
e per questo motivo New York divenne il centro dove si svilupparono tutte le neo
avanguardie. Il successo delle neo avanguardie è reso possibile dalle gallerie d’arte, centri
propulsori delle novità artistiche. In Italia abbiamo la galleria di Leo Castelli che ha fatto
conoscere al mondo Andy Warhol.

BODY ART
Questa corrente artistica viene anticipata dalle antropometrie di Klein e dalle sculture viventi
di Manzoni e si diffonde negli anni 70 del 900 prima negli Stati Uniti e poi in Europa. Con il
termine di Body Art si intendono tutte le forme artistiche che usano il corpo come mezzo di
espressione e di linguaggio. Le forme più comuni della Body Art sono il tatuaggio, il body
piercing, la scarnificazione, il branding che è la marchiatura a fuoco, gli impianti sottopelle, il
body painting e la modificazione corporea. La Body Art vede la presenza fisica dell’artista
sostituirsi ai supporti tradizionali dell’opera quindi pittura e scultura per diventare esso stesso
il luogo della creazione. Il corpo che è il protagonista è al tempo stesso soggetto e oggetto
dell’espressione artistica e come tale viene eseguito come opera d’arte con lo scopo di
trasmettere un messaggio, che è quello della liberazione del corpo della sessualità e dai
tabù della morale. Nel contesto delle azioni l’artista mette in scena davanti ad un pubblico
che è parte attiva della performance il proprio corpo sottoponendolo alle più diverse
resistenze fisiche quali dolore paura fatica pudore sessualità ma anche un rapporto tra vita
privata e pubblica, sacro e profano, mente e corpo, corpo e arto. La Body Art nel tempo ha
subito evoluzioni fino ad arrivare ad una rappresentazione a sfondo sadomaso, a
performance imbarazzanti e provate davanti ad un pubblico come espletare i propri bisogni
fisici, masturbarsi e fare l’amore. Gli esponenti più conosciuti che hanno riscosso maggiore
successo sono Piero Manzoni, Vito Hannibal Acconci, Hermann Nitsch mentre nell’ambito
della liberazione della donna le body artiste che combattono per il proprio corpo le
concezioni antiquate ancora in voga sono Gina Pane, Marina Abramovic e Vanessa Vicrof.
Il primo è Vito Hannibal Acconci e la sua punta di diamante delle sue performance è
masturbarsi sotto un pavimento di vetro delle sue esposizioni rendendo partecipi i visitatori
delle sue fantasie erotiche. L’altro è Hermann Nitsch e la sua massima espressione si trova
nel teatro delle orge e dei misteri dove mette in scena delle vere e proprie performance
estreme, sanguinose tratte da sacrifici di animali. Sventra animali vivi e poi cosparge i corpi
dei suoi aiutanti e del pubblico che viene chiamato ad eseguire il sacrificio con sangue e
interiora. Questi sacrifici richiamano le orge dionisiache e l'efferatezza della natura. Dal
punto di vista femminile vediamo Gina Pane. Considerata la madre delle performance delle
donne e lei si ferisce con delle spine di rosa, lame o si rotola sui vetri e questo per
denunciare la concezione maschilista della figura femminile. Le altre due Marina Abramovich
che esplora i suoi limiti fisici e la resistenza psichica grazie ad una lunga preparazione
mentale. La performance più importante è quella che si svolse nel 1977 con il suo
compagno Ulay e questa si chiama Imponderabilia ideata per analizzare il comportamento
umano di fronte ad un corpo nudo. L’evento si svolse nella Galleria Comunale d’Arte
moderna di Bologna nella settimana internazionale della performance. I due artisti nudi uno
di fronte all’altro si sono posizionati all’ingresso della galleria e il pubblico era costretto ad
entrare di traverso strusciandosi tra i due corpi scegliendo o Abramovich o Ulay. Preferivano
guardare il corpo femminile considerandolo più rassicurante. Tutti passavano in moto
affrettato, neppure si voltavano indietro i quali rimanevano impassibili per tutta l’intera durata
della performance. L’idea era quella di focalizzarsi sul pubblico, sulla sua capacità
decisionale, sulle sue reazioni e in questo processo la nudità diventa un aspetto che
interessa poco perché si è al centro della performance perché la nudità causa imbarazzo e
le aspettative dello spettatore vengono sconvolte perché. Lo spettatore non aveva
immaginato di essere coinvolto della performance all’ingresso. L’intento era di creare disagio
e imbarazzo e in secondo luogo gli artisti più che mettete a nudo se stessi misero a nudo gli
istinti del pubblico il quale si trova sorpreso di fronte ad un dilemma che doveva risolvere
velocemente, quello di entrare e strusciarsi oppure di rinunciare alla visita. La decisione
diventa istintiva e veloce e quindi Imponderabilia. Secondo i due artisti sono proprio questi
due elementi imponderabili a guidare e determinare il comportamento umano davanti a
svariate situazioni. La performance avrebbe dovuto durare 3 ore ma venne fermata dopo 1h
e mezza dagli agenti di polizia perché considerata oscena. Del tutto opposto alla
Abramovich abbiamo Vanessa Beecroft che non usa il proprio corpo ma i corpi di giovani
modelle nude mosse secondo precise coreografie con opportuni commenti musicali e
variazioni di luce. Ricalca le sculture viventi di Manzoni. Ciascuna delle modelle deve
attenersi a delle norme che Beecroft stabilisce prima di ciascuna performance con l'obiettivo
di comporre dei quadri viventi esposti in gallerie e musei d’arte contemporanea. Reinterpreta
l’iconografia artistica di lunga tradizione quindi il nudo femminile di gruppo. Già elaborato da
Ingres, Sesan, Matisse, Picasso, l'artista pone al centro i toni dello sguardo del desiderio
della frustrazione connessi al piacere e al mondo della moda. Le modelle sono tutte
uniformate dal medesimo colore della parrucca, portano scarpe dai tacchi altissimi,
dipingono grandi ambienti di gallerie e spazi espositivi con gesti e movimenti lentissimi del
tutto indifferenti dallo sguardo del pubblico. Le modelle sono private di ogni possibilità di
dialogo, di relazione o di dialogo con il pubblico, appaiono congelate dal di là di una barriera
come se fossero dei Ready Made viventi sollecitando il desiderio nello spettatore. Il loro
mutismo e il loro totale isolamento espressivo produce questo effetto di rimbalzo nello
sguardo dello spettatore il quale porca imbarazzo, disagio nel guardarle. La prima
performance è la VB 45 2001. Si svolge in questa gigantesca stanza completamente vuota
dalle pareti nude con luci accecanti e soffuse e questa performance mette in scena corpi di
modelle nude, ordinate in file parallele e queste modelle sono tutte bionde, alte uguali,
indossano solo alti stivali di pelle nera perché questa performance riflette all’infinito il cliché
di una bellezza stereotipata. A terra abbiamo una figura completamente nuda che rimanda
proprio in virtù di questa posa morbida e rilassata alle classiche figure del nudo dipinto.
Questa performance si potrebbe collegare alle Grandi Bagnanti di Sesan per la posa
accovacciata.
I corpi appaiono freddi e desolati tanto da respingere lo sguardo del pubblico che fluisce la
performance nel suo svolgimento. Con questa performance il corpo femminile celebrato da
secoli per la sua bellezza si trasforma in una natura morta che rifiuta lo sguardo dello
spettatore e non induce ad alcuna sensazione di piacevolezza o sensualità.
Invece la VB 53 2004. Si svolge nei Tepidarium del giardino dell'orticultura di Firenze e
mostra 21 modelle completamente nude di carnagione chiara e di colore disposte su un
cumulo di terra scura come se fossero dei fiori o germogli di piante. Presentano corpi esili,
sinuosi e il corpo nudo si contrappone al terreno umido e sporco. Le modelle da prima sono
disposte in gruppo compatto tutte in posizione eretta e con il tempo si decompongono
lentamente. Alcune si lasciano cadere a terra venendo a contatto con essa e spogliandosi e
la performance contrappone la purezza del corpo femminile che si sporca con la terra e con
la materia così che le modelle che rimangono in piedi assomigliano a dei figli quelle a terra
invece a delle patate.
Anche in questa performance il corpo è un vero protagonista spesso nudo con pochi
accessori, scarpe dai tacchi vertiginosi, calze e parrucche. La bellezza è indagata in tutte le
sue sfaccettature nella fisicità, forza, nel fascino, nel rapporto con l’arte del passato e
sopratutto con le grandi donne della storia. Questa performance mette in mostra corpo
bellezza e identità in riferimento a Botticelli, a Filippino Lippi che furono i primi a rendere una
bellezza ideale bloccata nel tempo e la Microf riprende questi elementi ma con suggestioni
derivanti dallo spazio circostante con una rigorosa attenzione allo spazio scenografico che
rende questa performance più vicina alla pittura che alla performance stessa.

All’interno della Body Art vi è anche il tema delll’erotismo diffuso dalla pubblicità, dal cinema,
dalle riviste per soli uomini e questo tema diventa un bene di consumo della società di
massa e assimilato dal pubblico con la stessa voracità con cui si mangia un hamburger si
beve una coca-cola o si legge un fumetto. Anche il tema dell’erotismo viene caricato dalla
massa di valenze trasgressive e seduttive: scarpe con tacchi a spillo reggicalze parrucche
frusta corpetti attillati e stivali in pelle. Uno degli artisti più interessanti è Allen Jones che
attinge dal repertorio dell’erotismo sadomaso e feticista creando queste immagini
conturbanti di sfrontata immediatezza che enfatizzano il tema della mercificazione del sesso
e sottolineano il ruolo della donna come donna oggetto, Lui inizia come disegnatore dove le
sue donne vengono riprese dalle immagini sexy delle pin-up americane oppure abbiamo
coppie di amanti sorprese nell’intimo dell’amplesso, il tutto giocato con colori aggressivi e
luminosi e i dipinti sono di grandi dimensioni in modo da coinvolgere lo spettatore.
Nel 1969 questi scandalosi temi dell’erotismo vengono riportati su sculture in fibre di vetro a
grandezza naturale e raffigurano donne vestite con stivali, mutandine di cuoio parrucche e
ciglia finte e a seconda della posizione assunta simulano elementi di arredo domestico,
attaccapanni un tavolino ed una sedia. Malgrado lui persegua questo effetto di
raffreddamento emotivo in quanto affida l’esecuzione di queste sculture e dei loro accessori
alle industrie specializzate, l’opera ancora oggi scandalizza per il tema ed il realismo del
linguaggio. Le sue creazioni non hanno vincoli, solo libere da proibizioni e vergogne e sono
tese ad enfatizzare la carica erotica ampliandone i significati ma al contempo esplorano
anche l’aspetto ludico della composizione.

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