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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA

FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

Corso di laurea magistrale in


LINGUE E CULTURE DELLASIA E DELLAFRICA
Tesi di laurea in Storia del pensiero scientifico

IL CONTINENTE MU:
REALTA, MITO O INVENZIONE?
UNINDAGINE STORICA

Relatore:
Prof. Marco Ciardi
Correlatrice:
Prof.ssa Sandra Linguerri
Tesi di laurea di:
Carmela Gabriele
Matricola 352854

Anno Accademico 2010/2011

Per realizzare qualcosa di grande


mettici tutto il tuo spirito con tutta la sua potenza,
tutta la tua anima e tutta la sua intelligenza,
e tutto il tuo corpo con tutti i suoi sensi.
Metti amore in tutto ci che fai
e creerai un luogo meraviglioso dove vivere:
ti trasformerai nellamore stesso.
E lamore sta aspettando la tua creazione

- Maestro Quechua Amaru Cusiyupanqui -

INDICE

INTRODUZIONE .............................................................................. 3
1

MU: IL CONTINENTE NEL PACIFICO ............................... 9


1.1 I continenti perduti: una storia non scritta ................................ 9
1.2 Limpronta di Mu ................................................................... 15
1.3 La Terra Madre di James Churchward ................................... 23
1.4 Mu esoterica ........................................................................... 34

IL PANORAMA SCIENTIFICO

DEL XIX SECOLO ..... 41

2.1 Le teorie sulle terre scomparse ............................................... 41


2.2 Dal mito alla scienza: sull'origine dell'uomo .......................... 48
2.3 Giornalismo e divulgazione.................................................... 67
2.4 Scienza e pseudo-scienza ....................................................... 74
3

LA FINE DI MU ................................................................... 79
3.1 Il mito dell antica civilt scomparsa .................................. 79
3.2 Le falsificazioni ...................................................................... 86
3.3 Lapproccio storico alla verit .......................................... 101

CONCLUSIONE ............................................................................ 121


BIBLIOGRAFIA ............................................................................ 129

INTRODUZIONE
Della storia delluomo si dispone di una storia documentata che
abbraccia solo le ultime poche migliaia di anni, e che per di pi
non sono sufficientemente note. La presenza di tutta una serie di
miti tramandati in forma scritta e orale presso popoli cos diversi
e lontani tra loro, correlata a una grande quantit di altri fattori
probanti appartenenti ai pi diversi campi della ricerca scientifica
e umanistica, ha posto una serie di interessanti interrogativi a
storici, archeologi e studiosi di storia comparata delle religioni,
portando alcuni ricercatori a interpretare letteralmente queste
narrazioni come la descrizione di fatti di gravit e portata
mondiale, realmente avvenuti agli albori della civilt.
Il mito e la leggenda di un favoloso continente perduto, sommerso
dalla furia delloceano dopo terribili sconvolgimenti geologici,
culla primigenia e tomba stessa di unantica e misteriosa civilt
madre, accompagna e affascina da millenni luomo, impegnato nel
corso della propria evoluzione civile, scientifica e tecnologica.
Molte fonti letterarie e tradizioni orali provenienti da varie parti
del mondo hanno tramandato le drammatiche reminiscenze della
fine di una terra e di una civilt che la scienza e la storia ufficiale
ignorano e negano.
Nelle rivelazioni fatte a Solone dai sacerdoti egiziani di Sais su
Atlantide e successivamente riportate da Platone nel Timeo e nel
Crizia, alle antiche tavolette ideogrammate riferentisi a Mu e
nascoste negli antichi templi dellIndia o conservate in
inaccessibili monasteri tibetani, si trovano riferimenti allantica
esistenza di terre leggendarie, vere e proprie fucine di civilt dalle

cui polveri, dopo la distruzione avvenuta a causa di un terribile


cataclisma, sarebbero germinate le civilt preistoriche e storiche
che noi oggi conosciamo.
Mu e Atlantide pi ancora che lancestrale Lemuria
costituirebbero i bastioni delle civilt esistite prima del Diluvio
Universale, penultima di una serie ciclica di catastrofi che varie
tradizioni religiose ed esoteriche descrivono come scandenti
lavvicendamento di grandi periodi epocali.
La disquisizione, tornata di gran moda negli ultimi tempi,
sullesistenza o meno di terre leggendarie quali Atlantide e Mu,
pu facilmente apparire una fuga poco realistica di fronte ai
concreti e assillanti problemi che la vita attuale ci costringe ad
affrontare.
Tuttavia, avvicinando questi temi con ladeguata seriet e il
necessario approfondimento, ci si rende conto di come
lopposizione della questione delle antiche civilt scomparse da
parte dellestablishment scientifico-religioso sia in parte connesso
alla necessit di mantenimento dei grandi schemi culturali, storici
e necessariamente scientifici che costituiscono le colonne portanti
della nostra attuale conoscenza. Pi semplicemente, parlano del
nostro personale modo di rapportarci con il mondo e con noi
stessi.
Oggi vanno via via emergendo importanti implicazioni che si integrano perfettamente e vanno a costituire la base e la premessa
necessaria di un certo numero di movimenti culturali, spirituali e
filosofici che vengono correntemente raggruppati con il termine
New Age.

Quasi un secolo fa fu pubblicato un libro dal titolo Il Continente


Perduto di Mu che suscit enorme interesse negli archeologi e
storici del tempo, scalpore e scandalo negli ambienti accademici
pi conservatori. A questo libro ne seguirono altri quattro, ricchi
di riferimenti.
Al tempo della pubblicazione, Churchward lautore del libro
era un nome sconosciuto alla maggior parte delle persone. Il suo
successo presso il pubblico fu dovuto a diversi fattori, in parte
relativi al risveglio dinteresse post-bellico per le tradizioni
religiose e al diffuso senso di critica contro una scienza che aveva
portato alla bomba atomica (che cominciava a far crescere la
paura per il rischio di una catastrofe nucleare in cui lumanit
sarebbe stata cancellata), in parte alla pubblicit negativa fatta
dagli stessi oppositori dei contenuti dei suoi libri.
La terra scomparsa di Mu fu a lungo cercata dagli studiosi di
grandi enigmi, ma solo con Churchward la questione fu presentata
per la prima volta nei libri, basandosi sullipotesi che gli eventi di
natura catastrofica descritti nella letteratura antica, in particolar
modo quella sacra di ogni popolazione della Terra, sono in realt
fenomeni oggettivi.
Churchward, colonnello britannico che un tempo era stato nel
corpo dei Lancieri del Bengala in India, mentre lavorava a un
programma dassistenza in favore delle vittime di una carestia,
conobbe un rishi che possedeva una biblioteca di tavolette di
pietra graffite in lingua Naacal, la lingua originaria di Mu.
Secondo la teoria di Churchward, dedotta dalle tavolette Naacal e
dalle tradizioni orali delle isole del Pacifico e certe zone
dellAmerica Meridionale e Centrale, i primi esseri umani ebbero

origine su Mu circa 200 milioni di anni fa. La loro scienza,


compresa la capacit di controllare la gravit, era molto pi
avanzata rispetto a quella che oggi conosciamo. Ma intorno a
12.000 anni fa avvenne una catastrofica esplosione che fece
sprofondare nellOceano Pacifico il continente di Mu.
Di una massa territoriale lunga circa 8000 chilometri e larga 5000
non rimasero che poche isole sparse sopravvissute al di sopra
delle onde. Si presume che nellesplosione cosmica siano perite,
sulla popolazione complessiva dellantica Mu, 64 milioni di
persone, e i sopravvissuti finirono per colonizzare gli altri
continenti.
Churchward lascia in sospeso la questione dellesistenza delle
tavolette, affermando che oltre a quelle da lui viste, sembrerebbe
che ne esistano tuttora altre riguardanti il continente Mu,
segretamente conservate in alcuni monasteri sulle alte montagne
dellAsia Centrale e volutamente mantenuti segreti.
Il Continente Perduto di Mu present in maniera non convenzionale gli eventi della civilt umana appartenenti ad un periodo
meno recente della vita del nostro sistema solare, e negli anni che
seguirono furono pubblicati diversi altri articoli, di contenuto non
meno rivoluzionario, in campi quali la geologia, la cronologia e la
storia antica. Furono tenute diverse conferenze in vari paesi e
numerose riviste e gruppi di studio vennero ispirate da queste
teorie e svilupparono ulteriormente le idee di Churchward. Riviste
e gruppi che in parte sono ancora oggi molto attivi.
Attualmente i documenti a disposizione, dedicati a Mu, sono rari
(se non del tutto inesistenti), e sono molti di meno rispetto a
quelli sul mito di Atlantide, sul quale sono stati scritti migliaia di

volumi, saggi e articoli di vario genere (da rigorose trattazioni di


riviste accademiche a trafiletti su quotidiani).
Per esplorare questo territorio ignoto si percorrer, in questa
dissertazione, un cammino storico tra tutti gli autori che ne hanno
parlato, attraversando le loro epoche e le loro storie, i documenti
da loro scritti, fino ad arrivare ad oggi. Un excursus storico, dalle
pi antiche alle pi recenti documentazioni, per decodificare quali
documenti sono ormai obsoleti e quali invece le teorie pi recenti,
cosa oggi si dice a sostegno di Mu o cosa dice invece chi scettico.
Un elemento presente e costante sar la Storia, la storia non
estrapolata dai contesti e utilizzata solo ai fini di avvalorare l'una
o l'altra tesi.
Raramente stato fatto un tentativo di analizzare come diversi
piani di un discorso si sono sviluppati, intersecati o sovrapposti
nel corso del tempo. L'obiettivo cercare di ricostruire la storia di
Mu cos da poter fornire uno strumento per stabilire la differenza
tra i dati che ancora oggi possono essere considerati scientifici e
quelli che non lo sono pi, tra le ipotesi plausibili e quelle pi
adatte a un racconto di fantascienza.
Provando a fornire, con l'uso della storia, una risposta alla
domanda: Mu mai esistita?

1 MU: IL CONTINENTE NEL PACIFICO

1.1 I continenti perduti: una storia non scritta


Davanti ad un mappamondo, se volessimo porre un puntino per
ogni luogo misterioso della terra, scopriremmo che l'Asia ne
contiene il numero maggiore. Esistono poi un numero di localit di
cui nessuno conosce la collocazione.
Si parla o si parlato di miti e leggende dell'India e dell'Asia
centrale, ma nessuno sa cosa o dove siano i luoghi di cui dicono:
da Agarthi a Shamball, alla regione dello Shangri-La al continente
Gondwana, da Atlantide a Lemuria e Mu. Tra tutti questi, gli ultimi
due sono connessi dalla personalit dei ricercatori che li hanno
studiati.
Alfred Lothar Wegener, un geofisico vissuto agli inizi del XX sec. e
ideatore della teoria della deriva dei continenti, formul l'ipotesi
del continente Gondwana.

Fig. 1

Concezione di un artista che mostra la citt di Atlantide cos come stata


immaginata e descritta nel mito platonico.

Gondwana era il nome della pi contemporanea Pangea,


quell'immensa zolla di terra che in epoca preistorica riuniva
l'America meridionale, l'Africa, l'India e l'Australia. Un supercontinente, al quale larcheologo contemporaneo Sabatino Moscati
ha opposto Laurasia, zolla che avrebbe riunito l'America
settentrionale, l'Europa e l'Asia.
Gondwana e Laurasia, sarebbero state, quindi, delle mega-isole
con un solo punto di contatto (non ben individuato): nellambito
del Gondwana si collocherebbe Mu.
Ma rimane aperto il problema di definire cosa fosse e dove si
trovasse con precisione.
Le tradizioni che narrano di antiche catastrofi, responsabili di aver
devastato interi continenti, paesi e regni felici spesso altamente
evoluti, fanno parte della mitologia di molte culture. Dietro questa
idea possono essere trovate spiegazioni di ordine religioso, ma pi
spesso vi sono esperienze determinate dal bisogno dell'uomo di
individuare le proprie radici ataviche in un passato indefinito sul
piano storico, simile a quello del "C'era una volta" delle fiabe.
Radici profondamente situate in un tempo in cui gli uomini
vivevano in armonia con le divinit e con i propri simili, un tempo
che con il trascorrere del tempo, per qualche ragione sempre
determinata da un'infrazione grave degli esseri umani vide quei
mondi meravigliosi, dominati dall'equilibrio, spazzati via dalla
furia degli di.
Di quei mondi non resterebbe pi alcuna traccia concreta se non
l'eco nelle memorie di storici e scrittori. Ed spesso grazie a loro
se molte delle testimonianze sulla distruzione di interi continenti,
paesi o citt sono giunte fino a noi: quasi sempre queste

10

testimonianze non possono dirsi cronache precise, ma sono


comunque le uniche fonti che consentono agli uomini moderni di
immaginare, almeno, lo splendore e l'estensione di luoghi
definitivamente perduti.
I resti di mondi meravigliosi e perfetti come Atlantide o come Mu,
di fatto non sono mai stati ritrovati. Sono per state proposte
molte ipotesi sulla base di limitate informazioni, non sempre
scientificamente attendibili, tendenti a porre queste tracce in
varie parti del pianeta. Scienziati e avventurieri, archeologi e
pirati hanno solcato i mari e percorso i luoghi pi impervi della
terra (e, a volte, anche dello spazio) alla ricerca di mondi che la
maggior parte degli uomini considera inventati o perduti per
sempre. E armati della sete di conoscenza, o della speranza di
impossessarsi di tesori immensi, hanno "scoperto" pi e pi volte
questi luoghi scomparsi.
Sulla questione hanno detto la loro anche i medium che,
attraverso poteri paranormali, hanno cercato di trovare una
collocazione per luoghi che i pi scettici considerano esclusivo
frutto della fantasia.
Quasi sempre, le tradizioni sulle grandi catastrofi hanno percorso
secoli (o addirittura millenni) cavalcando l'irrefrenabile canale
della narrazione orale.
Come avverte Marcel Detienne: "Riflettere oggi sul mito significa
anzitutto riconoscere, e in parte subire, il fascino che la mitologia
e il suo immaginario, nel senso pi comune della parola, hanno
sempre esercitato ed esercitano tutt'ora su di noi e sulla storia
delle nostre conoscenze pi recenti: fascino nato da una lettura

11

che non conosce interruzioni e che, dopo gli inizi in Grecia, si


nutre di ogni analogia offerta dal corso della storia.1
Il mito sempre stato oggetto di attenzioni da parte degli studiosi
in quanto il prodotto di esperienze e riflessi dell'immaginario in
cui sono confluiti tradizioni comuni a molteplici culture, anche se
molto diverse tra loro. E infatti, la somiglianza di forma e di
contenuto tra i miti aveva indotto in passato i primi ricercatori a
tracciare una sorta di mitologia comparata con proposte
interpretative poco scientifiche.
Osservando il significato ufficiale del termine "mito" e delle sue
derivazioni, si pu constatare che generalmente indica concetti
legati alla fantasia, a quanto non esiste realmente, non
corrispondente al reale e via di seguito. Per cui si tende a
considerare il mito come espressione di una non realt o come
l'esagerazione della stessa.
Anche la religione ha un suo ruolo nelle storie mitologiche. Infatti,
tra le varie ipotesi relative ai luoghi scomparsi, non sono mancate
quelle tendenti a individuare una qualche relazione tra la loro
presunta distruzione e le credenze religiose: alcuni sconvolgimenti naturali responsabili della scomparsa di territori di diversa
vastit sarebbero da attribuire alle divinit per poterne "spiegare"
le cause. Il concetto di "distruzione del mondo" stato utilizzato
come indicatore molto chiaro dell'intervento di un dio all'interno

voce "Mito", Enciclopedia delle Scienze Sociali, 1993, Istituto dell'Enci-

clopedia Italiana TRECCANI.


2

Alford Alan F. (2002), Il segreto di Atlantide e delle antiche civilt

sommerse, Newton & Compton , Roma, p. 99.


3

Platone (2000), Fedro, Bompiani, Milano.

Kolosimo P. (1972), Non terrestre, SugarCo, Milano.

Churchward J. (1991), The Lost Continent of Mu, BE Books , U.S.A. (ed. or.

12

delle vicende degli uomini, colpevoli di aver offeso le divinit o di


non averne rispettato i precetti.

Fig. 2

Il Diluvio Universale biblico.

La relazione tra religione e clima-fenomeni naturali distruttivi


costituisce una chiave di lettura per cercare di dare un senso, in
un'ottica molto materialista, ai fenomeni rovinosi per l'ambiente
in cui gli uomini vivono. Un atteggiamento presente in religioni
molto diverse tra le quali l'Ebraismo e il Cristianesimo , in cui il
tema della distruzione del mondo rappresenta una parte molto
importante del messaggio teologico raccolto nei libri sacri.
Un altro fondamentale aspetto riguarda l'effettiva dimensione dei
fenomeni indicati come artefici delle distruzioni di continenti
mitici. infatti credibile che le mitologie in cui sono descritte
catastrofi di entit cosmica si riferiscano in realt ad avvenimenti
circoscritti, seppure distruttivi: cos, echi di episodi certamente
accaduti, ma di estensione probabilmente non universale, hanno
alimentato leggende che hanno cos distorto a dismisura la realt.
Gli eventi naturali che avrebbero prodotto fenomeni distruttivi di
grande portata sono stati in qualche modo giustificati nel

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linguaggio della mitologia e della religione al fine di dar loro una


motivazione e un'origine.
Il modello cataclismatico un modello celeste, ed basato
sull'idea archetipica del Cielo che cade in modo cataclismatico
sulla Terra: gli aspetti tettonici e vulcanici di alcuni miti greci sono
il corollario naturale di questo modello celestiale. La linea di fondo
che gli di appaiono come la personificazione di queste forze
cataclismatiche.2
Molti sono i rischi che si affrontano quando si osa intraprendere lo
studio dei miti. In primo luogo si pone una rischiosa
contraddizione ontologica, poich il mito, come ricordava gi
Platone 3 verit apodittica, dunque irrefutabile, una verit
indiscutibile posta al di l del dominio del contingente. Il racconto
mitico non avrebbe dunque bisogno, per definizione, di
dimostrazione alcuna, n potrebbe divenire oggetto di indagini
razionalizzanti.
Nonostante ci, le ricerche in campo mitologico hanno costituito
uno degli aspetti pi significativi dello sviluppo delle scienze
umane. Allo stato attuale delle conoscenze, si riconosce al mito
una funzione di straordinario rilievo nella storia delle civilt,
tuttavia esso non smette di attirare su di s una certa diffidenza.
opinione diffusa che il mito veicoli messaggi per i sentieri
tortuosi e scivolosi che gli sono propri e che si fondi su
ineliminabili antinomie.

Alford Alan F. (2002), Il segreto di Atlantide e delle antiche civilt

sommerse, Newton & Compton , Roma, p. 99.


3

Platone (2000), Fedro, Bompiani, Milano.

14

Universale antropologico o memoria storico-culturale di un


passato remoto comune, il mito si reso depositario privilegiato
del patrimonio sociale, ideologico e morale delle comunit che lo
hanno trasmesso, veicolando temi e motivi ricorrenti relativi, per
esempio, alla creazione del mondo e alla nascita degli di.
Concepibile come una sfera al cui interno possibile ravvisare un
nucleo di storicit, il mito si costituisce nella periferia di elementi
fantastici e abbellimenti che non intrattengono relazione alcuna
con la storia. Difficili e pericolose sono dunque le operazioni
ermeneutiche volte a investigare la complessa relazione esistente
fra mito e storia, poich essa pone il grande problema della
incommensurabilit dei due sistemi, luno legato a un modo di
raccontare principalmente fondato su categorie di carattere
simbolico e metaforico, che in parte sfuggono alla logica razionale,
laltro volto invece alla narrazione ordinata, razionale e
sistematica degli eventi.

1.2 Limpronta di Mu
Una vecchia leggenda delle Caroline racconta:
Un giorno molto lontano giunsero a Ponapo, su strane barche
luccicanti, alcuni stranieri bianchi. Essi non parlavano la nostra
lingua, ma avevano con s genti della nostra razza, con le quali ci
potevamo intendere, anche se il loro idioma era alquanto diverso
e anche se da tempo avevano adottato i costumi degli stranieri.
Questi ultimi narravano bellissime favole d'una terra che si
sarebbe estesa l dove il mare, e d'edifici meravigliosi, e di

15

uomini e di donne felici. I nuovi venuti c'insegnarono strane


opere di magia, e cos sorsero nell'oceano nuove isole; e le nostre
navi volavano sulle onde, e nessun nemico, per quanto forte ed
armato, pot abbattere le nostre fortezze.
Ma un giorno venne una gran tempesta, e comp quanto gli
avversari non erano riusciti a compiere. Le superbe costruzioni
vennero spazzate via nel giro di poche ore, molte isole che un
tempo rallegravano il mare con i loro fiori ed i canti dei loro
abitanti sprofondarono negli abissi.
Gli stranieri sopravvissuti c'incitarono a riprendere il lavoro, ma i
nostri conterranei erano troppo pigri e trascurarono le esortazioni dei maestri, giungendo a cacciarli. Cos il popolo delle isole
decadde, ed il fratello non conobbe pi il fratello.4
La leggenda viene dalle Caroline, e sembra riferirsi ad un punto
ben preciso: all'isola Ponape, dell'arcipelago delle Senyavin.
Qui esistono rovine ciclopiche circondate da altri ruderi e da un
labirinto di terrazze e di canali: "Immense costruzioni rizzate su
isolette artificiali, quadrate o rettangolari, elevate da parapetti",
scrive, poi, Jean Dorsenne, "enormi blocchi di basalto, fanno di
Ponape una straordinaria Venezia ciclopica".
Ponape non la sola isola a presentare enigmi: a Mangaia, a sud
delle Cook rammenta Serge Hutin sono state scoperte rovine
simili a quelle di Pasqua. E Tonga Tabu caratterizzata da un'arca
di pietra pesante oltre 170 tonnellate, Kuki nelle Hawaii, da rovine
titaniche, la Navigator da una bellissima piattaforma di pietra
rossa, e le Marianne da colonne a cono tronco per cui non esiste
spiegazione.

Kolosimo P. (1972), Non terrestre, SugarCo, Milano.

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"Nel novembre 1938", scrive ancora Hutin, "i fratelli Bruce e


Sheridan

Fahrestack

rientrarono a New York dopo


una spedizione durata due
anni, nel corso della quale
scoprirono

nell'isola

di

Manua Levu (gruppo delle


Fiji) un monolito di

40

tonnellate su cui si trovavano


incisi caratteri sconosciuti.
Anch'esso
enigma

costituisce

un

archeologico:

giornali ne parlarono come


della

testimonianza

regione

del

d'una

continente

Fig. 3 Augustus Le Plongeon

scomparso di Mu".
Nel 1886 lesploratore francese Augustus Le Plongeon (18261908), pubblic nel suo libro Sacred mysteries among the Mayans
and Quiches una traduzione del codice maya allora noto come
Troano (in quanto appartenuto a Juan Troy Ortolano) e oggi
considerato come una delle due parti del Codice Tro-cortesiano
conservato a Madrid.
Questo il passo della traduzione di Le Plongeon:
Nellanno 6 Kan, l11 Muluc del mese di Zac, si verificarono
spaventosi terremoti che continuarono fino a 13 Chuen senza
interruzione, Il paese delle colline di terra la terra di Mu fu
perduto. Due volte sollevato, scomparve nella notte, dopo essere
stato costantemente attaccato dai fuochi del sottosuolo. Le forze

17

imprigionate fecero sollevare e abbassare la terra parecchie


volte in varie zone. Infine la superficie cedette e i dieci paesi (o
trib) furono squarciati e frantumati. Sprofondarono con i loro
64.000.000 di abitanti 8060 anni fa.5
Le Plongeon nei suoi scritti non menziona mai Lemuria e si
riferisce sempre a Mu come a un altro nome di Atlantide e
comunque come ad una terra che i Maya sapevano essere
sprofondata in tempi remoti nellOceano Atlantico e non nel
Pacifico. Inoltre il valore scientifico delle sue traduzioni dei testi in
geroglifico maya pressoch nullo, in quanto la traslitterazione di
quellantica scrittura stata riscoperta solo in tempi relativamente recenti, grazie al sistema di interpretazione fonetica e
logografica dei segni proposto dal russo Yuri Knorozov nel 1952.
Tale decifrazione ancora in corso di studio, dato che gli studiosi
sono impegnati nel lavoro di attribuzione dei valori (fonetici e
logografici) a ciascuno dei centinaia di glifi.
Le Plongeon fu il primo uomo a parlare al mondo di Mu, nome che
deriverebbe da "regina Moo", una misteriosa sovrana di origine
atlantidea. Fu anche il primo uomo a scavare le rovine maya nello
Yucatan, in Messico, dove trov e tradusse uno dei pochi libri
sopravvissuti di quella civilt, il Codice Troano, e diede uno
straordinario resoconto di questa terra perduta che, stando alle
sue affermazioni, fior nellOceano Pacifico prima di essere
distrutto da un terremoto.
Le Plongeon sosteneva che i suoi abitanti potevano essere
considerati gli antenati dei Maya e degli Egizi, ma le sue ipotesi
5

Churchward J. (1991), The Lost Continent of Mu, BE Books , U.S.A. (ed. or.

1926), p. 71.

18

non ebbero alcun credito negli ambienti scientifici, cos Mu


continu ad essere nient'altro che un bel mito, difficile da
posizionare nella storia e soprattutto nella geografia.
C molto mistero e confusione, storie intricate e disinformazione
riguardo al continente di Mu, ma le tesi di Le Plongeon furono
comunque un seme lanciato nel fertile campo dei misteri irrisolti,
un seme che stimol alla ricerca numerosi studiosi. Uno, in
particolare, fu ammaliato da quel luogo perduto: si chiamava
James Churchward ed era destinato ad essere considerato lo
scopritore sulla carta" del mitico continente scomparso.
cos che quando si parla di Mu, si parla del Colonnello inglese
James Churchward, un viaggiatore e studioso con notevoli meriti
nel campo della scienza, che trascorse la sua vita cercando lesatta
posizione di Mu sulla mappa del mondo.
Nel 1926 egli pubblic il primo della serie di cinque libri, The Lost
Continent of Mu, contenente punti importanti della preistoria e
dellantropologia, che il Colonnello aveva accuratamente raccolto
e compilato in oltre 50 anni di ricerca ed esplorazione attraverso
lAsia e i Mari del Sud:
Cera una volta un continente fiorente nel mezzo dellOceano
Pacifico, chiamato Mu. [] La pi grande tragedia dellumanit
avvenne quando Mu affond, portando con s nelle profondit
degli abissi 64 milioni di persone e una civilt antica circa
200.000 anni.
Questa civilt era al suo apice quando, in accordo con Charles
Darwin6 , luomo era strettamente imparentato con la scimmia.
6

Darwin C. (1965), Sulla Origine delle Specie, trad. italiana della 1ma

edizione di G. Canestrini, Torino.

19

Gli Incas e i Maya dei tempi preistorici erano gli ultimi membri di
una civilt precedente che stava estinguendosi. []
I documenti pi antichi dellumanit sono proprio qui, nel
continente di questi lontani antenati, che fu una delle prime
colonie di Mu. [] Documenti in Tibet, antichi oltre 70.000 anni,
dimostrano la comunicazione esistente con il Sud America cos
come con la Cina, lEgitto, lIndia e lAfrica. []
Quando Mu affond ed emersero per la prima volta le montagne,
luomo degener nella ferocia dalla quale emerse la nostra
attuale civilt.7

Fig. 4 Mappa da Books from the Golden Age, 1927.

Dopo questa pubblicazione ci fu grande clamore nellambiente


degli studiosi, e Churchward pubblic in gran velocit i
rimanenti suoi quattro libri: The Children of Mu (1931), The Sacred
Symbols of Mu (1933), e Cosmic Forces of Mu in due parti (193435).

Churchward J. (1991), The Lost Continent of Mu, BE Books , U.S.A. (ed. or.

1926), p. 11.

20

Prepar anche un altro volume, Books of the Golden Age


(pubblicato postumo solo nel 1997) e inizi a scrivere Traces of
Mu in America
Nel primo libro Mu, il Continente scomparso8 egli racconta che: Il
Giardino dellEden non era in Asia, ma in un continente ormai
affondato nellOceano Pacifico, e la storia biblica della creazione
la storia epica dei sette giorni e delle sette notti non ci
pervenuta dalle genti del Nilo n della Valle dellEufrate, ma dal
continente affondato di Mu: la Terra Madre dellUomo.9
Egli prov questa sua affermazione attraverso la descrizione dei
complessi geroglifici che scopr e tradusse dalle antiche e sacre
tavolette indiane. Queste tavolette raccontavano di un continente
di 64.000.000 di abitanti, i quali circa 50.000 anni fa svilupparono
una civilt per molti aspetti superiore alla nostra. Le sacre
tavolette descrivevano la nascita della terra e della creazione
delluomo nella misteriosa terra di Mu.
Verso la fine degli anni Cinquanta, gli archeologi Reesdan Hurdlop
e William Niven (che avevano lavorato in America Centrale)
tentarono di ritrovare le tracce di Mu. Partirono per il Messico e l,
in una valle sperduta nel corso dei loro scavi, portarono alla luce
documenti di grande importanza: rinvennero un sarcofago
contenente 69 rotoli di papiro coperti da una fitta scrittura.
Partendo da questi rotoli messicani e dalle supposizioni del
colonnello Churchward, Toni Earl scrisse Mu revealed 10 : un

Traduzione italiana di The Lost Continent of Mu.

Churchward J. (1926), The Lost Continent of Mu, BE Books/Brotherhood of

Life Inc., Dartmouth, p. 7.


10

Earl T., Mu revealed, Warner Books Inc., New York, 1972.

21

successo editoriale enorme, in cui la fantasia spesso prevarica la


storia.
Nel libro, che vorrebbe essere il resoconto del contenuto dei
rotoli, si narrano le vicende di un giovane sacerdote di Mu, ma in
questo resoconto il nome del luogo Muror. Il protagonista
sarebbe anche l'autore della straordinaria documentazione
riportata alla luce da Niven e Hurdlop: il giovane sacerdote, di
nome Kland, avrebbe scritto di un periodo risalente al 21.050 a.C.,
narrando di Muror e definendola come l'"ultimo continente".
La descrizione degli ambienti, degli usi, dei costumi, dell'economia
e del governo danno di questo luogo un'immagine molto simile a
quella idilliaca dei luoghi leggendari spesso protagonisti della
letteratura mitologica.
Ad oggi non esistono informazioni precise per accettare se quanto
stato riportato, spesso in forma divulgativa e senza riferimento a
fonti oggettive, appartenga alla realt. Certamente si tratta di
indicazioni di indubbio interesse per porre in luce quanto peso
abbia il mito nell'alimentare l'inesauribile desiderio umano di
ritrovare le tracce di un mondo perduto.
Eppure la maniera in cui venne alla luce loriginale storia della
creazione sul continente perduto di Mu, da vita a unaltra storia:
la storia del Colonnello James Churchward.

22

1.3 La Terra Madre di James Churchward


Percy Tate Griffith, avendo conosciuto sin dallinfanzia questo
geniale autore, inventore, artista, ingegnere, geologo, medium e
massone di 33 grado, dopo la sua morte nel 1937 scrisse una
biografia, My Friend Churchey and his sunken island of Mu11, in cui
racconta di Churchward.
Nato a Devon nel febbraio 1851, in Inghilterra, arriv sulla scena
di Brooklyn nel 1880. La storia della sua adolescenza e della sua
educazione (probabilmente a Sandhurst e Oxford) restano
nellombra, cos come la sua carriera militare nella British Army
come Colonnello del Genio e come Colonnello di un reggimento di
Lancieri

del

stazionati

in

Bengala
India.

Si

spos in India allet di 20


anni e nel 1872 ebbe un
figlio, Alexander.
Nel 1868 era tempo di
carestia in India, e il
colonnello offriva il suo
servizio di assistenza nel
lavoro

di

soccorso

in

favore delle vittime di una


carestia. Qui conobbe un
rishi un sommo sacerdo-

11

Fig. 5

Colonel James Churchward

Griffith Percy T. (2004), My friend Churchey and his sunken island of Mu:

Biography of Colonel James Churchward, Engineer, Inventor and Author of


the Mu Books, Dick Lowdermilk, Londra.

23

te di un tempio ind, e scopr gradualmente come questo fosse


molto interessato allarcheologia e alle antichit, e come egli
avesse una conoscenza ampia e approfondita di questi temi.
Un giorno il sacerdote vide il colonnello che stava provando a
decifrare un bassorilievo molto particolare su una parete, cos gli
mostr come risolvere il puzzle di quelle particolari iscrizioni,
offrendosi di dargli delle lezioni (lezioni che sarebbero state utili
per lavori pi complessi). cos che inizi la loro amicizia.
Per pi di due anni Churchward studi diligentemente una lingua
morta che il suo amico sacerdote credeva fosse la lingua originale
del genere umano, un linguaggio che era compreso da soli altri
due sommi sacerdoti in India. Una delle difficolt maggiori
nasceva dal fatto che molte delle apparenti semplici inscrizioni
nascondevano significati esoterici, comprensibili solo dai Sacri
Fratelli - i Naacal12 - una fratellanza sacerdotale inviata dalla
terra madre verso le colonie per insegnare le scritture sacre, la
religione e le scienze.
Durante i loro incontri accadde che il sacerdote parl a
Churchward di una serie di tavolette antiche, conservate negli
archivi segreti del tempio e di cui egli stesso non conosceva il
contenuto, in quanto aveva avuto modo di vederne solo i
contenitori a forma di anfora in cui queste erano conservate.
Questi erano scritti sacri da non toccare, documenti che erano
stati redatti direttamente dai Naacal in Birmania, o forse nella

12

I Naacal sarebbero stati una confraternita di 'saggi', provenienti da Mu, i

quali avrebbero scritto le tavolette sacre o a Mu stesso, prima del suo


inabissamento, o in Birmania dopo il medesimo, da dove furono poi
esportate in India.

24

stessa terra scomparsa. Tali tavolette erano solo dei resti di una
vasta collezione situata in uno dei 7 Rishi dellIndia, e si credeva
che la maggior parte di queste fossero andate perdute.
Dopo sei mesi di tentativi del colonnello per convincere lamico
sacerdote a mostrargli i tesori nascosti, e dopo sei mesi di rifiuti, il
sacerdote cedette alla richiesta e una sera si present con due
delle antiche tavolette. Il colonnello racconta di quel momento di
incredibile felicit, in cui esamin curioso le tavolette d'argilla
nascoste per un cos tanto tempo. Erano scritte nei caratteri della
stessa lingua morta che aveva studiato con lamico, e entrambi
credevano

fermamente

che

fossero

documenti

autentici

provenienti da Mu.
Poich la storia si interruppe brutalmente nel punto pi
interessante sulla seconda tavoletta, non potendo trattenersi dalla
curiosit di conoscere il seguito, persino il sacerdote annu per
continuare le ricerche. E fu cos che le tavolette furono estratte
tutte dal luogo segreto in cui erano conservate.
Seguirono mesi di intensa concentrazione nella traduzione delle
tavolette. Gli scritti descrivevano in dettaglio la creazione della
terra e delluomo, e il luogo dove per primo esso apparve: l'isola
scomparsa di Mu.
Churchward racconta di come avessero letteralmente riportato
alla luce dei segreti di grande importanza per l'elaborazione
delleterno dilemma, la nascita delluomo, e cos si convinse a
cercare le altre tavolette perdute, purtroppo senza successo,
portando lettere di raccomandazione ai sommi sacerdoti di tutta
lIndia che in ogni circostanza lo rimandavano indietro con
freddezza e sospetto. Ognuno di loro avrebbe dichiarato di non

25

aver mai visto delle tavolette, e Churchward credeva senza alcun


dubbio che dicessero la verit, cos come il suo amico sacerdote
era egli stesso a conoscenza solo dei contenitori delle stesse.
Ma le ricerche continuarono, seppure autonomamente. Le sacre
tavolette Naacal erano eccessivamente difficili da decifrare: la
presenza di vignette era ingente e la scrittura ieratica molto
limitata; alcune delle parti erano usurate e cancellate da essere
inutilizzabili, e molte parole non era possibile tradurle vista
l'impossibilit di trovare dei termini equivalenti nel linguaggio
moderno.
Churchward sapeva che sarebbe stata unimpresa ardua decifrare
le antiche tavolette e le iscrizioni senza la conoscenza del
linguaggio Naga-Maya cos chiamato dal suo amico sacerdote
poich tutte le scritture antiche che avevano a che fare con Mu
erano in questo linguaggio. Inoltre tutti gli scritti Naacal
contenevano un significato esoterico e nascosto, conosciuto solo
dagli stessi Naacal e da coloro a cui essi insegnarono in prima
persona. Di questo linguaggio nascosto il sommo sacerdote
possedeva la chiave di lettura.
Churchward afferma nel suo libro di aver studiato questo
linguaggio antico per pi di due anni, ma ammise che senza laiuto
del suo anziano amico le tavolette non sarebbero mai potute
essere tradotte. Scopr che Mu si estendeva a nord delle Hawaii
fino al sud delle Fiji e dellIsola di Pasqua, ed era lhabitat originale
delluomo, un luogo meraviglioso in cui vissero i primi esseri
umani che in seguito colonizzarono la terra. Questo luogo fu
devastato da terremoti terrificanti e diluvi circa 12.000 anni fa,
svanendo in un vortice di fuoco e acqua.

26

Dopo circa un anno, completata lopera di traduzione, e


Churchward da quel momento in poi dedic l'intera sua vita alle
ricerche della terra madre, credendo fermamente nella nuova
storia della creazione del mondo: fu sullisola di Mu che nacque il
primo uomo.
Tutte le questioni scientifiche che si aggirano intorno alla
questione del continente perduto di Mu si basano sulle traduzioni
di due serie di antiche tavolette: le tavolette Naacal, scoperte come
finora descritto in India dal colonnello James Churchward, e una
grande collezione di tavolette di pietra oltre 2500 ritrovate nel
1921 da William Niven in Messico. Entrambe le serie hanno la
stessa origine ed in entrambe ci sono estratti dei Sacri Scritti
Ispirati di Mu.
Le tavolette Naacal erano scritte con i simboli e i caratteri Naga e,
la leggenda dice che furono scritte nella Terra Madre, poi portate

Fig. 6

Tabella con alcuni Glifi dei Nacaal. Dal libro I Simboli Sacri di Mu di
J. Churchward.

27

in Birmania e infine in India. La loro datazione estremamente


antica attestata dal fatto che la storia narra che i Naacal
lasciarono la Birmania oltre 15.000 anni fa. Non c una risposta
precisa, invece, di dove furono scritte le tavolette messicane di
Niven, ma si sa che per la maggior parte furono scritte con i
caratteri nordici o i simboli Uighur.
Ci che sembrerebbe invariato che entrambe le serie di tavolette
sono state scritte con lalfabeto di Mu, la Terra Madre. Se furono
scritte in Messico o nella Terra Madre e poi portate in Messico non
cosa nota, anche se la datazione di queste tavolette risale a oltre
12.000 anni fa.
Una parte delle tavolette di Niven parlerebbero di Mu, mentre
altre avrebbero fornito i collegamenti mancanti nella storia Naacal
della Creazione. Questi dati furono aggiunti nelledizione finale
delledizione Il Continente perduto di Mu di Churchward, con le

Fig. 7

Alcune tavolette in pietra appartenenti alla collezione di Niven.

28

relative decifrazioni e traduzioni.


Alcuni dei temi inclusi in queste tavolette americane erano: una
descrizione della Creazione nei minimi dettagli, la vita e la sua
origine nei minimi dettagli, la creazione della donna, lorigine e il
funzionamento delle Quattro Grandi Forze Cosmiche (oltre 1000
tavolette sarebbero state dedicate a questultimo argomento).
notevole come tanti punti di questa storia coincidano con il
racconto della Creazione proposto dalla Bibbia cristiana.
Le tavolette Naacal in cui Churchward si imbatt in Oriente erano
solo frammenti dei vari temi con molti collegamenti mancanti,
mentre quelle messicane non solo confermavano le tavolette
orientali, ma sopperirono a molti dei collegamenti mancanti.
Churchward riporta di aver speso oltre 50 anni in investigazioni,
ricerche ed esplorazioni per provare quanto aveva trovato scritto
in queste tavolette Naacal. E le tavolette messicane, come quelle
Naacal, indubbiamente stabilirono agli occhi del colonnello, e
con sua grande soddisfazione che un tempo la terra ebbe una
civilt molto antica, che fu per molti versi superiore alla civilt
contemporanea e che, con largo anticipo rispetto ai tempi
moderni, avevano conoscenze in ambiti importanti ed essenziali,
ambiti di cui il mondo attuale solo ora comincia ad avere
cognizione.
Queste tavolette testimoniavamo che la civilt dellIndia, della
Babilonia, della Persia, dellEgitto e dello Yucatan non erano che le
ceneri morenti della prima grande civilt. Pertanto le tavolette
messicane confermavano la tesi di Churchward, e furono definite
come i documenti pi antichi delluomo, in quanto questi non

29

sarebbero da ricercarsi n in Egitto n nella Valle dellEufrate, ma


in Nord America e in Oriente dove Mu piant le sue prime colonie.
Con il passare del tempo Mu finir con il trovarsi su un percorso
parallelo a quello di Atlantide: dopo 50.000 anni la parte
meridionale del continente sarebbe stata sconvolta da catastrofi
naturali come immani eruzioni e maremoti. La fine di Mu sar la
copia quasi perfetta della vicenda di Atlantide, di Creta, di
Santorini o di Krakatoa, mentre la vicenda umana si sarebbe
consumata lungo un arco di tempo di circa 37.000 anni.
Il parallelismo con Atlantide sembra tuttavia esistere solo sul
piano esoterico. Infatti circa 13.000 anni fa sarebbe iniziato anche
linabissamento di Atlantide, proprio mentre Mu completava il suo
ciclo finale con linabissamento della propria zolla tettonica. E in
questi 37.000 anni si sarebbe completata la deriva dei continenti,
e il mondo si sarebbe ritrovato con una geografia simile a quella
attuale.
Ma a questo moto estremamente lento, difficilmente pu aver
seguito lipotesi di un'immensa onda di marea che avrebbe
sconvolto il pianeta, e i pochi sopravvissuti allimmane cataclisma
erano probabilmente abbastanza numerosi per poter dare vita e
continuit per cos lungo tempo ai miti e alle leggende di un
perduto, favoloso passato.
Nella descrizione suggerita dal colonnello Churchward, Mu era
una sorta di terra immaginaria contrassegnata dalla perfezione,
un luogo in cui civilt e natura si amalgamavano in un ambiente
straordinario proposto come esempio di equilibrio e pace.
Una specie di paradiso perduto le cui caratteristiche non
corrispondono a nessun luogo reale.

30

Questa ricostruzione si basava sulla comparazione di fonti tra loro


molto diverse: fu infatti attraverso il riordinamento minuzioso dei
fatti e il recupero di connessioni mai evidenziate prima che
Churchward deline l'apogeo raggiunto dal continente perduto e,
poi, la sua fine.
La testimonianza della distruzione di Mu, la Madre Terra
dell'Uomo, darebbe la probabile soluzione del mistero delle razze
bianche nelle Isole del Sud Pacifico e renderebbe nota la
conoscenza di questa grande civilt che fior nel Pacifico centrale e
che si estinse quasi nel giro di una notte.
Queste tavolette diedero la prima traccia dell'esistenza di Mu e
spinsero le ricerche in tutto il mondo, tant che recentemente
sono venute alla luce testimonianze del passato, testimonianze di
vario tipo. Documenti di epoca posteriore scritti dai Maya, in
Egitto e in India raccontano e descrivono la distruzione della terra
di Mu, quando la crosta terrestre fu frantumata dai terremoti e
sprofond in un abisso di fuoco. Poi le acque agitate del Pacifico la
ricoprirono e si form una distesa di acqua laddove un tempo vi
era stata una meravigliosa civilt.
La conferma dell'esistenza di Mu sarebbe riscontrabile in
manoscritti antichi, tra cui un testo classico come il Ramayana,
poema epico ind scritto dal saggio e storico Valmiki, per ordine
di Narana, sommo sacerdote del tempio Rishi a Ayhodia, il quale
gli lesse i documenti antichi del tempio.
In un punto Valmiki cita i Naacal, dicendo: "...e vennero in
Birmania dalla terra della loro origine nell'Est .
Un altro documento che confermerebbe la storia delle tavole sacre
e di Valmiki il Manoscritto Troano, oggi conservato nel British

31

Museum. un antico libro Maya scritto nello Yucatan. Parlerebbe


della "Terra di Mu" utilizzando gli stessi simboli trovati in India, in
Birmania e in Egitto.
Altro riferimento il Codex Cortesianus, un testo Maya all'incirca
della stessa epoca del Manoscritto Troano. Ancora nel panorama
dei documenti vi il Documento di Lhasa.
Oltre alle documentazioni scritte, vi sono ruderi che, per la loro
ubicazione e per i simboli che li decorano, testimonierebbero
l'esistenza di Mu. In alcune Isole dei Mari del Sud, specialmente
nelle Isole di Pasqua, Mangaia, Tonga-tabu, Panape e Ladrone o le
Marianne, si troverebbero ancora oggi vestigia di vecchi templi di
pietra e altri resti litici che ci riportano all'epoca di Mu. A Uxmal,
nello Yucatan, un tempio distrutto reca iscrizioni commemorative
delle "Terre dell'Ovest, donde venimmo"; e la straordinaria
piramide messicana a sud-ovest di Citt del Messico, fu innalzata,
secondo le iscrizioni che reca, come monumento in memoria della
distruzione di quelle stesse "Terre dell'Ovest".
Infine, l'universalit di determinati simboli e usanze antiche,
scoperte in Egitto, Birmania, India, Giappone, Cina, Isole dei Mari
del Sud, America Centrale, Sud America, e presso alcune trib
indiane del Nord America e altri centri di antiche civilt sarebbe
un altro elemento a favore dell'esistenza della Terra Madre.
Simboli e usanze sono cos simili da indurre a pensare che
derivino da un'unica fonte: Mu.
Il continente era una vasta distesa di terreno ondulato che andava
da nord delle Hawaii verso sud. Tracciando una linea tra l'isola di
Pasqua e le Fiji si ha il suo confine meridionale. Copriva oltre 8000

32

Fig. 8 Mappa del 1926, dal libro The Lost Continent of Mu, Motherland of Man,
di J. Churchward.

chilometri da est a ovest e sui 5000 da nord a sud ed era formato


da tre zone divise l'una dall'altra da stretti canali o da mari.
Risalendo tempi remotissimi, sarebbe esistito un grande
continente nel mezzo dell'oceano Pacifico dove adesso "troviamo
solo acqua e cielo", e gruppi di isolette, che oggi sono chiamate le
Isole dei Mari del Sud. Nelle parti che non furono sommerse si
rintraccerebbero ancora ruderi di templi, tradizioni, sculture,
simboli sacri e testimonianze scritte.
Le testimonianze e le informazioni, basate sulla presunta epoca
del Manoscritto Troano, confermano che la terra di Mu esistette
fino al limite dell'era storica, ossia fino ad un periodo compreso
fra 12.000 e 12.500 anni fa. Sembrava che il continente
consistesse di tre terre separate, divise tra loro da piccoli mari o
stretti.

33

Il Manoscritto Troano e il Codex Cortesianus riportano che Mu era


terra di colline. Il documento greco parla di "pianure".
L'attivit vulcanica che fece sommergere Mu dalle acque fu il
preludio del sollevamento delle montagne. La dove la terra
affiorerebbe a piccoli tratti dall'oceano, con prove di risorse
continentali, sembra posarsi l'attenzione di chi vede in quelle
isolette frammenti o resti di un continente. Pezzetti di terra che,
popolati da selvaggi, distano migliaia di miglia da qualsiasi
terraferma, costituendo la prova pi solida utilizzata dai suoi
sostenitori, e che va al di l di reperti, iscrizioni, tradizioni,
dimostrando che in epoca preistorica vi fu un continente e che
quel continente fu popolato da esseri umani molto evoluti.

1.4 Mu esoterica
Molto presto, come gi era accaduto per Atlantide, Mu assunse
una dimensione extra-fisica ed esoterica. Ma prima di arrivare a
Mu, sia studiosi sia scrittori di leggende parlano di un altro
continente sommerso: la leggendaria terra di Lemuria, la culla
delluomo.
Prima di Atlantide, sommersa dalle grandi onde dell'oceano
Atlantico, e di Mu, altro continente perduto disgregato da migliaia
di vulcani della zona del Pacifico, il vasto continente di Lemuria
aveva ospitato i primi fra gli uomini.
Quando Philip L. Slater, zoologo inglese del XIX sec., parler di un
terzo continente perduto, la vicenda di Mu inizier a complicarsi.
Slater imposter il proprio lavoro sulla base di analogie

34

riscontrate nellevoluzione biologica e ambientale tra le coste


dell'Africa, dell'India e della Malesia, con particolare riferimento ai
lemuri del Madagascar. Da quelle proscimmie Slater trasse il nome
di "Lemuria".
Ma la Lemuria di Slater non corrisponde a ci che i geologi
chiamavano con lo stesso nome, ossia un continente o un subcontinente che nella futura teoria della deriva dei continenti di
Wegener potrebbe aver unito l'Africa all'Asia nellera giurassica.
Il clima scientifico ottocentesco dipendeva da Charles Darwin, e
l'ipotesi che in un lontano passato fosse esistita unennesima terra
scomparsa fece gran clamore. Ma lidea di una terra perduta quale
luogo dorigine dellumanit sembrerebbe parsa molto pi
irresistibile agli occultisti, e pertanto Lemuria si aggiunta alle
loro concezioni cosmologiche.
La fondatrice della teosofia, Madame Blavatsky (1831-1891),
considerata da alcuni una
grande mistica, da altri
una ciarlatana. Nel corso
della sua movimentata
carriera, da cavallerizza
nei circhi da medium
spiritista,

acquis

una

buona conoscenza della


magia occidentale e della
filosofia orientale.
Madame Blavatsky asseriva di aver viaggiato per
il

mondo

intero

alla
Fig. 10 Helena Petrovna Blavatsky.

35

ricerca della sapienza occulta, che trov in Tibet, ai piedi del


Mahatma13. Costui, cos affermava, dominava il mondo emettendo
correnti di una misteriosa forza. I molti volumi componenti la sua
opera principale, La Dottrina Segreta, derivano dal Libro di Dzyan,
un antico testo di Atlantide che il Mahatma le aveva mostrato
durante una trance.
La dottrina segreta proclamava levoluzione del genere umano
attraverso Sette Razze Stirpe, di cui la Terza era quella dei
Lemuriani. Non erano pi quindi tre le razze, come ipotizzate
dallaltro grande esoterista Max Heindel.14
Questi antichi esseri, creature gigantesche simili a scimmie,
vivevano in un continente che occupava gran parte dellemisfero
meridionale. Alcuni possedevano quattro braccia, altri un terzo
occhio dietro la testa; comunicavano tramite la telepatia; bench
non possedessero un cervello nel senso proprio del termine, erano
capaci,

mediante

lesercizio

della

volont,

di

spostare

letteralmente le montagne. Infine Lemuria esplose e fu seguita


dallinabissamento di Atlantide, fino ad arrivare al mondo che oggi
conosciamo.
Secondo gli occultisti, esistono tuttora dei discendenti del
Lemuriani gli attuali Aborigeni, gli Ottentotti e i Papua.

13

Mahatma un termine sanscrito composto da due parole "Maha" che

significa "grande" e "Atma" che significa "anima", pu essere quindi


tradotto come "Grande Anima". Questo epiteto stato attribuito ad alcuni
personaggi come Mohandas Karamchand Gandhi e viene usato per indicare
adepti, anime liberate o anche professionisti.
14

esoterista tedesco. Considerato il leggendario fondatore dell'Ordine dei

Rosacroce.

36

Dolo la morte di Madame Blavatsky, altri teosofi elaborarono un


quadro pi preciso.
Nella sua Storia di Atlantide e del continente perduto di Lemuria ,
William Scott-Elliott scrive che i Lemuriani erano alti quasi 4,5
metri e di carnagione bruna. Avevano visi appiattiti, privi di fronte
ma provvisti di mascelle sporgenti. Gli occhi erano cos distanziati
fra loro da consentire la vista laterale, oltre che frontale. E la
caratteristica pi particolare erano i talloni, talmente lunghi
posteriormente da permettere loro di camminare sia in avanti che
allindietro.
I Lemuriani erano originariamente ermafroditi ovipari, ma con il
tempo finirono per riprodursi alla maniera umana. Quando
cominciarono a incrociarsi con animali, dando luogo alle scimmie,
le entit sovrannaturali che li avevano aiutati a evolversi si
rifiutarono di assisterli oltre. Al loro posto subentrarono i Signori
della Fiamma, nativi di Venere, che dischiusero ai Lemuriani la
via per raggiungere limmortalit e la reincarnazione. Ma proprio
quando si erano ormai civilizzati e avevano quasi assunto aspetto
umano, Lemuria sprofond nel mare.
Nel

frattempo

altri

occultisti

avevano

spostato

Lemuria

nellOceano Pacifico, dove si fuse al continente perduto di Mu.


Tra gli anni '20 e '40 dello scorso secolo, Edgar Cayce, il cosiddetto
"Profeta Dormiente", divenne famoso soprattutto per le sue
convinzioni su Atlantide. I suoi monologhi avvenivano sempre
durante uno stato di semi-trance e, al suo risveglio, non si
ricordava nulla di quanto aveva detto. Durante questo inusuale
processo, Cayce era convinto che la sua mente o forse l'anima
fosse in grado di utilizzare quello che Carl Jung chiamava

37

"inconscio collettivo", per


attingere alle memorie
del

passato,

inclusa

Atlantide.
Molto meno note furono
le descrizioni di Cayce di
una civilt precedente:
l'Impero

di

nell'Oceano

Pacifico

Mu
o

Lemuria. Una delle cose


che

disse

era

che

l'Andrea (la costa sul


Fig. 11 Edgar Cayce.

Pacifico del Sudamerica)

occupava in epoca antidiluviana l'estrema porzione orientale della


Lemuria. Quando fece questa dichiarazione, circa 70 anni fa, gli
oceanografi sapevano ben poco di quanto giacesse sotto il Pacifico.
Nelle sue Letture del Libro della Vita (o Cronache di Akasha)
descrisse Lemuria come una catena ininterrotta di arcipelaghi ed
isole che collegavano il Pacifico dalla costa del Sud-America fino al
Giappone.
Dal momento che n Atlantide n Lemuria erano continenti in
senso stretto geologico, rimane il fatto che entrambe furono
effettivamente "continentali" in quanto terre con larga influenza e
vasta estensione culturale.
La civilt del Pacifico era nota sia come "Lemuria" sia come "Mu",
entrambi questi nomi appaiono alternativamente attraverso le
tradizioni mitologiche, senza che si possa riscontrarne alcuna
differenza nel significato.

38

Nei racconti di Cayce ci perviene che i Lemuriani di razza scura


furono i primi della grande migrazione di stranieri che
raggiunsero il Per. Altri Lemuriani neri viaggiarono verso le
Americhe, dove parteciparono alla civilizzazione Olmeca del
Messico, e furono poi immortalati dalle enormi teste scolpite in
pietra dai loro antichi artigiani. La razza scura di cui parlava Edgar
Cayce sembrerebbe esser stata la maggioranza della popolazione
nativa di Lemuria, i cui discendenti comprenderebbero a suo
avviso anche i moderni polinesiani.
Churchward, che pubblic i suoi libri decenni prima che il
materiale di Cayce fosse universalmente noto, dichiar a sua volta
che una razza scura risiedeva a Mu, mentre l'aristocrazia era
regolata da una razza bianca.
Tornando a Cayce, egli divulg le seguenti informazioni in risposta
alla questione concernente l'aspetto della superficie terrestre
durante lo Zenith della grandezza Atlantidea: "Quindi, questa
porzione di terra, che era dunque il Sud Pacifico di Lemuria [Mu],
inizi a sparire ancor prima di Atlantide, a causa dei cambiamenti
che si stavano verificando verso l'ultima parte di quel periodo, che
sarebbe stato chiamato o 10.700 anni di luce o anni terrestri, o
presentandoli come Adamo. 15
Nel suo Libro della Vita, Cayce disse ancora: "Lemuria inizi a
scomparire nell'8.700 a.C." E geologicamente sarebbe pi
concepibile che il processo di totale inabissamento abbia
impiegato millenni per completarsi, piuttosto che con un
improvviso sconvolgimento naturale.
15

Cayce E. (1998), Edgar Cayce on the Akashic Records: The Book of Life, Are

Pr, U.S.A.

39

Cos come l'arcipelago di Mu cedette davanti alla forza usurpatrice


del mare, anche i Lemuriani si ritrovarono con meno territorio e
furono costretti a migrare. Cayce ci racconta che i Lemuriani
erano molto diversi dagli imperialistici Atlantidei e potevano
essere riluttanti a farsi valere in terra straniera, tendendo verso
un auto-imposto isolamento.

40

2 IL PANORAMA SCIENTIFICO
DEL XIX SECOLO

2.1 Le teorie sulle terre scomparse


Pi che le sole storie di studiosi dellocculto a supportare
lesistenza di continenti scomparsi, gli stessi scienziati del XIX
secolo avanzarono lipotesi di un continente perduto per spiegare
linsolita distribuzione della flora e della fauna attorno allOceano
Indiano.
I nomi Lemuria e Mu sono stati usati in maniera indistinta per il
continente perduto, sebbene Churchward lo chiamasse esclusivamente Mu.
Letimologia e per lo pi confusa, ma sembra come si detto
che Lemuria ricevette il suo nome per la prima volta da Sclater nel
1870, il quale incuriosito dalla presenza dei lemuri sia in
Madagascar che in India e dalla loro assenza in Africa e nel mediooriente, propose la teoria secondo cui queste due terre, un tempo,
sarebbero state parte di un continente pi grande, chiamato
Lemuria proprio dal nome dei lemuri.
Ma andiamo con ordine.
Nei dibattiti scientifici di alto livello, alla luce delle acquisizioni
scientifiche del tempo, la questione di Atlantide era uno degli
argomenti pi dibattuti. Il giovane avvocato, Charles Lyell, fin da
studente dimostr pi interesse per la geologia che per i testi
giuridici. Lindebolimento della vista che gli rendeva difficile la
lettura lo spinse a dedicare sempre pi tempo alla geologia che

41

studiava recandosi direttamente ad osservare i fenomeni naturali.


Fu cos che divent un celebre geologo. Nel 1830 appoggiava
l'idea che potessero esistere antichi continenti scomparsi come
Atlantide, che sebbene fosse una favola pi che un evento
storico, poteva geologicamente essere esistita. Cos a met
dell'Ottocento il mito atlantideo riscuoteva grande successo in
materie come la biogeografia (la disciplina che studia la
distribuzione di esseri viventi sulla terra).
Nel 1846 Edward Forbes, insegnante di botanica al King's College
di Londra, scrisse una lettera a Charles Darwin, nella quale
tentava di convincerlo della validit dell'ipotesi riguardo
l'esistenza di una vasta regione che in passato giaceva nel mare
tra il nord della Spagna e le coste dell'Irlanda, l'ipotesi pi
plausibile a spiegare la distribuzione delle specie vegetali in
regioni oggi cos distanti tra loro e separate dal mare.
Darwin era perplesso riguardo tale ipotesi e in seguito si rifiut di
supporre la presenza di antichi ponti terrestri fra le zone emerse
di terra, favorevole pi che altro ad ammettere altre possibilit di
trasmissione dei semi delle piante.
Nonostante Darwin si fosse espresso, in quegli anni vennero
proposte all'attenzione della comunit scientifica nuove teorie
simili a quelle di Forbes, e lo stesso Charles Lyell si schier dalla
parte dei sostenitori dei ponti continentali.
Ma nel 1859 Darwin pubblic il suo rifiuto alla teoria di Forbes e
in generale verso tutte quelle relative all'esistenza di antiche
masse continentali nel suo libro On the Origin of Species, un testo
che avrebbe cambiato radicalmente la comprensione della
esistenza dell'uomo sulla Terra.

42

Darwin sperava cos di mettere a tacere definitivamente tutte le


divagazioni su Atlantide e su lembi di terra. Speranze vane, in
quanto non solo la teoria di Atlantide come ponte continentale
continu a rimanere viva, ma se ne affianc un'altra destinata ad
una simile notoriet.
La pubblicazione di Darwin aveva posto un dilemma agli
scienziati: se specie simili si erano evolute in un dato luogo a
partire da un antenato comune, come spiegare lesistenza di
animali come il lemure, che vive principalmente nel Madagascar
oltre alcuni esemplari insediati nella vicina Africa e che
altrimenti ritrovabile solo in India e nellarcipelago malese? Altri
animali e piante sollevavano lo stesso problema: come erano
riusciti ad attraversare lOceano Indiano. La risposta pi ovvia era
postulare lesistenza di un ponte di terra o di un istmo oggi
sommerso.
I geologi presero anchessi parte al dibattito facendo presente la
somiglianza fra alcune rocce e fossili dellIndia centrale e
dellAfrica meridionale. Era ormai nato un nuovo continente,
esteso fra lAfrica e lIndia, che sarebbe esistito allepoca in cui i
lemuri si evolvevano.
Secondo la teoria evoluzionistica di Darwin, luomo discende dalla
scimmia, ma il legame fra le due specie non era comprovato da
fossili.
Anche il naturalista tedesco Ernst Heinrich Haeckel ricorse a
Lemuria come possibile culla dellumanit. Egli fu un fervido
sostenitore dellesistenza del continente perduto. Principale
sostenitore e instancabile difensore delle teorie dellevoluzione di
Darwin in Germania, nel 1868 pubblic la Storia della creazione

43

naturale, una delle sue opere


pi famose. Questo testo ebbe
un grandissimo successo a
livello internazionale.
Haeckel

delineava

una

genealogia evoluzionistica di
tutti gli esseri viventi, in
particolare sosteneva che gli
antenati pi remoti dell'uomo
fossero dei primati originari
di una terra, oggi sommersa,

Fig. 12 Ernst Haeckel, 1883.

che si estendeva dall'Africa


meridionale fino all'India. Una terra in grado di spiegare la
distribuzione dei cosiddetti lemuridi (e di altre specie) sia in
Madagascar sia in Malesia: Lemuria, come culla dellumanit.
Intorno al 1870 egli scrisse: vi sono varie circostanze e
soprattutto

fatti

di

ordine

cronologico indicanti che la


dimora originaria delluomo fu un
continente oggi inabissato nelle
acque dellOceano Indiano.
Ma il nome Lemuria fu inventato
da Philip Lutley Sclater, un nome
importante nella biogeografia della
seconda met del XIX secolo.
La sua ipotesi che un tempo l'India
e
Fig. 13 Philip Sclater.

l'Africa

meridionale

fossero

collegate da un grande territorio in

44

un tempo antico, era stata inizialmente proposta anche da alcuni


geologi che erano intenti a studiare le analogie fra le formazioni
geologiche delle due zone. Tuttavia Haeckel, con il suo ponte di
terra, spiegava la distribuzione abbondante dei Lemuri sia in
Madagascar sia in Africa e India.
Le teorie di Haeckel rafforzavano la convinzione che la storia
dell'universo, del sistema solare e della Terra dovessero essere
spostate pi indietro nel tempo rispetto alla cronologia
tradizionale secondo la quale la creazione sarebbe avvenuta non
oltre il 4000 a.C.
In ambito geologico e paleontologico vennero introdotti 3 nuovi
periodi che allungavano la cronologia relativa alla storia della
Terra (e, di conseguenza, della presenza di vita sul pianeta). Ma
l'idea che la storia dell'uomo non corrispondesse a quella narrata
nella Sacre Scritture risult essere un'eventualit difficile da
accettare, e alcuni ricercatori del tempo pur avendo preso in
considerazione l'antichit della Terra, continuava a sostenere che
relativamente all'uomo gli scienziati dovessero attenersi
fedelmente alle informazioni nella Bibbia.
Nel 1816, Christian Jurgensen Thomsen (direttore del Museo
archeologico di Copenaghen) aveva suddiviso la storia dell'uomo
in tre epoche (l'Et della Pietra, del Bronzo e del Ferro), creando
cos uno schema cronologico utilizzato a lungo dagli archeologi,
mentre fra il 1850 e il 1860 vennero alla luce prove sempre pi
numerose di resti umani appartenenti ad epoche pi antiche
rispetto alla supposta datazione del Diluvio Universale.
Cos dopo la pubblicazione dellOrigine della Specie di Darwin

45

molti testi furono dedicati al


tema

dell'origine

dell'antichit
(questione

dell'uomo
che

Darwin

aveva inizialmente escluso


dalla sua trattazione).
Nel 1863 Lyell pubblic le
Geological evidences of the
antiquity of man, mentre
Fig. 14 Alfred Russel Wallace.
.

l'anno

successivo

Alfred

Russel Wallace il naturalista che aveva sviluppato la teoria della


selezione naturale con Darwin scrisse il saggio The origin of
human races and the antiquity of man deduced from the theory of
natural selection.
Charles Darwin, infatti, non fu il solo naturalista britannico a
elaborare una teoria evolutiva alla met del XIX secolo. Alfred
Russel Wallace svilupp autonomamente la tesi della selezione
naturale e coni lespressione sopravvivenza del pi idoneo.
Wallace appoggi lipotesi avanzata da Haeckel di un continente
perduto e scrisse che Lemuria rappresenta quella che fu
probabilmente una regione zoologica primaria in una lontana
epoca geologica. Se bisogna supporre che comprendesse lintera
area

attualmente

abitata

dai

Lemuridi,

allora

dobbiamo

immaginarla estesa dallAfrica occidentale alla Birmania, alla Cina


meridionale e a Celebes.
Nel 1865 John Lubbock, uno dei padri dell'antropologia moderna,
pubblic il celebre Prehistoric times introducendo le parole
Paleolitico e Neolitico, per suddividere per la prima volta le

46

diverse fasi dell'Et della Pietra. In questo modo contribuiva in


maniera decisiva alla sostituzione della cronologia fino ad allora
accettata, con la credenza di un remoto passato dell'uomo.
Sempre pi in questi anni continuavano ad emergere prove
convincenti della comparsa dell'uomo sulla Terra in un'epoca
molto remota, cos molti scienziati e uomini di cultura iniziavamo
a pensare che l'inizio della civilt andava retrodatato rispetto alle
stime tradizionali.
Molti archeologi nutrivano la convinzione che esistesse un'origine
comune delle grandi nazioni dell'antichit, dando vita al
diffusionismo, un paradigma interpretativo nuovo e di successo
fino alle met del Novecento.
I sostenitori della teoria diffusionista affermavano l'impossibilit
che una stessa invenzione o innovazione potesse presentarsi due
volte in luoghi diversi, pertanto tutte le conoscenze dovevano
esser state trasmesse da un luogo originario, che secondo alcuni
studiosi era l'antico Egitto, per altri era in diverse regioni
dell'Asia, per altri ancora il centro di diffusione era da ricercarsi
nella mitica Atlantide o nella leggendaria Lemuria.

47

2.2 Dal mito alla scienza: sull'origine dell'uomo


Nel 1859 comparve per la prima volta L'Origine delle Specie di
Darwin, ma non era nuova l'idea dellevoluzione degli organismi.
Da circa un secolo molti autori l'avevano sostenuta e discussa
senza tuttavia ottenere per essa una sufficiente credibilit
scientifica.
Nella seconda met del Settecento, specialmente in Francia, alla
iniziale concezione della scala naturale che vedeva in ogni forma
vivente una realt fissa e statica, si era venuta contrapponendo
una visione storica e dinamica della natura. Gi Buffon, a met del
XVIII secolo, nella sua grande opera Histoire naturelle aveva
sviluppato l'idea di una storicit della natura rifiutando la
cosmogonia biblica che fissava in seimila anni il periodo di tempo
trascorso dall'inizio della storia del mondo.
Maupertuis aveva abbozzzato un'ipotesi geniale sullevoluzione
degli organismi e Buffon,
analizzando in pi punti
della

sua

opera

questa

possibilit, ritenne in ogni


caso

che

l'ipotesi

dellevoluzione non fosse


sufficientemente

provata

dai fatti.
L'idea

di

una

continua

trasformazione degli esseri


viventi trov un convinto
assertore in Diderot che
Fig. 15 Charles Darwin.
.

48

vedeva in essa una necessaria conseguenza della sua concezione


materialistica, per cui tutta la realt coinvolta in un perenne
flusso di mutamenti. Tale idea di trasformazione dei viventi era
legata alla concezione che la materia avesse una continua ed
autonoma capacit creatrice, e la generazione spontanea,
nuovamente asserita per gli organismi pi semplici da vari autori
di questo periodo, sembrava costituire una delle prove pi
convincenti di questa concezione. Ma l'idea di un rinnovato
prodursi di forme viventi nelle varie epoche della natura doveva
essere elaborata con maggior successo da alcuni autori che
tentarono di conciliarla con il creazionismo tradizionale e
rifiutando la concezione materialistica.
Robinet e Bonnet, pur seguendo una diversa impostazione
scientifica e filosofica, ammisero ad esempio una successiva
comparsa di nuove forme di organismi nelle epoche passate della
terra. Bonnet in particolare cercava di conciliare in questo modo
l'idea di ascesa e di perfezionamento della natura con quella di un
atto unico di creazione che non richiedesse un successivo
intervento di dio nel mondo. Lamarck, invece, svilupp la sua
ampia

approfondita

teoria

dell'evoluzione

all'inizio

dell'Ottocento senza alcuna preoccupazione di salvare il


creazionismo. Seguendo il pensiero di molti illuministi la natura
per lui un ordine autonomo della realt che pu realizzare il piano
divino solo in base alle sue proprie leggi. Tale piano comport per
Lamarck lipotesi di un graduale e progressivo perfezionamento
degli organismi, destinato a culminare nell'uomo e a realizzarsi
mediante una tendenza necessaria della materia vivente a

49

differenziarsi in forme sempre pi complesse che seguono un


disegno uniforme ed ordinato.
I temi del naturalismo illuministico e l'idea di un progressivo
perfezionarsi delle forme, che potevano realizzare nel tempo la
loro ascesa lungo la scala della natura, trovarono in Germania
un'eco importante in Goethe, il quale tendeva a vedere nella
continuit delle forme viventi la metamorfosi ideale di una forma
percepita direttamente nell'esperienza.
Nel complesso le varie teorie dell'evoluzione che vengono
formulate tra il Settecento ed i primi anni dell'Ottocento si
rifacevano a dei procedimenti esplicativi che apparvero ben
presto di carattere speculativo o comunque ipotizzavano processi
o forze vitali che la nuova fisiologia, che sorgeva allora in Francia
su basi pi strettamente empiriche, doveva fatalmente respingere.
Questa debolezza nell'individuare le cause dell'evoluzione non
toglie per a tali autori il merito di aver sviluppato alcuni
argomenti importanti a favore dell'esistenza di un processo
evolutivo.
Fra gli argomenti pi o meno implicitamente addotti ve ne era uno
di carattere filosofico generale, condiviso da molti sostenitori di
una concezione di tipo materialistico o teistico. Per costoro
l'universo poteva essere soggetto ad un flusso continuo di
trasformazioni che doveva coinvolgere anche gli organismi o
comunque si doveva ritenere che con la creazione divina del
mondo fossero state fissate soltanto le leggi in base alle quali
doveva scaturire e svilupparsi necessariamente la vita in tutte le
sue forme.

50

Le complesse indagini sviluppate fra il Settecento e l'Ottocento


sulle variazioni delle specie erano volte soprattutto a stabilire dei
criteri precisi nell'opera di classificazione pi che a gettare luce
sul problema generale dell'origine dei viventi. Questo problema
sembrava a molti del tutto irrisolvibile.
Un altro argomento su cui si basavano nel Settecento alcuni
sostenitori della teoria evoluzionistica degli esseri viventi era
l'esistenza di un piano fondamentale nella forma anatomica degli
organismi che avrebbe indicato la loro discendenza da un essere
primitivo.
Il ritrovamento di resti fossili di organismi, considerati a lungo dai
teologi e dai naturalisti come la testimonianza del diluvio biblico,
era stata considerata a poco a poco come la traccia di molteplici e
profondi cambiamenti nel passato della terra che avevano dovuto
coinvolgere anche le forme viventi. Si era cos giunti nel
Settecento, attraverso gli studi geologici, all'idea che tali
cambiamenti si erano svolti in epoche successive, che alcuni
consideravano coincidenti in modo simbolico coi sei giorni della
creazione.
Malgrado la nuova concezione storica della natura, sviluppata
specialmente nell'opera di Buffon, e l'eventuale ammissione di
una successiva comparsa delle forme viventi, il clima culturale
prevalente nel Settecento era per ancora favorevole al
creazionismo e quindi all'idea che un breve periodo di tempo
fosse trascorso dall'inizio del mondo. Appariva perci difficile
ammettere che le passate vicende della natura si fossero svolte
per effetto delle semplici forze naturali. Si riteneva perci che le
azioni delle acque o eventualmente quelle del calore responsabili

51

delle passate trasformazioni della terra si fossero prodotte in


modo violento, e cio attraverso catastrofi.
Solo mediante tali catastrofi si poteva ammettere che in un tempo
relativamente breve le acque avessero raggiunto e poi
abbandonato le attuali montagne lasciandovi resti fossili di
animali marini. Solo in tal modo si riusciva a conciliare il racconto
biblico con la storia della terra considerando il diluvio universale,
l'ultima delle grandi catastrofi note alla memoria dell'uomo.
Cuvier nello sviluppare le sue ricerche paleontologiche ed in
particolare nel Discorso sulle rivoluzioni della superficie del globo
(1812) si fece convinto assertore del catastrofismo giungendo
anche attraverso di esso a negare la teoria dell'evoluzione. Cuvier
non si pronuncia sul periodo di tempo n sulle cause precise delle
successive catastrofi che avevano distrutto gli abitanti della terra.
Era comunque sicuro che tali cause avevano agito violentemente
in un modo che non era pi attualmente osservabile.
La nuova paleontologia sviluppata nell'ambito del catastrofismo
risultava,

quindi,

una

nuova

confutazione

della

teoria

evoluzionistica. Resti fossili di uomini non erano stati ancora


trovati nei primi decenni dell'Ottocento e quindi appariva ovvio
secondo Cuvier che la loro comparsa sulla terra doveva essere
molto

recente

risalire

al

doveva
periodo

precedente l'ultima grande


catastrofe:
universale

il
narrato

diluvio
dalla

Bibbia.
Fig. 16 Il volume del testo biblico,
in ebraico.
.

52

Descrizioni di un diluvio universale che avrebbe inondato le terre


e sterminato le popolazioni del mondo sono dovunque ricorrenti
tra i miti dell'antichit. In molti casi questi miti alludono al fatto
che il diluvio spazz via una civilt avanzata che in qualche modo
aveva fatto adirare gli dei, non risparmiando nessuno e
obbligando i soprav-vissuti a "ritornare bambini, non sapendo
niente di quanto sia avvenuto nei tempi antichi.16
Storie di questo tipo possono esser trovate nelle Americhe
precolombiane, nell'antico Egitto, nell'India vedica. Compaiono
anche nei racconti dei sumeri, dei babilonesi, dei greci, degli arabi
e degli ebrei. E sono presenti anche nei racconti cinesi, del sud-est
asiatico, dell'Europa settentrionale e da un capo all'altro
dell'Oceano Pacifico.
Laddove si sono conservate tradizioni molto antiche, sono state
tramandate perfino tra i popoli delle montagne e i nomadi del
deserto delle vivide descrizioni di diluvi universali in cui la
maggior parte del genere umano stata distrutta.17
opinione diffusa tra gli accademici e da un secolo a questa
parte che i miti siano o pura fantasia o la rielaborazione
fantastica di diluvi locali e limitati, causati da straripamenti di
fiumi o da ondate di marea.18
Sappiamo da tempo, commentava lantropologo J. G. Frazer, nel

16

Platone (1984), Timeo, trad. C. Giarratano in Platone, Opere complete,

Laterza, Bari.
17

Frazer J. G. (1918), Folklore in the Old Testament, vol. I, 104.361,

Macmillan, Londra.
18

Alan Dundes (1988), The Flood Myth, I, University of California Press,

Berkeley.

53

1923, "che leggende su una grande alluvione in cui quasi tutti gli
uomini perirono sono ampiamente diffuse in tutto il mondo. Storie
di cataclismi cos spaventosi sono certamente favolose, ma
possibile e anzi probabile che sotto un guscio mitologico molti di
questi racconti possano nascondere un nucleo di verit: vale a dire
che possano contenere reminiscenze di inondazioni che realmente
colsero di sorpresa particolari regioni, ma che quando furono
tramandate come tradizioni popolari sono state ingrandite e sono
diventate catastrofi su scala mondiale.
Gli studiosi insistono ancora oggi a vedere le storie del diluvio
come memorie ampiamente distorte ed esagerate di disastri
locali realmente verificatisi. Non esiste una leggenda unica sul
Diluvio, ma un insieme di tradizioni cos diverse che non possono
essere spiegate n con una sola catastrofe generale n con la
disseminazione di una sola tradizione locale. Le tradizioni sul
Diluvio si trovano presso quasi tutti i popoli, principalmente
perch le inondazioni sono perlopi le pi universali di tutte le
catastrofi geologiche.19
Non tutte le principali correnti di pensiero accademiche seguono
questa linea, ma tra coloro che non la seguono sembra sussistere
un accordo generale per cui quasi ogni spiegazione (per quanto
stravagante) pi accettabile della semplice interpretazione
letterale del mito dell'inondazione.
"Il mito una metafora una proiezione cosmogonica dei dettagli
salienti della nascita dell'uomo allo stesso modo in cui ogni

19

Dorothy B. Vitaliano, The Deluge", in Legends of the Earth: their geologic

origins, Indiana University Press, p. 142-78.

54

bambino generato da una "inondazione" di liquido amniotico"20,


questa una delle posizioni autorevoli e accettabili riguardo al
problema, di Alan Dudes, professore di Antropologia e Folklore
all'Universit di California.
Probabilmente tale modo di pensare non sopravvivr a lungo alla
costante accumulazione di prove scientifiche che suggeriscono
una serie di giganteschi cataclismi (come quelli descritti nei miti
del diluvio), che cambiarono completamente la faccia della terra
tra i 17.000 e gli 8.000 anni fa.
Lo speciale interesse di Lyell per l'opera di Lamarck pu in parte
spiegarsi considerando che l'autore francese aveva sviluppato la
sua teoria tenendo presente alcune delle istanze dell'uniformismo: una scala di tempo praticamente illimitata, l'individuazione per spiegare il passato della terra di processi geologici
identici a quelli attualmente osservabili.
Pur respingendo la teoria di Lamarck, Lyell ottenne l'effetto di far
conoscere ampiamente l'autore francese in Inghilterra e sembra
che lo stesso Spencer si sia convinto dell'evoluzionismo attraverso
l'analisi fattane da Lyell.
Ma ancora prima di Lamarck, Erasmus Darwin era giunto in
Inghilterra ad una simile concezione evoluzionistica non soltanto
seguendo la via ancora incerta della geologia, o quella pi
suggestiva dell'anatomia comparata, ma soprattutto partendo dal
problema della riproduzione e dello sviluppo embrionale.
Erasmus Darwin fu una figura preminente nel suo tempo. Godette
di grande fama come medico e la Zoonomia cos come altre sue
20

Alan Dundes (1988), The Flood Myth, I, 1, University of California Press,

Berkley.

55

opere vennero tradotte in diverse lingue, fra cui l'italiano. Fu


anche fra i promotori della Societ lunare che si fece
propugnatrice in Inghilterra delle idee illuministiche.
Ci nonostante difficile valutare quanto del suo pensiero sia
stato ripreso nei successivi sviluppi della teoria dell'evoluzione.
Qualcuno ha voluto pensare ad una sua influenza su Lamarck,
molti invece vedono l'importanza della sua opera soprattutto
nell'effetto che essa avrebbe avuto sul nipote Charles.
William Wells, occupandosi in particolare dellorigine delle razze
umane, indic l'esistenza di un rapporto fra selezione artificiale e
selezione naturale. Anche James Cowles Prichard tratt dello
stesso problema antropologico rilevando per l'importanza della
selezione sessuale.
Fra questi autori pi notoriet ebbe William Lawrence, nel 1819,
per la sua Natural history of man, la quale suscit l'immediata
reazione della chiesa e degli ambienti universitari che in
Inghilterra erano sotto stretto controllo ecclesiastico.
Nei primi decenni dell'Ottocento, la formulazione pi precisa della
teoria dell'evoluzione per selezione naturale si ebbe tuttavia in un
breve scritto del 1831 di un oscuro botanico scozzese Patrick
Matthew. Questi, pur muovendo dalla concezione del catastrofismo, respinge l'idea di un intervento soprannaturale che
instauri dopo ogni cataclisma nuove forme di vita. In seguito a
ciascuno degli eventi catastrofici, le poche forme sopravvissute
varierebbero casualmente, mostrando una notevole plasticit di
fronte alle nuove condizioni ambientali.
Darwin stesso riconobbe i meriti di Matthew, la cui teoria nel
complesso dimostra come il progressionismo, sostenuto dai

56

catastrofisti, poteva effettivamente costituire una delle matrici


storiche della teoria dell'evoluzione.
Il completo silenzio in cui cadde il breve scritto di Matthew
contrasta con il grande successo ed il clamore suscitati dall'opera
di Robert Chambers che usc anonima nel 1844 con il titolo
Vestiges of the natural history of creation (Le vestigia della storia
naturale della creazione). L'autore era editore e giornalista, e
scelse prudentemente l'anonimato temendo che il contenuto della
sua opera potesse suscitare reazioni eccessivamente sfavorevoli
alla propria attivit professionale.
Chambers assunse dalla concezione progressionista l'idea di un
aumento graduale di complessit delle forme viventi. Come
Lamarck egli riconduce le cause dell'evoluzione a due principi
fondamentali: un principio interno agli organismi che produce
un'organizzazione sempre pi complessa che si realizza
conformemente ad un piano divino; un altro principio interno a
ciascun organismo che lo conduce a variare in base alle sue
particolari tendenze.
Chambers, per quanto dilettante ed autodidatta in campo
scientifico, riusc ad elaborare l'ampio materiale che poteva essere
sino a quel momento disponibile. Non mancavano per ingenuit
ed errori contro i quali si accanirono i rappresentanti della cultura
ufficiale accademica ed ecclesiastica.
Come osserva Loren Eiseley, quando Darwin pubblic nel 1859
L'Origine delle Specie, Robert Chambers aveva attirato molta della
prima ira dei critici, ed il pubblico intelligente era almeno
ragionevolmente preparato a una pi abile e scientifica
presentazione dell'argomento.

57

L'interrogativo su quando nei


miliardi di anni di storia della
Terra si furono formati i
continenti, e se questi hanno
subito modificazioni o si sono
conservati sempre uguali e simili
sin dalle loro origini, fu un tema
scientifico molto discusso nel XIX
secolo. Lipotesi della deriva dei
continenti viene oggi attribuita ad
Alfred

Wegener,

meteorologo

astronomo e

tedesco,

il

quale

Fig. 17 Alfred Wegener.


.

sosteneva che molti dei problemi affrontati dai naturalisti e dai


geologi negli ultimi due secoli potevano essere facilmente
spiegabili ipotizzando un'antica origine comune dei continenti.
Cos inizi a lavorare su delle idee che formul nel 1912 nel libro
La formazione dei continenti e degli oceani, destinato a diventare
un classico della storia della scienza.
Ma egli non fu il primo ad ipotizzare che il mondo non sempre
stato cos come oggi lo si vede.21
I grandi viaggi di esplorazione del XVI secolo avevano consentito il
disegno delle prime rudimentali carte geografiche del mondo su
cui balz subito l'attenzione sulla strana concordanza del profilo
costiero dellAfrica e del Sud America che si affacciano
sullAtlantico.
21

Alfred Wegener (1942), La formazione dei continenti e degli oceani (Die

Entstehung der Kontinente und Ozeane), trad. dal tedesco di Clara Giua,
Torino: G. Einaudi, Tip. L. Rattero.

58

Gi nel lontano 1620, il filosofo e saggista inglese Francesco


Bacone nel suo trattato Novum Organum, in riferimento a questa
osservazione, pur ammettendo che la circostanza non poteva
essere un fatto del tutto casuale, non faceva cenno ad una
eventuale separazione fra Africa e America Meridionale. Alcuni
anni pi tardi il moralista francese Francois Placet avanzava
lipotesi che anticamente Vecchio e Nuovo Continente fossero
uniti e che il Diluvio Universale li avesse separati.
Allinizio dellOttocento lesploratore tedesco Alexander von
Humboldt si dimostr sorpreso della corrispondenza esistente fra
la parte orientale dellAmerica Meridionale e le coste occidentali
dellAfrica che andava molto al di l della similitudine del loro
profilo comprendendo anche una spiccata somiglianza fra gli
strati geologici e congettur che lAtlantico altro non fosse che
unimmensa valle scavata dal mare.
La prima chiara indicazione dello smembramento e della deriva
dei continenti venne da Antonio Snider-Pellegrini, un italoamericano che viveva a Parigi, il quale nel 1858 pubblic un libro
in cui, accettando lipotesi che
anticamente il nostro pianeta
fosse allo stato fuso, sosteneva
che con il raffreddamento i
continenti si erano addensati
tutti da una parte e che il Diluvio
Universale
unico

smembr

blocco

di

questo
terra

determinando lo spostamento
successivo dei suoi frammenti.
Fig. 18 James Hutton.
.

59

La sua intuizione non venne per presa in considerazione dalla


comunit scientifica anche perch proprio in quegli anni si
andavano affermando le teorie evoluzionistiche di Hutton e Lyell e
nessuno era pi disposto ad accettare lantica idea dei
catastrofismi di origine biblica.
James Hutton vissuto agli inizi dellOttocento e considerato il
fondatore della geologia moderna partendo dallosservazione
attenta delle formazioni rocciose della sua Scozia, dedusse che la
Terra era in continua trasformazione per lerosione e il
disfacimento di alcune zone e laccumulo di materiali erosi su altre
parti del globo e questi fenomeni dovevano durare da tempi
immemorabili. Levoluzione della Terra non poteva perci essere
spiegata con lutilizzazione di forze che non fossero spontanee del
pianeta o con lintervento di avvenimenti eccezionali, ma
semplicemente con lanalisi dei processi naturali come quello dei
ruscelli che dilavano le colline e trasportano il materiale eroso nei
laghi e nel mare dove i detriti si vanno accumulando. Da queste
osservazioni dedusse che con il passare del tempo non sarebbe
rimasta pi terra, a meno che nuove formazioni rocciose non si
fossero create in sostituzione di quelle erose.
Le idee di una sostanziale uniformit della natura non trovarono
immediata accoglienza nella comunit scientifica, ma vennero
riprese dal giovane Charles Lyell. Come Hutton egli pensava che
ogni configurazione morfologica della Terra fosse il risultato di
processi naturali del passato, ma ancora attivi.
Per cercare sostegno e convalida delle sue teorie viaggi molto, e
durante il suo lungo peregrinare fu particolarmente affascinato
dallEtna che osserv attentamente e a lungo fino a convincersi

60

che quel monte non poteva essersi formato in seguito ad ununica


esplosione, ma grazie ad una lunga serie di eruzioni che sarebbe
continuata anche in futuro.
La teoria delluniformismo di Hutton divenne cos la teoria
dellattualismo di Lyell che pu essere sintetizzata nel modo
seguente: I fenomeni del passato si possono spiegare osservando
quelli del presente.
Nonostante si stessero affermando nuove idee, lipotesi di uno
spostamento di masse continentali associata a fenomeni
catastrofici persisteva. Nel 1879 George Darwin il figlio dello
scopritore della teoria evoluzionistica ipotizz che la Luna si
sarebbe originata dalla Terra quando questa era ancora in uno
stato primordiale e che si sarebbe lasciata dietro unenorme
cicatrice rappresentata dallOceano Pacifico. Una probabile
conseguenza di questo evento catastrofico avrebbe potuto essere
il frammentarsi della crosta granitica dei continenti.
Intanto, insieme a nuove teorie, si andava anche affermando lidea
che sotto la crosta solida vi fosse del materiale fluido sul quale
galleggiavano i continenti, e su queste idee innovative si svilupp
lipotesi di Wegener.
Prima della teoria rivoluzionaria di Wegener il modello della
struttura della Terra a quel tempo universalmente accettato era
che il pianeta fosse stato soggetto ad un processo di lento e
graduale raffreddamento e conseguente contrazione a partire da
una massa fusa.
La Terra sarebbe quindi nata calda, e durante il raffreddamento i
materiali pi leggeri si sarebbero spostati verso la superficie dove
avrebbero dato origine a rocce prevalentemente di tipo granitico.

61

Le catene montuose e le depressioni si sarebbero quindi formate


per contrazione susseguente al raffreddamento della parte interna
che, a mano a mano che si ritirava, costringeva la crosta
superficiale

ad

adattarsi

allarea

sottostante

rimpicciolita

fratturandosi e corrugandosi in modo simile a quello che succede


alla buccia di una mela che si disidrata e raggrinzisce.
La scoperta del galleggiamento della crosta terrestre sullo strato
sottostante venne fatta verso la met del 1800, quando misure
della gravit indicavano che lHimalaya esercitava unattrazione
gravitazionale molto inferiore a quella che ci si sarebbe aspettati a
giudicare dalle sue dimensioni.
Wegener pens che se i continenti potevano muoversi in senso
verticale, potevano anche spostarsi di lato. Egli racconta di aver
letto dellesistenza di un antico collegamento fra Brasile e Africa
che avrebbe dovuto spiegare la somiglianza di alcuni reperti
paleontologici raccolti sulle due sponde. Il collegamento fra Africa
e America meridionale si poteva ottenere in due soli modi:
attraverso un ponte di terra poi sprofondato o attraverso il
contatto diretto che poi sarebbe cessato per laprirsi di una
profonda frattura fra i continenti.
Ai tempi di Wegener la prima ipotesi era la pi diffusa: in tempi
non molto lontani anche fra Francia e Inghilterra vi era una
striscia di terra che avrebbe potuto essere percorsa a piedi e la
stessa Siberia era collegata allAlaska da un tratto di terra emersa.
Ma in questo caso il collegamento non poteva consistere in una
stretta lingua di terra lunga migliaia di kilometri: la larghezza,
infatti, avrebbe dovuto essere dello stesso ordine di grandezza
della lunghezza, quindi avrebbe dovuto trattarsi di un vero e

62

continente. Ma le rocce che costituiscono i continenti sono del


tutto diverse da quelle che formano i fondi oceanici e lipotesi che
dovevano essere esistiti altri continenti, l dove ora si trovano gli
oceani profondi, si scontrava con il modello dellisostasia perch
un continente formato di materiale leggero non poteva
sprofondare nel materiale pi pesante su cui galleggiava; se poi
qualche forza misteriosa lo avesse spinto in gi esso avrebbe
dovuto riemergere, come un pezzo di legno immerso nellacqua
torna a galla appena lo si libera.
Lidea di un continente sprofondato traeva origine dal mito di
Atlantide, la terra piena di favolose ricchezze citata da Platone, e
in tempi pi recenti dal mito della Terra Madre di Mu, ma questi
miti erano considerati unassurdit geologica, per cui scartata
lidea di un collegamento terrestre non rimaneva che prendere in
considerazione la seconda ipotesi.
Wegener suppose che allinizio del Mesozoico, circa 200 milioni di
anni fa, esistesse un super-continente che egli chiam Pangea

Fig. 19 Dinamica delle celle convettive subcrostali.


.

63

(tuttoterra) circondato da un unico grande oceano chiamato


Panthalassa (tuttomare). Per effetto di forze dovute alla rotazione
terrestre, il super-continente si sarebbe fratturato e i frammenti si
sarebbero allontanati gli uni dagli altri.
La quasi totalit dei geologi si scagli contro il meteorologo
tedesco bocciando senza mezzi termini la sua teoria.
Wegener venne accusato di allungare, distorcere e ripiegare i
profili dei continenti nel tentativo poco onesto di farli combaciare.
Alle ostilit incontrate da Wegener nel mondo scientifico contribu
anche il fatto che egli non era un geologo n un paleontologo n un
biologo, eppure le sue idee sconfinavano in tutti questi campi del
sapere che non erano di sua stretta pertinenza calpestando
listituzione scientifica dominante.
Nel 1932 Alexandre Bessmertny, autore di una delle prime
esposizioni critiche delle ipotesi relative all'enigma di Atlantide,
mise in evidenza che nel caso l'ipotesi della teoria della deriva dei
continenti di Wegener fosse stata valida, avrebbe reso superflua la
teoria di un ponte intercontinentale. Se in tempi preistorici fosse
esistito un continente unico che si fosse in seguito frammentato,
un continente sommerso non avrebbe potuto esistere.
Colui che, invece, difese senza incertezze fino alla morte le idee di
Wegener fu il geologo sudafricano Alex du Toit. Egli present
numerose nuove evidenze a favore della teoria, ma ricordato
soprattutto per aver supposto due continenti primordiali al posto
dellunico

congetturato

da

Wegener

chiam

quello

settentrionale Laurasia (combinazione di Laurentia e Asia),


mentre a quello meridionale riserv il nome di Terra di Gondwana.
I due super-continenti sarebbero stati separati da un mare

64

profondo, destinato a scomparire quando lAfrica e lIndia si


fossero spinte a nord contro il continente eurasiatico.
Le nuove evidenze geologiche portate da valenti e affermati
ricercatori, anzich rafforzare lidea di una deriva dei continenti,
la peggiorarono.
Nel 1940 praticamente tutti i paleontologi erano concordi nel
affermare che i mammiferi fossili rappresentassero la prova che i
continenti erano rimasti fissi per tutto il periodo connesso con
levoluzione di quella classe di vertebrati.
La ragione per cui nellanteguerra le discussioni sulla teoria della
deriva dei continenti si erano dimostrate tanto polemiche e
inconcludenti risiedeva fondamentalmente nel fatto che a quei
tempi non si conosceva nulla o quasi nulla di ci che si trovava
sotto gli oceani, che coprono ben due terzi dellintera superficie
terrestre. Nei primi anni Trenta aveva preso piede una nuova
scienza, la sismologia, che avrebbe potuto essere utilizzata nel
campo della ricerca geologica. Analizzando i sismogrammi era
possibile risalire alla composizione dei terreni e alla loro struttura.
Esperto nellinterpretazione dei sismogrammi generati da sismi
artificiali era un giovane laureto in fisica di nome Maurice Ewing e
a lui venne affidato, nel 1935, il compito di studiare la natura della
piattaforma continentale, cio della parte sommersa pi vicina
alla costa.
Le ricerche portarono alla scoperta che quel fondo marino era
ricoperto da spessi sedimenti i quali potevano arrivare a due o
tremila metri e quindi non era, come si pensava, una formazione
geologica permanente. Le esplorazioni presto si spostarono in
mare aperto dove le nuove tecniche sottomarine permisero la

65

raccolta di una serie di nuove informazioni nemmeno sospettate


in precedenza. Esse, ad esempio, segnalarono che al largo i
depositi sedimentari erano molto sottili mentre i calcoli
mostravano che nel corso dei miliardi di anni di storia della Terra

Fig. 20 La deriva dei continenti.


.

66

sul fondo delloceano si sarebbe dovuto formare uno strato di


sedimenti spesso alcuni kilometri. Erano state misurate invece
solo alcune centinaia di metri di sedimenti che si sarebbero potuti
accumulare in non pi di 100 o 200 milioni di anni, cio ad
iniziare dallera geologica del Mesozoico.
Lo studio del fondo marino conferm che la crosta oceanica era
diversa da quella continentale e che sotto ad entrambe si
estendeva una zona di materiale pi denso che da quel momento
venne chiamata mantello, invece che substrato come si diceva in
precedenza.

2.3 Giornalismo e divulgazione


Dalla carrozza belvedere del treno che lo trasportava di notte a
Portland, nellOregon, un giornalista scorse delle strane luci rosse
e verdi sul monte Shasta, in California. Interrogato al proposito, il
conduttore del convoglio disse che provenivano dai Lemuriani
impegnati nelle loro cerimonie. Cos scriveva Edward Lanser in
un articolo pubblicato nel Los Angeles Times Star il 22 maggio del
1932. Sperando di raccogliere nuovi elementi, il cronista si rec
sul monte Shasta, dove, nella citt di Weed, incontr altre persone
che avevano visto le luci. Sent pure parlare di un villaggio
mistico sorgente sui fianchi del monte, da cui i curiosi che vi si
erano avventurati non avevano mai fatto ritorno. Un eminente
scienziato, il professor Edgar Lucin Larkin, aveva osservato il
luogo da lontano servendosi di un potente telescopio.

67

I Lemuriani erano uomini di alta statura, scalzi, dal nobile


aspetto, i capelli rasati, che indossavano lunghe vesti di un bianco
immacolato. Con riti e luminarie e commemoravano Lemuria, la
patria perduta. Da migliaia danni vivevano in incognito nel NordAmerica grazie al potere segreto dei maestri tibetani che li
rendeva capaci di fondersi allambiente circostante, svanendo alla
vista quando volevano. Il loro villaggio era protetto dal mondo
esterno da una barriera invisibile.
Forse qualcuno aveva fatto uno scherzo a Lanser? O forse la
bizzarra vicenda era un parto della sua fantasia? Altri osservatori
non rinvennero alcuna traccia dei Lemuriani sul monte Shasta; e
quanto al professor Larkin, si trattava in realt di un occultista che
dirigeva lOsservatorio di Mount Lowe come attrazione turistica.
Era morto nel 1924 e non poteva perci confermare o confutare le
asserzioni di Lanser.
Nellodierno clima di "crisi economica" e di conseguente generale
difficolt dellintero settore delleditoria, ci si trova spesso di
fronte ad una apparentemente illogica "escalation" delle
pubblicazioni periodiche pi o meno riferibili ad argomenti
misteriosi. Questo genere sembrerebbe suscitare un gran
clamore da giustificare la nascita di sempre nuove iniziative che
vanno dalleditoria allorganizzazione di convegni di vario genere.
indubbio che un pubblico sempre maggiore si stia con ritmo
crescente appassionato a tematiche controcorrente ed esoteriche,
ambendo ad una nuova visione storico-archeologica "misteriosa",
"eretica" o "spaziale" che sia (da Gardner a Bauval, da Hancock a
Sitchin e Velikovsky), nella legittima necessit interiore di trovare
risposte diverse e alternative a schemi culturali sempre pi

68

desueti e insostenibili. Ci
testimoniato nel tempo
dai buoni livelli di vendita
dei numerosissimi titoli
del settore pubblicati in
Italia

da

vari

editori,

grandi o piccoli che siano.


Nel novembre del 1972, in
Italia vedeva la luce un
mensile

sui

generis

pubblicato a Milano dalle


Edizioni

Sugar

(poi

SugarCo) e diretto da Peter

Fig. 21 Rivista PI KAPPA, anno II,


numero 6, giugno 1973.
.

Kolosimo. Personaggio brillante ed eclettico, fu soprattutto sulla


sua figura che la Casa Editrice milanese costru il suc-cesso delle
sue iniziative editoriali.
Ex partigiano, filosovietico, Kolosimo era un comunista a tutto
tondo che tent di mettere insieme Lenin e le civilt extraterrestri.
Fantarcheologo e paleo-ufologo che negli anni '70, coi suoi libri
visionari, fece sognare le moltitudini. Mor il 24 marzo 1984, a
sessantadue anni, ma lascia i suoi libri Terra senza tempo, Non
terrestre, Astronavi sulla preistoria, Odissea stellare, Italia mistero
cosmico...
Titoli che pubblicati da SugarCo, erano grande narrativa popolare
travestita da saggistica, li si poteva trovare in tutte le case e
vendevano centinaia di migliaia di copie.
Kolosimo uno degli autori italiani pi tradotti nel mondo e
pubblicato in 60 paesi, ed facile confonderlo con i vari Voyager

69

odierni o con le numerose ricostruzioni paranoiche e complottiste


disponibili in rete. Kolosimo credeva nella rivoluzione, e pensava
che le scoperte sulle origini extraterrestri delle civilt umane
avrebbero contribuito alla consapevolezza dell'umanit. La sua
sfida era quella di collegare passato remoto e futuro utopico.
Occultismi ed esoterismi erano per lui sottoprodotti reazionari,
abbagli per piccolo-borghesi.
Anche quando si occup di alchimia (Polvere d'inferno, 1975), lo
fece precisando che l'alchimia non magia bens scienza, per
quanto scienza altra. In Odissea stellare (1978), Kolosimo riporta
le credenze di alcuni occultisti, secondo i quali il regime di Hitler
cadde perch aveva attirato su di s la sventura, orientando la
svastica a destra anzich a sinistra come nelle antiche tradizioni
orientali. Il commento di un Kolosimo che era stato partigiano
un: Noi siamo assai lontani da tali concetti ed attribuiamo a ben
altre ragioni la caduta dell'impero dei criminali tedeschi.
Kolosimo era poliglotta e cittadino del mondo: madre statunitense, padre italiano, cresciuto germanofono a Bolzano, si laurea a
Lipsia, fa la resistenza in Boemia ed uno dei primi partigiani
che, fra Pilsen e Pisek, incontr l'Armata Rossa. Il suo sguardo si
sposta verso est, per un po' dirige Radio Capodistria (ma dopo la
rottura

con

l'URSS

licenziato

perch

filosovietico),

corrispondente estero per L'Unit, annuncia il lancio del primo


Sputnik un mese prima di quella memorabile impresa" e d per
primo la notizia del volo spaziale di Valentina Tereskova. Intanto
scrive romanzi di fantascienza con lo pseudonimo di Omega Jim,
poi, negli anni '60 passa alla divulgazione scientifica, con quella
torsione fantastica che lo render celebre.

70

I libri di Kolosimo sono pieni di scienziati russi, bulgari, tedescoorientali: Il professor Alexei Kasanzev, Kardasev scrive, Il
biologo sovietico A. Oparin Il sovietico Nikolai Brunov scrisse gi
nel 1937, Viaceslav Saitsev, il noto filologo dell'Accademia delle
Scienze bielorussa e cos via.
Oggi pu suonare grottesco tutto ci, fa sorridere o portare a
formulare ipoesi estreme come "Kolosimo agente del blocco
orientale, incaricato di diffondere in occidente strane teorie, per
loschi fini di guerra psicologica". Forse la questione era pi
semplice: leggendo quelle lingue aveva accesso a quel materiale, e
ai suoi lettori la cosa piaceva.
Kolosimo colm un buco, una lacuna, una gigantesca nicchia di
immaginario e mercato editoriale. In quell'epoca iperideologizzata, gli intellettuali avevano decretato la morte del
romanzo. Non per questo si era estinto il bisogno di romanzesco:
Kolosimo intercett la voglia di viaggio e di mistero che pervadeva
tutto l'occidente (gli UFO, il triangolo delle Bermude, Uri Geller
che piegava i cucchiaini con la forza del pensiero) e la dirott in
una direzione inattesa. Camuffando da saggi divulgativi le sue
narrazioni fantascientifiche, "Omega Jim" cre un grande
fenomeno di costume.
Kolosimo studiava il mistero, tematica abbastanza vaga, e forse,
scolasticamente poco interessante. Lo scrittore trascorse gli anni
della sua vita bolzanina a scrivere libri e confrontare documenti di
prima mano provenienti dalle biblioteche di mezza Europa, per
dimostrare che il denominatore comune delle antiche civilt
misteriose conducevano ad Atlantide, lisola dellAntartide
inabissatasi per un cataclisma 12 mila anni fa e minuziosamente

71

descritta da Platone. Il
continente

oltre

Colonne

le

dErcole

cancellato

dal

primo

diluvio universale che non


era abitato da terrestri.
Il percorso scientifico di
Kolosimo
lasciate

sulle
dalle

tracce
entit

atterrate dallo spazio sulla


terra degli Aztechi e dei

Fig. 22 Peter Kolosimo


.

Maya dellAmerica cen-trale, nellEgitto pre-dinastico e in altre


civilt, culmina nel libro Non terrestre, con cui lo scrittore vince
nel 69 il prestigioso Premio Bancarella, vedendosi in parte
riconosciuto il lavoro di 30 anni e ottenendo la prima rivincita
ufficiale sul mondo accademico che tendeva a snobbarlo.
Al suo lavoro erano invece interessati scienziati internazionali del
calibro del francese Robert Charroux, dellinglese Raymond Drake,
dellamericano Werner von Braun e del fisico tedesco Jacob
Eugster, con cui manteneva una fitta corrispondenza epistolare.
Ma il "via" glielo diede la serie di articoli Fratelli dellinfinito, la
storica rivista di astronautica, missilistica e fantasie scientifiche
Oltre il cielo.
Al culmine del suo successo, la sua rivista si chiam "PI KAPPA"
dalle iniziali del suo cognome. Ne uscirono solo 12 numeri, fra il
Novembre 1972 e lOttobre 1973, a testimonianza del suo maggior
successo. Pi fortunato e noto di lui stato, in seguito, lo svizzero

72

Erich Von Dniken. Ma i meriti di Kolosimo nellavere divulgato


certe tematiche indiscusso e incontrovertibile.
Leditoriale qui riprodotto, ripreso dal primo numero di "PI
KAPPA", una dichiarazione di intenti e costituisce anche una
sorta di epitaffio:
Editoriale del primo numero di PI KAPPA22
Siamo chiari, Non vogliamo speculare sulla sete di magia dei
nostri giorni. Non vogliamo fare concorrenza al Corriere dei
Fantasmi o al Gazzettino dell'Incredibile. Il mondo pullula di
dilettanti, pazzoidi e cialtroni che pretendono di dichiarare
guerra ad oltranza alla scienza "ufficiale". Dichiarano solo
guerra alla scienza. Noi non abbiamo la minima intenzione di
farlo. Usciamo perch siamo convinti che la scienza non tale se
non progresso. In tutti i campi. Nella corsa allo spazio il tempo
non si ferma. E non si e fermato neppure sui reperti da museo
etichettati un secolo fa, anche se qualcuno non se ne accorto.
Usciamo per dire basta da un Iato ai maghi, dall'altro ai
pontefici e ai loro dogmi. Usciamo non per prospettare assurde
teorie, ma per tratteggiare nuove ipotesi di lavoro, per aprire
qualche spiraglio su mondi affascinanti e troppo poco esplorati.
Qualche spiraglio, non qualche fetta d'assurdit. Cercheremo di
far pensare. non d'imporre. E se per far pensare c' bisogno di
un sogno, ben venga il sogno. Le bancarelle pullulano di libri
bellissimi, eruditissimi, documentatissimi. E invenduti. Un
pizzico di fantascienza invita a riflettere. Usiamolo pure.
Onestamente, per, senza spacciarlo per scienza.
Peter KoIosimo
22

Kolosimo P. (1972), Editoriale, Pi Kappa: cronache del tempo e dello spazio,

Milano, Sugar, n. 1 nov. 1972, p. 1.

73

2.4 Scienza e pseudo-scienza


ragionevole chiedersi se il tipo di credenze o affermazioni di cui
stiamo parlando possano essere liquidate con facilit. La scienza
serve per capire il mondo che ci circonda attraverso l'applicazione
del

pensiero

logico.

La

pseudoscienza,

invece,

avanza

affermazioni e conclusioni per lo pi mai scientificamente provate.


Ma la scienza sempre esatta?
In passato ha deriso idee che poi si sono rivelate giuste, pertanto
c' forse qualcosa di vero anche nelle leggende pi improbabili,
che scienziati con una mentalit rigida non sono disposti ad
ammettere.
Una pseudoscienza una teoria interpretativa della natura che,
partendo da osservazioni empiriche per lo pi fortemente
soggettive, tramite procedi-menti solo apparentemente logici,
giunge a una arbitraria sintesi, in stridente contrasto con idee
comunemente condivise.
Nel presentare la sua rassegna
sulle fedi pseudoscientifiche
proliferate negli Stati Uniti fra
Ottocento e Novecento, Martin
Gardner

23

divulgatore
tratteggia
personalit
scienziato,

matematico e
scientifico

innanzitutto

la

dello
che

pu

pseudoanche
Fig. 23 Martin Gardner.

23

Gardner M. (1998), Nel nome della scienza, Transeuropa, Ancona.

74

essere un imbroglione, ma in moltissimi casi un sincero


assertore delle sue idee e un convinto testimone di esperimenti
irripetibili; un individuo per lo pi isolato, senza o con minimi
contatti con la comunit scientifica ortodossa, quasi sempre
denigrato e a suo dire ostacolato nei suoi studi. Molti di costoro
sono individui dotati di grande vitalit e di indubbio fascino; si
occupano di temi di grande interesse e ampia risonanza emotiva
come i problemi della salute, la struttura dell'universo, gli enigmi
irrisolti. Gli ostacoli alla pubblicazione dei propri lavori e la
crescente indifferenza od ostilit alla proprie idee da parte del
mondo scientifico li pongono nella condizione di sentirsi dei geni
incompresi, o anche i depositari di una missione, dei pionieri, dei
benefattori.
Spesso sono solo menti esaltate, che elaborano anche in modo
delirante esperienze illusorie. La sviluppo di una pseudoscienza
generalmente limitato all'azione del suo creatore e con essa si
esaurisce,

ma

ipotesi

interpretative

similari

riemergono

periodicamente; talora sostenute da vere e proprie organizzazioni, capaci di ottenere un consenso quasi fideistico da parte di
ampi gruppi di credenti.
Gli esempi citati nel libro di Gardner sono innumerevoli e
comprendono particolari teorie astronomiche (terra cava, fisica
lawsoniana),

fisiche

extrasensoriale),

(rabdomanzia,

mediche

(culti

psicocinesi,

medici,

mode

percezione
alimentari,

frenologia, iridologia), sessuologiche (orgonomica), psicologiche


(dianetica) e molte altre, talora in qualche modo intercorrelate,
ma pi spesso del tutto autonome, nate e cresciute in modo
assolutamente arbitrario, irrazionale, slegate da ogni altra

75

interpretazione del mondo, sfuggenti a ogni possibile integrazione


e confronto. Di particolare risalto il caso del russo Lysenko, le cui
idee su evoluzione ed ereditariet sono perfino divenute dogma di
stato.
Il seguace di una pseudoscienza per lo pi incapace di percepire,
nelle teoria di moda, la commistione di dati non verificabili o
ripetibili e di interpretazioni arbitrarie e non sa applicare i
processi valutativi e i criteri di giudizio che sono alla base del
consenso scientifico.
Un grande merito di Gardner quello di aver fornito una sintetica
ma accurata esposizione delle singole teorie e del loro sviluppo,
ben inserendole nel contesto storico. Non manca, laddove
possibile, un certo riconoscimento a chi, come Reich, per buona
parte della sua vita stato un originale ricercatore, meritevole di
stima da parte della comunit scientifica. Il giudizio diviene severo
per laddove lo pseudo-scienziato anzich confrontarsi con i suoi
naturali interlocutori si arrocca pi o meno intenzionalmente in
un suo mondo interpretativo sempre pi alienato.
Un interessante contributo di Gardner sono le sue considerazioni
sul ruolo e sull'atteggiamento che devono assumere gli editori di
riviste scientifiche e non. Se da una parte giusto non permettere
contaminazioni fra saperi convalidati e pseudoscienze pi o meno
deliranti, non pu essere negata a priori a qualunque idea
originale la possibilit di essere conosciuta, pena la coartazione
della creativit scientifica.
La soluzione proposta da Gardner quella di consolidare quei
meccanismi che impediscono la contaminazione fra i diversi canali
della comunicazione, e ne mantengono separati gli ambiti di

76

fruizione, argomento di pressante attualit nella nostra epoca di


deregolazione internettiana e di allarme per la crescente
disinformazione scientifica.

77

78

LA FINE DI MU

3.1 Il mito dell antica civilt scomparsa


Attorno al concetto di mito nascono alcune riflessioni da un
ragionamento combinato sui temi di antica civilt scomparsa.
La complessa trama di immagini e simboli universali su cui si
articola, per esempio, il famosissimo mito dellisola Atlantide,
dalla sua fondazione alla scomparsa, ricca di potere suggestivo.
Atlantide esercita il fascino irresistibile delle origini e infonde la
nostalgia della perduta et delloro. Visioni paradisiache dellalba
dei tempi fanno da contraltare al ritratto della natura indomita,
suscitando desideri e timori comuni allumanit tutta. Il mito di
Atlantide evoca immagini di purificazione e rigenerazione ma in
esso si agitano parimenti scenari drammatici di morte, in grado di
destare le pi profonde pulsioni dellanimo umano. A ci si
assomma infine la straordinaria efficacia persuasiva delle verit,
storiche e filosofiche,24 che il mito si fa carico di raccontare,
interrompendosi e lasciando dietro di s linconsolabile silenzio
della parola.
Accanto a tali di difficolt di carattere generale, il mito di Atlantide
pone

anche

problematiche

ermeneutiche

specificamente

riconducibili alla complessit del pensiero platonico, nonch alla


necessit peraltro incontestabile di interpretare i miti greci, e

24

Della verosimiglianza e dellattendibilit storica del mito di Atlantide

tratto dal volume del 2009, nei cap. II e III.

79

in particolare il mito platonico di Atlantide,25 alla luce della loro


applicabilit al tempo e al luogo in cui sono stati trasmessi, poich
mai essi appaiono slegati dalla necessit di rispondere a precise
esigenze contemporanee.
Il mito di Atlantide costituisce cos un unicum sia nellintero
panorama letterario, per la straordinaria fortuna e per la
bimillenaria attivit esegetica su di esso condotta, sia nella
produzione platonica.
Il termine mito ha acquisito con il tempo una ricchezza
semantica molto pregnante, soprattutto per indicare alcuni
importanti macroprocessi comunicativi intraculturali (che si
svolgono principalmente allinterno di una stessa cultura) e
interculturali.
Lo stesso termine entrato come prestito nel lessico di molte
lingue moderne (es. it: mito; ingl.: myth; fr: mythe; ted: Mythos).
In italiano la parola e i suoi derivati sono stati sottoposti a un
processo di metaforizzazione che ne ha moltiplicato la presenza in
ambiti imprevedibili. Nellet classica il significato pi antico di
parola, discorso si evoluto e specificato in racconto relativo
a persone o eventi divini e soprannaturali, ci che rimasto il
nucleo semantico essenziale perdurante anche nelle lingue
moderne che hanno recepito il prestito. Tuttavia, in campo
filosofico, si introdusse ben presto luso di mythos nel senso
tecnico di discorso irrazionale, in opposizione dicotomica a
lgos discorso razionale.
Lo sviluppo del concetto e dellessenza del mito nellambito delle
discipline filosofiche ha seguito, nei secoli, percorsi ed evoluzioni
25

Platone (1994), Timeo , a cura di Lozza G., Mondadori, Milano, p.19-20.

80

molto complessi. Ma in concreto, attorno al concetto di mito si


cos strutturata una tassonomia secondo cui esso si pu
distinguere in naturalistico (come risposta allesigenza di
interpretazione

di

fenomeni

naturali

incomprensibili),

cosmogonico e teogonico (come risposta alle domande pi


recondite e primordiali sullorigine delluniverso e sullesistenza
di esseri divini), eziologico (per spiegare e fondare specifici culti
e riti) e storico (in quanto rielaborazione leggendari e
metaforica di avvenimenti preistorici o protostorici, tramandati
solo in via orale).26
Portando lattenzione su questultimo aspetto, laspetto storico
del racconto mitologico.
Il Facchetti introduce una riflessione, elaborata sul racconto
platonico di Atlantide.
Questo racconto di Platone viene definito normalmente un mito,
il mito di Atlantide. Volendo fissare dei punti fermi nella
definizione semantica del termine mito, si pu porre lattenzione
su due elementi che caratterizzano comunemente una tradizione
mitologica:
1. Un aspetto che appartiene a un livello genetico-formativo;
2. Un aspetto che appartiene al livello pi strettamente
funzionale dello stesso mito.

1. Il mito storico in senso stretto di solito caratterizzato


dallessersi formato attraverso una lunga tradizione orale in
26

G.B. Vico, Filosofia della mitologia di F.W.J. Schelling; Filosofia delle forme

simboliche e Linguaggio e mito di E. Cassirer;

contributi degli studi

psicanalitici circa la materia, da Freud in poi (la teoria degli archetipi ecc.)

81

un periodo remoto, risalente a unepoca antecedente alle


tradizioni scritte. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di una
tradizione mitologica sorta spontanemaente, come riflesso
di un evento o agglomerato di eventi realmente accaduti, che
si connotano in qualche modo per esemplarit o importanza.
Un mito spontaneao.27
A livello genetico questo tipo di mito storico, in linea di
principio, si caratterizza per la sua origine remota e per il
fatto di essersi formato spontaneamente tramite una
tradizione che si consolida nel tempo e viene accresciuta da
racconti poetici che hanno valore puramente celebrativo,
esornativo, con lapporto di tradizioni locali. Molti di questi
racconti poetici contengono degli abbellimenti e dei
rigonfiamenti: tutto ci al fine di preservare e tramandare il
racconto e il suo messaggio storico, sia pure parzialmente
fermato, per le generazioni successive della stessa collettivit.
2. Dallaltra parte, ponendo al centro dellinteresse il livello
funzionale, si vede emergere un tipo di mito che potremmo
chiamare storico in senso pi lato. Infatti, osservando la
struttura di un mito apparentemente storico ma improntato
in modo primario a veicolare qualsivoglia insegnamento,
precetto morale, esempio utile per lindirizzo della comunit e
cos via, al punto che questo scopo comunicativo prevale del
tutto sul nucleo degli eventi storici, siamo indotti a reputare
questo racconto mitologico come qualcosa di diverso rispetto
a un semplice processo di incapsulamento poetico di eventi
27

Anche Papamarinopoulos, nel suo intervento, pubblicato in questa

raccolta, evoca la dicotomia non-fabricated myth/fabricated myth.

82

passati ritenuti degni di grande rilievo. Lo scopo di questo


mito formalmente storico diverso da quello del mito
storico in senso stretto, come sopra delineato. Lintervento
di una mente creatrice-manipolatrice qui avvertibile e
radicale. Il nucleo di eventi storici solo un pretesto per la
preparazione di un messaggio definito. Il nucleo di verit
storica non si riflette nella deformazione mitologica, ma un
atto comunicativo superiore proiettato sopra questo nucleo
fino a schiacciarlo. Si tratta dunque di un mito (storico)
artificiale, che si contrappone a quello spontaneo.
Perch nasce questo tipo di mito artificiale? In linea di
principio per rispondere alla necessit di trasmettere
uninformazione codificata, in modo che essa passi alle
generazioni successive. Si tratta anche di ragioni connesse a
tecniche mnemoniche e ad esigenze di culture in cui la
scrittura assente o secondaria.
Il nucleo funzionale principale quello di trasmettere una
conoscenza. C inoltre un uso del testo in senso ampio, orale
soprattutto, trasfuso e compattato in grandi cicli mitologici, in cui
vengono introdotte informazioni di natura storica, religiosa,
economica, informazioni utili oltre che piacevolmente fruibili
perch esornate, abbellite. In questi casi tradizioni mitologiche
spontanee e artificiali si presentano frammischiate tra loro e
con miti differenti da quelli classificati come storici, in un
intreccio spesso difficile da districare.28
28

Molto interessanti ed esemplificativi sono i saggi di Lvi Strauss in Fabbri-

Marrone 2002, pp. 148-167 (analisi del mito delle gesta di Asfiwal, diffuso
presso gli indiani nordamericani Tsimshian) e di Dumzil, ibidem, p. 168-

83

I poemi omerici sono un esempio di questi eterogenei


conglomerati mitologici, in cui peraltro possibile riscontrare un
solido e riconoscibile fondamento storico. Invece per un mito
come quello del giardino e dei pomi delle Esperidi29 (che gi
alcuni degli antichi immaginavano, tra le diverse ipotesi, di poter
in qualche modo storicamente collocare oltre il fiume Oceano),
positivamente difficile, o impossibile, stabilire la profondit
cronologica o il livello di realt in cui eventualmente situarne
lorigine. Perci, facendo ancora riferimento al punto 1, un mito
storico spontaneo, o in senso stretto, sorge semplicemente
attorno a un evento storico o a un insieme di informazioni-eventi
che vanno tramandati di bocca in bocca alle generazioni
successive, oppure, in quanto artificiale, esso viene creato per un
motivo specifico, ad hoc, per trasmettere ununit di conoscenza
ben definita, un insegnamento, un dato di esperienza, reputato
molto significativo per la comunit, anche in senso diacronico,
principalmente indirizzato, cio, alle giovani generazioni e alle
generazioni successive, che verranno.
Il Facchetti introduce il concetto di pseudo-mito. La coniazione e
luso di un neologismo di questo tipo potrebbe sembrare strano,
poich il significato primario di mito designa qualcosa di
inventato, di favolistico o irrazionale.
Da questo nucleo semantico si distacca per, quel tipo di mito che
chiamato storico, sia in senso stretto che in senso lato, perch,
per definizione, si reputa che in questo genere di tradizioni sia pi

174 (in cui si introduce anche la questione della distinzione tra favola e
mito).
29

Apollodoro, Biblioteca, 2, 5, 11; v. anche Graves 1995, p. 113.

84

o meno facilmente riscontrabile un fondamento di verit storica,


appunto.
Dunque con pseudo-mito si potrebbe indicare una narrazione che
sprovvista del requisito genetico-formativo che ricorre in ogni
tipo di mito storico propriamente inteso. Ossia esso non ha alla
base nessun nucleo di storicit, n tantomeno una tradizione alle
spalle, ma viene inventato ad hoc con la dolosa apparenza di
fondarsi su un evento realmente accaduto e di possedere una
tradizione antica.
Ad un certo punto un certo autore riferisce (mentendo) di avere
avuto notizia di una rispettabile e antichissima tradizione raccolta
presso una certa popolazione pi o meno esotica: in tal modo
sorge ed entra in circolo lo pseudo-mito.
Le ragioni di tale falsificazione possono essere diverse e, in tutto o
in parte, coincidere con quelle motivazioni primarie che stanno
alla base del mito storico in senso lato o artificiale.
In ci sta la possibilit di confondere le due fattispecie (mito
storico artificiale/pseudomito). Un problema di classificazione
sorge (e talora pu rimanere insuperabile) qualora non c la
possibilit di verificare, o anche almeno di sospettare con qualche
fondatezza tramite le nostre conoscenze, lesistenza di un effettivo
evento storico alla base della narrazione.
Di fronte alla narrazione platonica delle vicende di Atlantide si
rimane nel dubbio se si possa considerare un caso di pseudo-mito
oppure no: uneffettiva antica tradizione egiziana oppure una
creazione di Platone studiata per trasmettere un modello di
costituzione civica ideale.

85

Tornando al concetto di pseudo-mito, se riguardo ad Atlantide


c la possibilit di dichiarare il dubbio circa il nucleo di storicit o
leffettiva esistenza e antichit di una tradizione (egiziana, nel caso
specifico) degli eventi, una situazione del tutto diversa interessa
notevoli esempi di pseudo-miti recenti.

3.2 Le falsificazioni
Porsi un simile problema lecito quando si vanno a prendere in
considerazione le personalit che hanno divulgato verit
misteriose. Ma una dichiarazione di falsit non attesta la reale
falsit di un documento, e non corretto affermare che si tratti di
falsi a priori.
Neppure oggi, seppure con l'ausilio di un computer, sarebbe facile
realizzare un libro falso in copia unica. Ma il critico inglese
William Emmer Coleman ci rivela come la Blavatsky non era
nuova a simili imprese, affermando che in "Iside rivelata" ella cita
almeno 1500 testi inventati.
Notevole invece appare il parallelismo con le Tavolette di Naacal
viste e tradotte dal solo James Churchward e delle quali egli stesso
non fu in grado di provare lesistenza. Seppure c chi sarebbe
disposto a giurare di aver visto le tavolette originali.
Churchward generalmente ritenuto un impostore. Tuttavia la
leggenda di un continente-impero scomparso, nell'area del
Pacifico, fa parte di numerosi racconti mitologici. Se ne trovano
tracce

nella

mitologia

polinesiana

in

quella

indiana.

Indipendentemente dalle fonti che lo ispirarono, Churchward

86

procedette alla stesura del suo testo Mu, il continente perduto e


da lui definito traduzione, traduzione che rivelava le origini sulla
base di una geologia alternativa, frutto di conoscenze millenarie
secondo le quali lumanit avrebbe trovato origine a Mu.
A Churchward sono state mosse numerose contestazioni, anche
indipendentemente dal contrasto con le fonti "ufficiali". Quella pi
in evidenza era il contrasto con la Bibbia per il posizionamento del
"giardino dell'Eden" in un continente ora sommerso dell'Oceano
Pacifico, cosicch la storia biblica della creazione - l'epica
narrazione dei sette giorni e delle sette notti - non sarebbe nata
tra le genti del Nilo n nella valle dell'Eufrate, ma a Mu.
Ma un'altra delle obiezioni mossa al colonnello riguardava
loggettiva impossibilit di traduzioni da una lingua sconosciuta (il
Naacal) o da una lingua non ancora decifrata: nel 1920 la lingua
Maya non era stata tradotta.
Il colonnello probabilmente si lasci prendere dall'entusiasmo e
dall'enfasi e forse dalla fantasia, giungendo cos a ricostruzioni che
non hanno solide fondamenta. La sua dissertazione ha una forma
piuttosto romanzata invece che scientifica, e ci risulta evidente
da questo frammento di narrazione del Giardino dell'Eden: "Il
vasto e ricco territorio era attraversato e irrigato da numerosi e
larghi corsi d'acqua [...]. La lussureggiante vegetazione ricopriva
l'intero territorio [...]. Alte palme dalle foglie larghe orlavano le
coste oceaniche [...]. Grandi felci dalle foglie vellutate si
protendevano dalla riva dei corsi d'acqua [...] laghi la cui
superficie era costellata di migliaia di sacri fiori di loto [...] farfalle
dai colori sgargianti danzavano all'ombra degli alberi [...]. La
foresta era attraversata da orde di possenti mastodonti ed elefanti

87

che sventolavano le loro grandi orecchie nel tentativo di


allontanare gli insetti molesti. Questo immenso continente
pullulava di ogni forma di vita su cui regnavano sovrani circa
sessantaquattro milioni di uomini. Larghe strade levigate si
snodavano in tutte le direzioni, simili a una ragnatela. Tali vie
erano lastricate di pietre levigate, squadrate con tanta maestria
che l'erba non riusciva a crescere tra le fessure".30
Come in molti altri luoghi ideali e idealizzati, anche a Mu non vi fu
mai traccia di violenza tra le genti: tutti vivevano in armonia in
quel luogo che nei misteriosi documenti indiani viene indicato
come "impero del sole". Giustizia ed equilibrio si basavano, per,
su una struttura gerarchica: "la razza dominante era quella degli
uomini bianchi, creature di incredibile bellezza, dalla pelle chiara
e leggermente olivastra, dai grandi occhi neri dallo sguardo
vellutato e dai lisci capelli bruni. Il territorio era abitato anche da
altre razze, uomini dalla pelle gialla, ambrata o bruna, i quali per
non avevano posizioni di dominio". Il colonnello narra anche delle
citt principali, che erano crogiuoli di cultura e di sapienza e si
diffondevano linearmente in tutto il continente e da l oltre
l'Oceano: "Mu aveva colonie in tutto il mondo", ricorda
Churchward.
Forse una terra cos meravigliosa non poteva resistere per lungo
tempo. E infatti: "Dopo grandi boati provenienti dalle viscere della
terra, le regioni meridionali della terra di Mu vennero sconvolte
da terremoti e da eruzioni vulcaniche. Lungo le coste meridionali
del territorio si levarono spaventose onde e si scatenarono
cataclismi
30

d'ogni

genere,

l'oceano

invase

la

terraferma

Churchward J. (1999), Mu il continente perduto, SugarCo., Milano, pag. 46.

88

distruggendo molte citt. I vulcani si risvegliarono, sputando


lapilli e lava".
Quello fu il primo stadio distruttivo, a cui fece seguito una seconda
fase, una sorta di "ricostruzione", che si dimostr per illusoria:
poco pi tardi l'intero continente venne definitivamente distrutto
da maremoti, terremoti ed eruzioni vulcaniche.
Le fonti di Churchward fanno riferimento a "fuochi e fiamme che
si innalzarono dal sottosuolo e si sprigionarono fuochi e fiamme
che si innalzarono nell'atmosfera fino a toccare le nubi con un
diametro di cinque chilometri [...]. L'inabissamento del continente
di Mu scaten un maremoto terrificante. Da ogni parte alte onde,
pi simili ad autentici muri d'acqua, si abbatterono sulla terra,
concentrandosi nel punto che un tempo era stato il cuore del
continente e l, a causa del gran calore, presero a ribollire".
Quando tutte ebbe termine, le acque ritornarono alla calma e
l'oceano, dopo aver ingoiato la vittima sacrificale, ovvero Mu con
tutti gli abitanti, lentamente si quiet. Di qui deriverebbe il suo
nome, Oceano Pacifico.
L'archeologia esercita una forte attrattiva sul grande pubblico, e ci
sono molte persone senza scrupoli che hanno pensato bene di
utilizzare questo forte interesse sostenendo tesi mai verificate. E
poich gli esperti passano gran parte del tempo a discutere fra
loro, il pubblico informato soprattutto da libri di autori la cui
maggiore motivazione non quella di educare, quanto piuttosto
quella di provare la teoria preferita, se non addirittura la ricerca
del solo guadagno materiale.
Il risultato che il pubblico interessato al passato dell'umanit
viene spesso raggirato e totalmente disinformato sull'argomento.

89

L'archeologia un campo di studio affascinante che diviene


vittima proprio della sua popolarit. Gli esempi interessanti sul
cattivo uso che ne viene fatto sono tanti. Editori, produttori
cinematografici, giornali e riviste.
Il guadagno pu senza dubbio essere uno dei maggiori fattori
motivazionali.

L'interesse

del

pubblico

nei

confronti

dell'archeologia cos forte che spesso si spende pi del dovuto


pur di visitare siti famosi o comprare libri sull'argomento. Chi
interessato al guadagno economico non si lascia sfuggire
l'opportunit di sfruttare questo interesse e cos si producono
libri,

viaggi

turistici

organizzati,

T-shirt

un

illimitato

merchandising di vario genere. Un giro economico non


indifferente si muove attorno alla grande curiosit del pubblico
sul passato dell'uomo.
Un altro dei motivi da prendere in considerazione la fama. Il
desiderio di scoprire il sito pi antico o di dimostrare che quanto
detto in precedenza era errato, hanno costituito le motivazioni di
molti archeologi, compresi alcuni professionisti. Questo desiderio
di fama e notoriet ha fatto s che molti abbiano esagerato o
alterato i dati disponibili.
Molto simile al desiderio di fama, anche il nazionalismo ha avuto
un ruolo importante nelle affermazioni archeologiche non provate
o estreme. Il desiderio di dimostrare la validit di qualche pretesa
nazionalistica o razziale, servendosi dell'archeologia ha avuto
alleati in molte epoche. Alcuni sono stati indotti a falsificare
reperti archeologici a briglia sciolta, per dimostrare chi ci era
stato per primo o chi si civilizzato prima.

90

Sfortunatamente anche la religione ha avuto un ruolo nella frode


archeologica. L'antichit il terreno in cui affondano le radici
molte religioni. Alcuni fedeli si dilettano di archeologia e
utilizzano le scoperte a riprova della validit delle rispettive
teologie.
L'avvento di Internet ha provocato un'esplosione di diffusione di
miti e misteri. Il web informale e non filtrato ha consentito
un'ampia diffusione di informazioni sul passato dell'umanit. Ma
queste stesse caratteristiche comportano che, con la stessa
celerit, possano essere diffuse false interpretazioni a un numero
sempre maggiore di persone.
Una notizia poco accurata sul recupero di extraterrestri nelle
piramidi egizie, pu apparire sugli schermi di tutto il mondo
praticamente nello stesso istante in cui viene fabbricata. Storie
incredibili sul passato dell'uomo non hanno pi bisogno di passaparola o di editori senza scrupoli per essere diffuse: chiunque
possieda un computer, un modem e un provider Internet pu
urlare al mondo intero tutte ci che vuole.
Il mito del continente affondato di Mu, pur non essendo famoso
come Atlantide, raccoglie il suo spazio e i suoi fan all'interno
della rete, nei forum o nelle bacheche sull'argomento, poche sono
le contrapposizioni critiche, e se anche ve ne fosse qualcuna,
questi luoghi virtuali diventano immediatamente piccoli campi di
battaglia senza via d'uscita. Da questi ring virtuali si deduce che
lddove viene a cadere la capacit di confronto, vi libert di
interpretazione assoluta, e ogni verit diviene lecita.
Ma esistono molti siti web autorevoli che forniscono risposte e
repliche esplicite sugli argomenti pi misteriosi del pianeta, siti

91

web creati da persone che conducono ricerche sul campo,


analizzando luoghi e

manufatti e sono impegnati nella

interpretazione scientifica del nostro passato.


Per il Facchetti il racconto relativo al continente Mu esplica un
caso esemplificativo di pseudo-mito, che secondo lo stesso un
pi grossolano calco moderno del racconto platonico di Atlantide.
Il colonnello James Churchward, che negli anni Venti del XX secolo
cominci a far circolare pubblicazioni contenenti materiale
storico, epigrafico e archeologico di origine pi disparata (non
senza casi di vere e proprie falsificazioni documentali) lasci
credere di essere riuscito a riesumare una fino ad allora
pubblicamente sconosciuta tradizione antica e ininterrotta,
narrando le vicende della terra di Mu.
Il Facchetti asserisce senza ombra di dubbio come James
Churchward abbia fraudolentemente costruito un vero e proprio
pseudo-mito.31
Tutte le speculazioni esoteriche su Lemuria erano probabilmente
note a James Churchward, e certamente ne tenne conto nella
stesura dei suoi libri, che pretendevano di contenere le prove
archeologiche dellesistenza dellimpero di Mu, con cui Lemuria
fu immediatamente identificata. Prescindendo dai moderni dati
della scienza geologica, che non lasciano spazio (come dimostrano
anche

precise

osservazioni

satellitari)

un

continente

Mu/Lemuria, giusto comunque chiedersi se Churchward abbia


effettivamente

scoperto

degli

antichi

documenti

riferiti

allinabissamento di una remota civilt nellOceano Pacifico (cos

31

Articolo sulla rivista Hera del marzo 2001, n. 15.

92

come per Atlantide esistono i racconti del Timeo e del Crizia di


Platone).
Churchward sostenne di aver letto in India le antiche tavole
sacre dei Naacal, i cui testi descriverebbero la creazione del
mondo e il perduto continente Mu, la madreterra dellumanit. A
tal proposito, per, Churchward non rivel mai la collocazione del
monastero in cui egli vide le citate tavolette, n si mai riusciti a
identificare il suo amico sacerdote. Quanto allantica lingua dei
Naacal, Churchward lunico ad affermare di averla imparata. Lo
stesso termine Naacal non altrimenti conosciuto.
Ancora, Churchward non fornisce alcuna completa riproduzione
di queste presunte tavolette indiane, ma solo il disegno di qualche
figura simbolica tratta dalle stesse e la trascrizione dellalfabeto
ieratico di Mu, che, in altri suoi libri confronta con segni egiziani e
maya per lo pi mal copiati o del tutto sbagliati.
In alcune pagine si diletta nella traduzione dei nomi delle lettere
dellalfabeto greco, e dopo aver trascritto in ieratico di Mu la
sequenza dei nomi delle lettere greche, la interpreta come un
racconto in lingua cara-maya concernente linabissamento di
Mu.
I nomi delle lettere greche sono la trascrizione dei nomi fenici
delloggetto raffigurato dalla lettera stessa. I Fenici primi
inventori dellalfabeto applicarono semplicemente il principio
acrofonico: attribuirono il valore fonetico della consonante
iniziale alloggetto rappresentato. I Greci trascrissero semplicemente i nomi fenici come alfa, beta, gamma, delta, ecc.;
Churchward, invece, li legge come formule in cara-maya.

93

Il Facchetti fa moltissimi riferimenti specifici a riguardo, che


mostrano come le tavolette Naacal e la scrittura di Mu siano in
realt un parto della mente di Churchward e non siano mai
esistite al di fuori della sua immaginazione.32
La prima frase del citato libro di Churchward recita: Tutti gli
argomenti scientifici del testo sono basati sulle traduzioni di due
serie di tavole antiche. Le tavole di Naacal, che scopersi molti anni
fa in India, e una vasta raccolta di tavole portate alla luce da
William Niven in Messico.
Queste sono le tavole cui si riferisce Churchward, e asserisce:
una cosa certa, le due collezioni di scritture sono nellalfabeto di
Mu, la Madre terra. Eppure le tavole di Niven (ampiamente
riprodotte e commentate nei testi di Churchward) non recano
alcuna traccia dellalfabeto di Mu. Ciascuna di esse decorata
con un motivo ornamentale, connesso a una simbologia magicoreligiosa che Churchward scompone a suo arbitrio in vari pezzi,
cui attribuisce significati a piacere, traducendo quelli che sono
semplicemente dei disegni come se fossero le storie dellantica
terra di Mu.
In pratica le tavolette messicane (a differenza delle Naacal)
esistono davvero, salvo che nessuno tranne Churchward le ritiene
testi scritti, e infatti esse non riportano alcuna forma di scrittura.
Per gli archeologi e gli studiosi sono semplicemente figurine
appiattite realizzate a migliaia da unantica popolazione
messicana per preghiere o adorazioni.

32

Facchetti ha pubblicato le sue annotazioni sulla questione in Facchetti

2009, p. 153-165.

94

Anche la testimonianza delle tavole di Niven si rivela dunque un


non-fatto, un dato scientificamente inesistente.
In conclusione, tutta la teoria del continente scomparso di Mu non
si regge: nessuna Lemuria, nessun racconto del Codice Troano,
nessuna tavola Naacal. Non esiste unantica leggenda di Mu (e
una reale terra di Mu), cos come ce lha raccontata.
Le rovine dellIsola di Pasqua e di altre isole sparse nellOceano
Pacifico sono state uno dei punti di partenza fondamentali
dellidea di Churchward. Per spiegare quelli che sono enigmi
archeologici, cos forse il colonnello ebbe lidea di scoprire il
continente Mu adottando e precisando i racconti degli occultisti
che si occuparono di Lemuria, fornendo prove archeologiche
inventate ?
E sotto questa nuova ottica desta probabilmente meno meraviglia
che dopo il successo di The Lost Continent of Mu (1926), James
Churchward si impegn a pubblicare piuttosto veloce-mente The
Children of Mu (1931), The
Sacred Symbols of Mu (1933),
The Cosmic Forces of Mu (1934)
e The second book of the Cosmic
Forces of Mu (1935), contenenti
tutti trattazioni per lo pi
inerenti alla pseudo-scienza.
Tra

chi

Churchward,

ha

commentato
qualcuno

ha

rilevato che la sua lettura delle


tavole

di

Niven

sarebbe

paragonabile a un archeologo

95

Fig. 24 The Children of Mu,


di James Churchward

del futuro che volesse far derivare la descrizione della storia degli
Stati Uniti dallesame di un migliaio di Barbie.
Il libro di Tony Earll, Mu Revealed, che diede la notizia della
sensazionale scoperta nel 1959 nel sito archeologico messicano di
alcuni antichissimi rotoli contenenti la trascrizione del diario di
un quattordicenne muviano di nome Kland, e che egli avrebbe
portato con s quando, attorno al 21.050 a.C., emigr dalla sua
madrepatria Mu (i nuovi testi la chiamano Muror) nelle colonie
dellAmerica Centrale, specifica che il merito del sensazionale
rinvenimento va attribuito allarcheologo Reesdon Hurdlop.
Lautore della burla, come si seppe in seguito, fu Raymond
Buckland, un noto esperto di storia della stregoneria.
Mu revealed svela cos la vera essenza di Mu: una messinscena.
Il tema della falsificazione documentale 33 un tema che si
intreccia facilmente con le modalit di costruzione di uno pseudomito. Questultimo, specialmente
quando viene presentato per la
prima volta, necessita anzitutto di
essere

avvalorato

con

la

produzione di prove importanti a


sostegno, come per esempio un
documento

linguistico,

ossia

unattestazione scritta di remota


antichit

delle

vicende

cruciali

relative allo pseudo-mito che si sta


per inventare.
Anche il caso di Atlantide stato
33

Fig. 25 Mu Revealed,
di Tony Earll.

Facchetti Giulio (2009), Scrittura e falsit, Bretschneider Giorgio, Roma.

96

investito da unondata di falsificazioni documentarie dirette e


indirette.
Si potrebbe avere anche il caso di falsa traduzione, o pseudotraduzione, cio di una falsa interpretazione di un qualsivoglia
documento autentico redatto in una delle tante lingue o scritture
dimenticate, che non si riescono (o non si riuscivano, allepoca) a
decifrare. Esempi classici sono letrusco, il maya o il rongorongo
dellisola di Pasqua.
Caso esemplificativo di questa fattispecie la pseudo-traduzione
di un manoscritto maya (citata e ricitata poi, perfino ai nostri
giorni, negli pseudosaggi che si occupano di queste materie).
I manoscritti maya sono andati tutti distrutti tranne tre o quattro,
tra cui il codice Troano, che fu tradotto da Le Plongeon, che
credeva, a torto, di aver decifrato la scrittura maya.
La vera, scientifica, decifrazione della scrittura maya ha invece
avuto inizio a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo (sulla
base degli studi del russo Knorozov) ed tuttora in corso.
Anche alla pseudo-traduzione operata da Le Plongeon sul testo
maya emerge, con vari dettagli, la descrizione di un cataclisma che
avrebbe colpito un vasto paese, sprofondandolo infine nelle acque.
Tornando al caso di pseudo-mito rappresentato dal racconto di
Mu, James Churchward, quando nel 1926 pubblic il suo primo
libro The Lost Continent of Mu, riemp il suo scritto con
documentazioni paragonabili a quelle appena esaminate. Alcuni
pseudo-documenti, poi, sono proprio gli stessi impiegati da Paul
Schliemann nel suo articolo del 20 ottobre 1912 rilasciato al
giornale di New York, il New York American, intitolato How I
found the Lost Atlantis, the Source of All Civilisation, come il testo

97

caldeo di Lasha o la pseudo-traduzione maya di Le Plongeon,


reinterpretati questa volta come descrizioni dello sprofondamento di un continente gi collocato nelloceano Pacifico. Lo
stesso nome di Mu, che Churchward attribuisce a questo preteso
ex-continente, tratto da questi due documenti, in cui, per
Mu" indica il nome del sovrano di queste terre, piuttosto che le
terre stesse.
Sorvolando su questi particolari ermeneutici di testi inventati, nel
caso di Mu gioca un ruolo determinante il cosiddetto mistero
dellIsola di Pasqua, considerata, con le sue rovine, un minuscolo
relitto emerso dellantico continente.
Senza entrare nel merito degli apporti mistici (come le visioni
della sensitiva Blavatsky) e pre-scientifici (la questione di
Lemuria) che sono stati recepiti e incorporati nella costruzione di
Churchward.
Rimanendo

sul

piano

della

falsificazione

documentale

interessante osservare come Churchward cominci con il


diffondere di aver avuto accesso ad antichissimi documenti
segreti (conservati in India) recanti la storia di Mu e mostrati a lui
solo; in seguito arriv a inventare un vero e proprio alfabeto
ieratico di Mu, che egli confronta con il cosiddetto alfabeto maya
di De Landa34 e con segni mono-consonantici dellantico egiziano,
ma anche qui la lista piena di errori e, in conclusione, oltre al
fatto che lalfabeto di Mu palesemente inventato, questi
confronti non hanno nessun fondamento e significato.
Uneccezionale applicazione di quel fenomeno appena definito
34

Facchetti Giulio (2007), Facchetti 2007, Antropologia della scrittura,

Milano, p. 16-18.

98

pseudo-traduzione costituito dal trattamento riservato da


Churchward alle cosiddette tavole di Niven. Si tratta in realt di
pietre incise con motivi ornamentali scoperte nel 1911 in Messico
dallarcheologo mineralogista William Niven. Queste tavolette
recano ciascuna una singola rappresentazione, pi o meno
stilizzata, di figure umane, animali, vegetali o celesti. Sono con
ogni verosimiglianza oggetti di culto domestico con simboli
religiosi, magici o apotropaici. Churchward scompone questi
semplici disegni in varie parti, in modo arbitrario, e interpreta, in
maniera altrettanto arbitraria, i singoli elementi, da lui scomposti
e collocati in sequenza, come se fossero segni di scrittura (un altro
tipo di scrittura Mu).
Il carattere eccezionale di questa pseudo-traduzione sta nel fatto
che essa attuata su figure e non su testi scritti veri e propri.
Questo metodo ha un precedente nei lavori che Athanasius
Kircher dedic, in pieno Seicento, alla decifrazione della
scrittura geroglifica egiziana (di cui egli pretendeva di essere
riuscito a svelare il funzionamento). Anchegli, talora, si mise a
tradurre come testi, quelle che erano semplici immagini
decorative, previa unarbitraria scomposizione del disegno
stesso.35
Churchward giunse perfino a creare, in modo molto elementare,
una lingua, da lui chiamata cara-maya, con cui decifrare
lelenco dei nomi delle lettere dellalfabeto greco, cos da farne
risultare unennesima descrizione dellaffondamento di Mu.

35

Pope M. (1978), La decifrazione delle scritture scomparse, Newton &

Compton Editori, Roma.

99

Questo filone pseudo-saggistico che deforma argomenti linguistici


ed epigrafici nellambito del dibattito su Atlantide ancora oggi
molto diffuso. Altri autori stranieri, pi pubblicizzati da mezzi di
comunicazione di massa, per la solita ricerca del mero
sensazionalismo, continuano a citare e recitare studi di
(dis)valore scientifico pari a quello appena visto, oltre ai consueti
falsi documenti e pseudo-traduzioni dei tempi di Churchward (i
cui libri sono ovviamente ripresi come oro colato).
In conclusione si pu precisare che il concetto di pseudo-mito si
applica a tutti quei racconti che vengono volontariamente
falsificati per sembrare miti storici, riposanti, cio su una base di
vicende realmente accadute o, perlomeno, su una trasmissione
molto antica del racconto che pu perci aver anche del tutto
stravolto il nucleo di veridicit iniziale.
Non possibile dire con sicurezza se il mito di Atlantide fu uno
pseudo-mito nel momento in cui Platone mise per iscritto i
dialoghi che ce ne trasmettono la memoria (se cio Platone
invent completamente le fonti egiziane e lantichit della
tradizione, creando il racconto ex nihilo), bench molti indizi (tra
cui

lopinione

di

Aristotele)

sembrino

suffragare

questa

possibilit. Nondimeno certo che il racconto platonico, per le sue


caratteristiche originali e per limmenso prestigio dellautore, ha
in ogni caso acquisito i tratti e le funzioni comunicative di un vero
e proprio mito, anche se dovesse qualificarsi diversamente dal
mito storico.
Nel caso del racconto di Mu, invece, esiste la certezza che esso
ricade pienamente nellatto falsificatorio dello pseudo-mito. Non
c un mito storico; e casomai il racconto di Churchward potr

100

svilupparsi in un mito, seppure di natura diversa da quello


storico, solo se tali visioni riusciranno o meno ad attecchire
ampiamente nelle conoscenze diffuse, cio nellinsieme di quelle
credenze che, a prescindere dalle conoscenza tecnico-scientifiche
effettivamente

(e

necessariamente

in

modo

settoriale

segmentato) acquisite, costituisce una parte rilevante di ciascuna


cultura individuale.

3.3 Lapproccio storico alla verit


Dallo studio della pratica storiografica di Jerzy Topolski emerge
che gli storici considerano i loro risultati principalmente come un
prodotto della vera conoscenza del passato. Essi sono pi o meno
coscienti che i filosofi contemporanei, legati alle concezioni
postmoderne, danno alla pratica storiografica un significato ben
diverso: considerandola come un'attivit culturale o un genere
letterario, ma anche quando scrivono opere storiche che non si
avvicinano alla versione del meta-racconto, restano fedeli al
realismo e alla verit. Alla verit, che per gli storici non soltanto
una categoria logica o sociale, bens anche una categoria morale
come presupposto della loro onest. Di conseguenza negli ultimi
decenni si verificato uninterruzione crescente fra la concezione
della verit condivisa dagli storici e le opinioni dei filosofi.
Gli storici sostengono in genere il realismo classico che
definiscono "spontaneo". Nel contempo sono sostenitori della

101

concezione classica di verit, in una versione che si pu definire


"egoista". 36
Sul piano di tale collocazione, Topolski sintetizza realismo classico
e verit classica come segue:
1. la realt storica esiste indipendentemente ("oggettivamente") dallo storico;
2. tale realt per principio conoscibile e accessibile agli
storici attraverso l'impiego della lingua e dei metodi
specialistici;
3. i risultati del lavoro, che portano alla conoscenza del
passato, possono corrispondere in misura pi o meno
adeguata al passato, sia che si tratti di proposizioni
individuali sia che si tratti di totalit narrative;
4. c' un'unica verit "vera " che tutti gli storici vorrebbero
raggiungere;
5. la realt pu essere interpretata in senso nominalista o
universalistico.
Da ci deriva che, in linea di principio, lo storico, a condizione di
disporre di fonti adeguate, pu descrivere (ed eventualmente
spiegare) il passato. E poich ogni storico convinto di essere il
solo ad accostarsi il pi possibile alla verit, o meglio ancora a
quell'unica verit che rispecchia l'ideale cognitivo, Topolski
configura questo approccio a una verit che deve essere esclusiva,
una verit " egoista".
vero anche che oggi si assiste all'emergere di un gruppo sempre
pi nutrito di storici che parlano di una pluralit di verit ma, pur
ammettendo
36

l'esistenza

di

molteplici

verit,

essi

Topolski J. (1997), Narrare la storia, Bruno Mondadori, Milano.

102

non

abbandonano la convinzione che la verit presentata nel loro


racconto sia in fin dei conti la pi plausibile. L'insieme di queste
convinzioni che operano nel livello ideologico e teorico del
racconto storico, stato ampiamente messo in dubbio
dall'evoluzione della filosofia in generale, della filosofia della
scienza e della storia in particolare.
Ci

nonostante,

Peter

F.

Strawson

convinto

che,

indipendentemente da questa evoluzione anti-epistemologica,


probabilmente la maggioranza dei filosofi contemporanei resti
sempre realista, nel senso di un realismo empirico (non
metafisico). Tale realismo a suo giudizio presenta due facce: la
convinzione che la realt esista indipendentemente dallo spirito
umano, dalla lingua e dalla nostra esperienza sensoriale, e la
convinzione che attraverso la conoscenza individuale sia possibile
descriverla nei termini delle categorie della verit.
Il realismo empirico (o semplicemente l'empirismo, cio
l'empirismo classico) venne rifiutato, o almeno riformulato da un
numero crescente di filosofi, a partire dal saggio di Willard van
Orman Quine, Two Dogmas of Empiricism, nel quale si metteva in
dubbio la possibilit di distinguere gli elementi empirici da quelli
concettuali del sapere.37 Dopo Quine, il processo di affievolimento
dell'empirismo (realismo) divenne visibile in molte opere.
Secondo Dummet, invece, l'ammissione dell'esistenza della realt
indipendente dallo spirito non plausibile, poich manca la
possibilit di confrontarla con una tale realt. Da ci deriva che la

37

W. van Orman Quine (1963), Two Dogmas of Empiricism, in From a

Logical Point of View, Harper and Row, New York.

103

verit piuttosto una nozione prammatica e non una nozione


epistemica.
Le stesse conclusioni caratterizzano la concezione di Goodman: la
realt che cade sotto i nostri sensi una nostra creazione, cio una
creazione del nostro racconto; di conseguenza la verit non si
definisce per una rispondenza delle proposizioni con la realt, ma
attraverso un confronto di tali proposizioni con il sapere gi
acquisito. una reinterpretazione della concezione di verit
legata alla verit prammatica.
Fraassen, Devitt e Putnam non abbandonano, diversamente da
Dummet o Goodman, il quadro dell'empirismo e del realismo. Essi
propongono pertanto una loro nuova interpretazione. Fraassen
parla di un empirismo "costruttivo", che non rifiuta l'esistenza
della realt oggettiva, ma distingue fra oggetti osservabili e non
osservabili. Gli oggetti osservabili sono rilevati empiricamente,
mentre gli oggetti non osservabili sono costruiti mentalmente.
Nel quadro di tale realismo, il procedimento scientifico consiste
nella costruzione di un'immagine adeguata alla realt attraverso
metodi altrettanto adeguati. I risultati di tale processo di
identificazione possono essere distinti in veri o falsi.
Non esiste dunque un accesso diretto alla realt, ed quindi
impossibile affermare, come per la comprensione corrente della
concezione classica di verit, quali dei nostri giudizi concernenti la
realt descrivano senza incertezze tale realt. In questa
prospettiva, la verit non consiste nel problema di confrontare le
proposizioni con la realt, bens nel corollario di una decisione
razionale (secondo una concezione, quale che sia, della

104

razionalit) , cio in una scelta di proposizioni che si possano


considerare come rispondenti alla realt.
Fra i lavori che discutono del realismo classico e della concezione
classica di verit, i pi influenti, nel settore delle scienze umane,
sono attualmente quelli di Putnam.
Putnam, che in passato aveva aderito al realismo classico, ha poi
cambiato la sua concezione filosofica e aderisce ora a un realismo
vincolato alla nozione di verit; ma il suo realismo (chiamato
"interno" o "dal viso umano"), privato della possibilit di stabilire
un confronto fra le proposizioni e la realt, propone un altro
termine di riferimento. Esiste un'accettazione razionale di
constatazioni concernenti il passato basate sull'esperienza, sulla
coerenza delle nostre convinzioni, in linea con il sapere
accumulato dalla comunit dei ricercatori, sulla valutazione delle
condizioni in cui ha luogo il processo cognitivo, nonch sul grado
di possibilit di verifica del sapere attraverso processi di varia
natura. Nella concezione di Putnam si incontrano molti passaggi di
difficile interpretazione; ma la tendenza a screditare il realismo
classico e la teoria classica della verit (''egoista") , senza
rifiutarne la nozione di realismo, ha suscitato molto interesse
nella cerchia dei ricercatori nell'ambito delle scienze umane.38
Una simile evoluzione realista (ed empirista) della concezione
classica di verit, cio un'evoluzione nella quale si sottolinea il
ruolo del soggetto nella costruzione dell'immagine della stessa
realt, come pure del consenso razionale di coloro che accettano
quest'immagine, ha luogo anche nel quadro della sociologia del
38

Lorenz C. (1994), Historical Knowledge and Historical Reality, in "History

and Theory".

105

sapere, il cui oggetto principale la descrizione delle radici sociali


del sapere stesso.
La ricerca delle radici sociali del sapere della sociologia
tradizionale del sapere si trasformata nella "nuova" sociologia
del sapere, in un'analisi della "produzione" sociale del sapere,
dunque nella costruzione sociale (e individuale ma pur sempre
sociale) dello stesso sapere.39
La distruzione della concezione del realismo (metafisica) andava e
va di pari passo con il cambiamento della comprensione della
lingua. Nella filosofia analitica (positivista) , la lingua
considerata come un mezzo neutrale nel processo conoscitivo
(mirror theory of language) . Gi Ferdinand de Saussure aveva
sottolineato l'importante ruolo della lingua nella percezione della
realt. Le concezioni che si sono sviluppate in seguito hanno
elevato la lingua a sistema dotato di sue proprie leggi, che
bloccano l'accesso alla realt "pura"; un sistema inseparabilmente
legato alla realt, dunque che non si pone "al di fuori" della realt,
ma che attraverso le sue convenzioni influenza la nostra
conoscenza della realt.
L'interesse crescente per la lingua e per gli argomenti sviluppati
da studiosi come Barthes o Foucault si manifestato ben presto
come un precursore del postmodernismo che ha radicalizzato
tutte le tendenze amirealiste e costruttiviste.
Nella comprensione postmoderna del sapere non c' pi posto per
la categoria di verit. Esprimendoci in termini positivi scrive
John McGowan il postmodemismo un tentativo di legittimare i
39

Fuchs S. (1992), The Professional Question of Truth: A Social Theory of

Science an d Knowledge, Suny Press, Albany .

106

desideri del savoir sui fondamenti morali e politici dell'azione,


non sulla base di verit inconfutabili, bens sulla base della pratica
umana nel quadro di date comunit. 40
A giudizio di Richard Rorty, uno dei filosofi pi rappresentativi del
postmodemismo, la concezione modernista dello sviluppo del
sapere interpretato come un processo di approssimazione alla
verit, non valida. Egli propone invece una concezione derivata
dal pragmatismo che rinuncia nel processo cognitivo alla nozione
di realt oggettiva esistente indipendentemente dall'osservatore.
Rorty non nega l'esistenza di tale realt, ma sottolinea che bisogna
essere consapevoli del mondo che al di fuori di noi e constatare
che anche la verit fuori di noi.
La verit strettamente legata alla lingua. Non esiste una verit al
di fuori della lingua, delle proposizioni. La verit non pu esistere
senza la coscienza umana. Il mondo al di fuori, ma le descrizioni
del mondo non possono esistere al di fuori dell'uomo.
Il realismo "metafisico" e la concezione classica di verit,
accompagnata dalla convinzione che esista una sola descrizione
vera della realt, sono oggi filosoficamente morti. Ci significa che
nel quadro della storiografia si verificata una situazione
schizofrenica segnata dalla separazione del mondo concettuale
degli storici dal mondo delle opinioni dei filosofi.
La battaglia intorno al realismo e alla verit concerne dunque il
problema della possibilit per lo storico di accedere al passato
(esistono regole di traslazione?) e il problema della verit

40

McGowan J. (1991), Postmodernism and lts Limits, Cornell University

Press, Ithaca, London.

107

narrativa (si pu applicare la nozione di verit, ed eventualmente


di quale verit, al racconto storico?).
L'analisi dei testi e degli enunciati di storici e filosofi della storia,
permette di constatare che di regola detti testi hanno
abbandonato la concezione della lingua in quanto strumento
neutro della trasmissione del sapere. Ci significa che storici e
filosofi si rendono pi che mai conto delle difficolt nel cammino
verso l'immagine vera del passato, e di come la convinzione
dell'esistenza di una sola verit sia ingiusta. Ma essi non vogliono
rompere totalmente con il realismo e con la nozione di verit in
rapporto alle conoscenze sul passato. Essi si sono trasformati in
costruzionisti moderati, che non rifiutano la convinzione della
possibilit di un certo realismo.
Dalle analisi di Topolski emerge che l'esistenza "oggettiva" del
passato generalmente ammessa. Le divergenze insorgono invece
intorno alla prima domanda.
Alla prima ipotesi, se esista la possibilit di un accesso dello
storico al passato o se esistono regole di traslazione che
consentano di "tradurre" il passato in racconto storico, i
costruttivisti

radicali

(come

Ankersmit)

rispondono

negativamente. In luogo delle regole di traslazione che


suggeriscono una possibilit d'isomorfismo fra l'osservazione da
un lato e il passato dall'altro, dunque fra le fonti e il racconto,
propone di limitarsi a un rapporto che si pu definire "contatto
empirico " con il passato. Tale contatto empirico, assicurato dalle
fonti, non offre alcuna "griglia" o prefigurazione del passato. Ci
che offre soltanto un sentimento pi o meno vago di "attingere"
al passato riferendoci alle osservazioni descritte nelle fonti.

108

Risulta evidente che i troppi retorici, cos come le teorie del


processo storico, non si possono utilizzare come regole di
traslazione. La traslazione retorica o teorica condurrebbe a un
circolo vizioso o alla traduzione del passato in un racconto del tipo
idem per idem. Una supposta struttura del passato (retorica o
teorica) sarebbe una interpretazione del passato attraverso una
seconda interpretazione o per supposta prefigurazione.
Forse ogni nostra conoscenza del mondo un'interpretazione, ma
in tal caso bisogna distinguere gradi diversi della stessa
interpretazione. Il contatto con la realt si collocherebbe al livello
pi basso possibile d'interpretazione, nel punto dove essa "tocca"
(metaforicamente) il pi direttamente la stessa realt e le altre
interpretazioni.
Tornando alle fonti, sia che contengano un'osservazione
"cristallizzata" (nel caso di fonti indirette, dunque fonti con un
informatore situato fra lo storico e la realt del passato), sia che
consentano di osservare direttamente i residui del passato tramite
gli oggetti materiali che provengono dal passato (nel caso di fonti
dirette). La distinzione fra fonti dirette e fonti indirette stata uno
dei pilastri della concezione delle fonti sviluppata dagli storici gi
nel XIX secolo (Droysen, Ermest Bernheim, Marceli Handelsman) .
La distinzione fra fonti (e nello stesso tempo fra informazioni)
dirette e indirette non concerne soltanto la conoscenza del
passato. Anche l'osservazione quotidiana e corrente della realt
quale si esplica nel ritmo della vita umana non unicamente
diretta. Anch'essa pi o meno indiretta. Indipendentemente dal
fatto che si osservi il mondo alla luce di un certo sapere, delle
convenzioni linguistiche o altro dunque in certa misura

109

indirettamente il carattere indiretto del processo cognitivo si


manifesta con sempre maggiore evidenza allorch si oltrepassa il
livello "quotidiano" di osservazione. Nelle conoscenze attinenti
alla realt e nelle decisioni non ci soccorrono soltanto le nostre
informazioni dirette, bens anche le osservazioni degli altri, le
informazioni provenienti dalla stampa, dalla radio, dalla
televisione e cos via. cos che le nostre azioni hanno alla base
informazioni sia dirette sia indirette.
La conoscenza dell'attualit dunque saturata in larga misura da
informazioni indirette e anche se l'osservazione diretta gioca a sua
volta un ruolo fondamentale, le osservazioni indirette svolgono un
ruolo prevalente nelle attivit professionali. Nella conoscenza del
passato, dunque, il ruolo principale spetta all'osservazione
indiretta, ma, come abbiamo notato, il ruolo di questo tipo di
informazione considerevole anche per l'attualit.
Di norma lo storico non pu osservare direttamente il passato,
salvo il caso in cui osservi, ma sempre in misura frammentaria,
una trasformazione dell'attualit in passato. opportuno a questo
punto ricordare che il ricorso alla memoria non apre uno spazio
all'osservazione diretta nella storia, poich nel corso del tempo la
memoria perde il valore di osservazione diretta. Le nuove
esperienze penetrano il contenuto della memoria gi accumulata
nella coscienza umana, creando una nuova qualit.
Anche l'osservazione degli oggetti materiali del passato non pu
essere considerata del tutto diretta. L'oggetto materiale, che gioca
il ruolo di fonte, nel momento in cui lo storico l'osserva non lo
stesso oggetto del tempo della sua esistenza primitiva. Esso si
colloca successivamente nel quadro di totalit culturali diverse.

110

Il carattere prevalentemente indiretto della conoscenza del


passato (per il tramite delle fonti) sembrerebbe bloccare
completamente, come obiettano i postmoderni, l'accesso al
passato. Ma per una conoscenza della sfera attuale, il ruolo
dell'osservazione indiretta fondamentale. Le informazioni
indirette non bloccano l'accesso alla realt attuale, piuttosto il
problema si pone invece quando si intende caratterizzare tale
accesso. Nella storiografia non vi sono dubbi per ci che concerne
un tale accesso.
La convinzione dominante che le fonti dischiudano una via diretta
al passato pu essere definita come il mito delle fonti storiche. Gli
storici partono dalla premessa che, nella ricerca storica, le fonti
abbiano uno status epistemologico privilegiato, cio uno status
fondante (o solida base) rispetto al sapere del passato, oltre che
uno status narrativo. Secondo tali convinzioni, le fonti in quanto
"fonti " della verit sono antologicamente ed epistemologicamente
"privilegiate" in rapporto ad altri ragionamenti.
Esiste nel quadro di questo mito una semplice relazione fra
quantit e qualit delle fonti. Ne risulterebbe che nel caso ideale,
cio quando si disponesse di fonti complete e di buona qualit, si
potrebbe arrivare a un racconto veritiero. Si valorizzano dunque i
racconti specifici dal punto di vista della quantit e della qualit
delle fonti utilizzate, attribuendo inoltre un valore speciale a un
certo genere di fonti (come le fonti custodite negli archivi, i
manoscritti,

ecc.)

che,

quanto

sembra,

saturano

automaticamente il racconto di particolari verit (pi "vere" delle


altre).

111

In fin dei conti, il mito delle fonti storiche, imperante da lungo


tempo nella storiografia, considera le fonti come un cristallo
nitido per sua natura, ma di visibilit limitata. Nel quadro del mito
delle fonti storiche, l'accesso al passato bloccato soltanto per
questa mancanza.
Si proposto d'interpretare le fonti rispetto alla loro capacit
d'informare sul passato attraverso differenti metafore. Ankersmit
afferma che le fonti non esprimono nulla sul passato in via diretta.
Egli paragona le fonti ai tocchi di pennello impressi dal pittore per
raggiungere un certo effetto.41
Gli autori che non negano l'accesso al passato tramite le fonti
propongono in genere delle metafore ottiche: ora la metafora della
lente di ingrandimento, ora quella dello specchio deformato
(distorted glass),42 e ancora quella del gi menzionato cristallo
nitido.
Ricoeur impiega la metafora della traccia (del passato)43 ma
interpreta questa nozione nel senso della propria filosofia
ermeneutica. La traccia, secondo Ricoeur, diventa una traccia del
passato allorquando sia ripensata come una sopravvivenza del
passato nell'attualit. Anche gli storici utilizzano la metafora della
traccia, ma la interpretano nel senso di una via pi o meno
angusta per giungere alla verit.
Le fonti, comunque, non posseggono a loro volta tale capacit, e se
includono descrizioni e interpretazioni di totalit storiche, per-

41

Ankersmit F. R., Historiography and Postmodernism, cit., p. 145- 147.

42

Ginzburg C., Checking the Evidence: The ]udge and the Historien, cit. , p.

84 .
43

Ricoeur P., The Reality of the Historical Past, cit. , p. 2.

112

dono il valore di fonti, trasformandosi in racconti storici.


Le fonti, per loro natura, consentono un accesso molto contenuto
al passato, accesso bloccato dall'accidentalit delle testimonianze
disponibili, saturato inoltre dalla persuasione che lo storico
confronta il proprio racconto non tanto con informazioni dirette
quanto con altri racconti. Da qui la moltiplicazione dei racconti nel
nostro "universo narrativo" (Ankersmit) sempre pi popolato.
Lo storico che interroga le fonti vi trova solo raramente
informazioni dirette. Le informazioni sono per la maggior parte
indirette, e in tal caso lo storico ricostruisce i fatti del passato
attraverso procedimenti di diversa natura. Tali informazioni,
inoltre, sono dirette in rapporto alle domande poste, mentre sono
indirette

rispetto

allo

storico,

perch

egli

non

osserva

direttamente il passato se non tramite l'informatore.


Le informazioni dirette in rapporto alle domande poste, le quali
sono sempre indirette rispetto agli storici, possono anche essere
dirette di diverso grado. Esse sono meno dirette quando, per
esempio, l'informatore (l'autore delle fonti) ricorre a un altro
informatore. Va da s che le informazioni pi sono dirette, pi
sono "vicine" al passato.
La seconda premessa pone l'accento sul fatto che le fonti indirette
(con un informatore o pi informatori) posseggono in larga
misura una struttura simile a quella del racconto storico. Le fonti
indirette descrivono, in forma pi o meno sviluppata, i frammenti
del passato. La differenza risiede soltanto nel fatto che l'autore
della fonte storica situato pi "vicino" allo storico, e le fonti
dirette, che sono frammenti materiali del passato conservatisi fino
a noi, non offrono informazioni dirette sul passato.

113

Lo storico (e l'archeologo) deve, per raccogliere informazioni da


fonti dirette come da una moneta antica rinvenuta durante una
campagna di scavi tradurre ci che questa moneta "esprime"
convertendolo in una narrazione. Tali narrazioni, che possono
essere ovviamente diverse in rapporto al sapere e al sistema di
valori dello storico, hanno parimenti la stessa struttura narrativa
del racconto.
Le fonti dirette non offrono dunque informazioni dirette. Esse
creano soltanto una base d'interpretazione. Il loro grado narrativo
molto spesso paradossalmente pi elevato di quello delle fonti
indirette, perch il campo d'interpretazione, in rapporto alle fonti
dirette, di regola vastissimo. Ci significa che il filo che lega lo
storico al passato tramite le fonti dirette non automaticamente
pi forte rispetto alle altre fonti. E, tanto pi, le fonti dirette non
sono una lente con la quale si possa osservare il passato.

In conclusione, l'accesso dello storico al passato molto limitato,


oscuro, e bloccato da svariati fattori. Ci nonostante egli non pu
negare la possibilit di accesso ai fatti osservabili individuali che
hanno un'evidenza nelle fonti. Se la possibilit di un tale accesso
esiste, deve parimenti sussistere la verit storica in senso classico
(per quanto non necessariamente "egoista"). Nella conoscenza
corrente l'osservazione indiretta, in base a cui agiamo pi o meno
concretamente, gioca un ruolo importante.
vero, come asseriscono gli antirealisti, che allo storico non
consentito un accesso sensoriale al mondo del passato, ma nella
vita ci serviamo di un'infinit di informazioni indirette
concernenti la realt che non nascono da una sensazione diretta

114

degli oggetti. La situazione analoga. L'eventuale differenza non


di sostanza, bens di grado.
E poich l'osservazione "diretta" in senso "puro" non esiste, ogni
"accesso" alla realt in fin dei conti "indiretto" perch effettuato
in virt di un'esperienza accumulata, della lingua con le sue
convenzioni, dei paradigmi, delle teorie e delle ideologie. Da tale
punto di vista non esiste alcuna differenza fra scienze storiche e
scienze naturali. Se una tale differenza esistesse sarebbe solo una
differenza di grado.
Tanto le scienze naturali quanto le scienze storiche (o la storia
semplicemente, se si vuole evitare la nozione di scienza in
rapporto allo studio del passato) studiano oggetti materiali oggetti
non materiali oppure oggetti direttamente osservabili e oggetti
non osservabili.
In rapporto alla verit, lo statuto delle scienze naturali e della
storia appare dunque simile. Quello che si pu fare solamente
decidere se le constatazioni, sia della storia sia delle scienze
naturali, siano vere o false.
Per quanto concerne le constatazioni individuali fattuali (nel
racconto storico), gli antirealisti sono concordi nel ritenere che si
pu deliberare se esse siano vere o false. Ma, sempre secondo gli
stessi antirealisti, sia per la presenza nel racconto storico di
elementi non materiali e non osservabili, sia perch tali elementi
sono una costruzione dello storico e non fanno parte della realt,
la nozione di verit non pu essere estesa allo stesso racconto (o
alle totalit narrative contenutevi).
La verit delle totalit narrative che non sono (come vengono
considerate comunemente) una serie di proposizioni, ma una

115

struttura in cui le proposizioni si concatenano reiteratamente sia


in orizzontale sia in verticale, una verit che non pu essere
confermata dalle fonti. Le informazioni delle fonti

possono

soltanto fornire argomenti per preferire una certa totalit


narrativa.
Ne risulta che le totalit narrative possono essere vere o false
soltanto nel quadro di una data descrizione. Tale quadro
comprende l'insieme delle convenzioni e delle convinzioni che
sono

comunemente

riconosciute

in

una

data

comunit

comunicante.
Il filo garantito dalle fonti, che legano il racconto al passato,
troppo fragile perch si possa accostare il racconto alla realt. Il
filo non trasmette l'immagine (la mappa, il modello) del passato,
ma soltanto informazioni sparse concernenti fatti individuali. Le
totalit narrative vengono costruite (o devono essere costruite) in
accordo con le informazione di base e attraverso regole
metodologiche, sempre in un dato quadro della descrizione e non
conformemente alla realt (o a una struttura del passato accettata
prevalentemente come vera, perch ci sarebbe impossibile.
In questo assetto epistemologico e nel contempo narrativo
evidente che se non si vuole abbandonare il quadro del realismo
ci che sarebbe la negazione delle premesse fondamentali della
pratica storiografica e dell'opinione filosoficamente dominante
non resta come soluzione al problema della verit del racconto
storico che il realismo "interno " proposto da Putnam. La verit o
la falsit pu essere attribuita al racconto soltanto nel quadro di
una data descrizione.

116

La conclusione che si pu trarre da queste riflessioni : esistono


diverse verit o racconti concernenti lo stesso soggetto e sembra
impossibile raggiungere una verit indipendente sia che sia stato
raggiunto o no il consenso nell'ambito della comunit scientifica o
fra le comunit scientifiche.
Si tratta soltanto di uno stato passeggero, accidentale o artificiale.
La pluralit delle verit e la discussione intorno alle medesime
durer fino a quando i livelli ideologici e teorici dei racconti storici
non saranno uniformi.
La presenza di molteplici verit presuppone non soltanto un gioco
degli argomenti, ma anche la necessit di formulare delle regole
che consentano di scegliere fra le verit per individuare le pi
adeguate.
A giudizio di Topolski, fra le regole che potrebbero aiutare a
distinguere

una

maggiore

validit

del

racconto,

occorre

menzionarne almeno due, che si collocano in primo piano:


3. la direttiva di abbracciare nella totalit narrativa il
pi alto numero possibile di informazioni di base;
4. 2. la direttiva di rispettare l'oggettivit del racconto.
Nella misura in cui il racconto rispetta tali direttive, si riflette il
livello del suo valore.
Michael Krausz sottolinea l'impossibilit di "cogliere" il passato,
affermando che si possono proporre molte interpretazioni con lo
stesso grado di probabilit perch spesso non esistono degli
standard riconducibili a interpretazioni particolari.44

44

Martin R.(1993), Objectivity and Meaning in Historical Studies: Toward a

Postanalitic Vue, in History and Theory" , l.

117

Raymond Martin scrive che la valutazione delle interpretazioni


non pu comprendere una soluzione, qualora si tenga conto
soltanto delle fonti alle quali si riferiscono i racconti individuali.
Criticando questo particolare, Dray del parere che sia possibile
(o che almeno si debba tentare di) scrivere storia senza
coinvolgere i propri valori, per esempio scrivere una storia delle
religioni pur professando l'ateismo e senza rivelare che per lo
storico ogni religione una forma di superstizione. una
neutralit che dovrebbe informare la disposizione dello storico
verso il proprio oggetto di studio. La neutralit qui definita come
una salvaguardia delle proprie vedute che recedono "in secondo
piano".
Il carattere dei sentimenti umani verso il passato consentono di
entrare in contatto "diretto" (romantico) con il passato senza la
mediazione del racconto, permettendo come diceva Joan
Huizinga di "sentire" la storia.
Ankersmit, per indicare una tale sensazione diretta, preferisce il
termine esperienza. 45 Egli afferma che nella tendenza nei
confronti del passato la sensazione della differenza fra ego e
mondo esterno scompare.
Alle sensazioni "dirette" concernenti il passato non sono
applicabili le nozioni di verit, poich soltanto le proposizioni

45

Ankersmit F. R. (1989), The Dialectics of Historical Writing (manoscritto

inviato a J. Topolski; Fritzman J. M., The Future of Nostalgia and the Time of
Sublime, in "Clio", 2 (1993); M. Chase, Ch. Shaw, The Dimension of
Nostalgia, in The Imagined Past: History and Nostalgia, a cura di M. Chase e
Ch. Shaw, Manchester University Press, Manchester.

118

basate sulle informazioni dirette delle fonti possono essere


considerate vere o false nel senso del realismo interno.
Non difficile recepire che le analisi delle categorie legate a un
sentimento diretto del passato (esperienze del passato) hanno un
significato (come nel caso di Ankersmit) di un ritorno al realismo,
per quanto senza la nozione di verit.
La soluzione sta forse nella combinazione di esperienza e lingua.
Bisogna per nel contempo sviluppare il metodo della ricerca
storica e comunque, come afferma Kellner, tentare di adattare la
lingua ai fatti del passato.

119

120

CONCLUSIONE
Sei milioni di lettori di Bild non si possono sbagliare si leggeva
sul noto settimanale tedesco. Ovvero: chi acquista Bild daccordo
con le notizie riportate, con le tesi affermate e in generale con la
visione del mondo espressa dal giornale.
La scienza ufficiale sembra comportarsi come Bild. Trentamila fra
geologi, paleontologi, fisici, biologi ecc. che, dai tempi di Lyell e
Darwin, hanno portato alla conoscenza della storia del nostro
pianeta e della vita su di esso, non possono essersi sbagliati,
poich queste teorie determinano evidentemente la nostra visione
del mondo, e noi sembriamo generalmente accettarla.
Va notato tuttavia che i lettori di Bild assumevano poi ad
esempio in occasione delle elezioni un comportamento del tutto
diverso rispetto alla concezione del mondo propagandata dal
giornale. Anche la clientela della scienza ufficiale sembra
utilizzare quella stessa visione del mondo per poi prenderne le
distanze. Il procedimento logico, poich si possono prendere le
distanze soltanto da qualcosa che si conosce. Tutto ruota intorno
alle conclusioni tratte dai dati di fatto incontestabili: conclusioni
alternative, attraverso le quali i fatti incontestabili assumono un
altro significato.
Conclusioni alternative di questo tipo sono presentate da fruitori
della scienza ufficiale, autori come Velikovsky, che Einstein lesse,
affascinato e al contempo irritato, nei suoi ultimi giorni di vita, o
Tollmann, a malapena in grado di sostenere psichicamente
laudacia delle sue conclusioni, o H. J. Zillmer, un sobrio e gioviale
ingegnere civile. Questi e molti dei loro colleghi non hanno
preteso di scoprire una nuova scienza, quasi una mitologia privata

121

da liquidare in fretta come spiritualismo New Age. Piuttosto essi


lavorano accettando i sorprendenti risultati delle ricerche di
affermati scienziati nelle diverse discipline. Non negano i dati
raccolti e le conoscenze acquisite, come vorrebbero gli
spiritualisti, ma fondano le loro argomentazioni proprio su tali
conoscenze.
nota la ricerca sul pensiero ludico di Edward de Bono, in cui
mette a confronto il pensiero verticale con quello laterale. Per
verticale sintende ci che convenzionalmente definiamo come
derivazione logica da termini generici o ipotesi fondamentali per
la comprensione del singolo fenomeno. Con pensiero laterale
sintende un procedimento tortuoso, per vie traverse, un pensiero
a balzi, apparentemente a-sistematico. La riformulazione attuale
di questo concetto fuzzy logic o strange revelations.
Va ricordato che il pensiero verticale non esclude quello laterale,
ma anzi i due sono complementari, condizionandosi a vicenda e
costituendo luno il presupposto dellaltro. Un fenomeno per il
quale de Bono fornisce numerosi esempi:
Quando Marconi increment la potenza e le prestazioni delle sue
apparecchiature si accorse di essere in grado di trasmettere onde
a sempre maggiori distanze. Alla fine os persino pensare di
trasmettere un segnale attraverso loceano Atlantico. A suo
parere, tutto dipendeva soltanto da un trasmettitore abbastanza
potente e da un ricevitore altrettanto sensibile.
Gli esperti, con maggiore conoscenza della materia, risero di
questa sua teoria, assicurando a Marconi che le onde elettriche si
propagano in linea retta, come la luce, e che non avrebbero
perci seguito la curvatura terrestre, andando a perdersi nello

122

spazio. Dal loro punto di vista logico, gli scienziati avevano


pienamente ragione, ma Marconi non si fece convincere, prosegu
con i suoi esperimenti e ottenne il successo che conosciamo. N
lui n gli esperti del tempo sapevano nulla dello strato superiore
dellatmosfera, la ionosfera, ricca di particelle dotate di cariche
elettriche. La ionosfera riflette le onde elettromagnetiche che
altrimenti, come ipotizzato dagli esperti, avrebbero abbandonato
la superficie terrestre.
Dunque: n gli esperti, che fondavano logicamente le loro
affermazioni su princpi teorici, n Marconi, che invece aggirava
tali

conclusioni

logiche,

conoscevano

la

verit.

Ma

il

procedimento di Marconi si aggiudic alla fine il titolo di modello


di riferimento, sottraendolo agli esperti dellepoca, incapaci di
spiegare la propagazione delle onde a grandi distanze.
Anche Velikovsky, Tollmann o Zillmer sono alloscuro della
verit per quanto riguarda la storia evolutiva della vita e della
Terra, ma sperimentano le loro concezioni e teorie come Marconi
ha fatto con le onde elettromagnetiche. Essi non sottopongono la
natura stessa allesperimento, ma assoggettano le logiche del
pensiero scientifico e linflusso delle logiche del linguaggio e della
comunicazione a questo pensiero.
Anche i concetti formulati in maniera ineccepibile dal punto di
vista

scientifico

devono

essere

comunicati

attraverso

unespressione verbale o figurativa. Pu dunque accadere che le


logiche intrinseche di linguaggio e comunicazione arrivino a
deformare i concetti scientifici.
Come dimostrano esperimenti compiuti dagli psicologi, noi siamo
ugualmente colpiti sia da ci che vero che da ci che falso. Nel

123

caso delle foto segnaletiche, ad esempio, il testimone pu


convincersi in maniera altrettanto inequivocabile che lo stesso
individuo sia lautore del delitto oppure la vittima.
Gli

studiosi

di

estetica,

arte

cultura

si

confrontano

continuamente con questo tipo di fenomeni dimostrativi. Sia essi


che un gran numero di artisti della nostra epoca di domandano
come sia possibile sfuggire alle seducenti facilit esplicative
linguaggio-immagine, riuscendo tuttavia a farsi comprendere
dagli altri attraverso segni di forte ambiguit e incertezza.
Si domandano se la comunicazione non risulti pi efficace quando
non basata sulle evidenze.
Il passato non esiste pi. Sia che contempliamo levoluzione
umana, i primi insediamenti degli Indiani dAmerica, le origini
delle civilt, la veridicit delle storie bibliche o qualsiasi altro
evento discusso, il passato se n andato.
In questo senso tutti gli scienziati e non, sono costretti a costruire
(o inventare) unimmagine del passato servendosi del presente.
Ci avviene nella speranza che ci possa riflettere la realt.
Come umanit che basa la propria nuova religione sulla scienza,
come scienziati quindi vorremmo poter ricostruire un passato pi
verosimile e accurato, nei suoi reali accadimenti, poich esso ha
lasciato delle tracce che scopriamo nel presente. Ma la
documentazione sullantichit spesso vaga, ambigua e difficile da
interpretare. Pertanto possibile ricostruire molti e diversi
passati.
Tutti gli scienziati, qualsiasi sia il campo che ritengono importante
per la storia delluniverso, del pianeta o dellumanit, riconoscono
questo fatto. Il messaggio di questa trattazione che, sebbene ci

124

siano molte e diverse possibilit, non tutte queste ricostruzioni


del passato, non tutte queste possibilit sono ugualmente
plausibili.
In definitiva, abbiamo il passato che ci meritiamo. In ogni
generazione, filosofi, scrittori, studiosi, ciarlatani e personaggi
stravaganti (categorie che non necessariamente si escludono a
vicenda) cercano di ottenere dal passato unimmagine che
risponda alle loro aspettative o li rassereni. Giganti biblici, alcuni
dei quali passeggiavano con i loro dinosauri favoriti, antenati con
mascelle scimmiesche e grossi cervelli, trib perdute, continenti
scomparsi, razze misteriose, antichi astronauti e Maya intergalattici: tutti hanno fatto parte della storia, solo per la semplice
ragione che hanno trovato uno spazio nel nostro tempo (anche se
solo uno spazio parlato).
Eppure possiamo meritarci qualcosa di pi, ci meritiamo un
passato che corrisponda alla verit e che integri ogni linguaggio.
Quello scientifico che faccia da base solida e terrena per
comprendere una verit pi ampia e vasta che giunga persino
allAnima. Perch scindere tutto ci?
stato mostrato come nel tempo ogni autore abbia montato storie
o immagini di un lontano passato, cercando di portare acqua al
proprio mulino per dare credibilit e forza alle proprie teorie.
Ogni storia parte dalla storia del singolo che ne diventato
portavoce: il tema della vita stessa dellautore o creatore di una
storia (vera o di fantasia che sia).
A meno che non abbiamo lopportunit di conoscere di persona gli
autori in questione, sar difficile ricondurre la vera origine

125

soltanto attraverso fonti scritte (ossia intermediari che ci


riportano una loro personale visione di qualcosa).
Oggigiorno la guerra tra il sapere scientifico e le fantasiose realt
esoteriche non ha pi il potere del secolo scorso, la comunicazione
tra le parti se concepita in maniera rispettosa possibile, non
pi un tab. E questo un grande traguardo evolutivo.
Il punto di vista oggettivo qualcosa che si sta evolvendo nel
nostro tempo, sebbene questa conquista passa attraverso
lesplorare se stessi, le proprie dinamiche con il mondo esterno, i
proprio

obiettivi

egocentrici,

che

spesso

nascondono

motivazioni profonde celate ai nostri stessi occhi, e velate da


buonismi, perbenismo e voglia di migliorare il mondo.
Ci meritiamo di pi e possiamo fare di pi che immaginare un
passato diviso.
Integrare le diverse verit tutto ci che ci rimane da fare, e ci
aspetta nel futuro.

126

Integrazione.

127

128

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Ringraziamenti
Desidero ringraziare il Professor Marco Ciardi,
relatore di questa tesi, per la grande disponibilit e cortesia dimostratami, e
per tutto laiuto fornito durante la stesura. Soprattutto per le domande
che hanno indotto a proseguire una riflessione pi autentica
dellargomento trattato.
Un sincero grazie anche alle Professoressa Sandra Linguerri, correlatrice di
questa tesi, per il sostegno nonostante le difficolt.
Un sentito ringraziamento ai miei genitori, che, con il loro sostegno morale
ed economico, e soprattutto la loro pazienza, mi hanno permesso di
raggiungere lungo un cammino ondoso questo traguardo.
Ringrazio mia sorella Sabrina, che con il suo amore e le sue sfide, mi
riporta nel qui e ora, permettendomi di riprendere il mio posto mancato.
Desidero inoltre ringraziare la Biblioteca Bozzano-De Boni e tutto il suo
staff che mi ha calorosamente aiutato nelle ricerche.
Grazie a Oriana, per essermi stata vicina, sia nei momenti difficili
sia nei momenti felici. Senza di te non sarei arrivata qui, oggi.
Un ringraziamento finale a tutti i compagni di Viaggio, a tutti i compagni
dellAccademia del S, che ogni giorno mi permettono di specchiarmi,
affinch possa proseguire con maggiore consapevolezza e gratitudine
la mia Vita.
Grazie di Cuore. A tutti.
Con Amore,

Carmela
~ Bologna, 29 marzo 2012 ~

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