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Marco Pioppo

APPROCCIO CONOSCITIVO ALLA CIVILTÀ NURAGICA

… Vorrei pertanto analizzare la nostra civiltà nuragica


attraverso le chiavi conoscitive antroposofiche.

Oltre che dei nuraghi vorrei parlare anche di altri


monumenti presenti in Sardegna. Mi riferisco alle domus de
Janas, alle tombe dei giganti ed ai pozzi sacri facendo infine un
breve cenno ai bronzetti.

***

Iniziamo allora dai misteriosi nuraghi, che comincerei a


descrivere nella loro forma:

I nuraghi, che la scienza ufficiale data intorno al 1800 a.C.


e fino al 900 a.C. sono delle costruzioni presenti in tutta la
nostra isola.

Nella sua forma più semplice il nuraghe è una torre


troncoconica costruita con massi di dimensioni variabili,
collocati senza l’uso di leganti.

La tipologia di costruzione è chiamata a tholos; si tratta di


una tecnica ad aggetto che fa sporgere il giro di pietre superiore
su quello sottostante, restringendone progressivamente il
diametro, fino a ottenere, in cima, un circolo minimo chiuso da
un'unica pietra (vedi fotografia n. 1).
Fotografia n. 1

La radice del nome Nur sembra riferirsi alla parola paleo-


mediterranea che significa fuoco, luce. Questo fa pensare che
si tratti di costruzioni nelle quali si praticavano dei culti solari
legati al dio Sole fuoco.

Ed ora,
veniamo alla mia ipotesi.

La chiave ermeneutica, interpretativa, per l’analisi che


segue mi è stata fornita dall’Opera Omnia n. 286 di R. Steiner

“E l’edificio divenne uomo”.

In questo libro si pone un principio fondamentale e cioè


quello secondo cui

la costruzione rispecchia sempre


il livello evolutivo dell’anima umana.
E così, ragionando a contrario, si può dire che:

il livello evolutivo dell’anima


è desumibile nell’arte della costruzione.

Posto questo principio fondamentale, ritengo sia legittimo


formulare la seguente ipotesi euristica. Analizzando la forma
del nuraghe e, nello specifico, la sua base circolare, possiamo
affermare che esso

esprime un uomo non ancora


del tutto calato nella materia.

Lo stesso Steiner afferma che solo nel II° periodo di cultura


post-atlantica (fra il 5.067 ed il 2.097 a.C.) abbiamo edifici dalle
basi quadrate; pertanto, queste costruzioni appaiono essere più
remote e poiché le strutture nuragiche sono tutte a base
circolare, esse sono la chiara espressione di un uomo non
ancora pienamente incarnato sul piano fisico.

Queste costruzioni sono ancora lontane dunque dal


quadrato, dal cubo o dal parallelepipedo, espressioni
geometriche queste che, in seno all’arte del costruire, prendono
a svilupparsi solo nella V epoca post-atlantica (1.413 d.C. –
3.573 d.C.), quindi proprie di un uomo che va radicandosi
profondamente nel mondo materiale.

Infatti scendere dal cerchio al quadrato significa entrare


nella materia come mirabilmente spiegato da Kaspar
Appenzeller nel libro “La quadratura del cerchio”.

Possiamo anche aggiungere che i nuraghi, sviluppandosi


secondo un simbolismo assiale, esprimono un contatto diretto
col cielo. Questo genere di strutture dunque, rimanda a uomini
che evolutivamente sembrano essere ancora legati al periodo
dell’Atlantide, ancora in contatto coi mondi spirituali e non
ancora del tutto incarnati, così come descritto da Steiner in
“Scienza occulta” ed in “Teosofia” o da Platone nel “Timeo” che
descrive Atlantide come fondata del tutto su strutture circolari.

E’ quindi un uomo (individuo) in pieno contatto col cosmo,


quello che abbiamo appena descritto.

Da ciò, cosa ne consegue?

Questi antichi costruttori (lo vedremo) hanno condensato


in questi edifici anche il loro sapere cosmologico ed infatti
ogni nuraghe è orientato in modo tale da segnare i lunistizi e i
solstizi, come un vero e proprio orologio cosmico che scandiva
il tempo e la vita di questi popoli.

Solo oggi la scienza materialistica è giunta ad ammettere


ed accettare concetti come quelli dell’archeoastronomia.

Tutte le costruzioni antiche, compresi i nuraghi, sono state


elevate secondo un’orientazione rituale, allo scopo di indicare i
momenti fondamentali dell’anno.
Pensate, per esempio, a quanto accadeva nei tempi
antichi in cui tutte le operazioni agricole - finanche
l’accoppiamento umano e di bestiame ai fini riproduttivi (eventi
sui quali le indicazioni venivano date dagli iniziati) - erano
cadenzate secondo quanto scandito da questi orologi cosmici.

Questi ritmi, unitamente a solstizi ed equinozi, iniziarono a


segnare anche le feste. Sappiamo, infatti, che tutta la vita
dell’uomo – per il tramite della casta sacerdotale rappresentata
dagli antichi iniziati - si svolgeva in armonia col cosmo, in
sintonia con le forze che operavano dal cosmo, lasciando
intravedere un uomo ancora adagiato, per molti versi, in seno
alle Gerarchie.
Sappiamo che Lucifero - donando all’uomo un maggior
senso del proprio arbitrio - svincolò la procreazione umana dal
ritmo della natura. Infatti, come a noi noto, gli uomini arcaici
tendevano al concepimento in primavera, in modo che le anime
giungessero sulla terra passando attraverso la porta del
solstizio d’inverno.

Da quanto appena accennato, emerge anche un altro fatto:

la particolare evidenza di
una cosmizzazione del territorio.

Cosa intendiamo con l’espressione cosmizzazione del


territorio? Si intende il portare l’ordine celeste sulla terra.

L’atto fondativo della costruzione, come riportano anche


Vitruvio e Platone, rispondeva, in genere, al manifestarsi di una
certa costellazione celeste che veniva riconosciuta dagli iniziati
ed alla quale seguiva l’inizio della costruzione secondo
un’orientazione ben precisa.

Come già accennato poc’anzi, le orientazioni nuragiche


possono essere diverse ma la gran parte di esse presenta una
disposizione riconoscibile secondo gli assi solstiziali e tale
quindi da poter segnare anche i lunistizi.
Questo metodo costruttivo è proprio di tutti i popoli antichi.

Di esso abbiamo un esempio qui in Sardegna nel


complesso nuragico di Santu Antine (Torralba, SS) costituito
da sette nuraghi perfettamente allineati con la posizione delle
stelle dell’Orsa Maggiore.

E’ l’unico complesso del quale si è fatto uno studio archeo-


astronomico; ci si aspetta che altri studi simili portino alle
medesime conclusioni.
Dal mio punto di vista, le luci dell’Orsa Maggiore sono
tipiche dell’uomo nuragico ancora in contatto con i mondi
superiori e le strutture nuragiche paiono esprimerlo molto bene.
Con l’evoluzione ed il raggiungimento dell’epoca post-atlantica,
infatti, si passa progressivamente alla

modifica dell’orientazione verso l’asse equinoziale


passando dall’Orsa maggiore alle Pleiadi.

Le Pleiadi cioè sostituiscono l’Orsa Maggiore nel ciclo


successivo.
Le culture ancora legate all’Orsa - quelle antiche culture
polari di cui anche la misteriosa civiltà nuragica sembra, a tutti
gli effetti, far parte - erano quelle dell’antica Atlantide e
dell’esordio del ciclo attuale.

Per ampliare il nostro ragionamento farò un’altra breve


considerazione.

Ai tempi che noi stiamo prendendo in considerazione (tra i


13.000 ed i 9.000 anni fa), il polo “brillava” più intensamente e
le Orse ed altre costellazioni apparivano là concentrate. Questo
segnava simbolicamente che l’uomo aveva ancora il contatto
con i mondi superiori (vedi fotografia n. 2).

Fotografia n. 2
Con il passare del tempo, per via del meccanismo
precessionale (la precessione degli equinozi risulta da un
movimento della Terra che fa cambiare, in modo lento ma
continuo, l'orientamento del suo asse di rotazione rispetto alla
sfera ideale delle stelle fisse), l'asse terrestre subisce una
precessione (con movimento dell'asse simile a quello di una
trottola) a causa della combinazione di due fattori: la forma non
perfettamente sferica della Terra (che è uno sferoide oblato,
sporgente all'equatore) e le forze gravitazionali della Luna e del
Sole le quali, agendo sulla sporgenza equatoriale, cercano di
allineare l'asse della Terra con la perpendicolare al piano
dell’ellittica.

Fotografia n. 3

Il risultato è un moto di precessione che compie un giro


completo ogni 25.920 anni circa, periodo noto anche con il
nome di anno platonico, durante il quale la posizione delle
stelle nella sfera celeste cambia lentamente. Di conseguenza,
anche la posizione dei poli celesti cambia.
Il polo apparve sempre meno luminoso poiché le luci
andavano distanziandosi. Ciò segnò il perdersi del contatto con
i mondi superiori. Giunto al punto di maggior materialismo, è
ora iniziata la riascesa dell’umanità in questo ciclo particolare.
Tra circa seimila anni il polo sarà nuovamente affollato e
l’uomo avrà ricostruito il ponte, avrà cioè riconquistato la visione
eterica. Ciò viene espresso da Steiner in varie opere, e viene
trattato molto bene da Giorgio de Santillana e Herta von
Dechend nel libro “Il mulino di Amleto” da cui è tratta la
fotografia n. 2.

Per Vostra conoscenza Vorrei solo brevemente fare


accenno rapidamente al fatto che Vitruvio parlava dell’utilizzo
dei nuraghi per uso terapeutico attraverso una pratica
chiamata incubazione alla quale si sottoponevano gli eroi
dell’epoca, quando erano afflitti da disturbi nervosi, incubi o
disordini del sistema nervoso.

A questo punto, prima di andare oltre con la trattazione,


per sintetizzare quanto appena detto, possiamo dire quindi
che:

la forma circolare del nuraghe esprime un


uomo non ancora del tutto calato nella
materia. Le costruzioni rappresentano una
simbologia assiale, ossia che si erge verso il
cielo e l’intento era quello di cosmizzare il
territorio portando in terra l’ordine celeste.

Oltre ai nuraghi, però, troviamo in Sardegna altri


monumenti megalitici che, rispetto alle costruzioni di epoca
nuragica, sembrerebbero ancora più remoti e che, secondo
l’archeologia ufficiale, sarebbero legati al culto dei defunti: sono
le domus de Janas, delle quali ho accennato all’inizio.
Le Domus de Janas.

Sono i monumenti più antichi, espressione di una civiltà


rupestre che ancora non costruiva (edificava).

Il termine Janas fa riferimento alle fate che, nella cultura


antica, probabilmente rappresentavano delle entità eteriche
che stavano a guardia del passaggio. Ma Jana, in sardo, è
anche porta (con doppia “nn” e proviene dal latino januam),
quindi soglia.

Si tratta di tombe scavate nella roccia la cui parte


principale era, appunto, l’ingresso di taglio verticale, finemente
lavorato a significare l’importanza di questo passaggio.

Pertanto, anche questi monumenti ci raccontano di quanto,


in quell’epoca, l’uomo fosse legato ai mondi spirituali.

All’interno di queste tombe ricorrono spesso decorazioni


come la spirale, che rappresenta il corso delle vite, il
collegamento col mondo superiore sia in discesa che in ascesa;
il simbolo stesso dell’antroposofia ci riporta alla spirale che
congiunge lo spirituale che è nell’uomo allo spirituale che è
nell’universo.

Altro elemento ricorrente è l’ocra rossa, con la quale


venivano dipinte le sepolture, che racchiude diversi significati
fra cui quello del sangue e quindi il perpetuarsi della vita o
l’importanza del legame di sangue nelle generazioni di allora.

Troviamo, infine, i petroglifi che rappresentano il tridente,


simbolo atlantideo antichissimo anch’esso legato all’ingresso
nel mondo spirituale.
I Dolmen.

A questo periodo paiono riferirsi anche i dolmen.


Non si tratta, in prima battuta, di luoghi di sepoltura. Ed
anche Steiner ci viene in aiuto. Infatti, nella conferenza del 10
settembre 1923, O.O 350, dice che

i dolmen erano degli orologi e dei calendari.

La peculiarità è che, per la particolare posizione delle


pietre, all’interno si crea dell’ombra e quest’ultima varia
analogamente alla luce solare la quale, come noto, talvolta è
più intensa; talaltra meno. Oggi noi non individuiamo le diverse
intensità di un’ombra, ma gli antichi iniziati ne sapevano
distinguere le sfumature, scorgendo nell’ombra lo spirito (in
sardo, ancora oggi, lo spirito è detto “umbra”).
I sacerdoti iniziati potevano dare così le indicazioni per le
attività da svolgersi nella comunità. Scavando sotto il dolmen si
scopre che essi erano, talvolta, anche luoghi di sepoltura, ma
non per il culto dei defunti bensì perché il corpo umano, anche
da morto, ha forze diverse rispetto al resto della natura e
queste, salendo verso l’alto, permettevano di vedere bene
nell’ombra.

Fotografia n. 4
Le tombe dei giganti.

Questi monumenti sembrano essere legati al culto solare,


e ciò che emerge è che, al contrario dei nuraghi costruiti per lo
più in pietra basaltica, questi erano costruiti con pietra
calcarea.

Ciò fa supporre che il periodo di edificazione sia


precedente a quello dei nuraghi.

Queste costruzioni, secondo gli accademici,


sembrerebbero rappresentare la protome taurina, ovvero la
testa del toro, animale venerato in quel periodo.
Tuttavia, dal mio punto di vista:

potrebbero raffigurare
due braccia che accolgono

le cui estremità segnerebbero, in realtà, i due punti


solstiziali mentre quello sito nel mezzo, il punto equinoziale.

Se consideriamo, come ritengo, la civiltà nuragica, una


civiltà profondamente legata al culto solare, l’architettura di
queste tombe sembra proprio

la raffigurazione dell’uomo che accoglie,


abbraccia e attende l’Entità solare.

Questa deduzione nasce anche dal fatto che il toro


rappresentato nello zodiaco ha le corna che si estendono in
verticale; le tombe, invece, formano nella loro architettura un
semiarco che fa pensare a due braccia aperte.

Pertanto, come per i nuraghi e le Domus de Janas, si


ravvisa anche in questi monumenti una chiara espressione di
un legame con il mondo dello Spirito ed in particolare con la più
elevata entità spirituale che è l’Essere solare.

Fotografia n.
5

Fotografia n.
6

Fotografia n.
7
I pozzi sacri

La nostra isola è ricca di pozzi sacri, ascrivibili alla tarda


epoca nuragica (1.300 – 1.200 a.C.).
Esamineremo brevemente il più importante: il pozzo di
Santa Cristina che si trova nel centro Sardegna. Su questo
monumento esiste un interessante lavoro del Prof. Lebeuf che,
pur incentrandosi solo su questo, può essere preso come
esempio paradigmatico per la codifica degli altri monumenti
simili.

Il Pozzo di Santa Cristina era un osservatorio e calendario


lunare. Possiamo infatti affermare con certezza che, con l’aiuto
di esso, si possono misurare tutti i lunistizi.

E’, di per sé, un vero e proprio microcosmo e l’architettura


interna riporta a una vera e propria camera oscura o un
cannocchiale gigante puntato dalle viscere della terra verso la
volta celeste.
Rappresenta quindi un vero e proprio specchio, del quale
ci si serviva per il calcolo delle fasi lunari.

Fotografia n. 8
Fotografia n. 9
I bronzetti.

Veniamo infine, molto brevemente, ai cosiddetti bronzetti.

Finora ci hanno raccontato che i bronzetti, rinvenuti nei


nuraghi e nelle tombe, sarebbero espressione della quotidianità
dei nostri progenitori e rappresenterebbero l'esigenza di
ostentare il potere da parte degli aristocratici (nobiltà guerriera)
e del popolo (artigiani, commercianti, produttori).

Questa lettura è sicuramente legata ad una visione


materialistica degli accademici che, tuttavia, ultimamente è
stata messa in discussione da uno studioso sardo, Mariano
Piras, il quale propone un’ipotesi affascinante della quale ora vi
do un cenno.

Per il Piras alcuni di questi bronzetti sembrano

rappresentare, con enorme precisione,


parti del nostro cosmo e, più precisamente,
alcune costellazioni intese, all’epoca,
come vere e proprie divinità.

Ad esempio, osservando il bronzetto nuragico detto

il guerriero quattr’occhi e quattro braccia


(che è fra quelli maggiormente conosciuti)

si nota che esso possiede un viso mostruoso, due lunghe


corna che terminano con cappucci sulle punte le quali si
avvicinano fino a toccarsi.
Fotografia n. 10

Questa statuetta sarebbe rappresentata, in cielo, dalla


combinazione di tre costellazioni:

1) il corpo è la costellazione del Bootes;

2) lo scudo destro è la costellazione della corona Boreale;

3) le due lunghe corna sono la rappresentazione della


costellazione del dragone.

Queste tre costellazioni, all’inizio della civiltà nuragica,


facevano parte di

un unico insieme di stelle che non tramontava


completamente né di giorno, né di notte né in nessuna
stagione dell’anno.
Queste caratteristiche tratteggiano quindi un personaggio
che non può che appartenere al mondo celeste.

Questa ipotesi richiama anche lo

sciamanesimo della Kukotcha


(remota regione siberiana)

Questa cultura, che si è preservata per millenni, creava


delle statuine simili ai nostri bronzetti sempre secondo una
rappresentazione cosmologica.
L’uso era rituale, ovvero accompagnare l’anima del
defunto verso il suo corretto percorso.
E, probabilmente, anche i nostri progenitori facevano
altrettanto.

***

Per concludere, possiamo affermare che


la Sardegna presenta numerose
testimonianze di una spiccata e misteriosa
ancestralità ricollegabile a periodi evolutivi
dell’uomo che sono antecedenti all’epoca
storica, ma che attraverso le chiavi della
scienza dello spirito ho provato a
decodificare.
BIBLIOGRAFIA

R. Steiner O.O. n. 286 - E l’edificio divenne uomo.

R. Steiner O.O. n. 350 - Come si giunge alla visione


del mondo spirituale.

R. Steiner O.O. n. 13 - La scienza occulta nelle sue


linee generali.

K. Appenzeller La quadratura del cerchio.

G.De Il mulino di Amleto.


Santillana
H.Von
Dechend
A. Leboeuf Un osservatorio lunare.

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