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Oannes e il mito degli

“Uomini-Pesce”

Agli albori dell’umanità, nella culla della civiltà, l’uomo


sviluppò un mito che si sarebbe connaturato
profondamente nella cultura e nella tradizione dei
millenni successivi.La discesa dal cielo di un essere
divino, dalle fattezze antropomorfe ma anche di pesce,
venuto per insegnare le arti e le scienze e apportatore
di conoscenze e di insegnamenti che le tradizioni e gli
antichi miti vorrebbero essere alla base dell’iniziale
sviluppo dell’umanità.

“Oannes, Oanne(s), Oen, Oes, mostro metà uomo


e metà pesce, venuto dal mare Eritreo, ed uscito
dall’uovo primitivo, dal quale erano stati tratti
tutti gli altri enti, comparve – dice Beroso – presso
un luogo vicino a Babilonia. Egli aveva due teste;
quella d’uomo era situata sotto quella di pesce.
Alla sua coda erano uniti due piedi d’uomo del
quale aveva la voce e la parola. Questo mostro
stava fra gli uomini senza mangiare, dava loro la
cognizione delle lettere e delle scienze, insegnava
loro ad esercitare le arti, ad innalzare templi,
ediDcare città, ad istituire delle leggi, e a Dssare i
limiti dei campi con sicure regole, a seminare, e a
raccogliere i grani ed i frutti; in una parola, tutto
ciò che raddolcire i loro costumi poteva
contribuire. Al tramontar del Sole, ei ritiravasi nel
mare e sotto le acque passava la notte. Ne
comparvero in seguito altri simili a lui: e Beroso
aveva promesso di rilevare questo mistero, ma
nulla ne è rimasto. Oannes, Oes, dicono gli eruditi,
in siriaco signiDca ‘straniero’. Così questa favola ci
insegna che giunse un tempo per mare uno
straniero il quale diede ai Caldei alcuni principi
d’incivilimento. Esso era forse dalla testa alle
piante coperto di pelli di pesce, e rientrava tutte
le sere nel suo ‘vascello’, su cui si nutriva senza
esser veduto da alcuno […]”

Così il “Dizionario Storico-Mitologico di tutti i Popoli del


Mondo”, edito nel 1824, ci descrive l’enigmatica figura
di Oannes il mitico dio sumerico dalle fattezze
antropomorfe e di pesce. Disceso dal cielo attraverso
un “uovo cosmico” questo dio avrebbe fatto le sue
prime apparizioni tra il 3.000 ed il 4.000 a.C. (se non
prima) segnando profondamente la cultura e la
coscienza degli antichi popoli del subcontinente
arabico. Fin dall’antichità le remote saghe babilonesi e
sumeriche ci hanno lasciato evidenti tracce della
presenza di questo mito testimoniandoci altresì la sua
esistenza in bassorilievi ed incisioni. Nel 275 a.C. lo
storico babilonese Beroso, nella sua “opera maxima”
sulle antiche tradizioni e civiltà del subcontinente
arabico, a!ronterà nuovamente l’argomento
lasciandoci ulteriori dettagli, ma allo stesso tempo
maggiori domande, sulla reale presenza di questo
essere divino. La sua opera, anticamente costituita da
tre libri, è giunta fino a noi solo attraverso poche
citazioni o frammenti risparmiati dal tempo.

Nelle sue trattazioni Beroso racconta come la discesa


di questo strano essere non fosse stata l’unica della
storia mesopotamica poiché sarebbero stati ben dieci
gli esseri divini che discesero sulla Terra per aiutare
l’uomo.
Ma chi o che cosa era realmente questo essere dalle
fattezze antropomorfe? Forse l’archeologia u"ciale ci
potrebbe rispondere che si tratta di un mito,
probabilmente di derivazione eziologica, creato per
giustificare lo sviluppo di alcuni popoli e forse anche
l’esistenza di una antica casta sacerdotale allora
esistente. Ma questa spiegazione risponde a tutte le
nostre domande? L’unica risposta per noi è “No!”. Una
risposta negativa non tanto per quello che potrebbe
essere realmente un mito, abbellitosi ed ampliatosi nel
corso dei secoli, quanto per l’enorme quantità di
descrizioni totalmente sui generis che ci presentano
questo essere non tanto come uno dei tanti dei del
passato ma come il dio che avrebbe dato la scintilla
della conoscenza all’uomo. Esistono molti miti simili
nelle più disparate religioni di tutto il mondo, ma il
mito di Oannes possiede delle basi ed una serie di dati
documentali totalmente unici nel suo genere. Questo
mito inoltre percorre, e allo stesso tempo precorre,
tutta la storia dell’umanità localizzandosi
principalmente in quelle che furono “le culle” della
civiltà moderna.

Gli Oannes
Il mito di Oannes permea profondamente, e
storicamente, l’humus culturale-religioso delle più
antiche civiltà del nostro pianeta e risulta essere allo
stesso tempo al centro di uno dei più interessanti
misteri della storia passata. I testi antichi, quanto quelli
moderni, ci danno scarse informazioni riguardo a
questa figura leggendaria, dati che sono stati però in
grado di fornirci degli interessanti spunti per le nostre
riflessioni. Il primo popolo conosciuto ove questo mito
si manifestò sono i Babilonesi, cultura antichissima che
tra le prime concorse allo sviluppo della civiltà.

Oannes assunse per questo popolo un valore


fondamentale, e a lui venne attribuito il primo
incivilimento dell’Assiria e della Babilonia. La tradizione
favoleggia dell’uscita di questo essere divino da un
“uovo primitivo” (o da una struttura di forma ovoidale)
che lo aveva condotto fino sulla Terra così da potersi
mostrare agli uomini nella sua forma antropomorfa. In
periodi più tardi, e prevalentemente nelle prime
culture arabiche moderne, il mito e la figura di Oannes
verranno studiate in una chiave di lettura di!erente
che si riferirà al dio pesce come ad una delle tante
manifestazioni di “geni benefici” (Jinn) interagenti con
l’uomo, figure queste che saranno molto care alla
tradizione culturale arabica medioevale. Un’opera
greca di fondamentale importanza ci permette di
comprendere fino in fondo il mistero legato al dio-
pesce, primo dei Sette Saggi della tradizione sumerica
sulle origini della civiltà. “Babiloniaka” fu l’opera scritta
dal già citato storico Beroso che fu sacerdote caldeo
del dio Bel (Marduk) e che dopo anni di duro lavoro
produsse nel 275 a.C. tre volumi in cui raccolse la
storia, gli usi e le tradizioni degli antichi popoli
mesopotamici.

Purtroppo il testo originale del “Babiloniaka” è oggi


andato perduto; tuttavia il suo contenuto ci è noto
grazie ad alcuni frammenti che furono riportati da altri
autori e che hanno permesso una se pur parziale
conservazione del testo fino ad oggi. Il materiale
arrivato fino a noi verte principalmente sulla storia
della creazione così come codificata dagli antichi
babilonesi in oltre due millenni di storia. La sua
conservazione è stata possibile grazie ad un monaco di
Costantinopoli, noto come Syncellus o Synkellos (VIII
secolo d.C.) che aveva tratto questo materiale dalle
perdute “Cronache” del padre della Chiesa Eusebio di
Cesarea (260-340 ca. d.C.) il quale a sua volta aveva
attinto da un’epitome dei libri di Beroso fatta nel primo
secolo a.C. da Alessandro Polistore. Come detto l’opera
era costituita da tre volumi nei quali era stata
condensata la storia di Babilonia dalle sue origini
mitiche fino all’avvento del conquistatore Alessandro
Magno (336 – 323). Fondamentale per la nostra
trattazione è il materiale pervenutoci dal primo libro in
cui si parla del mito dei Sette Saggi (che a!ronteremo
fra breve) e delle origini della civiltà babilonese.
Seguendo quella che è la versione di Polistore,
leggiamo:

“Vi era una gran moltitudine di gente a Babilonia,


ed essi vivevano senza leggi come animali
selvaggi. Nel primo anno una bestia, chiamata
Oannes, apparve dal Mar Eritreo, in un luogo
adiacente a Babilonia. Tutto il suo corpo era
quello di un pesce, ma una testa umana gli era
cresciuta sotto la testa del pesce, e piedi umani gli
erano similmente cresciuti dalla coda del pesce.
Esso aveva una voce umana. Una sua immagine è
conservata ancora oggi. Egli (Beroso, n.d.a.) dice
che questa bestia passava i giorni con gli uomini,
ma non mangiava cibo. Essa diede agli uomini la
conoscenza delle lettere, delle scienze e delle arti
di ogni tipo. Insegnò loro anche come fondare
città, erigere templi, formulare leggi e misurare i
campi. Rivelò loro i semi e la raccolta di frutta, ed
in generale diede loro ogni cosa che è connessa
con la vita civilizzata. Dal tempo di quella bestia
nulla di nuovo è stato più scoperto. Ma quando il
Sole tramontava, questa bestia Oannes si tuZava
nel mare e passava le notti nell’abisso, poiché
essa era anDbia. In seguito apparvero anche altre
bestie. Egli (Beroso, n.d.a.) dice che discuterà di
queste cose nel libro dei Re . Oannes scrisse sulla
nascita e sul governo, e diede agli uomini il
seguente racconto“.

A questo punto Polistore,


rifacendosi al testo di Beroso,
presenta una narrazione che
Oannes avrebbe dato agli
uomini sull’origine della vita.
Durante la lettura capiterà
sicuramente di e!ettuare un
paragone che per quanto ci
riguarda sembra abbastanza
obbligato. Nel racconto si parla
di una vita primigenia descritta
in tutto e per tutto come se
fosse quel “brodo primordiale”
a cui la scienza moderna
sembra far risalire la prima nascita della vita. Vediamo
come prosegue il racconto: “Egli (Oannes, n.d.a.) dice
che c’è stato un tempo in cui ogni cosa era oscurità e
acqua e che in quest’acqua strani esseri dalle forme
bizzarre si generarono…”, il testo poi prosegue
descrivendo come le prime forme di vita fossero strani
esseri, ibridi tra specie diverse che lottarono con la vita
e per la vita fino a che una certa forma di equilibrio
non iniziò a presentarsi.La descrizione che ci è stata
fatto da Beroso su Oannes, pur se giunta a noi in
maniera estremamente frammentaria, è significativa
del contribuito fondamentale che questo essere diede
allo sviluppo delle civiltà nel bacino meridionale della
Mesopotamia, tra il fiume Tigri e l’Eufrate.

Per i successori dei Babilonesi, gli Assiri, Oannes


(chiamato anche Oes) sarà la forma greca del “nome
del mostro” al quale la tradizione antica attribuirà il
merito di aver “incivilito la Caldea”. Questo essere
divino, questo “genio” o “straniero” come venne
di!erentemente chiamato, aveva un aspetto
mostruoso tale da incutere spavento in tutti coloro che
lo poterono osservare. Significativo, nel caso ci
dovessimo trovare veramente davanti ad un essere
vivente, e caratterizzato da una totale di!ormità
rispetto all’uomo inteso in senso proprio. Se gli fu
attribuito il merito di aver incivilito coloro che allora
vivevano in Caldea doveva avere senza dubbio una
“cultura superiore” rispetto alle popolazioni ivi
stanziate e doveva plausibilmente appartenere ad una
civiltà superiore (terrestre o no che fosse). Nel corso
dei secoli si è poi cascati molte volte in errore
identificando ra"gurazioni riferite ad una casta
sacerdotale dell’antica Babilonia come ad immagini
riferite ad Oannes. Sappiamo infatti dall’archeologia
classica che a fianco del mito, e delle ra"gurazioni di
questo strano essere, è esistita una casta sacerdotale
che probabilmente fu l’unica detentrice e custode della
conoscenza da esso donata e che altresì si vestì con
paramenti sacri che ricalcarono in tutto e per tutto la
forma zoomorfa del dio. Un altro problema sovente
citato si riferisce al luogo in cui il dio sarebbe apparso.
Secondo Beroso “…sarebbe apparso in tempi mitici
uscendo dal Mar Eritreo verso i confini di Babilonia…”.
Con cartina alla mano ci si accorgerà subito che il Mare
Eritreo è molto lontano rispetto ai confini di Babilonia.
Il “Mare Erirthraeum” era però per molti geografi
dell’antichità il Mar Rosso, ma data la distanza della
Caldea da questo mare è possibile che “Oannes”
potesse avere avuto il suo “vascello” proprio nel Golfo
Persico.

Il mito sumerico dei saggi


Ricca di fascino e di mistero è un’altra tradizione
sumerica che si riferisce al dio Oannes, il mito dei Sette
Saggi. I Sette Saggi, chiamati in accadico “apkallu” (ap-
kal-lu = saggio) ed in sumerico “abgal”, erano degli
esseri vissuti precedentemente al grande diluvio, o
tempo mitico la cui “creazione” era stata voluta dal dio
Enki (Ea nella letteratura accadica) che aveva concesso
loro il dono della saggezza. La di"coltà moderna nella
comprensione di questo mito risiede nel fatto che pur
esistendo molti riferimenti a questi esseri, le fonti
significative sono estremamente tarde, lasciando
presagire la possibilità che si possa trattare di un mito
eziologico. Tale ipotesi è stata però molte volte criticata
poiché non tiene in considerazione alcuni elementi che
oggi proponiamo attraverso le pagine di
Archeomisteri. I dati storici ci dicono che il mito dei
Sette Saggi era già presente nel 3.000 a.C. e si riferisce
a loro come esseri sapienti estremamente abili anche
nell’uso delle “arti magiche e degli incantesimi”. Nei
testi in accadico più antichi, che testimoniano la
presenza del mito dei sette saggi, quello che si
presume essere il più antico è “l’Epopea di Erra”,
composizione di carattere epico dedicata al dio
babilonese della guerra e della sciagura.La
collocazione storica di tale testo è stata molto di"cile,
ma l’attuale linea di pensiero propende nel collocarla
nel periodo di Ur III (fine del terzo millennio a.C.). Nel
testo i Sette Saggi vengono anche chiamati “pesci-
puradu” ad indicare uno strettissimo legame con il loro
elemento prediletto, l’acqua. Il primo di questi Sette
Saggi è quello che forse interessa maggiormente alla
nostra trattazione ed è indicato con il nome di
“Oannes”. Oannes ed i Sette Saggi sono così connessi
indissolubilmente, nel tempo definito mitico, con
l’esercizio della regalità in qualità di consiglieri dei
sovrani antecedenti al diluvio nonché come portatori di
quelle conoscenze che avrebbero dato inizio alle
antiche civiltà.

Oannes ed il popolo eletto


L’origine degli Ebrei, nonché del loro nome, è fra gli
storici ancora motivo di accese polemiche. Sembra che
nell’antichità fossero chiamati Habirù, nome che
appare diversamente trascritto presso molti popoli
orientali che li definivano Habiri, Apiru, Hapiru.
Comunque sia, tanto il nome Ebrei (moderno) che il
nome Habirù hanno in comune la radice Hbr. Gli storici
ritengono però che con molta probabilità non si tratti
dello stesso popolo. Diversi studiosi ritengono però
verosimilmente che gli Ebrei potessero aver costituito
un sottogruppo ristretto degli Habirù mesopotamici. Il
termine “ebrei” viene fatto oggi verosimilmente
derivare da uno dei patriarchi dell’antichità: Eber, uno
dei discendenti di Sem figlio di Noè salvatore dal
grande diluvio. Il termine “ebrei” è stato messo in
relazione con una radice semitica che alluderebbe al
nomadismo. Tale collegamento rimane però ancora
un’ipotesi.Il termine non viene generalmente usato
dagli ebrei stessi ma da altri popoli per identificarli,
almeno fino a tempi più o meno recenti. Eber rimane
comunque uno dei mitici patriarchi legati ad un’età
leggendaria.Il suo nome potrebbe essere stato
ricordato nell’antichissima città di Hebron e
probabilmente anche nello stesso nome di Abramo,
originario di Ur dei Caldei in Mesopotamia. È da notare
come la storia dell’epoca leggendaria degli ebrei lasci
intravedere con molta chiarezza dati estremamente
importanti per future ricerche. È possibile identificare
(al tempo mitico della storia babilonese) i “dieci Re
antidiluviani”, i dieci Oannes di cui Beoroso ci riferisce
nelle sue opere con i dieci patriarchi biblici (la cui
longevità è presente sia nelle narrazioni
mesopotamiche che all’interno della Bibbia)? I
collegamenti ed i richiami tra gli Ebrei e la
Mesopotamia sembrano essere veramente molti. I miti,
le leggende, ed in parte la storia stessa testimoniano la
presenza del mito degli Oannidi sia durante il periodo
mitico caldeo che in quello ebraico. Studiosi come il
Prof. Solas Boncompagni, a cui personalmente
dobbiamo molto per questi nostri studi, ritengono
plausibile ipotizzare che gli Ebrei, sottogruppo degli
Habirù, potessero aver costituito una ristretta cerchia
sacerdotale detentrice dei mitici insegnamenti degli
Oannes. Il lavoro di oltre 50 pagine di Boncompagni ha
però per ora aperto solo uno spiraglio interpretativo-
alternativo sulla storia del popolo eletto, pur avendo
fornito elementi veramente interessanti per questo
campo di studi. Recenti ricerche, come abbiamo visto
precedentemente, potrebbero farci presumere che a
fianco dell’antichissima comparsa di questo strano
essere in terra di Babilonia potesse essere sorta una
casta sacerdotale che cercò di copiarne le fattezze e
custodirne la conoscenza. Forse i primi Ebrei/Habirù
costituirono proprio questa casta eletta. Il ricordo delle
imprese di Oannes è sopravvissuto in parte anche nella
cultura monoteista ebraica nel Vangelo Aprocrifo
chiamato gli “Atti di Pilato”. Questo testo, in un
determinato versetto, narra di quanto Gesù entrò a
Gerusalemme nella veste di emissario di Dio e di come
il popolo lo acclamò chiamandolo “Oannes che vieni
dall’alto dei cieli“. Secondo alcuni questa frase sarebbe
dovuta ad un errore di trascrizione o traduzione nella
versione distorta del ben noto “Osanna nell’alto dei
cieli”. Lo studioso ebraico contemporaneo “Hayym ben
Yehoshua” si dice però convinto della prima ipotesi (in
cui si chiama in causa Oannes) in quanto,
filologicamente, il nome nei testi originali sarebbe
stato proprio Oannes. Ben Yehoshua si riferisce poi a
come nell’iconografia cristiana Gesù viene
espressamente caratterizzato dalla figura del “pesce”,
come lo furono molti altri grandi mistici del passato.
Ovviamente possiamo passare come buone queste
ipotesi seppur, in assenza di dati significativi, con il
beneficio dell’inventario.Abbiamo visto
precedentemente come Enoch fosse stato
probabilmente uno dei patriarchi ad essere stato
ammesso alla visione delle “sfere divine”. Enoch oggi è
noto per un fatto che possiede forti correlazioni con
materie che esulano l’argomento dell’attuale
trattazione. Questo patriarca, si narra nel “Libro di
Enoch”, (II – I secolo a.C.) apocrifo del Vecchio
Testamento: “venne rapito in cielo da un vento
impetuoso e portato in una Grande Casa di cristallo,
alla presenza dei Figli dei Santi” chiamati, guarda caso,
Osannini o Osannes. Questi esseri interagirono
lungamente con il patriarca che a!erma, tra le altre
cose, che:

“… essi mi dissero che l’universo è abitato e ricco


di pianeti, sorvegliati da angeli detti Veglianti o
Vigilanti; e mi fecero vedere i Capitani e i Capi
degli Ordini delle Stelle. Mi indicarono duecento
angeli che hanno autorità sulle stelle e sui servizi
del cielo; essi volano con le loro ali e vanno
intorno ai pianeti…”

Non c’è bisogno di dire che questo testo è del II – I


secolo a.C. e che, se lo consideriamo alla lettera,
contiene evidentemente delle informazioni scientifiche
sbalorditive.

Comparazioni mitologiche
Le comparazioni mitologiche finora presentate non
finiscono, giacché l’idea di un Dio-pesce la ritroviamo in
numerosi altri popoli del Medio Oriente antico. Fenici,
Siri, Aramei ed Amorrei adoravano tutti un dio-pesce di
nome Dagone (Dagon), altro dio dalle molte
attribuzioni. Nel suo nome si trova però lo stesso
significato di “pesce”, data la sua radice ebraica “dag” =
“pesce”. Per tali ragioni alcuni orientalisti e mitografi
hanno riconosciuto in un altro dio, Derketo/Atargati, lo
stesso Dagon. Se poi volessimo allontanarci dall’Arabia
potremmo trovare interessantissimi parallelismi in Cina
dove è profondamente radicata la leggenda di uno dei
mitici semidei iniziatori della civiltà, guarda caso dalle
fattezze antropomorfe di pesce: Fu Hsi uomo-pesce
dalle straordinarie capacità e oggi meglio conosciuto in
Occidente quale primo “compilatore” dell’I Ching, il
“Libro dei mutamenti”. Dalla Cina la leggenda di questo
mitico uomo-pesce si espanse per tutto l’Oriente, ma la
prima manifestazione viene fatta risalire anche in
questo caso al 3.000 a.C. circa. Esistono dunque
analogie tra Dagone, la filistea Derceto e Oannes (nelle
sue varie località), e anche il Mitraismo non fu da meno
inglobando nei suoi rituali quelli che potevano essere
le ultime vestigia di antichi culti dedicati al dio Oannes.
Proprio il Mitraismo infatti adottò un copricapo
cerimoniale dalle fattezze alquanto “insolite”, copricapo
che ancora oggi possiamo osservare durante le
normali celebrazioni liturgiche cristiane. I vescovi e le
alte gerarchie ecclesiastiche infatti utilizzano la Mitra,
antico copricapo desunto proprio dalla religione
mitraica e inglobato dalla chiesa cattolica durante i
suoi inizi.

Dagon, l’uomo pesce


A conferma degli eventi narrati ci viene in aiuto un
altro dato estremamente importante che nel prosieguo
della nostra trattazione troverà ra!ronti veramente
unici. Il culto dell’uomo-pesce dei Sumeri era di!uso in
antico praticamente in tutto il Medio Oriente. Oannes
era venerato dai Filistei con il nome di Dagon (o
Odakon), mentre una tribù del Mali (nell’Africa sub-
sahariana), la tribù dei Dogon, lo chiama ancora oggi
“Nommo”.

In base a quanto esposto fino ad ora, dal Medio


Oriente ai paesi del Mediterraneo, sono molte le
leggende che riguardano esseri dalle caratteristiche
simili a quelle di Oannes. Va detto che Oannes è il
nome dato dal greco Elladio all’essere mitologico che i
popoli accadici chiamavano in realtà “Uan”. Anche in
America i Maya adoravano un essere anfibio che
chiamavano “Uaana” che significa “colui che risiede
nell’acqua”. Si noti che personaggi mitici hanno nomi
simili in civiltà che non sono mai venute a contatto tra
loro. Anche i Filistei adoravano una creatura anfibia
chiamata Dagon che veniva ra"gurata, assieme alla
sua compagna Atargatis, con coda di pesce e corpo
umano. Dagon appartiene alla stessa radice linguistica
di “Dogon”, il nome della citata tribù del Mali che adora
il Nommo, un essere superiore dal corpo di pesce,
propiziatore di tutta la loro cultura, che tornò tra le
nuvole all’interno di un “uovo rovente”. A Rodi, infine,
troviamo i Telchini, divinità anfibie dotate di poteri
magici, che Zeus scacciò dall’isola perché avevano
osato “mutare” il clima.

Da Oannes ai Dogon
I Dogon sono una popolazione africana stanziata
sull’altopiano di “Bandiagara” nella Repubblica del Mali.
Questa popolazione entrò in contatto col mondo
occidentale dopo il 1920. Nel 1931 gli antropologi
francesi Marcel Griaule e Germaine Dieterlen vi si
stabilirono per diversi anni a studiarne la cultura e le
tradizioni. Un vecchio sacerdote della tribù, Ogo
Temmeli, fu colui che iniziò a rivelare i segreti detenuti
per millenni dalla casta sacerdotale dei Dogon. Essi
parlavano dei Nommo, creature anfibie civilizzatrici
provenienti dalla stella Sirio, e mostrarono a Griaule e
alla Dieterlen di possedere precise nozioni riguardo a
tale astro.

Nel 1950, la Dieterlen pubblicò i risultati dei loro studi


nel libro “Le Renarde Pale“, ma si dovrà aspettare fino
al 1997 per vedere confermata nella mitologia Dogon
una incredibile conoscenza astronomica. I Dogon
erano infatti a conoscenza del fatto che Sirio è un
sistema multiplo, con Sirio A, Sirio B e Sirio
C.Dimostrarono di sapere che Sirio B ruota attorno a
Sirio A, la stella principale, con un’orbita ellittica e con
un periodo di 50 anni. Inoltre, cosa più sconcertante,
conoscevano l’esatta posizione di Sirio A all’interno
dell’ellisse formato dalla rotazione di Sirio B attorno
alla stella principale. Sirio B era chiamata “Po Tolo”;
“Tolo” significa stella mentre “Po” è il nome di un
cereale che ha la caratteristica di essere pesante
nonostante le piccole dimensioni.Sirio B,
astronomicamente parlando, è infatti una nana bianca
con una densità estremamente elevata. I Dogon
sostenevano che essa era composta da una sostanza
“più pesante di tutto il ferro della Terra”. Ogo Temmeli
rivelò anche che una seconda compagna di Sirio A
accompagnava “Po Tolo”, e il suo nome era “Emmeia”,
era quattro volte più leggera di “Po Tolo” ed orbitava
attorno a Sirio A con un periodo di 6 anni. Il sistema di
Sirio era quindi un sistema ternario. Sirio B, la piccola
nana bianca fu vista e fotografata solo nel 1970 mentre
Sirio C è stata rilevata nel 1997 attraverso calcoli
matematici sulla perturbazione delle orbite delle altre
due stelle . Chiaramente tali conoscenze detenute per
millenni da un popolo tribale circa cognizioni che solo

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