FRANCESCA ANCILLAI
DOCENTE GENNY DI BERT
2021-2022
IL ROMANTICISMO
“Chi dice Romanticismo dice arte moderna, cioè intimità, spiritualità, colore,
aspirazione verso l’infinito, espressi con tutti i mezzi presenti nelle arti”. In questa
frase di Charles Baudelaire si riassume tutta l’essenza dell’imponente movimento
culturale che scuote dell’Europa agli inizi dell’ottocento e lo accompagna nella
sua storia per alcuni decenni.
A COSA PUNTAVA
Il nuovo artista puntava sulla riscoperta della fantasia e dell’irrazionalità, del
sentimento e dell’ingenuità, sulla base di una fusione più intima tra uomo e
natura.
IL ROMANTICISMO IN ITALIA
A causa della permanente impronta classicistica della cultura, le instanze
romantiche tardarono a farsi sentire, sia nel campo della letteratura che nelle arti
figurative. Ho preso in considerazione alcuni artisti a me noti e preferiti di cui
vorrei parlarvi:
FRANCESCO HAYEZ (1791-1882)
Olio su tela
92x 71 cm
1851
Galleria arte moderna di Verona
Il quadro mostra in primo luogo un’apparente discrepanza tra soggetto e titolo. In
realtà si tratta di una allegoria, vale a dire la rappresentazione umana di un
concetto o di un valore. In questo caso, l’intero quadro rappresenta la
meditazione. Ma cosa vediamo di preciso? Una donna seminuda, seduta che
stringe un libro e una croce.
Sul dorso del libro c’è una scritta: Storia d’Italia, mentre sulla croce una serie di
date 18.19.20.21.22 marzo/1848. I due elementi sono un chiaro esempio di un
richiamo all’unità d’Italia… Il quadro è un puro manifesto del Risorgimento
Italiano. Hayez attraverso l’allegoria rappresenta l’Italia e il sentimento degli
italiani nel pieno del risorgimento. Un animo inquieto, poco sereno, che spera nei
valori della libertà e della pace.
ACCUSA SEGRETA
Olio su tela
120x153 cm
1847-1848
Musei civici di Pavi
Il dipinto Accusa Segreta raffigura una giovane donna veneziana, vestita con un
velo nero mentre trattiene con la sinistra un lembo della veste stropicciata, dalla
generosa scollatura.
La tela ha un messaggio nascosto, “criptato”, la dama velata e discinta, dal volto
arrossato e solcato da lacrime, è tormentata da un duplice sentimento di amore e
odio nei confronti dell’amante che l’ha tradita. È immortalata mentre di corsa si
dirige verso la bocca di leone presente a Palazzo Ducale, dove le persone potevano
denunciare anonimamente cospiratori e criminali. Ella possiede in mano il foglio
di carta con il quale accusa l’amante di cospirare contro la Serenissima: sul foglio
è possibile leggere l’iscrizione “S.S. Eccellenze / i tre Cai / del Consejo dei X”.
Sullo sfondo, al di la’ degli archi, si vede la Chiesa della Salute. Il colore scuro
dato al vestito e agli archi trilobi rende l’immagine funerea, quasi a mettere in
evidenza lo stato di morte interiore che deve provare la giovane donna nel
condannare la persona che amava; ad aggiungere enfasi vi sono poi i colori
violacei del cielo, un lieve chiarore è dato dal sole che luminoso sorge sulla
laguna. Tormento e bellezza in una sola immagine.
“in colori descrivere il fatto d’una giovane veneziana, che tradita dall’amante, qui
veniva, in vendetta, a por contro di lui nella bocca fatale un’accusa di Stato, e
così abbandonar segretamente il troppo amato e troppo aborrito capo al
carnefice”
Francesco Hayez
MARIA MADDALENA PENITENTE
Olio su tela
151x118cm
1833
Galleria d’arte moderna di Milano
olio su tela
1,02 x 1,27 m
1781
Detroit institute of arts
“una delle ragioni più inesplorate dellìarte sono i sogni”
A questa affermazione espressa da fussli in uno dei suoi aforismi , si lega una
serie di dipinti iniziata nel 1781 e dedicata appunto alla raffigurazione dell’
“INCUBO” inteso come visualizzazione dei sentimenti più inesplorati dell’animo
umano. Sul ventre della donna, addormentata in una posa di totale abbandono,
siede un essere mostruoso per metà nano e per metà animale, mentre dalla tenda
sullo sfondo spunta una spaventosa testa di cavallo, che visualizza in senso
letterale il termine inglese “nightmare”. Il tema del sogno viene infatti affrontato
dall’artista in forma del tutto innovativa: connesso alle visioni premonitrici dei
santi o dell’immagine di dormienti nell’iconografia tradizionale. Il sogno non era
mai stato indagato nel suo risvolto più inquietante, quello dell’incubo, affrontato
invece da fussli che, dando per la prima volta consistenza ai recessi più
inesplorati della psiche umana, inaugura un capitolo che sarà tra i prediletti della
pittura simbolismo
LADY MACBETH SONNAMBULA
Olio su tela
2,21 x 1,60 m
1784
Louvre
Lady Macbeth è in primo piano, elemento centrale del dipinto, è in camicia da
notte e sembra avanzare nella semioscurità. Porta una fiaccola che illumina
violentemente la scena, questo chiaroscuro (procedimento usato frequentemente
da Johann Heinrich Füssli) dà rilievo alla scena e ne accentua il dinamismo. Ha
la pelle pallida, la bocca aperta, uno sguardo spaventato, alza il dito e cammina
verso lo spettatore come se volesse confessargli i suoi crimini. Johann Heinrich
Füssli ci offre qui una rappresentazione spettrale di Lady Macbeth, al confine tra
sonnambulismo e follia. La scelta dei colori non è banale. Con Füssli i capelli
rossi di Lady Macbeth simboleggiano il male ma anche la femme fatale, il giallo è
associato all'idea di tradimento e follia.
" Lady Macbeth .- C'è sempre odore di sangue ... Tutti i profumi d'Arabia non
renderebbero dolce questa manina!" "
“ Il Dottore .- (...) Ha bisogno del prete più del dottore (...). "
SATANA SUL LAGO DI FUOCO CHIAMA
BELZEBÙ
Olio su tela
Misure non note
1802
Zurigo, Kunsthaus
Dipingendo nel 1802 Satana sul lago di fuoco chiama Belzebù, il pittore offre un
esempio precoce di pittura inquietante pervasa di suggestione e spettacolarità
romantica. Ben più carica di tensione emotiva rispetto alle redazioni dell’”incubo”,
questa tela sviluppa il senso più agghiacciante della figura diabolica, ottenuto
non mediante inserti di tipo fantastico e mostruoso, ma attraverso una
dilatazione smisurata del suo aspetto umano, reso perciò ancor più temibile e
sinistro; sullo sfondo si affollano ombre inquietanti di fantasmi e di morte, mentre
in primo piano i protagonisti sono affidati a sapienti contrasti di luce.
CASPAR DAVID FRIEDRICH (1774-1840)
Nel 1824 Friedrich manifestò i primi sintomi di una grave malattia nervosa legata
al suo stato depressivo. Inoltre la sua arte, con l'affievolirsi degli ideali romantici,
iniziò ad essere dimenticata o considerata malinconica e i suoi committenti
sparirono. Trascorse così gli ultimi anni della sua vita nella più triste solitudine e
in miseria, spegnendosi a Dresda nel 1840.
DONNA AL TRAMONTO DEL SOLE
Olio su tela
30 x 22 cm
1818
Museum folkwang, Essen
olio su tela
143x110 cm
1825
Galerie Neue Meister, Dresda
Olio su tela
27 x 21 cm
1835-1840
Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
È un dipinto tipico del movimento artistico del romanticismo tedesco per
l'emozione che suscita in chi lo guarda. Rappresenta parte di un edificio religioso
in rovina. Sullo sfondo appare una luce del sole al tramonto. L'artista gioca sui
contrasti con una pianta architettonica in primo piano lasciata in ombra, che
apre sul secondo la luce di un mondo sconosciuto. Queste bacche gemelle
rappresentano quindi una porta per i sogni. L'orizzonte è indistinto, in una certa
forma di abbandono. Il personaggio sembra contemplare il paesaggio, appoggiato
a un pilastro, e lo spettatore si ritrova quindi ad osservare un personaggio che a
sua volta contempla, o che si perde nel suo mondo interiore
DANTE GABRIEL ROSSETTI (1828-1882)
Olio su tela
86x66 cm
1872
Tate Britain, Londra
il dipinto fa parte di un ciclo di dipinti ispirati alla Vita Nova e alla Commedia
dantesca. Modella del dipinto è Elizabeth Siddall, moglie di Dante Gabriel, morta
nel 1862 a causa di un’eccedente dose di laudano, adatta alla rappresentazione
simbolica del passaggio dalla vita terrena a quella spirituale di Beatrice Portinari,
la donna amata da Dante Alighieri.
La figura di Elizabeth morente è per gli spettatori come un’apparizione
controluce, protesa in un'estasi mortale, con il volto sollevato all’indietro
raffigurato in un ultimo momento di vita, mentre le sue palpebre chiuse
preannunciano l’imminente trapasso dal mondo terreno a quello Divino
Sulle mani abbandonate, già prive di vita, una colomba dalle piume scarlatte,
simbolo dello Spirito Santo che arriva per condurre in cielo Beat
LADY LILITH
Olio su canvas
97 x 81 cm
1866-1873
Delaware Art Museum
l’artista sottolinea sia il tema della sessualità che la colpevolezza femminile in una
considerevole magnificenza pittorica. Egli infatti enfatizza il parallelismo tra la
contemporanea idea della seduttrice in questione e l’arcaica figura di Lilith, che
nelle varie mitologie viene presentata come un demone, moglie e madre di
demoni. Perciò è stata spesso associata alle streghe, in senso negativo.
È la mitologia ebraica che ci consente di far luce sulla visione che abbiamo di Lei.
Secondo gli antichi ebrei era la prima moglie di Adamo, ancora prima di Eva, e fu
ripudiata e cacciata perché non voleva obbedire al marito. Sta qui il modello della
donna libera che non è sottomessa all’uomo e non è condizionata dalle sue
imposizioni. Di conseguenza l’uomo di fronte a tale ribellione non poteva fare altro
che screditarla e, appunto, demonizzarla. Molti vedono Lilith come una donna
dotata di poteri sovrannaturali o capace di una forte influenza sugli uomini. Qui
Rossetti dipinge il soggetto mentre si specchia e spazzola i suoi capelli sciolti che
sono un’arma della sua seduzione. L’immagine della donna che Rossetti sceglie di
raffigurare è proprio quella di colei che vuole ammaliare gli uomini, infatti non
indossa il corsetto ma soltanto una vestaglia da notte che scopre nuda la spalla
sinistra. Il pittore ne accentua le labbra rosse e carnose in abbinamento con il
bracciale e una rosa per rendere chiara la sua estrema femminilità. Persa nei suoi
pensieri, Lilith sembra consapevole di una sola cosa, che il suo specchio riflette
l’immagine di una donna forte, una seduttrice. L’ambientazione appare ambigua
con la presenza, allo stesso tempo, di una specchiera con candeliere su di una
consolle e la poltroncina su cui siede, che ci illudono che la scena si svolga in un
ambiente chiuso e i fiori e le piante riflesse nella specchiera invece ci rivelano un
ambiente aperto, probabilmente un giardino. Rossetti vuole rappresentare il suo
soggetto con lussuriosa grandezza e nel preciso momento in cui Lei è consapevole
della sua bellezza come una forma di potenza. Lady Lilith come l’immagine della
sensualità e della bellezza trasgressiva, ha occhi solo per se stessa ed è questa la
ragione per cui Lei può essere vista come la donna più vanitosa di sempre.
VENUS VERTICORDIA
Olio su tela
98 x 70 cm
1864-1868
Museo e Galleria d’Arte Russel-Cotes
Il dipinto è una raffigurazione della dea Venere, rappresentata come una giovane
seminuda con un'aureola dorata e dei lunghi capelli ramati, circondata da fiori
rosa in un giardino verde e lussureggiante. In una mano tiene una mela d'oro
(che copre uno dei suoi seni), mentre nell'altra tiene una freccia puntata verso il
proprio cuore: e su entrambe si trovano due piccole farfalle gialle, mentre altre
farfalle circondano l'aureola. Il titolo è un epiteto della dea, che in latino significa
"Venere che cambia i cuori”
Nella sua produzione si notano virate stilistiche che non seguono un corso
lineare, ma compaiono quasi di getto. Queste sono strettamente collegate a
quanto vissuto in prima persona dall’artista, che ha assistito a numerosi
cambiamenti storici cruciali in Spagna e ha dovuto fare i conti nell’età adulta con
il sopraggiungere di una malattia invalidante, a causa della quale perse l’udito in
maniera permanente.
IL SABBA DELLE STREGHE
olio su tela
44 x 31 cm
1797-1798
Museo Làzaro Galdiano, Madrid
Nel dipinto di Goya compare un grande caprone in posizione semi eretta. I suoi
occhi sono grandi, gialli, acuti e inquietanti e tra le corna sono intrecciati
ramoscelli di vite. Intorno all’animale poi siedono alcune donne seminude. Una di
loro inoltre porge al caprone un bambino ben in carne mentre una più anziana
offre invece lo scheletro di un infante. Sulla sinistra un’altra strega porta sulla
spalla un bastone sul quale sono appesi piccoli corpi. Sulla scena sono disposti a
terra cadaveri di altri bambini mentre sopra alle officianti vola uno stormo di
pipistrelli. La notte infine è illuminata dalla luce che proviene dalla luna a forma
di falce. Le figure che compaiono nel dipinto di Goya sono ispirate ad un tema
tradizionale che gli intellettuali della sua epoca consideravano una moda
culturale. Inoltre Goya e il duca di Osuna che commissionò le opere vollero
probabilmente stigmatizzare certe forme di superstizione contrarie al loro spirito
illuminista. Il caprone rappresenta una entità diabolica che sta officiando un rito
di streghe. Il rito procede quindi con l’offerta di un bambino vivo dall’aspetto
robusto. I cadaveri dei bambini sparsi a terra testimoniano i precedenti sacrifici.
VISIÒN FANTASMAL
Olio su tela
26 x 17 cm
1797-1800
Museo de Zaragoza, Saragoza
Acquaforte e acquatinta
23x15,5 cm
1797
Biblioteca Nacional de Espana, Madrid
Il sonno della ragione genera mostri di Goya è una incisione che fa parte della
serie intitolata Los caprichos che rappresenta i vizi della società spagnola
contemporanea all’artista. Il soggetto dell’immagine è un uomo in abiti da camera
del settecento addormentato ad una scrivania. L’uomo quindi è colto in un sonno
profondo e la sua testa è abbandonata sul piano del tavolo. Sopra di lui aleggiano
alcuni grossi pipistrelli. Dietro invece sono appollaiati degli uccelli notturni che
arrivano dall’alto. In basso è accucciato anche un felino che osserva in alto a
sinistra seduto come una sfinge. Sul fianco dello scrittoio verso l’osservatore
infine è scritta una frase: El sueño de la razón produce monstruo, cioè Il sonno
della ragione genera mostri. Il Sonno della ragione non è una immagine che fa
riferimento a qualche personaggio noto ai tempi di Goya. La scena sembra
piuttosto nata dalla fantasia dell’artista. Il titolo infatti spiega bene l’allegoria
disegnata che stigmatizza l’abbandono alla fantasticheria. Goya era un
simpatizzante illuminista e considerava la ragione un ideale necessario per
migliorare le condizioni dell’umanità. Il protagonista dorme e lascia libero il suo
inconscio irrazionale di generare i suoi più tremendi incubi.
IL REALISMO
Il Realismo è una corrente artistica sviluppatasi in Francia negli anni quaranta
del XIX secolo. L’Europa della seconda metà dell’Ottocento vive una forte crescita
in molti settori della vita economica e sociale. Le comunicazioni sono favorite
dalle invenzioni del telegrafo e del telefono, la rete ferroviaria si espande,
compaiono le prime automobili. Le città cambiano volto grazie a corposi interventi
urbanistici e tutto ciò viene supportato dalla cultura filosofica del tempo,
il Positivismo, che considera la ragione umana come il presupposto fondamentale
per la crescita del potenziale tecnologico e, quindi, del miglioramento delle
condizioni di vita dei cittadini. La classe sociale in ascesa è quella della borghesia
i cui membri diventano sempre più spesso i nuovi acquirenti delle opere prodotte
dagli artisti.
A livello artistico vengono introdotte tecniche diverse dal passato, tra le quali non
possiamo non segnalare la fotografia. Questa troverà maggiore diffusione nella
seconda metà del XIX secolo ma i primi esperimenti risalgono addirittura agli
anni ’30 dell’Ottocento.
A COSA PUNTAVA
Il Realismo tentava di cogliere la realtà sociale; si voleva rappresentare una realtà
nuda e cruda con meno allegorie e più attenzione verso i dati di fatto.
DOVE SI SVILUPPÒ
In Italia i temi realisti vennero ripresi da Gioacchino Toma e Antonio Rotta
In Germania si distinsero come pittori realisti Adolph von Menzel e Wilhelm Leibl;
in Belgio Constantin Meunier. Tale movimento si diffuse velocemente in Europa.
olio su tela
55x46 cm
1866
Museo d’Orsay, Parigi
Il dipinto ritrae in primo piano la zona pubica di un torso femminile. Il corpo della
modella è adagiato su un lenzuolo ma di esso si intravede solo la porzione che va
dalle cosce al seno. L’Origine du monde è il titolo originale in lingua francese del
dipinto di Gustave Courbet che in italiano è conosciuto come L’Origine del
mondo. Il taglio estremamente realistico e la prospettiva dalla quale è osservato il
corpo della modella in L’Origine del mondo, supera, però, ogni altra opera di
Courbet. Secondo i curatori del Musée d’Orsay di Parigi è la descrizione
estremamente realistica e quasi anatomica del corpo che determina la forza visiva
del dipinto. Infatti il pittore non ricorse ad artifici stilistici storici o classici già
consolidati per rappresentare il soggetto. Al contrario, per rendere ancora più
reale l’immagine compì uno studio molto attento delle tonalità dell’incarnato per
sedurre lo sguardo dell’osservatore
JO, LA BELLA RAGAZZA IRLANDESE
Olio su tela
65x54 cm
1866
National Museum, Schwedisches
la modella è l'artista irlandese Joanna Hiffeman una giovane donna dai capelli
rossi con gli occhi verdi, in un busto che spicca su uno sfondo scuro, si appoggia
a quello che sembra essere il tavolo di una toeletta (o comodino?), Rivestito con
un tessuto fantasia di colore chiaro. La donna indossa una camicetta di pizzo
bianco parzialmente coperta da un abito di colore scuro. Con la mano sinistra
tiene il manico di uno specchio ovale; la sua mano destra solleva alcune ciocche
di capelli, che sono lunghi, ondulati e di un rosso ramato intenso. Lo sguardo
della donna, concentrato sul suo riflesso, è allo stesso tempo serio, riflessivo,
sognante e critico.
LE SOMMEIL
Olio su tela
200x135 cm
1866
Museo Petit Palais, Parigi
Olio su tela
130 x 195,7 cm
1866
Metropolitan Museum of Art, New York
TECNICA DI PITTURA
per il loro modo di dipingere a macchie e con brevi pennellate, senza nessun
disegno preparatorio.
I contorni nei loro dipinti sono sfumati nel tentativo di riprodurre la realtà così
come appare a un rapido colpo d’occhio.
ANTONIO FONTANESI
È uno dei pittori italiani dell'Ottocento più significativi,
rimasto a lungo poco noto al grande pubblico e
scarsamente considerato dalla critica, se si eccettua
l'interessamento di alcuni artisti, tra cui Carlo Carrà.
Olio su tela
115x150 cm
1875
Musei Civici di Reggio Emilia
Si tratta di una pastorella pensierosa dipinta al centro del quadro. Ampio spazio è
dato alla campagna circostante proprio per focalizzare l’attenzione sull’isolamento
di questa donna. Molto interessante la composizione della figura, la testa china in
avanti, in atto di raccoglimento. Una composizione chiusa che contrasta con la
pittura “aperta” del paesaggio. Si apprezza una pianura particolarmente estesa,
che si perde nell’azzurro delle prime colline, per poi confondersi nell’immensità
del cielo. E’ interessante come il Fontanesi sia riuscito a mettere in evidenza la
pastorella senza utilizzare importanti contrasti cromatici. Egli sfrutta
sapientemente le linee dello sfondo, la verde pianura e le colline, che convergono
sulla testa di questa ragazza. Il nostro occhio è portato a concentrarsi su di lei.
IMPRESSIONISMO
L’impressionismo è un movimento pittorico nato a Parigi nella seconda metà
dell’800. Nasce ufficialmente il 15 aprile 1874 in occasione della mostra tenuta
nello studio del fotografo Nadar da un gruppo di artisti respinti dal Salon di
Parigi, il tempio della pittura ufficiale. La mostra ha un esito disastroso e provoca
feroci polemiche. Ispirandosi al titolo del dipinto Impression, soleil levant di
Claude Monet, il critico d’arte Louis Leroy definisce ironicamente questi pittori
impressionisti. Gli impressionisti lasciano gli atelier per lavorare all’aperto nelle
campagne, nelle periferie, nelle piazze. Utilizzano cavalletti portatili e colori a olio
in tubetti, fabbricati per la prima volta in questi anni.
A COSA PUNTAVA
Lo scopo è cogliere l’impressione visiva della realtà; da qui la necessità di
un’esecuzione rapida, senza disegno preliminare, senza ritocchi e sfumature. Il
fondamento della tecnica impressionista è lo studio della luce e del colore; per
conferire la massima luminosità ai dipinti gli impressionisti accostano
direttamente sulla tela i colori puri; aboliscono l’uso del nero per realizzare le
ombre, che vengono rese combinando diversi colori. Spesso gli impressionisti
rappresentano il medesimo soggetto in diversi momenti del giorno per mostrare
come la luce, nel suo continuo divenire, trasformi cose e colori
DOVE SI SVILUPPÒ
L'impressionismo è una corrente artistica che si sviluppa in Francia a partire
dalla metà del 19° secolo.
Olio su canvas
Dimensioni sconosciute
1894
Collezione privata
Le opere di Morisot presentano prevalentemente scene della sua vita quotidiana.
Attingendo alle sue esperienze personali, i soggetti dei suoi dipinti erano spesso
quelli a lei più vicini, come la famiglia e gli amici. Julie Daydreaming è uno di
questi esempi e il soggetto del titolo è infatti la figlia di Morisot. Mentre i pittori
impressionisti maschi si concentravano spesso su paesaggi ed esterni, le
impressioniste come Morisot si concentrano molto di più su com'era la vita a
porte chiuse. Dipingeva spesso i figli di sua sorella e quando riceveva la
benedizione di avere una figlia tutta sua, sentiva che questo combinava entrambi
i lati della sua vita, della sua arte e della sua famiglia. Proprio come Monet è
famoso per la pittura di gigli, anche i fiori compaiono spesso nelle opere di
Morisot e aggiungono una profondità extra di romanticismo e fantasia. Sono
tuttavia assenti da Julie Daydreaming, con sua figlia l'unico obiettivo dell'artista.
Julie Daydreaming è stata dipinta alla fine della vita di Morisot nel 1894. L'opera
cerca di catturare il passare del tempo mentre sua figlia si trasforma da ragazza a
donna poiché si pensa che avesse sedici anni al momento del dipinto. Morisot
dipinge Julie per tutta la vita di sua figlia, a partire dalla nascita, e rimane una
musa ispiratrice per sua madre per tutta la vita. Sfortunatamente, entrambi si
ammalarono di polmonite poco dopo che il lavoro era terminato e fu questo che
purtroppo causò la morte di Morisot. Il dipinto non è attualmente visibile al
pubblico e fa parte di una collezione privata senza nome.
ON A BENCH
Olio su tela
1889
90x81 cm
Musèe des Augustines
Ritratto di una ragazza malinconica dal viso tondo in un ampio abito bianco, con
grandi
occhi sognanti dalle palpebre pesanti, imbronciata e fissata in lontananza,
sostenendo il viso con una delicata mano bianca;
è Julie Manet, qui ritratta nel dolce stato dei sogni ad occhi aperti nella primavera
della sua vita, all'età di sedici anni, dalla
madre Berthe Morisot.
DONNA ALLA TOILETTE
Olio su tela
60x80 cm
1875-1880
Art Institute, Chicag
La Donna alla toilette dipinta da Berthe Morisot nel 1875 affronta uno dei temi
prediletti degli impressionisti, che ritrassero di frequente donne intente alla cura
del loro corpo e della loro igiene personale per sondarle nella loro intimità, in pose
naturali che si confacevano all'indole di questi artisti. Berthe Morisot riesce
nell'intento di creare una composizione fine e delicata grazie alla sua sensibilità
femminile che si tramuta in pennellate lievi, date quasi accarezzando la tela, che
assumono toni diafani, perlacei. L'erotismo che contraddistingueva molti di questi
soggetti qui è solo vagamente accennato dalla spallina sinistra del vestito
abbassata e dal gesto della ragazza che sta per sciogliere i capelli e a breve
inizierà a spogliarsi di fronte allo specchio. Lo specchio, peraltro, riporta sul
bordo inferiore la firma dell'artista, quasi che con questo stratagemma Berthe
Morisot abbia voluto suggerirci che lo specchio riflette la sua femminilità e il suo
animo, conferendo al tutto l'apparenza di un autoritratto ideale.
CLAUDE MONET (1840-1926)
Olio su tela
81,3x101,6 cm
1899
National Gallery of Arts, Washington
Olio su tela
50x65
1873
Musèe d’Orsay, Parigi
è una delle opere più note di Monet e, più in generale, del movimento
impressionista. I colori della tavolozza impressionista in gran parte non
appartengono alla tradizione ma sono recenti invenzioni della chimica, come certi
toni di giallo e arancio, ottenuti dal cromato di piombo o certe punte di verde e di
blu cobalto. Brevi pennellate rosse, mescolate ad altrettanto rapidi tocchi di
verde, restituiscono l’incantevole atmosfera di un campo di papaveri. A segnare
l’orizzonte, la fila irregolare degli alberi, che divide in due questa composizione
equilibrata, nella quale un cielo vibrante luminosissimo si spartisce la scena con
il terreno scosceso di un prato intessuto nelle più varie gradazioni di verde. Ai due
personaggi in primo piano fa da contrappunto una seconda coppia sullo sfondo,
ancora una volta poco conta la loro presenza ha la funzione di spezzare
l’uniformità dell’insieme, di fare macchia sullo sfondo verde degli alberi e del
prato.
NINFEE
Olio su tela
Misure varie
1899-1904; 1914-1926
In vari musei del mondo
La serie di opere che va sotto il nome di Le Ninfee è davvero molto vasto; si parla
infatti di ben 250 opere che Monet realizzò in età tarda, completamente ammaliato
dalla bellezza di questi fiori. Come ben sapete, Monet si sposò ben due volte, la
prima con Camille e successivamente con Alice Hoschedé, e con quest’ultima, nel
1883 decide di trasferirsi a Giverny. Nell’abitazione in cui si trasferirono, Monet,
ispirato fortemente dalla tradizione giapponese (che si farà sentire anche all’interno
di alcune sue opere), decise di realizzare un giardino che ricalcava tale cultura,
realizzando un ponticello e anche uno stagno ricco di ninfee, ma anche molti altri
fiori come l’iris, i tulipani, le rose e anche alcune piante esotiche. Nei primi quadri
lo stagno è attraversato da un piccolo ponte di legno in stile giapponese: le ninfee
galleggiano sulla superficie dell’acqua dove si riflettono salici, pioppi e glicini. Lo
stesso soggetto viene rappresentato da angolazioni leggermente diverse, in varie ore
del giorno, in differenti stagioni e con una luce sempre differente; l’intento è quello
di dare ogni volta una nuova impressione visiva. Nelle opere successive, Monet
restringe progressivamente il campo di osservazione, escludendo tutto quello che
fa parte del paesaggio intorno allo stagno. L’ambiente circostante è rappresentato
ormai soltanto nel riflesso che lascia sull’acqua.
ÉDOUARD MANET (1832-1882)
E’ stato un pittore
francese di grande
importanza nel momento
di passaggio dalla
corrente realista a quella
impressionista. I suoi
dipinti vennero molto
criticati dal pubblico a
lui contemporaneo in
quanto risultavano
decisamente diversi
rispetto a quanto già si conosceva e spesso provocatori. Il pubblico, infatti,
restava disorientato nel vedere sulla tela scorci di vita reale di Parigi e persone ai
margini della società a cui veniva data la stessa importanza riservata
precedentemente ai grandi temi storici e a figure eroiche. Inoltre, Manet
rielaborava grandi capolavori del passato, che conosceva in modo approfondito
avendoli studiati e copiati con accuratezza per collocarli nella società
contemporanea, attirandosi aspre accuse di mancanza di rispetto verso i grandi
maestri. Le opere di Manet ottennero, ad ogni modo, il plauso di scrittori e altri
artisti. Venne apprezzato e lodato da Edgar Degas, Claude Monet, Pierre-Auguste
Renoir, Paul Cézanne e altri, mentre a sua volta egli ammirava molto Gustave
Courbet tra i contemporanei e Francisco Goya e Diego Velázquez tra gli artisti del
passato. Oggi Manet è universalmente considerato uno dei più grandi e celebri
pittori conosciuti in tutto il mondo.
NANÀ
Olio su tela
1,54x1,15 cm
1877
Hamburger Kunsthalle
Il quadro è davvero molto interessante e ci sono diversi pareri sul significato
principale dell’opera; facendo particolare attenzione ai dettagli, fin da subito è
possibile notare che il soggetto principale è questa donna bellissima che si sta
truccando davanti allo specchio. La donna sorride mentre guarda lo spettatore e
si può notare che il suo vestito non è completo, poiché composto unicamente da
una camicia bianca, un corsetto blu, delle eleganti calze di seta e un paio di
tacchi alti che indossa.
Lanciando una rapida occhiata all’arredamento si può notare che il luogo è molto
ben arredato e anche la realizzazione in pittura da parte dello stesso Manet è
stupenda: il divano è reso in maniera impeccabile, con i contorni dorati e il
tessuto che invece è un rosso molto scuro; su tale divano, proprio a lato destro
della tela, è possibile scorgere un uomo vestito di tutto punto e molto elegante, il
quale volge il proprio sguardo altrove. Sul lato sinistro della composizione invece
è possibile notare una sedia su una parte degli indumenti della protagonista,
mentre dietro questa sedia invece è presente un tavolino con su un vaso di fiori.
Dopo aver dato uno sguardo sommario a tutta l’opera, possiamo cercare di
scoprire qual’è il significato principale di Nana: per prima cosa, il nome del
quadro ci viene incontro e ci dà degli indizi interessanti, poiché pare che questo
nome fosse largamente utilizzato nel diciannovesimo secolo dalle prostitute; a
dare maggiore peso a questa teoria è la composizione del quadro, con tutti gli
elementi d’arredamento che sembrano suggerire che quello è un luogo dove una
prostituta di alta classe incontra i propri clienti, e l’uomo presente sulla destra
sembrerebbe essere proprio uno di quelli.
Olio su tela
38x46 cm
1877
Foundation EG.Buhrle, Zurich, Switzerland
Il Suicidio è un quadro a sé, poco conosciuto e poco considerato anche dagli
storici dell’arte, che non sono mai riusciti a trovargli una collocazione precisa nel
percorso artistico del pittore. La rappresentazione pittorica nel quadro è limitata
ad un uomo sdraiato su un letto che sembra essersi appena sparato – con ancora
in mano una pistola – e pochi altri dettagli. Manet non fornisce alcun contenuto
narrativo, messaggio o rappresentazione che lasci spazio ad interpretazioni sulle
motivazioni che l’hanno spinto a pensare e a creare questo lavoro. Tuttavia, il
realismo di Il Suicidio ha alimentato il dibattito sulla volontà del pittore di
rappresentare un suicida. Di certo si sa che, qualche anno prima, Manet fu
traumatizzato dal suicidio per impiccamento di un suo assistente che lui stesso
trovò appeso nel suo atelier. Perché abbia scelto di rappresentare un suicida non
si sa, sappiamo però che nel 1879 gli venne diagnosticata una grave malattia,
atassia locomotoria, che lo accompagnerà fino alla morte.
CRISTO MORTO E DUE ANGELI
Olio su tela
179x150 cm
1864
Metropolitan Museum of Art, New York
In questa tela Manet sceglie di raffigurare Cristo morto, con la ferita della
Passione ben visibile, mollemente adagiato su un sudario color bianco sporco e
affettuosamente sorretto da un angelo. L'opera, portata a termine nel 1864, fu
esposta al Salon dello stesso anno e suscitò critiche asperrime. Ad avvelenare gli
animi erano soprattutto le infelici scelte cromatiche del dipinto, con il rosa
ombrato dell'incarnato di Cristo che molti fraintesero per lercia sporcizia, e
soprattutto con la resa del Cristo esanime, che Manet raffigurò come un mero
cadavere, superando l'aspetto sacro della morte del Salvatore e sfociando in un
realismo concreto, tangibile, che molti fraintesero per un atto dissacrante, se non
persino blasfemo. La portata dello scandalo fu tale che la tela di Manet fu subito
correlata alla Vita di Gesù di Ernest Rènan, scritto nel quale gli eventi
soprannaturali narrati nei Vangeli vengono interpretati come fatti pienamente
spiegabili scientificamente. Furono in molti, inoltre, a vedere nel Cristo morto
manetiano una risposta indiretta alle tesi promosse dal realista Gustave Courbet,
che fu per Manet un artista non beatamente venerato, ma amato e contestato:
Courbet, infatti, sosteneva che la pittura fosse un'arte concreta, e che perciò deve
essere applicata alle cose reali, esistenti. Un partigiano del realismo come
Courbet, pertanto, non poteva che contrastare fortemente l'astrazione, e per
questo motivo inondò il Cristo morto e due angeli di scherno, criticandone
soprattutto gli angeli, dalle ali blu e dalle sembianze umane. Appare tuttavia
improbabile che Manet abbia deciso di eseguire la tela per controbattere alle
teorie di Courbet, e oggi i critici concordano nel vedervi una libera
interpretazione, se non un esplicito omaggio, ai brani pittorici di Tintoretto,
Veronese e Mantegna.
JOAQUIN SOROLLA (1863-1923)
Nacque a Valencia in Spagna. Rimasto
orfano di entrambi i genitori a soli due
anni d'età, fu allevato nella famiglia di
una zia materna insieme alla sorella
Eugenia. Manifestò presto la sua
attitudine al disegno. Dopo aver
frequentato le scuole medie frequentò
una scuola serale di disegno per artigiani
e la Scuola superiore di belle arti di S.
Carlo mentre lavorava nello studio dello
zio. Joaquín Sorolla pittore di luce
racconta, attraverso circa 60 opere la
straordinaria evoluzione artistica di
questo pittore ambizioso e determinato,
che ha fatto dell’arte la sua ragione di
vita. Accanto al profondo amore per la
pittura, tuttavia, Sorolla ha sempre
accompagnato un ancor più intenso
legame con la sua famiglia, il suo
soggetto prediletto. In molte delle sue splendide tele, Sorolla racconta l’amore per
la sua Clotilde, moglie, musa e vera compagna di vita, e per i tre figli, María,
Joaquín ed Elena. Un legame che nutre la sua ispirazione e guida la ricerca verso
la “verità” dell’immagine da riportare sulla tela, la quale può essere generata solo
da una reale partecipazione e un’intensa emozione. Quella di Sorolla è
un’esperienza artistica intensa e magnifica, fatta di gioie e di sofferenze, di
soddisfazioni e di ricerca, nella quale lo studio della luce, rigorosamente dal vero
e en plein air, anche per i soggetti più impegnativi e di grande formato,
rappresenta la via maestra del rinnovamento pittorico verso un linguaggio
raffinato, spontaneo e immediato.
MOTHER
olio su tela
169x125 cm
1900
Casa-Museo di Joaquin Sorolla, Madrid
Olio su tela
2,05x2 m
1909
Museo Sorolla, Madrid
E’ indubbiamente una delle opere più importanti di Sorolla. Dipinto sulla spiaggia
di Valencia, rappresenta la moglie dell’artista e la figlia Maria colte dalla brezza
marina, durante una passeggiata estiva, ovvero una “elegante promenade” come
quella che vedremo spesso nelle pagine dei prossimi giorni, in uso raffigurare tra
fine Ottocento e primo scorcio del secolo successivo. Personaggi borghesi,
generalmente femminili, eleganti, che percorrono la riva godendo della frescura
portata dalle onde spumeggianti. Il pittore illuminista ha captato un preciso
istante, i colori, la luce di Valencia, la brezza marina, … Per questo egli imprime
la tecnica degli impressionisti, utilizzando un bianco particolarmente luminoso e
scegliendo un'inquadratura inusuale, degna di una fotografia: le due donne non
sono rappresentate perfettamente a destra né al centro della tavola, il cappello di
Clotilde è troncato, la parte inferiore è occupata da una striscia vuota di sabbia. Il
resto comprende qualche grano di sabbia in basso a destra del dipinto, come un
ricordo supplementare del momento.
LA SIGNORA DE SOROLLA IN NERO
Olio su tela
186,7x118,7 cm
1906
Metropolitan Museum Galleria 827
Realizzata ad olio su tela, l'opera raffigura Clotilde García del Castillo, moglie,
confidente, compagna di viaggio e musa ispiratrice di Sorolla. Il dipinto mostra
Clotilde che indossa un abito nero nella loro casa di Madrid. Sullo sfondo, Sorolla
ha reso una versione ridotta di uno dei suoi primi dipinti. In secondo piano lo
sfondo appare in penombra con la visione non ben curata dei quadri, segno che
forse l’artista ha deciso di velocizzare il suo operato, mentre la protagonista in
primo piano viene curata nei minimi dettagli, con uno sguardo all’apparenza
tranquillo e sorridente. Di grande impatto è l’ampia scollatura, simbolo di
modernità, ma allo stesso tempo si nota l’abito in stile spagnolo ma che sembra
richiamare anche le usanze classiche per la gonna ampia.
GRAZIE PER
L’ATTENZIONE