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Il Neoclassicismo

Background Storico
Il Neoclassicismo è un movimento che si diffonde a partire dal 1700 fino Rivoluzione Francese
(1789) e Congresso di Vienna (1815). Il termine fu coniato alla fine dell’Ottocento con intento
dispregiativo per indicare un’arte non originale e fredda. Tuttavia, si esprime il desiderio di voler
tornare all’antico tipico di questo periodo. Storicamente, infatti questo può essere considerato il
passaggio all’età moderna, siccome rappresenta la crisi totale dell’assolutismo monarchico
(come ad Esempio Luigi XIV in Francia). Secondo lo storico dell’arte Winckelmann il
movimento era volto alla restaurazione del Bello Ideale, che però non esisteva in natura ma era
solo visibile dall’artista, che lo rappresentava partendo dalla natura. Secondo lui il buon gusto
aveva avuto origine in Grecia e aveva perso qualcosa ogni volta che si era allontanato dalla loro
terra Tuttavia, ciò che Winckelmann ritiene opportuno fare è imitare, che è diverso dal copiare,
perché consiste nell’ispirarsi a un modello per giungere a nuove creazioni. Inoltre, l’arte di
questo periodo è caratterizzata dal rifiuto dell’arte Barocca, considerata eccessiva, senza regole e
senza rigore.
Ma qual è il reale motivo di questo ritorno alla classicità?
In questo periodo avvengono tutte le più grandi scoperte archeologiche di Pompei, Ercolano e
Tivoli, insieme a una maggiore diffusione delle stampe di classici latini e greci. I valori etici
della Romanità come Impero verranno ripresi anche da Napoleone, che tenterà di ricreare un suo
impero, e anche da poltrone e abiti, con il cosiddetto “stile impero”. Gli artisti di questo periodo
viaggeranno per tutta europa per accostarsi alla cultura dell’arte, effettuando il “Grand Tour”,
che aveva come tappe fondamentali anche Roma, Firenze, Venezia e Napoli.

La Pittura
Per quanto riguarda la pittura neoclassica, questa segue delle regole ben precise. Ad esempio, i
soggetti vengono sempre rappresentati in una studiata prospettiva e il colore viene steso con
tecniche avanzatissime, facendo in modo che il segno delle pennellate sia addirittura
impercettibile. Per quanto riguarda i soggetti rappresentati, di solito vi sono soggetti mitologici o
storici, in ogni caso sono figure umane prettamente in vesti antiche. Tra i maggiori esponenti
abbiamo Jean Auguste Ingres, definito l’artista perfetto neoclassico. Dipinge nobildonne del
tempo per commissione o odalische, di solito per collezioni private e personali.

Architettura
Tra i maggiori esponenti troviamo Piermarini e Canova. Prevale la realizzazione di edifici
monocromatici. Piermarini realizza il Teatro alla Scala di Milano, che prende il suo nome per la
chiesa di Santa Maria alla Scala che viene eliminata per permetterne la realizzazione. Questo è
molto simile a un Tempio Greco, ha un timpano, colonnine e un porticato che però viene
rimodernato per permettere alle carrozze di arrivar direttamente di fronte l’entrata, per evitare
disagi in casi di pioggia. Oltre ad essere un teatro questo è anche un luogo di incontro, infatti
contiene due ridotti separati, uno per la borghesia e uno per la nobiltà, con sale da gioco e
ristoranti. Sempre Piermarini realizza anche la Accademia delle Belle Arti di Brera, una delle
prime scuole del “Bel Dipinto”, dove gli artisti passavano un paio di mesi solo a studiare
l’inclinazione della tavolozza e il modo di creare i colori. Nel 1859 per la visita di Napoleone III
viene collocata una statua nel suo cortile principale dove Napoleone I viene visto come Marte
Pacificatore, sul modello di Canova.
Canova stesso sarà architetto, a Possagno, il suo paese d’origine. Qui realizzerà la Chiesa della
Santissima Trinità, detta anche Tempio Canoviano. Lui stesso coprì le spese insieme a donazioni
della popolazione. Il colonnato si ispira al Partenope mentre la parte centrale viene ripresa dal
Pantheon.

JACQUES-LOUIS DAVID

Cenni biografici
Jacques-Louis David rappresenta il pittore neoclassico per eccellenza durante la Rivoluzione
Francese e l’Impero Napoleonico. Nacque a Parigi il 30 Agosto 1748 e studiò all’Académie des
Beaux-Arts della capitale francese effettuando numerose visite e soggiorni a Roma per mettersi a
contatto con l’antichità. Nel 1775 vinse il Prix De Rome e divenne borsista all’Accademia di
Francia a Roma, dove resterà fino al 1880. Durante i suoi viaggi a Napoli, Pompei ed Ercolano
affermerà di aver aperto gli occhi sull’arte e di comprendere che “solo operare come gli antichi e
come Raffaello è essere veramente artisti.” Comincia così la sua missione di recuperare non solo
le forme degli antichi, ma anche i loro ideali etici per riproporre i valori antichi al mondo
moderno. Nel 1804 viene nominato Primo Pittore dell’Imperatore e fu successivamente costretto
all’esilio alla caduta dell’Impero nel 1816. Morirà a Bruxelles nel 1825.

Il Disegno
I disegni di David sono spesso realizzati con tecniche grafiche con tecniche grafiche molto
semplici, realizzate con sola matita a mina di piombo, o grafite inglese. Inoltre, troviamo tracce
di penna e inchiostro, ravvivate dall’acquerello bruno, nero e grigio. Lo scopo del disegno è la
chiarezza del segno, la purezza dell’immagine e la sua semplificazione tramite il contorno netto
della linea. Uno dei pochi esempi che ci è pervenuto è il disegno di Marco Attilio Regolo e la
figlia, che era probabilmente uno schizzo preparatorio a un dipinto, mai eseguito, dove l’eroe
romano sta per ripartire per Cartagine, dove sarebbe stato torturato e ucciso. Il carattere eroico
del personaggio viene rappresentato nella sua espressione decisa nonostante la figlia lo stia
implorando di non ripartire, gettandosi a terra. L’acquerello illumina le spalle e le braccia della
donna per sottolineare la forza della coesione familiare.

La morte di Marat
L’opera realizzata nel 1793 rappresenta la morte di Jean-Paul Marat, un giacobino rivoluzionario
nato in Svizzera, assassinato il 13 luglio 1793 nella sua vasca da bagno. Il probabile motivo è il
suo ruolo di presidente del club dei giacobini che aveva causato la caduta dei girondini. Questo
dipinto fu incaricato dalla Convenzione per rendere onore al martire della rivoluzione. La scena
assomiglia a un allestimento teatrale, dove si presenta un delitto con degli indizi da scoprire. Su
una cassetta di legno chiara viene creata la lapide del morto, dove l’artista scrive la dedica al
martire, siccome era anche suo amico personale: “À Marat, David. 1793, L’an deux”. Sappiamo
che Marat era solito passare molto tempo nella vasca a mollo in acqua tiepida a causa di una sua
malattia della pelle.
La sobrietà e essenzialità dell’arredo stanno a testimoniare la virtuosa povertà di Marat, ucciso a
tradimento per le sue virtù benevole. Proprio queste sono state causa della sua morte, siccome
dal biglietto che regge in mano emerge anche il nome dell’assassina, Marie Anne Charlotte
Corday, che supplica benevolenza per essere ricevuta. Appoggiati sulla cassa di legno troviamo
una penna d’oca e un calamaio, mentre l’assassino regge un’altra penna nella mano destra, vicina
all’arma del delitto, un coltello, che è stata abbandonata a terra. Con questi elementi David
effettua una santificazione laica del personaggio, siccome il braccio abbandonato riprende anche
la Deposizione di Cristo di Michelangelo o di Caravaggio. Il punto di fuga coincide con il bordo
superiore della tela, consentendo una visione dall’alto verso il basso. La scelta di rappresentare
un momento successivo al delitto evita la violenza e il volto dell’assassina viene condannato
all’oblio. Anche la morte viene dunque resa elegante.

Da questo dipinto possiamo notare che come teorizza Wincklemann la realtà non è perfetta e
deve dunque essere migliorata dall’artista e resa straordinaria tramite l’arte.

Il giuramento degli Orazi


L’opera venne realizzata da David durante il suo secondo soggiorno a Roma nel 1784, sotto
commissione del re di Francia per essere presentata al suo Salon, una grande esposizione d’arte a
Parigi per artisti emergenti. I soggetti vengono scelti dalla tradizione di Roma monarchica,
quando sotto il regno di Tullo Ostilio i tre fratelli Orazi, romani, affrontarono i tre fratelli
Curiazi, albani, per risolvere una contesa tra Roma e Albalonga senza ulteriori guerre. I tre
Curiazi morirono mentre solo uno degli Orazi si salvò, decretando la vittoria di Roma. Il
momento rappresentato nell’opera è quando il padre consegna le spade ai propri figli, mentre
questi giurano di combattere eroicamente per la patria, vincendo o morendo per Roma. Il
messaggio che si voleva trasmetterà riguarda le virtù civiche romane e l’amore per la gloria. Ci
troviamo in una casa romana inondata dalla luce solare e la prospettiva sottolinea le fasce
marmoree che racchiudono i riquadri dei pavimenti in laterizi disposti a lisca di pesce. Nel fondo
troviamo due colonne doriche che sorreggono tre archi a tutto sesto. I personaggi sono divisi in
due gruppi, mentre al centro appare il padre che sta mettendo a repentaglio la vita dei suoi figli
per le sorti della sua città, e viene rappresentato con le labbra dischiuse. Inoltre, il suo mantello
rosso richiama su di lui l’attenzione vista la sua centralità nella storia. Il punto di fuga coincide
con la mano del padre che regge strette le spade per i figli. L’altro gruppo, sulla destra, è
rappresentato dalle donne, illuminate da una luce debole, che si abbandonano al dolore e alla
disperazione. La madre degli Orazi copre con il suo velo scuro i suoi due figli più piccoli, mentre
Sabina, la moglie del più grande dei fratelli, si volge verso la cognata. David sceglie di non
rappresentare il momento del combattimento ma il momento che precede l’azione, per mettere in
rimasto l’amor di patria di tutti i partecipanti.

ANTONIO CANOVA

Cenni biografici
Antonio Canova nacque a Possagno, nei pressi di Treviso, il primo novembre 1757. Il suo
apprendistato si svolse a Venezia dove aprì uno studio nel 1775, per poi trasferirsi a Roma
quattro anni dopo dove seguì dei corsi di nudo all’Accademia di Francia e resterà per la maggior
parte della sua vita. Sotto invito di Napoleone, andrà a Parigi nel 1802 e 1810, e gli verrà
richiesta di trasferirsi lì in seguito a dei ritratti fatti all’imperatrice, e nel 1815 per richiedere
delle opere d’arte sottrate a Napoleone dallo stato pontificio in seguito al congresso di Vienna. A
Londra osservo il marmo originale del Partenone e riferì in lettere che queste avevano
“solleticato il mio amor proprio”. Morì a Venezia il 13 ottobre 1822 dopo aver dedicato tutta la
sua vita alla sua arte. È tutt’oggi ricordato come uno dei più grandi scultori italiani.

Tecnica
Canova incarna i principi neoclassici della scultura perfetta, e si rivolge immediatamente alla
scultura greca. Da questa riprende le pose e i personaggi, insieme alla tecnica perfetta, dove il
marmo bianco sembra quasi traslucido. Sappiamo che il marmo utilizzato da Canova era marmo
bianco, siccome allora si pensava ancora che le statue greche fossero bianche, mentre noi
sappiamo oggi fosse coloratissime. Le sue sculture si dividono in due tipologie principali: le
allegorie mitologiche e i monumenti funebri. Un’opera particolare è Paolina Borghese Bonaparte
(1804), sorella di Napoleone, che pisa nelle vesti di Venere. Inizialmente venne vista come un
capolavoro, ma poi con il declino di Napoleone viene considerata oscena e verrà poi conservata
nei sotterranei.

Monumento funebre a Maria Cristina d’Austria


Il monumento è stato realizzato tra il 1798 e il 1805, a Vienna, per la morte di Maria Cristina
d’Asburgo-Lorena. Era stato commissionato dal duca Alberto di Sassonia-Teschen in ricordo
della moglie, morta il 23 giugno 1798. L’opera riprende un altro progetto di Canova per la tomba
di Tiziano, che però non fu mai realizzato. Sotto l’entrata della piramide mortuaria
nell’Augustinerkirche è presente un’architrave con l’incisione “Uxori optimae Albertus” ovvero
“Alberto alla sua ottima moglie”. La forma sepolcro ricorda alla piramide di Cestio E alle tombe
Chigi in Santa Maria del Popolo. Troviamo scolpita una “marcia funebre” alla quale fanno parte
diversi personaggi. La donna defunta è rappresentata in un medaglione sopra all’entrata oscura,
sorretta dalla Felicità Celeste in forma di fanciulla, che è accompagnata da un putto ne volo.
Sulla sinistra troviamo una figura femminile che rappresenta la Virtù, disperata e con il capo
chino con un vado (che contiene le ceneri), che si avvia verso la piramide con due bambini e un
vecchio, legati tra loro con una ghirlanda di fiori. Un’altra donna che li accompagna,
sorreggendo il vecchio, rappresenta la Beneficienza. Sulla destra troviamo un leone accovacciato
e malinconico, che rappresenta la fortezza, e sopra a questo troviamo un genio con le ali, che
rappresenta il sonno e dunque la morte, insieme alla tenerezza. Questo richiama anche il
Monumento Funebre a Clemente XIII. È importante notare la presenza di un drappo sotto i piedi
di personaggi, che addolcisce gli spigoli dei gradini e simboleggia il forte legame tra vita e
morte. Lo scopo generale dell’opera è quello di far trasparire la fatalità della morte e instaurare
una “corrispondenza di amorosi sensi”, come scriverà Ugo Foscolo ne il Carme Dei Sepolcri.

Amore e Psiche
L’opera è stata commissionata dal colonnello inglese John Campbell nel 1787, e fu completata
nel 1793. Il nome completo è Amore e Psiche che si abbracciano, e riprende la favola de L’Asino
d’oro di Apuleio, del II secolo d.C. Psiche era una delle ragazze più belle del mondo, e Venere
non poteva sopportare che una mortale potesse competere con il suo fascino. Così, invio suo
figlio Amore per farla sparire, ma anche lui si innamora della ragazza e decide di portarla nel suo
palazzo. Tuttavia, i due strinsero un patto che non si sarebbero mai potuti guardare, quando si
incontravano. Un giorno Psiche decise di aprire gli occhi per vedere chi fosse il suo amante, e
Amore si sentì tradito e volò via, così Venere decise di mettere alla prova l’amore della fanciulla,
grazie alle quali avrebbe ottenuto l’immortalità. La ragazza riuscì a superare tutte le prove,
arrivando addirittura negli Inferi per prendere un po’ della bellezza di Proserpina.
Quest’ultima prova si rivelò un inganno e Psiche cadde in un grande sonno, e quando Amore
venne a sapere degli sforzi effettuati dalla sua amata, si recò immediatamente da lei e la risvegliò
con un bacio. Il momento rappresentato è dunque proprio quello del bacio che sancisce la loro
unione, e segna il lieto fine della storia. La posizione della scultura è ripresa da un affresco
antico ritrovato ad Ercolano e consiste in un gioco di sguardi, uno sfiorarsi appena con sottile
erotismo, più che fisicamente con la loro mente. La scelta di rappresentare i soggetti nel
momento precedente al bacio vuole soffermare l’attenzione su in tipo di amore prevalentemente
mentale. Infatti Amore, per avvicinarsi alla donna, mette il ginocchio sinistro a terra e si avvicina
alla protagonista e con la mano destra le regge il seno, simboleggiando il desiderio sessuale ma
non osceno. Un elemento tipico neoclassico è la formazione di una X da parte di corpi dei
protagonisti, secondo una linea che parte dall’ala destra del dio fino al suo piede sinistro e poi
un’altra invece che ha la sua origine nell’altra ala di Amore e si conclude nel corpo di Psiche. Il
centro della X è anche centro focale dell’opera, dove lo sguardo cade appena si osserva il
gruppo. Tuttavia, girando intorno alla scultura ci si accorge della complessità della creazione di
Canova, rendendosi conto delle relazioni tra i due corpi. Sul retro infatti troviamo la faretra di
Amore, in cui tiene le frecce che scocca per far innamorare i suoi obiettivi, poi ci sono anche i
lunghi capelli della ragazza ed un piccolo vaso.

Differenza con Apollo e Dafne: la scena di Amore e Psiche è statica, e questo costituisce la
prima grande differenza con l’opera Barocca di Apollo e Dafne, caratterizzata da un forte
dinamismo e una grandissima teatralità. Di conseguenza, il gruppo del Bernini rappresenta
l’attimo fuggente, enfatizzata da un equilibrio instabile, mente Canova presenta una fermezza
perenne e continua.
Differente è anche lo scopo compositivo, siccome Bernini vuole cogliere la vitalità della vita,
mentre canova vuole giungere alla perfezione eterna e senza tempo, in cui nulla può divenire.

Tre Grazie
I primi disegni dell’opera risalgono al 1812, e fu realizzata in marmo tra il 1812 e il 1816 sotto
commissione di Giuseppina di Beauharnais, prima moglie di Napoleone. Una seconda scultura fu
realizzata tra il 1814 il 1817 per John Russell, sesto duca di Bedford. Le due opere differiscono
solo per pochissimi particolari male lo scultore stesso preferiva la seconda. Le 3 dee della
bellezza, Eufròsine (la “gioia”), Aglàia (lo “splendore”), Talìa (la “prosperità”), sono
rappresentate imposizione stante lungo assi verticali e paralleli abbracciate in una configurazione
quasi a nicchia. Questo permette allo scultore di rappresentare trivellati del gruppo dove la
fanciulla centrale è vista frontalmente, la fanciulla di destra e vista quasi di spalle e la terza,
quella di sinistra, è vista di fianco. Le gambe delle tre fanciulle sono posizionate in modo diverso
ma sembrano formare le radici di un fusto tripartito siccome bussi sono molto ravvicinati. Le
braccia sono intrecciate tra di loro insieme a un drappo che ricopre lingue nella grazia frontale.
Tutti rivolti sono visti di profilo ragazzi di destra osserva le altre due, i cui volti si sfiorano. I
capelli delle idee rappresentano il massimo chiaroscuro di Canova, pensato per conferire una
superficie liscia e morbida ti permette il passaggio di luce ombra come in un dipinto.

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