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GRAZIA E MOVIMENTO: PRASSITELE, I MAESTRI DEL MAUSOLEO E LA PITTURA (capitolo 16)

Nel IV secolo nasce un improvviso interesse per momenti di pensosa intimità, per dei corpi che assomigliano di più ai reali, con pose languide e una particolare caratterizzazione degli stati d'animo. In scultura, la tarda età classica ha due
protagonisti: Prassitele, maestro della grazia per le sue figure molto sensuali (il primo in Grecia a scolpire un nudo femminile integrale, Afrodite Cnidia) e Scopa, maestro del pathos, con figure drammatiche animate passioni profonde.
Nascono anche nuovi modi di rappresentare gesti ed espressioni con lo studio del colore, luce e prospettiva.
PRASSITELE E LA GLORIA DEL MARMO
Prassitele fu molto abile con il marmo. I suoi soggetti erano adolescenti e figure femminili, anche del tutto nude. Anche le divinità erano più vicine ai uomini, colte in momenti vulnerabili.
Le sculture erano sorrette da un supporto laterale che accentuano la posizione rilassata. Prassitele ama far dipingere le statue in marmo da Nicia, grande pittore ateniese.
L'AFRODITE CNIDIA
Realizzata intorno al 360 a.C. per il santuario di Afrodite a Cnidio. La dea ci appare nuda, spogliata perché o sta per entrare in acqua o è appena uscita e sta per vestirsi. Ha le ginocchia accostate e la mano sinistra copre l'inguine, in segno di
vergogna. La figura sembra ruotare verso sinistra, movimento che da una flessuosità.
L'APOLLO SAUROCTONO
Plinio il Vecchio racconta che si chiamasse così perché “Apollo che uccide la lucertola” e l'originale rappresentava un giovane che uccide da vicino una lucertola. La figura è costruita lungo un asse obliquo e il dio ha la gamba sinistra molto
rilassata, un pugnale nella mano destra. La scena è all'aperto.
HERMES CON DIONISO FANCIULLO
Questa è un'opera sopravvissuta fino ai giorni nostri: nel 1877 le rovine di Olimpia rivelarono una statua che rappresenta Hermes con un Dioniso fanciullo nel santuario di Hera. Zeus ha dato il figlio nato da un tradimento ad Hermes per
nasconderlo alla moglie.
La scultura rappresenta una pausa dalla fuga: hermes lo tiene in braccio e gli fa vedere forse un grappolo d'uva e lo asserva attentamente. La pelle liscia, il modello di capelli pastoso sono caratteristiche di Prassitele.
SCOPA E I MAESTRI DEL MAUSOLEO LA MENADE DANZANTE
Fu la replica di una scultura scolpita intorno al 335-330 a.C.
Secondo Callistrato, Scopa fu in grado di mostrare un soffio divino al marmo. La giovane danza, scossa dall'ebbrezza. Il chitone leggero con la cintura alla vita si apre mostrando le forme sensuali. La testa è gettata all'indietro con una
chioma scomposta. Gli occhi erano aperti e persi. È mutila delle braccia ma sembra stesse compiendo un sacrificio, una mano per il capretto e l'altra per il coltello.
L'APOLLO DEL BELVEDERE
È oggi conservato ai Musei Vaticani e si pensa sia una ripetizione di un prototipo creato da Leocare intorno al 330-320 a.C.
Il giovane dio, dal corpo esile e snello indossa solo i calzari e un mantello che avvolge il braccio sinistro. La mano sinistra reggeva un arco perduto con cui aveva scoccato una freccia. Sul petto abbiamo il balteo. Tutto il peso è sulla gamba
destra mentre quella sinistra è appoggiata solo sulla punta.
Il dio si materializza improvvisamente sulla terra con un gesto teatrale.
MAUSOLEO DI ALICARNASSO (sepolcro monumentale)
377 a.C.
Misurava oltre 40 metri d'altezza e composto da uno zoccolo alto di quasi 20 metri con tre gradoni.
Sopra il tempio si ergeva un tronco di piramide a gradoni, coronato dalla quadriga del satrapo. L'insieme era di elementi orientali, l'innalzamento della tomba su un podio, piramide a gradoni e una decorazione con maestranze greche.
CAPITOLO 17: L'ARTE IN MACEDONIA
L'IMPATTO DIROMPENTE DI ALESSANDRO SULLA CULTURA
LA TOMBA DI FILIPPO II
La necropoli di Verghina è particolare a causa della presenza di sovrani macedoni e i loro familiari ed offre informazioni sui loro riti funerari e la cultura materiale del tempo.
Li possiamo trovare anche l'ipotetica tomba di Filippo II, nella seconda metà del IV secolo a.C.
La facciata ha una sobria simmetria.
Al centro la porta è in marmo affiancata da due semicolonne doriche che sorreggono una trabeazione. Questa ha un fregio dipinto lungo 5 metri, con scene venatorie in un paesaggio campestre.
Al centro ci sono due cavalieri, Filippo e Alessandro che stanno uccidendo un leone ed intorno a loro troviamo uomini a piedi, accompagnati dai loro cani che danno la caccia ad un cinghiale, ad un orso e a un cervo.
PROSPETTIVA E MOVIMENTO
Il motivo dei cavalli rampanti che aiutano a creare una prospettiva migliore ricompare nella decorazione pittorica del trono di marmo collocato nella camera funeraria della tomba di Euridice.
Sulla spalliera del trono abbiamo Ade e Persefone, sovrani degli Inferi su un carro trainato da due coppie di cavalli bianchi e bruni. Impennandosi in posizioni opposte, i cavalli vanno a formare un varco proprio al centro della composizione.
Anche la tomba di Persefone ha la stessa caratteristica: Ade lancia il carro in una corsa tumultuosa mentre con il braccio tiene per la vita la futura moglie che mezza nuda e con i capelli al vento, lotta per sottrarsi dal suo tocco.
SCENE DI CACCIA
È un tema ereditato dalla tradizione macedone e che sembra essere stato molto caro ad Alessandro, elaborato molto dagli artisti della sua corte.
Il tema della caccia era lo sport per eccellenza, sempre presente.
Il mosaico in ciottoli di fiume da un'abitazione di Pella, la casa di Dioniso: ciottoli colorati di forma regolare, fissati su un letto di malta e disposti a raffigurare il momento in cui il soldato Cratero ha salvato la vita di Alessandro durante una
caccia al leone presso Susa, in Persia. Caccia al leone, Sarcofago di Alessandro, realizzato da un re fenicio nel fine IV secolo a.C. È una sorta di tempio funerario con una cassa sormontata da un tetto a doppio spiovente abbellito da acroteri e
gocciolatoi. Un un lato la battaglia tra Greci e Persiani e nell'altro uomini vestiti alla greca che collaborano nel comuno sforzo di abbattere un leone e un cervo.
IL NUOVO CANONE DI LISIPPO
Al tempo di Alessandro, l'arte era un prodotto su commissione e le novità non erano improvvise creazioni di genio ma il frutto di un complesso equilibrio tra i voleri del committente, l’abilità e l'audacia dell'artista, le convenzioni legali
legate al soggetto e al genere.
Il bronzista Lisippo seppe rinnovare i canoni della propria arte. Ha raggiunto la maturità proprio sotto Alessandro e ne è diventato il ritrattista ufficiale.
Il rapporto tra il corpo umano e lo spazio è centrale nella ricerca artistica.
Eros che tende l'arco, in cui il potenziale della torsione è sfruttato per raggiungere nuovi effetti di tridimensionalità.
L'APOXYOMENOS
“Si deve imitare la natura, non un artista”.
Di questa statua conosciamo varie repliche in marmo, la più celebre è quasi integra nei Musei Vaticani.
L'atleta è colto in un momento della vita quotidiana: quando al termine della gara si deterge con lo strigile, uno strumento ricurvo utilizzato per raschiare il sudore dalla pelle.
La figura è slanciata, membra snelle e capo più piccolo.
Braccia tese in avanti con rotazione lieve del bacino che impedisce la visione totale del busto.
L'ERCOLE FARNESE
Licippo non si concentra solo sul nudo artistico ma anche sugli dei.
L'Ercole farnese è firmato da Glicone, considerato la replica di un capolavoro in bronzo.
Le proporzioni sono alterate in larghezza per rendere ancora più impressionante la sovrumana muscolatura dell'eroe. Sembra spossato e incapace di reggere il proprio corpo che poggia sulla clava.
Ha completato le sue imprese, incominciate con l'uccisione del leone di Nemea e terminate con il furto dei pomi delle Esperidi che tiene strette sulla mano destra celata dietro la schiena. Sembra immerso in malinconiche espressioni.
L'IMMAGINE DI ALESSANDRO
UNA NUOVA CONCEZIONE DELL'ARTE
Numerosi ritratti di Alessandro nei diversi scenari di regalità: impegnato nella battaglia o nella caccia, in gruppi familiari, in allegorie del potere e della sua origine divina.
Lisippo sarebbe stato anche autore di due importanti gruppi in bronzo: uno che rappresenta il re in combattimento nell'epica battaglia del fiume Granico e l'altro dedicato alla caccia al leone in Siria, dove il sovrano ebbe salva la vita grazie al
fido Cratero.
Apelle ha dipinto un quadro “Portatore di fulmini” attribuendogli attributi divini e assimilandolo in buona sostanza a Zeus.
IL MOSAICO DELLA CASA DEL FAUNO A POMPEI
Ad Apelle o a un altro maestro si attribuisce il dipinto originale che deve aver ispirato il celebre mosaico con una battaglia tra Alessandro e Dario III, re dei Persiani, rinvenuto nella casa del fauno a Pompei.
Creato nel II secolo a.C. con una tecnica detta opus vermicolatum, troviamo riassunti tutti gli elementi distintivi dell'immagine di Alessandro Magno.
Lo scontro vede contrapposti Alessandro sulla sinistra e Dario che è in ritirata sul suo carro, disperato alla vista dei suoi uomini travolti dall'avanzata impetuosa di Alessandro. Questo è lanciato al galoppo del suo cavallo, con i capelli
scomposti e gli occhi spiritati a indicare l’intensità dell'azione e dell'ispirazione.
La profondità della scena è resa anche dall'albero spoglio sullo sfondo, dalle armi cadute a terra e dai corpi di scorcio di uomini e animali.
La luce crea ombre lunghe sul terreno e brilla sulla corazza metallica di Alessandro.
L'ACROPOLI DI PERGAMO
Affacciato sulla piana del fiume Caico e purtroppo assai mal conservato.
Resasi indipendente fin dai primi decenni del III secolo a.C. Sotto la dinastia degli Attalidi, Pergamo intraprese un'ambiziosa politica di espansione a danno dei popoli vicini, i Galati d'Asia, tribù celte.
Dopo le vittorie sui Galati, il re Attalo I si dedicò a un programma di rinnovamento urbanistico.
I sovrani attalidi modificarono l'antica cittadella.
La cresta del monte a nord aveva le strutture militari e la residenza del sovrano mentre verso sud avevano i templi, i teatri, l'agora, i lunghi edifici, la biblioteca e il palazzo.
L'ALTARE DI PERGAMO
Il massimo esempio del Barocco pergameno è rappresentato dal “Grande Altare” dedicato sull'acropoli di Pergamo a Zeus Soter e Atena Nikephoros, eretto sotto Eumene II di cui abbiamo solo pochi resti.
Era una piattaforma monumentale sopra un podio massiccio con due proiezioni a inquadrare un'ampia scalinata d'accesso.
C'era uno spazio centrale dov'era il posto il vero altare per i sacrifici, cinto da un portico ionico.
Su tutto il recinto esterno correva un fregio lungo 120 metri raffigurante la Gigantomachia. Il rilievo profondo (quasi 30 centimetri) stacca le figure dallo sfondo.
La lotta tra dei e giganti è segmentata in una sequenza di monomachie. Ciascuno dei combattenti è identificato da un nome per rendere riconoscibili anche personaggi minori che avevano un ruolo poco importante al di fuori dei dotti.
Le figure si affollano a riempire tutto lo spazio dei panelli, alti oltre 2 metri, strabordando talora fuori dal listello di base.
Il fregio nei pannelli del lato orientare hanno come protagonista Atena che afferra per i capelli un gigante alato, Alcioneo, dalla muscolatura tesa e rigonfia che cerca di resistere alla presa puntellandosi al suolo con il ginocchio.
Il volto, con la bocca semiaperta e gli occhi sgranati, è una maschera di dolore.
Poco più a destra emerge dal profondo Ghé, la Terra che volge lo sguardo al cielo in un'espressione di vana supplica, accentuata dal braccio destro levato verso l'alto.
Un secondo fregio di dimensioni minori si trova sulle pareti interne del portico, intorno al cortile centrale. Questo fregio dimostra come gli scultori sapessero usare diversi registri stilistici, a seconda del soggetto da affrontare.
Qui è rappresentato il mito di Telefo, figlio di Eracle e considerato progenitore della stirpe degli Attalidi.
Le differenze con la Gigantomachia sono molto grandi come ben rivela la sezione miglior conservata, quella in cui l'eroina Auge, madre di Telefo, sta per essere abbandonata in mare sulla scialuppa che la porterà a Pergamo.
I personaggi non riempiono tutto il campo disponibile in altezza, ma lasciano spazio a elementi del paesaggio.
La riduzione della profondità del rilievo per le figure in secondo piano restituisce il senso della profondità.
La storia di Telefo è costruita come una narrazione continua, dipanandosi in episodi successivi, nei quali ritorna il protagonista.
La narrazione del ciclo di Telefo è straordinariamente complessa e chi non fosse stato al corrente delle tradizioni mitiche locali avrebbe incontrato notevoli difficoltà a decifrarne il soggetto.
CAPITOLO 19: LA SCULTURA: NUOVI TEMI, NUOVI CORPI (cadaveri eheehe).
Cambia il modo di osservare e rappresentare il corpo umano. Questo cambiamento di prospettiva è evidente soprattutto nella scultura: ora i corpi e i volti denunciano con immediatezza i sentimenti, anche quelli estremi: sofferenza, terrore,
entusiasmo, desiderio. Dell'anatomia umana, la scultura ellenistica esplora ogni declinazione come immagini di bambini, di vecchi decrepiti, stranieri da inconsueti tratti somatici.
GLI ATLETI
Il ruolo dell'atletismo e delle grandi competizioni panelleniche è radicalmente mutato rispetto al mondo classico perché con la perdita della polis, vanno perdute quelle tradizioni che
rendevano grandi queste persone. Ma comunque l’attività atletica sembra aver avuto un seguito straordinario nel mondo ellenistico.
L'ATLETA DI FANO
Questa statua è uno dei capolavori della bronzistica antica.
Gli occhi in pietre dure o vetri colorati sono andati perduti, mentre si sono conservati i rosei capezzoli in rame.
Il giovane, stante, solleva la mano il braccio destro per posare sul capo la corona della vittoria per levarla e consacrarla agli dei.
Ha un volto inespressivo, comunica una condizione di estrema spossatezza e rende con immediatezza lo stato d'animo dell'atleta al termine dello sforzo.
IL PUGILE SEDUTO
La stanchezza dell'atleta è meglio messa in scena dal pugile seduto, statua trovata a Roma. Capiamo la sua professione da quello che indossa, mani e avambracci avvolti nei cesti, sorta di guantoni realizzati con strati di pelle e rinforzati nelle
nocche.
È un veterano del lavoro e sembra essere in attesa del prossimo avversario.
La muscolatura è rilassata, spalle massicce incurvate.
Il naso largo ha segni di tante fratture, orecchie molto gonfie per i tanti colpi subiti.
Le labbra sono in rame mentre gli occhi in pietra o vetro devono conferire al volto un'espressione ancora più intensa.
GLI UOMINI D'INTELLETTO
Con Alessandro era nata l'esigenza di creare la fisionomia degli individui, cercando di trovare i tratti salienti psicologici e fisici, mostrando anche i sentimenti delle persone, riuscendo così a catturare l'attenzione dell'osservatore.
Filosofi, oratori, poeti per la prima volta sono caratterizzati come tali, nel loro ruolo di intellettuali.
IL RITRATTO DI CRISIPPO
I ritratti dei filosofi sono costruiti con lo scopo di mostrare la perfetta coincidenza tra vita e insegnamenti. Ciò non stupisce se pensiamo che il tema fondamentale delle filosofia ellenistica era proprio l'etica.
Per esempio, nel ritratto di Crisippo abbiamo il vecchio filosofo che è assorto nella fatica di pensare e spiegare. È seduto su una panca scomoda, malamente coperto da un rozzo mantello, in cui si avvolge per ripararsi dal freddo. Il filosofo
tende la mano per sostenere le proprie tesi e per farsi capire meglio spinge avanti anche la testa e strizza gli occhi piccoli e scrutatori.
IL RITRATTO DI DEMOSTENE
Per oratori e politici invece si preferisce un ritratto più sobrio e sorvegliato, maturo e saggio. La statua creata intorno al 280 a.C. è un perfetto esempio di ritratto di ricostruzione poiché rappresenta Demostene come un uomo animato da
un'accesa passione politica.
Demostene indossa l'himation, sguardo rivolto verso il basso, espressione corrucciata e labbra strette.
SCENE DI GENERE: si va ad esplorare una zona mai vista prima, gli individui ai margini della società, i popolani e i reietti che mai fino ad allora erano entrati nel repertorio artistico figurativo. Tutte queste immagini appartengono alla
categoria di “scene di genere”.
LA VECCHIA UBRIACA
La vediamo accasciata a terra, che stringe tra le gambe una grande fiasca di vino che afferra con entrambe le mani in un gesto bramoso. Ha un corpo molto anziano: le rughe sono note dalle lunghe pieghe.
L'abito lungo ed elaborato ci fa pensare ad una donna di discreti mezzi economici e la spalla nuda sottolinea lo stato di ebbrezza della donna e l'attrattiva erotica di essa.
La testa ricade all'indietro, lasciando spazio ad una bocca spalancata in una risata e vediamo che lo stato miserevole della donna ci porta ad avere compassione di lei e a domandarci cosa l'abbia portata in quello stato. La fiasca ha delle foglie
d'edera (simbolo di Dioniso).
IL VECCHIO PESCATORE (noto anche come Seneca morente)
L'anziano è ingobbito e malfermo, indossa solo un misero straccio intorno al pube. La statua è in marmo, cioè di colore grigio scuro e tanto tempo dopo fu interpretata come la figura di Seneca che, costretto al suicidio di Nerone, morì
tagliandosi le vene.
La figura fu restaurata poi con una vasca dal ripiano in porfido, a imitazione del sangue. Scoperte successive hanno permesso di respingere quest'ipotesi, suggerendo piuttosto che si tratti di un anziano pescatore, simile a quello raffigurato
sulla tazza con scene campestri cantata dal poeta ellenistico Teocrito.
Il pescatore reggeva un cestino e nell'altra una lenza per pescare. Il colore scuro è per la pelle cotta al sole.
UN'ARTE PER I SENSI
IL PAVIMENTO NON SPAZZATO
L'arte ellenistica rivela un uovo interesse per tutto ciò che è umano: il lato oscuro dell'esistenza ma anche le piacevolezze della vita.
Di questa celebrazione giocosa è testimone una tipologia di decorazione pavimentale a mosaico, il pavimento non spazzato, un tema decorativo che secondo Plinio il Vecchio fun inventato da Sosos. Abbiamo una distesa di alimenti come
pesci spolpati, gusci di mollischi, resti di frutta e verdura.
AFRODITE ACCOVACCIATA E AFRODITE DI MILO
Afrodite è raffigurata in statue che ne accentuano la sensualità come mai era accaduto prima di allora, invitando l'osservatore sulle forme morbide.
Massima intimità e vulnerabilità: nuda, ha appena finito il bagno e nonostante la posa modesta lascia che i nostri occhi possano vedere le pieghe del suo corpo, indugiando sulle sue curve.
Al profilo chiuso come un guscio si contrappone il ricco gioco chiaroscurale del vente solo in parte nascosto dalle gambe.
Stessa cosa vale per Afrodite di Milo, con la contrapposizione che si va a formare tra i seni scoperti insieme al ventre e le parti intime nascoste.
LE FIGURE INFANTILI
Una folla di altri personaggi associati al corteggio sono protagoniste dell'immaginario ellenistico: ninfe, menadi, satiri, sirene.
La rappresentazione di Eros così come la conosciamo è un infante paffuto e birichino, pronto a trafiggere uomini e dei con le proprie frecce tentatrici.
C’è un'immagine di fanciullo giocoso destinata a un'enorme e durevole fortuna. Questa evoluzione è legata alla curiosità per la fisionomia e psicologia dei bambini.
(Fanciullo che strozza un'oca).
IL FAUNO BARBERINI
Anche il sonno, un momento in cui la persona è vulnerabile, incapace di controllarsi, diviene soggetto privilegiato e possiamo vederlo nel Fauno Barberini, chiamato così dal nome della potente famiglia romana che lo possedeva fin dal XVII
secolo: è un satiro addormentato. L'opera apparteneva agli arredi di un santuario, in Grecia, prima di essere trasportata a Roma, forse come un bottino di guerra.
Il satiro ha una posa sfrontata e provocante ma è riverso sulla roccia in posizione precaria, equilibrio difficile da mantenere.
Volto corrucciato, tratti grossolani tipicamente satireschi che fanno capire che non sia un sonno leggero e rilassato.
La corona d'edera intrecciata ai capelli lunghi e spettinati, la piccola coda, una pelle animale stesa sulla roccia.
L'ERMAFRODITO ADDORMENTATO
Il personaggio si presenta come una ragazza formosa, sprofondata in un sonno ristoratore. Una lieve rotazione dei fianchi mette in mostra le sue morbide curve. Forse da qui capiamo che possa essere un'eroina o Arianna ma in realtà il
personaggio solleva e ruota i fianchi per dar sollievo al suo membro eretto.
È quindi l'ermafrodito della duplice sessualità di Hermes e Afrodite, dorme il sonno agitato di chi è incapace di contenere la propria esuberanza.
CAPITOLO 20: LA KOINÉ ELLENISTICA
LA DIFFUSIONE DELLA CULTURA GRECA
Il periodo ellenistico porta ad una forte attività di scambi commerciali senza precedente. Nasce nello stesso periodo anche la lingua della koiné, un linguaggio comune in tutte le sfere della comunicazione.
IL MERCATO DELL'ARTE
IL CARICO DEL RELITTO DI ANTICITERA
Per capire meglio questi scambi commerciali, parliamo del carico di un vascello affondato al largo di Anticitera, un isolotto disabitato a sud del Peloponneso.
Una forte tempesta deve aver causato intorno al 75-50 a.C. Il naufragio di questa robusta nave da carico dalle capacità di circa 300 tonnellate
Qui dentro ci troviamo pezzi di vasellame di fattura siro-palestienese, pergamena e tesoro di monete, anfore, mobilio pregiato.
Ci troviamo anche il meccanismo di Anticitera, una sorta di astrolabio tramite il quale era possibile calcolare la posizione dei corpi celesti e stabilire determinate indicazioni astronomiche relative al calendario.
IL GRUPPO DEL LAOCOONTE
Rinvenuto nel 1506 sul colle Oppio e dichiarato da Michelangelo un portento d'arte.
L'opera raffigura un episodio della guerra di Troia.
Laocoonte è il sacerdote troiano che capì l'inganno del cavallo di Troia e si oppose al suo ingresso in città. In questa maniera si attirò la vendetta divina sottoforma di due serpenti che lo assalirono mentre stava celebrando un sacrificio con i
figli.
Il sacerdote sta lottando con tutte le sue forze, come possiamo vedere dal busto ruotato nel tentativo di sottrarsi dalla stretta e gli arti tesi in direzioni opposte, il volto dipinto dalla sofferenza e disperazione.
I GRUPPI SCULTOREI DALLA VILLA ROMANA DI SPERLONGA
Il gruppo delle Laocoonte è stato menzionato anche da Plinio il Vecchio il quale dice di aver visto l'opera nella casa dell'imperatore Tito e ne parla come un'opera bellissima, creata da tre sommi artefici: Agesandro, Atenodoro e Polidoro.
Il settore più interessante del complesso è un'ampia grotta naturale affacciata sul mare, con una vista superba sul promontorio del Circeo.
Troviamo qui “Gruppo dell'accecamento di Polifemo” dove Ulisse e i suoi compagni si avvicinano alla chetichella al ciclope ubriaco per forare il suo unico occhio.
CAPITOLO 22: GLI ETRUSCHI, I SIGNORI DEL TIRRENO 1. ORIGINE E LINGUA MISTERIOSA
La ricchezza e varietà della produzione artistica etrusca è lo specchio di una società avanzata sotto il punto di vista politico ed economico. Dalla seconda metà del VII secolo a.C., i Tirreni erano i protagonisti delle rotte commerciali
mediterranee.
La lingua degli Etruschi è assai complessa, basata su un alfabeto di origine greca però con un sistema diverso di suoni. Abbiamo come esempio le brevi iscrizioni.
Il più esteso di questi testi è il Liber Linteus, un libro di lino, chiamato proprio perché scritto su un drappo di lino: una sorta di calendario liturgico, con date e prescrizioni per i sacrifici agli dei rinvenuto in Egitto. Non sappiamo in che
circostanze sia arrivato in Egitto ma quando questo drappo non fu più utile, venne ridotto in strisce e impiegato da un imbalsamatore per avvolgere una mummia.
2. IL PAESAGGIO URBANO
Il paesaggio dell'Etruria era segnato dall'occupazione a scopo agricolo. Nelle campagne, i lotti destinati alle coltivazioni erano delimitati con cura, seguendo riti antichi e complessi basati sull'osservazione del cielo e sulla divinazione.
Numerose città fortificate controllavano pianure e passi montani.
Le città degli Etruschi non formavano uno Stato unitario ma avevano unità politicamente autonome che comunque erano spesso in conflitto.
LE FORTIFICAZIONI
Nel periodo di massima espansione, tra il VI e V secolo a.C. ci furono dei grandi cambiamenti.
Le città vennero dotate di imponenti fortificazioni, costruite a secco con blocchi parallelepipedi (tecnica isodoma) oppure sagomati in forma di poligoni irregolari (opera poligonale).
Le porte d'accesso assunsero proporzioni monumentali, grazie all'uso dell'arco, già noto ai Greci ma che gli Etruschi seppero usare meglio l'elemento, costruendo strutture più leggere ed economiche.
I blocchi, conci, di forma trapezoidale, sono disposti a semicerchio. Il loro peso è scarico sul piano d'imposta e sui piedritti.
FONDAZIONE DI NUOVE CITTÀ
L'area della città era chiusa, compatta e protetta dagli dei. Con un aratro trainato da buoi si tracciava così il perimetro delle mura.
IL SITO DI MARZABOTTO
Questa pianura si trova a Bologna, fondata intorno al VI secolo a.C. in un punto chiave per la penetrazione commerciale etrusca nel bacino del Po.
L'arteria maggiore che prendeva l'intero abitato da nord a sud si sviluppava per 15 metri, con marciapiedi laterali per pedoni. Parallela alla strada c'era una canaletta di scolo per le acque. Le necropoli non erano molto lontane dalla città.
Abitazioni addossate l'una all'altra, formando isolati compatti, con pareti a graticcio create dall'intreccio di pali di legno e canne, coperti da tetti displuviati, sottolineando così uno stile di vita sociale e politico evoluto.
Le case avevano lo stesso schema, riprendendo alcune cose dai Romani: lungo corridoio d'ingresso, atrio con un pozzo di raccolta dell'acqua piovana e principale ambiente di ricevimento.
LA LINGUA DEGLI DEI
LA RELIGIOSITÀ E LA DIVINAZIONE
La religione etrusca aveva il concetto di geografia sacra, secondo il quale le città e le campagne erano percorse sempre da entità supernaturali.
Il mondo degli Etruschi era governato da potenze divine che avevano spesso scopi ostili. Ai sacerdoti venne dato il compito di interpretare i disegni attraverso la pratica della divinazione che prevedeva la lettura dei fenomeni atmosferici o
dei comportamenti animali e, soprattutto, l'esame delle viscere delle vittime sacrificali. Di quest'ultimo ci è rinvenuto un manufatto in bronzo nell'800: un modello di un fegato ovino, una guida all'esame dell'organo.
IL TEMPIO ETRUSCO
I templi erano semplici, in legno e mattoni con decorazioni in terracotta. Abbiamo delle immagini solo grazie ai resti di alcuni basamenti in pietra, modellini in terracotta e le descrizioni dettagliare di Vitruvio.
L'edificio dominava l'ambiente circostante grazie all'alto podio in muratura, accessibile attraverso una gradinata di scale sulla fronte. Il podio serviva a garantire la stabilità della struttura e la sacralità rispetto all'abitato e alla campagna.
Manca ogni forma di peristasi.
Le colonne appartengono all'ordine tuscanico: erano montate su una base, con fusto liscio e rastremato verso l'alto.
Il tempio aveva molte decorazioni fittili, in terracotta, spesso policromi.
Portonaccio a Veio ha terracotte di età tardo arcaica.
Le estremità dei coppi sui lati lunghi degli spioventi erano rivestiti da antefisse, elementi decorativi plasmati a mano e dipinti, con teste di Gorgone, menade e sileno entro cornici a conchiglia.
La figura meglio conservata è quella di Apollo: incede rapido, forse per contendere a Eracle la cerva di Cerinea dalle corna d'oro.
L'influenza ionica c’è nella capigliatura elaborata e nel volto illuminato dal tipico sorriso. Solo in rari casi i frontoni etruschi erano decorati e uno dei pochi esempi è nel tempio di Apollo in Scasato , presso Falerii: ciclo statuario in terracotta
dominato dalla figura di Apollo, anche qui concepito secondo i modelli dell'arte contemporanea greca.
IL TEMPIO DI TINA VICINO A TALAMONE
A circa 150 anni risale la decorazione scultorea del tempio dedicato a Tinia.
Il timpano era chiuso da grandi lastre fittili a rilievo che mettono in scena il mito greco dei sette contro Tebe: Edipo, l'eroe, è in mezzo in ginocchio e leva le mani al cielo in una supplica disperata mentre i suoi figli sono intorno a lui e sono
feriti.
4. LE CITTÀ DEI MORTI DIMORE PER L'ALDILÀ
Le divinità infernali avevano un ruolo fondamentale. Oltre ad Ade, noi conosciamo anche Vanth, alata messaggera della morte e Charun, il demone armato di martello incaricato di strappare il defunto si congiunti e trascinarlo nel regno dei
morti. Questo porta ad una forte esigenza di dotare il defunto di una dimora eterna sicura e confortevole.
Le tombe degli Etruschi erano in pietra e per questo si sono conservate meglio lungo i secoli e sono oggi la miglior testimonianza dell'arte etrusca.
Le tombe sono di solito raggruppate in estese necropoli fuori dalla città e sono modellate su quelle dei vivi, sia per quanto riguarda l'organizzazione dell'area che poteva essere un impianto ottagonale, sia nella forma interna dell'edificio che
riproduceva gli ambienti domestici.
Nella camera funeraria sono collocati arredi che potevano essere di conforto al defunto. Come nella tomba dei Rilievi a Cerveteri, la copertura va a fare da tetto in legno, tutt'intorno i rilievi in stucco raffigurano utensili casalinghi, come se
fossero appesi alle pareti.
TOMBE IN SUPERFICIE E TOMBE IPOGEE
Accanto a tombe costruite interamente in superficie, quelle a edicola con tetto a doppio spiovente, diffuse tra il VI e V secolo a.C., abbiamo anche edifici del tutto o in parte ipogee, ricavati sottoterra o nel fianco di una parte rocciosa.
Nelle necropoli più antiche, tra l'VIII e VI, sono spesso ricoperto da un cumulo di terra, contenuto in un anello in muratura, detto tamburo = tombe a tumulo.
All'esterno si presenta come una collinetta (2 funzioni: identificare il luogo di sepoltura e proteggere la camera sepolta). La camera funeraria è sormontata da una pseudo- cupola in pietra. L'esempio più famoso di ciò è “Montagnola”,
incastonata non lontano da Firenze, ai giardini di Sesto Fiorentino da dove si accede attraverso un lungo corridoio (tumulo di 70 metri di diametro).
I CICLI PITTORICI DELLE NECROPOLI DI TARQUINIA
Sono le necropoli di Tarquinia ad aver fornito i cicli pittorici più importanti degli ultimi decenni del VI secolo a.C.
Alle scene tipiche legate alla vita quotidiana dell'aristocrazia, sono talora abbinati anche scene del mito greco, tratto dalla saga omerica.
Nella tomba di Tori, la parete di fondo nell'ambiente principale è decorata da un ricco e sobrio apparato pittorico, accomunato solo dallo sfondo bianco.
Nel registro superiore troviamo una mensola con alla sinistra una sfinge e un leone alato e alla destra un toro e un cavaliere.
Sotto, in corrispondenza dell'architrave delle due porte che conducono ad altre camere, abbiamo due scene erotiche e due scene con tori bianchi.
Tra le porte abbiamo un episodio della guerra di Troia, l'agguato teso ad Achille che è nascosto dietro ad una fontana dalle bocche a forma di leoni al figlio di Priamo.
5. GLI AFFRESCHI DELLA TOMBA FRANCOIS DI VULCI
In provincia di Viterbo, il sepolcro prende il nome dell'archeologo fiorentino autore della scoperta a metà 800, è una struttura ipogea vasta e ramificata, appartenuta alla famiglia Saties.
Gli affreschi sono stati realizzati a metà del IV secolo a.C. e coniugano eventi storici ed episodi mitologici.
Sulle pareti del vani in fondo all'atrio vediamo da un lato il sacrificio di alcuni prigionieri troiani a opera di Achille e dall'altro uno scontro fra Etruschi e Romani.
Prima scena: Achille, assetato dalla vendetta per la morte di Patroclo, affonda la lama nel collo di un prigioniero e il sangue scorga copioso mentre dietro di lui stanno Vanth e Charun. Seconda scena: un ricco corredo di iscrizioni identifica i
personaggi come gli eroi vulcenti comandati dal futuro Servio Tullio e Aulo Vibenna. I due massacrano senza pietà un gruppo di soldati romani e di altre città alleate.
Le due dimensioni del passato, storico e mitico, si fondono proprio davanti agli occhi di Vel Saties, il proprietario della tomba. Vestito con un mantello rosso scuro, ornato da girali e danzatori, l'uomo è pronto a seguire il volo di un picchio,
trattenuto da un giovane inserviente, nel quale saprà leggere la gloria della sua città.
6.SCULTURA IN PIETRA E BRONZO
I SARCOFAGI
I sarcofagi etruschi erano in genere utilizzati come cinerari, contenitori delle ceneri del defunto.
Una cosa particolare era la forma del coperchio che spesso produce un letto tricliniare, un giaciglio da banchetto sul quale il defunto era raffigurato in un momento di divertimento.
Il coperchio del Sarcofago degli Sposi culmina nelle figure di una coppia di coniugi, semidistesi a banchetto tra morbidi cuscini.
I tratti dei volti, ovali sfiniti con lunghi occhi a mandorla, il fisso sorriso arcaico, rivelano l'influenza di quel periodo, anni 530 e 520 a.C.
Abbigliamento etrusco sono il copricapo a calotta e gli stivaletti appuntiti della donna. L'elemento particolare è l’intimità mostrata dai due e il gesto dolce che il marito fa alla moglie: stringerle la spalla.
Un altro (uccidetemi) Sarcofago degli sposi datato alla seconda metà del IV secolo a.C. risente del diverso orizzonte storico: gli sposi sono avvinti sotto un lenzuolo, che si fissano intensamente.
LE URNE CINERARIE
Spesso decorate con episodi del mito greco.
Gli artigiani di Volterra sapevano sfruttare al massimo la lucentezza e le calde sfumature dell'alabastro.
A Chiusi invece, s'impose nel II secolo a.C. il gusto per urne in terracotta dai colori vivaci: le pareti sono semplici lastre d'argilla saldate tra loro, con rilievi a stampo su quella anteriore. Un'unica matrice permetteva la costruzione di molte
urne accessibili ad una clientela più ampia.
A distinguere queste urne è l'iscrizione, dipinta o graffita, con il nome del defunto, segno che una vasta fascia della popolazione, era ormai alfabetizzata.
LA CHIMERA DI AREZZO
Raffigura il terribile mostro mitologico che si guadagnò un posto speciale nelle collezioni dei Medici.
In origine la testa di serpente e quella di leone erano rivolte nella medesima direzione, pronte ad aggredire l'avversario mentre la testa caprina, forse ferita, andava all'indietro su un fianco. Il mostro è pronto ad attaccare Bellerofonte poiché le
zampe sono puntate al suolo, la schiena inarcata e le fauci si schiudono in un ruggito.
L'ARRINGATORE.
Rinvenuta nel 500 nella regione del lago Trasimeno, era stata eretta come offerta votiva in un santuario presso un monumento funerario, come recita l'iscrizione incisa sull'orlo inferiore della toga (rivela anche il nome del personaggio, Aulo
Metello). La statua esprime la dignità e la statura morale dell'uomo, il cui volto severo segue il movimento, ampio e studiato, del braccio destro elevato. Indossa una toga e dai bordi decorati e ai piedi calza sandali di tipo senatorio.

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