Sei sulla pagina 1di 7

IL NEOCLASSICISMO

Verso la metà del 700 subentra una nuova coscienza, l’illuminismo, che vede l’esaltazione della
ragione. L’arte greca ritorna come riorganizzatrice della società. Per questo, viene chiamato
Neoclassicismo ed è importante precisare che non si tratta di un movimento artistico, ma di uno
stile che recupera il valore del bello universale tipico dei greci e dei romani.
Winckelmann, studioso e archeologo tedesco, trasformò gli studi sull’antico e creò una nuova
metodologia, fissando teorie e principi del Neoclassicismo. Secondo egli, l’arte classica era
contenitore di valori universali. I modelli classici rimasero un punto di riferimento per l’architettura
del periodo, ma ogni città ne sviluppò un carattere proprio. L’impianto urbanistico riflette quello
romano e prevede strade larghe e piazze rivestite di sculture greche. Vi è una
ripresa della spiritualità non legata alla cristianità, anche perché il Neoclassicismo è
profondamente laico, quasi ateo, ma legata al recupero dei miti. La pittura abbraccia una pluralità
di generi; risente molto di scenari che riguardano guerre e battaglie dell’epoca romana. Il
neoclassicismo non riporta la natura così com’è, ma ne prende spunto e la migliora. Si distingue
anche per i principi di armonia, compostezza ed equilibrio. L’Italia divenne meta di artisti e
intellettuali europei perché considerata indispensabile per il completamento della loro formazione
intellettuale e artistica. Un importante esponente del Neoclassicismo fu Jacques-Louis David.
JACQUES-LOUIS DAVID
Jacques-Louis David fu un pittore e politico. Egli nasce a Parigi da una famiglia piccolo-borghese.
Rimasto orfano di viene affidato allo zio materno che nota la sua disposizione per il disegno e
decide di fargli intraprendere la carriera di architetto, ma a questo punto David manifesta la sua
intenzione di dedicarsi alla pittura. Dopo svariati insuccessi, riesce ad ottenere la borsa di studio
Prix de Rome che gli permette di raggiungere l’Italia. Qui, nonostante lo studio diretto dell’arte
classica, trascorre un periodo tormentato e difficile, insoddisfacente dal punto di vista creativo.
Più tardi torna a Parigi dove sposa Marguerite Charlotte Pécoul, ma dopo aver ricevuto l’incarico di
dipingere “Il Giuramento degli Orazi”, parte per Roma con l’intento di realizzarlo e concluderlo in
Italia. Negli anni successivi ottiene notevole successo grazie ai sentimenti rivoluzionari che le sue
opere lasciano trasparire. Prende parte alla Rivoluzione francese e dopo un breve periodo in
prigione decide di aprire una scuola, che viene frequentata da allievi che giungono da tutta
Europa. All'età di settantacinque anni viene investito da una carrozza, episodio che compromette
gravemente la sua salute. La morte lo coglie a Bruxelles il 29 dicembre.
IL GIURAMENTO DEGLI ORAZI
Il Giuramento degli Orazi è un dipinto olio su tela. Per il soggetto, l’autore, si ispirò all’Horace di
Corneille, una tragedia rappresentata a Parigi e alla leggenda romana narrata dallo storico Tito
Livio secondo cui durante il regno di Tullio Ostilio, nel VII secolo a.C. per decidere l’esito della
guerra tra Roma e Albalonga (città fondata da Ascanio, figlio di Enea), tre fratelli romani, gli Orazi,
si dovettero scontrare con tre fratelli di Albalonga, i Curiazi. Di quest’ultimi non sopravvisse
nessuno mentre dei tre Orazi, uno riuscì a tornare a Roma, sancendo la vittoria della città.
Ciò che rappresenta David, è un momento che non trova riscontro nelle fonti: il solenne
giuramento. Il dipinto che venne commissionato per il Re di Francia Luigi XVI il quale voleva la
rappresentazione di un episodio della storia della Roma monarchica. (il dipinto si trova al Louvre.)
Il quadro è considerato il Manifesto del Neoclassicismo. Sulla scena sono rappresentati i tre fratelli
Orazi pronti al combattimento che giurano fedeltà e onore (due di loro con la mano sinistra) alla
loro famiglia ricevendo in seguito le spade dal padre, anch’esso raffigurato.
Nella parte destra del dipinto sono raffigurate le donne piangenti. Una delle tre donne è la sorella
degli Orazi, Camilla Sabina, destinata in sposa a uno dei Curiazi. Ella si rende conto che in entrambi
i casi perderà qualcuno di caro. Fra le donne troviamo anche la madre degli Orazi, un po' più
indietro avvolta nell’ombra, che con il suo mantello scuro, copre i bambini come per consolarli.
Il pittore però da più spazio all’azione eroica dei tre, infatti gli uomini attirano maggiormente
l’attenzione grazie ai colori che sono forti e decisi rispetto ai colori delle donne che sono tenui e
delicati. Il risalto è dato anche dalle proporzioni maggiori e dalla luce che entra da sinistra.
Netta e tagliente, dà risalto ai sentimenti valorosi dei tre uomini e tiene nell’ombra il sentimento
razionale di affetto delle donne.
La luce sembra essere metafora del pensiero antico: lanciarsi in battaglia senza pensare alle
conseguenze della morte. Il perno del dipinto è il padre Publio Orazio che alza le spade per dare
benedizione e augurio. Con una mano tiene le spade e con l’altra, tesa in alto, simboleggia la
superiorità del principio per il quale vanno a combattere ossia la difesa del potere.
Ogni personaggio comunica qualcosa tramite i gesti: gli uomini con le gambe divaricate, il braccio
teso e con sguardi e gesti molto decisi, comunicano il senso di nervosismo che precede la battaglia,
ma anche un senso di energia. Le donne in pose abbandonate, comunicano rassegnazione davanti
ad un destino evidente.
Le spade hanno molta rilevanza infatti sono poste proprio sulla convergenza di tutte le linee di
forza e di tutte le linee di fuga presenti nel dipinto. Rappresentano la guerra. La scena si svolge in
un porticato e si divide idealmente in tre riquadri distinti segnati dai tre archi a tutto sesto che
poggiano su colonne doriche che contribuiscono a sottolineare la severità dell’ambiente e la
solennità del momento. Lo sfondo poi delinea il futuro dei tre ragazzi: nero, incognito e freddo.
Sotto il primo arco vi sono i fratelli, simbolo di determinazione e dovere; sotto il secondo arco, vi è
il padre, simbolo della patria e sotto il terzo arco, le donne, simbolo di sentimenti, che non hanno
un ruolo attivo, ma si limitano a piangere. Vi è il continuo ritorno del numero tre, considerati il
numero perfetto dai classici: tre sono gli archi e la scena può essere suddivisa in dei triangoli con il
vertice corrispondente al pugno con le spade. Questa figura geometrica è ripresa dalle pose dei tre
giovani e del padre. Un particolare importante è la mano del secondo degli Orazi che abbraccia il
primo. Questo gesto assume un doppio significato: sia quello di farsi forza l’un con l’altro, sia
quello di affetto come ultimo saluto prima della battaglia.
La prospettiva è centrale ed è sottolineata dal pavimento a riquadri disposti a lisca di pesce. Il
dipinto viene interpretato in chiave politica come un inno alla Rivoluzione francese infatti si può
notare come gli Orazi siano vestiti con i colori della Francia e nell’insieme rappresentino libertà
data dal giuramento, fraternità e uguaglianza, dato che sono tutti della stessa altezza e compiono
tutti gli stessi gesti. Il soggetto storico è rappresentato da David con un unico fine: l’esaltazione
dell’eroismo.
LE ROMANTISME ET L’HERO ROMANTIQUE
Le romantisme est un mouvement littéraire et culturel européen qui concerne tous les arts et il
désigne une tendance littéraire, une doctrine, un groupe d' écrivains, opposés aux classiques et au
classicisme; il est né en Allemagne et en Angleterre à la fin du XVIIIe siècle et s'est ensuite
implanté en France.
Plus tard, dans le reste de l'Europe, le romantisme a été annoncé en France au début du XIXe
siècle par Chateaubriand, écrivain français qui révèle son amour pour la nature surtout et Madame
de Staël écrivain et poétesse française, victime des contraintes sociales qui fait partie de la
tendance du préromantisme.
Le préromantisme est une tendance du XVIIIe siècle, qui précède, comme son nom l'indique, le
courant romantique.
Le Romantisme laisse place à l'expression des sentiments et des sensations en abolissant les règles
strictes de la littérature classique. Il propose de jouer sur les contrastes, sur l'opposition du beau
et du laid, du sublime et du grotesque. Il préconise la liberté et le naturel en art.
Les œuvres romantiques ont des caractéristiques particulières:
-le refus du culte de la raison; -la nuit et les ténèbres, le rêve et la folie, le délire et l'hallucination,
deviennent des qualités dominantes et la voie pour entrer en contact avec le mystère;
-La fuite dans l’espace et dans le temps. Les romantiques sont insatisfaits de leur monde et ils
deviennent grands voyageurs vers destinations lointaines.
-Le culte du « moi » et la découverte intérieure deviennent matière littéraire. L’écrivain se décrit
lui-même et raconte ses joies et ses souffrances. Tout cela produit un ennui existentiel, que
Chateaubriand appelle « mal du siècle ». Cette insatisfaction conduit à la recherche d'une réalité
au-delà du monde réel.
Une caractéristique nouvelle est apparue chez Chateaubriand: le héros romantique.
Le romantisme s’incarne dans son héros. Le héros de la première vague du romantisme est un
homme sensible, auquel son destin échappe, et dont la société nie les aspirations. Cela transparaît
dans sa façon d’être, son ennui, son désœuvrement, son désespoir.
Pour montrer son refus du monde qui l’entoure et sa révolte contre les normes bourgeoises, il vit
souvent une vie de débauche: drogue et alcool, sont son quotidien.
La seconde incarnation du héros romantique présente encore sensiblement les mêmes
caractéristiques, sauf qu’il est mû par un profond sentiment d’injustice sociale, injustice qu’il tente
de redresser.
La mélancolie, la bravoure, le courage, l'unique amour, le rêve, la solitude, la philanthropie, le
sacrifice, la poursuite d'un idéal et le "mal du siècle", caractérisent un héros romantique. Ce
personnage accorde la priorité de l'émotion sur l'intellectualité et porte toute son attention sur
ses sentiments intimes. Il se focalise alors sur lui-même et mène son combat contre la société de
son temps mais finalement, ces actions en font de lui un rebelle.
Le héros romantique est un héros qui souffre du « mal du siècle ». Il est toujours seul, et quand il
est en compagnie d'autres personnes, il cherche à s'isoler.
Le mal du siècle est pour le héros romantique comme un état de dépression , de mélancolie qui
touche les jeunes générations mais ce n’est pas tout: c’est un état d'angoisse, d’incertitude,
d'impuissance à vivre.
La Nature est, pour le héros romantique, l'incarnation la plus concrète de Dieu. C'est par elle que
le divin manifeste le mieux sa grandeur. La nature devient la confidente à qui le poète parle, parce
qu’elle est un refuge et lieu des correspondances avec les états d’âme du poète.
Comparaisons entre le héros romantique et héros traditionnel:
Le héros traditionnel joue le rôle principal dans une histoire tout comme le héros romantique,
mais contrairement à celui-ci, le héros traditionnel est une personne d'un grand courage: il
triomphe, il est reconnu et respecté par la société et il est toujours gagnant, alors que le héros
romantique est exclu de sa société et échoue dans toutes ses initiatives.
Le héros romantique est un homme instable, douteaux, passionné mais aussi nostalgique. Il
souffre non pas physiquement, mais psychologiquement.Il se caractérise par la pensée de ne pas
avoir sa place dans le monde. Le héros romantique est donc un héros qui souffre, mais qui accepte
cette souffrance.
Nous pouvons donc définir le héros romantique comme un homme de passion, avide de
dépassement, animé d'une tentation d'exister, énergique, accompagné d'orgueil, d'individualisme
et d'une tentation suicidaire.
La souffrances du romantique: Le personnage d'Emma dans Mme Bovary de Flaubert est l'héroïne
romantique ironisée : sa recherche des sentiments et sa déception permanente de la réalité font
d'elle une héroïne qui fait apparaître tout le pathétique des élans romantiques.
Nietzsche: la filosofia dà una nuova dimensione all’uomo
"sono sicuro di aver incontrato molte persone che sono potute diventare buoni e validi cultori di
scienza, e che si sono guadagnate una grande fama: ma la fama e il guadagno era ciò che essi
stessi avevano sempre cercato di ottenere- la ricompensa della lode del mondo. Per questi tipi è
sempre presente un'ombra di gelosia o di rimpianto e non riesco a immaginare come un uomo
possa fare delle scoperte nutrendo dei sentimenti del genere"
Il pensiero di Nietzsche si muove, con una forte carica aggressiva e agonistica, contro gli aspetti
emergenti della società del suo tempo. È una critica feroce e senza ipocrisie che condanna i miti
del progresso, la filosofia positiva, le leggi della razionalità, il conformismo dei costumi e dei
principi democratici-egualitari che tutto appiattiscono, dalla personalità individuale alla creatività.
Per Nietzsche la ragione scientifica è ingannevole e la morale cristiana – con i suoi concetti di
amore del prossimo, di pietà, di speranze ultraterrene, di fratellanza universale, di sacrificio di sé –
ha reso schiavi gli uomini.
Di contro a questo spirito di rinuncia, Nietzsche proclama la morte di Dio e contrappone, con un
autentico rovesciamento di valori, lo spirito dionisiaco che, invece, è l’esaltazione entusiastica
della vita. Dioniso, nel mondo greco era infatti simbolo di ebbrezza e gioia di vivere; un dio che
amava cantare, ridere e danzare nelle feste primaverili, una forza prorompente e feconda nella
sua inconsulta frenesia vitale. Di contro all’esaltazione dello spirito Nietzsche esalta il terrestre e il
corporeo, di contro alla rinuncia esalta le virtù della vita: la fierezza, la gioia, la salute, l’amore
sessuale, l’inimicizia e la guerra, la venerazione, la volontà di potenza
Nella fase più tarda del pensiero nietzschiano emerge con prepotenza la figura del superuomo,
espressione ed incarnazione della volontà di potenza. Superuomo è colui che vince in sé tutte le
repressioni morali e sociali, colui che tenta di superare le angustie esistenziali, le contraddizioni e
le lacerazioni in cui è costretto da tutta una tradizione di pensiero idealistico e cristiano. Il pensiero
occidentale ha prodotto queste lacerazioni sopravvalutando l’anima considerata falsamente
l’entità stabile e incorruttibile e svalutando il corpo. L’opposizione tra corpo e anima, essendo
espressione dell’eterno conflitto tra Male e Bene, cui tutta la creazione sottostà, è insanabile.
Per superare queste laceranti scissioni, il superuomo si radica nella terra rifiutando ogni
giustificazione della vita che non venga dalla vita stessa. La sua comparsa è contemporanea
all’annuncio della morte di Dio. Questa morte lo libera da una presenza invadente e ossessiva, gli
restituisce una libertà e una creatività che un cosmo di valori, già fissati, gli negava. Egli vive il
presente nella piena partecipazione all’esistenza corporea, senza che questo gli venga più sottratto
da un evanescente futuro ultramondano. La vita deve essere vissuta come se fosse immune dalla
minaccia della morte.
Negli anni tra Otto e Novecento si assiste ad una diffusione in ambito filosofico, letterario e
politico, di temi ricavati dall’opera di Nietzsche. Colui che più contribuì a propagandare in Italia il
pensiero del filosofo tedesco e il mito del superuomo fu Gabriele D’Annunzio.
D’ANNUNZIO E IL SUPERUOMO
Gabriele D’’Annunzio per la stesura dei sui primi romanzi si rifece molto al superomismo
nietzschiano. Infatti, molti dei temi toccati nelle sue opere sono quelli del tentativo da parte del
protagonista di diventare un asceta, un essere perfetto in grado di dominare la Natura, le passioni
che provengono da essa, e perfino le passioni che egli prova stando con le sue amanti. La lettura di
Nietzsche permette al d’Annunzio in crisi di approdare ad un’altra fase della suo poetica, quella del
superuomo dannunziano. Egli coglie alcuni aspetti del pensiero del filosofo tedesco: il rifiuto della
borghesia e dei suoi principi; l’esaltazione dello spirito dionisiaco (energico vitalismo); il rifiuto
dell’etica della pietà e dell’altruismo; l’esaltazione dell’affermazione di sé; il mito dell’oltreuomo.
Questi valori sono deviati dal poeta in direzione decisamente antiborghese, aristocratica,
reazionaria e imperialistica.
L’oltreuomo nietzschiano è interpretato da d’Annunzio come il diritto di pochi esseri eccezionali ad
affermare se stessi, sottomettendo gli altri comuni esseri umani. Nasce così il mito del superuomo
dannunziano. E’ questo un concetto che va in direzione opposta, ma non contraddittoria, rispetto
a quello che proponeva il mito dell’esteta. Mentre quest’ultimo si chiudeva nel suo mondo,
dominato dall’arte, il superuomo, invece, si autoassegna il ruolo di guida della società.
Per il superuomo dannunziano si tratta quindi di una ricerca di nuovi valori fuori dalla morale
comune, e non, come avviene in Nietzsche, per la fondazione di una nuova conoscenza.
D’Annunzio punta insomma a generare stupore, appoggiandosi sul culto della forma e
dell’estetica, tenendosi assai distante dalla dimensione introspettiva e dalla ricerca intellettuale
dell’oltreuomo di Nietzsche.
Un elemento che forse separa D’Annunzio dal superomismo di Nietzsche è proprio il fatto della
relazione amorosa del protagonista “superuomo” con le donne. Non vi è infatti opera della
produzione di D’Annunzio non sia senza una donna. Tanto altro viene ancora modificato in modo
originale dal poeta: innanzitutto il superuomo dannunziano assume le sembianze del poeta Vate,
capace di essere una guida per il paese, di incantare gli altri, di sedurre le donne e di vivere una
vita degna di ammirazione. Si tratta di una vita fatta di nuovi valori, molte volte lontane dalla pura
introspezione, che divengono popolari, ricchi di forma e che possiedono una dirompente capacità
di dare scandalo o di incantare gli altri. Oltre a ciò il superuomo di D’Annunzio trae dalla forza del
bambino lo stupore, alimenta la propria creatività e consacra all’arte la propria virtù. C’è nel culto
del pericolo e dell’ardito, una sorta di rifacimento al superuomo di Nietzsche, ma anche questo è
circondato da un alone di forma artistica e di auto-celebrazione che rendono quello di D’Annunzio
un superuomo del tutto differente, che ha saputo incarnare e creare nuovi valori basati sul culto
dell’estasi, sulla forma e sulla ricerca sfrenata di una nuova coscienza estranea alla morale
comune.
Rispetto al pensiero originale di Nietzsche queste idee assumono una più accentuata coloritura
aristocratica, reazionaria e persino imperialistica. Le opere superomistiche di D’Annunzio sono
tutte una denuncia dei limiti della realtà borghese, del nuovo stato unitario, del trionfo dei principi
democratici ed egualitari, del parlamentarismo e dello spirito affaristico e speculativo che
contamina il senso della bellezza ed il gusto per l’azione eroica. D’Annunzio arriva quindi a
vagheggiare l’affermazione di una nuova aristocrazia che si elevi al di sopra di unna massa
comune, attraverso il culto del bello e della vita attiva ed eroica. Per D’Annunzio devono esistere
alcune élite che hanno il diritto di affermare sé stesse, in sprezzo alle comuni leggi del bene e del
male. Queste élite poste al di sopra delle masse, devono spingere per una nuova politica dello
Stato Italiano, incentrata sul dominio del mondo, verso nuovi destini imperiali, come quelli
dell’antica Roma. La figura dannunziana del superuomo è, comunque, uno sviluppo di quello
precedente dell’esteta, la ingloba e le conferisce una funzione diversa, nuova. Il culto della
bellezza è essenziale per l’elevazione della stirpe, ma l’estetismo non è più solo il rifiuto sdegnoso
della società ma si trasforma nello strumento di dominio della realtà.
D’annunzio quindi non si limita più a vagheggiare la bellezza in una dimensione ideale, ma si
impegna per imporre, attraverso il culto della bellezza, il dominio di un élite violenta e raffinata
sulla realtà borghese meschina e vile. D’Annunzio applica, in un modo tutto personale, le idee di
Nietzsche alla situazione politica italiana. Ne parla per la prima volta in un articolo del 1892 in cui
presenta il filosofo Zarathustra come il modello del “rivoluzionario aristocratico”, come il maestro
di un “uomo libero, più forte delle cose, convinto che la personalità superi in valore tutti gli
attributi accessori”, “forza che si governa, libertà che si afferma”.
Il superuomo deformato e strumentalizzato a fini scopertamente politici servì anche da sostegno
ideologico al totalitarismo nazista e fascista.
HITLER, EROE PER IL POPOLO TEDESCO.
Adolf Hitler, il quale, cavalcando l’orgoglio ferito del popolo tedesco dopo la Prima Guerra
Mondiale e la crisi economica, sociale e politica che investì la Germania, divenne leader indiscusso
e ottenne un consenso popolare senza precedenti. Egli si fece forte non solo del suo carisma e
delle sue qualità oratorie, ma si distinse anche come genio militare. Le sue abilità di stratega si
evidenziarono anche nella cosiddetta Guerra Lampo, svoltasi tra il 1939 e il 1940, seppur con esito
negativo per la Germania.

Potrebbero piacerti anche