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PITTURA MURALE:
Le stanze erano affrescate dal pittore Fabullo, i cui colori erano vivaci e
luminosi, e il bianco era il colore dominante. L'oro, le pietre preziose, i marmi
e i mosaici attribuivano all'edificio una ricchezza di decorazioni accecante.
Erano quindi rappresentati sulle pareti e sui soffitti a volta paesaggi, animali,
trofei e scene mitologiche.
Le sale da pranzo avevano soffitti coperti da lastre di avorio mobili e forate in
modo da permettere la caduta di fiori e di profumi: i bagni erano forniti di
acqua marina e solforosa. Si racconta che gli architetti Celere e Severo
avessero creato anche un ingegnoso meccanismo, mosso da schiavi, che
faceva ruotare il soffitto della cupola come i cieli dell'astronomia antica,
mentre veniva spruzzato profumo e petali di rosa cadevano sui partecipanti al
banchetto, petali in tali quantità che procurarono un malore ad un ospite.
Come quanto denotato dal video, vi è una presenza di tutti e quattro gli stili
pittorici.
Grottesche: Le grottesche sono un particolare tipo di decorazione
pittorica parietale, che affonda le sue radici nella pittura romana di
epoca augustea e che fu riscoperto e reso popolare a partire dalla fine
del Quattrocento.
La decorazione a grottesca è caratterizzata dalla raffigurazione di
esseri ibridi e mostruosi, chimere, spesso ritratte quali figurine esili ed
estrose, che si fondono in decorazioni geometriche e naturalistiche,
strutturate in maniera simmetrica, su uno sfondo in genere bianco o
comunque monocromo.
Le figure sono molto colorate e danno origine a cornici, effetti
geometrici e intrecci, ma sempre mantenendo una certa levità e
ariosità, per via del fatto che in genere i soggetti sono lasciati minuti,
quasi calligrafici, sullo sfondo. L'illustrazione prevalentemente
fantasiosa e ludica, non sempre persegue una funzione puramente
ornamentale, ma riveste talvolta anche uno scopo didascalico ed
enciclopedico, riproducendo inventari delle arti e delle scienze o
raffigurazioni a carattere eponimo.
Il nome, come spiega Benvenuto Cellini nella sua autobiografia, deriva
dalle grotte del colle Esquilino a Roma che altro non erano che i resti
sotterranei della Domus aurea di Nerone, scoperti nel 1480 e divenuti
immediatamente popolari tra i pittori dell'epoca che spesso vi si fecero
calare per studiare le fantasiose pitture rinvenute. Tra questi vi furono
Filippino Lippi, il Pinturicchio, Raffaello, Giovanni da Udine, il Morto da
Feltre, Bernardo Poccetti, Marco Palmezzano, Gaudenzio Ferrari e altri
che in seguito diffusero questo stile dando vita a quella che il Longhi
definisce la "curiosa civiltà delle grottesche”.
STATUARIA:
Ovunque erano presenti sculture di artisti famosi, tra cui alcune di
Prassitele o i famosi gruppi pergameni come quello dei Galati (dei
quali ci sono pervenute le copie in marmo: il «Galata suicida» e il
«Galata morente»), depredati da Nerone durante il suo viaggio in
Grecia ed Asia.
La statua del gruppo del Laocoonte fu trovata il 14 gennaio del 1506
scavando in una vigna sul colle Oppio di proprietà di Felice de Fredis,
nelle vicinanze della Domus Aurea di Nerone: l'epitaffio sulla tomba di
Felice de Fredis in Santa Maria in Aracoeli ricorda l'avvenimento.
Fu sistemata nel posto d'onore nel Museo del Louvre dove divenne una
delle fonti d'ispirazione del neoclassicismo in Francia. Con la
Restaurazione, fu riportata in Vaticano nel 1815, sotto la cura di Antonio
Canova e nuovamente restaurata.
Nel 1906 l’archeologo praghese Ludwig Pollak] rinvenne fortuitamente il
braccio destro originario di Laocoonte nella bottega di uno scalpellino
romano, che si presentava piegato, come Michelangelo aveva
immaginato.