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Antonio Canova

Vita
Antonio Canova è stato uno scultore e pittore italiano, ritenuto il massimo
esponente del Neoclassicismo e soprannominato per questo il "nuovo Fidia",
scultore e architetto greco antico, uno tra gli artisti che meglio interpretarono gli
ideali della classicità greca.
Antonio Canova nasce a Possagno, vicino a Treviso, il 1° novembre del 1757.
Rimane precocemente orfano di padre e, quando la madre si risposa e si trasferisce
in un paese vicino, viene affidato al nonno paterno, Pasino. Poiché il giovane
Antonio dimostra una dote eccezionale per la scultura, attraverso il nonno scopre la
seduzione dello scalpello, quando lo porta con sé per aiutarlo in alcuni lavori che
stava facendo nella villa di Asolo del senatore Giovanni Falier. È lui il suo primo
mecenate, l’uomo che intuisce l’eccezionalità di quel talento. È lui ad intuire che
quel talento ha bisogno di essere coltivato e che nel 1768 lo porta a Venezia nella
bottega di Giuseppe Bernardi, conosciuto da tutti come il Torretti.
A Venezia si compie quindi la sua formazione artistica: Non ci mette molto Antonio
a farsi notare per la sua bravura, ha solo quindici anni quando scolpisce le due
statue di Orfeo ed Euridice. Nel 1779 Antonio può finalmente realizzare il suo
grande sogno: andare a Roma, studiare l’antichità, da Roma, dove comunque ha
deciso di stabilirsi, e proprio a Roma realizza Teseo sul Minotauro, la sua prima
opera di gusto pienamente neoclassico, proprio secondo gli insegnamenti di
Winckelmann l’eroe mitologico non viene rappresentato nel momento furioso del
combattimento e nemmeno in quello esaltante del trionfo.

Disegno
Nelle sue sculture era solito adoperare il marmo bianco che riusciva a rendere
armonioso; le sue figure sembrano quasi avere un proprio movimento, vivere nella
loro immobilità. Rari, e per questo molto ricercati dai collezionisti, i disegni, che
rivelano un artista totale, dotato di una visione assolutamente personale che
anticipava molte delle intuizioni artistiche degli anni a venire. Canova e i suoi
disegni: sia come "primordiale pensiero" dell'opera realizzata ma anche come
"ricordo" di esperienze di vita, di studio e di lavoro.
Teseo e il Minotauro
Teseo e il Minotauro risale al 1781-1783 e fu la prima opera che Antonio Canova
realizzò giunto a Roma. Canova scolpì personalmente Teseo e il Minotauro. Inoltre
durante la realizzazione decise di modificare alcuni particolari come l’arma di
Teseo. Infatti, la scelta se dotare l’eroe di una spada o una clava fu fatta in corso
d’opera.
Teseo siede su una gamba del Minotauro con il busto appoggiato all’indietro. L’eroe
è nudo e solo un telo copre il suo pube e parte della coscia destra. Il protagonista
guarda in basso, verso il Minotauro che giace al suolo privo di vita. Il giovane infine
con la mano sinistra regge Ia pesante clava con la quale ha colpito e ucciso il
Minotauro. Teseo è il simbolo della ragione che ha sconfitto l’irrazionalità
rappresentata dal Minotauro, essere metà uomo e metà animale . Canova ha
rappresentato il fatto dopo il suo compimento. Infatti Teseo ha già lottato con il
Minotauro che è ormai sconfitto. Lo scultore ha quindi scelto di non rappresentare il
momento dell’azione ma quello successivo. La posizione assunta così da Teseo è
vittoriosa ma è priva di tensione e non esprime alcun sentimento di violenza o di
rabbia. Il corpo del giovane è rilassato e la sua mente è sgombra dalla violenza della
passione e dalla furia del combattimento. La posizione assunta da Teseo è quella di un
cacciatore che siede sulla preda appena abbattuta.

Amore e Psiche
Amore e psiche è una delle opere più conosciute di Antonio Canova. Attualmente
esposta presso il Louvre di Parigi, la scultura rappresenta i due protagonisti di una
favola mitologica di Apuleio ed è considerata fra i capolavori più belli di sempre.
Il gruppo marmoreo di Amore e Psiche fu scolpito tra il 1787 e il 1793 da Antonio
Canova, scultore che incarna pienamente il gusto artistico del neoclassicismo, su
commissione del colonnello John Campbell. L’artista trattò questo tema più volte:
scolpì due versioni di Amore e Psiche che contemplano una farfalla, note come
Amore e Psiche stanti (1796) e due di Amore e Psiche giacenti, rappresentate come
figure isolate. Canova riprende le teorie di Winckelmann, archeologo e teorico del
Neoclassicismo, secondo il quale una scultura non deve mostrare i sentimenti e le
emozioni, ma il momento subito prima o subito dopo, quando l’animo è placato.
La scultura si ispira alla favola di Amore e Psiche tratta da L’Asino d’oro di
Apuleio (ll secolo d.C.), tema ripreso frequentemente in epoca neoclassica. I
protagonisti della favola, nonché i soggetti della scultura, sono Amore, figlio della
dea Venere, e Psiche una fanciulla di straordinaria bellezza tale da scatenare
la gelosia della stessa Venere. La dea invidiosa decide di vendicarsi chiedendo aiuto
al figlio Amore. che la portarono a cadere in un sonno profondo. Amore si recherà
allora a risvegliarla con un bacio: quest’ultima è la scena che Canova ha voluto
rappresentare nell’opera. I due soggetti vengono scolpiti nell’attimo prima che le
loro labbra si incontrino in un bacio
Il gruppo scultoreo presenta una complessa geometria compositiva che permette di
osservarlo da diversi punti di vista, quindi non unicamente da quello frontale. I due
corpi formano, quindi, una struttura piramidale alleggerita da una forma
triangolare formata dalle ali di Amore. Il centro della composizione delinea un’altra
costruzione geometrica che consiste in due cerchi intrecciati, disegnati dal
movimento delle braccia dei due amanti. (pasntografo =strumento formato da
quattro asta di metallo che serve a riprodurre all’originale seguendone il contorno)

Venere e Adone
La scultura Venere e Adone fu realizzata da Antonio Canova tra il 1789 e il 1794, su
commissione del marchese Francesco Berio, che la collocò in un tempietto
espressamente realizzato nel giardino del suo palazzo a Napoli. Alla morte del
marchese, l’opera fu acquistata su suggerimento dello stesso Canova dal colonnello
Guillaume Favre. Attualmente si trova a Ginevra presso il Musée d’Art et d’Histoire
L’artista, ancora una volta, sceglie un soggetto appartenente alla mitologia greca.
Adone, crescendo, il giovane raggiunse una così rara bellezza che perfino Venere si
innamorò di lui. Il momento scelto dall’artista è quello del congedo, che si rivelerà
poi essere il preannunciato e ultimo saluto, l’istante prima del compimento
dell’atroce destino. Non è il momento di massimo pathos del racconto, ma quello
che lo anticipa, creando così, secondo i canoni neoclassici, uno stato di assoluto
rigore ed equilibrio.
L’opera si può ritenere il suo capolavoro nel genere “delicato e gentile”, in cui la
concezione winckelmanniana della grazia e del bello ideale, fatta propria
dall’artista, si esprime al più alto grado. La figura predominante del gruppo
scultoreo è quella maschile, più alta, su cui si appoggia Venere come fosse una
colonna. Il dardo che il protagonista stringe con la mano destra è quello che userà
per affrontare la bestia, anche se nel mito non è specificato di quale arma si
trattasse realmente. La sua espressione è dominata da una lieve malinconia, ma
anche da un flebile sorriso come se volesse rassicurare la dea stringendola a sé con
un tenero abbraccio.
Venere è completamente spogliata del suo essere divino ed è percepita come
semplice creatura umana. E’ una donna preoccupata dal presentimento di ciò che
potrebbe accadere, immersa in un senso di protezione che si manifesta in una
dolcissima e delicata carezza sul volto dell’amato. Il cane ai lori piedi, reso con
singolare perspicuità naturalistica, richiama la caccia. Il suo pelo ruvido crea un
contrasto netto con l’epidermide liscia dei due personaggi. Una scena al di fuori
del mito e del divismo dunque, appartenente all’amore terreno.

Ebe
Ebe, figlia di Zeus e di Era, fu per i Greci la personificazione della giovinezza. La
coppiera delle divinità dell’Olimpo è mirabilmente colta nella leggerezza di un
incedere lieve e quasi danzante, riverente e silenzioso, in punta di piedi, con tale
grazia spirituale da esser capace di annullare la gravità del marmo che la trattiene.
Straordinaria è la rappresentazione dell'accenno del movimento che risulta lieve e
garbato. Il tutto è bilanciato dalla torsione del torace e dalla naturalissima apertura
delle braccia.
Il busto è nudo, mentre la parte inferiore è ammantata in un drappo. Il corpo,
animato da un'indefinibile forza interiore, sembra avvolto dal vento leggero e
impercettibile che agita vivacemente la veste, scomponendo anche l'elegante
acconciatura raccolta in un diadema.
Il bel volto perfettamente ovale è incorniciato delicatamente dai riccioli.
La capacità di rendere la plasticità del corpo ci fa dimenticare di trovarci difronte ad
una statua in marmo che ci sembra piuttosto una fugace apparizione divina .
Canova diede vita a una creazione in cui si incarna perfettamente l’ideale
neoclassico del Bello. Raggiunse in questo modo una fra le più elevate
interpretazioni dell’idealismo estetico, sfiorando vertici di puro lirismo.

Paolina Borghese
Scolpita da un unico blocco di purissimo marmo di Carrara, la statua di Paolina
Bonaparte come Venere vincitrice emerge al centro della sala 1 della Galleria
Borghese di Roma. Antonio Canova aveva cominciato ad occuparsi dell’opera già
nel 1804, su commissione del principe Camillo Borghese. Era l’anno
dell’incoronazione del fratello di lei, Napoleone Bonaparte, ad imperatore. Proprio
la scultura della sorella sarebbe diventata uno dei principali simboli dell’ascesa
politica dei Napoleonidi in Europa.
La donna, su sua personale richiesta, venne rappresentata nella posa e
nell’atteggiamento solitamente dedicati a Venere, la dea greca della Bellezza,
come racconta il celebre mito, attraverso una sorta di concorso, Paride scelse la più
bella tra le dee premiandola con un pomo d’oro. Il corpo e la sua stessa posa,
inoltre, riflettono alcuni modelli compositivi antichi, specialmente del periodo
augusteo. La donna, infatti, è languidamente distesa su un’agrippina, ovvero una
poltrona allungata e fornita di un unico bracciolo, sul quale appoggia il braccio
destro.
Il busto è eretto e completamente nudo, mentre la parte inferiore è semicoperta
da una veste leggera, che rende la donna pudica e sensuale al tempo stesso e
carica la statua di un forte erotismo. Curiosa, infatti, l’atmosfera di scandalo che
suscitò all’epoca l’ipotetica posa nuda nello studio dell’artista.
Il volto è idealizzato, perfetto nella sua concretizzazione, e sembra rivolgere lo
sguardo direttamente allo spettatore che la sta ammirando. Le fattezze divine la
innalzano al di fuori di ogni realtà terrena: è restituita alla dimensione umana solo
grazie alla presenza del braccialetto sul polso destro, del nastro sui capelli e a una
speciale patina rosa che Canova applicò sulle parti epidermiche per imitare il colore
dell’incarnato e conferirle una lieve parvenza di vita.
Ai cuscini e al divano, riccamente dettagliati, è conferita nel loro insieme una
realistica ed invitante morbidezza, mentre l’intera struttura gode di un meccanismo
che le permetteva di ruotare.

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