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STORIA DELL’ARTE

1. Il Neoclassicismo
Caratteristiche generali
Il Neoclassicismo è un movimento artistico che si sviluppa dalla seconda metà del
Settecento come conseguenza della cultura illuminista e di un’epoca di grandi rivoluzioni,
proponendosi come antitesi agli eccessi del Barocco e del Rococò.
Tra le caratteristiche del Neoclassicismo troviamo il desiderio di un ritorno all’antico per dar
vita a un nuovo classicismo; tutto questo viene favorito dagli scavi di Ercolano e Pompei che
offrivano ai contemporanei architetture, affreschi e oggetti di uso quotidiano di due cittadine
sepolte dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
Il termine Neoclassicismo, coniato alla fine dell’Ottocento, venne attribuito in senso
dispregiativo a un’arte non originale, fredda e accademica.
Si tratta innanzitutto di una riscoperta del mondo classico, come afferma Winckelmann,
massimo teorico neoclassico, che ne voleva sottolineare i canoni di armonia, nobile
semplicità e quieta grandezza. Per il movimento neoclassico la rappresentazione dell'anima -
che è grande e nobile – va rappresentata solamente in uno stato di armonia, di riposo, quindi
raffigurando i soggetti nel momento precedente o successivo all’azione.

Il Grand Tour
I Grand Tours sono dei viaggi in Italia che generano un tessuto di scambi culturali ed
economici che hanno un incremento a partire dalla seconda metà del Seicento.
Si riteneva che il viaggio in Italia costituisse un rito di passaggio obbligato nella formazione
del giovane intellettuale.
Il viaggio ha la durata di un anno e prevede sempre la visita di Firenze, Roma, Napoli e
Venezia.
Generalmente si preferisce visitare Roma durante le grandi cerimonie religiose del Natale,
dei Capodanno e della Pasqua, mentre Venezia durante il periodo del carnevale. L'ultima
tappa è Napoli, ma solo pochi coraggiosi viaggiatori si spingono le regioni al sud della città. Il
viaggio prevede anche le pericoli: ii briganti, che rendono impraticabili alcune zone, gli
imbrogli di osti e postiglioni, le strade che sono per lo più in condizioni deplorevoli e le
locande sporche e mal frequentate.
Il giovane è accompagnato da un tutore, che ha il compito educarlo alla conoscenza dell'arte
della cultura e di avviarlo al collezionismo. Infatti, il viaggio prevede anche l'acquisto di
oggetti d'arte, e ciò diviene una vera e propria moda.
Il Grand Tour influisce anche sulla circolazione delle idee, degli stili della cultura europea.
Un altro aspetto importante è quello della letteratura di viaggio.

Arte e propaganda: Napoleone


L'immagine di Napoleone fu riprodotta da un gran numero di artisti francesi e si diffuse in
tutta Europa. Con la nomina a primo console e con l'incoronazione a imperatore di Francia, il
ritratto di Napoleone diviene l'emblema di un'arte intesa come propaganda, fondata
interamente sul culto della personalità. Questo dimostra che la pittura di epoca napoleonica
è un laboratorio straordinario ed essenziale per lo sviluppo del successivo Romanticismo
francese.
L'ideale classico di Winckelmann
Winckelmann, ideologo del movimento neoclassico, a Roma portò a termine la sua opera più
importante: “Storia dell'arte nell'antichità”, destinata a influenzare non solo il gusto dell'arte
contemporanea, ma anche i successivi sviluppi dell'archeologia. Il suo testo applicò alla
storia della dell'arte greca una suddivisione cronologica, che, mostrandone le fasi di
sviluppo, crescita e declino, ne smentì l'interpretazione tradizionale, incline a considerarla
come un tutto omogeneo, privo di differenziazioni interne.

Antonio Canova (1757-1822)


Nacque in provincia di Treviso e fu orfano di madre, quindi viveva con suo nonno. Si formò in
Veneto, ma studio il Neoclassicismo a Roma. La sua tecnica era quella di partire da un
modello d'argilla. Infatti, di alcune opere ci sono le repliche.

Amore e Psiche che si abbracciano (1787-93)


Inizialmente fu commissionata da Lord Campbell, un colonnello inglese che però non aveva i
soldi per pagarla, quindi, in un primo momento l'opera rimase nello studio di Canova, ma poi
Murat la porto in Francia.
Sono rappresentati Amore e Psiche, protagonisti della favola di Apuleio. Nella favola, Venere
punisce Psiche, chi viene risvegliata da un bacio di Amore. Canova riprende l'attimo prima
del bacio, decidendo quindi di raffigurare la favola, però riprendendo i due protagonisti come
se fossero entrambi innamorati.
I due corpi si compenetrano, definendo un complesso intrico di linee di forme che muta al
variare del punto di vista dell'osservatore. Psiche solleva il busto e si dispone secondo una
linea che definisce il lento risveglio. Amore ha le ali rigidamente distese e i piedi puntati, che
denunciano il moto appassionato del dio appena planato dai cieli per animare al giovane
amante. Le ali di Amore sembrano trasparenti e ciò dà maggiore leggerezza e fluidità.
La disposizione di corpi è studiata purché l'occhio dell'osservatore si soffermi sul centro,
come se attendesse compimento della dell'attimo sospeso.
Il gruppo visto di fronte si inserisce in due piramidi: una è formata dai corpi di due giovani,
l'altra, rovesciata, è delineata dalle ali di Amore. Nel punto di intersezione tra i loro vertici, le
braccia di Psiche disegnano un cerchio che incornicia i volti di due innamorati.
L'opera va ammirata girandoci intorno, è perfetta in ogni angolazione.

Paolina Borghese come Venere vincitrice


È rappresentata la sorella di Napoleone nei panni della dea Venere. La donna andò in sposa
a Camillo borghese e infatti fu lui a richiedere la scultura.
Viene ritratta distesa sul letto greco, mentre con la mano sinistra regge la mela donatele da
Paride, mentre con la destra si sostiene il capo.
Si tratta di un ritratto allegorico, in cui l'iconografia tradizionale della divinità si adegua alla
fisionomia del personaggio effigiato. Non è Paolina ad assumere la posa di Venere, ma è la
dea che si incarna nel suo seducente corpo, trasformandola nell'espressione di un modello
ideale di bellezza.
L'audace nudità è bilanciata dall'eleganza della posa.
Il virtuosismo sì di Canova si può notare in alcuni dettagli: la morbidezza dei cuscini e del
materasso, il panneggio del velo che la copre parzialmente e la levigatezza della pelle, resa
ancora più lucente e reale da uno strato di cera rosata che lo scultore le fa spalmare sopra a
opera conclusa.
Tutto questo rende l'opera allo stesso tempo ideale e reale.
La posizione ricorda la Venere di Urbino di Tiziano. Le similitudini delle due opere sono la
nudità e la fisionomia, come ad esempio il naso.
I gioielli arricchiscono Paolina e l'acconciatura è molto dettagliata.

Jacques-Louis David (1748-1825)


David insieme a Canova è il caposaldo della nuova spinta neoclassica.
Negli anni Sessanta del Settecento vengono effettuati nuovi scali archeologici a Pompei e a
Ercolano. Questo comporta il fatto che il mondo europeo, e di conseguenza gli artisti,
abbandonano il gusto pomposo del Barocco che aveva predominato fino a quel momento;
infatti, il tutto viene rimpiazzato da un ritorno di gusto classico. Soprattutto il gusto scultoreo
greco e romano, che viene usato come fonte di ispirazione, principalmente nella pittura.
David è l’icona del Neoclassicismo pittorico francese: è il primo a usare delle grandi tele,
rappresentando soggetti antichi. La pittura si sviluppa con questo nuovo ideale.
Questo gusto neoclassico si svilupperà anche con tendenze di elogio a Napoleone. Una
serie di opere classicheggianti e opere napoleoniche, che poi la Francia che vedrà tanti
personaggi rivoluzionari come Marat che viene raffigurato nel momento della sua morte,
come martirizzato.

Il giuramento degli Orazi (1784)


Si impone come manifesto di un nuovo classicismo. La perfetta sintesi di forma di contenuto
è testimoniata dalla purezza della pittura e l'affermarsi di un maggiore interesse verso temi
istruttivi. Si tratta di un exempla virtutis, ovvero dei soggetti tratti dalla storia antica e assunti
a modello etico per l'attualità, si tratta di uno dei temi privilegiati di questo periodo, per
l'esaltazione del patriottismo e delle virtù civili. In quel periodo, infatti, l'arte di ispirazione
classica è ritenuta un linguaggio naturale, capace di parlare senza mediazioni all'anima del
cittadino di qualunque estrazione sociale.
Si ispira all’Horace di Pierre Corneille, ma David preferisce dipingere il momento solenne del
giuramento che precede il duello fra i tre fratelli romani e i tre fratelli Curiazi, ritenendolo un
esempio persuasivo di lealtà politica.
L'opera mette in scena il drammatico contrasto tra affetti familiari e amori di patria, ritenuto a
quel tempo uno dei principali temi di valori civile, esempio antico che deve spingere
l'emulazione e divenire il modello per il presente.
Si ispira alla storia romana: quando c'era la monarchia, i fratelli Orazi dovettero affrontare i
tre fratelli Curiazi per risolvere un problema tra l’Albalonga e Roma.
È descritto il momento in cui gli Orazi girano al padre di morire o vivere per Roma.
Sulla sinistra, ci sono i tre Orazi che mostrano spirito di sacrificio; sembrano un'unica
immagine triplicata di mascolina energia. I tre uomini indossano armature militari dell'antica
Roma. I soldati si abbracciano davanti al padre, che porge loro una spada. I giovani danno il
braccio per prestare il giuramento. Dalle pose di questi tre fratelli il busto viene modellato su
gesta ed eventi di ispirazione classica, soprattutto sulla storia e la mitologia greca e classica
Sulla destra ci sono le donne, la madre con i nipotini, la sorella Camilla e Sabina, moglie del
primogenito degli Orazi. Anticipano il tragico esito della vicenda, esibendo la rassegnazione
al dolore e l'inerzia del mondo femminile.
Al centro del quadro la mano sinistra del padre rappresenta il fulcro prospettico della scena.
L'architettura divide in tre sezioni la tela, racchiudendo in ognuna di esse un gruppo di
personaggi.
L'impianto prospettico è rafforzato dalle fasce marmoree della pavimentazione.
La scena è svolta all'interno di un luogo chiuso, molto buio, illuminato solo da un fascio di
luce che arriva da sinistra. Sullo sfondo sono presenti due colonne tuscaniche e in alto tre
ordini a tutto sesto.

La morte di Marat (1793)


È rappresentato Jean-Paul Marat, medico, giornalista e militante giacobino, immerso nella
vasca da bagno, dove doveva trascorrere alcune ore al giorno per necessità curative.
Con la mano sinistra regge la lettera della sua assassina, la girondina Charlotte Corday, e
con la destra tiene la penna intrisa di inchiostro. Per la prima volta fu inserito un atto di
cronaca nella pittura.
Per terra è abbandonato un coltello, mentre un biglietto, un assegno, un calamaio e una
seconda penna d'oca compongono la natura morta, che si dispone su una cassa di legno,
dove è incisa la dedica al defunto.
David, sceglie di rappresentare pochi elementi che trasformano il fatto di cronaca in una
scena di martirio.
Lo schema iconografico del compianto sul Cristo Morto è traslato in un contesto laico.
Richiama varie rappresentazioni di cristo morto: la Pietà di Michelangelo (1498-99), la
Deposizione di Raffaello (1507) e la Deposizione della croce di Caravaggio (1602-04). Viene
quini rappresentato come Cristo, quindi come una figura dalla parte del giusto, martirizzata,
che viene uccisa nonostante stesse dalla parte del giusto.
Il realismo della Deposizione della croce di Caravaggio deve aver influenzato il pittore, ciò lo
dimostrano i crudi contrasti luminosi e lo sfondo scuro, da cui emerge la figura di Marat.
L'evento si carica di un valore universale: il rivoluzionario, così come tre fratelli Orazi, diviene
un esempio di virtù per l'intero popolo francese, simbolo di una libertà conquistata al caro
prezzo della morte.

Napoleone Bonaparte valica il Gran San Bernardo (1801)


David fa un ritratto a Bonaparte, che considera il suo eroe.
Nell'opera il generale è rappresentato in posa plastica su un cavallo rampante.
Con la mano destra indica la propria volontà di superare gli ostacoli frapposti sul suo
cammino.
Né l’asprezza del paesaggio né l’inclemenza del tempo possono ostacolare il dinamismo del
cavallo e cavaliere, impegnati in un'impresa riuscita solo ad Annibale e Carlo Magno, nomi
incisi sulle rocce sotto il nome di Bonaparte.

Giuseppe Piermarini
Il teatro alla Scala (1776-78)
La tipologia del teatro a palchi nasce nel Seicento e si diffonde in Europa grazie a una
famiglia di architetti, i Bibiena. Ma le caratteristiche che anche oggi riconosciamo sono
dovute alla costruzione del Teatro alla Scala di Milano, ea parte di Giuseppe Piermarini. Il
nome deriva da quello dell'antica chiesa di Santa Maria alla Scala, che si trovava su quello
stesso sito prima di venire distrutta per lasciare spazio al teatro.
Divenne un prototipo a livello europeo per la sobria eleganza e per la funzionalità degli
ambienti, espressione del razionalismo illuminista.
Possiamo distinguere tre corpi principali in sequenza assiale: l’avancorpo, dove si
concentrano gli ambienti di uso comune, la sala degli spettacoli a ferro di cavallo, circondata
da palchi sovrapposti, camerini e salette private, e la torre scenica con un palcoscenico a tre
navate.
La facciata scandisce i tre piani in pieno stile neoclassico. Il piano terra è caratterizzato dalla
presenza di un avancorpo porticato, che serve ad accogliere le carrozze. Il livello successivo
è chiaroscurato da semicolonne e lesene binate corinzie, che racchiudono ampie finestre e
sorreggono un'alta trabeazione, dalla quale si eleva un bassopiano attico con ordine a fasce
e un grande timpano triangolare al centro.

2. Il Romanticismo
Il paesaggio: il concetto di sublime e pittoresco
Il Romanticismo è un momento filosofico, letterario ed artistico originatosi in Germania alla
fine del Settecento; in Europa si estenderà nel secolo successivo. privilegia l'espressione del
sentimento che vince sulla ragione, in questo modo contrapponendosi al Neoclassicismo e
all'Illuminismo. Gli eventi il proprio tempo e il paesaggio sono interpretati alla luce delle
emozioni.
Una delle caratteristiche principali del Romanticismo è la riscoperta della natura, che più
osservata, è sentita. Si formano due correnti estetiche legate alla natura:
• Il sublime: Il suo maggiore esponente fu Turner. Il sublime non nasce dal piacere
della misura e dalla forma bella, ma le sue radici si trovano nei sentimenti di paura e
di orrore, suscitati dall'infinito. È la sensazione che nasce dopo l‘osservazione della
natura quando è percepita nella sua forza distruttrice e nella sua immensità
sconfinata. Kant approfondì il significato del termine, dicendo che rappresentasse il
conflitto tra la sensibilità e la ragione e che si prova un sentimento misto di sgomento
e di piacere.
• Il pittoresco: il suo maggiore esponente fu Constable. È caratterizzato dal rifiuto della
geometria e della regolarità per ritrovare la sensazione gradevole delle irregolarità e
nel disordine spontaneo. È la categoria estetica dei paesaggi.

John Constable (1776-1837)


A tre anni si trasferì a Londra, dove si formò presso la Royal Academy. Ma la sua vocazione
avvenne nel 1803, quando decise di tornare in campagna per dipingere ciò che vedeva. Fu
proprio in questo periodo che studiò il cielo e gli effetti delle nuvole. Attraverso le qualità
cromatiche e luministiche e le infinite forme delle nuvole, l'artista riuscì a dare vita ai suoi
banchi di quest'ultime rendendoli interpreti del
Studio di nuvole, cirri → Spring clouds study (1822)
Il cielo nuvoloso che domina la composizione mostra lo studio accurato delle diverse
condizioni atmosferiche. La sua indagine è testimoniata dalla data, l'ora e la direzione di
eventi apposti su questo dipinto, come su molti altri. Infatti, per essere più informato degli
effetti atmosferici, effettuava un costante studio sullo stesso soggetto in diverse stagioni e
parti del giorno.

William Turner (1791-1824)


Già nei primi anni dimostrò interesse per le situazioni in cui l'uomo si trova ad essere in balia
degli eventi naturali. Questo carattere si manifesta fin dai titoli doppi delle sue opere: La
prima parte indica le condizioni atmosferiche e paesaggistiche, la seconda l'episodio storico
di cronaca rappresentato.
Ombra e tenebre. La sera del diluvio → Shade and darkness. The evening of the deluge.
(1843)
Viene rappresentato il momento che precede il diluvio. È presente una zona di luminosità al
centro, intorno alla quale si sviluppa una sorta di spirale e si erge una massa di nuvole. Le
acque del diluvio si stanno abbattendo sulla terra per purificarla. Nel basso si possono
identificare figure di animali.
Il paesaggio diventa puro colore, pittura di macchia svincolata da qualunque forma.
C'è la contrapposizione tra colori caldi, luminosi, con quelli cupi e tenebrosi. L'opera
suggerisce uno sprofondamento prospettico, l'immensità del cielo è rotta. C'è una calma
sospesa e naturale.

Incendio alla camera dei Lords e dei Comuni il 16 ottobre 1834 → The Burning of the
Houses of Lords and Commons, 16th October, 1834 (1835)
Questo dipinto mostra il carattere espressivo tipico della pittura dell'inglese, nella quale il
soggetto è offerto in forme evocativa. Tuttavia, risultano presenti anche dettagli realistici:
infatti, quella che inizialmente può apparire come una contrapposizione di ampie masse
colorate, è in realtà una veduta puntuale, composta secondo i canoni classici della pittura
topografica.
Turner, al sicuro su un'imbarcazione, può assistere allo spettacolo offerto dall'incendio della
notte tra il 16 e il 17 ottobre del 1834 che distrugge il Parlamento di Londra.
Come a teatro, ci sono due ali di folla a destra e a sinistra che osservano lo spettacolo del
fuoco che, grazie al vento, si allontana dalle torri di Westminster.
Le coordinate spaziali sono rispettate. Il ponte di Westminster diviene poco più che grafico al
cospetto della grande massa informe delle fiamme, che rivela in lontananza il pallido profilo
delle torri dell'abbazia.
Il dipinto mette in scena un episodio realmente accaduto, ma comunque sembra trascendere
i fatti. Infatti, diviene un'allegoria grandiosa della forza distruttrice della natura.

Francisco Goya (1746-1828)


È un'artista preromantico. Perché anticipa delle caratteristiche del romanticismo. Tra cui lo
stato d'animo che traspare dalle tue opere.
Era un pittore di Corte, anche se ne criticava delle scelte.
Riflette le contraddizioni della Spagna e ritrae situazioni di estrema povertà e la Corte?
Quindi di ricchezza.

Il 3 maggio 1808 → El tres de mayo de 1808 en Madrid (1814)


Documenta la fucilazione nei pressi di Madrid di patrioti da parte di truppe napoleoniche.
È un manifesto di denuncia delle atrocità che segnano ogni guerra e rappresenta uno degli
snodi cruciali della storia dell'arte nel passaggio tra modernità e contemporaneità.
La scena è fortemente chiaroscurata. L'illuminazione è interna al dipinto ed è offerta dalla
lampada poggiata per terra. La lampada è una figura simbolica, che illumina il condannato.
C'è quindi un’allusione alla luce che rappresenta presente il raziocinio, ovvero una delle
caratteristiche dell’uomo, che in questo caso è messo da parte. Quindi, quando l’uomo
perde la sua razionalità, commette delle atrocità. Infatti, un’altra caratteristica dell’uomo è la
brutalità. La lanterna può essere considerata anche un riferimento all’Illuminismo.
È uno spettacolo macabro a cui partecipano l'espressività, la prospettiva scorciata e le
naturali vicinanze della vittima e carnefici. Questi vengono inquadrati di spalle e
compongono una muraglia pubblico di schiene, fucili e baionette. A loro è negata ogni
dignità e umanità.
Le vittime sono inquadrare frontalmente; sono rappresentate in un flusso continuo di
disperazione e morte.
A terra ci sono i corpi dei patrioti già fucilati; di fronte al plotone, ci sono gli uomini che
stanno per essere fucilati e al centro si vedono i condannati, i prossimi all'esecuzione.
Ad attirare l'attenzione dello spettatore è il personaggio camicia con bianca, le cui braccia
sono sollevate al cielo, in segno di resa. La posa ricorda quello di un Cristo crocifisso, così
come la ferita sul palmo destro della mano, conferisce alla figura la sacralità propria del
martire.
C'è anche un sacerdote, che si riconosce attraverso la chierica, che compare accanto al
condannato, ma non può fare nulla se non dargli supporto.
Nello sfondo c'è il campanile, ovvero con un edificio religioso, che quindi rappresenta la
lontana protezione divina.
La crudeltà dell'episodio è trasposta nella crudezza della pittura e nell'economia di toni. Il
cielo nero domina la scena, dal quale emerge il profilo della città.
È un quadro espressivo: pittura e colore diventano funzionali, e anche la prospettiva è dovuta
dal colore. Quest'opera diventerà riferimento per altri grandi artisti, tra cui Picasso.

Maja desnuda (1797-1800)


L'ostentata sensualità del soggetto costò al pittore una convocazione presso il Tribunale
dell'Inquisizione. La Maja desnuda rappresenta il primo nudo profano nella storia dell'arte;
infatti, fino a quel momento i nudi erano solo di riferimenti mitologici ed erano anche costituiti
da vesti e lenzuoli strategicamente posizionati e mani e braccia ad occultare, almeno in
parte, gli attributi sessuali.
La Maja desnuda ritrae una ragazza svestita che fissa con sguardo provocante lo spettatore.
Anche la posizione delle braccia sembra strategica per offrire completamente alla vista il
corpo della giovane. La luce che colpisce la ragazza da sinistra illumina l'incarnato roseo
della modella, conferendo volume e consistenza. Un lenzuolo bianco e due cuscini,
elaboratissimi nel panneggio e nei pizzi che li forniscono, accolgono il corpo della donna,
dando ancora più luce.

Maja vestida (1800-05)


Sembra essere stato dipinto per lo stesso committente della Maja desnuda, con lo scopo di
celare il nudo. La modella è ritratta nella stessa posizione nello stesso atteggiamento, ma
questa volta completamente vestita, anche se l'abito aderente e la fascia stretta in vita ne
esaltano le forme sinuose.

Saturno divora i suoi figli → Saturno devorando a su hijo (1821-23)


Rappresenta la sintesi più efficace dell'angoscia dei terrori del pittore. Il Dio, avvertito da una
profezia che sarà spodestato da uno dei suoi figli, divora la prole appena nata. La scena è
deforme e stravolta, colta nella crudeltà di un gesto che non ha nulla di divino né di umano,
ma solo di ferino e bestiale.
Nel dipinto tutto è violenza, dal tratto fino all'uso del colore.
I corpi sono ritagliati una linea nettissima, particolarmente evidente nel il corpo del bimbo.
Tra i colori risalta il rosso del sangue del corpo dilaniato, che cola segnando il contorno delle
mani del padre.
I toni sono cupi e minacciosi, talvolta rischiati dalla luce che dal volume al corpo di Saturno.
Saturno assume le fattezze di uno dei vecchi deformi mostruosi che popolano le fantasie
dell'artista. Gli occhi, gli arti ossuti scarnificati, i capelli scomposti, gli occhi sbarrati che ne
denunciano alla follia, la rabbia omicida tutta concentrata e la concentrazione delle mani sul
corpo straziato del figlio. Sembra la raffigurazione di un incubo.
È un padre che del figlio e simboleggia il dolore esistenziale provato dall'artista negli ultimi
anni, o è un'ultima denuncia della situazione morale e politica del paese che egli sta per
abbandonare, tradito dal suo sovrano e divorata da decenni di guerre crudeli e fratricide.

Caspar David Friedrich (1774-1840)


Pittore tedesco, è uno dei primi artisti del Romanticismo. Nelle sue opere sono presenti
soprattutto paesaggi grandiosi che sovrastano l'uomo.
La natura è definita sublime, quindi potente e spaventosa, ed è una manifestazione del
divino. Il dipinto non ha il fine di imitare la natura, bensì di evocarla. L'artista non cerca di fare
una fedele rappresentazione della natura, ma cerca di far rispecchiare la sua anima in essa.

Il viandante sul mare di nebbia (1817-1818)


Dipinto a olio attualmente conservato alla Kunsthalle di Amburgo.
Il primo piano è occupato da un precipizio roccioso, dove si erge in controluce una figura
maschile. Le rocce e l'uomo creano una struttura piramidale, dando a quest'ultimo maggiore
rilievo. L'uomo al centro è rappresentato in un atteggiamento di fiera consapevolezza; i suoi
capelli scompigliati simboleggiano la sua irrequietezza. Il viandante contempla la vastità della
natura e si sente sopraffatto dal senso di infinito e sublime. La mancanza di caratterizzazione
del personaggio stimola un senso di mistero: in questo modo il pittore è come se volesse
offrire quel corpo eretto alla libera espressione emotiva dello spettatore.

Théodore Géricault (1791-1824)


Fin da giovane si trasferì a Parigi, dove frequentò il Liceo Imperiale. Dopo la scuola studiò
presso lo studio di Guérin, dove conobbi Delacroix.

La zattera della Medusa → Le Radeau de la Méduse (1919)


È un fatto di cronaca: si tratta di un naufragio avvenuto nel luglio del 1816.
Il dipinto è costruito su un impianto geometrico: si tratta di due grandi piramidi. La prima,
quella a sinistra, comprende morte e rassegnazione, mentre quella di destra è formata da
corpi agitati di uomini; in primo piano ci sono i naufraghi morti.
Il vento soffia da destra a sinistra gonfiando la vela.
Alcuni naufraghi, all'avvistamento della nave, sentono riaccendersi la speranza e si rialzano
con fatica.
Un uomo anziano sorregge il corpo del figlio, ormai morto, incurante della speranza che
arieggia.
La luce è contrastata come quella di Caravaggio.
Tutti gli elementi, anche il cielo, contribuiscono al coinvolgimento dello spettatore,
rendendolo partecipe della tragedia.

Eugene Delacroix (1798-1863)


È considerato il padre del Romanticismo francese. Con lui, l'arte è rivolta al presente, non più
al passato. Il disegno è agitato dal movimento del pennello e la linea animata dall'impasto
cromatico.
La libertà che guida il popolo → La Liberté guidant le peuple (1830)
Ispirata alle insurrezioni parigine del luglio 1830: durante le tre gloriose giornate, il popolo si
ribella a Carlo X e lo destituisce.
Si tratta di un'opera realistica e allegorica, che rappresenta un gruppo di insorti guidato da
una figura femminile con il seno scoperto.
Tra la folla sono riconoscibili esponenti di distinti ceti sociali che sono distinguibili da diversi
attributi, soprattutto i cappelli. A guidare il gruppo è una popolana con abiti dismessi, piedi
scalzi e un berretto frigio, il copricapo che, usato nell'antica Roma dagli schiavi liberati, era
divenuto un'icona stessa della Rivoluzione francese e dell'aspirazione libertaria del suo
popolo.
Il quadro ha una figura piramidale: al vertice ha donna che, insieme al fucile, porta una
bandiera tricolore, simbolo della libertà del popolo francese. Alla base si trovano i corpi di
rivoltosi, feriti o morti, raffigurati con drammatico realismo.
Tutte le classi sociali si uniscono contro la stessa causa e il cielo stesso sembra partecipare
alla rivolta.
Il quadro fu aspramente criticato perché la donna, sebbene ispirata alla Venere di Milo ha le
fattezze di una popolana, con addirittura i peli sotto le ascelle.

Francesco Hayez (1791-1882)


Rappresenta il Romanticismo italiano, più accademico e classicheggiante, nonostante i temi
patriottici.

Il bacio (1859)
La scena è un'allusione politica agli ideali del Risorgimento suggerita da alcuni dettagli:
• Il ragazzo coperto dal mantello, col berretto calato sugli occhi, il viso in ombra e un
pugnale nella cintura, suggerisce l'idea di una di un cospiratore o di un rivoluzionario.
Il piede sullo scalino, come se dovesse scappare una direzione ignota, e l'ombra
dell'uomo tagliato fuori, fanno pensare a una fuga, a un delitto o a un'azione violenta.
• La ragazza è completamente abbandonata, il corpo arcuato all'indietro e la mano
sembra più aggrapparsi che abbracciare, come se non fosse certa di poterlo
rivedere.

3. Il Realismo
Il Realismo pittorico riproduce oggettivamente la realtà, senza aggiunta emotiva da parte del
pittore e senza interpretazioni personali.
Si sviluppò in Francia nella seconda metà dell'Ottocento ed ebbe origine dalle crisi delle
tendenze spiritualistiche del Romanticismo, nel sorgere il Materialismo Storico e nel fiorire
delle dottrine positivistiche. Gli artisti principali furono Courbet, Daumier e Millet.

Pittura e fotografia
Dopo la scoperta della fotografia, si ingigantì un dibattito: il dissidio tra l'arte e la tecnica. La
fotografia, infatti, viene subito vista come rivale dell'arte. Ci sono due correnti di pensiero tra
gli artisti:
• Quelli che cercano di opporsi a questa novità;
• Quelli che adeguano il proprio stile a quello della fotografia, riprendendo il dato reale
in maniera sempre più fedele.
Accademia e realismo
Nell'Europa ottocentesca, le Accademie preservano le tradizioni di tendenza neoclassica e si
occupano della formazione degli aspiranti artisti. L'Accademia di belle arti francese, fondata
nel 1648 a Parigi, raggiunge un controllo totale su tutti gli aspetti della vita artistica.
La carriera di un giovane deve passare attraverso tappe fisse, tra cui la partecipazione ai
Salon, mostre annuali che permettono di vendere le proprie opere e ottenere premi e
commesse. La giuria dei Salon privilegia il disegno neoclassico, la rifinitura della pittura e
soggetti storici, classici e mitologici. Tale pittura accademica è stata definita pompier.
L'insofferenza nei confronti di quest'arte conduce gli artisti ad assumere atteggiamenti di
aperta ribellione nei confronti delle istituzioni. Diversi pittori si oppongono a questo sistema
partecipando a esposizioni alternative, oppure organizzando mostre indipendenti e
autogestite che attirano un vasto pubblico. Realizzare dipinti scandalosi permette di
raggiungere una certa fama, anche attraverso stroncature, recensioni ironiche e caricature.
L'interesse suscitato dalle opere più innovative porta all'apertura di un vero e proprio Salon
des Refusés, ossia un'esposizione delle opere rifiutate dal Salon ufficiale dell'Accademia di
belle arti di Parigi.
In Italia la prima grande mostra nazionale è organizzata a Firenze nel 1861 e vede oppositori
e mostre paralleli.

Jean-Francois Millet (1814-1875)


Rappresenta la vita dei campi e il lavoro dei contadini che conosce bene perché proviene da
una famiglia di contadini.

Angelus (1857-1859)
Sono rappresentati i due contadini che interrompono il loro lavoro per recitare la preghiera
dell'Angelus serale. I personaggi hanno i volti in ombra e sono illuminati da una luce radente.
Il loro lavoro ha sottolineato dagli strumenti a terra: forcone, corrida, ecc. L'atmosfera è triste
e dolce. Il quadro verrà ammirato dalle future generazioni (Van Gogh, Dalì).

Gustave Courbet (1819-1877)


Fu il primo pittore realista; venne spesso criticato per la sua oggettività, che non faceva nulla
per migrare gli aspetti più crudi e drammatici, della vita.
All'Esposizione Universale di Parigi nel 1855, alcuni dei suoi quadri vennero rifiutati perché
esprimevano una realtà troppo brutale e volgare. Courbet risponde a queste critiche facendo
costruire nei pressi dell'Esposizione il Padiglione del Realismo: è l'atto di nascita del
Realismo.

Funerale a Ornans → Un enterrement à Ornans (1849)


Si tratta di una tela alta più di tre metri e lunga più di sei: dimensioni riservate a dipinti di
storia, a rappresentazioni mitologiche o ritratti nobiliari. Ma in realtà si tratta di una scena
molto più familiare: il funerale del prozio nel suo paese natale: Ornans. Quest'opera suscitò
un grande scandalo per via delle sue dimensioni, del suo linguaggio e del suo soggetto.
La cupezza dei grigi e dei verdi e contrastata dai vestiti chiari e del cane.
I personaggi sono accalcati e dominano la scena; lo spazio è caratterizzato dalla mancanza
di prospettiva.
È composto da sessanta figure a grandezza naturale; le donne si raggruppano sulla destra,
alcuni di loro si asciugano le lacrime; al centro si trova la fossa, tagliata dal bordo della tela;
da sinistra parte la processione funebre con il parroco.

Gli Spaccapietre → Les Casseurs de pierres (1849)


L'opera rappresenta due uomini, uno più giovane e l'altro più vecchio, impegnati nel duro
lavoro di spaccapietre.
Il dipinto è sintetico, il paesaggio spoglio, le due figure intente nella loro attività, gli attrezzi da
lavoro e le pietre da spaccare
L’inquadratura è ravvicinata, il punto di vista leggermente ribassato e i volumi dei corpi
sottolineati da luce radenti. Nonostante ciò, i due uomini non appaiono più importanti delle
pietre che stanno spaccando. Il loro lavoro si ripete, meccanico, impersonale; è questa
impersonalità a fare sì che la loro fatica diventi metafora universale dal lavoro di un'intera
classe sociale: quella portata alla ribalta dalla Rivoluzione del 1848.

Honoré Daumier (1808-1879)


Fa dell'arte in uno strumento di denuncia della povertà e dell'ingiustizia sociale, utilizzando
anche la satira (era un noto caricaturista). Nei suoi quadri spesso deforma la realtà pur di
dare maggiore forza ai tuoi messaggi.

Vagone di terza classe → Le Wagon de troisième classe (1864)


Raffigura con tratto mosso e disordinato un vagone affollato.
La luce fioca illumina i personaggi: una giovane che allatta il bambino a sinistra, un ragazzo
addormentato a destra e al centro è raffigurata una cittadina anziana, il quale sguardo perso
e rassegnato esprime la miseria senza speranza del gruppo.

I Macchiaioli
Con il termine “Macchiaioli” si indica il folto gruppo di pittori toscani che, poco dopo la
seconda metà del XIX secolo, propose un’arte completamente nuova, di rottura nei confronti
della pittura storica e accademica che dominava il gusto del tempo in Italia. Inizialmente il
gruppo non aveva un termine per definire se stesso: presero però a chiamarsi “macchiaioli”
dopo che un anonimo recensore del quotidiano La Gazzetta del Popolo, in un articolo
pubblicato il 3 novembre del 1862, utilizzò in senso spregiativo questo termine per riferirsi
agli artisti che avevano esposto le loro opere a una mostra della Società Promotrice di Belle
Arti di Torino l’anno precedente. Tra i maggiori esponenti ricordiamo: Cecioni, Lega e
Signorini.

Giovanni Fattori (1825-1908)


L'esponente più noto tra i Macchiaioli è il pittore e incisore Giovanni Fattori, studente presso
l'Accademia di Firenze, partecipa giovanissimo ai moti rivoluzionari del 1848.

La rotonda dei Bagni Palmieri (1866)


Rappresenta alcune signore benestanti sedute al fresco in uno stabilimento balneare di
Livorno.
Le figure appaiono in controluce, mentre il fondo chiaro è illuminato dalla violenta luce del
sole.
Fattori accosta un'area colorata all'altra: dal basso all'alto si distinguono la sabbia in ombra, la
sabbia assolata, il mare, il promontorio, il cielo e il tendone.
I contrasti sono netti e le figure sono talmente semplificate da risultare quasi costruzioni
geometriche.
Il contorno delimita le aree di colore in maniera concisa e aiuta a distinguere le figure.

Divisionismo
Il Divisionismo è stato un fenomeno pittorico italiano a cavallo tra il penultimo decennio
dell'Ottocento e il primo del Novecento, che si inserisce più diffusamente nella corrente
internazionale del Neoespressionismo che seguiva e rinnovava le sperimentazioni tecniche e
ricerche dell'Impressionismo.
Come in Francia, anche in Italia, alla fine del XIX secolo, la conoscenza delle teorie e gli studi
scientifici sul colore portarono a procedimenti pittorici rivolti ad aumentare la sensazione
visiva dell'immagine e a superare la pittura storico-naturalistica.
Erano interessati a rappresentare gli effetti della luce, ad accostare i colori puri sulla tela e
non mescolati sulla tavolozza e a utilizzare colori divisi.
I divisionisti applicarono metodo compositivo ed accostamento a piccoli tratti o filamenti di
colore. Per quanto, a differenza dell'esperienza francese che era particolarmente attenta agli
aspetti scientifici della tecnica, il Divisionismo italiano si caricò di significati simbolici che
miravano a produrre corrispondenze tra gli stati emotivi e forme che parlavano della
modernità nell'era dell’industrializzazione. Previati, Segantini, Morbelli e Pellizza sono tra i
maggiori esponenti del gruppo.

Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907)


Socialista di famiglia contadina, dal maestro fiorentino Pellizza riprende lo spirito verista di
denuncia, ma con un impeto del tutto nuovo perché partecipe del clima simbolista assorbito
dai divisionisti e in particolare da Segantini.

Il Quarto Stato (1901)


È un'iconica rappresentazione della marcia dei lavoratori verso i loro diritti, e costituisce un
connubio unico fra estetismo simbolico e ideali socialisti.
È concepito come una monumentale celebrazione delle lotte dei lavoratori, rappresentati
durante uno sciopero. Per “quarto stato” si intende la classe più bassa, quella del
proletariato.
I due uomini che guidano il corteo sono la delegazione che parlerà con il padrone, mentre la
donna sembra ricordare la gravità della situazione.
La piazza è quella di Volpedo, di fronte a palazzo Malaspina.
La luce è usata in senso simbolico, rappresenta la speranza del progresso.
La campagna ha tinte cupe, mentre i personaggi si stagliano nettamente sullo sfondo,
investiti da una luce zenitale.
Le ombre sono proiettate in maniera netta sul terreno e danno plasticità ai volumi.
Lo sguardo del personaggio al centro sotto l'ombra del cappello è penetrante e sicuro.

4. L'Impressionismo
La Ville lumière e la stagione dell’impressionismo
Il 15 aprile 1874 apre l'esposizione della “Società anonima degli artisti, pittori, scultori,
incisori, eccetera”, composta da trenta artisti, frequentatori del caffè Guerbois, accomunati
da una forte insofferenza per la pittura ufficiale.
Questo nuovo tipo di pittura nasce dalla borghesia di Parigi e viene incentivato dai progressi
della scienza e della tecnica (invenzione della fotografia e dei colori in tubetto, studi di ottica
sulla percezione dei colori)
Per gli impressionisti, è più importante il come si presenta il soggetto rispetto a cosa è.
• L'artista tenta di catturare le impressioni pure, eliminando il superfluo;
• Pittura en plein air per la luce;
• Pennellate veloci per cogliere l'attimo;
• Aboliti il colore locale, il disegno e la linea di contorno.

La scelta dei soggetti e le nuove tecniche pittoriche, l’influenza delle stampe


giapponesi
La loro pittura non ha alcun intento politico: i quadri hanno per soggetto la natura, oppure
scene di vita della classe borghese, ritratta nei suoi vari aspetti.
La rivoluzione portata dagli Impressionisti sta proprio nel modo con cui essi dipingono e
rappresentano la realtà.
Il disegno viene completamente abolito: esclusivo interesse di chi dipinge "impressioni" è lo
studio dei colori e della luce. I pittori impressionisti osservano che la luce, a seconda del le
diverse ore del giorno e della sua intensità, modifica continuamente il colore degli oggetti e
della natura: un fenomeno affascinante, che essi vogliono riprodurre nei loro dipinti.
Per raggiungere questo risultato, adottano una particolare tecnica pittorica: stendono i colori
sulla tela in una serie di macchie e di tocchi rapidi che, visti da lontano, danno il senso della
vibrazione e dei cambiamenti dell'atmosfera.
Nel 1853 il Giappone è costretto a revocare il blocco di porti e a firmare accordi commerciali
con l'Occidente.
I costumi e la cultura del paese diventano oggetto di interesse e curiosità.
All'Esposizione universale di Londra nel 1862 vengono presentati alcuni prodotti che
colpiscono la fantasia degli artisti e nello stesso anno a Parigi apre il negozio La Porte
Chinoise, dedicato oggetti orientali.
In pochi anni la passione per il gusto giapponese dilaga: il paese è una presenza fissa alle
Esposizioni universali e sono moltissimi gli intellettuali che collezionano manufatti dal
Giappone.
Si parla quindi giapponismo per definire la moda giapponese e l’influenza del linguaggio
stilistico nipponico sugli sviluppi artistici dall'Impressionismo al Postimpressionismo all'Art
nouveau.

Édouard Manet (1832-1883)


Nasce e si forma a Parigi. Nel 1863 espone al Salon de Paris e Colazione sull'erba fa
scalpore; quindi, non raggiungerà mai il successo di pubblico sperato, ma diventerà
riferimento per gli impressionisti. Nel 1865 è ammesso al Salon e Olympia provoca un nuovo
scandalo.

La colazione sull’erba → Le déjeuner sur l’herbe (1862-63)


L'opera mostra quattro personaggi all'interno di una radura sul modello di Concerti campestri
di Giorgio e Tiziano.
I quattro personaggi sono due uomini, modelli: il fratello del pittore (personaggio di profilo) e
lo scultore Ferdinand Leenhoff; ci sono anche due donne, una nuda in primo piano, modella
Victorine Meurent, e una che esce da una pozza d'acqua.
I motivi dello scalpore:
• scena ambientata ai suoi tempi: gli uomini indossano vesti contemporanee e la
donna, nuda, è dipinta in maniera realistica: non sembra una musa ispiratrice, bensì
proprio una modella, categoria ai tempi considerata di facili costumi;
• La donna nuda rivolge lo sguardo fuori dal quadro, instaurando un contatto con lo
spettatore;
• La scena è priva di narrazione: i personaggi non comunicano tra loro;
• Le pennellate sono veloci e pastose, le figure risultano piatte.

Olympia (1863)
È un riferimento alla Venere di Urbino di Tiziano e alla Maja Desnuda di Goya: posa ripresa
da Tiziano, mentre il candore del corpo in contrasto con lo sfondo da Goya.
Olimpya (modella Victorine Meurent) è una prostituta da atteggiamento sfrontato, con gli
occhi rivolti all'osservatore e il corpo nudo mostrato senza pudore. Alcuni dettagli rivelano la
sua professione, tra cui il gatto nero, simbolo di lussuria.
C'è un forte contrasto tra le aree chiare e quello oscure.
Il corpo di Olympia è delineato e sembra una sagoma ritagliata sullo sfondo piatto.

Il bar delle Folies-Bergère → Un bar aux Folies-Bergère (1881-82)


Al centro del dipinto è rappresentata una vera barista del locale, Suzon, e alle sue spalle c'è
uno specchio che rappresenta il locale affollato.
La barista guarda l'osservatore negli occhi, che quindi si identifica con il cliente riflesso a
destra. La barista ha un'espressione malinconica e distaccata.
Sul balcone giacciono arance, fiori e bottiglie, vera natura morta
Attraverso la precisione realistica del dettaglio, riusciamo a identificare le marche delle
bottiglie.
Mentre in questo caso il colore steso è solido e sicuro, la folla riflessa appare tratteggiata con
pennellate veloci.

La pittura en plein air


Per secoli gli artisti avevano eseguito disegni dal vero, ma poi avevano dipinto le loro opere
negli ambienti chiusi degli studi. Questo nuovo gruppo di artisti, invece, dipinge "en plein
air", all'aria aperta: utilizzano un cavalletto portatile e colori a olio in tubetto, lavorano nelle
campagne, nei boschi o sulle rive dei fiumi.

Claude Monet (1840-1926)


Nasce a Parigi nel 1840 da una famiglia di condizioni modeste. Nella sua infanzia, trascorsa a
Le Havre, frequenta una scuola d'arte a Parigi. Nel 1961 presta servizio militare e nel 1962
frequenta il caffè Guerbois. Nel 1880 raggiunge il successo e morì nel 1926.

Impressione, levar del sole → Impression, soleil levant 1872


Fu dipinto alle prime luci dell'alba davanti al porto di Le Havre, reso contratto veloce;
mancano il chiaroscuro e i contorni: l'opera sembra più un bozzetto.
A destra si intravedono le gru e le altre strutture del porto, mentre a sinistra si possono
cogliere alcune navi ormeggiate. Le due barche a remi appaiono come ombre.
Ogni oggettività naturalistica è superata dalla volontà di Monet di trasmettere le sensazioni
da lui provate osservando l'aurora.
L'assenza del soggetto preciso sposta l'attenzione sull'alba, caratterizzata da due tinte
dominanti: l'arancione del sole e l'azzurro del cielo mattutino. La divisione delle tonalità è
incerta sia nel mare che sul cielo.

Le ninfee (serie) → Les Nymphéas (1915-26)


Monet vive a Giverny dal 1883 ed è nei suoi giardini che artista ricerca una visione sincera.
Monet esclude lo spazio prospettico o chiaroscurale e il cielo per fare in modo che
rimangano pochi elementi a riallacciare il dipinto alla realtà naturale.
Sono dipinte in studio, perché Monet non riesce più a vedere la luce naturale a causa di una
malattia, ma rimangono sia la freschezza che la spontaneità di un'impressione.
Il punto di vista ravvicinato cancella gli altri elementi.
Monet raggiunge il confine tra rappresentazione mimetica e astrazione.

Pierre-Auguste Renoir (1841-1919)


Nasce a Limoges da un sarto che lo avvia alla professione di artigiano decoratore di
porcellane. Nel 1862 entra nella scuola di Belle Arti a Parigi e un viaggio in Italia nel 1881
mette in crisi la sua visione impressionista. Muore in Costa Azzurra nel 1919.

Ballo al moulin de la Galette → Bal au moulin de la Galette (1876)


Nel 1876 Renoir si trasferisce a Montmartre, dove, a poca distanza, si trova i Moulin de la
Galette, locale allestito in un vecchio mulino. Renoir era interessato nel dipingere un'opera
impressionista e allora sceglie il Moulin come soggetto.
A posare sono dei suoi amici. Al centro c'è la modella Estelle ed è presente anche il
fondatore del giornale “L'Impressionismo”, Georges Riviere.
La scena rappresenta un avvenimento di tutti i giorni. Il colore è dominante per la
costruzione delle figure, la rappresentazione della luce e dell'ombra, resa dall'atmosfera
allegra.
La luce è diffusa e filtrata dal fitto fogliame. Il dinamismo sta nell'alternarsi di luce e ombra
che aumenta l'effetto contrasto tra colori chiari/caldi e scuri/freddi. I vestiti delle ragazze
spiccano per la loro luminosità, che li fa più bravi di colore, definendo sia la forma del corpo
che la sensazione di moto.
La composizione è stata attentamente meditata. Ogni personaggio è inserito in un gruppo e
l’unione dei gruppi determina la profondità prospettica.

La colazione dei canottieri → Le déjeuner des canotiers (1880-81)


Il dipinto raffigura una colazione al ristorante “La Fournaise a Chateau” ed è stato costruito
grazie alla messa in posa di ognuno dei personaggi.
Il lavoro implicò diversi mesi, dunque l'effetto di immediatezza è ricostruito.
Dal tendone a righe, filtra la luce del primo pomeriggio, in contrasto con lo sfondo verdastro
delle piante.
L'atmosfera è naturale, resa festosa dal gioco di sguardi tra i personaggi.
Il parapetto della terrazza divide il dipinto in due parti: una affollata di persone e l'altra di
vegetazione.

Edgar Degas (1834-1917)


Nasce a Parigi da una famiglia ricca e si iscrive alla scuola di Belle Arti. Lasciati gli studi,
viaggia in Italia e nel 1861 è introdotto da Manet al Café Guerbois. Muore nel 1817 a Parigi.
La lezione di danza → La Classe de danse (1873-75)
Rappresenta la conclusione di una lezione di danza. Nella composizione, Degas dispone le
giovani a semicerchio all'interno di uno spazio prospettico.
Il taglio del dipinto è fotografico, alcune figure fuoriescono dall'inquadratura.
Le pose delle ballerine sono spontanee e variate.
Degas non rifiuta il disegno né l’abolizione del nero e del bianco, ma, allo stesso tempo,
riesce a creare un frammento di vita quotidiana mischiato mischiando il rigore formale con la
freschezza.

L'assenzio → L'absinthe (1873-75)


È rappresentata una donna privata di ogni speranza, seduta accanto a un uomo in un caffè
parigino. Lo sguardo di lei è vuoto e malinconico, mentre quello di lui è perso
nell'osservazione della finestra.
I due personaggi sono una modella e un amico di Degas che recitano il ruolo di una
prostituta e un clochard seduti davanti ai bicchieri di assenzio e vino.
Nonostante la vicinanza dei personaggi, non comunicano e la loro staticità fa immaginare la
lunga durata della loro permanenza nel caffè.
Lo specchio moltiplica la luce, rendendo la scena molto luminosa.
Gran parte del quadro è occupata da tavolini in una prospettiva diagonale.

5. Il Post-impressionismo
La crisi dell’Impressionismo e l’esplorazione di nuove strade
Tra il 1885 e il 1890 la pittura impressionista esaurisce la propria spinta innovativa, ma i suoi
principi le sue regole non cessano di influenzare il mondo della pittura.
Alcuni artisti, infatti, riferendosi alle teorie sul colore studiate già a partire dal 1840 dal
chimico Michel Eugène Chevreul, cercano di dare valore scientifico alla pittura
impressionista. Chevreul, un chimico impiegato in una fabbrica di tessuti, aveva notato che
l'accostamento di due fili di lana di diverso colore, guardati da una certa distanza, apparivano
del colore risultante dalla somma dei colori dei due fili di lana.
Noto anche che l'accostamento di due colori complementari esalta la loro luminosità ed ogni
colore richiede il suo complementare (contrasto simultaneo).

Il Simbolismo
Il Simbolismo è una corrente artistica che si è affermata in Francia a partire dal 1855 come
reazione al Realismo e all'Impressionismo. Il movimento Simbolista concepiva l'arte come
espressione concreta e analogica dell'idea, momento di incontro e di fusione di elementi
della percezione sensoriale ed elementi spirituali. Gli artisti simbolisti cercavano di trovare
delle corrispondenze tra il mondo oggettivo e sensazioni soggettive, e tentavano di
recuperare nei loro quadri la spiritualità di tutto ciò che esiste nella realtà, ma non è
direttamente visibile dall'occhio umano. Nel campo pittorico, gli esponenti che hanno più
caratterizzato il movimento simbolista sono Gustave Moreau, Olidon Redon e Pierre Puvis de
Chavannes. Il Simbolismo seguiva cronologicamente all'Impressionismo, ma ne era l'antitesi,
poiché l'enfasi dei pittori si sposò sul significato sottostante alle forme e ai colori.

Arnold Böcklin (1827-1901)


È stato un pittore svizzero. Nel 1845 frequentò l’Accademia di Dusseldorf, sotto la guida di
Wilhelm Schirmer. Tra il 1847 e il 1848 compì viaggi di studio a Bruxelles, ad Anversa, in
Svizzera e a Parigi. Dall’autunno del 1848 fino al 1850 lavorò a Basilea, quindi si trasferì a
Roma. Qui scoprì il mondo antico e la mitologia classica, che agiranno come potente stimolo
per la sua aspirazione. Sono di questo periodo alcune opere che hanno come soggetto la
campagna romana, interpretata attraverso l’ideale classico del paesaggio. Durante il suo
secondo soggiorno italiano visitò Napoli e Pompei, i cui affreschi gli offrirono numerose
suggestioni, destinate a influenzare in modo decisivo la sua tematica e la sua tecnica.

L'isola dei morti (1883)


L’isola dei morti emerge al centro di uno specchio d’acqua scura e immobile. Dalle sponde si
alzano alte pareti di roccia, nelle quali sono scavati i sepolcri verso l’interno. Compaiono dei
templi e delle statue di leoni. Le strutture rocciose sono aperte ad anfiteatro verso il fronte
del dipinto. Al centro, un gruppo di cipressi alti e molto scuri si alza verso il cielo. Una barca
si appresta ad attraccare sull’isola. Su di essa, oltre al conducente, una sagoma umana
bianca è in piedi. Sembra avvolta da un sudario o da bende che ricoprono interamente il
corpo. Ai suoi piedi, una bara chiara è posata di traverso sulla prua dell’imbarcazione. Il cielo
è scuro, solo leggermente meno profondo dello specchio d’acqua. Un bagliore mette in
risalto l’isola a sinistra.
Nel dipinto di Arnold Böcklin è raffigurata un’isola fantastica. Böcklin immagina un luogo
isolato nel quale i sepolcri sono scavati nella roccia. Gli alti cipressi sono tipici dei luoghi di
sepoltura e rimandano al lutto. La barca accompagna il defunto nel suo ultimo viaggio. Infatti,
la figura umana è in piedi e avvolta da una tunica bianca. Di fronte ad essa una bara è
poggiata di traverso sulla prua dell’imbarcazione.
Un uomo conduce la barca a remi. La sua figura evoca il personaggio di Caronte, il
traghettatore delle anime dell’Inferno di Dante Alighieri. Le interpretazioni dell’Isola dei morti
di Böcklin sono molte. Infatti, ogni intellettuale che si cimentò nella lettura dell’opera diede
una propria versione dell’immagine. L’isola immaginaria fu modellata, forse, sul cimitero degli
inglesi di Firenze mentre altri indicarono come fonte alcune isole del mediterraneo. Infine,
Böcklin dipinse, forse, un’opera che simboleggia il suo dolore per la morte di sei figli.

Gustave Moreau (1826-98)


Pittore romantico di formazione classica, precursore e figura chiave per la comprensione del
Simbolismo letterario, si dedica in pieno Ottocento realista alla rappresentazione di un
mondo onirico dominato dal mito, impreziosito da citazioni e virtuosismi pittorici.

L'apparizione → L’Apparition (1876)


Moreau si dedica a una serie di dipinti dedicati a Salomè, il personaggio più ricorrente
dell'immaginario simbolista. Nel quadro, Salomè è rappresentata come una seducente
femme fatale, la cui spietatezza si fa evidente nella testa di Giovanni Battista, da lei richiesta
come ricompensa. L'edificio in cui si svolge la scena è privo di profondità spaziale e volume,
si perde in uno sfondo evanescente che mette i bagliori bronzei irreali e onirici. Le colonne e
l'altare sono delineati da tratti bianchi che disegnano motivi decorativi bidimensionali, antichi
ed esotici secondo il gusto eclettico del periodo.

Paul Cézanne (1839-1906)


Nasce nel sud della Francia e nel 1861 si trasferisce a Parigi, dove raggiunge il suo amico
d'infanzia Émile Zola, che lo avvicina agli impressionisti. Contemporaneamente, studia al
Louvre i maestri del passato e nel 1874 partecipa alla prima mostra impressionista.
I giocatori di carte → Les Joueurs de cartes (1890-95)
Cézanne aveva certamente avuto occasione di vedere al museo d'Aix-en-Provence, la sua
città natale, I giocatori di carte, un'opera attribuita ai fratelli Le Nain. Negli anni Novanta del
XIX secolo, l'artista tratta a più riprese questo tema di ispirazione caravaggesca e conferisce
alla partita un carattere estremamente austero. All' ingegnoso intreccio di gesti e di sguardi,
Cézanne sostituisce le figure massicce e la concentrazione silenziosa dei personaggi.
La bottiglia sulla quale si riflette la luce, costituisce l'asse centrale della composizione. Essa
separa lo spazio in due zone simmetriche, il che accentua la posizione contrapposta dei
giocatori. Costoro sarebbero dei contadini che il pittore era solito osservare nella tenuta
paterna al Jas de Bouffan, nei pressi di Aix. L'uomo che fuma la pipa è stato identificato nella
persona di "compare Alexandre", giardiniere del luogo.
Delle cinque tele che il pittore dedica a questo tema, questa è una delle più spoglie. In
quest'opera, tutto contribuisce a conferire un aspetto decisamente monumentale alla
composizione, favorendo così un cromatismo dalle sontuose armonie.
La presenza ricorrente di giocatori di carte nelle opere che Cézanne realizzò negli ultimi anni
della sua vita ha dato luogo ad un'interessante interpretazione: la partita che oppone due
giocatori non starebbe forse a significare la lotta che l'artista dovette combattere contro suo
padre per giungere al riconoscimento della sua pittura rappresentata in questo caso dalla
"carta da gioco"?

Georges Seurat (1859-91)


Nasce a Parigi e dopo il periodo di studio all’École des Beaux-Arts, inizia a studiare le teorie
sul colore di Chevreul. È affascinato dall'idea che la pittura possa essere governata da leggi
fisse. Al Salon des Indépendants incontra Signac che lo spinge ad abbandonare le terre e
mezze tinte per usare solo colori puri.

Una domenica pomeriggio alla Grande Jette → Un dimanche après-midi à l'Île de la


Grande Jatte (1884-86)
Nel suo dipinto più noto e più grande, Georges Seurat ha raffigurato persone di diverse
classi sociali che passeggiano e si rilassano in un parco appena ad ovest di Parigi a La
Grande Jatte, un'isola nella Senna.
Sebbene abbia preso il suo soggetto dalla vita moderna, Seurat ha cercato di evocare il
senso di atemporalità associato all'arte antica, in particolare alla scultura egiziana e greca.
Seurat dipinse Una domenica pomeriggio alla Grande Jatte usando il puntinismo, una
tecnica altamente sistematica e scientifica basata sull'ipotesi che punti di colore puro
strettamente posizionati si mescolino insieme nell'occhio dello spettatore. Iniziò a lavorare
sulla tela con uno strato di piccole pennellate orizzontali in colori complementari.
Successivamente aggiunse una serie di punti che si fondono in forme solide e luminose se
visti da lontano. Poi aggiunse un bordo di punti blu, arancioni e rossi che forniscono una
transizione visiva tra l'interno del dipinto e la cornice bianca appositamente progettata, che è
stata ricreata presso l'Art Institute.

Paul Gauguin (1848-1903)


I dipinti originali di Paul Gauguin hanno profondamente influenzato l'arte moderna del XX
secolo. Ora descritto come un "post-impressionista", è stato ispirato alla pittura da Pissarro,
ma ha sviluppato uno stile simbolico, usando il colore per esprimere significato. Le tradizioni
dell'arte e delle culture occidentali al di fuori dell'Europa hanno influenzato il suo lavoro. Il
gusto di Gauguin per i viaggi e le nuove esperienze è iniziato quando, da bambino, ha
lasciato Parigi per il Perù. Nel 1883 abbandonò l'intermediazione di borsa per dedicarsi alla
pittura a tempo pieno. Dipinse in Bretagna e in Provenza con Van Gogh. Gauguin viaggiò a
Panama e Martinica e si stabilì a Tahiti per diversi anni. Morì nelle remote isole Marchesi.

Visione dopo il sermone → Vision après le sermon (1888)


In questo dipinto Gauguin ha tentato di combinare il reale e l'immaginario. Le donne bretoni
in costume tradizionale in primo piano hanno appena ascoltato un sermone,
presumibilmente pronunciato dal sacerdote tonsurato che intravediamo in basso a destra.
Nella metà superiore della composizione Gauguin evoca la visione che le donne ora
condividono dopo aver ascoltato il sermone che descriveva l'episodio biblico di Giacobbe
che lotta con un angelo. Per enfatizzare il contrasto tra le donne reali e l'esperienza spirituale
che immaginano, Gauguin ha diviso la composizione con il tronco diagonale di un melo e ha
impostato il loro sogno delle figure di lotta su uno sfondo rosso piatto e sorprendente.
Con il suo colore sorprendente, i suoi contorni audaci e le forme volutamente appiattite,
Gauguin ha fissato un nuovo punto di riferimento per la libertà dell'artista di distorcere ed
esagerare per scopi espressivi, dichiarando il suo interesse per un'arte basata sul mondo
delle idee e dell'immaginazione piuttosto che sulla realtà osservata.
Le deliberate distorsioni della forma e del colore di Gauguin erano un rifiuto non solo della
pittura convenzionale, ma anche di stili naturalistici più moderni come l'impressionismo.
Visione dopo il sermone è stato esposto in varie mostre dal 1889 in poi e ha contribuito a
stabilire la sua reputazione di innovatore, diventando un esempio importante per i giovani
artisti che cercano nuove direzioni nell'arte. Ancora oggi rimane un quadro impegnativo, e lo
stesso Gauguin non fu sorpreso quando, poco dopo il suo completamento, tentò due volte di
donarlo alle chiese locali ma le sue offerte furono fermamente respinte.

Donne di Tahiti → Femmes de Tahiti (1891)


Vivace antagonista delle violente pratiche della civilizzazione europea, nel 1891 Gauguin si
avventurò a Tahiti nel tentativo di ritrovare negli indigeni la disinibita e infantile innocenza
dell'essere umano e di descriverla con una grammatica pittorica altrettanto semplice e
naturale, portando così alle estreme conseguenze l'esperienza pittorica già maturata a Pont-
Aven, in Bretagna.
Donne di Tahiti è uno dei primi dipinti che l'artista realizzò sul suolo oceanico: segue una
formula che diverrà particolarmente consolidata, e che sarà incentrata sulla raffigurazione
delle indigene e delle loro attività quotidiane. È quanto sta succedendo in questo dipinto,
dove troviamo raffigurate per l'appunto due donne polinesiane sedute in riva al mare: hanno
corpi massicci e pesanti, capelli lucenti raccolti in splendide orchidee, occhi sfuggenti e
sottilmente obliqui. Più che la loro fisionomia, che dovette trovare indubbiamente esotica,
Gauguin fu colpito soprattutto dal loro comportamento: sono entrambe avvolte in un
enigmatico silenzio che è difficile da penetrare, come se stessero seguendo il filo invisibile
dei loro pensieri. Quella di sinistra si sta appoggiando sulla sabbia con il braccio. Quella di
destra, invece, intreccia distrattamente le foglie di qualche pianta tropicale. Gauguin,
dunque, offre all'osservatore il frammento di un giorno polinesiano così come si presentava
alla sua osservazione.
L'opera, dai contenuti e dalla tecnica apparentemente banali, è in realtà sorretta da un
armonioso impianto compositivo e cromatico. I colori non sono turbati da varianti
chiaroscurali bensì si risolvono in campiture omogenee, come avviene nel pareo rosso a
motivi floreali della tahitiana di sinistra. Assai calcolato, inoltre, è il dosaggio tra i colori più
vivaci - come quelli che scaldano la veste della ragazza di sinistra - e il cromatismo più tenue
che caratterizza la pensierosa fanciulla a destra. La linea che contorna le figure, invece,
tradisce l'esigenza di un'espressione al contempo primitiva e splendidamente decorativa, in
grado di comunicare i contenuti del dipinto in maniera più immediata. Una lieve lumeggiata
sul mare appena increspato dalla candida spuma delle onde, infine, conferisce a una
composizione altrimenti statica una parvenza di dinamismo.

Vincent Van Gogh (1789-1874)


Nacque nei Paesi Bassi, figlio maggiore di un pastore protestante. Dopo quattro anni, nasce
il fratello Theo, al quale Vincent sarà profondamente legato. Nel 1875 si dedica per un anno
alla lettura solitaria della Bibbia: vuole diventare un predicatore e dedicare la sua vita ai più
poveri. La chiesa locale, tuttavia, lo giudica pazzo e Vincent decide nel 1880 di riversare la
sua passione nell'arte.

La camera di Vincent ad Arles (1888)


Mentre era ad Arles, Van Gogh realizzò questo dipinto della sua camera da letto nella Casa
Gialla. Ha preparato la stanza da solo con mobili semplici e con il suo lavoro sul muro. I colori
vivaci avevano lo scopo di esprimere un assoluto "riposo" o "sonno". La ricerca mostra che i
colori fortemente contrastanti che vediamo oggi nell'opera sono il risultato dello scolorimento
nel corso degli anni. Le pareti e le porte, ad esempio, erano originariamente viola piuttosto
che blu. L'angolo apparentemente strano della parete posteriore, nel frattempo, non è un
errore da parte di Van Gogh – l'angolo era davvero distorto. Le regole della prospettiva non
sembrano essere state applicate accuratamente in tutto il dipinto, ma questa è stata una
scelta deliberata. Vincent disse a Theo in una lettera che aveva deliberatamente "appiattito"
l'interno e lasciato fuori le ombre in modo che la sua immagine assomigliasse a una stampa
giapponese. Van Gogh era molto soddisfatto del dipinto: "Quando ho rivisto le mie tele dopo
la mia malattia, ciò che mi è sembrato il migliore è stata la camera da letto"

I mangiatori di patate (1885)


Van Gogh vedeva i Mangiatori di patate come un fiore all'occhiello, per il quale scelse
deliberatamente una composizione difficile per dimostrare che era sulla buona strada per
diventare un buon pittore di figure. Il dipinto doveva rappresentare la dura realtà della vita di
campagna; quindi, diede ai contadini facce ruvide e mani ossute e lavoratrici. Voleva
mostrare in questo modo che essi stessi "hanno coltivato la terra da soli con queste mani
che stanno mettendo nel piatto ... che si sono così onestamente guadagnati il loro cibo».
Dipinse le cinque figure con i colori della terra – "qualcosa come il colore di una patata
davvero polverosa, ovviamente non sbucciata". Il messaggio del dipinto era più importante
per Van Gogh della corretta anatomia o della perfezione tecnica. Era molto soddisfatto del
risultato: eppure il suo dipinto attirò notevoli critiche perché i suoi colori erano così scuri e le
figura piena di errori. Al giorno d'oggi, I mangiatori di patate è una delle opere più famose di
Van Gogh.

Notte stellata (1889)


Nel creare questa immagine del cielo notturno, dominato dalla luna luminosa a destra e da
Venere al centro a sinistra, van Gogh ha annunciato il nuovo abbraccio della pittura moderna
di umore, espressione, simbolo e sentimento. Ispirato alla vista dalla sua finestra del
manicomio dove l'artista trascorse un anno in cerca di tregua dalle sue malattie mentali,
Notte stellata è sia un esercizio di osservazione che un chiaro allontanamento da esso. La
visione ha avuto luogo di notte, ma il dipinto, tra centinaia di opere d'arte realizzate da van
Gogh quell'anno, è stato creato in diverse sessioni durante il giorno, in condizioni
atmosferiche completamente diverse. Il pittoresco villaggio situato sotto le colline era basato
su altri punti di vista - non poteva essere visto dalla sua finestra - e il cipresso a sinistra
appare molto più vicino di quanto non fosse. E sebbene alcune caratteristiche del cielo siano
state ricostruite come osservato, l'artista ha alterato le forme celesti e aggiunto un senso di
bagliore.
Van Gogh ha assegnato un linguaggio emotivo alla notte e alla natura che li ha portati
lontano dalle loro apparenze reali. Dominato da vivaci blu e gialli applicati con verve gestuale
e immediatezza, Notte stellata dimostra anche quanto fosse inseparabile la visione di van
Gogh dalle nuove procedure di pittura che aveva ideato, in cui il colore e la pittura
descrivono un mondo al di fuori dell'opera d'arte anche se telegrafano il proprio status come,
semplicemente, colore e pittura.
Vincent van Gogh ha prodotto dipinti emozionanti e visivamente accattivanti nel corso di una
carriera durata solo un decennio. La natura, e le persone che vivono vicino ad essa, hanno
prima stimolato le sue inclinazioni artistiche e hanno continuato a ispirarlo per tutta la sua
breve vita. Ma piuttosto che rappresentare fedelmente ciò che lo circondava, dipinse
paesaggi alterati dalla sua immaginazione. Van Gogh stava cercando sollievo dalla
depressione afflitta nel manicomio Saint-Paul di Saint-Rémy, nel sud della Francia, quando
dipinse Notte stellata. Riflette le sue osservazioni dirette della sua vista della campagna dalla
sua finestra, nonché i ricordi e le emozioni che questa visione ha evocato in lui. Il campanile
della chiesa, ad esempio, ricorda quelli comuni nei suoi nativi Paesi Bassi, mentre le
montagne sullo sfondo descrivono quelle del suo paesaggio circostante.

Art Nouveau
Gli ultimi anni dell'800 e i primi del ‘900 sono un periodo di relativa pace fra le potenze
europee, tanto da essere indicati genericamente come la Belle Époque.
Tuttavia, questi anni sono contrassegnati anche da una profonda crisi di cui si vedono le
conseguenze in quasi tutti gli artisti. Da un lato prosegue l'ottimistica fede nel progresso
scientifico, che appare inarrestabile e tale da portare a soluzione ogni problema umano,
dall'altro ci si rende conto che questa "felicità" universale è solo apparente: la borghesia si
arricchisce sfruttando i lavoratori, la cui spiritualità è uccisa dalla meccanizzazione.
Il Decadentismo è la risposta: per evadere la materia-lita volgare della realtà ci si rifugia in un
mondo immaginario intimo e raffinato.
È in questo clima «decadente» che nasce in Europa un movimento con caratteristiche simili
ma diverse denominazioni in ogni nazione:
• Art Nouveau in Francia
• Modern Style in Inghilterra
• Modernismo in Spagna
• Jugendstil in Germania
• Secessione in Austria
• Liberty o floreale in Italia
La prima definizione italiana fa riferimento al nome dell'inglese Arthur Liberty il quale, fin dal
1875, aveva fondato a Londra una ditta che commerciava arredi di alto livello qualitativo, ma
nel contempo destinati ad un vasto pubblico.
Una delle caratteristiche comuni a tutti i fiIoni dell'Art Nouveau è proprio quella di voler
rendere esteticamente validi gli oggetti di uso comune che le industrie diffondono, per
salvaguardarli dall' appiattimento e dalla banalizzazione della produzione in serie.
Gli elementi caratterizzanti l'Art Nouveau sono:
• l'uso della linea curva
• l'uso del colore piatto
• il decorativismo
• l'aspirazione alla modernità
• il riferimento al mondo vegetale
• la ricerca di una nuova bellezza nei prodotti industriali
• l'applicazione di questo stile in ogni forma di produzione artistica (architettura, pit-
tura, scultura, arredi, monili, oggetti d'uso, abbigliamento, pubblicità, grafica
• la stilizzazione dei motivi ornamentali
• l'insistenza sulla figura femminile e sulla sua eleganza
L'Art Nouveau trovò alcune delle sue espressioni più significative nel campo dell'architettura.
In Belgio si trovano le prime opere liberty dove opera Victor Horta (1861-1947).
Nei suoi palazzi Solvay e Tassel gli elementi strutturali a vista (in ghisa o ferro) divengono
contemporaneamente elementi decorativi.
Prevalgono le superfici vetrate che creano un dialogo tra interno ed esterno, la linea curva
che flette le pareti e informa anche il più piccolo dettaglio.

Antoni Gaudi (1852-1926)


È una delle personalità più indipendenti, estrose e creative. La sua figura è difficilmente
riconducibile alle principali correnti europee ma è coerente con lo sviluppo culturale
spagnolo nel quale, nel corso dei secoli, sono confluiti elementi islamici e zingareschi su un
substrato popolare ricco di colore.
Gaudi plasma le forme in modo indipendente dalle geometrie obbligate dalla struttura
architettonica ottenendo degli oggetti quasi scultorei e fantasiosi.

Casa Milà → La Pedrera (1906-16)


Rappresenta il massimo dell'esuberanza decorativa ed espressività dell'architetto catalano.
Fu commissionata da Peter Milà i Camps in occasione del suo matrimonio, collocato nella
nuova zona borghese di Barcellona. Oltre agli sposi, doveva ospitare appartamenti da
affittare, otto per ognuno dei sei piani, alcuni tuttora uso abitativo.
Gaudì rinuncia quasi del tutto a linee e angoli retti grazie all'uso estensivo di pilastri in
cemento armato che sostituiscono le pareti portanti gli permettono di guadagnare
un'eccezionale libertà nella definizione degli spazi delle superfici.
L'ingresso non è collocato al centro, ma sull'angolo in modo da unire in un lungo nastro
ondulato i due fronti principali dell'edificio, che assumono così un valore plastico ed
espressivo.
Il rivestimento in pietra grezza è l'origine del nome la Pedrera, ovvero “cava di pietra”, con il
quale casa Milà e tuttora conosciuta.
All'interno ci sono due cortili irregolari che garantiscono luminosità a tutti gli appartamenti.
Qui si ritrovano le consuete decorazioni policrome con le scalinate scavate nella pietra; la
superficie ondulata della terrazza è animata da comignoli-scultura rivestiti a mosaico.
Gaudi utilizza il cemento armato e ne sfrutta ogni potenzialità: i pilastri sono disposti in
maniera irregolare. In facciata il cemento è arricchito da ferro battuto delle balaustre,
anch'esse mosse, ondulate e asimmetriche.

La Sagrada Familia (1882-in corso)


Gaudi trasfigura il Gotico facendone un linguaggio moderno.
La facciata della Natività è dominata dalla linea curva ascendente.
Come nelle cattedrali gotiche, la superficie muraria è traforata, ma rispetto ai modelli
medievali le quattro torri sono più slanciate e presentano semplici aperture geometriche di
concezione moderna; la decorazione dei pinnacoli attinge agli stilemi tipici dell'architetto.
Dal Gotico deriva anche la concezione di tre portali riccamente decorati, però l'architetto
utilizza l'arco catenario al posto delle ogive, che permette una perfetta distribuzione del peso
e di dare forma all'intera struttura del tempio.
All'interno, le suggestioni gotiche sono nate i pilastri, reinventati come fusti d'albero che si
diramano a ogni snodo. Niente costoloni né crociere a chiudere in alto le navate, ma forme
dai profili spezzati che stilizzano le forme vegetali.

Gustav Klimt (1862-1918)


Dopo aver studiato dal 1877 alla Scuola di Arti e Mestieri di Vienna con F. Laufenberger e
all'Accademia con J. V. Berger, Klimt fu collaboratore nella comunità dello studio con F.
Matsch dal 1883 al 1892, come suo fratello Ernst. Inizialmente, dipinti decorativi a parete e
soffitto sono stati creati in ville, case termali e teatri, in particolare nel Burgtheater di Vienna
e nel Kunsthistorisches Museum Vienna. Nel 1893 ricevette la commissione statale per
decorare l'auditorium universitario. 1897 Co-fondatore della "Secessione" e suo primo
presidente. Anche prima della fine del secolo, sviluppò il suo nuovo stile, in cui elementi
neoimpressionisti e simbolisti si combinano per formare uno stile ornamentale. Dal 1899
intraprese soggiorni estivi annuali al lago Attersee, dove furono creati la maggior parte dei
suoi paesaggi. Nel 1902 partecipò alla mostra di Beethoven. Nel 1903 si recò a Ravenna,
Firenze e Venezia. Nel 1903 ruppe e nel 1905 lasciò la Secessione. Nel 1908 e nel 1909
partecipa alla mostra d'arte di Vienna, nel 1909 si reca a Parigi e nel 1910 partecipa alla
Biennale di Venezia. Nel suo ultimo lavoro, gli elementi astratti ed espressionisti possono già
essere riconosciuti.

Il bacio (1907-08)
Rappresenta il ricorrente tema dell'abbraccio e del bacio, quest’ultimo simbolo di amore ed
eros, esprime il raggiungimento dell'armonia. I due amanti sono la Gioia e la Concordia, e il
loro sentimento li eleva a uno stato sublime di irrealtà, in uno sfondo oro senza tempo né
spazio.
L'uomo bacia la donna con presa sicura, lei gli si abbandona.
Dell'ambiente circostante, resta solo un prato intessuto di fiori, che sembra prefigurare la
fase floreale dell'artista: i fiori e l'erba sono evocati da tocchi di colore fittamente accostati,
senza linee né geometria a strutturare lo spazio.
La differenza di texture tra lo sfondo e i personaggi isola gli amanti.
I corpi si perdono nella bidimensionalità delle vesti, lasciando pochi particolari: mani e collo
di lui, volto, mani e piedi di lei.
Le tuniche seguono i tuoi personaggi in accentuano la posa e l'espressione. Il vestito
dell'uomo a tasselli geometrici e quadrangolari gli imprime un certo verticalismo e una
posizione stabile e sicura, mentre le forme di tondeggianti che adornano il vestito della
donna rimandano al morbido abbandono nel suo corpo.
La composizione è bidimensionale e la dimensione spaziale suggerita dalle intersezioni della
fascia orizzontale del prato con quella verticale dei personaggi.
Le loro forme si fondono in un'unica composizione in unità compositiva, creando una
struttura tanto sintetica quanto icastica.
Con Il bacio, Klimt riesce a creare un nuovo mito, emblema inarrivabile di un Romanticismo
ormai pienamente novecentesco.

6. Le Avanguardie storiche del Novecento


Le Avanguardie in generale
Per Avanguardie storiche si intendono quei movimenti artistici che all'inizio del Novecento si
pongono come movimenti di rottura con la pittura e la scultura tradizionali e contribuiscono
alla creazione di nuove pratiche e generi artistici.
Il termine “avanguardia” indica il reparto che precede una formazione militare con lo scopo
di esplorare il terreno e prevenire così il nemico. In questo modo, l'avanguardia artistica
esplora nuove possibilità espressive estetiche.

Espressionismo
Il termine "espressionismo" è entrato ormai nell'uso comune della critica d'arte in relazione a
quelle opere che intendono "esprimere" fortemente il sentimento individuale dell'artista
piuttosto che rappresentare oggettivamente la realtà; in tal senso esse deformano
consapevolmente quest'ultima affinché risulti evidente che ciò che noi vediamo sulla tela non
è la riproduzione di un oggetto così come appare, ma come lo «sente» l'autore che proietta
in esso la propria vita interiore.
L’Espressionismo trova la sua applicazione più esatta soltanto per quegli artisti che, a partire
dagli inizi del Novecento, (soprattutto in Germania) sostengono assoluta priorità
dell'espressione del sentimento individuale sull'imitazione della natura.
L'Espressionismo si oppone perciò a ogni forma di naturalismo. Critica l’Impressionismo,
l'uno indicando la proiezione dei sentimenti dall'interno verso l'eterno ("ex-primere*), l'altro la
ricezione dell'esterno nell'interno ("in-primere*).
La critica all'Impressionismo non è tuttavia corretta, perché quella corrente, che è alla base
di tutta l'arte moderna, aveva già posto l'accento sulla relatività della percezione umana, sulla
transitorietà di tutte le cose, sul soggettivismo; l'Espressionismo però crede di vedervi
ancora almeno un residuo di rapporto con la realtà oggettiva, ritenendo che la differente resa
di questa sia dovuta - come diceva Degas - non tanto a uno «stato d'animo», quanto a uno
«stato d'occhio».

Edvard Munch (1863-1944)


La sua infanzia fu segnata da tragici lutti: la morte della madre quando era bambino e quello
della sorella quando aveva quattordici anni. Frequentò l'Accademia delle Belle Arti di Oslo,
poi si ricordò nel 1885 a Parigi, dove ebbe modo di studiare le ricerche simboliste e
sintetiste e l'espressività di Van Gogh, maturando uno stile scuro e pessimista.

L'urlo (1893)
Il dipinto manifesto di Munch permette di comprendere la forza della poetica simbolista:
riuscire a tradurre in un'immagine diretta e pregnante verità complesse e irrazionali, che
sarebbero impossibili da spiegare senza l'arte.
Munch rappresenta una crisi nervosa, un attacco di panico che non è individuale, ma si
riferisce a tutta la natura. Infatti, il grido terrorizzato dell'uomo si riflette nel cielo macchiato di
rosso e nelle linee curve e sinuose della costa.
Con questo quadro Munch raggiunge il massimo il suo antinaturalismo. Il volto, il trasformato
in senso espressivo, assume le sembianze di un teschio. Le mani aderiscono le orecchie, il
corpo è privo di peso, curvo come il paesaggio intorno a lui.
In lontananza ci sono due figure indefinite che continuano a camminare nell'indifferenza,
inconsapevoli della disperazione che pervade l'esistenza.
La composizione è molto semplice: solo la diagonale del ponte crea profondità, che poi viene
contraddetta dall'assoluta irrealtà dello spazio.
Con questo quadro Munch aprì la strada all’Espressionismo, rappresentando la natura che
passa radicalmente attraverso l'uomo e le sue emozioni.

Henri Matisse (1869-1954)


Matisse iniziò a dipingere a vent'anni, immobilizzato da un attacco di appendicite. Assorbì
diversi insegnamenti artistici, tra cui quello impressionista, la linea di Van Gogh, il simbolismo
di Moreau, il puntinismo di Signac e soprattutto le l'esotismo di Gauguin. Ciò che lo ispirò di
più fu la passione per l'arte nordafricana, in particolare islamica, astratta e decorativa.

La danza → La danse (1909-10)


Con questo quadro, Matisse giunge alla perfetta armonia tra carica espressiva e
composizione ritmica e decorativa. La tela rappresenta cinque figure unite in una danza e si
lega a quella a quella intitolata La musica.
Esistono due versioni della danza: la prima è detta La danza I, ed è conservata al Museum of
Modern Art di New York ed è uno studio per La danza II, oggi al Museo dell’Ermitage di San
Pietroburgo.
Ne La danza II Matisse definisce le sagome di corpi con linee più sicure e continue, che
rendono il movimento più fluido. Ma è soprattutto il colore essere più acceso: infatti, il rosa
dei corpi della versione di New York corrisponde un rosso vivo in quella di San Pietroburgo.
La scelta cromatica di Matisse corrisponde al principio per cui le regole compositive e
decorative sono interne all'opera. Al blu e al verde intensi corrisponde il rosso acceso, che
con i primi due colori si armonizza ed è da essi esaltato. L'effetto è quello di una maggiore
brillantezza dell'insieme, ma anche di vividezza: nonostante la bidimensionalità del dipinto, i
corpi, grazie al loro intenso colore caldo, avanzano verso lo spettatore staccandosi
nettamente dal fondo.
Il cerchio di tra questi cinque danzatori è ancora aperto: la figura in basso sembra quasi
volteggiare in uno slancio verso il suo compagno di sinistra, il quale si torce per afferrare la
mano che gli è tesa. Il ritmo del ballo è convulso e occupa interamente lo spazio e sembra
assecondare il movimento circolare dei ballerini fino a lasciarsi deformare dal piede di uno di
essi. La danza rappresenta l'unione primordiale e mitica fra uomo, terra e cielo.
Il movimento vitale dei corpi è garantito dal senso di ritmo che la tela comunica.
La danza che i personaggi stanno compiendo è un fluire continuo e ipnotico, gioioso ed
equilibrato.

La nuova estetica cubista


Nel momento in cui il Fauvismo volge al termine, in Francia due grandi artisti, Pablo Picasso
(1881-1973) e Georges Braque, fondano un'altra corrente di avanguardia: il Cubismo.
Per la prima volta nella storia della pittura occidentale si cerca di rappresentare i soggetti
nella loro totalità. Il punto di partenza era ancora quello di opporsi alla meccanica
riproduzione del reale e alla presunta superficialità di osservazione dell'Impressionismo, per
rendere invece il proprio modo di interpretare il mondo esterno.
Questo doveva essere "capito", non soltanto "visto": all'Impressionismo si rimproverava,
quindi, di aver usato soltanto la retina e non il cervello.
I cubisti partono, così, dallo studio della realtà per scomporla e ricomporla in un nuovo
ordine che cancella la distinzione tra gli oggetti e lo spazio che li circonda. Un medesimo
soggetto viene colto da diverse angolazioni che poi vengono sovrapposte nella
rappresentazione.
Le vedute successive di uno stesso oggetto e dello spazio circostante sono fuse insieme,
con l'intento di comunicare la totalità delle percezioni in maniera simultanea, come se
l'osservatore potesse girare intorno al soggetto rappresentato, osservandolo da tutti i
punti di vista.
Anche per i Cubisti l'opera d'arte non deve rappresentare la realtà, ma interpretarla: l'arte
diventa uno strumento conoscitivo.
Il processo di scomposizione in piani e di successiva ricomposizione disintegra le forme,
elimina la distinzione tra figura e sfondo, rinuncia definitivamente all'uso della prospettiva
rendendo difficile anche l'individuazione del soggetto di un'opera cubista.
Dunque, per la prima volta, viene mostrata la "quarta dimensione", il fattore tempo.
Negli stessi anni, la definizione di tempo, come quarta dimensione della realtà, era postulata
in fisica dalla Teoria della Relatività di Albert Einstein.
Appare singolare come, in due campi diversissimi tra loro, si avverta la medesima necessità
di andare oltre la conoscenza empirica della realtà per giungere a nuovi modelli di
descrizione e rappresentazione del reale.
Einstein e Picasso postulano contemporaneamente che la conoscenza dello spazio e del
tempo sono relativi al punto di osservazione. Il primo formula una legge matematica, il
secondo una visualizzazione artistica.
Sulla nascita del Cubismo influiscono profondamente la conoscenza dell'arte primitiva
dell'Africa e dell'Oceania con le sue forme schematiche, deformate e geometrizzate.
Rinasce l'interesse per il "primitivismo" (che include anche l'arte infantile, arcaica, popolare e
quella di malati ed emarginati), per le sue capacità espressive, per la libertà dalle leggi
prospettiche tradizionali, per la sensibilità deformante, per la sua forte spiritualità e per la
creatività istintiva.
Il Cubismo è profondamente influenzato anche dalla pittura severa ed essenziale di Paul
Cézanne, con la sua geometrizzazione delle forme, tanto che questi ne è considerato il
precursore.
Il Cubismo nasce e si sviluppa a partire dal 1908 fino all'inizio della Prima
Guerra Mondiale.
In questo breve arco di tempo si distinguono due fasi: il Cubismo "Analitico"
(1908-1912) caratterizzato da un'accentuata frammentazione delle forme e dall'uso di colori
spenti, spesso di un solo tono cromatico (monocromo), e il Cubismo "sintetico" (1912-1914),
che attua un parziale recupero del colore e delle forme, ormai però completamente
svincolate dalla concezione spaziale tradizionale.
È in questa seconda fase che inizia l'uso di incollare sulla tela parti ritagliate da giornali, libri,
spartiti musicali (i papiers collés) e altri svariati tipi di materiale.
Da un lato, quindi, i Cubisti scompongono la realtà, rappresentandola in forme geometriche e
schematiche, ma dall'altro usano tecniche che riportano l'osservatore alla percezione della
realtà nella sua "materia-lita" vera. I materiali che costituiscono un oggetto non sono solo
rappresentati: sono incollati direttamente sulla tela. Nelle composizioni polimateriche si
riducono quindi i confini tra pittura e scultura.
Pablo Picasso (1881-1973)
Picasso è considerato il più grande artista del Novecento. Ha contribuito alla ridefinizione
moderna del termine “genio” attraverso la sua personalità libera e rivoluzionaria. È passato
attraverso diversi stili: Cubismo, Classicismo, Surrealismo e a livello tecnico la ricerca è stata
incessante.
È figlio del pittore José Ruiz y Blasco e di Maria Picasso y López. Il fatto che il padre sia
maestro di disegno all'Accademia lo aiuta a sviluppare da subito le sue precoci capacità
artistiche. Nel 1895 la famiglia si trasferisce a Barcellona, dove Picasso entra nell'Accademia
a soli tredici anni. Nel 1900 va a Parigi per la prima volta, dove ha modo di conoscere e
ammirare le opere di Degas, Toulouse-Lautrec, degli impressionisti e dei simbolisti. Negli
anni successivi si divide tra Parigi e Barcellona; questi sono gli anni del cosiddetto periodo
blu (1901-1904), in cui si dedica a soggetti di natura sociale intrisi di malinconia; la tavolozza
è ristretta alle tonalità fredde degli azzurri e di blu.
I temi, le pose, le ambientazioni richiamano i modi simbolisti che Picasso mantiene anche nel
successivo periodo rosa (1904-1907) in cui la tavolozza riacquista toni caldi, i rossi e gli
aranciati. È frequente il tema del circo e resta intatto il clima malinconico.
Protetto dai collezionisti americani Leo e Gertrude Stein, Picasso entra a stretto contatto con
l'avanguardia e con le sperimentazioni di Matisse. Studia Cézanne e l’arte primitiva.
Nel 1906 visita il Musée d’Ethnographie du Trocadéro, dove entra a contatto con la scultura
africana. Il confronto con un canone estetico completamente differente da quello occidentale
lo induce ad accelerare bruscamente quel processo di ristrutturazione che aveva già iniziato
studiando Cézanne.
In Les demoiselles d’Avignon abbandona ogni elemento narrativo e si si concentra sulla
costruzione di un'immagine forti e inquietante, in cui le figure si compenetrano con lo sfondo,
in uno spazio completamente scomposto in piani geometrici.

Les demoiselles d’Avignon (1907)


È frutto di una lunghissima genesi: Picasso realizza 806 bozzetti preparatori.
Rappresenta la visita dell'artista al bordello di Barcellona.
Il tema è quello classico di nudo femminile e i riferimenti di Picasso vanno dalle Bagnanti di
Cézanne al Bagno Turco di Ingres, passando per la scultura classica e per diverse
iconografie di Venere, mescolando un tema aulico con la figura terrena della prostituta.
La prostituta a destra scosta una tenda presentando i corpi degli altri quattro in pose
provocanti. Ai loro piedi, c’è una natura morta di frutta che è appoggiata su un tavolo.
Picasso elimina ogni sensualità scomponendo lo spazio in piani aguzzi e in linee che tagliano
il dipinto.
I volti irregolari, inquietanti delle donne sono ispirati alla scultura primitiva: iberica per le tre
donne sulla sinistra, africana per quelle sulla destra. Quest’ultime sono rappresentate con
geometrizzazione secca ed espressiva.
Il tema classico del nudo è scardinato dalle sue basi per condurre l'attenzione
dell'osservatore sulla struttura geometrica dei corpi e sulla presenza di punti di vista multipli:
ad esempio, i nasi di profilo sono accostati agli occhi frontali.
La tavolozza presenta due tonalità principali: in contrasto caldo-freddo, l'azzurro e il rosa-
ocra dei corpi.
Lo spazio è completamente frantumato; il tavolo è rappresentato in uno scorcio impossibile,
mentre i corpi delle tre prostitute centrali potrebbero essere in piedi o distesi.
La distinzione tra figura e sfondo è vanificata dalla compenetrazione dei piani.
Nel dipinto sono presenti gli ingredienti che saranno proprio nel nascente Cubismo, tutti
derivanti da una sola intuizione: l'arte deve sforzarsi di catturare l'essenza della natura del
suo fluire, inglobando la dimensione temporale tra gli ingredienti della rappresentazione;
quindi, non deve solo accontentarsi di riprodurre la realtà così come la si vede.
Manca un punto di vista unitario e manca l'attimo preciso dell'osservazione: è come se il
pittore accompagnasse lo spettatore in giro per la stanza.
Inizialmente era prevista l'inclusione di figure maschili: un marinaio situato nel mezzo e uno
studente di medicina con in mano un teschio. Le esclusioni di questi elementi mettono lo
spettatore a faccia a faccia con l'esperienza drammatica di Picasso, probabilmente
terrorizzato dalla sifilide, immerso in uno spazio scomposto e continuo
Questo quadro apre lo sviluppo del Cubismo e in generale proclama con violenza
l'autonomia dell'opera d'arte e dell'artista che la concepisce.

Guernica (1937)
La scena commemora lo straziante bombardamento aereo della città basca di Guernica,
avvenuto il 26 Aprile 1903, a opera delle forze naziste e fasciste in appoggio a Francisco
Franco. Il dipinto è commissionato dal governo repubblicano per l'Esposizione internazionale
di Parigi del 1937.
Picasso unisce il linguaggio del cubismo sintetico a elementi surrealisti e a un violento
impeto espressionista, per dare vita a una composizione ricca di immagini simboliche e
citazioni classiche, rendendo il quadro accessibile a un pubblico ampio e variegato, perché
si presenta come crocevia di linguaggi diversi, uniti dalla libertà eclettica di Picasso.
In un ambiente quasi monocromo, che rende indistinguibili sfondo e figura, si consuma il
dramma: a destra c'è un uomo alla finestra che urla disperato; a sinistra, una donna che tiene
fra le braccia il figlio morto; in mezzo un cavallo urla di dolore, un cadavere giace a terra, una
figura cerca di fare luce, ma la sua lampada non rischiara niente, un'altra si rivolge al cielo
terrorizzata.
Il lampadario al centro fa riferimento a un interno, ma altri elementi, come ad esempio il
palazzo in fiamme, ci riportano un esterno: nella scena, la molteplicità dei punti di vista è
funzionale alla rappresentazione della disperazione.
L'immagine è piena di figure simboliche: la donna a sinistra rappresenta la pietà; il cavallo
ferito è simbolo del popolo spagnolo offeso; la lampada a petrolio è simbolo del sonno della
ragione e della regressione della società; il cadavere a terra con in mano una spada spezzata
e un fiore, simboli sconfitta e di rinnovata speranza; il toro calmo è simbolo anch'esso del
popolo spagnolo, ma qui anche un emblema della violenza ottusa e bestiale che irrompe
nella vita quotidiana e pacifica della gente.
Anche la composizione assume un significato emblematico: le impostazioni spezzate che
dividono la presentazione in scomparti. La parte centrale è costruita su schegge che
rendono la scena drammaticamente convulsa e ai lati ci sono le immagini di vita di pietà e di
dolore.
Sono molte le citazioni dipinti classici: il personaggio con le braccia alzate sembra fare
riferimento alla Fucilazione del 3 maggio 1808 di Goya e, allo stesso tempo, richiama
l'Incendio di Borgo di Raffaello. Le figure femminili sembrano ispirate alla Strage degli
innocenti di Guido Reni.
Guernica diviene rappresentazione di tutte le guerre, delle loro devastazioni e delle loro
tragicità. Finita l’Esposizione, Francisco Franco sale al potere e per volere di Picasso il
dipinto sarà conservato al Museum of Modern Art di New York fino al 1982, l'anno in cui il
murale torna a Madrid, ospitato dal museo Reina Sofia.
Il Futurismo
A differenza di tutte le altre avanguardie artistiche, il Futurismo è il primo movimento che si
dà un programma preventivo rompendo volutamente con tutto il passato e collocandosi in
aperta polemica verso ogni oppositore.
Il movimento si riconosce nelle idee che il suo fondatore Filippo Tommaso Marinetti (1876-
1944) elabora nel Manifesto del Futurismo, pubblicato a Parigi il 20 febbraio 1909 nel quale
viene esaltata la velocità, il progresso, la macchina in corsa, l'avvento dell'energia elettrica, la
nuova bellezza del movimento (anche quello della rissa e della violenza).
La volontà vitalistica e violenta del Futurismo, malgrado l'accenno a valori libertari, portò il
movimento, unico caso tra le avanguardie del primo Novecento, a schierarsi politicamente
con la destra nazionalista e interventista, confluendo infine nel fascismo.
Marinetti, apparentemente rivoluzionario, finirà con l'accettare da Mussolini onori e prebende
lasciandosi "imbalsamare" tra i membri dell'Accademia d'Italia e aderendo perfino
alla Repubblica di Salò.
Si spiegano così l'agghiacciante glorificazione della "guerra, sola igiene del mondo", il
dominio dell'uomo sulla donna, la volontà di distruggere musei, biblioteche e città d'arte.
L'ideologia futurista, così come enunciata da Marinetti nel 1909 è contraddittoria, confusa e
redatta con un linguaggio irritante: linguaggio che, con virulenza ancora maggiore, veniva
usato nelle "serate futuriste" organizzate in sale e teatri dove volavano schiaffi e pugni e
assalti verbali polemici e provocatori come quello intonato da Marinetti nel 1913 al Teatro la
Fenice di Venezia.
Tuttavia, occorre sottolineare l'importante ruolo di svecchiamento dell'arte italiana
messo in atto dal Futurismo e il suo pieno inserimento nel vivo delle più moderne
correnti internazionali.
Al di là delle ideologie politiche e dell'aggressività degli enunciati, il Futurismo ha un valore
artistico innegabile e tra i suoi membri si contano alcuni dei maggiori artisti del Novecento
italiano: Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Russolo, Antonio
Sant'Elia, Gerardo Dottori, Fortunato Depero.
Furono i futuristi i primi a intuire e sviluppare i potenziali visivi inespressi del linguaggio,
quelli alla base della nostra pubblicità e della comunicazione di massa.

Umberto Boccioni (1882-1916)


Boccioni nasce a Reggio Calabria da una famiglia romagnola e si trasferisce a Milano nel
1906.
Nei primi anni del Novecento è appassionato ai temi simbolici e sociali del Divisionismo.
L'adesione al Futurismo lo conduce a sviluppare linearismo di Beardsley e di Munch, come è
chiaro nelle soluzioni dinamiche de La città che sale, in cui allunga la pennellata di Previati,
per sfruttare le possibilità espressive.

La città che sale (1910-11)


Boccioni decide di rappresentare la frenesia della città di Milano in espansione.
Il titolo originale doveva essere Il lavoro e rappresenta uno scontro di carrozze in un cantiere
con sullo sfondo la periferia cittadina.
La scena è segnata dalla presenza del possente cavallo al centro della composizione,
simbolo della forza del progresso.
Le lunghe e sottili pennellate divisioniste seguono il movimento ascensionale dell’animale e
imprimono un dinamismo che si riflette nei corpi degli operai.
La genesi mostra come la rappresentazione si concentri totalmente sul cavallo al centro, che
trascina nel suo movimento i personaggi.
La luce smaterializza i corpi che perdono consistenza e la loro forza si esprime nelle pose
enfatiche.
Il centro dell'opera sono i musi contrapposti di due cavalli, tra i quali si vede l'unico volto
umano veramente definito.
La composizione impostata su due orientamenti prevalenti: al dinamismo obliquo su cui sono
costruite le figure in primo piano, si contrappone una verticalità statica delle impalcature
sullo sfondo.
La scelta del cavallo come simbolo del progresso appare contraddittoria, se pensiamo
all'enfasi posta dai futuristi sull'automobile. Con essa, tuttavia, Boccioni riesce a richiamare
una vitalità animale e primitiva impulsiva e irrazionale: l'animale diventa l'eroe, il simbolo di
una dimensione epica che unisce animali ed esseri umani.
La città che sale dipinge così la forza del progresso, inteso non in senso puramente
tecnologico, ma come espressione attiva della vita dell'uomo.

Il Dadaismo
Il Dadaismo è un movimento nato in Svizzera, a Zurigo, il 5 febbraio 1916 che si svilupperà
anche a Berlino, Parigi e New York. A differenza delle altre avanguardie del primo
Novecento, nasce nel corso della Prima Guerra Mondiale, quando un gruppo di intellettuali
europei si erano rifugiati in Svizzera, paese neutrale, per sfuggire alla guerra.
I fondatori sono Hans Arp, Tristan Tzara, Marcel Janco, Richard Huelsenbeck e Hans
Richter. L'evento che segna la nascita del Dadaismo è l'inaugurazione del Cabaret Voltaire
ideato dal regista Hugo Ball.
Il movimento si concluse nel 1922 quando nasce il Surrealismo.
Se Futurismo e Dadaismo hanno in comune l'intento dissacratorio e la ricerca di nuove
forme d'arte, differiscono molto nel diverso atteggiamento verso la guerra. I futuristi sono
interventisti, militaristi (e per questo, con l'ascesa del fascismo si collocheranno a destra)
mentre i dadaisti sono dichiaratamente contrari alla guerra, aspetto che li colloca
politicamente a sinistra.
Il movimento vuole azzerare l'arte, come i futuristi, ma non propone forme alternative.
Per questo motivo è anche contro i significati tradizionalmente attribuiti alle parole. La scelta
del termine "dada" nell'idea dei fondatori non ha alcun significato.
Tristan Tzara racconta di aver trovato il termine aprendo a caso un vocabolario francese.
Altri esponenti del gruppo, nel tentativo di annullare ogni chiara definizione, hanno
sottolineato che in russo vuol dire due volte si; in tedesco due volte qui; in italiano e francese
è il suono prodotto dai bambini piccoli con cui indicano ogni cosa.
Il Dadaismo è contro la letteratura, la poesia, l'arte e i concetti di eterno, bello e perfetto. È
anche contro il Cubismo, l'Espressionismo e il Futurismo, perché questi movimenti, nel
tentativo di liberarsi dalle maglie del passato, ne avrebbero create di nuove.
Per il Dadaismo tutto può essere arte: dai pezzi di legno inchiodati casualmente come la
Trousse d'un Da di Hans Arp, ai collage fatti assemblando ritagli in modo casuale. Qualunque
prodotto umano, essendo frutto della creatività, è arte.

Marcel Duchamp (1887-1968)


Di formazione filosofica, appassionato di bibliofilo e giovanissimo aspirante artista, Duchamp
esordisce nella cerchia cubista di Parigi guadagnandosi da vivere come disegnatore di
vignette satiriche.
A New York, dove si trasferì, Duchamp trova il contesto ideale per sviluppare un'arte ancora
più astratta, più fredda e più scientifica verso un definitivo abbandono della pittura retinica e
olfattiva in favore di un'arte mentale. È questa la costante della produzione duchampiana,
che si concentra tra gli anni Dieci e il 1923. All'apice della fama, infatti, preferisce defilarsi dal
mondo artistico attivo per dedicarsi all'attività critica e museale e, soprattutto, per il gioco
degli scacchi, la sua grande passione, che aiuta ad individuare alcuni dei caratteri della sua
arte: il fascino di un movimento potenziale regolato da una logica meccanica, l’impegno
concettuale necessario alla fruizione e infine la stessa inutilità del gesto: gli scacchi, come
l’arte di Duchamp, sono fini a se stessi, riferiti solo al proprio sistema di comprensione e di
interpretazione.

Fontana → Urinoir (1917)


Fu presentato in occasione della mostra della Society of Independent Artist nel 1917. La
società era nata in polemica con le selezioni operate dalle esposizioni dell'epoca,
provvedendo quindi che chiunque potesse esporre il proprio lavoro liberamente.
Fontana fu rifiutata dal comitato direttivo, che la giudica volgare e immorale.
Si tratta di un orinatoio ribaltato con la firma “R. Mutt” che storpia il marchio di fabbrica J.L.
Mott Ion Works Company. Duchamp, a seguito del rifiuto, si dimette della Society of
Independent Artists.
Tra i primi a difendere Fontana c’è Beatrice Wood, che ne giustifica l'artisticità dicendo che
Duchamp ha creato nuovo pensiero per quell'oggetto e ne ha ampliato il senso, ovvero
l'orinatoio, sottratto dal proprio contesto e inserito in quello di una mostra d'arte, ha perso la
sua funzione pratica per assumere una simbolica e dissacrante determinata dall'artista.
Fontana conduce ad almeno due considerazioni: prima di tutto, che l'arte come attività
mentale non deve necessariamente essere confinata né nei limiti di un'estetica, di un'idea di
bello, né in quella tecnica. In secondo luogo, che il valore di un'opera non può risiedere
nell'opera stessa, me la sua capacità di coinvolgere il pubblico, in questo caso attraverso lo
scandalo e la e l'assurdità del gesto.
L'opera è una replica autorizzata dall'artista poiché l'originale è andata distrutta lo stesso
anno della sua esposizione.

Le nuove frontiere del Surrealismo


Nel 1924 lo scrittore francese André Breton pubblica il primo Manifesto del Surrealismo
dove esplicita la definizione del nome del movimento: "SURREALISMO, s.m. Automatismo
psichico puro, mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbalmente, sia per iscritto o
in altri modi, il funzionamento reale del pensiero; è il dettato del pensiero, con assenza di
ogni controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica e morale”.
Il surrealismo, dunque, intende dare voce all'io interiore senza l'intervento dei meccanismi
inibitori legati alla ragione e alla razionalità che tendono a reprimere gli istinti naturali.
Per conquistare questa libertà bisogna farsi guidare dall'inconscio, come avviene nei sogni
quando le immagini si alternano senza apparenti legami, svelando i pensieri e le pulsioni
reali, spesso sconosciuti a noi stessi.
Questo è il metodo adottato dalla psicanalisi, la disciplina ideata da Sigmund Freud di cui
Breton era un sostenitore
("La psicologia è un argomento sul quale non sono disposto a scherzare", dichiarava).
Ma Surrealismo non è solo la trascrizione dei sogni. Piuttosto è il tentativo di scoprire il
meccanismo con cui funziona l'inconscio, svelando il processo interiore durante la fase della
veglia attraverso l'automatismo psichico, cioè la libera associazione di idee.
Il Dadaismo, che precede il Surrealismo e ne costituisce la pars destruens, ha liberato l'uomo
azzerando tutte le convenzioni sociali.
Tuttavia, si tratta di un'azione negativa, che non propone espressioni alternative, legata alla
tragedia della Grande Guerra.
Con la fine del conflitto, il Surrealismo recupera il concetto della libertà totale dai
condizionamenti esterni, ma alla distruzione dadaista oppone la ricostruzione, basata sull'
interiorità dell'uomo.
Un precedente importante per il Surrealismo è la pittura metafisica di De Chirico che cerca
di cogliere l'essenza intima delle cose al di là della loro apparenza sensibile.
Questo lo porta ad accostare oggetti tra loro incompatibili creando situazioni inquietanti.
Tuttavia, la metafisica non cerca di portare alla luce l'interiorità dell'individuo ma l'enigma già
presente nelle cose. Per questa sostanziale differenza De Chirico rifiuterà di aderire al nuovo
movimento.
A differenza delle altre avanguardie il Surrealismo non si è esaurita rapidamente ma ha
continuato a influenzare la pittura di tutto il Novecento, nonché il cinema e le altre arti visive.
Fra i principali esponenti vanno ricordati Duchamp, Arp, Man Ray, Joan Mirò, René Magritte
e Salvador Dali.
Anche Picasso attraversò un periodo surrealista tanto che spesso, nelle mostre dedicate al
Surrealismo, si usa esporre la terna spagnola Dali-Mirò-Picasso.
Si tratta di artisti molto differenti raggruppabili in due filoni: quelli che utilizzano immagini
"realistiche", come Magritte, e quelli che giungono a forme mostruose e irreali come Dalì.

Salvador Dalì (1904-1989)


Dalì può essere considerato il protagonista del Surrealismo degli anni Trenta, seppure venga
emarginato da Breton per il suo carattere istrionico e controcorrente.
La pittura di Dalì è figurativa e classica, il design elegante e virtuoso, ma a questa raffinatezza
accademica ha l'esigenza di accostare un metodo creativo incentrato sul sogno, perché solo
nel sogno l'inconscio è completamente libero di esprimersi e far emergere le ossessioni e le
pulsioni più profonde. Questo metodo, che egli chiama paranoico-critico, consiste
nell'immersione totale nel delirio onirico dell'inconscio nella conseguente razionalizzazione
estetica del materiale da lì ricavato.
A Madrid Dalì si accosta agli ambienti d'avanguardia e diviene amico del poeta Federico
Garcia Lorca e del regista Luis Buñuel.
Dalì conosce le opere surrealiste tra il 1926 e il 1927, ma è la mostra alla Galerie Goemans a
Parigi nel 1929 a sancire il suo ingresso nell'avanguardia.
Nelle opere di questi primi anni è forte l'influenza del Surrealismo di Mirò, figure molli,
biomorfe, si stagliano su paesaggi deserti.
Nonostante il suo allontanamento dal Surrealismo nel 1934, ad opera di Breton, Dalì continua
a svilupparne le tematiche, in particolare attraverso sovrapposizioni di sfere sensoriali
diverse e la creazione di soggetti ibridi in cui sono integrati elementi contrastanti.

La persistenza della memoria → La persistencia de la memoria (1931)


Il paesaggio scabro è quello della costa catalana, con la scura spiaggia deserta che finisce
nel mare e, a destra, la scogliera.
Gli elementi sono disposti senza alcuna ricerca di unità né di simmetria.
La luce crea ombre profonde, che mostrano ancora l'influenza della Metafisica riletta dal
Surrealismo.
Sono rappresentati quattro orologi: uno, chiuso, è preso dal setto di insetti, mentre gli altri tre
si sciolgono, sono molli.
Sono appoggiati su superfici diverse: un parallelepipedo, un ramo di albero e un profilo
dell'artista di cui rimangono ormai solo le lunghe ciglia.
La composizione è del tipo asimmetrica, in quanto gli elementi del quadro sono distribuiti in
maniera molto disordinata e disorganizzata in uno spazio aperto. Protagonisti dell’opera sono
gli orologi, sottratti dalla realtà̀ quotidiana, deformati nel sogno dal suo inconscio delirante e
inseriti in una landa di terra totalmente priva di vegetazione e dall’aspetto surreale.
Dall’analisi è evidente la forte contraddizione paesaggistica. Da un lato la solidità̀ del deserto,
della figura vegetale smorta e degli scogli; dall’altra parte, la flaccidità̀ degli orologi posti
rispettivamente sul masso squadrato, sul ramo e sull'inquietante occhio dalle lunghe ciglia
che giace addormentato sulla sabbia.
Una sicura irrazionalità̀ si nota nella superficie in alto a sinistra, che a prima vista presenta la
consistenza ed il colore del mare, ma in realtà̀, se si fa attenzione, è parte della distesa
solida. I colori utilizzati sono caldi e freddi, i toni scuri sono utilizzati per evidenziare le ombre
molto profonde generate dalla luce frontale.
Dalì raccontò di aver ideato il dipinto dopo una cena a casa a base di camembert. Infatti, la
consistenza degli orologi ricorda quello del formaggio, in un paragone fra il senso della vita e
quello di gusto.
La polarità molle/duro si può far risalire a Freud, che associa la prima categoria all'idea di
putrefazione e repulsione, e la seconda a quella di ordine e controllo.
L'orologio è lo strumento di misurazione oggettiva del tempo: il suo sciogliersi ne mette in
dubbio l'oggettività.
La persistenza della memoria può quindi essere ricondotta alle riflessioni cubiste e futuriste
della soggettività del tempo e del ricordo: la deformazione delle immagini è uno strumento
per mettere in dubbio le facoltà̀ razionali, che vedono gli oggetti sempre con una forma
definita. L'orologio è lo strumento razionale per eccellenza, che permette di misurare il
tempo e di dividerlo in modo da piegarlo alle esigenze pratiche e quotidiane. Deformando
l'orologio, che sembra sciogliersi e adattarsi alle superfici su cui viene posto, Dalì invita
l'osservatore a riconsiderare la dimensione del tempo, che viene messo in crisi dai ricordi,
dal sogno e dal desiderio, non essendo sottoposti alle regole apparentemente logiche; il
prima e il dopo si mescolano e lo scorrere delle ore e dei giorni accelera o rallenta a
seconda della percezione soggettiva.
L'unico orologio integro rimane quello chiuso, attaccato delle formiche per le quali Dalì
nutriva una particolare repulsione e che rappresentano al tempo stesso la morte-distruzione;
infatti, qui emerge anche l'aspetto distruttivo del tempo, che consuma lentamente e
inesorabilmente ogni cosa, anche quelle che apparentemente sembrano più̀ durature.

René Magritte (1898-1967)


Partecipò attivamente al movimento surrealista solo dal 1927 al 1930; da lì in poi utilizzò le
teorie di Freud per indagare i meccanismi di conoscenza e di concertazione umani, e non
per liberare l'inconscio e l’istintivo.
Lo stile figurativo esemplificato aumenta l'effetto di spaesamento delle sue composizioni.
Con Magritte si concretizza la crisi dell'unicità dell'opera d'arte e anche il completo distacco
dell'arte della sua tecnica, sviluppato negli anni Sessanta e Settanta dai movimenti
postavanguardisti.
Si formò nell'Accademia di Bruxelles. E, oltre che come artista, lavorò anche come grafico e
illustratore, elemento che può spiegare la precisione del suo stile, nonché la sua profonda
comprensione della cultura popolare.
Nel 1923 vide Canto d'amore di de Chirico, e resta impressionato dalla sua portata
rivoluzionaria. Da quel momento Magritte si dedica ad enigmi intellettuali, ai quali aggiunge
una buona dose di umorismo nero.

Gli Amanti → Les Amants (1928)


Esistono due versioni realizzate lo stesso anno da Magritte ed esposte in due musei diversi,
la National Gallery of Australia e il MoMA di New York. Nel quadro appaiono un uomo e una
donna che si baciano con i volti coperti da due veli bianchi.
Proprio il fatto che i due volti sono coperti, e quindi impediti nel loro desiderio, genera nello
spettatore una sensazione di inquietudine e di pena. Il fatto poi che i due amanti siano
anonimi e, in un certo senso, raggelati dalla costrizione del velo bianco, dà al quadro una
forza repressa, che lo rende magnetico e per questo così popolare. Infatti, Gli Amanti, è una
delle tele più conosciute di Magritte.
Il bacio appassionato tra i due cela l’impossibilità della conoscenza. Avvolti entrambi in
lenzuoli bianchi – non insieme, come sotto un manto di protezione dal mondo esterno, ma
singolarmente, ciascuno nel suo spazio – gli amanti si sfiorano senza penetrarsi. Vi è
un’antinomia insolubile tra il bacio e l’assenza di sguardo, l’incontro e l’impossibilità di uno
scambio completo. L’uomo e la donna sono amanti segnati dal divieto infrangibile della non
conoscibilità.
Inoltre, vi è un legame forte con il tema della morte, che in questo quadro è unito ad un
senso onirico di timore e vuoto generato dall’impossibile comunione dei due volti. I veli
bianchi richiamano, infatti, il sudario o comunque un panno messo per coprire i volti di due
persone morte.
La stoffa è l’ostacolo, il muro che crea impossibilità di comunicazione. Impedisce lo sguardo,
cancella ogni possibilità di contaminarsi che poi vuol dire aprirsi, mostrarsi, assumersi i rischi
di un incontro profondo con l’altro. A essere nascoste sono le caratteristiche personali, i tratti
somatici, gli sguardi rivelatori. La conoscenza reciproca avviene solo quando vi è la
possibilità per ciascuno di vedersi e definirsi in quanto individui, per comprendere se stessi,
predisporsi a una relazione.
È il destino di un’umanità ancora oggi solcata da muri, che preoccupano più per la loro
essenza che per la propria fisicità. Sono divisori che impediscono la vista prima ancora del
contatto, portatori di una certa idea di morte che si cela nell’impossibilità di comunicazione
che è mancanza di comprensione, arricchimento, coinvolgimento. Con l’altro, certo, ma
anche e soprattutto con se stessi.
È un chiaro richiamo alla morte della madre di Magritte. Suicidio avvenuto quando il pittore
aveva solo quattordici anni, la donna si gettò nel fiume Sambre con una camicia da notte
avvolta sulla testa.
Il rigore classicista dell’opera Gli Amanti, che richiama alcuni quadri di De Chirico, e che si
nota in particolare nel disegno dello sfondo e nel rosso del muro, è in contrasto con la
mobilità dei veli suscitati dai chiaroscuri, che sono l’unica espressione della tensione dei due
amanti.
Riportando le stesse parole del pittore possiamo capire cosa volesse esprime con
quest’opera. Le dichiarazioni sono le seguenti: “C’è un interesse in ciò che è nascosto e ciò
che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere le forme di un sentimento
decisamente intenso, una sorta di conflitto, direi, tra visibile nascosto e visibile apparente.”
Come se descrivesse proprio l’amore che due amanti sono costretti a vivere, tra il visibile e
l’invisibile, un’opera che non tutti possono percepire in modo complesso ed intero.
Lo sfondo è contrastato da un colore molto accesso, il blu, dalla cornice classicheggiante
che riveste la rossa parete, riportando agli occhi i tempi antichi. I drappeggi del lenzuolo
appaiono leggeri ed appena appoggiati sui volti dei due amanti e sono in netto contrasto con
l’architettura rigida che appare accennata in alto a destra.

L’Astrattismo
L'Astrattismo è una delle più dirompenti correnti artistiche del Novecento poiché capovolse
la millenaria concezione dell'arte come "imitatrice della realtà".
Tuttavia, l'Astrattismo non è che la naturale conseguenza di un lungo processo, iniziato nel
Romanticismo, che ha negato via via all'arte il compito di descrivere la realtà esterna per
attribuirle quello di esprimere il sentimento interiore dell'artista.
Questo avveniva con l'Espressionismo, attraverso la proiezione di immagini interiori con
riferimenti al mondo reale, mentre con l'Astrattismo si supera quest'ultimo legame e i
sentimenti dell'artista vengono visualizzati solo attraverso forme, linee e colori.
L'Astrattismo ha forti analogie con la musica, capace di comunicare sensazioni
nell'ascoltatore senza fare ricorso a imitazioni naturalistiche. Allo stesso modo la pittura può
servirsi del linguaggio visivo svincolandosi da ogni riferimento alla realtà.
La parentela tra musica e arte è così forte che i termini specifici delle due forme espressive
si sono scambiati: si parla di suoni chiari o scuri, di colori squillanti etc.
Alcuni musicisti sono arrivati oltre: Alexandr Skrjabin (1871-1915) ha immaginato una
precisa relazione tra suoni e colori (sensazioni coloristiche musicali) tanto da immaginare
un'opera, il "Prometeo, il poema del fuoco" (1911) per suoni e luci colorate (sinestesie) da
eseguire con il "clavier à lumière".

La Metafisica
"Metafisica" è un termine che risale ad Aristotele e significa "oltre la fisica", cioè oltre le cose
visibili.
Oggi il termine indica un movimento artistico nato creato da Giorgio De Chirico e Carlo
Carrà nel 1917 che vuole rappresentare ciò che va oltre l'apparenza fisica, l'essenza intima
della realtà al di là dell'esperienza sensibile.
La pittura metafisica è un altro originale contributo italiano al panorama delle avanguardie
europee dopo il Futurismo. Il maggiore esponente è stato Giorgio De Chirico, oltre a suo
fratello Andrea (noto come Alberto Savinio) e, per un periodo limitato, Carlo Carrà e Giorgio
Morandi.

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