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La musica preistorica la forma primordiale di musica che veniva prodotta in tempi preistorici da popolazioni umane. Ovviamente non esistono prove dirette del fatto che alcuna popolazione della specie Homo producesse musica, dato che la musica non si pu in alcun modo conservare con tecnologie poco sofisticate. Sono per state ritrovate prove indirette, quali l'esistenza di strumenti per i quali si identificato un utilizzo di tipo musicale.
I primi strumenti
Gli scavi archeologici su periodo paleolitico hanno portato alla luce vari strumenti a percussione che venivano usati maggiormente dai cacciatori; tra questi vi sono i sonagli legati, cio piccoli oggetti quali noci, semi, noccioli, denti di animali e altro legati tra loro da una cordicella o a grappolo; sonagli di zucca, zucche vuote riempite di sassolini; tamburi a fessura, tronchi d'albero con una cavit interna longitudinale. Altri strumenti rinvenuti sono i raschiatori, ovvero strumenti dentellati a raschiamento (gusci, bastoni, conchiglie, ossa che si raschiavano con un oggetto rigido), e i primi strumenti a fiato: flauti a tacca, flauti in osso a fessura, trombe ottenute da rami scavati e trombe ricavate da ossa di animali. Strumenti particolari sono l'arpa di terra, o cetra di terra, e l'arco musicale. L'arpa di terra consisteva in una buca scavata nel terreno e ricoperta con corteccia d'albero. Su di essa si tendeva una corda legandola a un bastone infisso a terra e percuotendola o pizzicandola si otteneva una strana risonanza. L'arco musicale, invece, era formato da un ramo flessibile curvato mediante una corda tesa tra le due estremit e recante un risuonatore a zucca destinato ad ampliare il suono della corda pizzicata.
La musica dell'Antico Egitto ha origini molto remote. Fu tra le prime civilt di cui si hanno testimonianze musicali. Per gli egizi la musica aveva un ruolo molto importante: la leggenda vuole che sia stato il dio Thot a donarla agli uomini. Intorno al V millennio a.C. vennero introdotti i primi strumenti musicali, quali bacchette, tavolette e sonagli, utilizzati in rituali totemici. Le danze erano soprattutto propiziatorie alla caccia, magiche, di fecondazione e di iniziazione. Nell'Antico Regno si cre l'usanza dell'orchestra composita, comprendente vari flauti, clarinetti e arpe arcuate, con un'ampia cassa armonica. Si trovano poi i crotali, il sistro, legato ad Hathor, la tromba, utilizzata in guerra e sacra ad Osiride, i tamburi, il liuto ed il flauto, sacro ad Amon. Durante il Medio Regno si introdussero il tamburo, la lira e alla danza rituale si aggiunse quella definibile professionale ed espressiva, in quanto aveva lo scopo di intrattenere lo spettatore. Il tipico strumento egizio, il sistro vide, in questa epoca, un allargamento del suo utilizzo. Strumenti pi sofisticati dovettero attendere pi a lungo. I primi ad apparire dopo le percussioni furono gli strumenti a fiato (flauto, corno) e a corde (lira e cetra), di cui esistono testimonianze greche, egizie e mesopotamiche anteriori al X secolo a.C. Queste civilt conoscevano gi i principali intervalli fra i suoni (quinte, quarte, ottave), che erano usate come base per alcuni sistemi di scale. Da uno studio di Sachs sull'accordatura delle arpe emerso che gli Egizi utilizzavano una scala pentafonica discendente e che conoscevano la scala eptafonica. Purtroppo non stata rintracciata nessuna notazione musicale, quindi poco o nulla si sa sulle melodie dell'antichit egizia[1].
Lezione di musica, idria attica a figure rosse, c. 510 a.C., Staatliche Antikensammlungen (Inv. 2421)
Nella storia della cultura occidentale, l'antichit greca ha rappresentato un concreto modello di classicit, specialmente per l'architettura, la scultura e la letteratura. Diverso stato per la musica, arte altrettanto importante e praticata nel mondo classico, della quale, a differenza delle discipline precedentemente dette, ci sono rimasti solo pochi frammenti e di difficile interpretazione. L'elemento di continuit tra il mondo della civilt musicale ellenica e quella dell'Occidente europeo costituito principalmente dal sistema teorico greco, che fu assorbito dai romani e da essi fu trasmesso al Medioevo cristiano. Il sistema diatonico, con le scale di sette suoni e gli intervalli di tono e di semitono, che sono tuttora alla base del nostro linguaggio musicale e della nostra teoria, l'erede e il continuatore del sistema musicale
greco. Altri aspetti comuni alla musica greca e ai canti della liturgia cristiana dei primi secoli dell'era volgare furono il carattere rigorosamente monodico della musica e la sua stretta unione con le parole del testo.
Periodo arcaico
Nel periodo arcaico domina, in Grecia, una concezione della musica che di tipo magico-incantatorio. Ricordiamo che, per i Greci, la magia era un estremo tentativo di controllare le forze naturali che si presentavano, con violenza, all'uomo primitivo. Fu in questo periodo che nacquero racconti mitologici che fanno riferimento al potere psichico della musica. La forte presenza della componente sonora nella Grecia arcaica viene testimoniata dal fatto che quasi tutti i miti greci hanno una dimensione sonora (ad esempio, i miti relativi alla nascita degli strumenti, ad esempio il mito della ninfa Siringa, innamorata di Pan, la quale, per sfuggire a quest'ultimo, venne trasformata in canna. Pan, per conservare questo legame con la ninfa, tagli queste canne facendone il suddetto strumento musicale).
Gli strumenti
Lo strumento associato a questa dimensione magico-incantatoria fu l'aulos. Era uno strumento a fiato ad ancia, sacro al culto di Dioniso, dio del vino, dell'ebbrezza e dell'incantamento. Una striscia di cuoio girava intorno al capo dell'esecutore, aiutandolo a fermare, tra le labbra, le imboccature dell'aulos doppio, il diaulos, strumento pi diffuso dell'aulos semplice. Un altro strumento utilizzato in Grecia fu la cetra, strumento utilizzato, generalmente, per accompagnare i racconti delle leggende degli dei e degli eroi. La lira o cetra era ritenuta sacra al culto di Apollo, il dio della bellezza e simboleggiava una diversa idea della musica, molto pi razionale di quella associata al dio Dioniso. Era formata da una cassa di risonanza dalle cui estremit salivano due bracci collegati in alto da un giogo. Tra la cassa e il giogo erano tese le corde: dapprima 4, poi 7 (merito attribuito erroneamente al poeta-musico Terpandro), poi un numero maggiore. Si suonava pizzicando le corde con un plettro solitamente d'avorio. Variet della lira erano la forminx degli aedi, la pectis lidia, la grande magadis. C' un mito che dimostra la superiorit che acquist, per i greci, la poesia accompagnata dalla cetra. Si tratta del mito di Atena, dea della sapienza, la quale gett via l'aulos perch le deturpava il viso, scegliendo la cetra. C', quindi, quest'idea della superiorit della musica razionale rispetto a quella irrazionale. Ci nonostante, vengono riconosciute entrambe le dimensioni e associate una ad Apollo, l'altra a Dioniso. Altri strumenti erano la siringa, simile al flauto dolce; il flauto di Pan, formato da 7 canne disposte una vicina all'altra e di altezza degradante; la salpinx o tromba. Tra gli strumenti a percussione si ricordano i tamburi, i cimbali (gli attuali piatti), i sistri e i crotali.
La notazione
L'esistenza della notazione risale solo al IV secolo a.C. La scrittura musicale greca serviva solo ai musicisti professionisti per loro uso privato. C'erano due tipi di notazione: 1. La notazione vocale, che impiegava, con poche varianti, i segni dell'alfabeto greco maiuscolo; 2. La notazione strumentale che impiegava segni dell'alfabeto fenicio e usati diritti, inclinati o capovolti; Tra i pochi documenti pervenutici in cui vengono utilizzati le due notazioni ricordiamo:
Un frammento del primo stasimo della tragedia Oreste di Euripide, scritto su papiro; dalla collezione
dell'arciduca Rnier. Notazione vocale Sempre dall'Oreste di Euripide: frammento di un coro (480-406 a.C.), Papyrun Wien G 2315. Notazione vocale Frammenti strumentali sempre dall'Oreste di Euripide, nel Papyrus Berlin 6870. Notazione strumentale
Due inni delfici, in onore di Apollo, uno in notazione vocale, l'altro in notazione strumentale, entrambi incisi su
pietra; scoperti nelle rovine del tesoro degli ateniesi a Delfi nel maggio del 1893 (Delphi inv. NR. 517,526,494,499) Pianta di Tecmessa, Papyrus Berlin 6870. Notazione vocale Tre inni di Mesomede di Creta, dedicati al Sole, a Nemesi e alla musa Calliope, pubblicati da Vincenzo Galilei alla fine del 500 Aenaoi Nefelai, da Aristofane. Museo di Monaco di Baviera (Aristophane 275/277) Epitaffio di Sicilo, (Seikilos figlio di Euterpe). Inciso su una colonnetta di pietra scoperta in Asia minore e pubblicata da Ramsay nel 1883. I segni musicali furono scoperti da Wessely nel 1891. Attualmente nel museo di Copenaghen (Inv NR. 14897). Notazione vocale Prima ode Pitica, da Pindaro. Fonte: Biblioteca del monastero di S. Salvatore, Messina Papyrus oxyrhynchus 2436 - Frammento di una monodia estratta forse dal Meleagos di Euripide Homero Hymnus (Omero?) Fonte: Benedetto Marcello, Estro poetico-harmonico (Venezia, 1724). "Parte di canto greco del Modo Hippolidio sopra un inno d'Omero a Cerere" Poema (Mor 1,11 f Migne 37,523) di Grigorios Nazianzenos - Fonte: Athanasius Kircher, Musurgia universalis (1650), "Schema Musicae Antiquae". Biblioteca del monastero di S. Salvatore, Messina Papyrus Oslo A/B: Papiro di Oslo 1413 (Testo tragico). Pubblicato da Amundsen e Winnington-Ingram in Symbolae Osloensen (1955). Notazione vocale
Alla fine del periodo arcaico visse il primo musico non leggendario di cui abbiamo notizia, Terpandro, a cui fu riconosciuto il merito di aver raccolto, classificato e denominato le melodie in base alla loro origine geografica (una melodia che veniva dalla regione dorica venne chiamata dorica, dalla regione frigia, frigia), nonch di aver organizzato le melodie in funzione dei testi poetici. Queste melodie vennero chiamate nomoi (termine che, in greco, significa legge) perch il musico doveva utilizzarle in funzione del tipo di testo che metteva in musica. In questa fase fu decisiva, nell'ambito dell'esecuzione musicale del testo poetico, la funzione della memoria, considerata la madre delle muse, nonch madre delle arti perch aveva un ruolo fondamentale per la sopravvivenza e la trasmissione della cultura.
La Teoria
La Ritmica Nella Grecia antica, la musica era assolutamente inseparabile dalla poesia, soprattutto nel periodo pi antico della sua storia. Nella poesia greca e in quella latina, la metrica era governata dalla successione, secondo schemi prefissati, di sillabe lunghe e brevi (metrica quantitativa). Da questi schermi derivavano le alternanze fra tempi forti e deboli, cio il ritmo. La ritmica greca si estendeva all'area delle arti temporali, quindi la musica adottava gli stessi principi metrici della poesia (Ogni verso della metrica greca era costituito da un insieme di piedi, dati da sillabe lunghe e brevi). verifica: le vocali della lingua greca antica, che noi oggi classifichiamo in lunghe e brevi, erano in realt differenziate in suoni alti e bassi, la differenza era dunque tonale, non metrica (similmente alla lingua cinese). I greci dunque "cantavano" anche nella lingua parlata. Elemento fondamentale ed indivisibile della metrica greca era il tempo primo, misura della sillaba breve. La breve si indicava con il segno e corrispondeva alla durata di una croma, mentre la lunga si indicava con il segno - e corrispondeva alla durata di due sillabe brevi, ossia di una semiminima. Il ritmo si produce solo quando ci sono due o pi note o sillabe, cio pi brevi e lunghe; esse si ordinavano in schemi ritmici chiamati piedi (pirricchio, giambo, trocheo). Nella poesia, i piedi si raggruppavano in combinazioni varie a formare i versi, e i versi a formare le strofe.
Il canto
Verso la fine del periodo arcaico cominci a svilupparsi una lirica monodica, affidata ad una voce sola ed eseguita in contesti conviviali. Monodiche furono, ad esempio, le intonazioni con cui si declamavano i poemi omerici e la lirica delle epoche alessandrina e romana. In alcune citt come Sparta, invece,dove si svilupp un forte senso civile e si diede importanza alla dimensione collettiva della vita civile, si svilupp una produzione di musica corale, affidata ad eventi celebrativi pubblici sia religiosi che laici. Forme della lirica corale furono: il peana in onore di Apollo, il ditirambo in onore di Dioniso, l'imeneo, canto di nozze, il threnos, canto funebre, il partenio, canto di fanciulle, gli inni in onore degli dei e degli uomini e gli epinici in onore dei vincitori dei giochi panellenici. Nella lirica corale si realizza pienamente l'unione delle tre arti della Mousik, perch alla poesia si aggiunge la danza (il coro si muoveva coreograficamente durante l'esecuzione dei canti corali). Il ritmo di questi canti era lo stesso della poesia.
Il coro greco cantava all'unisono, utilizzando il procedimento dell'eterofonia: veniva cantata un'unica melodia, ma ad altezze diverse. Massimi poeti e musicisti dei canti corali furono Stesicoro e Pindaro. Siamo tra il periodo arcaico e classico.
La tragedia
Nel periodo classico, la prima grande novit fu la nascita della tragedia. Della tragedia abbiamo notizie dall'opera Poetica di Aristotele, nella quale si afferma che la tragedia nasce, nel Peloponneso, dal ditirambo.
Il coro
La disposizione circolare del coro greco e l'organizzazione dei testi dei ditirambi, anche dal punto di vista metrico, fu introdotta da Arione di Metimna. Successivamente, dal coro si distacc un corifeo (capo del coro) che raccontava le gesta del dio Dioniso e di altri dei. Il racconto del corifeo si alternava agli interventi del coro. Il salto verso il dramma, cio verso la rappresentazione, avvenne con il passaggio dalla struttura lirica (quando il corifeo raccontava una storia all'uditorio) a quella drammatica (quando il corifeo divent attore, impersonificando Dioniso o un altro dio). Secondo la tradizione, questa trasformazione fu operata da Tespi.
Dal punto di vista musicale, nel periodo classico, il nomos viene sostituito gradualmente da un'armonia o modo, cio da scale. La differenza tra nomos e modo sta nel fatto che il nomos una melodia prestabilita in una tonalit, mentre il modo ci consente di inventare nuove melodie pur battendo sulla stessa tonalit. L'esecutore che utilizza il nomos vincolato ad usare una sola melodia, mentre colui che utilizza il modo, cio la scala, pu inventare, mantenendo il tono, l'accento espressivo del nomos. I principali modi, dorico, frigio e lidio, vengono chiamati con i nomi dei nomoi corrispondenti proprio perch le scale di quei nomoi sono le stesse dei modi, con la differenza che il nomos solo una melodia, mentre il modo una scala che consente all'esecutore di inventare, quindi c' una fioritura inventiva. Com' avvenuto di norma nella storia della musica, le innovazioni tecniche, cio i sistemi musicali, precedono la loro teorizzazione. I Greci utilizzavano i sistemi musicali in maniera pratica.
quest'ultimo una nota (proslambanmenos), si otteneva il sistema tleion (o sistema perfetto), che abbracciava l'estensione di due ottave. Esso fu elaborato nel IV secolo a.C. Il primo grande mutamento, nell'epoca classica, il passaggio dai nomoi ai modi corrispondenti. Gi in Sofocle i nomoi sono scomparsi. Con Euripide vi la comparsa, accanto al genere diatonico, di due nuovi generi: cromatico ed enarmonico. In realt quest'innovazione di deve a Timoteo di Mileto che fu il protagonista della rivoluzione musicale del V secolo, accompagnata dalla costruzione della lira con non pi di sette o undici corde, proprio per consentire l'uso delle alterazioni. Questi generi sono di derivazione orientale. L'introduzione delle alterazioni introduce una sfumature, una carica espressiva molto pi grande che nel genere diatonico. Questa la ragione per cui Euripide utilizz i generi enarmonico e cromatico. La sua tragedia aveva un'accentuazione espressiva delle passioni, esprimibile solo con i generi cromatico ed enarmonico. Altre novit nelle tragedia di Euripide sono: Accanto ai cori cominciano ad essere messi in musica anche dei brani solistici, quindi possono esserci momenti in cui un personaggio canta da solo; La rottura dell'intima relazione fra poesia e musica che si era avuta nella letteratura e nella musica greca fino a qual momento. Come si detto, per tutto il mondo classico fino al V sec., la melodia era applicata al ritmo del metro poetico. Con Euripide avviene anche la frattura fra ritmo della musica e metro poetico;
I filosofi e gli intellettuali del tempo, dinanzi alla rivoluzione del V secolo, si posero in maniera differenziata, come desumibile dalla riflessioni di Platone e Aristotele, entrambi filosofi del periodo classico.
omeopatica (omeopatica, in quanto omeopatica rafforza un sintomo per poi scaricarlo). La musica ha come fine il piacere e come tale rappresenta un ozio cio qualcosa che si oppone al lavoro e all'attivit. In quanto occupazione per i momenti di ozio, la musica veniva considerata da Aristotele come una disciplina "nobile e liberale". L'arte e la musica imitazione e suscita sentimenti, perci educativa in quanto l'artista pu scegliere pi opportunamente la verit da imitare ed influire cos sull'animo umano. Tutto il mondo occidentale sar attraversato da due opposte concezioni dell'arte: 1. come espressione di contenuti morali; 2. come rappresentazione della realt nella sua interezza e complessit, quindi anche nei suoi aspetti peggiori e immorali, nella misura in cui questa rappresentazione sia comunque liberatoria. Nel mondo classico si distinguono due fasi:
Una prima fase di passaggio dai nomoi ai modi che risulta piuttosto evidente in Sofocle, in cui nomi e modi
coesistono;
Una seconda conseguente alla rivoluzione musicale del V secolo, che si realizza soprattutto in Euripide che fa
proprie le innovazioni di Timoteo di Mileto. Queste innovazioni consistono: 1. Nell'adozione di generi che utilizzano le alterazioni e che consentono una maggiore espressivit della musica; 2. Nella rottura della coincidenza fra ritmo della musica e metro della poesia e quindi nella nuova autonomia del fatto musicale.
Canto cristiano
Il canto cristiano riveste un ruolo fondamentale nella storia della musica occidentale. Alla sua fase primordiale fa riferimento la documentazione musicografica pi antica: in esso possibile riscontrare gli archetipi della cultura musicale occidentale, fra i quali la scala di sette suoni e la proporzione binaria o ternaria dei valori ritmici.
del sacro romano impero. Il risultato fu l'imposizione non del canto romano, ma della versione franca del canto romano antico. Per questo motivo, a Roma si ha prima il canto romano antico, poi un periodo di convivenza tra il canto romano antico e la versione franca del canto romano antico e, infine, la supremazia del canto gallico-romano. Il canto romano antico, successivamente, venne chiamato "canto gregoriano", perch attribuito a Gregorio Magno. Questattribuzione rientra nel progetto culturale della rinascenza carolingia, all'interno del quale va inserita l'imposizione del canto gallicoromano all'interno della cristianit e la sua presentazione come prodotto da Gregorio Magno. Nel periodo della rinascenza carolingia (IX secolo) venne scritta una biografia di Gregorio Magno da Giovanni Diacono, all'interno del quale si diceva che il papa Gregorio Magno aveva unificato i testi dei canti cristiani( = gregoriano) in una raccolta detta Antifonarium Cento e aveva fondato la Schola Cantorum, con il compito di diffondere e conservare i canti del repertorio, senza contaminazione. Solo recentemente, la critica storica ha dimostrato che quelle attribuzioni erano infondate; i primi saggi di notazione sono posteriori di oltre due secoli alla morte di papa Gregorio e nessuna scuola esisteva quando egli fu nominato pontefice.
Liturgia delle ore: scandisce la giornata in ore canoniche (dal mattutino al vespro) ed cantata soprattutto nei
monasteri. Il mattutino e il vespro coinvolgevano, di norma, anche la popolazione. Durante le ore si cantavano soprattutto gli inni, canti su testi extrabiblici, importati dall'Oriente in Occidente, dove furono diffusi grazie all'opera di santAmbrogio, quindi, soprattutto nella provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Milano, in origine corrispondente a tutta l'Italia nord-occidentale. Gli inni erano strofici: la melodia della prima strofa si ripeteva per tutte le altre strofe; erano canti molto orecchiabili, che piacevano molto ai fedeli e, pertanto, contrastati dalla chiesa che, alla fine, fu costretta ad ammetterli nel proprio repertorio ufficiale. Fanno tuttora parte del repertorio ufficiale della Chiesa cattolica; Liturgia della messa: prevede testi biblici che appartengono al Proprium Missae e all'Ordinarium Missae. I primi cambiano da un giorno all'altro dell'anno liturgico e sono l'introito, il graduale, l'alleluja, la sequenza, l'offertorio, la communio e la postcommunio. I secondi rimangono fissi per tutto l'anno liturgico e sono il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus e Agnus Dei.
Inizialmente, i testi del proprium missae e dell'ordinarium missae ebbero gli stessi stili quali l'accentus che deriva dalla cantillazione, una recitazione intonata del salmo su una nota ribattuta; il canto allelujatico che deriva dallo jubilus, ed un lungo vocalizzo, generalmente concentrato soprattutto sulla "a" finale dell'alleluja, ma che pu presentarsi anche nel corso dello stesso alleluja. Nasce con l'idea di esaltazione di Dio che passa proprio attraverso la fioritura virtuosistica; il concentus, una melodia che si espandeva liberamente, anche con intervalli ampi. Il concentus viene anche detto semisillabico perch, mentre l'accentus aveva una nota per ogni sillaba, il concentus pu presentare pi note per ogni sillaba. Per quanto riguarda invece le modalit di esecuzione, queste potevano essere: antifonari, responsoriali o allelujatiche.
1. Nella salmodia in directum o direttanea, i fedeli cantavano tutti insieme; 2. Nella salmodia antifonale, i fedeli si dividevano in due gruppi, ciascuno dei quali recitava un versetto diverso.
Cera alternanza fra due gruppi di cantori;
3. Nella salmodia responsoriale, il solista cantava il versetto e l'assemblea rispondeva con un ritornello sempre
uguale, cantato in alternanza fra solista e coro. Ad un certo punto si produsse una sorta di attrito tra la Chiesa e il bisogno di creativit. Questo perch la Chiesa, una volta imposto il canto gregoriano all'intero mondo occidentale, pretese che questo venisse accettato quasi come un testo sacro, come la Bibbia e il canto fu considerato immutabile. Nacquero trucchi per inventare qualcosa di nuovo, senza apparentemente toccare il canto gregoriano. Si trattava di due nuove forme: i tropi e le sequenze.
1. I tropi nascono come interpolazione, all'interno di un testo sacro, di parti nuove, sia di testo che di musica che,
apparentemente, non toccavano il testo sacro, ma che, in realt, producevano un canto nuovo. Il punto di arrivo di questo processo di tropatura fu il cosiddetto Tropo di complemento, cio parti che venivano messe prima e dopo il canto. Bast semplicemente staccare queste parti dai canti per creare nuovi canti. Un altro procedimento di invenzione camuffata fu la sequenza, che fu ancora pi sofisticata perch l'invenzione era meglio camuffata. Si prendeva lo jubilus allelujatico, cio il vocalizzo che si faceva sulla "a" finale dell'alleluja, si staccava dal canto originario e ad esso veniva applicato un nuovo testo. Questo jubilus melismatico diventava, cos, un canto sillabico, perch, applicando un testo sullo jubilus, il canto diventava sillabico. La motivazione che venne data a quest'operazione fu di tipo mnemonico. Si disse che si applicava questo testo per facilitare il ricordo delle note del vocalizzo. In realt, quest'applicazione produsse un canto del tutto nuovo.
2.
Tuttavia, nella riorganizzazione della musica, l'evento pi importante fu l'introduzione del principio, estraneo al canto
gregoriano, della ripetizione. Consiste nella possibilit di ripetere una stessa sezione musicale. L'effetto conseguente dell'applicazione di questo principio sar un capovolgimento del rapporto fra testo e musica. Nel canto gregoriano, infatti, la musica era una sorta di amplificazione emotiva del testo sacro, del testo biblico. Qui, invece, la musica esiste prima del testo, ma acquista una sua autonomia; viene, insomma, introdotta una logica compositiva diversa. In un certo senso si pu dire che la sequenza rappresenta veramente un fatto assolutamente nuovo.
Dal punto di vista teorico, il canto gregoriano si basa su scale che hanno lo stesso nome delle scale greche, cio modi: dorico, frigio, lidio e misolidio. Questa la ragione per la quale, inizialmente, si pens che il canto gregoriano derivasse dalla tradizione greca. In realt, il fatto che si usassero nomi greci testimonianza del desiderio dei musicisti e, soprattutto, dei teorici medievali, di rivendicare i propri legami con il mondo classico, proprio nell'ambito dell'atteggiamento, sviluppatosi in epoca carolingia, di recupero del passato, devastato dalle prime invasioni barbariche. Tuttavia, queste scale sono profondamente diverse, prima di tutto perch sono ascendenti, mentre quelle erano discendenti, e poi perch sono modi costruiti su quattro note (finalis) diverse, che sono il re, il mi, il fa e il sol e, quindi, con intervalli diversi. Modo dorico che parte dal re = scala di re Modo frigio che parte dal mi = scala di mi Modo lidio che parte dal fa = scala di fa Modo misolidio che parte dal sol = scala di sol Ciascun modo, detto modo fondamentale, ha due note importanti: la finalis (= la nota con la quale inizia e finisce un canto) e la repercussio (= la nota che si ripercuote, che ritorna, che viene ripetuta pi volte nel canto, generalmente all'inizio di ogni versetto). La repercussio posta, di norma, una quinta sopra la finalis. Ogni modo fondamentale ha un modo derivato che viene chiamato anche ipomodo (ipodorico, ipofrigio) perch consiste nello spostamento di registro verso il grave, scendendo di una quarta. Quindi, il modo ipodorico si trova una quarta sotto il re, quello ipofrigio ha la repercussio sul la. Tuttavia, nel modo derivato la finalis rimane la stessa, quindi un canto in modo ipodorico comincia e finisce lo stesso con il re, anche se l'ambito melodico si spostato dal re al re (= modo dorico) o dal la al la (= modo ipodorico), cambia la repercussio, perch nel modo derivato, se la repercussio fosse la quinta sopra la finalis, sarebbe l'ultima nota della scala. Ci non funzionale. Cos, nel modo derivato, la repercussio una terza sopra la finalis; nel modo dorico autentico, la repercussio la quinta di re; nel modo dorico derivato, il fa (che terzo di re). Questo sistema fondato su quattro modi fondamentali, non ammette modulazioni: se un canto in modo dorico, non presenta alterazioni, per presenta l'unica eccezione del si bemolle. La successione fa-sol sol-la la-si una quarta eccedente detto anche tritono perch sono 3 toni. L'intervallo che si crea
fra il fa e il si dissonante, tant vero che questo tritono, questo salto di 3 toni, venne chiamato Diabulus. In musica, il diabulus non si doveva produrre mai, quindi, quando si veniva dal fa, il si doveva essere "bemollizzato", per produrre quella che oggi chiamiamo quarta giusta. Perci, nell'ambito di un canto rigorosamente diatonico, cio privo di alterazioni, l'unica alterazione ammessa era quella del si che si introduceva quando si veniva dal fa, per evitare il diabulus in musica. Siccome il si era una nota mobile, cio poteva essere sia bequadro che bemolle, non poteva essere repercussio, perch questultimo doveva essere una nota fissa di riferimento e, allora, tutte le volte che il si doveva essere repercussio, questultima si spostava al do. Si confronti il modo derivato dell'ipolidio: la repercussio dovrebbe essere la 3 di sol e, invece, viene spostata al do; il modo ipofrigio ha la repercussio non sulla terza, ma sulla quarta nota, per analogia con il modo autentico (poich, nel modo autentico, la repercussio do, nel modo derivato, per analogia, la repercussio si sposta di una nota). La diffusione delle sequenze e dei tropi, che metteva in discussione il repertorio tradizionale gregoriano, venne rinnegata durante la controriforma, quando dopo il concilio di Trento la Chiesa sent il bisogno di tornare alle origini del canto cristiano. In quell'occasione la Chiesa abol tutte le sequenze e tutti i tropi, mantenendo solo cinque sequenze all'interno del repertorio:
1. 2. 3. 4. 5.
Victimae paschali laudes (rito di Pasqua); Veni Sancte Spiritus (giorno della Pentecoste); Lauda Sion (Corpus Domini); Stabat mater, testo di Jacopone da Todi (memoria di Maria Addolorata); Dies irae (utilizzato nella messa dei defunti);
Nel 1614 un editore di Roma ottenne dal papa l'autorizzazione a produrre un'edizione di canto gregoriano detta Editio Medicea, un'edizione falsata perch venivano tagliati i melismi e le note venivano allungate. Non si aveva, dunque, un'idea precisa del canto gregoriano. Nell'800 una ristampa dell'Editio medicea venne considerata edizione ufficiale della chiesa cattolica. Nella seconda met dell'800, manoscritti in pergamena con l'intero antiphonarium cento in notazione neumatica venne raccolto nell'opera paleografia musicale in 19 volumi. Accanto alle melodie centonizzate vi sono, nell'ambito del repertorio gregoriano, delle melodie originali, che hanno una loro compiuta autonomia.
Canto gregoriano
Il canto gregoriano un genere musicale vocale, monodico e liturgico, proprio del rito romano della Chiesa cattolica.
Venne elaborato in Occidente a partire dall'VIII secolo dall'incontro del canto romano antico con il canto gallicano nel contesto della rinascita carolingia. cantato ancora oggi, non solo in ambito liturgico, e viene riconosciuto dalla Chiesa cattolica come "canto proprio della liturgia romana"[1].
Caratteristiche
Il canto gregoriano un canto liturgico, solitamente interpretato da un coro o da un solista chiamato cantore (cantor) o spesso dallo stesso celebrante con la partecipazione di tutta l'assemblea liturgica. finalizzato a sostenere il testo liturgico in latino. Deve essere cantato a cappella, cio senza accompagnamento strumentale, poich ogni armonizzazione, anche se discreta, altera la struttura di questa musica. In effetti, si tratta di un canto monodico, una musica cio che esclude la simultaneit sonora: ogni voce che lo esegue canta all'unisono. Dal punto di vista del sistema melodico, il canto gregoriano di tipo modale e diatonico. I cromatismi vi sono generalmente esclusi, cos come le modulazioni e l'utilizzo della sensibile. Le diverse scale impiegate con i loro gradi ed i loro modi, sono chiamati modi ecclesiastici o scale modali o modi antichi, in opposizione alle scale utilizzate in seguito nella musica classica tonale. Non cadenzato, ma assolutamente ritmico. Il suo ritmo molto vario, contrariamente alla cadenza regolare della musica moderna. Il ritmo, che nel canto gregoriano riveste un ruolo complesso, oltrepassa le parole e la musica, sorpassando le due logiche. Nei passaggi salmodici o sillabici, il ritmo proviene principalmente dalle parole. Nei passaggi neumatici o melismatici, la melodia che diventa preponderante. Queste due componenti sono costantemente presenti. una musica recitativa che predilige il testo in prosa, che prende origine dal testo sacro e che favorisce la meditazione e l'interiorizzazione (ruminatio) delle parole cantate [2]. Il canto gregoriano non un elemento ornamentale o spettacolare che si aggiunge alla preghiera di una comunit orante, ma parte integrante ed efficace della stessa lode ordinato al servizio ed alla comprensione della Parola di Dio [3]. questo il significato pi profondo ed intimo di questo genere musicale.
Cenni storici
A Gregorio Magno fu attribuita dal suo biografo Giovanni Diacono (scomparso nell'anno 880) la prima compilazione di canti per la Messa: "Antiphonarium centonem compilavit", cio raccolse da pi parti ed ordin un Antifonario (libro di canti per la Messa). Prima ancora di comprendere come avvenne tale opera di revisione e collazione e quale ruolo effettivo vi ebbe Gregorio, occorre indagare sul materiale preesistente. Tuttavia, se opinione generale che esistesse all'epoca un insieme di canti per la liturgia, nulla di preciso si conosce al riguardo per quanto attiene agli autori e alle epoche di composizione. Si tenga presente che fino al 700 non vi fu scrittura musicale ma sui testi si apposero dei convenzionali segni mnemonici per aiutare il cantore. Si ipotizza che nei tre secoli anteriori a Gregorio fosse diffusa la figura dell'autore - cantore, che ricorda il rapsodo dei tempi omerici: il canto veniva tramandato ed eseguito con l'aggiunta di varianti o con vere e proprie improvvisazioni. L'ambiente presso il quale si formavano questi ignoti "artisti" rappresentato dalla Schola cantorum, palestra dove la Chiesa ha preparato i propri cantori fin dai primi tempi
(all'epoca di papa Damaso, morto nel 384, c'era gi una distinta schiera di diaconi esclusivamente dedicata a questo scopo). In modo simile a quanto avveniva nelle scuole d'arte medievali, si pu parlare di un continuo lavoro collettivo, in cui si miscelavano qualit individuali e tradizione, stile personale e caratteristiche comuni al gruppo. La vocazione religiosa che era al fondo di tale attivit spiega inoltre perch l'individuo scomparisse nel rendere un servizio alla comunit e a Dio, tanto che l'arte attraverso la spiritualit si trasformava in preghiera: il nome di questi musicisti non giunto a noi perch essi non pensavano di lavorare per la propria fama ma per la gloria di Dio. Pertanto, rimane un solo nome, quello di papa Gregorio, a designare questi canti, che egli per primo ha fatto raccogliere e conservare, ma non sono suoi, cos come non lo saranno quelli che verranno dopo di lui ma che, ugualmente, si chiameranno gregoriani.
Il ruolo di Gregorio
Come avviene generalmente per ogni periodo della storia della Chiesa, il nome di un Pontefice riassume e contrassegna il lavoro di un'intera generazione. Ci vale anche - e forse ancor di pi - per il periodo gregoriano, nel quale si riassume anche l'opera precedente e si d il nome a quanto avverr anche nei tempi successivi. Il ruolo di Gregorio nei confronti del canto liturgico testimoniato dal diacono Giovanni (870) nella sua Vita di San Gregorio, scritta su incarico di Gregorio VIII avvalendosi dei documenti dell'archivio pontificio. La compilazione di un libro di canti per la Messa (Antifonario), di cui a noi non pervenuto l'originale, stata redatta insieme ai maestri del tempo, ma - secondo il biografo - con un intervento diretto e competente dello stesso Gregorio, che ci viene presentato come esperto in materia, maestro di canto ed istruttore dei "pueri cantores". Del resto, si deve a lui la restaurazione della "Schola cantorum" nella quale diede prova del suo mecenatismo: anche in questo caso, non fu lui a fondarla ma la forn dei mezzi necessari ad uno sviluppo sicuro. Il ruolo di Gregorio nell'ambito del canto liturgico fu consacrato da Leone IV (847 - 855) che per la prima volta us l'espressione "carmen gregorianum" e che minacci di scomunica chi mettesse in dubbio la tradizione gregoriana.
La rinascita ottocentesca
Il secolo del Romanticismo e dell'affermarsi del senso della storia, il secolo dei grandi ritorni dello spirito alle lontananze del passato, che nel campo della musica comp fra l'altro la "scoperta" moderna di Palestrina e di Bach, si volse, negli ultimi decenni, anche al recupero del patrimonio d'arte e di fede rappresentato dai canti della Chiesa dei primi secoli, canti anonimi, opera della voce collettiva di tutta una civilt. L'operazione non era semplice: si trattava di una voce che solo la conoscenza dei simboli che la esprimono graficamente, secondo un "cifrario" di cui si era persa la chiave, poteva far rivivere nella sua realt sonora. Infatti, il canto gregoriano era s rimasto in vigore nei secoli, ma con una tradizione contaminata che si era sempre pi allontanata dall'originale: un vero "falso" era stato lo stesso tentativo di riordinamento fatto nel 1614 con la cosiddetta edizione "medicea", erroneamente attribuita a Palestrina, nata in un contesto (il barocco) lontanissimo dal gregoriano. L'opera di restaurazione fu iniziata da Prosper Guranger monaco dell'Abbazia di Solesmes. Sulla base di rigorose verifiche filologiche venne creato il laboratorio di paleographie musicale per la decifrazione degli antichi codici. La restaurazione gregoriana port alla pubblicazione del Graduale romanum del 1908 e del Liber Usualis del 1903 fino al Graduale Triplex del 1979 ed alle ultime raccolte. Uno dei maggiori studiosi e restauratori recenti del canto gregoriano fu il benedettino spagnolo Gregorio Maria Suol (1879 - 1946).
solido, fin invece per scomparire quasi completamente dalla scena liturgica. Ne 1974 fu pubblicata l'auspicata nuova edizione del Graduale Romanum curata dai monaci dell'Abbazia di Solesmes. Nel 1975 fu fondata a Roma l'Associazione Internazionale Studi di Canto Gregoriano su iniziativa di Luigi Agustoni, con l'intento di proporre un testo critico del Graduale alla luce di uno studio approfondito dei pi antichi testimoni della tradizione testuale: il tentativo estremo di coniugare rigore filologico (thesaurum gregorianum autenticum integre conservare) e nuovi intendimenti pratici (Rubricae autem ampliorem facultatem praebent hauriendi e Communibus noviter dispositis, ita ut necessitatibus quoque pastoralibus largius satisfiat): come risultato nel 1979 venne pubblicata l'edizione tipica del Graduale Triplex, rappresentazione musicale in notazione quadrata del Graduale Romanum con l'aggiunta della notazione sangallese e della notazione metense, alla luce dello studio condotto dai monaci di Solesmes sui codici di Laon, San Gallo, Einsiedeln e Bamberg.
Repertorio
Il repertorio del canto gregoriano molto vasto e viene differenziato per epoca di composizione, regione di provenienza, forma e stile. Esso costituito dai canti dell'Ufficio o "Liturgia delle Ore" e dai canti della Messa.
Nei canti dell'Ufficio si riscontrano le seguenti forme liturgico-musicali: le Antifone, la Salmodia che
comprende il canto dei Salmi e dei Cantici, i Responsori (che possono essere brevi o prolissi) e gli Inni.
Nei canti della Messa si distinguono: i canti dell'Ordinario o Ordinarium Miss. Sono i testi che non mutano mai: Kyrie, Gloria, Credo,
Sanctus e Agnus Dei.
e i canti del Proprio o Proprium Miss. Sono i testi che variano secondo le diverse festivit: Introito,
Graduale, Sequenza, Alleluia che sostituito dal Tratto nel tempo di Quaresima, Offertorio e Communio. Una annotazione particolare meritano i canti paraliturgici di tradizione orale come quelli del coro delle confraternite di Latera (VT), esempio antichissimo di incrocio di canto gregoriano e polifonia unico nel suo genere Sia nei canti dell'Ufficio come in quelli della Messa si riscontrano tutti i generi-stili compositivi del repertorio gregoriano; essi si possono classificare in tre grandi famiglie:
I canti di genere salmodico o sillabico (quando ad ogni sillaba del testo corrisponde solitamente una sola
nota) come ad esempio la salmodia o le pi semplici antifone dell'Ufficio, le melodie semplici dell'Ordinario e i recitativi del Celebrante. I canti di genere neumatico o semiornato (quando ad ogni singola sillaba del testo corrispondono piccoli gruppi di note) come ad esempio gli Introiti, gli Offertori e i Communio della Messa o alcune antifone pi ampie dell'Ufficio. I canti di genere melismatico o ornato (quando ogni sillaba del testo fiorita da molte note) come ad esempio i Graduali e gli Alleluia o i responsori prolissi dell'Ufficio. Tipico di questo genere la presenza dei melismi.
Semiografia gregoriana
I neumi
Ci che in musica moderna si chiama nota musicale, in gregoriano detto neuma (dal greco "segno") con la differenza che un neuma pu significare una nota singola o un gruppo di note. Nella trascrizione moderna del repertorio gregoriano si utilizzano note di forma quadrata (contrariamente alla notazione di tutta l'altra musica) dette notazione quadrata; esse sono la naturale evoluzione della scrittura presente negli antichi manoscritti. Bisogna infatti considerare il fatto che la trasmissione del canto gregoriano nata oralmente poi i notatori hanno cominciato a scrivere sui testi da cantare dei segni che richiamassero gli accenti delle parole (notazione adiastematica cio senza rigo); l'evoluzione di questi segni ha prodotto la notazione gregoriana che conosciamo oggi (notazione diastematica cio sul rigo). La grafia fondamentale del gregoriano data dal punctum e dalla virga; dalla sua combinazione con altri neumi scaturiranno tutti gli altri segni nelle loro infinite combinazioni (ad. es il pes, neuma di due note ascendenti, la clivis neuma di due note discendenti, il torculus e il porrectus neuma di tre note ascendenti e discendenti, il climacus neuma di tre o pi note discendenti...).
Neumi monosonici:
2 note
Il Rigo
Il repertorio gregoriano pu trovarsi nella sua forma originale sia in forma diastematica che adiastematica, rispettivamente con oppure senza riferimenti spaziali. I brani diastematici vengono trascritti su di un rigo detto tetragramma che legge in chiave di do e che consta di quattro linee orizzontali con tre spazi all'interno; si leggono dal basso verso l'alto. Alcune volte si pu aggiungere una linea supplementare ma, spesso per melodie che oltrepassano l'estensione del rigo si preferisce utilizzare il cambio di chiave. Generalmente i brani con la scrittura diastematica risalgono all'XI sec d. C. poich vennero inventati da Guido d'Arezzo.
Le Chiavi
Nei manoscritti antichi per riconoscere precisamente l'altezza dei suoni furono utilizzate le lettere alfabetiche. Due di queste C e F che corrispondono rispettivamente al Do e al Fa diventarono le lettere chiave utilizzate nella trascrizione del repertorio. Nelle moderne edizioni la chiave di Do pu essere posta sulla quarta, sulla terza e sulla seconda linea mentre la chiave di Fa si trova generalmente sulla seconda e sulla terza linea, raramente sulla quarta, mai sulla prima.
Alterazioni
Il gregoriano conosce solo l'alterazione del bemolle, il quale effetto viene eliminato con l'utilizzo del bequadro. Il
bemolle viene impiegato solamente per l'alterazione della nota Si: il termine deriva dalla notazione musicale alfabetica nella quale la lettera b, corrispondente alla nota Si, quando disegnata con il dorso arrotondato (b molle) indicava il Si bemolle mentre con il dorso spigoloso (b quadro) indicava il Si naturale (cfr anche la teoria degli esacordi). Il bemolle usato nella notazione vaticana (la notazione quadrata ancora in uso nelle stampe ufficiali), presenta in realt il contorno spigoloso, in ossequio alla forma quadrata di tutti gli altri segni utilizzati. Il bemolle ha valore fino alla fine della parola alla quale associato e, a differenza della notazione attuale, veniva posto non necessariamente prima della nota interessata ma anche all'inizio della parola o del gruppo di neumi che contenevano la nota da abbassare.
Stanghette
Le moderne trascrizioni di canto gregoriano fanno uso di alcune lineette di lunghezza variabile poste verticalmente sul rigo musicale; esse hanno lo scopo di suddividere le frasi melodico-verbali della composizione (come se fossero i segni di punteggiatura di un testo). - Il quarto di stanghetta delimita un inciso melodico-verbale. - La mezza stanghetta delimita una parte di frase. - La stanghetta intera delimita la fine della frase e molto spesso coincide con la conclusione del periodo testuale. - La doppia stanghetta ha lo stesso significato di quella intera ma si usa al termine di un brano oppure per evidenziare l'alternanza di esecutori.
Custos
una nota pi piccola che si traccia alla fine del rigo e ha lo scopo di indicare al cantore la nota che comparir all'inizio del rigo seguente.
Armonia
Il canto gregoriano segue, come le altre espressioni musicali, precise regole di armonia per comporre le sue melodie.
I modi
Per quanto riguarda l'ambito dell'intero repertorio gregoriano ricordiamo che non si parla mai di tonalit come la intendiamo noi in senso moderno ma di modalit. Lo scopo della scienza modale la ricerca della struttura compositiva di ciascun brano fino ad individuarne la forma originale dalla quale deriva. Ciascuna composizione di gregoriano il frutto di un substrato continuo di evoluzioni che si sono protratte in secoli di storia liturgico-musicale. Il gregoriano svilupp nel tempo otto modi, che poi durante Rinascimento si evolveranno nelle attuali scale maggiori e minori della notazione musicale classica. Ogni melodia legata ad un modo, che solitamente viene indicato all'inizio dello spartito. Ogni modo presenta una propria nota dominante (la nota sulla quale maggiormente insister la melodia), una propria estensione (quale intervallo di note potr sfruttare la melodia) e una propria finale (la nota sulla quale terminer il brano). I modi vengono ulteriormente divisi in quattro categorie, ciascuna delle quali presenta un modo autentico ed uno plagale (pi grave di quattro note rispetto al proprio modo autentico), accomunati dalla stessa estensione e nota finale. Le categorie sono: Protus, Deuterus, Tritus, Tetrardus. I singoli modi vengono riconosciuti grazie ad un numero romano (pari per i plagali e dispari per gli autentici). Modo Categoria Tipo Estensione Repercussa Finalis
I Protus Autentico RE-RE LA RE II Protus Plagale LA-LA FA RE III Deuterus Autentico MI-MI DO (SI) MI IV Deuterus Plagale SI-SI LA MI V Tritus Autentico FA-FA DO FA VI Tritus Plagale DO-DO LA FA VII Tetrardus Autentico SOL-SOL RE SOL VIII Tetrardus Plagale RE-RE DO SOL Secondo molti esperti, ad ogni modo si possono associare dei sentimenti: nonostante le pi varie interpretazioni, generalmente si concorda sullo schema proposto da Guido d'Arezzo: Il primo grave[4], il secondo triste, il terzo mistico, il quarto armonioso, il quinto allegro, il sesto devoto, il settimo angelico e l'ottavo perfetto.
(Guido d'Arezzo)
Neuma plurisonico
La riforma gregoriana sostitu lo studio dei testi alla trasmissione orale delle scuole di canto delle origini, sacrificando, oltre alle particolarit regionali (alcune delle quali, specialmente quelle di derivazione mozarabica, particolarmente ricche) e all'intonazione microtonale (che esisteva ancora nel rito vetero-romano) anche il ruolo dell'improvvisazione. Allo stesso tempo si cre la necessit di "annotare" i testi scritti in modo da aiutare i cantori ad eseguire le musiche sempre nello stesso modo, con una linea melodica che indicava la sua direzione, ascensionale o discensionale. Quest'esigenza fece nascere segni particolari (i neumi, pare nati dai gesti del direttore del coro) che, annotati tra le righe dei codici, rappresentavano l'andamento della melodia, come gi detto, (ma lasciando liberi intonazione e ritmo). La scrittura neumatica divenne cos la prima "notazione", da cui poi la parola "nota", musicale moderna.
La riforma gregoriana non imped che, nel corso degli anni, le melodie monodiche di base fossero arricchite tramite amplificazioni in senso orizzontale, aggiungendo ornamentazioni alla linea melodica, e in senso verticale, aggiungendo altre voci al canto del celebrante. L'amplificazione orizzontale prese la forma di interpolazione di testi e melismi nella melodia gregoriana (tropi) o di composizioni originali a partire da particolari momenti della liturgia, in genere l'Alleluja (sequenze). L'amplificazione verticale, che costituiva l'inizio della polifonia (dal greco: molte voci) prese dapprima la forma di una raddoppio (diafonia) della voce monodica (vox principalis), con una seconda voce (vox organalis) ad andamento parallelo e a distanza fissa (in genere una quarta o una quinta), secondo il procedimento che fu detto organum parallelo. La vox organalis (o duplum) inizialmente posta al di sotto della vox principalis, sarebbe divenuta pi acuta negli sviluppi che seguirono. Il trattato Musica Enchiriadis della met del IX secolo, d conto dell'organum parallelo e di alcune sue variazioni che contemplano eccezioni del moto parallelo delle voci. Il discostarsi dalla regola del moto parallelo delle voci era destinato a produrre tecniche polifoniche pi complesse: tale fu, attorno al 1100, la tecnica del discanto dove alle voci, che conservano sempre distanze considerate consonanti (cio quarta, quinta, ottava e unisono), consentito un movimento pi libero, che alterna tra il moto parallelo e il moto contrario. Nello stesso periodo, emerge una tecnica detta eterofonia, probabilmente derivata dal canto popolare, che consente al duplum di eseguire melismi mentre la vox principalis intona, con valori di durata assai prolungati, la melodia originale. Questa pratica documentata in alcuni codici italiani del XII e XIII secolo (ad esempio il trattato d'organum Vaticano) e da documenti coevi provenienti dalla chiesa di San Marziale a Limoges (sud della Francia). A questo stile sar dato il nome di organum melismatico. Non furono queste le uniche alterazioni della prescrizione monodica gregoriana: nello stesso periodo e luoghi dell'organum melismatico si trovano esempio dell'uso di una voce di bordone (un'unica nota bassa che viene prolungata anche per tutta la composizione), composizioni multitestuali dette tropi simultanei in cui le voci cantano testi diversi, anticipando quello che pi tardi sar il mottetto e perfino accenni di scrittura a tre voci. Bisogna infine ricordare che in Inghilterra nacque un tipo di polifonia molto diversa da quella del continente europeo, che ammetteva, enfatizzandoli, gli intervalli di terza e sesta, considerati dissonanti sul continente. Questa tendenza, espresse in composizioni a due (gymel) e tre voci, (falso bordone) avrebbe in seguito influenzato la musica fiamminga e si sarebbe poi diffusa in tutta l'Europa, diventando la base della musica occidentale (che si basa sulle triadi e gli intervalli di terza).
Musica medievale
La musica medievale copre circa cinque secoli, nel corso della storia della musica, e va dall'XI fino alla fine del XV secolo. Essa, dato il lungo arco di tempo, suddivisa in diversi sotto periodi che ne distinguono lo sviluppo.
Guido d'Arezzo nacque intorno al 995 d.C. in un villaggio vicino a Pomposa (Ferrara). Entr nel monastero benedettino dell'abbazia di Pomposa e poi si trasfer ad Arezzo, dove matur il suo nuovo metodo per l'apprendimento del canto liturgico, che espose al papa Giovanni XIX, il quale ne favor la propagazione. Le sue opere: il micrologus de musica, considerato il pi importante trattato del Medioevo, il prologus in antiphonarium in cui l'antifonario viene dato nella nuova notazione. Guido d'Arezzo diede una soluzione ai molteplici tentativi di notazione diastematica e fu una figura importante nella storia della notazione musicale, soprattutto per l'impostazione del modo di leggere la musica: invent il tetragramma e utilizz la notazione quadrata. Diede inoltre un nome ai suoni dell'esacordo, con l'intento di aiutare i cantori a intonare e memorizzare una melodia anche senza leggerne la notazione. A questo fine utilizz l'inno Ut queant laxis, dedicato a San Giovanni Battista: Guido aveva infatti osservato che i primi sei emistichi dell'inno hanno inizio ciascuno su un diverso suono dell'esacordo, in progressione ascendente. Decise dunque di dare come nome a ciascun suono la sillaba di testo corrispondente: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. (UT) QUEANT LAXIS (RE)SONARE FIBRIS (MI)RA GESTORUM (FA)MULI TUORUM (SOL)VE POLLUTI (LA)BII REATUM SANCTE IOANNES.
Traduzione: affinch i fedeli possano cantare con tutto lo slancio le tue gesta meravigliose, liberali dal peccato che ha contaminato il loro labbro, o S. Giovanni. (Pi tardi, unendo le lettere iniziali delle due parole che compongono il settimo emistichio si diede nome alla nota si.) Successivamente la sillaba ut fu sostituita con do: l'artefice della sostituzione stato erroneamente identificato in Giovanni Battista Doni, il quale nel XVII secolo avrebbe a questo scopo impiegato la prima sillaba del proprio cognome; in realt l'uso della sillaba do attestato gi nel 1536 (dunque molto prima della nascita di Doni) in un testo di Pietro Aretino. Guido D'Arezzo realizz anche il sistema esacordale che non fu un sistema teorico, ma un metodo didattico, con la funzione pratica di aiutare i cantori ad intonare i canti. Organizz la successione delle note in esacordi perch la maggior parte dei canti stavano nell'ambito di 6 note ed erano le sei note che stavano nel tetragramma. Guido d'Arezzo individu tre tipi di esacordo: Esacordo naturale: do-re-mi-fa-sol-la Esacordo molle: fa-sol-la-sib-do-re Esacordo duro: sol-la-si-do-re-mi
La Solmisazione e la Mutazione
In precedenza le note erano denominate soltanto con una lettera dell'alfabeto latino, uso tuttora in vigore nei paesi anglosassoni: partendo dal nostro do la successione delle note era C D E F G A B. Guido d'Arezzo utilizz le sillabe dell'Inno a S. Giovanni per indicare i gradi dell'esacordo, in modo che il semitono ascendente (E-F, B-C, A-Bb) fosse sempre chiamato mi-fa e costituisse sempre il passaggio dal terzo al quarto grado dell'esacordo. Quindi si solmisava ut, re, mi, fa, sol, la l'esacordo naturale C D E F G A B, ma anche l'esacordo duro G A B C D E e l'esacordo molle F G A Bb C D. Il sistema piuttosto semplice finch si canta all'interno di un esacordo. Quando la melodia supera i limiti dell'esacordo occorre passare da un primo esacordo a un secondo, ovvero dal naturale al duro, e dal molle al naturale e viceversa. Guido d'Arezzo stabil che i punti per effettuare la mutazione, cio per cambiare esacordo prima della sua fine, fossero G, A e D per i canti col B molle (bemolle) in chiave e D, E e A per i canti col B quadro (naturale). Di queste tre note la prima vale per i passaggi ascendenti, la seconda per quelli discendenti, la terza per entrambi. Al passaggio di esacordo la nota in cui si effettua la mutazione si chiama re in salita e la in discesa. Ad esempio, se abbiamo il B molle in chiave, la scala ascendente (in neretto i punti delle mutazioni) E F G A Bb C D E F si solmisava mi, fa, re, mi, fa, sol, re, mi, fa. In discesa F E D C Bb A G F E si solmisava fa, mi, la, sol, fa, la, sol, fa, mi. Senza B molle in chiave la scala che noi oggi chiameremmo di do maggiore, C D E F G A B C, in solmisazione si pronuncerebbe ut, re, mi, fa, sol, re, mi, fa, mentre in discesa C B A G F E D C potrebbe cantarsi come quella in salita al contrario o anche fa, mi, la, sol, fa, la, sol, fa. Come si pu vedere le mutazioni in salita sono sempre in G e D e in discesa in A e D. La nota in cui si effettua la mutazione si chiama re (che sia in G o in D) se si sale e la (che sia in A o in D) se si scende. Lo stesso discorso vale con D, E, A per i canti col B quadro. La solmisazione consente, pi che l'apprendimento dei canti, la corretta intonazione degli intervalli secondo l'intonazione naturale degli armonici. Non solo il semitono diatonico ascendente sempre chiamato mi-fa, ma anche il tono presente tra I e II grado e tra IV e V grado dell'esacordo sempre chiamato ut-re o fa-sol, mentre il tono tra II e III e tra V e VI, di ampiezza minore del precedente (il cosiddetto tono piccolo), chiamato re-mi (o sol-la, in assenza di mutazione). Chi canta sa dunque che l'intervallo mi-fa corrisponde al semitono diatonico, ut-re e fa-sol al tono grande e re-mi e sol-la al tono piccolo, qualunque siano le altezze assolute da lui cantate.
La Mano Guidoniana
Mano guidoniana
Per facilitare ai cantori la pratica della solmisazione venne inventata la mano guidoniana: sulla mano sinistra veniva messa la notazione alfabetica di Oddone da Cluny (= lettere maiuscole = ottava grave; minuscole = ottava media; doppie minuscole = ottava acuta). Guardando questa mano doveva essere pi facile praticare la solmisazione. La mano guidoniana aiutava, dunque, la pratica della solmisazione.
Ugolino da Orvieto
Con il passare del tempo, vennero tentate altre vie di notazione: in particolare, nel (XV secolo) si ricorda il forlivese Ugolino da Orvieto: infatti, dalle testimonianze ricaviamo che fu: "Glorioso musico e inventor delle note sopra gli articoli delle dita delle mani", e dunque "Uomo famoso".
Simone Martini, Musici (dettaglio dall'affresco della Vestizione di San Martino), Basilica inferiore di Assisi
Fuori dalla Chiesa, nel Medioevo, esistevano due tipi di produzione di musica: sacra e profana. La Chiesa, nel momento in cui impose il proprio potere culturale, viet o mise al bando tutte le forme di produzione artistica che prescindevano dalla chiesa e, di conseguenza, tutta una vasta produzione poetica (Ovidio, Orazio, Virgilio) inizialmente in latino e poi anche in volgare, che si produsse nel Medioevo, spesso accompagnata dalla musica. Poi cominci a nascere una produzione autonoma, per esempio vi fu un Planctus Karoli(cio pianto di Carlo) che un lamento funebre scritto per la morte di Carlo Magno, di cui sappiamo esistere una versione musicale. Abbiamo anche il canto "Roma Nobilis" che era un canto di pellegrini che andavano verso Roma; si scoperto che la melodia di questo canto era utilizzata anche per un testo profano: " "O admirabilis Veneris idolum". Dunque c'era l'utilizzazione contemporanea di una medesima melodia tanto per un canto (testo) sacro quanto per un testo profano. Vi sono, poi, dei primi esempi in volgare come "il canto delle scolte modenesi" che erano delle guardie. Anche questo aveva una sua destinazione musicale.
Di tutte queste composizioni non ci pervenuta la melodia e nemmeno la melodia dei famosi "Carmina Burana". Sappiamo soltanto che fino al 1100 circa ci fu questa produzione, inizialmente su testi latini, poi su testi in lingua volgare e man mano che si and avanti molti di questi testi erano di provenienza ecclesiastica, proprio perch la formazione culturale avveniva esclusivamente in ambito ecclesiastico. La storia della musica, al di fuori della chiesa, principalmente legata, ancora una volta, alla storia della letteratura europea nel senso che nel momento in cui nasce la letteratura volgare, quella che chiamiamo "letteratura romanza", nasce per la musica e nell'ambito del sistema feudale, per l'organizzazione che Carlo Magno e i suoi eredi diedero all'immenso territorio del Sacro Romano Impero. Il feudalesimo diede un assetto sociale, economico e politico all'intero territorio del Sacro Romano Impero, quindi diede anche una certa stabilit. Questo provoc la graduale trasformazione della fortezza militare, del castello, in corte, ove nacque la prima produzione della letterature europea: la lirica cortese. una lirica incentrata prevalentemente sul tema dell'amor cortese e il rapporto fra la donna e il suo amante non altro che la riproduzione del rapporto di vassallaggio fra il vassallo e la sua Signora, musa e Domina. La forma principale di questa lirica d'amore fu la canso costituita da un vario numero di strofe, precedute da una volta. I poeti vennero chiamati trobador (facitore di tropi). Il trobar plan era un modo di scrivere poeticamente abbastanza semplice. Il trobar rich era un modo di poetare pi complesso, il trobar clus era un modo di poetare chiuso, nel senso che se non si conosceva una chiave di lettura, era impossibile leggere, decodificare il testo poetico. I testi poetici erano fatti dai trovatori, poeti provenzali, e non venivano letti o recitati, ma cantati da menestrelli e giullari, musicisti di provenienza perlopi popolare. Il primo trovatore fu Guglielmo IX d'Aquitania. Altri furono:
Ebolo II di Ventadorn, il creatore dell'ideale di vita cortese e caposcuola della tradizione trobadorica. Della sua
opera non rimasto nulla; Marcabruno di Guascogna, autore di 43 composizioni, aspre e sottili, soprattutto sirventes e 4 melodie; Jaufr Rudel, principe di Balja, rimatore dolce e leggiadro. Di lui possediamo 6 poesie amorose di cui r con la musica; Giraut de Bornelh, considerato da Dante, insieme ad Arnant Daniel, fra i maggiori poeti provenzali, Raimbaut de Vaqueiras. Fu uno dei pi originali artisti del tempo. La sua attivit di trovatore si svolse in Italia, alla corte di Bonifacio I di Monferrato; Peire Vidal, di cui abbiamo 12 composizioni. Viaggi molto e fu anche in Italia; Folquet di Marsiglia: di padre genovese, morto nel 1231, fu Autore di 13 composizioni; Uc de Saint Circ, vissuto in Italia alla corte di Alberico da Romano. Fu l'autore della vidas di numerosi trovatori: testimonianze biografiche di scarsa affidabilit; Arnant Daniel, di cui abbiamo due testi musicati;
Tra tutti il pi importante e famoso fu Bernard de Ventadorn, che viene considerato uno dei pi ispirati poeti del mondo trobadorico. La cosa interessante fu che i "cansonieri", cio le raccolte di canzoni di questi trovatori, ci hanno tramandato circa 2600 testi poetici, dei quali ci sono pervenute solo 300 melodie. La disparit fra il gran numero di testi e il ridotto numero di melodie si spiega perch l'ispirazione uguale esattamente a quella della lirica greca: i testi poetici erano scritti, mentre le melodie legate a schemi melodici fissi ed ad una sorte di memorizzazione di tradizione orale. Accanto alla canso ci furono delle altre forme poetiche dei trovatori come il jeu parti, una sorta di dialogo, oppure l'aube, il commiato mattutino di due amanti, il sirventes, una canzone di contenuto politico, morale o allegorico. Nel nord della Francia, intanto, si erano sviluppate due forme letterarie di tipo narrativo:
"chanson de geste" che narrava le gesta di Carlo Magno e dei suoi paladini, poi passata nella narrativa
popolare. Era in versi e, secondo alcuni, veniva declamata. Il romanzo cavalleresco che raccontava le gesta di re Art e dei Cavalieri della Tavola Rotonda ed era in prosa.
Con il romanzo cortese nacque un nuovo rapporto tra il destinatario e il testo letterario, fondato sulla lettura. Nella nuova lingua, quella francese, la canso divent chanson, il jeu parti jeu parti e l'alba divenne aube. Accanto a queste forme ne nacquero delle altre di tipo narrativo, per esempio la chanson de toile, una canzone in cui una donna che tesse racconta una storia. una lirica di contenuto narrativo che risponde ad un'esigenza di narrazione molto sviluppata nelle corti della Francia settentrionale. C' poi la tradizione di testi poetici con ritornello, che derivavano dalle musiche di danza. Questi testi sono: Ballade, rondeau e virelai. Gli stessi termini denunciano la provenienza dalla danza. Ballade, infatti, vuol dire ballata, rondeau viene da "ronder" che vuol dire girare e virelai viene
da "viler" che vuol dire anche girare. Con il matrimonio di Beatrice di Borgogna con Federico Barbarossa la lirica francese venne portata in Germania, dove nacque la tradizione del lied, l'equivalente tedesco della chanson francese e della canso provenzale. I trovatori provenzali, diventati trovieri francesi, vennero chiamati Minnesanger (minne = amore e sang = canto) ed erano poeti aristocratici che scrivevano testi poetici. La differenza tra il lied tedesco a la tradizione francese provenzale che nel lied tedesco c' una concezione molto pi spirituale dell'amore rispetto alla forte componente sensuale della lirica francese. La prima scuola poetica italiana fu quella siciliana. I poeti di quest'ultima erano i poeti della cerchia di Federico II e, diversamente dai trovatori e dai trovieri, la loro formazione scolastica non era avvenuta perlopi in ambito ecclesiastico. Per la prima volta in Italia, la poesia volgare nasce in un ambito nel quale la musica non coltivata. Di conseguenza, in Italia, nel corso del 1200, si determina la frattura fra la poesia e la musica che sar, in parte, recuperata con l'ars nova e con Dante, nella cui opera "Divina commedia" c' un'ampia allusione alla pratica della poesia per musica. Le poche melodie di lirica trobadorica che ci sono pervenute risalgono al 1300 circa. Questo perch si sent l'esigenza di mettere per iscritto una parte di questo patrimonio. A questo punto si posto il problema dell'interpretazione ritmica di questi testi musicali, perch il canzoniere dei trovatori e dei trovieri ci pervenuto in notazione quadrata guidoniana, che non dava alcuna informazione ritmica. Ci sono state varie ipotesi, una di queste stata quella di applicare i modi ritmici. Questa tesi stata smentita da due fattori:
Tutti quelli che hanno tentato di trascrivere con i modi ritmici hanno ottenuto risultati diversi; I mottetti scritti da Adam de la Halle, sono in notazione modale, quindi se A. de la Halle avesse usato una notazione modale, l'avrebbe usata anche per le composizioni profane. Tuttavia questo non accaduto, quindi l'ipotesi dei modi ritmici sfumata.
Adam de la Halle fu un poeta francese che, ad un certo punto, si trasfer a Napoli al servizio degli Angioini, presso i quali concep una operina in miniature: le jeu de robin et marion che una pastorella drammatica; la pastorella era una lirica in cui si immaginava l'incontro di un cavaliere con un pastorella. La soluzione che oggi viene ritenuta pi convincente sul ritmo del canto dei trovatori e dei trovieri quella proposta da uno studioso fiammingo che si chiama Von der Werf che dice: "..bisogna intonare questi testi mantenendo lo stesso ritmo che avrebbero, se venissero declamati". Il ritmo di questi testi, dunque, deve essere quello della declamazione. Accanto al canto gregoriano, praticato in ambito liturgico, si svilupp una produzione musicale sacra che non era legata alla liturgia. Si tratta di una produzione in latino data dall'ufficio drammatico (e poi dal dramma liturgico) e di una tradizione in volgare, data dalle laudi. Nel Medioevo, all'interno della liturgia, si cominciarono a teatralizzare rievocazioni del testo sacro che lo consentivano. Questa prima fase della teatralizzazione di momenti del testo sacro prese il nome di ufficio drammatico, perch la teatralizzazione avveniva nell'ambito di una celebrazione liturgica. Il passo successivo fu la nascita del dramma liturgico che fu una vera e propria rappresentazione teatrale, realizzata sull'altare della chiesa, in cui i chierici vestivano i panni di attori. Il dramma liturgico fu una rappresentazione teatrale ispirata alla tradizione del vecchio e del nuovo testamento e interamente cantato. Il passaggio dall'ufficio drammatico al dramma liturgico risulta evidente se si prende in considerazione il primo ufficio drammatico, "quem quaeritis?, un tropo che si cantava nel mattutino pasquale. Il mattutino quel momento della liturgia delle ore che riguarda l'inizio, una delle prime ore del giorno di Pasqua. Questo tropo era un canto interamente inventato che rievocava l'incontro dell'angelo con le pie donne. Questo nucleo dialogico venne teatralizzato, dunque divent un ufficio drammatico. Quando dal canto teatralizzato si pass alla rappresentazione vera e propria in cui all'angelo e alle pie donne si aggiungono altri personaggi, nasce il dramma liturgico che prende il nome di Ludus Paschalis perch la parola che venne utilizzata per indicare questi drammi di norma fu Ludus, gioco. Fra l'altro, si tenga conto che il rapporto fra la teatralit e il gioco molto diffuso nelle lingue non italiane. Il ludus Danielis rievoca la vicenda di Daniele e della fossa dei leoni ed una rappresentazione molto interessante perch il pi grandioso dramma liturgico. Prevede molti personaggi in scena, la presenza di strumenti accanto alle voci ed ha un numero molto alto di melodie di varia provenienza.(gregoriana, ma anche melodie pi vicine alla tradizione della lirica volgare).Inoltre, il ludus Danielis ha delle parti in volgare perch i fedeli ormai parlavano in volgare e, quindi, in una rappresentazione teatrale che doveva raggiungere direttamente il fedele in una rappresentazione teatrale si sent la necessit di inserire parole, frasi o parti in lingua volgare. A questo inserimento della lingua volgare si accompagn la tendenza di inserire delle parti comiche che vennero legate in particolare ad alcuni personaggi. Ad esempio San Pietro era esposto alla comicit. Questo provoc una reazione della chiesa che, ad un certo punto, viet che i drammi liturgici, divenuti troppo profani, si facessero all'interno della chiesa. Questi drammi liturgici, quindi, vennero spostati sul sagrato della chiesa e divennero sacre rappresentazioni. La sacra rappresentazione una rappresentazione di contenuto sempre sacro, legato ad una vicenda sacra. Si rappresentava fuori dalla chiesa, sul sagrato, ed era in lingua volgare. Col passare del tempo, nel Medioevo, il testo della sacra rappresentazione assume una precisa versificazione, quella in ottave di endecasillabi. Delle sacre rappresentazioni bisogna ricordare che si trattava di un teatro che non rispettava i principi del teatro classico, cio di unit di tempo di luogo e di azione che si sarebbero applicate a partire dal 1400, quando venne scoperta la poetica di
Aristotele e quindi si applicarono i principi diciamo classicisti. Accanto al dramma liturgico e alla sacra rappresentazione, dobbiamo ricordare come funzione musicale di contenuto sacro uno extra liturgico, le Laudi. Il loro sviluppo va letto all'interno di una grande fioritura religiosa che avvenne nel corso del 1200, legata in gran parte anche alla diffusione del movimento francescano. Infatti il cantico delle creature di S. Francesco, di cui si sa che esistesse una traduzione musicale, che noi non possediamo. Pi avanti si costituirono addirittura delle confraternite. Preposte proprio all'esecuzione di laudi furono le confraternite di laudi, le cui raccolte vennero chiamate laudari. Col passare del tempo, la lauda assunse la forma metrica della ballata e tra queste ricordiamo due laudari che ci sono pervenuti:
La notazione medievale
La notazione neumatica
Per scrivere le melodie i monaci avevano inventato dei neumi,parola che dal greco significa segni,da porre sopra le parole dei canti ,senza ausilio di righi e chiavi.I neumi non indicano l'esatta altezza delle note ,da apprendere oralmente,ma sottili sfumature ritmiche. La trasmissione orale del canto gregoriano non imped l'utilizzazione, dal punto di vista teorico, di una scrittura alfabetica medievale, che, a differenza di quella greca, utilizz le lettere dell'alfabeto latino. La notazione che venne utilizzata fu quella di Oddone da Cluny. Si tratta di una notazione tuttora impiegata nei paesi anglosassoni, che utilizza le lettere dalla A alla G, per indicare la successione dei suoni dal La al Sol. Le lettere maiuscole si riferiscono alla prima ottava (quella pi bassa), le lettere minuscole alla seconda ottava(ottava intermedia).Per quanto riguarda il si, nota mobile, si utilizzava il si dai contorni rotondi se bemolle, mentre il si dai contorni quadrati se naturale. Dal punto di vista pratico, per facilitare le memorizzazione dei canti, si posero degli accenti (neumi) sul testo, che ricordavano, a chi cantava o leggeva il testo, l'andamento della melodia. E poich in greco l'accento si chiama neuma, questa notazione venne chiamata neumatica. Inizialmente, gli accenti furono l'accento acuto (), l'accento grave (), circonflesso () e l'anticirconflesso (). Gli vennero dati anche nomi, quali, ad esempio, notazione in campo aperto (perch i neumi erano liberamente posti sul testo), notazione adiastematica (da "diastema" = intervalli + "a privativa, cio incapace di indicare l'altezza precisa dei suoni, ma solo l'andamento della melodia) e notazione chironomica - da "cheiros" = mano, perch riproponeva, in pergamena, il movimento della mano del "precento" (= direttore d'orchestra), che guidava il coro. Le notazioni si complicano in ordine decrescente: la notazione di S. Gallo e quella di Metz sono molto pi complesse della notazione inglese, in quanto offrono una grande quantit di informazioni supplementare sulle sfumature esecutive; La notazione aquitana presenta segni dislocati nello spazio, dunque, pur essendo ancora adiastematica, suggerisce la disposizione delle note, grazie alla disposizione spaziale dei neumi. I neumi utilizzati dalla notazione aquitania hanno forma quadrata, che sar la forma delle notazioni successive.
Un momento decisivo nell'evoluzione della scrittura musicale fu quello in cui un ignoto copista tracci una linea a secco, senza inchiostro, sulla pergamena. Prima di questa linea pose la lettera C (= Do, nella notazione alfabetica medievale). I neumi che stavano sopra della linea erano al di sopra del do, mentre quelli che stavano sotto erano al di sotto del do. Successivamente venne aggiunta una seconda linea, prima della quale venne messa la lettera "G" (che indicava il sol) ed una terza linea, preceduta dalla lettera F (che indicava il Fa). L'evoluzione di queste lettere ha portato alla nascita delle chiavi di Do, Sol e Fa. Inizialmente ogni linea aveva la sua chiave ed era colorata, per essere distinta della altre. Il punto di arrivo di questo tentativo, di questo sforzo di trovare una notazione che indicasse l'altezza reale dei suoni, quindi che non si limitasse ad indicare l'altezza della melodia fu appunto la notazione quadrata guidoniana, una notazione costituita da quattro linee e tre spazi (= tetragramma). La 5 linea nacque quando si svilupp un canto pi ampio dal punto di vista melodico. La chiave utilizzata era una sola. Dal punto di vista della forma dei neumi, questa notazione deriva da quella aquitana.
La tavola dei neumi di S. Gallo fu formulata dai benedettini di Solesmes. Prevede una lettura in senso verticale e una in senso orizzontale: Nella lettura in senso verticale vengono raggruppati i neumi che derivano dagli accenti, i neumi che derivano dall'oriscus e neumi che derivano dall'apostrofo. 1.I neumi che derivano dagli accenti: i pi importanti sono il punctum, che una singola nota al grave, e la virga, che una singola nota all'acuto. I neumi che derivano da pi note: i pi importanti sono:
il podatus o pes, che indica due note ascendenti, perch dato dall'unione del punctum con la virga; La clivis, che indica due note discendenti ed data dall'unione di un accento acuto, che indica la nota pi alta,
e dall'unione di una virga con un punctum, che indica la discesa; I neumi di tre note sono:
Climacus: indica 3 o pi note discendenti ed reso da una virga con due punctum; Scandicus: dato da tre note ascendenti ed reso da un punctum e una virga; Torculus: una nota acuta fra due gravi; Porrectus: una grave tra due acute;
La particolarit di questi segni che devono essere pronunciati senza separazione. 1. I neumi che derivano dall'apostrofo: indicano note ribattute; 2. I neumi che derivano dall'oriscus Nella lettura in senso orizzontale, invece, si hanno i vari modi con cui un neuma pu essere modificato. Normalmente un neuma poteva essere modificato, nella sua forma o per mezzo di lettere, per indicare un mutamento nell'esecuzione. Le lettere utilizzate erano la "t" e "c", che significano rispettivamente "tenete" (= il neuma deve essere allungato) e "celerite" (procedere rapidamente). Un neuma poteva essere allungato anche aggiungendo un piccolo segnale, un piccolo trattino detto episema. Poi abbiamo un particolare tipo di intervento sulla scrittura, lo stacco neumatico. Con esso si nota che il tropatore, mentre sta scrivendo, improvvisamente stacca la penna. Si vede, quindi, un pezzo bianco. Lo stacco neumatico evidenzia un momento di respiro. C' poi un ultimo carattere che la liquescenza che veniva posta sopra sillabe particolarmente complesse, per esempio, sopra le sillabe che presentavano scontri consonantici. Quando questo segno veniva posto sopra queste sillabe, il cantore sapeva che doveva ridurre il volume della voce in modo da non far percepire eccessivamente lo scontro consonantico. Cos facendo, il carattere aspro, sgradevole di queste sillabe veniva ridotto. Il quilisma un segno neumatico che si trova quasi sempre nel mezzo di una terza ascendente. Indica una nota di transizione cantata con voce leggera e flessibile. Questi vari tipi di neumi legati alla notazione di S. Gallo ritornano uguali nella notazione quadrata guidoniana, quindi una singola nota grave viene indicata da un singolo neuma quadrato. La differenza fra neuma quadrato e neuma di S. Gallo che il neuma di S. Gallo, da cui il neuma quadrato deriva, non dava l'altezza, mentre il neuma quadrato indica l'insieme delle note che vanno sulla sillaba, ma ci da anche la loro altezza precisa. Analizzando un brano in scrittura quadrata vediamo che ci sono delle stanghette. La stanghetta alta pi piccola divide due incisi, la stanghetta che sta nel mezzo del tetragramma separa due frasi, la doppia stanghetta indica l'alternarsi di un coro con l'altro o del coro col solista. Se si confronta la versione in notazione quadrata guidoniana con quella di S. Gallo e di Metz, possiamo dire che la notazione quadrata guidoniana guadagna in precisione, perch chi legge sa l'altezza precisa dei suoni, ma perde in ricchezza di informazioni. Quindi quello che si ottiene in precisione si perde sul piano delle informazioni espressive. Per questo i professionisti che seguono il canto gregoriano, leggono contemporaneamente la notazione quadrata e le due scritture pi complesse. Parlando della polifonia, quando si cominciano ad utilizzare lo stile di discanto, si sente la necessit di fare un'organizzazione ritmica pi rigorosa che viene data da 6 schemi ritmici che nacquero dalla prassi musicale. Questi sei schemi ritmici furono tutti caratterizzati dalla suddivisione ternaria per il discorso trinitario. Nel momento in cui questi schemi vennero codificati per acquisire una maggiore legittimit culturale, si utilizzarono i piedi della metrica classica, quindi il primo modo fu dato da una virga e da un punctum. 1 modo: longa brevis 2 modo: brevis e longa 3 modo: longa, brevis, brevis 4 modo: brevis, brevis, longa 5 modo: longa, longa 6 modo: brevis, brevis, brevis
Detto questo, che si trattasse di un'applicazione artificiosa a dei modelli ritmici preesistenti dimostrato dal fatto che, in alcuni casi, il piede della metrica greca corrisponde al ritmo effettivo, mentre in altri casi no. Ogni voce aveva il suo
modo ritmico, per esempio la voce di tenor di una composizione sempre al 5 modo, cio il canto gregoriano al tenor veniva dato sempre con la scansione ritmica che camminava meno velocemente delle voci superiori alle quali venivano dati altri schemi ritmici un po' pi movimentati. Era essenziale nell'organizzazione di un modo ritmico l'Ordo(= ordine). Gli ordines consistevano nell'indicare quante volte si doveva ripetere uno schema ritmico prima di una pausa. La suddivisione della longa viene detta Modus. Il modo perfectus se la longa divisa in 3 brevis, imperfectus se la longa divisa in due brevis. La suddivisione della brevis viene chiamata tempus, detto perfectum se divisa in tre e imperfectum se divisa in due semibrevis. La suddivisione della semibrevis viene chiamata Prolatio e si dice Maior se la semibrevis divisa in 3 minime e minor se la semibrevis divisa in due minime. In Italia abbiamo, inoltre, una notazione dell'ars nova italiana che deriva da quella francese, ma che un po' pi complessa. Questa notazione venne impostata da Marchetto da Padova in un trattato chiamato "Pomerium in arte musicae mensurate". In essa viene aggiunta anche la semiminima e le varie suddivisioni delle varie figure, dalle pi grandi alle pi piccole, sono ancora pi complesse di quelle dell'ars nova francese. Inoltre, vi erano delle scritture nere e bianche.
Dal punto di vista della sua conservazione la musica fu doppiamente svantaggiata. Essa da una parte soffr, fino all'invenzione del torchio a stampa, della sorte comune a tutto il materiale che doveva essere tramandato in forma scritta, cio della rarit del materiale, dei mezzi e delle capacit di tramandarlo. A ci si aggiunse la mancanza di una notazione che permettesse di scrivere la musica in maniera univoca (cui si giunger compiutamente solo attorno al 1500). A queste circostanze pratiche, si aggiungevano pregiudizi di carattere culturale (risalenti addirittura alla concezione Greca) che individuavano nella pratica musicale una parte nobile, collegata alla parola, e una artigianale, collegata al suono strumentale. La seconda veniva relegata in secondo piano e, nella sua funzione di servizio, lasciata ai musici professionisti (sempre di origine non nobile): questo equivale a dire che la musica popolare era affidata esclusivamente alla trasmissione orale ed per noi completamente perduta. Le poche melodie che sono giunte fino a noi lo hanno fatto spesso intrufolandosi in composizioni considerate degne di essere tramandate (spesso in parti della messa): questo il caso della melodia detta L'homme arm e (pi tardi) della melodia detta La Follia. Solo in epoca moderna la musica popolare inizier ad essere considerata degna di essere tramandata. Si sa comunque che nel Medioevo si produceva molta musica di carattere non sacro: talvolta per celebrare i potenti (che assumevano regolarmente musicisti, soprattutto trombettisti per accompagnare le cerimonie ufficiali), per accompagnare spettacoli teatrali, sacre rappresentazioni o la recitazione di poesie o semplicemente per ballare. (Pare che nel Medioevo esistesse una vera e propria passione per il ballo attestata fra l'altro dai numerosi editti che proibiscono il ballo nei cimiteri (!)). certo che la recitazione di poesie fosse spesso (se non sempre) accompagnata dalla musica: quasi certamente gran parte delle poesie venivano infatti cantate piuttosto che recitate (questo era ad esempio il caso delle composizioni di
Petrarca). Una famosa raccolta profana, i Carmina Burana, ha tramandato i soli testi dei canti dei chierici vaganti attorno al XIII secolo. Un'altra importante testimonianza (profana anche se non propriamente popolare) viene dalle composizioni dei trovatori, dei trovieri e dei Minnesanger, cantori e poeti vaganti, le cui prime testimonianze datano attorno all'XI secolo. Di provenienza linguistica diversa (lingua d'oc o occitano per i trovatori, lingua d'ol per i trovieri, tedesco per i minnesanger o menestrelli), essi erano accomunati dall'argomento delle loro canzoni, l'amor cortese e dalla loro frequentazione, appunto delle corti, dove era stata elaborata questa forma ritualizzata d'amore. La diffusione delle composizioni trobadoriche accompagn anche la diffusione dell'idea che l'educazione musicale (rigorosamente non professionale) dovesse far parte dell'educazione di un nobile. Come per il resto delle composizioni popolari per, anche la parte musicale delle composizioni trobadoriche andata quasi completamente perduta.
Ars antiqua
Con il termine Ars Antiqua (o Ars Vetus) indicato quel periodo convenzionale della Storia della musica anteriore alla riforma musicale detta ars nova iniziata nel XIV secolo da Philippe de Vitry e da Marchetto da Padova.
Storia
Nel 1150 nasce la prima grande scuola pitagorica europea ovvero la scuola di Notre Dame, o Ars antiqua, che sarebbe nata a Parigi intorno alla Cattedrale di Notre Dame. Questa scuola dar luogo anche ad una prima grande esperienza contrappuntistica che verr chiamata ars antiqua per distinguerla dall'Ars nova, che sar un altro grande movimento polifonico che nascer nel 300 e che si contrapporr all'Ars Antiqua. La Scuola di Notre Dame si svilupp tra il 1150 e il 1320. All'interno di questo periodo possibile distinguere due grandi fasi:
Prima fase
Compaiono i primi nomi di musicisti. I primi due musicisti menzionati nella storia della musica europea sono: Magister Leoninus e Magister Perotinus (questultimo chiamato anche optimus discantor, perch componeva soprattutto clausolae in stile di discanto che piacevano molto). Il primo scrisse il Magnus Liber organi, che contiene un ciclo di graduali, responsi e alleluja a due voci per l'intero anno liturgico. Il secondo aggiunse una terza voce alle opere di Leonino. Questi compositori compongono negli stili di organum e di discanto. Esemplificando, un canto gregoriano pu essere paragonato ad una retta divisibile in sezioni(o sequenze). Vi era, infatti, una prima parte del canto gregoriano, cantata in cantus planus dal coro dei fedeli, a cui faceva seguito una seconda sequenza, in polifonia, che non poteva essere cantata dai fedeli perch presupponeva un maggior professionismo. Poi cera una terza sezione che era ancora in cantus planus, quindi cantata dal coro dei fedeli. Infine poteva esserci un'ultima sezione, data in polifonia. Le sezioni interne venivano messe in polifonia in stile di organuum melismatica. La parte finale di un canto gregoriano si chiamava clausula (= chiusura) ed aveva circa 20 note. Se si fosse data la clausola, l'allungamento delle venti note avrebbe determinato una sezione enormemente grande, pi grande di tutto ci che veniva prima. Quindi, nella clausola, si introdusse lo stile di disegno nello stile di discanto: le note del tenor procedevano molto pi rapidamente che nello stile di organuum, cio non venivano allungate, ma procedevano con una certa rapidit. Il risultato fu che la clausula piaceva perch in essa si percepiva il gioco contrappuntistico, cio la presenza di due voci che camminavano abbastanza velocemente, anche se il tenor camminava pi lentamente rispetto alla voce superiore, ma pur sempre con una certa rapidit. La clausola diventa l'oggetto dell'interesse tanto del compositore quanto del fedele che ama ascoltare queste sezioni pi movimentate. Accade quello che era avvenuto con i tropi di complemento cio la clausula si stacca dal canto gregoriano e diventa un canto autonomo, fermo restando che le note del tenor sono quelle della parte finale di un canto gregoriano. A questo punto si pose un problema, cio finch si era alla fine di un canto la parola domino aveva un significato perch era la conclusione di un testo di un canto gregoriano. Nel momento in cui domino il testo del tenor su cui si costruisce un canto staccato, questo canto non ha pi un senso. Si risolve il problema dando un testo alla seconda voce detta Mottetus, nome che venne a designare la forma del mottetto che deriva dalla clausola, proprio perch una clausola polifonica, che si staccata dal canto originale ed diventato un canto autonomo. Per dare un senso a questo canto si dato un testo ala seconda voce. In un primo momento il testo del mottetus era collegato alla parola del tenor, quindi il testo del mottetus parlava di dominus cio di Dio. Dunque,
partendo da un testo coerente, si aggiunse in seguito una terza voce che ha il suo testo. Si costruiscono, cos, mottetti in cui c il tenor che ha, come testo, la parola domino, la seconda voce detta mottetus o duplum che aveva il suo testo e la terza voce detta triplum che aveva un suo testo. Il titolo di un mottetto molto strano perch ha l'inizio della terza voce, l'inizio della seconda voce e il testo del tenor. Ad esempio: Dominus eternus (inizio della terza voce) Domino (inizio della 2 voce), Domino (testo del tenor), cio si trovano tre parole o pi che segnano gli inizi delle tre voci di un mottetto. Finch il mottetto rest in ambito sacro non ci furono problemi: si dava alle voci superiori un testo che faceva riferimento alla parola conclusiva della clausola. Il problema nacque quando il mottetto diventa una forma profana. A questo punto accade che i testi che vengono aggiunti sul tenor gregoriano originale sono testi in lingua francese e in lingua volgare di contenuto profano. Accade che si hanno mottetti profani sull'antica clausola gregoriana. Il mottetto diventa, dunque, una forma politestuale e plurilinguistica. Ebbe un vantaggio: favor l'idea della presa autonomia di ciascuna voce, cio ogni voce era concepita con totale autonomia rispetto alle altre.
Seconda fase
Nella seconda fase le clausole si staccano dal canto originale e diventano mottetti. Ci furono, per, delle novit anche dal punto di vista ritmico. Nel 1260 venne scritto un trattato che si intitolava ars cantus mensurabilis (arte del canto misurato) scritto da Francone da Colonia, che segn il passaggio alla nostra concezione della misura del tempo. Fino a quando il canto aveva due voci, il tenor era una nota tenuta, quindi si sentiva una prima voce che procedeva per valori lunghi e una seconda voce che vi cantava sopra un melisma. Quando venne aggiunta una terza voce, bisognava trovare un ritmo comune. La soluzione fu costituita dai modi ritmici, 6 schemi ritmici, tutti a suddivisione ternaria, corrispondenti a quelli che noi chiamiamo tempo composto. La suddivisione ternaria sottintendeva il numero perfetto 3, in quanto numero della trinit. Francone da Colonia introdusse un nuovo sistema. Immagin una serie di figure sempre pi piccole: immagin una grande figura che chiam duplex longa o maxima, che poteva essere divisa in figure pi piccole. Da qui il concetto di mensuralismo, proprio perch si organizzava la successione del canto in misure rigorose, rigide in cui c lo stesso numero di valori. I compositori della seconda fase che scrissero soprattutto mottetti furono:
Petrus de Cruce; Anonimo IV, che ci ha dato informazioni sull'ars antiqua. Era inglese e grazie a lui abbiamo notizie di Magister
Leoninus e Perotinus;
Adam de la Halle;
Procedendo, nacquero anche procedimenti pi complicati di contrappunto, quali: Contrappunto di polifonia consistente nel fatto che, in un canto a due voci, una voce aveva la pausa e la voce superiore una nota e viceversa (hoquetus, ovvero a singhiozzo); La Rota, cio il procedimento del canone. In sostanza, una voce comincia dopo la stessa sequenza melodica di un'altra voce, imitandola. Il primo esempio di canone fu una rota inglese simile a Fra Martino Campanaro, cio un meccanismo per cui ogni voce ricomincia da capo e si pu non finire mai, perch le voci sono tutte sfasate e ritornano al punto di partenza.
Ars nova
L'Ars Nova la locuzione con cui si indic nel XIV secolo un nuovo sistema di notazione ritmico-musicale in contrapposizione a quello dei secoli precedenti. Lo studioso tedesco Hugo Riemann (1849-1919) utilizz il termine Ars Nova per indicare l'intera produzione polifonica del XIV secolo, caratterizzata da una serie di caratteri innovativi - non solo notazionali ma anche stilistici - che comparvero quasi contemporaneamente in Francia e in Italia. Pur ritenendo che le innovazioni stilistiche avessero avuto origine in Italia e fossero state accolte in Francia subito dopo (ipotesi non accolta da studiosi successivi), Riemann mutu il termine dal trattato di Philippe de Vitry intitolato "Ars Nova Musicae", nel quale l'autore, contrapponendo la musica del suo tempo a quella delle generazioni precedenti, esaminava minutamente, pi che le nuove forme musicali, i nuovi sistemi di notazione che esse avevano comportato. Altro teorico importante del periodo, autore del trattato "Musica practica" e fautore dell'Ars Nova, fu Johannes de Muris. In contrapposizione al termine "Ars nova" si usa indicare come Ars antiqua, o Ars vetus, la produzione polifonica dei secoli XII-XIII. La fioritura musicale avvenuta in Italia (in particolare nelle corti di Verona e Milano e nella Firenze comunale) nella seconda met del Quattrocento viene chiamata Ars Nova per le analogie con la musica d'oltralpe, anche se manca nel passato italiano una corrispondente "ars antiqua". Nel caso italiano, l'Ars Nova un fenomeno culturale d'lite, come si evince dalla forma pi praticata: il madrigale di argomento cavalleresco e cortese.
Verso il 1377 l'Ars Nova francese e italiana erano ormai strettamente intrecciate: nella notazione di Marchetto da Padova, per esempio, si inseriscono le figure ritmiche di Vitry (come spiegato pi avanti nel paragrafo Il cambiamento della notazione musicale), la ballata diventata a 2 voci sostituisce quasi completamente il madrigale.
l'hoquetus, detta anche tecnica "a singhiozzo": una voce tace quando l'altra canta e viceversa. la caccia, in cui una voce ripete in ritardo ci che l'altra voce ha appena cantato (tecnica del canone). il chiasmo, in cui due voci si scambiano, incrociandosi, due motivi. il canone cancrizzante (o retrogrado) in cui una voce canta la melodia dell'altra voce partendo dalla fine (all'indietro): l'esempio pi famoso il brano "La mia fine il mio inizio e il mio inizio la mia fine" di Machaut.
mottetto: questa forma non ebbe gran diffusione. Si ricordano tre mottetti scritti da Marchetto da Padova, uno
di Jacopo da Bologna e altri frammenti di mottetti composti in onore di dogi veneziani.
madrigale: un componimento a forme fixe, strofico; era solitamente a due voci. Importanti autori di madrigali
sono Giovanni da Cascia, Piero, Jacopo da Bologna.
caccia: a tre voci, nei suoi testi si presentano scene di caccia, gare, giochi all'aperto, mercato. ballata: una forme fixe monodica destinata ad accompagnare danze collettive; per questo ogni stanza (strofa)
viene divisa in due piedi (o mutazioni), intonati su uno stesso motivo. Il maggior esponente di questo genere fu Francesco Landini di Firenze.
nonch di vari tipi di strumenti a percussione. Il cornetto, strumento molto rinomato nei secoli XVI e XVII, figura in un dipinto di Taddeo Gaddi del 1335, ma non si hanno evidenze di un suo diffuso utilizzo fino alla fine del XV secolo.
La storia
Nel '400, l'estendersi dei traffici commerciali che interessavano in Nord Europa e la nascita, in Fiandra, di importanti centri manifatturieri (in particolare nel tessile) cre in queste regioni una situazione di prosperit che favoriva lo sviluppo delle arti in generale (ad esempio della pittura) e della musica in particolare. Allo stesso tempo, lo scatenarsi della guerra dei cent'anni tra Inghilterra e Francia sottrasse risorse umane ed economiche a quest'ultimo paese, che vide perci scemare la posizione centrale che aveva occupato nella cultura europea dei secoli precedenti. Alcuni tra i pi importanti contributi dati alla polifonia del 400 vennero quindi dalla Fiandra (una regione che occupava all'incirca il territorio degli attuali Belgio e Olanda e Francia settentrionale) e dalla regione francese della Borgogna (che non fu coinvolta nella guerra dei cent'anni). Nel corso di due secoli, il centro geografico di riferimento di questo stile si spost pi volte (e alla fine del XVI secolo avrebbe traslocato in Italia): comunque la maggior parte degli artisti erano originari dell' Hainaut, della Fiandra e del Brabante. Il centro dello sviluppo della scuola polifonica fiamminga (o fiammingo-borgognona) era spesso la cappella della cattedrale della citt, di solito finanziata dalla borghesia benestante. Gli allievi, inizialmente ammessi come cantori, avevano l'opportunit di seguire un percorso di apprendimento musicale completo, in maniera simile a quello che accadeva altrove negli studium di arti liberali, in quello che fu uno dei primi esempi di scuola compositiva nella storia della musica occidentale. I musicisti fiamminghi erano viaggiatori ed emigrarono in Italia, Spagna, Francia e Germania, facendo conoscere il loro stile che, anche grazie all'invenzione della stampa si diffuse rapidamente, dando vita al primo vero stile internazionale dai tempi del canto gregoriano nel IX secolo.
Caratteristiche compositive
Il carattere della polifonia fiamminga fu fortemente influenzato dalla scuola Inglese. Quest'ultima, caratterizzata da sovrapposizioni di terze, soprattutto nel falsobordone era arrivata in Francia dopo l'invasione francese dell'Inghilterra ad opera di Guglielmo il Conquistatore. Qui incontrarono un notevole successo le composizioni di un musicista, matematico e astronomo inglese, John Dunstable, autore di brani sacri e profani, che fu uno dei pi influenti compositori inglesi di tutti i tempi. Fu dalla produzione inglese che i compositori fiamminghi mutuarono le sovrapposizioni di terza e sesta che ancora corrispondono alla nostra sensibilit acustica, abbandonando le successioni di quarta, quinta e ottava caratteristiche dell'Ars antiqua e dell'Ars nova. Centrale alla composizione fiamminga la triade, cio la sovrapposizione di terze, accompagnando e introducendo una nuova attenzione allo sviluppo verticale della polifonia, l'embrione di quello che - molto pi tardi - sar il fondamento dell'armonia. Alcune delle moderne regole compositive vedono la luce in quest'epoca, e tra le pi note possiamo citare: 1. Divieto di creare quinte e ottave parallele, per evitare il sapore arcaico che ne derivava; 2. L'obbligo che la sovrapposizione di voci formasse sempre triadi consonanti, ammettendo dissonanze solo sotto forma di note di passaggio nei tempi deboli e sotto forma di ritardo sul tempo forte. Se gi nel 300, la polifonia iniziava ad utilizzare la tecnica imitativa (ad esempio nelle cacce francesi) il 400 fiammingo fa dell'imitazione, codificata nella forma chiamata canone, il procedimento fondante della composizione polifonica. I fiamminghi portarono il canone al suo massimo sviluppo, esaurendone tutte le possibilit e codificandone un gran numero di varianti (diretto, per moto contrario, retrogrado, inverso, inverso-retrogrado, mensurale, alla mente, enigmatico). Quest'ansia di classificazione normativa fin per sfociare in un formalismo fine a se stesso che avrebbe segnato l'esaurimento dell' esperienza fiamminga. Non a caso nel 500 il musicista italiano Adriano Banchieri scrisse una parodia del canto enigmatico alla mente intitolato "contrappunto bestiale alla mente", in cui ogni voce affidata ad un verso di animale. I fiamminghi praticarono in maniera innovativa le forme del passato ed in particolar modo la messa (costruita sulle varie parti dell'ordinarium:Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei). Il primo e forse il pi grande compositore della scuola fiamminga, Guillaume Dufay, in coerenza con la ricerca di una nuova omogeneit e razionalit della composizione, introduce la messa ciclica, in cui ogni parte dell'ordinarium missae ha lo stesso tenor. Anche in questo campo prevalse una spinta alla classificazione che distingueva diversi tipi di missae, generalmente fondate sulla linea del tenor, che a volte veniva preso da altre composizioni e addirittura da canzoni profane (famoso il tenor de l'homme arm). Un'altra forma che affascin i compositori fiamminghi fu il mottetto che divenne il luogo privilegiato della sperimentazione contrappuntistica, sviluppandosi fino a composizioni di incredibile complessit del mottetto "Deo Gratias" di Johannes Ockeghem , a 36 voci a parti reali(cio senza alcun raddoppio di voci): un vero e proprio grattacielo sonoro, che qualcuno ha paragonato alle guglie delle cattedrali gotiche. Proprio a causa della loro monumentale complessit, i mottetti fiamminghi (specie i pi tardi) vennero considerate composizioni aride e artificiose (e i musicisti italiani non le amarono). L'ultima tra le forme pi frequenti della musica fiamminga del '400 fu la chanson profana, di derivazione francese e per lo pi a carattere amoroso, a 3 voci e caratterizzata da una polifonia molto semplice.
Le cinque generazioni
Orlando di Lasso
Nella produzione fiamminga quattrocentesca si soliti distinguere 5 periodi, o generazioni, distanziate di circa vent'anni e ognuna associata al nome di uno o pi compositori significativi. Si tratta naturalmente di una classificazione di comodo: l'evoluzione del linguaggio musicale fu (come sempre) continua attraverso tutto il periodo[senza fonte].
I generazione (1420-1450): fu dominata, come s' detto, da Dufay e da Gilles Binchois; II generazione (1450-1485): avente come massimo esponente il gi citato Johannes Ockeghem ; III generazione (1480-1520): massimi esponenti Josquin Des Prez - da molti considerato il massimo
compositore fiammingo, che trascorse diversi periodi in Italia - Jacob Obrecht, Heinrich Isaac e Pierre de La Rue ; IV generazione (1520-1560): Adrian Willaert e Jacob Clemens non Papa; V generazione (1560-1600): Orlando di Lasso (Orlande de Lassus).
Nel 1600, molti dei polifonisti erano italiani o di altri paesi europei e lo stile fiammingo era diventato eredit di tutta l'europa.
Il Cinquecento
Per approfondire, vedi le voci Musica rinascimentale, Scuola veneziana e Scuola romana.
Claudio Monteverdi
Il XVI secolo vide il verificarsi di uno degli eventi pi significativi per la diffusione della musica: la nascita dell'editoria musicale. Nel 1501 a Venezia viene per la prima volta pubblicato ad opera di Ottaviano Petrucci l'Harmonice Musices Odhecaton, un intero volume di musica a stampa. Petrucci utilizz dei caratteri mobili; uno stampatore romano, Andrea Antico, utilizz pochi anni dopo un procedimento di tipo xilografico per ottenere lo stesso risultato. Un'altra importante diramazione della chanson parigina fu in Italia il madrigale, nato ad opera del francese Philippe Verdelot e del fiammingo Jacques Arcadelt. Fu questa una forma cantata a pi voci, in cui il significato del testo comunicava il carattere espressivo alla musica; in essa si cimentarono i principali musicisti dell'epoca, tanto italiani (Palestrina, Monteverdi) quanto stranieri (Orlando di Lasso, Adrian Willaert) e altri appartenenti alla sesta generazione fiamminga. L'avvento della Riforma Luterana e la reazione cattolica controriformista, culminata nel Concilio di Trento (1545-1563) ebbero un profondo influsso sulla musica sacra. Nel mondo tedesco, la traduzione in tedesco dei canti liturgici e la loro messa in musica spesso su melodie profane cre la tradizione del corale protestante. Nel mondo cattolico, si cre un movimento di ritorno alle origini del gregoriano, che si distanziava dall'eccessiva complessit introdotta dalla scuola fiamminga nel secolo precedente, e proibiva ogni messa di derivazione musicale profana, richiamando i compositori al rispetto dell'intelligibilit del testo. Particolarmente sensibile a questi dettami fu il musicista italiano Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594), che come direttore musicale di diverse cappelle romane (tra cui, per un breve periodo, anche la Cappella Sistina) lasci un corpus di 100 messe, 375 mottetti e pi di 300 altre composizioni che costituirono in pratica la rifondazione della musica sacra cattolica, stabilendo un canone stilistico che sarebbe stato per secoli a venire il riferimento per la musica liturgica. Allo stesso tempo, negli ambienti umanistici si sviluppava una polemica tra i proponenti delle forme polifoniche e i proponenti delle forme monodiche, dove questi ultimi vestivano i panni degli innovatori. Fondamentale fu il circolo fiorentino della Camerata de' Bardi che verso la fine del secolo produsse ben due versioni (tra loro in concorrenza) di un dramma musicale, l'Euridice, dove veniva impiegata una tecnica nuova (detta recitar cantando) da cui nel XVII secolo il genio di Claudio Monteverdi avrebbe fatto nascere il melodramma. Alla fine del secolo il trattato "De Institutioni Harmonicae" (1589) di Gioseffo Zarlino, uno dei conservatori e difensori della polifonia nella polemica sopra accennata, definisce finalmente in modo completo ed esauriente le leggi dell'armonia (e quindi della polifonia).
Musica barocca
Il termine musica barocca indica una categorizzazione della musica composta nel XVII secolo e nella prima met del XVIII secolo, che la fa corrispondere alla diffusione del barocco nell'arte. L'utilizzo del termine barocco in campo musicale piuttosto recente, ed fatto risalire ad una pubblicazione del musicologo Curt Sachs del 1919. Secondo gli studi di Sachs, la produzione musicale dei primi decenni del XVII secolo mostra, in tutte le nazioni d'Europa anche se in forme diverse, la comparsa di generi e caratteri stilistici tipicamente "barocchi": come le altre forme d'arte del periodo la musica barocca pare votata al desiderio di stupire e divertire l'ascoltatore. Questo genere si sviluppa a fianco di composizioni che ancora rientrano completamente nell'orizzonte stilistico tardorinascimentale - a volte i due stili coesistono nell'ambito della produzione dello stesso compositore - pertanto non possibile stabilire una data precisa di inizio del periodo barocco in musica cos come, con analoghe considerazioni, non
si pu stabilire una data per la sua conclusione. Il concetto di musica barocca generalmente accettato ed utilizzato, ma rimane controverso: molti musicologi, fra cui Manfred Bukofzer nel saggio The music in the baroque era (1947), contestano questa definizione sostenendo, non senza buoni argomenti, che sia illogico unire sotto un'unica etichetta un secolo e mezzo di produzione ed evoluzione musicale che ha fatto della variet e della differenza il proprio programma estetico.
Caratteristiche
Cos come le altre forme d'arte del periodo, la musica barocca era votata al desiderio di stupire e divertire l'ascoltatore: cambi repentini di tempo, passaggi di grande virtuosismo strumentale o vocale e l'uso del contrappunto e della fuga, sono gli elementi che pi caratterizzano la produzione musicale di questo periodo, insieme ad uno sviluppato senso dell'improvvisazione. L'utilizzo del termine barocco in campo musicale piuttosto recente, ed fatto risalire ad una pubblicazione del musicologo Curt Sachs del 1919. Se il concetto di musica barocca generalmente accettato ed utilizzato, diversi musicologi contestano questa definizione sostenendo, non senza buoni argomenti, che sia illogico unire sotto un'unica etichetta un secolo e mezzo di produzione ed evoluzione musicale che ha fatto della variet e della differenza il proprio programma estetico. Questa , ad esempio, la tesi di Manfred Bukofzer, uno dei maggiori musicologi del Novecento, il quale, arriva a sostenere, nel saggio The music in the baroque era (1947) che la Musica Barocca (intesa come uno stile unitario ed organico), non esista. per questo motivo che Bukofzer suggerisce di evitare per quanto possibile l'espressione "musica barocca" e di adottare, invece, il criterio della distinzione tra i tre grandi stili che attraversano la musica occidentale tra la fine del Seicento e la prima met del Settecento: lo stile concertante italiano, lo stile contrappuntistico tedesco e lo stile strumentale francese. Operando all'interno di questa grande tripartizione una ulteriore bipartizione: quella tra idioma strumentale e idioma vocale. A prescindere da queste considerazioni, che effettivamente possono avere degli ottimi argomenti, il termine "musica barocca" tuttora universalmente utilizzato ed accettato per definire lo stile musicale evolutosi dopo la Musica rinascimentale e prima dello sviluppo dello stile Classico.
Le forme musicali
Il concerto grosso
La genesi del concerto grosso va cercata in una sorta di espansione sonora della forma della sonata a tre, nei due generi da chiesa e da camera, e risale all'incirca alla met del Seicento, e venne messo a punto a Roma, verso gli anni '80 del Seicento, da Arcangelo Corelli. I dodici Concerti dell'op.6 corrispondono alla fase "matura" del concerto grosso: un gruppo di solisti (nel caso di Corelli due violini e un violoncello) chiamato "concertino" o "soli" si contrappone all'intero corpo dell'orchestra, chiamato "grosso" o "tutti". Non una contrapposizione generica basata sulla semplice contrasto di sonorit, ma una rigorosa divisione del lavoro di carattere formale: al "grosso" spetta l'esposizione del ritornello, al concertino gli episodi solistici, secondo la successione di parti e movimenti tipica della sonata a tre che verr poi ripresa dal concerto solistico.
Il concerto solista
Generalmente si individua in Antonio Vivaldi l'inventore del concetto di concerto solista, ossia, l'evoluzione del concerto grosso verso una forma musicale che prevede uno o pi strumenti solisti ai quali assegnata una partitura obbligata o una sezione (comunemente chiamata sequenza), dedicata all'improvvisazione dell'esecutore.
La suite
Le origini della suite si confondono inevitabilmente con la pratica antichissima di accompagnare e sostenere la danza con un numero pi o meno elevato di voci o di strumenti, ma il termine "suite" appare per la prima volta in una raccolta pubblicata dal compositore francese Philippe Attaignant nel 1529. La pratica di codificare in modo rigoroso la denominazione e la successione delle diverse danze per molto posteriore e avviene, in sostanza quando la suite diventa un "seguito" di danze puramente immaginarie. Si deve a Johann Jakob Froberger, allievo di Frescobaldi, la riduzione della suite alle sue quattro danze "di base" (allemanda, corrente, sarabanda e giga) e sar questo il modello di base che seguir J.S.Bach per alcune delle sue suite (ma non per tutte: le sue Suite Inglesi, ad esempio, sono articolate
in otto danze). In alcuni tipi di suite d inizio ai balli un preludio, in casi eccezionali con un'ouverture, un preambolo, una fantasia od una toccata. Fra la sarabanda e la giga si possono ritrovare danze come la gavotta, siciliana, bourre, loure, minuetto, musetta, doppia e polacca, mentre dopo la giga le danze ordinariamente sono la passacaglia e la ciaccona.
Musica sacra
La Messa cattolica La cantata sacra tedesca
Il concetto di "cantata sacra" estraneo all'universo formale di Johann Sebastian Bach: il termine stato infatti coniato soltanto nel XIX secolo per designare sommariamente le composizioni liturgiche settecentesche, su testo biblico, intonate da coro e solisti. Una svolta nella storia della cantata tedesca avviene per quando il pastore protestante Erdmann Neumeister pubblica nel 1704 una antologia di testi destinati all'intonazione liturgica. Ispirandosi alle forme coeve dell'opera in musica, Neumeister suddivide i testi biblici in recitativi, arie, concertati e numeri corali fornendo a
ciascun compositore un efficientissimo modello formale. Bach segue sostanzialmente il modello della "cantata riformata" fondato da Neumeister anche se la variet formale delle sue cosiddette "cantate sacre" molto ampia. In origine il termine "corale" indica generalmente il canto monodico non accompagnato dalla liturgia cristiana. Dopo l'avvento della riforma luterana la parola viene ad indicare per, nella lingua italiana, il canto liturgico, anch'esso monodico, proprio della liturgia protestante. Il cuore musicale della riforma costituito da un nuovo corpus di canti monodici, spesso di estrema semplicit e concentrazione melodica. I testi appartengono alla lingua della liturgia riformata, il tedesco, e abbandonano per sempre il vetusto latino dei padri della chiesa romana. I nuovi "corali" possono essere intonati "choralitier", ossia in forma monofonica, oppure "figuraliter" ossia in forma polifonica, grazie alla semplice armonizzazione della linea vocale di base. Di questa prassi, in uso sin dalla met del Cinquecento, si avvarranno nei secoli successivi tutti i compositori tedeschi di fede luterana, ivi compreso, naturalmente, J.S. Bach.Generalmente (ma le eccezioni sono numerose)le Kirchenkantaten di J.S.Bach si aprono con un corale intonato in forma non polifonica, proseguono con una serie di arie, recitativi e concertati e si concludono con un corale elaborato in forma contrappuntistica.L'oratorio una composizione musicale d'ispirazione religiosa, ma non liturgica, con trama compiuta, presentata in forma narrativa ma senza rappresentazione scenica; viene fatto derivare dalla Lauda cinquecentesca. Pi ancora che in quella, qui la musica ha 000 lo stesso carattere e il medesimo stile di quelle che saranno, da l a poco, le opere teatrali puramente intese.
Musica strumentale
Suites solistiche La sonata barocca
Il modello originario appare a Venezia verso la fine del Cinquecento, grazie agli organisti e ai violinisti che prestano servizio presso la Cappella della Basilica di San Marco, ma l'idea di una forma strumentale totalmente autonoma dalla musica vocale prende piede per nell'altro grande centro musicale dell'Italia del tempo: la Basilica di San Petronio a Bologna. qui che l'ordito contrappuntistico della sonata rinascimentale si scioglie nelle sue due polarit nascoste: da un lato il basso continuo, dall'altro il libero gioco improvvisativo delle voci superiori. Nasce cos il prototipo della cosiddetta "sonata a tre", il cui organico costituito dal continuo e da due strumenti melodici. A partire dalla seconda met del Seicento la sonata a tre si divide in due forme complementari: da un lato la "sonata da chiesa", inizialmente destinata a sostituire le parti mancanti della liturgia vocale e dunque caratterizzata da una severa scrittura contrappuntistica, dall'altro la "sonata da camera", indirizzata originariamente all'intrattenimento e quindi segnata dalla scrittura ritmico-melodica tipica delle forme di danza.
Il barocco colossale
Lo stile "barocco colossale" un nome che stato coniato per descrivere un numero di composizioni dal XVII al XVIII secolo scritte in una maniera opulenta, sontuosa e in larga scala. Inoltre in questi lavori venne fatto uso di tecniche policorali e spesso erano caratterizzati da una dotazione di strumenti quantitativamente superiore alla media dell'epoca. Il primo barocco colossale fu uno stile italiano, nato per rappresentare i successi della controriforma. I pezzi erano tipicamente a 12 o pi parti, ma evidente che non sempre gli aspetti policorali interessavano il largo spazio (ad esempio nel Exultate Omnes di Ugolini ci sono passaggi a tre per tutti i soprani, tenori e contralti; questo sarebbe apparso assurdo suonarlo in un ampio spazio). Tuttavia alcuni lavori vennero piacevolmente eseguiti dai cantanti e dagli strumentisti nella Cattedrale di Salisburgo. Un altro compositore del barocco colossale fu Orazio Benevoli, il quale fu confuso con Heinrich Ignaz Franz Biber e Stefano Bernadi per il famoso scambio dell'autografo della Missa Salisburgensis. La musica del barocco colossale fu una parte filosofica della controriforma e si diffuse oltre il Brennero nell'Impero Austriaco, dove le composizioni a pi parti furono scritte per le occasioni speciali, ma spesso non vennero pubblicate e questo porta attualmente alla mancanza di numerosi lavori prodotti da Valentini (alcuni per 17 cori), Priuli, Bernadi (la messa per la consacrazione della Cattedrale di Salisburgo) e altri. Alcune parti per tromba di Valentini giungono sino a noi, per esse non presentano molti cambiamenti di note.
Strumenti barocchi
In epoca barocca ebbero un ruolo particolarmente importante gli strumenti d'armonia dedicati all'esecuzione del basso continuo, che il vero denominatore comune di tutta la produzione musicale. Fra questi, i due di uso prevalente erano l'organo e il clavicembalo (ai quali dedicata, inoltre, una vastissima letteratura solistica). Il basso continuo, tuttavia,
era anche realizzato dalla tiorba, dall'arpa e occasionalmente dal regale; era prassi frequente che pi strumenti (ad esempio organo e tiorba) concorressero all'esecuzione del basso continuo, soprattutto in compagini orchestrali o corali numerose[1]. Fra gli strumenti a corda erano pure molto diffusi, sia come strumenti solisti che come strumenti d'accompagnamento, il liuto e la chitarra. Il clavicordo, per contro, era apprezzato ma era destinato a un uso esclusivamente solistico. Per quanto riguarda gli strumenti melodici, nel passaggio dal Rinascimento all'epoca barocca si riscontra una generale riduzione nella variet di strumenti utilizzati: mentre nel XVI secolo praticamente ogni strumento melodico, sia a fiato che a corde, era costruito in taglie differenti, che riproducevano le diverse estensioni vocali (e spesso erano indicate con i termini "soprano", "contralto", "tenore e "basso"), nel corso della prima met del XVII secolo, con la nascita di una vera e propria letteratura strumentale idiomatica, in ciascuna "famiglia" di strumenti fu privilegiata un'unica taglia[2]. L'unica rilevante eccezione costituita dalle viole da braccio, per le quali si consolidarono le quattro versioni che tuttora conosciamo (violino, viola, violoncello e contrabbasso). A fianco della famiglia degli archi, che costituivano l'elemento irrinunciabile di ogni insieme orchestrale, gli strumenti pi frequentemente usati erano, fra gli strumenti acuti:
il cornetto, che nella prima met del XVII secolo contendeva al violino il ruolo di strumento solistico e
virtuosistico per eccellenza;
l'oboe, discendente diretto dal contralto della bombarda rinascimentale: erano usate, per particolari effetti
timbrici, anche versioni di taglia maggiore e con alcune peculiarit costruttive, dette oboe d'amore e oboe da caccia; il flauto dolce, prevalentemente nella taglia di "contralto" (in sol nella prima parte del XVII secolo, in fa successivamente); il flauto traverso, nella taglia in re. Sia il flauto traverso che il flauto dolce subirono rilevanti modificazioni costruttive rispetto alle versioni rinascimentali: in particolare, nella seconda met del XVII secolo si inizi a costruire questi strumenti in pi parti smontabili (tre o quattro), per permettere agli strumentisti di adeguare l'intonazione dello strumento ai diversi "la" che coesistevano.
la viola da gamba (nella taglia di basso, anche se era occasionalmente impiegata anche nella taglia di dessus: in
Inghilterra il consort di viole da gamba, che includeva tutte le taglie, era tuttavia ancora in auge nel XVII secolo); il trombone; il fagotto, discendente diretto del basso della famiglia delle dulciane;
Nell'orchestra barocca erano spesso presenti anche la tromba e il corno (all'epoca, entrambi senza pistoni); fra gli strumenti a percussione acquist particolare importanza il timpano. Accanto a questi strumenti, di largo uso sia come strumenti solistici che nell'orchestra, in epoca barocca godettero di occasionale popolarit, nell'ambito di specifiche scuole o mode musicali,
il mandolino; la viola d'amore, viola da braccio con corde aggiuntive di risonanza; la lira da braccio e la lira da gamba, strumenti ad arco adatti all'accompagnamento armonico; lo chalumeau, antecedente diretto del clarinetto; la musette de cour (piccola cornamusa con mantice) e la ghironda, strumenti fintamente "pastorali". nelle bande civiche e militari, il serpentone (basso della famiglia dei cornetti) e il fifre (flauto traverso ottavino), nonch il tamburo.
Compositori pi noti
I compositori del periodo barocco attualmente pi noti al grosso pubblico, grazie ad una vasta produzione concertistica e discografica nel corso degli ultimi cinquant'anni, sono gli italiani Claudio Monteverdi, Antonio Vivaldi e Alessandro Scarlatti, i tedeschi Bach e Hndel e l'inglese Purcell. Numerosi altri compositori di grandissima notoriet ai loro tempi, come Girolamo Frescobaldi, Heinrich Schtz, Arcangelo Corelli, Dietrich Buxtehude e Georg Philipp Telemann, nonch tutti i maggiori compositori della Scuola Francese, pur avendo avuto un'importanza storica e artistica non inferiore a quelli precedentemente citati, sono oggi familiari a un pubblico relativamente pi ristretto. soprattutto nel campo operistico che la ricchezza di nomi e di influenze vastissima: essendo l'opera la principale fonte di introiti per la maggior parte degli autori del tempo, anche la produzione ad essa collegata praticamente sconfinata e non raro che vengano riscoperti lavori di eccezionale valore artistico, anche di compositori che fino ai nostri giorni sono stati
pressoch ignorati dalla ricerca musicologica. Celebri autori teatrali furono certamente (oltre ai gi citati Claudio Monteverdi, Jean-Baptiste Lully, Pier Francesco Cavalli, Alessandro Scarlatti, Hndel, Vivaldi e Purcell) anche Giovanni Battista Pergolesi, Leonardo Leo, Rinaldo da Capua, Johann Adolph Hasse, Nicola Porpora, Jean-Philippe Rameau e Domenico Scarlatti, figlio di Alessandro. Molti di tali autori appartengono alla Scuola musicale napoletana, che fu fra le pi inflenti e alla moda a partire dalla fine del XVII secolo. Napoli si impose infatti, negli ultimi anni del Seicento e nei primi del Settecento, come uno dei massimi centri operistici europei, contendendo con alterne vicende a Venezia un primato che la citt lagunare aveva sempre avuto in Italia. Roma, che per buona parte del XVII secolo era stata la seconda piazza operistica italiana, si vide colpita, a partire dagli ultimi due decenni del Seicento, da una politica pontificia che penalizz l'Opera e, in via pi generale, ogni forma di spettacolo. Roma perse pertanto molti musicisti di valore (fra cui Alessandro Scarlatti) e si vide gradualmente relegata a un ruolo sempre pi marginale nella vita operistica italiana ed europea. In Italia altri centri particolarmente attivi in questo campo erano Firenze, Bologna e Parma, mentre l'astro milanese avrebbe iniziato a rifulgere solo a partire dalla met circa del Settecento. Nel resto dei paesieuropei la vita operistica ruotava generalmente attorno a una corte reale[3]in forma quasi esclusiva (Parigi e Madrid) o prevalente (Vienna e Londra). Solo in Germania gli spettacoli lirici si articolavano su modelli non troppo dissimili da quelli italiani, con citt di grandi e medie dimensioni che fin dal XVII secolo si erano dotate di strutture teatrali adeguate, anche private. A Monaco di Baviera fu aperto un teatro stabile fin dal 1657 (l'Opernhaus am Salvatorplatz rimasto in funzione fino al 1822), ad Amburgo si inaugur nel 1678 il primo teatro pubblico tedesco eDresda si impose fin dai primi decenni del Settecento come una piazza di prim'ordine. In tutta Europa (ad eccezione della Francia che aveva sviluppato un propria scuola "nazionale") domin comunque, durante tutta l'et barocca e oltre, l'opera italiana o ad essa assimilabile (Hndel, Hasse ecc.). L'Italia possedeva all'epoca i pi prestigiosi conservatori musicali al mondo e la massima parte delle pi importanti compagnie liriche erano formate in maggiore o minor misura da interpreti italiani. Gli autori italiani venivano contesi dalle corti europee e i grandi compositori di altri paesi dovettero, quasi sempre, impostare la propria produzione secondo moduli e schemi tipici dell'opera italiana e, spesso, in lingua italiana. In alcune citt, e particolarmente a Vienna, gli italiani costituirono dei veri e propri centri di potere che poggiavano sull'indiscusso prestigio di alcune personalit radicate a corte (basti pensare ai poeti cesarei Apostolo Zeno e Pietro Metastasio) e sul favore di alcuni Imperatori particolarmente sensibili al fascino della musica e pi in generale della cultura italiana.
Claudio Monteverdi
Claudio Monteverdi (Cremona 15 maggio 1567 - Venezia 29 novembre 1643) fu il primo grande operista nella storia della lirica e fra i massimi autori di musica strumentale del suo tempo. Fu il creatore del linguaggio lirico, un linguaggio che doveva esaltare la voce umana ed essere in funzione della verit dell'espressione. Il suo Orfeo (1607) la prima opera, nella storia del melodramma in musica, degna di tale nome. In essa Monteverdi riesce a fondere perfettamente i vari generi di intrattenimento, dai canti madrigaleschi alle scene a sfondo pastorale passando per le musiche suonate a corte in occasione di feste e balli, sublimandoli con la sua arte e mettendoli al servizio di un coerente sviluppo drammaturgico. I personaggi acquistano in Orfeo una dimensione e uno spessore nuovi e delle connotazioni di dolente umanit. Con L'incoronazione di Poppea (1643), Monteverdi si rivela ancora una volta artista dall'ispirazione ricca e multiforme e dalle tecniche musicali ed armoniche raffinatissime. D infatti vita a una nuova, sublime creazione, animata da un profondo patetismo ed espressione di una perfezione formale, sia sotto il profilo musicale che drammaturgico, che per lungo tempo rester ineguagliata. Monteverdi fu anche fecondo compositore di madrigali, ascrivibili a un genere che con lui raggiunse la propria espressione pi alta e di musica strumentale e sacra (celebre il suo Magnificat composto per Papa Pio V)
Henry Purcell
Henry Purcell (nato probabilmente a Westminster, Londra, nel 1659 ed ivi morto nel 1695) stato sicuramente il pi grande compositore britannico di tutti i tempi. Durante gli ultimi anni della sua vita scrisse alcune straordinarie opere teatrali come Dido and neas, King Arthur, The Indian Queen, The Fairy Queen e The Tempest. Compose anche della musica meravigliosa per gli anniversari di compleanno e per il funerale della Regina Maria II. Nella vita ebbe notoriet e benessere economico anche se, data la grandezza del genio, ne avrebbe meritato ben di pi. Purcell, cos come molti altri grandi compositori, mor in giovane et.
Scrisse poi molte pagine di musica per orchestra. Tra esse comprendevano inni ed anthem, sorta di inni celebrativi, e sonate sacre, oltre a centodieci cantate, venti concerti e trentanove fra sonate, fughe, suite per cembalo.
Antonio Vivaldi
Antonio Lucio Vivaldi (Venezia, 4 marzo 1678 - Vienna, 28 luglio 1741) un celebre violinista e compositore del periodo barocco. Fu anche un sacerdote, e per tale motivo - e per il colore dei suoi capelli - venne soprannominato Il prete rosso. La sua composizione pi nota sono i quattro concerti per violino conosciuti come "Le quattro stagioni", celebre e straordinario esempio di musica a soggetto. Il recupero della sua opera un fatto relativamente recente e viene individuato nella prima met del XX secolo. Avvenne grazie soprattutto agli sforzi di Alfredo Casella, il quale nel 1939 organizz la Settimana di Vivaldi, evento che viene ricordato come storico in quanto, da allora, le opere del compositore veneziano hanno riscosso pieno successo. Innovando dal profondo la musica dell'epoca, Vivaldi diede pi evidenza alla struttura formale e ritmica del concerto, cercando ripetutamente contrasti armonici e inventando temi e melodie inconsuete. Il suo talento consisteva nel comporre una musica non accademica, chiara ed espressiva, tale da poter essere apprezzata dal grande pubblico e non solo da una minoranza di specialisti. Vivaldi considerato uno dei maestri della scuola barocca italiana, basata sui forti contrasti sonori e sulle armonie semplici e suggestive. Johann Sebastian Bach fu grandemente influenzato dalla forma del concerto vivaldiano: egli trascrisse alcuni concerti per clavicembalo solista e alcuni concerti per orchestra, tra questi il famoso Concerto per quattro violini e violoncello, archi e Continuo (RV 580).
In Italia
In Germania Tomaso Albinoni Vincenzo Albrici Giovanni Bononcini Francesco Antonio Bonporti Giovanni Bontempi Antonio Caldara Giacomo Carissimi Francesco Cavalli Arcangelo Corelli Francesco Durante Girolamo Frescobaldi Francesco Geminiani Giovanni Girolamo Kapsberger Giovanni Legrenzi Leonardo Leo Pietro Locatelli Antonio Lotti Francesco Onofrio Manfredini Alessandro Marcello Benedetto Marcello Claudio Monteverdi Giovanni Battista Pergolesi Giacomo Antonio Perti Nicola Porpora Alessandro Scarlatti Domenico Scarlatti Alessandro Stradella Barbara Strozzi Giuseppe Tartini Giuseppe Torelli Francesco Maria Veracini Antonio Vivaldi
Johann Sebastian Bach Georg Friedrich Hndel Friedrich Wilhelm Zachow Gottfried Kirchhoff Reinhard Keiser Giovanni Giacomo Porro Christoph Graupner Johann Samuel Endler Giovanni Porta Andrea Bernasconi Giovanni Battista Ferrandini Johann Kaspar Kerll Pietro Torri Agostino Steffani Giuseppe Antonio Bernabei Heinrich Ignaz Franz Biber Dietrich Buxtehude Johann Jakob Froberger Johann Pachelbel Heinrich Schtz Georg Philipp Telemann Sylvius Leopold Weiss
In Inghilterra
John Blow John Jenkins Georg Friedrich Hndel Henry Purcell Daniel Purcell Thomas Weelkes
Nelle Fiandre
Henry Du Mont Joseph-Hector Fiocco Pietro Antonio Fiocco Jean-Nol Hamal Jan Pieterszoon Sweelinck Pierre Van Maldere
In altri paesi
Jan Dismas Zelenka Razek Franois Bitar Adam Michna z Otradovic Pavel Josef Vejvanovsk
Note
1. ^ nel XVIII secolo, di regola, la parte del basso era inoltre raddoppiata da uno strumento melodico grave come
2. ^ Molte famiglie di strumenti ad ancia, ad esempio tutti gli strumenti ad ancia doppia con canneggio cilindrico, 3.
ancora in auge agli inizi del XVII secolo, caddero progressivamente in disuso nella seconda met del secolo ^ Emblematico il caso francese, dove Parigi lasciava ben poco spazio allo sviluppo di strutture operistiche periferiche. Lione, ad esempio, seconda citt di Francia per numero di abitanti ed importanza economica, si dot di un vero e proprio teatro d'opera solo nel 1756 con l'apertura del Grand Theatre. In precedenza le non frequenti rappresentazioni liriche venivano avventurosamente allestite in sale di fortuna o in luoghi non destinati a tali forme di spettacolo, fra cui le scuderie dell' Htel de Chaponay ^ Suzanne Clercx, Le baroque et la musique: essai d'esthtique musicale, AMS Press, 1978, p. 213. ISBN 9780-404-60153-9 ^ (EN) Claude V. Palisca, "Baroque", Grove Music Online, ed. L. Macy
4. 5.