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FRANCESCA ANCILLAI
DOCENTE GENNY DI BERT

STORIA DELL’ARTE MODERNA

2021-2022
IL ROMANTICISMO
“Chi dice Romanticismo dice arte moderna, cioè intimità, spiritualità, colore,
aspirazione verso l’infinito, espressi con tutti i mezzi presenti nelle arti”. In questa
frase di Charles Baudelaire si riassume tutta l’essenza dell’imponente movimento
culturale che scuote dell’Europa agli inizi dell’ottocento e lo accompagna nella
sua storia per alcuni decenni.

Il termine “romantico” viene definito in contrapposizione a quel che di antico,


“classico”.

A COSA PUNTAVA
Il nuovo artista puntava sulla riscoperta della fantasia e dell’irrazionalità, del
sentimento e dell’ingenuità, sulla base di una fusione più intima tra uomo e
natura.

Diede un contributo essenziale anche la TEORIA EL SUBLIME, ovvero il


sentimento misto di piacere e di orrore, suscitato dallo scatenarsi degli elementi
della natura

Costituì una premessa teorica significativa anche la TEORIA DEL PITTORESECO,


intesa a un recupero di una dimensione spontanea, libera e persino selvaggia, in
contrasto con la compostezza e la freddezza che costituivano le fondamentali virtù
neoclassiche.

DOVE SI SVILUPPÒ E TEMI


Il Romanticismo arrivò abbastanza tardi in Italia, mentre si formò in paesi come
la Germania, Inghilterra e Francia, dove trovò esponenti di prima grandezza.
Grazie anche alla loro cultura letteraria e filosofica, questi artisti seppero
enucleare grandi temi romantici come: la natura, l’infinito, la storia ed il rapporto
uomo-Dio con una vividezza e un’intensità che il movimento, non avrebbe saputo
ritrovare in seguito.

ARTISTI PIÙ CELEBRI


In Germania ebbe un particolare sviluppo la pittura del paesaggio, in cui emerse
In Inghilterra fu proprio l’inglese JOHN CONSTABLE (1776-1837) che forse più di
altri seppe rendere, almeno in parte della sua produzione, il volto pacifico del
paesaggio, il sentimento di un tempo sospeso nello scorrere degli eventi.

La fedeltà al reale è il punto di partenza per JOSEPH MALLORD WILLIAM


TURNER (1775-1851) i suoi dipinti si svincolarono sempre più dalla
rappresentazione oggettiva e dalla veduta, per diventare pure variazioni sui colori

THÈODORE GÈRICAULT (1791-1824) trasse la sua ispirazione prima di tutto


dalla storia e dalla cronaca contemporanea: soprattutto dall’epoca napoleonica. il
pittore si sofferma sui suoi modelli con una partecipazione e pietà che, data
l’epoca appaiono sorprendenti.

AMICO DI GÈRICAULT, EUGÈNE DELACROIX (1798-1863) ne seguì le orme ma


non solo, avendo un’affinità anche con il nudo

IL ROMANTICISMO IN ITALIA
A causa della permanente impronta classicistica della cultura, le instanze
romantiche tardarono a farsi sentire, sia nel campo della letteratura che nelle arti
figurative. Ho preso in considerazione alcuni artisti a me noti e preferiti di cui
vorrei parlarvi:
FRANCESCO HAYEZ (1791-1882)

Si trasferì a Milano, salutato ai suoi


tempi come caposcuola del movimento
romantico in Italia, anche se la sua
formazione era stata tradizionale, sulla
scia del Neoclassicismo. Si impose
all’attenzione generale per gli elementi
tratti dalla storia medioevale e non
antica, la propensione al sentimento,
evidente nella gestualità delle donne in
lacrime. Né era difficile riconoscere
qualche novità stilistica, per quanto
assai cauta, basata su valori cromatici
ed espressivi. Il punto più importante è
però un altro e consiste nel significato
politico del dipinto, il cui protagonista
veniv a assunto come modello di virtù
civili, riconosciute nel passato storico
d’Italia per auspicare un rinnovamento del presente.
LA MEDITAZIONE

Olio su tela
92x 71 cm
1851
Galleria arte moderna di Verona
Il quadro mostra in primo luogo un’apparente discrepanza tra soggetto e titolo. In
realtà si tratta di una allegoria, vale a dire la rappresentazione umana di un
concetto o di un valore. In questo caso, l’intero quadro rappresenta la
meditazione. Ma cosa vediamo di preciso? Una donna seminuda, seduta che
stringe un libro e una croce.

La donna in questione richiama la libertà e la madre patria. Il riferimento


iconografico è La libertà guida il popolo di Delacroix. In entrambe troviamo la
donna, simbolo della patria, con il seno scoperto, simbolo della libertà. La donna
di Hayez però non è felice o in guerra, bensì riflessiva e meditativa. La sua
preoccupazione risiede negli oggetti che ha in mano. Un libro e una croce… Non
sono oggetti qualunque!

Sul dorso del libro c’è una scritta: Storia d’Italia, mentre sulla croce una serie di
date 18.19.20.21.22 marzo/1848. I due elementi sono un chiaro esempio di un
richiamo all’unità d’Italia… Il quadro è un puro manifesto del Risorgimento
Italiano. Hayez attraverso l’allegoria rappresenta l’Italia e il sentimento degli
italiani nel pieno del risorgimento. Un animo inquieto, poco sereno, che spera nei
valori della libertà e della pace.
ACCUSA SEGRETA

Olio su tela
120x153 cm
1847-1848
Musei civici di Pavi
Il dipinto Accusa Segreta raffigura una giovane donna veneziana, vestita con un
velo nero mentre trattiene con la sinistra un lembo della veste stropicciata, dalla
generosa scollatura.
La tela ha un messaggio nascosto, “criptato”, la dama velata e discinta, dal volto
arrossato e solcato da lacrime, è tormentata da un duplice sentimento di amore e
odio nei confronti dell’amante che l’ha tradita. È immortalata mentre di corsa si
dirige verso la bocca di leone presente a Palazzo Ducale, dove le persone potevano
denunciare anonimamente cospiratori e criminali. Ella possiede in mano il foglio
di carta con il quale accusa l’amante di cospirare contro la Serenissima: sul foglio
è possibile leggere l’iscrizione “S.S. Eccellenze / i tre Cai / del Consejo dei X”.
Sullo sfondo, al di la’ degli archi, si vede la Chiesa della Salute. Il colore scuro
dato al vestito e agli archi trilobi rende l’immagine funerea, quasi a mettere in
evidenza lo stato di morte interiore che deve provare la giovane donna nel
condannare la persona che amava; ad aggiungere enfasi vi sono poi i colori
violacei del cielo, un lieve chiarore è dato dal sole che luminoso sorge sulla
laguna. Tormento e bellezza in una sola immagine.

“in colori descrivere il fatto d’una giovane veneziana, che tradita dall’amante, qui
veniva, in vendetta, a por contro di lui nella bocca fatale un’accusa di Stato, e
così abbandonar segretamente il troppo amato e troppo aborrito capo al
carnefice”

Francesco Hayez
MARIA MADDALENA PENITENTE

Olio su tela
151x118cm
1833
Galleria d’arte moderna di Milano

il pittore abbandona l’impianto compositivo e stilistico connotato da accentuata


sensualità e realismo per approdare a un rigore formale ed espressivo di stampo
accademico. Il celebre ritrattista e pittore di storia della Milano ottocentesca
delinea un paesaggio essenziale su cui si staglia il freddo e ceruleo corpo della
solitaria di Maddalena mentre stringe mollemente la croce nella mano destra. Lo
sguardo della Maddalena tradisce una certa malinconia e afflizione a
simboleggiare l’eterno conflitto tra vocazione religiosa e piacere terreno.
L’inconsueto realismo di questa Maddalena, evidentemente apprezzato dal
committente, suscitò reazioni moralistiche da parte della critica contemporanea,
che sottolineò l’impudicizia e il senso di profanazione derivante da una nudità
così esplicita e conturbante. Mentre il fondo paesistico risulta assolutamente
decorativo e convenzionale, la figura nuda della Maddalena, che si offre in tutta la
sua “scandalosa” sensualità, sembra palpitare di vita reale nella posa morbida e
naturale, nella mirabolante cascata di capelli e nello sguardo fisso e malinconico
che sembra colto dal vero. L’impostazione essenziale e diretta del soggetto diverrà
una caratteristica sempre più presente nelle opere di Hayez, che fu, tra l’altro, un
grande interprete della bellezza femminile.
JOHANN HEINRICH FÜSSLI (1741-1825)
Artista eccentrico ed erudito, la sua
produzione pittorica è dunque debitrice
della sua formazione letteraria, di cui
amava cogliere e immortalare gli aspetti
più irrazionali e allucinati. Attingendo a
opere, come, per esempio, la Commedia
di Dante, le tragedie di Shakespeare o gli
scritti di William Blake prediligeva le
scene più inquietanti. Attraverso l’uso di
colori prevalentemente cinerei messi a
contrasto con rosso, giallo e ocra e
ambientazioni lugubri, ne coglieva il
senso visionario e onirico. Nelle sue
opere trovavano spazio scene ansiogene,
deliri, paure, visioni sinistre e
demoniache. Ecco quindi perché Füssli si faceva chiamare “pittore del diavolo”:
ne rappresentava il mondo, fatto di sofferenza, disagio e tormento.
L’INCUBO

olio su tela
1,02 x 1,27 m
1781
Detroit institute of arts
“una delle ragioni più inesplorate dellìarte sono i sogni”

A questa affermazione espressa da fussli in uno dei suoi aforismi , si lega una
serie di dipinti iniziata nel 1781 e dedicata appunto alla raffigurazione dell’
“INCUBO” inteso come visualizzazione dei sentimenti più inesplorati dell’animo
umano. Sul ventre della donna, addormentata in una posa di totale abbandono,
siede un essere mostruoso per metà nano e per metà animale, mentre dalla tenda
sullo sfondo spunta una spaventosa testa di cavallo, che visualizza in senso
letterale il termine inglese “nightmare”. Il tema del sogno viene infatti affrontato
dall’artista in forma del tutto innovativa: connesso alle visioni premonitrici dei
santi o dell’immagine di dormienti nell’iconografia tradizionale. Il sogno non era
mai stato indagato nel suo risvolto più inquietante, quello dell’incubo, affrontato
invece da fussli che, dando per la prima volta consistenza ai recessi più
inesplorati della psiche umana, inaugura un capitolo che sarà tra i prediletti della
pittura simbolismo
LADY MACBETH SONNAMBULA

Olio su tela
2,21 x 1,60 m
1784
Louvre
Lady Macbeth è in primo piano, elemento centrale del dipinto, è in camicia da
notte e sembra avanzare nella semioscurità. Porta una fiaccola che illumina
violentemente la scena, questo chiaroscuro (procedimento usato frequentemente
da Johann Heinrich Füssli) dà rilievo alla scena e ne accentua il dinamismo. Ha
la pelle pallida, la bocca aperta, uno sguardo spaventato, alza il dito e cammina
verso lo spettatore come se volesse confessargli i suoi crimini. Johann Heinrich
Füssli ci offre qui una rappresentazione spettrale di Lady Macbeth, al confine tra
sonnambulismo e follia. La scelta dei colori non è banale. Con Füssli i capelli
rossi di Lady Macbeth simboleggiano il male ma anche la femme fatale, il giallo è
associato all'idea di tradimento e follia.

Arretrati a destra, sono rappresentati la signora di turno e il medico. Sembrano


sconcertati dall'isteria della loro regina. Il dottore qui ha un aspetto cupo e serio
che conferisce un carattere molto inquietante alla scena, tiene in mano una
matita con la quale raccoglie le parole di Lady Macbeth nel suo taccuino. La
signora di turno guarda la scena, pietrificata. Il dipinto è direttamente ispirato
alla scena 1 dell'Atto V di Macbeth .

In questa scena, il dottore e la signora di turno sono testimoni dell'attacco


sonnambulo di Lady Macbeth. Quest'ultima si presenta con una torcia in mano,
sfregandosi le mani, come se le stesse lavando. Infatti, consumata dal senso di
colpa, pensa di vedere sulle sue mani il sangue di Duncan, il defunto re di Scozia
il cui assassinio era stato ordinato da lei stessa all'inizio dei lavori. Nella sua
follia, Lady Macbeth parla apertamente dell'assassinio di Duncan, ma anche di
quello di Banquo, un nobile scozzese, che ha dovuto essere eliminato da Macbeth
perché poteva essere un potenziale avversario politico.

" Lady Macbeth .- C'è sempre odore di sangue ... Tutti i profumi d'Arabia non
renderebbero dolce questa manina!" "

Di fronte a queste molteplici confessioni, il medico e la signora di turno,


sgomenti, capirono subito che la coscienza della regina era dolorosamente
caricata. Il dottore nota anche con fastidio la sua impotenza, attestando il fatto
che la malattia che affligge Lady Macbeth è al di là della sua conoscenza.
Tuttavia, nota le parole di Lady Macbeth su un taccuino.

“ Il Dottore .- (...) Ha bisogno del prete più del dottore (...). "
SATANA SUL LAGO DI FUOCO CHIAMA
BELZEBÙ

Olio su tela
Misure non note
1802
Zurigo, Kunsthaus
Dipingendo nel 1802 Satana sul lago di fuoco chiama Belzebù, il pittore offre un
esempio precoce di pittura inquietante pervasa di suggestione e spettacolarità
romantica. Ben più carica di tensione emotiva rispetto alle redazioni dell’”incubo”,
questa tela sviluppa il senso più agghiacciante della figura diabolica, ottenuto
non mediante inserti di tipo fantastico e mostruoso, ma attraverso una
dilatazione smisurata del suo aspetto umano, reso perciò ancor più temibile e
sinistro; sullo sfondo si affollano ombre inquietanti di fantasmi e di morte, mentre
in primo piano i protagonisti sono affidati a sapienti contrasti di luce.
CASPAR DAVID FRIEDRICH (1774-1840)

Caspar David Friedrich, pittore tedesco nato nel


1774, fu uno dei massimi esponenti dell'arte
romantica, forse il più celebre per i suoi paesaggi
immensi, suggestivi e intensamente malinconici,
chiara esl poeta descrisse anche il tema caro ai
romantici dell'infinito, inteso come il naufragare
nel mare della propria interiorità. In questo
periodo l'uomo avverte il bisogno di riscoprirsi,
conoscendo i propri sentimenti, scrutando negli
abissi dell'anima e arrivando a comprendere la
sua fragilità al cospetto dell'universo. Questo
passo è fondamentale perché allo stesso tempo
mostra una grandezza, quella di custodire in sé
un infinito, di conoscere l'eternità e di sentirsene parte. Ciò è quanto esprime
Kant nel suo pensiero. pressione del sentimento del sublime e della presenza
divina nella natura.

Nel 1824 Friedrich manifestò i primi sintomi di una grave malattia nervosa legata
al suo stato depressivo. Inoltre la sua arte, con l'affievolirsi degli ideali romantici,
iniziò ad essere dimenticata o considerata malinconica e i suoi committenti
sparirono. Trascorse così gli ultimi anni della sua vita nella più triste solitudine e
in miseria, spegnendosi a Dresda nel 1840.
DONNA AL TRAMONTO DEL SOLE

Olio su tela
30 x 22 cm
1818
Museum folkwang, Essen

La figura femminile, posta in primo piano e perfettamente centrale, è vista di


spalle, con le braccia un poco allargate, in un gesto che sembra indicare stupore
e ammirazione. E sono l’insieme della scena e l’atteggiamento del corpo capaci di
esprimere e suggerire tali sentimenti. Senza bisogno di ricorrere alla fisiognomica.
Nella donna si possono ravvisare gli abiti del primo ‘800 con i capelli legati. Circa
le scelte cromatiche, l’artista si concentra sui colori caldi: l’arancione, infatti,
invade tutto il cielo e illumina una natura incontaminata. Nessuna traccia di
presenze umane
INGRESSO AL CIMITERO

olio su tela
143x110 cm
1825
Galerie Neue Meister, Dresda

Questo dipinto rappresenta l'ingresso al cimitero Trinitatis a Dresda. I genitori in


lacrime si appoggiano ai pilastri dell'ingresso. La tomba di un bambino è aperta
in primo piano. Ci sono alberi sul retro. Il dipinto è scuro per rappresentare senza
dubbio la morte. Sembra che il campo sia un campo di grano. Il dipinto sarebbe
un'opera incompiuta. Friedrich allora ha una malattia al cervello che prevarrà. Fu
in questo momento che il tema dei cimiteri apparve nella sua opera.
IL SOGNATORE

Olio su tela
27 x 21 cm
1835-1840
Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
È un dipinto tipico del movimento artistico del romanticismo tedesco per
l'emozione che suscita in chi lo guarda. Rappresenta parte di un edificio religioso
in rovina. Sullo sfondo appare una luce del sole al tramonto. L'artista gioca sui
contrasti con una pianta architettonica in primo piano lasciata in ombra, che
apre sul secondo la luce di un mondo sconosciuto. Queste bacche gemelle
rappresentano quindi una porta per i sogni. L'orizzonte è indistinto, in una certa
forma di abbandono. Il personaggio sembra contemplare il paesaggio, appoggiato
a un pilastro, e lo spettatore si ritrova quindi ad osservare un personaggio che a
sua volta contempla, o che si perde nel suo mondo interiore
DANTE GABRIEL ROSSETTI (1828-1882)

Pittore e poeta britannico, tra i


fondatori del movimento dei
Preraffaelliti. Artista complesso e dai
molteplici interessi, propugnava
un’arte che recuperasse l’autenticità e
la spiritualità del passato. La sua
stessa vita incarnò in molti aspetti gli
ideali romantici. Si interessò fin dalla
giovinezza a Dante ed ai poeti del
Dolce Stil Novo, passione ereditata
dai genitori, ai romantici inglesi e
tedeschi ai romanzi gotici. I suoi
dipinti, estetizzanti e sensuali
soprattutto nelle figure femminili.
BEATA BEATRIX

Olio su tela
86x66 cm
1872
Tate Britain, Londra
il dipinto fa parte di un ciclo di dipinti ispirati alla Vita Nova e alla Commedia
dantesca. Modella del dipinto è Elizabeth Siddall, moglie di Dante Gabriel, morta
nel 1862 a causa di un’eccedente dose di laudano, adatta alla rappresentazione
simbolica del passaggio dalla vita terrena a quella spirituale di Beatrice Portinari,
la donna amata da Dante Alighieri.
La figura di Elizabeth morente è per gli spettatori come un’apparizione
controluce, protesa in un'estasi mortale, con il volto sollevato all’indietro
raffigurato in un ultimo momento di vita, mentre le sue palpebre chiuse
preannunciano l’imminente trapasso dal mondo terreno a quello Divino
Sulle mani abbandonate, già prive di vita, una colomba dalle piume scarlatte,
simbolo dello Spirito Santo che arriva per condurre in cielo Beat
LADY LILITH

Olio su canvas
97 x 81 cm
1866-1873
Delaware Art Museum

l’artista sottolinea sia il tema della sessualità che la colpevolezza femminile in una
considerevole magnificenza pittorica. Egli infatti enfatizza il parallelismo tra la
contemporanea idea della seduttrice in questione e l’arcaica figura di Lilith, che
nelle varie mitologie viene presentata come un demone, moglie e madre di
demoni. Perciò è stata spesso associata alle streghe, in senso negativo.

È la mitologia ebraica che ci consente di far luce sulla visione che abbiamo di Lei.
Secondo gli antichi ebrei era la prima moglie di Adamo, ancora prima di Eva, e fu
ripudiata e cacciata perché non voleva obbedire al marito. Sta qui il modello della
donna libera che non è sottomessa all’uomo e non è condizionata dalle sue
imposizioni. Di conseguenza l’uomo di fronte a tale ribellione non poteva fare altro
che screditarla e, appunto, demonizzarla. Molti vedono Lilith come una donna
dotata di poteri sovrannaturali o capace di una forte influenza sugli uomini. Qui
Rossetti dipinge il soggetto mentre si specchia e spazzola i suoi capelli sciolti che
sono un’arma della sua seduzione. L’immagine della donna che Rossetti sceglie di
raffigurare è proprio quella di colei che vuole ammaliare gli uomini, infatti non
indossa il corsetto ma soltanto una vestaglia da notte che scopre nuda la spalla
sinistra. Il pittore ne accentua le labbra rosse e carnose in abbinamento con il
bracciale e una rosa per rendere chiara la sua estrema femminilità. Persa nei suoi
pensieri, Lilith sembra consapevole di una sola cosa, che il suo specchio riflette
l’immagine di una donna forte, una seduttrice. L’ambientazione appare ambigua
con la presenza, allo stesso tempo, di una specchiera con candeliere su di una
consolle e la poltroncina su cui siede, che ci illudono che la scena si svolga in un
ambiente chiuso e i fiori e le piante riflesse nella specchiera invece ci rivelano un
ambiente aperto, probabilmente un giardino. Rossetti vuole rappresentare il suo
soggetto con lussuriosa grandezza e nel preciso momento in cui Lei è consapevole
della sua bellezza come una forma di potenza. Lady Lilith come l’immagine della
sensualità e della bellezza trasgressiva, ha occhi solo per se stessa ed è questa la
ragione per cui Lei può essere vista come la donna più vanitosa di sempre.
VENUS VERTICORDIA

Olio su tela
98 x 70 cm
1864-1868
Museo e Galleria d’Arte Russel-Cotes
Il dipinto è una raffigurazione della dea Venere, rappresentata come una giovane
seminuda con un'aureola dorata e dei lunghi capelli ramati, circondata da fiori
rosa in un giardino verde e lussureggiante. In una mano tiene una mela d'oro
(che copre uno dei suoi seni), mentre nell'altra tiene una freccia puntata verso il
proprio cuore: e su entrambe si trovano due piccole farfalle gialle, mentre altre
farfalle circondano l'aureola. Il titolo è un epiteto della dea, che in latino significa
"Venere che cambia i cuori”

Questo è il primo e unico grande dipinto ad olio di Rossetti a raffigurare un nudo


artistico, oltre ad avere un simbolismo erotico lampante. La donna è circondata
da una massa di rose e caprifogli, che durante l'era vittoriana potevano essere
visti come una metafora sensuale e velata della sessualità femminile. La freccia
dalla punta aurea tenuta da Venere è la freccia di Cupido, il dio del desiderio, ed
è rivolta verso la parte sinistra del suo petto, dove si trova il cuore, come a
suggerire allo spettatore l'invocazione di un desiderio incontrollabile. La mela
d'oro tenuta nell'altra mano è il pomo della discordia che la dea vinse nel giudizio
di Paride. Nella mitologia greco-romana questo evento porterà alla guerra di Troia
in quanto Paride viene attratto dal desiderio per la bella Elena di Sparta il cui
amore gli viene offerto da Venere (Afrodite per i greci). La mela richiama inoltre il
frutto proibito e la tentazione di Eva narrata nel libro della Genesi Questo
contrasta con laureola che circonda Venere, un tipico segno di santità e, nel caso
dei personaggi femminili, di purezza Le farfalle sono viste tradizionalmente come
dei simboli dell'anima, quindi le farfalle gialle potrebbero rappresentare l'anima di
Venere.
FRANCISCO GOYA (1746-1828)
Come la sua vita si è svolta a cavallo tra due
secoli, così anche la sua produzione artistica
si sviluppa in un momento della storia
dell’arte in cui si verifica gradualmente un
passaggio tra due epoche diverse, in un
momento di passaggio verso un’arte in cui
vengono presentati i punti di vista personali
degli artisti e temi introspettivi. Lo stesso
Goya è considerato uno dei primi pittori
dell’epoca “contemporanea”, in quanto le
sue opere non sono prettamente ascrivibili
ad un genere tra quelli riscontrabili tra la
fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento,
ma sono piuttosto raggruppabili secondo
tematiche ricorrenti. La sua prima produzione pittorica, infatti, verte intorno alla
ritrattistica, mentre nella maturità si è concentrato su temi molto vicini al
Romanticismo, introducendo scene, situazioni e allegorie dai toni onirici e
irrazionali. Alcune incisioni come Il sonno della natura genera mostri, sono
diventate delle icone che hanno attraversato gli anni immutate nel loro impatto
emotivo e nella capacità di suscitare riflessioni esistenziali nello spettatore.

Nella sua produzione si notano virate stilistiche che non seguono un corso
lineare, ma compaiono quasi di getto. Queste sono strettamente collegate a
quanto vissuto in prima persona dall’artista, che ha assistito a numerosi
cambiamenti storici cruciali in Spagna e ha dovuto fare i conti nell’età adulta con
il sopraggiungere di una malattia invalidante, a causa della quale perse l’udito in
maniera permanente.
IL SABBA DELLE STREGHE

olio su tela
44 x 31 cm
1797-1798
Museo Làzaro Galdiano, Madrid

Nel dipinto di Goya compare un grande caprone in posizione semi eretta. I suoi
occhi sono grandi, gialli, acuti e inquietanti e tra le corna sono intrecciati
ramoscelli di vite. Intorno all’animale poi siedono alcune donne seminude. Una di
loro inoltre porge al caprone un bambino ben in carne mentre una più anziana
offre invece lo scheletro di un infante. Sulla sinistra un’altra strega porta sulla
spalla un bastone sul quale sono appesi piccoli corpi. Sulla scena sono disposti a
terra cadaveri di altri bambini mentre sopra alle officianti vola uno stormo di
pipistrelli. La notte infine è illuminata dalla luce che proviene dalla luna a forma
di falce. Le figure che compaiono nel dipinto di Goya sono ispirate ad un tema
tradizionale che gli intellettuali della sua epoca consideravano una moda
culturale. Inoltre Goya e il duca di Osuna che commissionò le opere vollero
probabilmente stigmatizzare certe forme di superstizione contrarie al loro spirito
illuminista. Il caprone rappresenta una entità diabolica che sta officiando un rito
di streghe. Il rito procede quindi con l’offerta di un bambino vivo dall’aspetto
robusto. I cadaveri dei bambini sparsi a terra testimoniano i precedenti sacrifici.
VISIÒN FANTASMAL

Olio su tela
26 x 17 cm
1797-1800
Museo de Zaragoza, Saragoza

realizzata dal pittore, ha dichiarato Ansón all’agenzia Europa Press, “in un


momento di pienezza creativa”, lavorando con “rapidità” per plasmare
un’immagine spettrale che corrisponde a “ciò che la sua mente gli esprimeva” in
quel momento. Non si tratta di un bozzetto, ha commentato Ansón, ma di un
dipinto finito che Goya regalò all’imprenditore Juan Martín de Goicoechea.
L’opera risulta preziosissima perché, a detta dello studioso, nessun pittore
dell’epoca dipinse qualcosa di simile, e addirittura all’interno della stessa
produzione di Goya, la Visione fantasma è un pezzo unico, perché “anche tenendo
conto delle serie fantastiche che l’artista ha dipinto, non ci sono immagini così
spettacolari”. Fino a oggi, il dipinto era conosciuto soltanto attraverso una
fotografia in bianco e nero, scattata dal fotografo Juan Mora e pubblicata nel
numero monografico dedicato a Goya (risalente al 1928) della rivista Aragón, che
quell’anno celebrava il centenario della scomparsa dell’artista.

La tela pervenne in un secondo momento alla collezione dei conti di Gabarda e si


trovava nel loro palazzo a Saragozza, e secondo gli studi di Ansón dovrebbe essere
stata realizzata all’incirca tra il 1797 e il 1800, periodo in cui, a seguito di una
malattia, Goya intensificò la sua produzione di opere dal tema fantastico. Il
dipinto raffigura una sorta di capriccio, un sogno: in un ambiente notturno,
all’esterno, un fantasma, il grande protagonista dell’opera, appare ad alcune
figure umane che si trovano nella parte inferiore della composizione. Lo strano
essere ha un aspetto demoniaco, è abbigliato con un lungo mantello, il suo volto
ha appena accennati gli occhi, il naso e la bocca e dalla testa spuntano due
lunghe corna. Tutto il dipinto è stato eseguito senza disegno e senza correzioni: è
evidente che l’artista voleva fissare con estrema velocità un’immagine che gli era
probabilmente apparsa in sogno, o gli era stata suggerita da qualche lettura. Le
pennellate sono distribuite sopra una base ocra che a sua volta sovrasta
un’imprimitura bianca.
IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA
MOSTRI

Acquaforte e acquatinta
23x15,5 cm
1797
Biblioteca Nacional de Espana, Madrid
Il sonno della ragione genera mostri di Goya è una incisione che fa parte della
serie intitolata Los caprichos che rappresenta i vizi della società spagnola
contemporanea all’artista. Il soggetto dell’immagine è un uomo in abiti da camera
del settecento addormentato ad una scrivania. L’uomo quindi è colto in un sonno
profondo e la sua testa è abbandonata sul piano del tavolo. Sopra di lui aleggiano
alcuni grossi pipistrelli. Dietro invece sono appollaiati degli uccelli notturni che
arrivano dall’alto. In basso è accucciato anche un felino che osserva in alto a
sinistra seduto come una sfinge. Sul fianco dello scrittoio verso l’osservatore
infine è scritta una frase: El sueño de la razón produce monstruo, cioè Il sonno
della ragione genera mostri. Il Sonno della ragione non è una immagine che fa
riferimento a qualche personaggio noto ai tempi di Goya. La scena sembra
piuttosto nata dalla fantasia dell’artista. Il titolo infatti spiega bene l’allegoria
disegnata che stigmatizza l’abbandono alla fantasticheria. Goya era un
simpatizzante illuminista e considerava la ragione un ideale necessario per
migliorare le condizioni dell’umanità. Il protagonista dorme e lascia libero il suo
inconscio irrazionale di generare i suoi più tremendi incubi.
IL REALISMO
Il Realismo è una corrente artistica sviluppatasi in Francia negli anni quaranta
del XIX secolo. L’Europa della seconda metà dell’Ottocento vive una forte crescita
in molti settori della vita economica e sociale. Le comunicazioni sono favorite
dalle invenzioni del telegrafo e del telefono, la rete ferroviaria si espande,
compaiono le prime automobili. Le città cambiano volto grazie a corposi interventi
urbanistici e tutto ciò viene supportato dalla cultura filosofica del tempo,
il Positivismo, che considera la ragione umana come il presupposto fondamentale
per la crescita del potenziale tecnologico e, quindi, del miglioramento delle
condizioni di vita dei cittadini. La classe sociale in ascesa è quella della borghesia
i cui membri diventano sempre più spesso i nuovi acquirenti delle opere prodotte
dagli artisti.

A livello artistico vengono introdotte tecniche diverse dal passato, tra le quali non
possiamo non segnalare la fotografia. Questa troverà maggiore diffusione nella
seconda metà del XIX secolo ma i primi esperimenti risalgono addirittura agli
anni ’30 dell’Ottocento.

A COSA PUNTAVA
Il Realismo tentava di cogliere la realtà sociale; si voleva rappresentare una realtà
nuda e cruda con meno allegorie e più attenzione verso i dati di fatto.

DOVE SI SVILUPPÒ
In Italia i temi realisti vennero ripresi da Gioacchino Toma e Antonio Rotta
In Germania si distinsero come pittori realisti Adolph von Menzel e Wilhelm Leibl;
in Belgio Constantin Meunier. Tale movimento si diffuse velocemente in Europa.

ARTISTI PIÙ CELEBRI


sono inoltre importanti le figure di GUSTAVE COURBET, HONORÉ DAUMIER e
JEAN-FRANÇOIS MILLET, oltre che di ROSA BONHEUR e HENRI FANTIN-
LATOUR.
GUSTAVE COURBET (1819-1877)
Così scriveva il pittore francese Gustave
Courbet, padre del Realismo francese. “Fai
quello che vedi” era uno dei lemmi del
pittore Courbet. E la natura, dunque, in tutte
le sue espressioni, quella umana compresa, era
tra i temi che prediligeva, caratterizzata dalla
sua spontaneità, dalla sua verità, senza
“aggiustamenti” estetici, e dalla negazione del
gusto accademico dell’epoca. La pittura è la
sua passione a cui è stato introdotto fin
dall’adolescenza. Segue corsi pittorici, ma
fondamentalmente è un autodidatta che,
spinto dalla ricerca del vero, sente di dover
andare oltre i maestri del romanticismo, allora
imperanti. I pittori romantici rifiutano l’idea che sia solo la ragione a dover
guidare l’uomo, dando uguale, se non maggior, rilievo al sentimento, alla
passione ispiratrice del genio creativo, ricercando l’emozione nel sublime. Courbet
con il suo ardente desiderio di rappresentazione della realtà supera l’estetica delle
emozioni.
L’ORIGINE DEL MONDO

olio su tela
55x46 cm
1866
Museo d’Orsay, Parigi

Il dipinto ritrae in primo piano la zona pubica di un torso femminile. Il corpo della
modella è adagiato su un lenzuolo ma di esso si intravede solo la porzione che va
dalle cosce al seno. L’Origine du monde è il titolo originale in lingua francese del
dipinto di Gustave Courbet che in italiano è conosciuto come L’Origine del
mondo. Il taglio estremamente realistico e la prospettiva dalla quale è osservato il
corpo della modella in L’Origine del mondo, supera, però, ogni altra opera di
Courbet. Secondo i curatori del Musée d’Orsay di Parigi è la descrizione
estremamente realistica e quasi anatomica del corpo che determina la forza visiva
del dipinto. Infatti il pittore non ricorse ad artifici stilistici storici o classici già
consolidati per rappresentare il soggetto. Al contrario, per rendere ancora più
reale l’immagine compì uno studio molto attento delle tonalità dell’incarnato per
sedurre lo sguardo dell’osservatore
JO, LA BELLA RAGAZZA IRLANDESE

Olio su tela
65x54 cm
1866
National Museum, Schwedisches

la modella è l'artista irlandese Joanna Hiffeman una giovane donna dai capelli
rossi con gli occhi verdi, in un busto che spicca su uno sfondo scuro, si appoggia
a quello che sembra essere il tavolo di una toeletta (o comodino?), Rivestito con
un tessuto fantasia di colore chiaro. La donna indossa una camicetta di pizzo
bianco parzialmente coperta da un abito di colore scuro. Con la mano sinistra
tiene il manico di uno specchio ovale; la sua mano destra solleva alcune ciocche
di capelli, che sono lunghi, ondulati e di un rosso ramato intenso. Lo sguardo
della donna, concentrato sul suo riflesso, è allo stesso tempo serio, riflessivo,
sognante e critico.
LE SOMMEIL

Olio su tela
200x135 cm
1866
Museo Petit Palais, Parigi

La composizione della scena è in un formato rettangolare orizzontale. Il dipinto


mostra due donne nude addormentate, intrecciate su un letto sfatto. A sinistra
una donna dai capelli castani in posizione di torsione, sdraiata sulla schiena con
entrambe le gambe di profilo, a destra una donna dai capelli rossi, di fronte alla
donna bruna. La donna dai capelli rossi tiene la gamba destra della donna dai
capelli scuri sul fianco. Diversi dettagli alludono a un periodo di riposo dopo una
relazione carnale. Sul letto possiamo vedere gli ornamenti (forcina, collane di
perle) abbandonati sul lenzuolo, e il dettaglio di un vestito vicino alla mano destra
della donna bruna. Lo sfondo mostra una tenda azzurra, a destra un vaso con
fiori è posto su una consolle, a sinistra un bicchiere, una brocca e un vaso di
cristallo, sono disposti su una sorta di tavolo in stile orientale. Il dipinto è
firmato, in basso a destra.
DONNA CON PAPPAGALLO

Olio su tela
130 x 195,7 cm
1866
Metropolitan Museum of Art, New York

Il quadro rappresenta una donna sdraiata su un letto e reclinata all'indietro, con


un pappagallo appollaiato sulla sua mano sinistra. Nonostante Courbet avesse
dipinto in uno stile che potesse guadagnarsi il favore dell'Accademia tramite la
posa e i toni lisci dell'incarnato, i vestiti scomposti che la modella si era tolti e i
capelli arruffati non vennero ben graditi dalla critica (ma non come nel dipinto il
sonno, dipinto nello stesso anno). Probabilmente fu Joanna Hiffernan a posare
per entrambi i dipinti, dato che ella posò spesso per i dipinti di Courbet.
I MACCHIAIOLI
CHI ERANO
Con il termine Macchiaioli si indica un gruppo di pittori italiani attivi in Toscana
negli anni ’50 e’60 dell’800, che abbandonano i soggetti storici e mitologici del
neoclassicismo e del romanticismo per realizzare dipinti con scene di vita
quotidiana. I Macchiaioli sono considerati l’espressione pittorica di quei
movimenti culturali del XIX secolo che si sforzano di rappresentare il mondo in
chiave realista: il naturalismo e il verismo.
Incompresi dalla cultura ufficiale del loro tempo, vengono rivalutati nel ‘900,
soprattutto per il loro uso innovativo del colore e molti li considerano, oggi, i
precursori della pittura impressionista.

ARTISTI PIÙ CELEBRI


I principali esponenti del movimento sono TELEMACO SIGNORINI,
GIOVANNI FATTORI E SILVESTRO LEGA, che vengono indicati in modo
sprezzante “macchiaioli”

TECNICA DI PITTURA
per il loro modo di dipingere a macchie e con brevi pennellate, senza nessun
disegno preparatorio.
I contorni nei loro dipinti sono sfumati nel tentativo di riprodurre la realtà così
come appare a un rapido colpo d’occhio.
ANTONIO FONTANESI
È uno dei pittori italiani dell'Ottocento più significativi,
rimasto a lungo poco noto al grande pubblico e
scarsamente considerato dalla critica, se si eccettua
l'interessamento di alcuni artisti, tra cui Carlo Carrà.

La produzione si compone in prevalenza di paesaggi con


uno stile fluido e basato sul chiaroscuro - che distingue
grandi zone d'ombra e di luce - particolarmente efficace
nel rendere le variazioni atmosferiche, anche grazie
all'influenza, prima di Corot e dei Barbizonniers, poi di
Constable e di Turner, che lo guidano a tonalità sempre
più tendenti alla monocromia, con un segno nervoso e
tormentato pur rimanendo entro schemi compositivi
tradizionali; ciò comunque non impedisce al colore di
manifestarsi con ricchezza e libertà, felicemente connesse
con le novità artistiche del tempo, ma anche con un
accento inconfondibilmente "lombardo".

I suoi quadri mostrano anche una grande capacità


evocativa e sono ricchi di lirismo e atmosfere malinconiche, romantiche e, secondo alcuni critici,
pre-simboliste. Fontanesi infatti osserva e studia la realtà naturale, per cercarvi un motivo più
profondo e universale e per ritrovare, rispecchiati, i sentimenti dell'animo umano: per questo motivo
può essere ritenuto uno tra i pittori romantici italiani più intimamente partecipi al movimento
romantico europeo, al pari di Giovanni Carnovali.
LA SOLITUDINE

Olio su tela
115x150 cm
1875
Musei Civici di Reggio Emilia

Si tratta di una pastorella pensierosa dipinta al centro del quadro. Ampio spazio è
dato alla campagna circostante proprio per focalizzare l’attenzione sull’isolamento
di questa donna. Molto interessante la composizione della figura, la testa china in
avanti, in atto di raccoglimento. Una composizione chiusa che contrasta con la
pittura “aperta” del paesaggio. Si apprezza una pianura particolarmente estesa,
che si perde nell’azzurro delle prime colline, per poi confondersi nell’immensità
del cielo. E’ interessante come il Fontanesi sia riuscito a mettere in evidenza la
pastorella senza utilizzare importanti contrasti cromatici. Egli sfrutta
sapientemente le linee dello sfondo, la verde pianura e le colline, che convergono
sulla testa di questa ragazza. Il nostro occhio è portato a concentrarsi su di lei.
IMPRESSIONISMO
L’impressionismo è un movimento pittorico nato a Parigi nella seconda metà
dell’800. Nasce ufficialmente il 15 aprile 1874 in occasione della mostra tenuta
nello studio del fotografo Nadar da un gruppo di artisti respinti dal Salon di
Parigi, il tempio della pittura ufficiale. La mostra ha un esito disastroso e provoca
feroci polemiche. Ispirandosi al titolo del dipinto Impression, soleil levant di
Claude Monet, il critico d’arte Louis Leroy definisce ironicamente questi pittori
impressionisti. Gli impressionisti lasciano gli atelier per lavorare all’aperto nelle
campagne, nelle periferie, nelle piazze. Utilizzano cavalletti portatili e colori a olio
in tubetti, fabbricati per la prima volta in questi anni.

A COSA PUNTAVA
Lo scopo è cogliere l’impressione visiva della realtà; da qui la necessità di
un’esecuzione rapida, senza disegno preliminare, senza ritocchi e sfumature. Il
fondamento della tecnica impressionista è lo studio della luce e del colore; per
conferire la massima luminosità ai dipinti gli impressionisti accostano
direttamente sulla tela i colori puri; aboliscono l’uso del nero per realizzare le
ombre, che vengono rese combinando diversi colori. Spesso gli impressionisti
rappresentano il medesimo soggetto in diversi momenti del giorno per mostrare
come la luce, nel suo continuo divenire, trasformi cose e colori

DOVE SI SVILUPPÒ
L'impressionismo è una corrente artistica che si sviluppa in Francia a partire
dalla metà del 19° secolo.

ARTISTI PIÙ CELEBRI


Parlare di impressionismo significa parlare di MONET e della serie Le ninfee: è
infatti uno dei massimi esponenti di questo movimento artistico, MANET merita
un posto in questa lista per aver fatto da ponte tra realismo e impressionismo. Il
Colazione sull’erba, Lo stile distintivo di RENOIR è caratterizzato da morbidezza,
voluttà e sensualità. Le sue opere sono considerate le più “tradizionali” del
movimento impressionista ed è noto per il suo modo di catturare paesaggi e scene
gioiose, come in La colazione dei canottieri, CAILLEBOTTE è uno dei più
importanti pittori impressionisti, spesso messo in ombra dai suoi contemporanei
anche se nell’ultimo decennio si sono tenute diverse mostre dedicate all’artista,
BERTHE MORISOT, Il suo lavoro romantico e delicato, con un tocco femminile,
evoca un senso di intimità e spesso coglie i soggetti in momenti apparentemente
privati, CAMILLE PISARRO e DEGAS che è una figura emblematica del
movimento impressionista.
BERTHE MORISOT (1841-1895)
Berthe Morisot è stata una dei pochi
esponenti femminili del movimento
impressionista. Stile leggiadro e temi
famigliari, in netto contrasto con le
difficoltà e i pregiudizi che ha dovuto
affrontare nel corso della sua vita.

comincia a dipingere in tenera età, e


non smetterà mai. Risulta quindi
ingenerosa l’ostinata negazione con
cui la società francese del tempo ha
rifiutato il giusto riconoscimento a
questa pittrice, che a ben guardare
ha spinto il proprio agire
anticonformistico ancora oltre. Non
solo Berthe è stata artista in un mondo di artisti uomini, infatti l’École des beaux-
arts avrebbe aperto le proprie porte al gentilsesso solo nel 1897 – ma lo è stata
avvicinandosi a quel gruppo di pittori esclusi dai circoli ufficiali: gli
Impressionisti.
JULIE DAYDREAMING

Olio su canvas
Dimensioni sconosciute
1894
Collezione privata
Le opere di Morisot presentano prevalentemente scene della sua vita quotidiana.
Attingendo alle sue esperienze personali, i soggetti dei suoi dipinti erano spesso
quelli a lei più vicini, come la famiglia e gli amici. Julie Daydreaming è uno di
questi esempi e il soggetto del titolo è infatti la figlia di Morisot. Mentre i pittori
impressionisti maschi si concentravano spesso su paesaggi ed esterni, le
impressioniste come Morisot si concentrano molto di più su com'era la vita a
porte chiuse. Dipingeva spesso i figli di sua sorella e quando riceveva la
benedizione di avere una figlia tutta sua, sentiva che questo combinava entrambi
i lati della sua vita, della sua arte e della sua famiglia. Proprio come Monet è
famoso per la pittura di gigli, anche i fiori compaiono spesso nelle opere di
Morisot e aggiungono una profondità extra di romanticismo e fantasia. Sono
tuttavia assenti da Julie Daydreaming, con sua figlia l'unico obiettivo dell'artista.
Julie Daydreaming è stata dipinta alla fine della vita di Morisot nel 1894. L'opera
cerca di catturare il passare del tempo mentre sua figlia si trasforma da ragazza a
donna poiché si pensa che avesse sedici anni al momento del dipinto. Morisot
dipinge Julie per tutta la vita di sua figlia, a partire dalla nascita, e rimane una
musa ispiratrice per sua madre per tutta la vita. Sfortunatamente, entrambi si
ammalarono di polmonite poco dopo che il lavoro era terminato e fu questo che
purtroppo causò la morte di Morisot. Il dipinto non è attualmente visibile al
pubblico e fa parte di una collezione privata senza nome.
ON A BENCH

Olio su tela
1889
90x81 cm
Musèe des Augustines

Ritratto di una ragazza malinconica dal viso tondo in un ampio abito bianco, con
grandi
occhi sognanti dalle palpebre pesanti, imbronciata e fissata in lontananza,
sostenendo il viso con una delicata mano bianca;
è Julie Manet, qui ritratta nel dolce stato dei sogni ad occhi aperti nella primavera
della sua vita, all'età di sedici anni, dalla
madre Berthe Morisot.
DONNA ALLA TOILETTE

Olio su tela
60x80 cm
1875-1880
Art Institute, Chicag

La Donna alla toilette dipinta da Berthe Morisot nel 1875 affronta uno dei temi
prediletti degli impressionisti, che ritrassero di frequente donne intente alla cura
del loro corpo e della loro igiene personale per sondarle nella loro intimità, in pose
naturali che si confacevano all'indole di questi artisti. Berthe Morisot riesce
nell'intento di creare una composizione fine e delicata grazie alla sua sensibilità
femminile che si tramuta in pennellate lievi, date quasi accarezzando la tela, che
assumono toni diafani, perlacei. L'erotismo che contraddistingueva molti di questi
soggetti qui è solo vagamente accennato dalla spallina sinistra del vestito
abbassata e dal gesto della ragazza che sta per sciogliere i capelli e a breve
inizierà a spogliarsi di fronte allo specchio. Lo specchio, peraltro, riporta sul
bordo inferiore la firma dell'artista, quasi che con questo stratagemma Berthe
Morisot abbia voluto suggerirci che lo specchio riflette la sua femminilità e il suo
animo, conferendo al tutto l'apparenza di un autoritratto ideale.
CLAUDE MONET (1840-1926)

«Altri pittori dipingono un ponte, una casa,


una barca…io voglio dipingere l’aria che
circonda il ponte, la casa, la barca, la
bellezza della luce in cui esistono».

Una delle più interessanti e chiare


definizioni dell’Impressionismo emerge dalle
parole di Claude Monet, rilasciate durante
un’intervista fatta negli ultimi anni del XIX
secolo. Gli impressionisti, infatti,
proponevano un’arte rivoluzionaria in cui
cercavano di cogliere sulle loro tele i
cambiamenti cromatici e gli effetti della
luce sull’ambiente, lavorando quasi sempre
en plein air. Monet è universalmente
considerato uno dei padri del movimento. Conosciuto solo come Claude Monet, in
realtà si chiamava Oscar Claude. Quando il pittore aveva solo cinque anni, il
padre, che lavorava nel settore del commercio, trasferì la famiglia a Le Havre per
collaborare con il cognato in qualità di droghiere e fornitore di merci per le navi.
La madre, una donna colta e appassionata di arte, letteratura e di musica,
appoggiò sempre la vocazione artistica del figlio, che fin da subito mostrò una
certa predisposizione per il disegno. A scuola era poco motivato e impiegava molto
tempo delle lezioni a fare piccoli disegni sulle copertine di libri e quaderni, come
raccontò una volta. Si appassionò alle caricature e riuscì anche a venderne
qualcuna relativa ai personaggi più in vista di Le Havre, guadagnando un piccolo
gruzzolo. Anche se avrebbe preferito una carriera più “tradizionale” per il figlio,
Claude Adolphe non lo ostacolò più di tanto nella sua passione.

Fondamentale in quegli anni fu per Monet l’incontro con Eugène Boudin, un


pittore che lo spinse ad abbandonare la caricatura per la pittura di paesaggio. Il
maestro accompagnò spesso il giovane a esplorare Le Havre e la costa atlantica.
Molti anni dopo, l’impressionista disse che grazie a Boudin: «compresi veramente
la natura e imparai al tempo stesso ad amarla».
IL PONTE GIAPPONESE

Olio su tela
81,3x101,6 cm
1899
National Gallery of Arts, Washington

l quadro in questione fa parte di una serie di ben 12 quadri che rappresentano un


panorama visto sempre dallo stesso punto di vista; la località reale dove questa
scena si trova è la località rurale di Giverny, località molto pittoresca, dove si
trasferirà nei primi anni novanta dell’800. In particolare, all’interno di questo
quadro, Monet si concentra soprattutto sul colore molto particolare del ponte, che
si mescola tra il blue e il verde, senza però tralasciare tutta la particolare scena
che prende vita al di sotto dello stesso ponte, come se quelle piante acquatiche
costituissero un vero e proprio mondo a parte La bellezza de la passerella
giapponese sta nel fatto che questo quadro sia ben caratterizzato dall’utilizzo
saggio dei colori e il bellissimo effetto di luce che quest’ultimi riescono a dare,
realizzando una scena molto naturale e dalle caratteristiche fortemente
impressioniste. L’artista ha progettato ogni minima caratteristica presente
all’interno di questa composizione, senza tralasciare alcun dettaglio, facendo in
modo che al momento della trasposizione su tela ogni elemento naturale ed
artificiale fosse al posto giusto, garantendo il miglior risultato possibile.
I PAPAVERI

Olio su tela
50x65
1873
Musèe d’Orsay, Parigi

è una delle opere più note di Monet e, più in generale, del movimento
impressionista. I colori della tavolozza impressionista in gran parte non
appartengono alla tradizione ma sono recenti invenzioni della chimica, come certi
toni di giallo e arancio, ottenuti dal cromato di piombo o certe punte di verde e di
blu cobalto. Brevi pennellate rosse, mescolate ad altrettanto rapidi tocchi di
verde, restituiscono l’incantevole atmosfera di un campo di papaveri. A segnare
l’orizzonte, la fila irregolare degli alberi, che divide in due questa composizione
equilibrata, nella quale un cielo vibrante luminosissimo si spartisce la scena con
il terreno scosceso di un prato intessuto nelle più varie gradazioni di verde. Ai due
personaggi in primo piano fa da contrappunto una seconda coppia sullo sfondo,
ancora una volta poco conta la loro presenza ha la funzione di spezzare
l’uniformità dell’insieme, di fare macchia sullo sfondo verde degli alberi e del
prato.
NINFEE

Olio su tela
Misure varie
1899-1904; 1914-1926
In vari musei del mondo

La serie di opere che va sotto il nome di Le Ninfee è davvero molto vasto; si parla
infatti di ben 250 opere che Monet realizzò in età tarda, completamente ammaliato
dalla bellezza di questi fiori. Come ben sapete, Monet si sposò ben due volte, la
prima con Camille e successivamente con Alice Hoschedé, e con quest’ultima, nel
1883 decide di trasferirsi a Giverny. Nell’abitazione in cui si trasferirono, Monet,
ispirato fortemente dalla tradizione giapponese (che si farà sentire anche all’interno
di alcune sue opere), decise di realizzare un giardino che ricalcava tale cultura,
realizzando un ponticello e anche uno stagno ricco di ninfee, ma anche molti altri
fiori come l’iris, i tulipani, le rose e anche alcune piante esotiche. Nei primi quadri
lo stagno è attraversato da un piccolo ponte di legno in stile giapponese: le ninfee
galleggiano sulla superficie dell’acqua dove si riflettono salici, pioppi e glicini. Lo
stesso soggetto viene rappresentato da angolazioni leggermente diverse, in varie ore
del giorno, in differenti stagioni e con una luce sempre differente; l’intento è quello
di dare ogni volta una nuova impressione visiva. Nelle opere successive, Monet
restringe progressivamente il campo di osservazione, escludendo tutto quello che
fa parte del paesaggio intorno allo stagno. L’ambiente circostante è rappresentato
ormai soltanto nel riflesso che lascia sull’acqua.
ÉDOUARD MANET (1832-1882)

E’ stato un pittore
francese di grande
importanza nel momento
di passaggio dalla
corrente realista a quella
impressionista. I suoi
dipinti vennero molto
criticati dal pubblico a
lui contemporaneo in
quanto risultavano
decisamente diversi
rispetto a quanto già si conosceva e spesso provocatori. Il pubblico, infatti,
restava disorientato nel vedere sulla tela scorci di vita reale di Parigi e persone ai
margini della società a cui veniva data la stessa importanza riservata
precedentemente ai grandi temi storici e a figure eroiche. Inoltre, Manet
rielaborava grandi capolavori del passato, che conosceva in modo approfondito
avendoli studiati e copiati con accuratezza per collocarli nella società
contemporanea, attirandosi aspre accuse di mancanza di rispetto verso i grandi
maestri. Le opere di Manet ottennero, ad ogni modo, il plauso di scrittori e altri
artisti. Venne apprezzato e lodato da Edgar Degas, Claude Monet, Pierre-Auguste
Renoir, Paul Cézanne e altri, mentre a sua volta egli ammirava molto Gustave
Courbet tra i contemporanei e Francisco Goya e Diego Velázquez tra gli artisti del
passato. Oggi Manet è universalmente considerato uno dei più grandi e celebri
pittori conosciuti in tutto il mondo.
NANÀ

Olio su tela
1,54x1,15 cm
1877
Hamburger Kunsthalle
Il quadro è davvero molto interessante e ci sono diversi pareri sul significato
principale dell’opera; facendo particolare attenzione ai dettagli, fin da subito è
possibile notare che il soggetto principale è questa donna bellissima che si sta
truccando davanti allo specchio. La donna sorride mentre guarda lo spettatore e
si può notare che il suo vestito non è completo, poiché composto unicamente da
una camicia bianca, un corsetto blu, delle eleganti calze di seta e un paio di
tacchi alti che indossa.

Lanciando una rapida occhiata all’arredamento si può notare che il luogo è molto
ben arredato e anche la realizzazione in pittura da parte dello stesso Manet è
stupenda: il divano è reso in maniera impeccabile, con i contorni dorati e il
tessuto che invece è un rosso molto scuro; su tale divano, proprio a lato destro
della tela, è possibile scorgere un uomo vestito di tutto punto e molto elegante, il
quale volge il proprio sguardo altrove. Sul lato sinistro della composizione invece
è possibile notare una sedia su una parte degli indumenti della protagonista,
mentre dietro questa sedia invece è presente un tavolino con su un vaso di fiori.

Dopo aver dato uno sguardo sommario a tutta l’opera, possiamo cercare di
scoprire qual’è il significato principale di Nana: per prima cosa, il nome del
quadro ci viene incontro e ci dà degli indizi interessanti, poiché pare che questo
nome fosse largamente utilizzato nel diciannovesimo secolo dalle prostitute; a
dare maggiore peso a questa teoria è la composizione del quadro, con tutti gli
elementi d’arredamento che sembrano suggerire che quello è un luogo dove una
prostituta di alta classe incontra i propri clienti, e l’uomo presente sulla destra
sembrerebbe essere proprio uno di quelli.

Manet volle tentare di presentare il quadro al Salon di Parigi, ma venne


immediatamente rifiutato poiché era considerato privo di morale e venne reputato
osceno il suo significato. Mettendo in primo piano il significato, i detrattori
dell’artista non considerarono minimamente l’accortezza e la tecnica utilizzata da
Manet, non rendendo a questo quadro la fama che meritava. Manet
probabilmente trovò ispirazione per la realizzazione di quest’opera in un’opera
letteraria scritta da émile Zola, ovvero l’Ammazzatoio, dove uno dei personaggi
dello scritto era proprio chiamata Nana; il pittore quindi ha dato vita su tela alla
Nana di Zola.
IL SUICIDIO

Olio su tela
38x46 cm
1877
Foundation EG.Buhrle, Zurich, Switzerland
Il Suicidio è un quadro a sé, poco conosciuto e poco considerato anche dagli
storici dell’arte, che non sono mai riusciti a trovargli una collocazione precisa nel
percorso artistico del pittore. La rappresentazione pittorica nel quadro è limitata
ad un uomo sdraiato su un letto che sembra essersi appena sparato – con ancora
in mano una pistola – e pochi altri dettagli. Manet non fornisce alcun contenuto
narrativo, messaggio o rappresentazione che lasci spazio ad interpretazioni sulle
motivazioni che l’hanno spinto a pensare e a creare questo lavoro. Tuttavia, il
realismo di Il Suicidio ha alimentato il dibattito sulla volontà del pittore di
rappresentare un suicida. Di certo si sa che, qualche anno prima, Manet fu
traumatizzato dal suicidio per impiccamento di un suo assistente che lui stesso
trovò appeso nel suo atelier. Perché abbia scelto di rappresentare un suicida non
si sa, sappiamo però che nel 1879 gli venne diagnosticata una grave malattia,
atassia locomotoria, che lo accompagnerà fino alla morte.
CRISTO MORTO E DUE ANGELI

Olio su tela
179x150 cm
1864
Metropolitan Museum of Art, New York
In questa tela Manet sceglie di raffigurare Cristo morto, con la ferita della
Passione ben visibile, mollemente adagiato su un sudario color bianco sporco e
affettuosamente sorretto da un angelo. L'opera, portata a termine nel 1864, fu
esposta al Salon dello stesso anno e suscitò critiche asperrime. Ad avvelenare gli
animi erano soprattutto le infelici scelte cromatiche del dipinto, con il rosa
ombrato dell'incarnato di Cristo che molti fraintesero per lercia sporcizia, e
soprattutto con la resa del Cristo esanime, che Manet raffigurò come un mero
cadavere, superando l'aspetto sacro della morte del Salvatore e sfociando in un
realismo concreto, tangibile, che molti fraintesero per un atto dissacrante, se non
persino blasfemo. La portata dello scandalo fu tale che la tela di Manet fu subito
correlata alla Vita di Gesù di Ernest Rènan, scritto nel quale gli eventi
soprannaturali narrati nei Vangeli vengono interpretati come fatti pienamente
spiegabili scientificamente. Furono in molti, inoltre, a vedere nel Cristo morto
manetiano una risposta indiretta alle tesi promosse dal realista Gustave Courbet,
che fu per Manet un artista non beatamente venerato, ma amato e contestato:
Courbet, infatti, sosteneva che la pittura fosse un'arte concreta, e che perciò deve
essere applicata alle cose reali, esistenti. Un partigiano del realismo come
Courbet, pertanto, non poteva che contrastare fortemente l'astrazione, e per
questo motivo inondò il Cristo morto e due angeli di scherno, criticandone
soprattutto gli angeli, dalle ali blu e dalle sembianze umane. Appare tuttavia
improbabile che Manet abbia deciso di eseguire la tela per controbattere alle
teorie di Courbet, e oggi i critici concordano nel vedervi una libera
interpretazione, se non un esplicito omaggio, ai brani pittorici di Tintoretto,
Veronese e Mantegna.
JOAQUIN SOROLLA (1863-1923)
Nacque a Valencia in Spagna. Rimasto
orfano di entrambi i genitori a soli due
anni d'età, fu allevato nella famiglia di
una zia materna insieme alla sorella
Eugenia. Manifestò presto la sua
attitudine al disegno. Dopo aver
frequentato le scuole medie frequentò
una scuola serale di disegno per artigiani
e la Scuola superiore di belle arti di S.
Carlo mentre lavorava nello studio dello
zio. Joaquín Sorolla pittore di luce
racconta, attraverso circa 60 opere la
straordinaria evoluzione artistica di
questo pittore ambizioso e determinato,
che ha fatto dell’arte la sua ragione di
vita. Accanto al profondo amore per la
pittura, tuttavia, Sorolla ha sempre
accompagnato un ancor più intenso
legame con la sua famiglia, il suo
soggetto prediletto. In molte delle sue splendide tele, Sorolla racconta l’amore per
la sua Clotilde, moglie, musa e vera compagna di vita, e per i tre figli, María,
Joaquín ed Elena. Un legame che nutre la sua ispirazione e guida la ricerca verso
la “verità” dell’immagine da riportare sulla tela, la quale può essere generata solo
da una reale partecipazione e un’intensa emozione. Quella di Sorolla è
un’esperienza artistica intensa e magnifica, fatta di gioie e di sofferenze, di
soddisfazioni e di ricerca, nella quale lo studio della luce, rigorosamente dal vero
e en plein air, anche per i soggetti più impegnativi e di grande formato,
rappresenta la via maestra del rinnovamento pittorico verso un linguaggio
raffinato, spontaneo e immediato.
MOTHER

olio su tela
169x125 cm
1900
Casa-Museo di Joaquin Sorolla, Madrid

Questa tela commemora la nascita di Elena, la figlia minore dell’artista, il 12


luglio 1895, anche se il dipinto non fu completato fino al 1900. Madre e figlia
sono mostrate a riposare serene o forse esauste, rivolte l’una verso l’altra, con
solo la testa che emergono da un mare bianco: la bambina ancora rosea dalla
nascita e la madre con un pallore sottile. Questa tela è un’ impresa tecnica
eccezionale e anche uno dei migliori esempi della capacità di Sorolla, di
trasmettere intense sensazioni fisiche ed emozioni altrettanto intense, attraverso
la sua gestione della luce e del colore. L’emozione del marito-padre e lo sguardo
dell’artista si fondono nella luce filtrata che accarezza il biancore da cui emergono
le due teste, come se il mondo intero si riducesse all’intimità totalizzante di
questo momento di riposo.
CAMMINATA SULLA SPIAGGIA

Olio su tela
2,05x2 m
1909
Museo Sorolla, Madrid
E’ indubbiamente una delle opere più importanti di Sorolla. Dipinto sulla spiaggia
di Valencia, rappresenta la moglie dell’artista e la figlia Maria colte dalla brezza
marina, durante una passeggiata estiva, ovvero una “elegante promenade” come
quella che vedremo spesso nelle pagine dei prossimi giorni, in uso raffigurare tra
fine Ottocento e primo scorcio del secolo successivo. Personaggi borghesi,
generalmente femminili, eleganti, che percorrono la riva godendo della frescura
portata dalle onde spumeggianti. Il pittore illuminista ha captato un preciso
istante, i colori, la luce di Valencia, la brezza marina, … Per questo egli imprime
la tecnica degli impressionisti, utilizzando un bianco particolarmente luminoso e
scegliendo un'inquadratura inusuale, degna di una fotografia: le due donne non
sono rappresentate perfettamente a destra né al centro della tavola, il cappello di
Clotilde è troncato, la parte inferiore è occupata da una striscia vuota di sabbia. Il
resto comprende qualche grano di sabbia in basso a destra del dipinto, come un
ricordo supplementare del momento.
LA SIGNORA DE SOROLLA IN NERO

Olio su tela
186,7x118,7 cm
1906
Metropolitan Museum Galleria 827

Realizzata ad olio su tela, l'opera raffigura Clotilde García del Castillo, moglie,
confidente, compagna di viaggio e musa ispiratrice di Sorolla. Il dipinto mostra
Clotilde che indossa un abito nero nella loro casa di Madrid. Sullo sfondo, Sorolla
ha reso una versione ridotta di uno dei suoi primi dipinti. In secondo piano lo
sfondo appare in penombra con la visione non ben curata dei quadri, segno che
forse l’artista ha deciso di velocizzare il suo operato, mentre la protagonista in
primo piano viene curata nei minimi dettagli, con uno sguardo all’apparenza
tranquillo e sorridente. Di grande impatto è l’ampia scollatura, simbolo di
modernità, ma allo stesso tempo si nota l’abito in stile spagnolo ma che sembra
richiamare anche le usanze classiche per la gonna ampia.
GRAZIE PER
L’ATTENZIONE

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