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contenuti nei quattro Vangeli Canonici in una forma letteraria simile alla cosiddetta
Fonte Q.
Il Vangelo di Pietro proviene anch'esso dalla chiesa di Siria ma non possiamo darne
una valutazione compiuta.Dal II secolo avanzato per inizia a formarsi un vero e
proprio canone ed proprio questa formazione ad aumentare la produzione di testi
apocrifi. Proprio il tentativo di ottenere, infatti, un riconoscimento canonico, generava
molta letteratura apocrifa, di forma letteraria ugualmente avanzata. Proprio il fatto che
molti di questi testi vengano attribuiti a personaggi di origine apostolica (Pietro,
Giovanni, Paolo, Filippo) esprimono la volont di entrare in concorrenza con i testi
canonici, affermando nuove rivelazioni di Cristo.
Ci sono poi quegli scritti apocrifi che nascono dal desiderio popolare di conoscere, di
raccontare episodi pi numerosi e suggestivi della vita dei propri eroi, abbellendo con
caratteri novellistici i dati, originariamente molto sobri, della tradizione apostolica.
Nascono cos gli Atti di Pietro, di Giovanni, di Andrea e di Tommaso.
Come si form il canone neotestamentario? Non chiaro. Non una decisione della
gerarchia ecclesiastica che indica autorevolmente i testi canonici. la logica stessa
dello sviluppo della tradizione che porta all'affermazione di un corpus di testi
normativi; gli scritti che appaiono autentici testimoni della tradizione.
anche vero che il moltiplicarsi di testi che pretendono di avere autorit dottrinale,
obbliga la Chiesa a operare una selezione. Marcione e il suo tentativo di dare un suo
corpus di testi normativi sar probabilmente stata la molla decisiva. Alla fine del II
secolo ci sono due importanti testimonianze che ci forniscono l'elenco dei libri
considerati canonici:
- L'Adversus Haereses di Ireneo di Lione. Composto tra il 180 e il 190 cita, anche se
non li definisce ancora come Nuovo Testamento: i Quattro Vangeli, le Tredici lettere di
Paolo, gli Atti degli Apostoli, la I lettera di Pietro, I e II lettera di Giovanni, Apocalisse,
Lettera agli Ebrei e Pastore di Erma.
- Il Frammento Muratoriano, forse di Ippolito, scoperto nel 1740 da Ludovico Muratori.
Qui si citano: i Quattro Vangeli, le Tredici lettere di Paolo, gli Atti degli Apostoli, I e II
lettera di Giovanni, Apocalisse, Apocalisse di Pietro (seppur con qualche riserva).Non
esplicitano i criteri dell'accoglimento dei testi ma lasciano chiaramente intendere che
sono quelli che corrispondono all'autenticit della tradizione apostolica accolta
universalmente dalla Chiesa, quella tradizione di cui poi parleremo con Ireneo e
Tertulliano: la regula fidei.
Le caratteristiche dello gnosticismo
Col nome di eresie ed eretici i cristiani indicarono fin dagli inizi del II secolo le
deformazioni dottrinali che ritenenevano incompatibili con la retta fede e coloro che la
professavano e che, come tali, se perseveravano, venivano allontanati dalla comunit.
In greco airesis non ha una connotazione negativa ma indica solamente la scelta. Solo
a partire dalla fine del II secolo si pu parlare di una dottrina ortodossa ormai costituita
nelle sue linee essenziali. Lo gnosticismo una forma di religione dualistica che pone
al suo centro la conoscenza (la gnosi) del mondo e dell'uomo, ottenuta attraverso una
rivelazione divina.
- Harnack dice che lo gnosticismo una forma di ellenizzazione acuta del
cristianesimo; una eresia. Nata in seno al cristianesimo, deriva dall'incontro del
messaggio cristiano con la cultura greca a partire dal secondo quarto del secondo
secolo.
- Bousset e Reitzenstein sostengono, invece, che esso sia un fenomeno solo
parzialmente legato al cristianesimo. Non di eresia cristiana si tratta ma di un
fenomeno di storia delle religioni sviluppatosi in Oriente, mediato dal giudaismo, in
una forma che pescava dalla mitologia iranica e diffusosi poi in Occidente dove sar
influenzato da elementi filosofici della Grecia.
Fino al 1945 lo gnosticismo era conosciuto solo sulla base delle notizie e dagli estratti
contenuti nelle confutazioni dei Padri della Chiesa, in particolare dall'Adversus
filosofi stoici. I cristiani per non hanno paura della morte solo per abitudine e non per
un ponderato ragionamento.
Luciano ne parla a proposito della morte di Peregrino, un filosofo considerato da
Luciano un ciarlatano, che dopo essere stato cristiano per un po', si fa cinico e per
dimostrare il suo disprezzo verso la morte si getta nel fuoco a Olimpia. I fratelli
cristiani che lo vanno a trovare sono dei creduloni e dei fanatici che non temono la
morte.
Galeno infine ammira la loro moralit, la loro continenza, ma batte anche lui sulla
credulit e l'assenza di paura dalla morte.
Plinio, Tacito e Svetonio concordano sul fatto che il cristianesimo sia SUPERSTITIO,
ovvero non faccia parte del mos maiorum, sia una manifestazione di fanatismo e non
sia riconosciuta dall'autorit. Il cristianesimo anche religio PRAVA, EXITIABILIS, NOVA
e MALEFICA.
Plinio scrivendo a Traiano nel 112, quando Plinio era governatore della Bitinia, chiede
istruzioni all'imperatore su come comportarsi con questi cristiani, che non sa davvero
per quale reato condannarli. Tacito a proposito dell'incendio di Nerone pur
giustificando i cristiani lascia intendere che essi si sono comunque macchiati di
FLAGITIA (infamie) per il loro odium humani generis.Svetonio accusa anche di magia e
non vede per niente di buon occhio questa religio nova, nova e dunque senza
tradizione.
Ormai nel II secolo i cristiani sentono il bisogno di giustificarsi dalle continue accuse
rivolte a loro. Con l'imperatore Marco Aurelio la repressione si fa ancora pi dura.
Aurelio, nonostante l'immagine che ha lasciato ai posteri, non ha alcuna simpatia per i
cristiani, anzi nutre una profonda antipatia per loro. A differenza di Galeno ed Epitteto,
rispettivamente suo medico e suo maestro di filosofia, vede la totale assenza di paura
della morte dei cristiani senza alcuna bonariet, giudicandola teatrale e leggera.
Ma non da vedere tanto in questo il motivo della loro persecuzione quanto nel
progressivo allontamento della popolazione romana dal servizio militare, proprio in un
momento in cui i barbari premevano ai confini dell'impero. Questa parataxis, come
viene definito l'atteggiamento di opposizione frontale alla leva, risulta naturalmente
particolarmente odioso nei cristiani. Giustino muore nel 165. Policarpo nel 166 o 167 a
Smirne. Come reagiscono i cristiani?
La reazione dei cristiani alle persecuzioni
Aumentano la produzione di scritti apologetici che cercando di convincere i romani
della loro assoluta lealt. Risale a questo momento la famosa Apologia di Melitone, il
vescovo di Sardi che in questo scritto sostiene la comunanza di destino della Chiesa e
dell'Impero, provvidenziale quest'ultimo anche per la salvezza della Chiesa. Troviamo
poi la famosa Supplica di Atenagora di Atene che desidera provare l'equilibrio e la
lealt dei cristiani. Atenagora mostra tutta la sua fiducia nella ragione impostando un
dialogo moderato e posato che termina appoggiando l'idea della successione
dinastica, che poi in effetti si avverer con Commodo. Il terzo famoso scritto, anonimo,
A Diogneto, che pur contenendo una delle pi forti affermazioni dell'estraneit dei
cristiani nei confronti del mondo, appare contraddistinto da un atteggiamento di
sostanziale lealt di fronte all'impero: i cristiani partecipano a tutto come cittadini;
obbediscono alle leggi stabilite; mantengono il mondo; Dio gli ha dato un posto cos
nobile che non loro lecito sottrarvisi.
Fioriscono gli Gli Atti dei Martiri. Sono di due tipi: o in forma di verbali dei processi
condotti contro i cristiani dai magistrati romani, come gli Atti di Giustino; o in forma di
lettere inviate da una chiesa all'altra per raccontare le vicende drammatiche della
persecuzione come il Martirio di Policarpo. Sono accomunati dall'idea del martirio
senza paura, come un evento di salvezza, un dono di grazia, una liturgia sacra. I
martiri con la loro idea di regno celeste, con le loro risposte ai magistrati che gli
chiedevano nome, nazione e cittadinanza, liquidati con un laconico christianum sum,
Ireneo ringrazia infine i romani. Sotto Commodo i cristiani possono viaggiare in tutta
serenit e senza alcun timore. Quindi l'Impero buono per i cristiani, non pu essere
l'Anticristo.
La teologia di Ireneo costituisce gi il primo tentativo in grande di sistemazione
organica del pensiero cristiano, la prima vera apparizione di una teologia cattolica che
si preoccupa del semplice fedele pi che dell'intellettuale. Ireneo afferma due principi
fondamentali per la lettura e l'interpretazione della Scrittura: il rispetto dei testi nella
loro unit materiale e l'esigenza di una lettura d carattere ecclesiale. Questo non
fanno marcioniti e valentiniani, che preferiscono tagliare a loro piacimento i libri dei
due testamenti e cambiare a loro piacimento ci che salvano.
La dottrina di Ippolito
Sono i vescovi a custodire e garantire il deposito della dottrina perch sono i vescovi
che con la successione degli apostoli ne hanno ereditato il dono della verit. La chiesa
di Roma possiede poi una antichit particolarmente eminente perch proviene da
Pietro e Paolo. questa la prima base teologica per le pretese di Roma sulle altre
chiese.
All'epoca di Ireneo le Chiese hanno ormai una solida organizzazione, con delle liste
episcopali che testimoniano la diretta discendenza di un vescovo da un determinato
apostolo. Addirittura la Chiesa Romana nel 190 col vescovo Vittore vorr imporre
anche alle chiese d'Asia la nuova interpretazione della Pasqua, che sancir la rottura
definitiva col giudaismo.
Al nome di Ippolito legato al Contro Noeto e all'inizio della letteratura esegetica
d'osservanza cattolica. Ippolito maturato in Asia Minore, probabilmente a Smirne, nel
clima di entusiasmo apocalittico della fine del II secolo. Dunque i suoi primi problemi
sono esegetici e sono puntati sui libri che trattano la fine del mondo: il Libro di
Daniene e l'Apocalisse di Giovanni. Ippolito,a differenza di Ireneo, riconosce nei romani
la bestia che sale dal mare e vede in cristiani e romani due eserciti contrapposti, uno
secondo la potenza di Satana e l'altro secondo la potenza di Dio. Quando compare il
monarchianismo, Ippolito prende a cuore il problema trinitario e scrive il Contra
Noetum dove sostiene la concezione della divinit non monarchica ma economica
(cio in tre unit distinte). La persona di Ges Cristo. Chi era e quale era il suo
rapporto col padre? Giustino e Teofilo avevano intelligentemente sistemato la
faccenda ispirandosi al prologo del Vangelo di Giovanni, identificando Ges con il
Logos. Il Logos era prima immanente (endiatheos) al Padre; poi viene proferito dal
padre (prophorikos) all'atto della creazione. Cristo era dunque il Logos, il verbo,
proferito e incarnato tramite Maria.
Ma questo non risolveva i problemi dell'unit divina e del rapporto del Figlio e dello
Spirito Santo col Padre.
Le soluzioni monarchiane all'unit divina
Alla fine del II secolo vengono date due soluzioni, entrambe definite MONARCHIANE
ma che in realt sono antitetiche.
- Monarchianismo dinamistico, detto anche Adozionismo. L'adozionsimo porta alle
estreme conseguenze la posizione subordazionistica degli apologisti. Teodoto
sosteneva che Ges era soltanto un uomo sul quale il battesimo aveva fatto s che
scendesse la forza di Dio elevandolo al rango di figlio adottivo. Si salvava dunque
l'unit divina sacrificando la divinit di Ges e vedendolo solo come un figlio adottivo.
Posizione razionalistica che rifiuta l'incarnazione, fu accolta solo dai ceti pi
intellettuali e condannata dal vescovo Vittore.
- Monarchianismo modalistico, detto anche Modalismo. Ebbe una diffusione molto pi
vasta ed la vera forma di monarchianismo. La gente semplice rifuggiva le soluzioni
troppo intellettuali (Logos, Adozionismo) e non accettava comunque di rinunciare alla
divinit di Ges. Noeto, un cristiano di Smirne, sembra l'ideatore di una nuova
soluzione, che conosciamo solo perch Ippolito ne parla nel Contra Noetum e nella
Refutatio omnium haeresium. Noeto affermava con forza la divinit di Ges e salvava
l'unit di Dio riducendo il Padre e il Figlio a forme, a modi di essere, della divinit,
quindi Dio stesso aveva sofferto sulla croce. Epigono e Cleomene, suoi discepoli,
portarono il modalismo a Roma, sostenuto anche da un certo Prassea, di cui parla
Tertulliano nel suo Adversus Praxean. Il modalismo non considera lo Spirito Santo, dato
che Ippolito lo accusa di bestemmiare contro lo Spirito Santo e si impegna a difendere
il trinitarismo. Una dottrina certamente pi vicina ai ceti popolari e che per questo
ebbe molta diffusione. Attenuava per molto la paradossalit del vivere cristiano e il
contrasto ideologico col mondo romano. In quanto agli scritti omiletici Giustino ce ne
parla molto nella sua Apologia. L'intensa vita comunitaria dei cristiani si incentrava
nella liturgia soprattutto quella eucaristica: consacrazione del pane e del vino che
avveniva tra canti, preghiere, letture bibliche e relativa spiegazione (ossia l'omelia). I
canti erano ripresi in parte dall'AT, soprattutto dai Salmi, ma in parte venivano
improvvisati ed facile immaginare che l'improvvisazione potesse esemplarsi sui
moduli tipici di quelle poesie di origine semitica che pur tradotte in greco erano molto
singolari. Ben poco di queste improvvisazioni sar messo per iscritto. Ricordiamo le
Odi di Salomone che ci sono giunte in traduzione siriaca ma pare che siano di origine
greca. I temi centrali sono l'incarnazione, la passione e la risurrezione del Logos,
suggestivamente proposti in forma allusiva e di non facile decifrazione in un'atmosfera
di simbolismo misticheggiante che arieggia il tono del vangelo di Giovanni e di certa
letteratura gnostica.
Ci sono giunte anche due omelie: una di Melitone di Sardi e una anonima chiamata In
sanctun Pascha. Siamo ancora in ambiente asiatico tra la seconda met del II e il III
secolo, in una temperie ancora fortemente giudaizzante. La Pasqua cristiana infatti
viene ancora celebrata al modo dei giudei con la lettura del canto 12 dell'Esodo che
spiega l'istituzione della Pasqua. Melitone insiste nel significare la nuova Pasqua
cristiana con Cristo agnello di Dio. Le due omelie hanno una prosa studiatissima, in cui
si alternano passi prosastici e passi che articolano il discorso in forma fortemente
scandita e ritmata, con sequenze di cola di breve estensione, tra loro connessi con
assonanze e figure retoriche di ogni genere. L'alternanza vuole isolare le parti ritmate
per darle pi rilievo. L'impressione globale quella di un grande decoro formale voluto
allo scopo di mettere in rilievo la nobilt della materia trattata e il significato singolare
della liturgia pasquale nell'ambito del culto cristiano. La convergenza fra i due testi fa
capire che non ci troviamo davanti all'iniziativa di un solo personaggio ma ad una
forma espressiva tradizionale in quell'ambiente, destinata a scomparire col declino
delle fortune giudaiche nella cristianit asiatica.
Il cristianesimo ad Alessandria
L'AMBIENTE. Alessandria inizia a spiccare con la fine del II secolo. Non c'era stata una
missione paolina in Egitto cos che ad Alessandria era sempre rimasta atttiva una
numerosa e influente comunit giudaica, ormai profondamente ellenizzata, che aveva
portato molto avanti il progetto di rendere tra loro reciprocamente compatibili
giudaismo ed ellenismo. Lo strumento fondamentale di questa iniziativa fu
l'applicazione del metodo allegorico, cos come lo avevano messo a punto gli stoici,
all'AT, tramite parametri e concetti dedotti dalla filosofia greca, soprattutto platonica e
stoica. In questo modo vicende storiche e norme legali dell'AT venivano assunte, al di
l del significato letterale, come simboli astorici delle fondamentali realt
cosmologiche e psicologiche. Questo metodo di ricerca fu portato avanti da Filone
d'Alessandria (I sec. d.C.) e i suoi lavori esercitarono molta influenza in ambito
dottrinale ed esegetico nella comunit cristiana di Alessandria.
Il cristianesimo di Clemente
Ad Alessandria la cultura gnostica era molto forte e aveva dato i natali a Basilide,
Valentino, Tolomeo ed Eracleone. Gli gnostici si facevano depositari di un sapere
come Logos di Dio personalmente distinto dal Padre e a lui subordinato, gli valsero le
accuse di diteismo; a Roma era molto forte all'epoca la confessione monarchiana.
L'unico rappresentante significativo nella Roma cristiana della seconda met del III
secolo fu Novaziano, che per primo adott il latino. La comunit romana si latinizz tra
la fine del II secolo e la prima met del III secolo.
IN AFRICA. In Africa la latinizzazione della chiesa era stata molto pi sollecita. Non
sappiamo se i missionari che importarono a Cartagine e altrove la nuova fede
provenissero da Roma o dall'Oriente ma certo che verso la fine del II secolo la lingua
ufficiale era quella latina. All'inizio di questa attivit letteraria possiamo ipotizzare la
traduzione, dal greco, della Sacra Scrittura, o forse solo dal NT, dato che per l'AT,
avevano gi provveduto gli ebrei.
Sappiamo ben poco di queste antiche versioni latine del testo sacro, la cui pedissequa
fedelt al testo greco sembra quasi fare sistematica violenza alla norme della corretta
latinit sotto l'aspetto lessicale e sintattico. Restiamo in ambiente popolare con gli
Acta dei martiri scillitani che hanno una trama semplice e uno scarno dettato di tono
protocollare. Contrastano molto con la Passio di Perpetua, Felicita e altri, di qualche
anno successiva. Alla base c'era un resoconto autobiografico di Perpetua in carcere e
poi integrato da altri dati. Ne risulta un racconto ampio e mosso, ricco di svariati
dettagli, pervaso di intensa drammaticit e di toccante pathos, tutto unito dalla
fortissima personalit della protagonista. La coeva letteratura latina pagana non
offriva altrettanti fulgidi esempi.
In Africa dobbiamo segnalare due caratteristiche importanti in merito alla
latinizzazione:
1.l'impegno apologetico
2.l'accuratezza formale
Africani furono Tertulliano, Arnobio, Cipriano e Minucio. Tutti sono accomunati dalla
ricerca della bella forma, dell'effetto millimetricamente calcolato, quasi a voler
strappare al lettore il plauso.
Gli scritti di Cipriano
Cipriano si caratterizz invece per l'equilibrio attento, la misura meditata, la centralit
sapiente, doti indispensabili ad un uomo di governo quale fu. Si tenne lontano da
discussioni troppo dottrinali per aderire al dato scritturistico (Testimonia ad Quirinum).
Le circostanze lo vollero alla testa della chiesa di Cartagine in momenti difficilissimi,
tra peste, carestie, persecuzioni e contrasti violenti.
Il problema principale della Chiesa era come comportarsi con gli abiuratori durante le
persecuzioni di Decio e Valeriano. Si distinguevano in:
- sacrificati = avevano senza dubbio sacrificato
- thurificati = avevano solo bruciato incenso
- libellatici = si erano solo procurati il certificato
C'erano poi quelli che pur non avendo abiurato non avevano patito le torture e c'erano
quelli che invece l'avevano patita (i confessores) e pretendevano una parte
significativa nel decidere la riammissione dei caduti. A Cartagine Cipriano nel 251 dice
che i sacrificati potevano essere riammessi solo se erano in pericolo di vita. Le altre
due categorie erano riammesse dopo un piccolo atto di penitenza.
Ricordiamo infine Commodiano, primo poeta cristiano di lingua latina. Restano di lui un
poema didascalico in esametri, in due libri, l'Instructiones, e un Carmen apologeticum,
o de duobus populis, in esametri (anche se il senso della metrica quasi totalmente
perduto in favore del ritmo), che riassume contro giudei e pagani il senso della storia.
Insiste molto sulla prossima fine del mondo, prima della quale si mostrer un popolo
nascosto che vincer i malvagi.
Lattanzio e la storiografa cristiana
Durante il III secolo la religione cristiana si diffuse ampiamente anche nelle regioni pi
occidentali, cos che il rapporto dialettico che l'impero intratteneva con essa mut
profondamente, e da una politica coercitiva o permissiva, abbandonata agli umori
delle folle o all'imperatore di turno, si pass, dopo Diocleziano e le guerre per il potere,
con
Costantino,
ad
una
politica
di
aperto
favore.
La novit pi importante in questo senso fu sicuramente la nascita della storiografia
cristiana. Il periodo di pace che si era aperto diede ai cristiani la sensazione della
vittoria definitiva, mentre contribuiva ad accantonare il problema della fine futura e
invitava a riflettere sul passato,a ripercorrere le fasi della lunga lotta, per rilevarne
tempi e modi e rendere ragione della conclusione vittoriosa. In questo senso si
impegnarono Lattanzio ed Eusebio di Cesarea, rispettivamente per l'Occidente e
l'Oriente.
Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio (Africa 250 Treviri 327) era il tipico esponente di una
certa intelluttualit pagana che si sentiva attratta dal cristianesimo per esigenze
soprattutto di rigore morale e perci avvertiva pressantemente l'urgenza del confronto
con la morale e la cultura pagane. Da qui deriva l'impegno in ambito apologetico, un
impegno che si adegua ai tempi nuovi e si caratterizza dunque per l'evidente
ambizione di affrontare la problematica ormai tradizionale con ampiezza ed esaustivit
mai prima sperimentate, in forza anche di una capacit di scrittura ineccepibile
nell'adesione al modulo stilistico tradizionale di stampo ciceroniano. Egli ancora
strettamente legato a schemi argomentativi e teorici della cultura classica, in
particolare neoplatonica. Il suo stile comunque fluente e l'argomentare stringente
e segue sempre un preciso filo logico, come vogliono i dettami della retorica.
Ma la formazione cristiana di Lattanzio aveva troppe lacune perch potesse fare fronte
in modo adeguato all'ambizioso progetto: approssimazione dottrinale, scarsa
sensibilit scritturistica, residui arcaizzanti. Le cose migliori Lattanzio le d nella
trattazione di temi morali, dove la filosofia classica (anche se Lattanzio ne rilevava i
limiti) armonizzava bene con la tradizione evangelica nella comune esaltazione della
giustizia, la virt per eccellenza, raggiungibile solo in connubio con la sapienza, nella
religione
cristiana.
Nel De mortibus persecutorum Lattanzio riflette storicamente sul passato giudicando
positivamente la sua opera rispetto ai precedenti di Minucio, Tertulliano e Cipriano,
giudicati insufficienti per vari motivi. Il De mortibus non ha ancora finalit apologetiche
ma il suo taglio di carattere storico e nonostante le inesattezze e le grossolane
forzature (come quella che vuole che solo gli imperatori cattivi abbiano perseguitato i
cristiani e che siano stati giustamente puniti), va comunque apprezzata la sua
tendenza ad analizzare in maniera pi riflessiva il rapporto con l'impero.
Eusebio di Cesarea (Palestina 265 340) nei suoi scritti ha meno riuscita stilistica di
Lattanzio ma siamo comunque ad un altro livello, in forza della sua ottima
preparazione filologica, filosofica e scritturistica. Sent molto il problema di convivenza
tra le due culture e orient la sua riflessione soprattutto in senso apologetico, per
replicare alle accuse di Porfirio. E qui apriamo una parentesi su Porfirio
La polemica di Porfrio - 270 Filosofo neoplatonico e allievo di Plotino: Porfirio di Tiro nel 270 compone un'opera in
quindici libri intitolata Contro i cristiani. Non conosciamo l'opera come si deve perch
Costantino una decina d'anni dopo l'Editto di Milano (313) lo fa distruggere (e Teodosio
II un secolo pi tardi conferma la condanna). questo il primo caso di proscrizione di
uno scritto anticristiano da parte dello Stato. Ci che sappiamo lo prendiamo da
estratti di Girolamo ed Eusebio e dalla confutazione di Macario di Magnesia. Non
sappiamo quasi nulla dunque, ma da quel poco chiara sia la virulenza dell'attacco sia
il
carattere
della
critica.
Ma la polemica di Porfirio diversa da quella di Celso. Non ci sono motivazioni
politiche nel suo attacco, solo religiose. Sono in gioco due concezioni del mondo anche
se la concezione di Porfirio meno organica di quella di Celso. Quella di Porfirio una
religione che riflette un'epoca in crisi; un sistema dottrinario pieno di tensioni e
contraddizioni, tra ansia di razionalit ed eccessi di superstizione, tra acribia filologica
e ingenuit superstiziose. Ha per una grande conoscenza del cristianesimo: ha letto
sicuramente Vecchio e Nuovo Testamento e forse stato catecumeno. Manca per
qualsiasi intenzione di comprendere l'avversario. La sua critica malevola e il tono pi
utilizzato il sarcasmo. Le critiche di Porfirio sono simili a quelle di Celso. ancora una
volta il neoplatonismo che si scontra con il cristianesimo. Porfirio non comprende il
disprezzo del mondo, la presunzione di essere i soli salvati, l'origine rozza della gran
parte di loro; erano aspetti assolutamente inconciliabili con le idee plotiniane. Il
monoteismo cristiano non ha senso, perch Dio, se governa, governa suoi simili quindi
devono esserci dei suoi simili, altre divinit. Il monoteismo cristiano un politeismo
mascherato perch accanto a Dio pone gli angeli come esseri divini. L'incarnazione del
figlio di Dio altrettanto assurda. Se i cristiani accusano i pagani di credere che nelle
statue abitino le divinit, pi folle pensare che la divinit abiti nel seno della vergine
Maria. E poi non si capische perch l'incarnazione del figlio di Dio sia avvenuta cos
tardivamente. E come si pu pensare che un Figlio di Dio possa soffrire?
inconcepibile anche l'escatologia cristiana concepita da Paolo, perch assurdo
credere nella risurrezione dei morti e nella fine del mondo; se anche scomparisse la
terra non potrebbe scomparire il cielo. Inconcepibili poi sono i comportamenti e i riti
dei cristiani sono del resto immorali e ripugnanti. Se la salvezza riservata ai
peccatori, i peccatori sono migliori? E il battesimo? Non concepibile che una sola
abluzione elimini per sempre ogni turpitudine.
Ci sono poi le critiche ai fondatori del cristianesimo, dei poveracci saltimbanchi che si
arricchivano ai danni dei p creduli. Pietro ha rinnegato tre volte il maestro e Paolo
ancora peggio con le sue affermazioni contraddittorie sul valore della legge mosaica,
sulla natura della verginit e del matrimonio, sulla liceit e illiceit dei cibi.
Ci sono poi le critiche alle Scritture. Porfirio doveva avere condotto una serrata critica
dell'Antico Testamento. Sappiamo che considerava la Torah un insieme di favole.
Girolamo in effetti dimostra come il Libro di Daniele non risalga a Nabucodonosor ma a
Antioco
Epifane
e
quindi
le
sue
profezie
erano
solo
ex
eventu.
Analoga critica al Nuovo Testamento dove gli evangelisti vengono considerati
confusionari e privi di competenza storica. Non ci si pu mascherare dietro le allegorie
continua. Una critica cos capillare e serrata diede vita al filone delle Quaestiones et
responsiones di scrittori che avvertita la pericolosit delle teorie di Porfirio scrissero
decine di libri, oggi perduti, per confutarle
La sensibilit storica di Eusebio
Eusebio cos crea i 15 libri della Preparazione evangelica e i 20 libri della
Dimostrazione evangelica. In questo imponente complesso Eusebio si propone di
presentare il rapporto della religione cristiana con la filosofia pagana e la tradizione
giudaistica sulla base di un continuo riferimento alle fonti, sia filosofiche sia
scritturistiche sia storiche, al fine di dimostrare che la religione cristiana rappresenta
l'espressione della pi perfetta razionalit nell'ambito della pratica religiosa e dall'altro
lato la completa realizzazione della rivelazione diretta di Dio agli uomini.
La sensibilit storica di Eusebio d il massimo nella Storia ecclesiastica. La condizione
di privilegio che Costantino dona alla religione cristiana secondo Eusebio la
testimonianza definitiva della vittoria finale della verit cristiana contro l'errore delle
potenze demoniache pagane. Eusebio abbagliato da Costantino, tanto da sembrargli
quasi il prototipo del monarca cristiano, immagine del Logos Divino, colui che ha
inaugurato l'unione di stato e chiesa, il tempo della pace prefigurato dalle parole
messianiche.
Eusebio consapevole di scrivere un'opera del tutto nuova cos all'inizio delinea i limiti
della materia trattata: successioni episcopali, persecuzioni, eresie, contrasti coi giudei,
personaggi che si sono illustrati con l'azione e con gli scritti. L'opera mostra una
vastissima conoscenza della precedente letteratura cristiana, cui Eusebio aveva
accesso soprattutto nella biblioteca origeniana di Cesarea, che riporta spesso in ampie
citazione
dirette.
Nonostante le approssimazioni e carenze, con il suo ripiegarsi a tracciare la storia del
tertium genus, dopo quello dei giudei e dei pagani, e col suo inserimento nella trama
della storia di tutta l'umanit, di cuil il genus cristiano il coronamento, apre la strada
a quella concezione totalizzante e tipicamente cristiana della storia del mondo vista
come storia della salvezza dell'uomo peccatore per volere e opera di Cristo. La sua
Storia ecclesiastica sar un modello durevolissimo.
Aggiungiamo che la sensibilit storica eusebiana fa s che si avverta anche in ambito
esegetico con esiti di grande significato. Nonostante fosse un grande ammiratore di
Origene egli rimase estraneo alla sua spiritualit concentrandosi sull'interesse
filologico, valorizzando questo aspetto nella Bibbia. La sua esegesi dell'AT (Commenti
a Isaia e ai Salmi) non esclude completamente l'allegorismo ma lo tempera con il
letteralismo, inaugurando una stagione di letteratura esegetica molto florida in area
siropalestinese.
L'importanza del genere agiografco
A partire da Costantino, il mutato rapporto di forze rese supeflua la difesa dei cristiani
in favore della liceit della loro religione e concentr l'interesse apologetico sul piano
specificamente religioso e anche su quello culturale, specialmente nelle confutazioni
anti porfiriane.
Assume quindi grande importanza il genere agiografico, in conseguenza e in funzione
dell'ingigantirsi del culto dei martiri fino agli eccessi pi plateali. Dagli scarni resoconti
processuali che caratterizzavano gran parte dei primi Acta dei martiri, non pi in grado
di soddisfare le aspettative e le richieste di folle sempre pi fanatizzate, che insieme
alle reliquie dei martiri pretendevano su di loro notizie dettagliate e meravigliose,
assolutamente eccedenti i metri del consuetudinario e dell'abituale della vita
quotidiana.
Nascono dunque, accanto a false reliquie, atti di martiri confezionati ad hoc, dove si
leggono mirabolanti racconti di supplizi atroci, miracoli strepitosi, discorsi intrepidi che
trasformano un umile confessore di Cristo in un eroe da epopea (le cosiddette Passioni
epiche) e dove impossibile tirare fuori, da questo profluvio di invenzioni, un minimo
di tradizione attendibile.
I tempi per cambiano e la figura del martire inizia a non coincidere pi con gli eventi
della contemporaneit. Un nuovo modello di santit cos si affianca a quello del
martirio: parliamo di quello del confessore, colui che non confessa la fede di Cristo col
sacrificio cruento ma con quello quotidiano di una vita asceticamente impegnata nella
solitudine o al servizio della comunit. I nuovi modelli sono dunque quelli del santo
vescovo o del santo eremita. Nascono due autentici best seller dell'epoca: la Vita di
Antonio scritta da Atanasio e la Vita di Martino scritta da Sulpicio Severo.
Attirava moltissimo la comunit anche la figura del monaco, che in quella ascesi spinta
al limite dell'umana sopportazione e spesso, soprattutto in Siria, accompagnata da
manifestazioni di eccentricit pi che discutibili, ravvisava il modello di perfezione
cristiana.
Da qui la spinta a mettere per iscritto raccolte di detti e aneddoti di monaci famosi
(Historia Lausiaca, Vitae Patrum) e a proporre regole per frenare gli eccessi di un
movimento sempre pi incontrollabile (regole di Pacomio e di Basilio). Per le donne fu
creata una letteratura che esaltava l'ideale verginale, la sacralit del matrimonio e la
vita continente.
La diffusione dell'omelia
Fu vistosa la trasformazione dell'oratoria. Dall'omelia esclusivamente di argomento
esegetico nel II e III secolo, pur continuamente rappresentata nel IV secolo da uomini
come Basilio, Gregorio di Nissa e Giovanni Crisostomo, si passa ad un apparato
oratorio pi vasto, come pi vaste si fanno le occasioni di predicare. L'omelia si fa pi
accurata e pur rifiutando sulla carta l'utilizzo dei lenocini della retorica tradizionale, si
continuava sempre in quella direzione.
La dilatazione pressocch indiscriminata della comunit spinse nell'imposizione di
norme omiletiche di forte impegno retorico che oltre alle classiche funzioni
didascaliche avevano ora un forte contenuto parenetico, ad uso di ascoltatori che non
dovevanon solo essere istruiti ma pi generalmente spinti a partecipare. Per una
parenetica corretta era necessario acquisire un'eloquenza particolare, cos che le
omelie divennero vere e proprie performance concluse con rituali applausi. I greci
avevano sempre tenuto in grande considerazione il bel dire e non un caso che i tre
letterati d'Oriente pi famosi siano anche i tre pi grandi oratori: Basilio, Gregorio
Nazianzeno e Giovanni Crisostomo. chiaro che nell'imporsi di questa nuova moda
l'aspirazione al successo mondano ha avuto la sua parte.
I contrasti della chiesa d'Egitto - IV sec. ALESSANDRIA CRISTIANA NEL IV SECOLO. A partire dagli inizi del IV secolo la chiesa
d'Egitto fu turbata profondamente da una serie di contrasti, in particolare da:
- Lo scisma meliziano. Nato dall'opposizione di Melizio, vescovo di Assiut (Lycopolis), al
potere assoluto dell'allora patriarca Pietro I (300-311). La posizione di Melizio trov
ampi consensi soprattutto nella Tebaide, tanto che in quell'area i monasteri meliziani
sopravvissero fino all'epoca della conquista araba. L'opposizione sottendeva la
polemica tra la lingua copta e quella greca: il copto lottava contro l'egemonia
linguistica
greca.
- L'arianesimo. Sosteneva che la natura divina del Logos fosse sostanzialmente
inferiore a quella di Dio e che, pertanto, vi fu un tempo in cui il Verbo di Dio non
esisteva e dunque che fosse stato creato in seguito. Ario non negava la Trinit ma
subordinava il Figlio al Padre, negandone la consustanzialit che sar poi formulata nel
Concilio di Nicea nel famoso credo niceno costantinopolitano. Per Ario, quindi, Ges
era una sorta di semidio, non identificabile con Dio stesso.
Queste accanitissime polemiche imposero un approfondimento radicale dei concetti e
dei termini delle dottrine teologiche tradizionali, favorirono senza dubbio lo sviluppo
della letteratura di questo tipo, anche se la violenza dei contrasti rovinarono il dialogo.
Il monachesimo aveva avviato per giunta una chiusura culturale. Molti monaci erano
infatti di bassa estrazione sociale, ed erano programmaticamente ostili alla paideia
greca. Cos all'inizio del IV secolo la scuola alessandrina di impostazione origeniana
appre in uno stato di declino che diventer definitivo dopo Didimo. Va detto tuttavia
che certe acquisizioni non si persero mai perch entrate nella tradizione ed
Alessandria fu l'unica a non commettere orrori filologici ed ermeneutici come il mai
esistito Ebione come fondatore degli Ebioniti, a differenza di molti centri dell'Oriente e
dell'Occidente.
La biografa monastica di Atanasio di Alessandria
Atanasio di Alessandria (295 373). Autore della Vita di Antonio, inaugur il genere
della biografia monastica. Mostra poco interesse per la ricerca di dati biografici
affidabili a beneficio della tradizione, presenta il monaco come colui che persegue in
grado eroico l'ideale della rinuncia del mondo e ai suoi allettamenti, anche culturali, a
beneficio di una rigida ascesi; esteriorizzazione delle tentazioni e delle difficolt in cui
il monaco incorre, soprattutto sesso e superbia, personalizzandole nella figura del
diavolo, avversario quotidiano di Antonio, che lo assale nei modi pi vari. Quest'opera
fisser
definitivamente
il
genere
della
biografia
monastica.
Atanasio rileva nella vita di Antonio anche la perfetta ortodossia, sottolineandone
l'impegno
antiariano.
Proprio la strenua lotta all'arianesimo fu la missione del quarantennale episcopato di
Atanasio e il motivo dei suoi cinque alternanti esili. Atanasio divide la sua polemica
antiariana
in
due
grandi
parti
- Opere d'argomento dottrinale: Discorsi contro gli ariani; I sinodi. Contengono le
discussioni dei theologoumena in contrasto, senza alcuna puntualizzazione di
carattere
storico.
- Opere d'argomento storico: le tre Apologie, La Storia degli Ariani. Contengono
ricchissimi dati concernenti i fatti di Atanasio e di altri protagonisti della lotta
antiariana,
corredati
di
ampie
documentazioni
ufficiali.
Entrambi i gruppi fanno parte degli hypomnemata, ma in due filoni distinti, e le norme
di ciascun genere vengono rigidamente rispettate. Atanasio sar colui che dar forma
al credo niceno costantinopolitano.
Didimo, teologo cattolico - 313/398 DIDIMO. Didimo il cieco (313 398) fu un teologo cattolico, un eremita, nonch uno dei
capi della scuola catechetica di Alessandria d'Egitto nel IV secolo. I riferimenti culturali
di Didimo furono principalmente Origene e Atanasio. Da Origene trasse l'attaccamento
alla Scrittura come fonte primaria della cultura cristiana e la teoria ermeneutica
impostata sulla concezione platonica della realt divisa in due livelli. Da Atanasio, che
lo volle alla guida della sua scuola, accett la dottrina trinitatria fortemente unitiva e
fu fedele ad essa anche nella polemica contro i Padri Cappadoci quando essi
formularono una teoria compromissoria che risolse a livello dottrinale la polemica
ariana. In Oriente Teodosio era infatti un fervente credente del nicenismo cos, dopo il
trionfo ariano sotto Valente e la stasi di Graziano, il credo niceno torna in auge. Un
ritorno mediato e completato dall'operato di questi tre grandi vescovi cappadoci:
Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa e Basilio di Cesarea. Con loro il credo niceno si
perfeziona: la consustanzialit viene allargata a tutte e tre le persone e lo Spirito
Santo viene tenuto in maggiore considerazione, soprattuto grazie all'operato di Basilio
che si era adoperato a definire la nuova pneumatologia pubblicando nel 374 un
trattato Sullo Spirito Santo. Gli atti furono firmati il 9 luglio e Teodosio li ratific il 30
luglio. Sostanzialmente nasceva la formula riammodernata del credo niceno
costantinopolitano, modificata e arricchita con le aggiunte sullo Spirito Santo.
Vengono riproposte, nelle prime due parti, le definizioni relative al Padre e al Figlio,
generato ma non creato da Padre; consustanziale col Padre; incarnatosi per opera
dello
Spirito
Santo.
Nella terza parte, nuova, si definisce la divinit dello Spirito Santo, che Signore,
procede dal Padre (non una sostanza del Figlio come dicevano i Macedoniani) e col
Padre
e
il
Figlio
adorato
e
glorificato.
La cecit lo tenne fuori dai guai delle lotte tra il patriarca e i suoi avversari. La
pubblicazione dei papiri di Tura ci permette di apprezzare la maestria esegetica di
Didimo, che tutti rispettavano, compreso il turbolento Girolamo. I suoi scritti ci
immettono nella pratica quotidiana dell'insegnamento scolastico con una
immediatezza altrimenti preclusa al semplice lettore, poich i resoconti stenografici
delle lezioni sui Salmi e L'Ecclesiaste riportano anche gli interventi dei discepoli, che
interrompono spesso il discorso del maestro trasformandolo in dialogo. Dall'altro lato ci
mette a contatto con un esegeta la cui fedelt alla scuola sembra a volte incrinarsi a
causa dell'urgenza polemica allora in corso. In ambiente antiocheno, infatti, come
vedremo tra poco, i principi esegetici allegorici erano aspramente criticati in nome di
una fedelt maggiore alla letterariet del testo. In certi momenti l'esegesi didimiana
sembra fare qualche concessione agli avversari: notiamo affermazioni teoriche contro
l'uso indiscriminato dell'allegoria, largo spazio all'esegesi letterale nell'interpretazione
di Giobbe, predilezione nell'Ecclesiaste per una esegesi morale ma non
necessariamente allegorica. Didimo rimane comunque un fedele origeniano.
La Cappadocia e Gregorio di Nissa
La Cappadocia fu sempre una zona culturalmente arretrata. Oggi nell'attuale Turchia,
prima che questa zona fosse illuminata dall'operato di Basilio di Cesarea, Gregorio
Nazianzeno e Gregorio di Nissa, nel IV secolo era a tendenza fortemente ariana.
Originari della Cappadocia erano infatti sia Asterio, teorico della prima generazione
ariana, sia Eunomio, leader indiscusso della terza. Durante la seconda generazione
furono vescovi ariani Gregorio e Giorgio. La Cappadocia cristiana fu unificata
dottrinalmente dai tre Cappdoci, legati da rapporti di parentela e amicizia, cresciuti in
famiglie altolocate e con una profonda coscienza della religione cristiana, un
cristianesimo colto che accettava tutto ci che c'era di valido nell'ellenismo senza
sfigurare le linee portanti del messaggio cristiano, in una sintesi che sarebbe rimasta
paradigmatica per un millennio nella cristianit orientale.
Leader era certamente Basilio di Cesarea. Fu Basilio a proporre la sintesi mediatrice
capace di contemperare al meglio nella trinit, l'esigenza dell'unit e della distinzione
affermando una sola natura (o sostanza, in greco ousa) divina articolata in tre
ipostasi,
cio
in
tre
entit
personali
sussistenti.
In ambito esegetico ebbe un atteggiamento ugualmente mediano, sensibile ai diritti
della lettera del testo sacro ma aperto, nell'interpretazione dei Salmi, quando era
opportuno, all'allegoria. I suoi scritti di argomento esegetico costituiscono una parte
importante di ci che rimasto della sua produzione omiletica (Omelie
sull'Esamerone, sui Salmi), e diretta espressione del suo impegno pastorale, che pur
varia nei contenuti fu sempre modello di oratoria colta, in cui le tendenze asiane
tipiche dell'oratoria del tempo (la cosiddetta Seconda Sofistica) sono messe a frutto
con sapienza anche se costantemente subordinate ad un superiore senso di
moderazione e armonia, ch fa di Basilio il rappresentante pi di rilievo del classicismo
cristiano.
Gregorio di Nazianzo era caratterialmente ipersensibile e psicologicamente fragile.
Rappresent nel trio soprattutto l'esigenza letteraria, portato, quale fu, sia alla ricerca
dell'applauso come al ripiegamento interiore nell'effusione poetica, valida quando
tocca l'elemento autobiografico. Nell'attivit politica non fu di grande aiuto a Basilio
contro gli ariani ma la sua ricca sensibilit e la sua meditazione lo aiutarono a
formulare una riflessione dottrinale di eccezionale sicurezza sia in argomento trinitario
Per incontrarne un altro dobbiamo aspettare la fine del IV secolo col cosiddetto
Ambrosiaster. L'unico letterato cristiano attivo nella prima met del IV secolo Firmico
Materno ma significativamente non si occuper di temi apologetici.
In Africa sono terminati i temi di Cipriano e Tertulliano e nella seconda met del III
secolo sembra gi ristagnare. All'inizio del IV secolo la regione fu scossa dallo scisma
donatista ma si determin un clima di conflittualit di basso livello culturale che non
riusc a dare vita ad un apprezzabile produzione letteraria, nonostante le eccezioni di
Ottato per i cattolici e Parmeniano e Ticonio per i donatisti.
Nascono solo alcune opere attribuite falsamente a Cipriano che nella loro incapacit di
esprimersi secondo le norme corrette della latinit dimostrano come la raffinatezza
formale di poche eccezioni non deve essere presa come metro culturale di un
ambiente
letterario
tutto
sommato
mediocre.
Fu la controversia ariana a mettere fine a questo stato di letargo. A partire dal IV
secolo invest tutto l'Occidente costringendolo ad un accelerato aggiornamento
dottrinale. Ilario di Poitiers con il suo De trinitate colmer di un balzo tutto il ritardo
accumulato dall'Occidente: il suo esilio in Asia Minore lo mise a contatto con ambienti
orientali particolarmente interessati al dibattito teologico e lo mise in condizione di
entrare nel vivo del contesto dottrinale allora pi progredito. Ilario opera una sintesi di
ampio respiro che tiene conto di tutte le diverse esigenze in contrasto, interpretando
la tradizionale dialettica trinitaria (unit di natura e distinzione di persone) in linea con
i pi recenti esiti del dibattito teologico che allora si svolgeva in Oriente.
Una fitta schiera di comprimari, tra cui Potamio di Lisbona, Gregorio di Elvira, Febadio
di Augen e Faustino, riuscirono a portare l'Occidente allo stesso piano culturale
dell'Oriente.
In ambito esegetico il ritardo dell'Occidente era particolarmente vistoso. Non c'era qui
l'usanza di spiegare in modo sistematico l'AT in riunioni infrasettimanali come si
faceva in molte citt dell'Occidente, forse perch qui il rapporto con le scuole
filosofiche meno solido. Fatto sta che fino a Vittorino di Petovio e Reticio di Autun non
abbiamo notizia di scritti specificamente dedicati all'interpretazione sistematica del
testo biblico. Il primo vero iniziatore fu Ilario di Poitiers, ancora lui, che in Oriente
aveva
familiarizzato
con
l'esegesi
origeniana.
Gli echi della polemica tra allegoristi e letteralisti in Occidente arrivarono molto
smorzati, prevalendo nettamente il modo allegorista sia nell'esegesi dell'AT sia in
quella del NT. La loro una interpretazione incentrata sulla riflessione cristologica
dell'AT e perci dedicata all'evidenziazione della continuit tra i due testi.La forma
esegetica fu soprattutto quella dell'omelia e quella del commentario alla maniera di
Origene. Era molto forte l'aderenza ai modelli greci. Posto a parte merita l'africano
Ticonio e il suo Liber Regularum che il primo trattato di ermeneutica biblica scritto in
Occidente. Si proponeva di facilitare la comprensione spirituale del testo sacro,
presentando alcune caratteristiche strutture compositive di cui la Scrittura capace
per indirizzare al suo senso pi profondo.
L'unico esegeta di tendenza esplicitamente letteralista fu Giuliano di Eclano,
avversario di Agostino, che si form su Diodoro e Teodoro. La sua esegesi lascia spazio
minimo
all'interpretazione
cristologica,
come
i
due
antiocheni.
Grande fortuna ha anche l'esegesi paolina che essendo gi tutta incentrata sulla
riflessione cristologica non concedeva esegesi di tipo allegorico, tanto che lo stesso
Origene si limit a qualche forzato allegorismo.
La dsiffusione della letteratura cristiana
Il contatto che Ilario ebbe in Oriente con gli scritti di Origene signific anche la sua
adesione allo spiritualismo platonico che nella Roma cristiana ebbe un altro importante
rappresentante in Mario Vittorino, platonista anche prima della conversione in quanto
frequentatore di Plotino, Porfirio e altri platonisti pagani. Nel IV secolo in Italia il
platonismo andava per la maggiore e lo stesso Ambrogio si era formato su Filone,
Origene
e
Plotino.
Mario Vittorino ha avuto il grande merito di divulgare, traducendole in latino, le opere
di Porfirio e Plotino, in un'epoca in cui il greco in Italia andava sempre pi perdendosi.
Ma dato che il contributo culturale delle lettere latine era ancora basso, erano molto
pi diffuse le traduzioni di grandi autori di lingua greca piuttosto che opere originali in
lingua latina di scrittori coevi a Vittorino. Traduttori illustri furono Girolamo e Rufino.
L'attivit letteraria si svolgeva in ambiti molto ristretti perch, nonostante la diffusione
crescente del cristianesimo, l'assetto sociale successivo alla grande crisi del III secolo
aveva distrutto la classe media e ristretto il gi esiguo livello di alfabetizzazione quasi
solo agli ambienti pi elevati socialmente. A questo per non fa seguito un calo della
qualit retorica degli scritti, anzi, viene potenziata dalla ripresa classicista. Ilario aveva
uno stile sostenuto e grave con un periodare molto complesso; Ambrogio un
andamento ad ampie volute di tradizione ciceroniana. Tutti e due sono accomunati
dalla
ricerca
dell'espressione
curata
e
preziosa.
Fu proprio in questi ambienti di elevata condizione sociale che il monachesimo
occidentale trov la sua prima apprezzabile diffusione. Furono molti gli aristocratici
che disgustati dal calo morale del mondo politico del V secolo cercarono rifugio nella
meditazione monastica o all'ascesi nel proprio ambiente. Questo monachesimo non
intendeva rinunciare ai benefici della cultura e perci nutr anche una fioritura
letteraria: la Vita di Martino di Sulpicio Severo, gli scritti sulla verginit di Ambrogio, gli
scritti di Pelagio.
Fiorisce il genere del trattato morale che trova in quest'epoca la sua realizzazione pi
compiuta con il De officiis ministrorum Dei di Ambrogio, adattamento in chiave
cristiana dell'omonima opera di Cicerone. Il genere epistolare anche diffusissimo,
quello che meglio coniugava impegno pastorale e ambizione letteraria. Fu in questo
genere, oltre che nella poesia, che trionf Paolino di Nola (al secolo Ponzio Anicio
Meropio Paolino), il pi tipico esponente di una aristocrazia sinceramente cristiana che
rinunciava alle ricchezze pur coltivando l'amore del bello scrivere e
dell'intrattenimento epistolare fine a s stesso, residuo di un mondo antico.
La diffusione della poesia cristiana in occidente
Vertice di questa attivit fu la poesia, che fu coltivata pi in Occidente che in Oriente.
La fioritura della poesia cristiana fu legata indissolubilmente all'analoga fioritura di
quella profana, come mostra il classicismo tradizionale dei metri impiegati, a volte di
tono popolare (i dimetri giambici di Ambrogio) ma pi spesso di tono alto (esametri,
metri oraziani di Ilario, Paolino, Prudenzio eccetera). Nella poesia inestricabile il
legame tra intento pastorale ed evidenti ambizioni di carattere letterario. Esempio ne
la parafrasi biblica di Giovenco o Sedulio che pur rispettando la finalit comunitaria
di rendere familiari ai fedeli i contenuti biblici, che fino ad allora molti non
apprezzavano per il latino barbarico in cui erano scritte, realizzano la traduzione nel
solco della tradizione virgiliana e ovidiana, creando un prodotto letterario con tutti i
crismi.
Altra testimonianza il tentativo (giudicato malignamente vano da Girolamo) di Ilario
di Poitiers di familiarizzare i suoi sprovveduti fedeli con una innologia densamente
dottrinale. Se l'innologia ilariana fallisce, quella di Ambrogio riesce nel suo scopo,
adattando una metrica pi elementare ad un contenuto pur sempre didascalico ma
meno
ostico,
e
presentato
in
forma
elegante
ma
accessibile.
Il successo fu forte e il genere di inno ambrosiano diede origine ad un genere poetico
che si sarebbe continuato per gran parte del Medioevo. Anche Prudenzio compose
sobri inni ambrosiani ma con destinazione non pi immediatamente ecclesiale e di
livello modesto. Con lui siamo nell'ambito tradizionale della poesia concepita come
effusione di sentimenti personali, sinceramente cristiani, espressi in forma
elegantemente letteraria. Metri vari, dimensioni ampie e argomenti vari: invettiva
politica, poemetto morale di tono allegorizzante; in tutte comunque sotteso
l'impegno
morale
e
l'apparato
pesantemente
retorico.
Unici generi bassi, altrettanto importanti, furono la letteratura agiografica martiriale e i
cosiddetti Itineraria che rappresentavano i diari di viaggio dei pellegrini che si
dirigevano in Terra Santa, ad esempio quello di Egeria.
L'impegno cristiano di Girolamo
GIROLAMO. Sofronio Eusebio Girolamo (Stridone Dalmazia 347 Betlemme 420)
Girolamo vive con molta sofferenza il contrasto tra le lettere classiche, da lui molto
amate, e l'impegno cristiano integrale che lo porter poi ad abbracciare la vita
monastica. Sar per lui un dissidio lacerante che, culminato nella celebre visione del
deserto di Calcide, non salder mai del tutto e che trover parziale risarcimento solo
nello
studio,
sempre
pi
totalizzante,
della
Scrittura.
La sua fragilit psichica trovava sfogo da una parte nella ricerca ascetica e nella
coscienza granitica della sua superiorit intellettuale, dall'altra nella ricerca di questa
affermazione nel contatto con ambienti ristretti di uomini e donne tra i quali il suo
desiderio
di
primeggiare
trovava
soddisfazione.
Il suo battesimo di fuoco con le lettere cristiane fu nel segno di Origene ed Eusebio ma
i suoi commentarii a Paolo e all'Ecclesiaste, frutto di un frettoloso approccio, non
produssero molto di pi di una parafrasi delle corrispondenti pagine origeniane. Ma
poco a poco egli trov un nuovo modo di valorizzare quelle lettere, in maniera pi
filologica. Ne deriv il suo progetto di tradurre direttamente dall'ebraico l'AT e
dall'altra la messa a punto di un tipo di commentario esegetico pi consono, diverso,
sia
dal
modello
alessandrino
sia
dal
modello
antiocheno.
In risposta al latino approssimativo del V secolo di cui si parlava a proposito di
Ambrogio, papa Damasio incaric Girolamo di rivedere e migliorare la traduzione latina
dei vangeli sulla base dell'originale greco. Fu questa revisione che gli fece capire
l'importanza della necessit di risalire al testo originale della Scrittura, quindi
all'ebraico nel caso dell'AT.
Girolamo pubblicizz in svariati modi la sua conoscenza dell'ebraico ma molti oggi
sostengono che egli ne avesse una mediocre conoscenza e che buona parte del suo
lavoro derivava dalle traduzioni di Aquila e Simmaco, pi letterali di quelle dei
Settanta. Ma anche cos ridimensionata quell'iniziativa si presentava eccezionale in un
mondo come quello latino che allora dimostrava scarsi interessi filologici. Per quanto
approssimativa e imperfetta possa apparire allo studioso moderno, la tradizione di
Girolamo va apprezzata proprio per il suo sforzo filologico di andare alla fonte primaria
saltando
il
filtro
del
greco.
Girolamo sosteneva che i diritti dell'interpretazione letterale dovessero essere
rispettati pi di quanto usualmente si avvertiva nelle pagine di Origene e Didimo. In
effetti i lavori di Girolamo tradiscono
pi
che
altro
un
tentativo
di
contemperare
esigenze
letterali
e allegoriche,omogeneizzandole in un
complesso ben bilanciato.
La vita scetica e monastica di Girolamo
Ma lo studio della Scrittura non fu l'unico impegno di Girolamo nel campo delle lettere.
I suoi ideali di vita ascetica e monastica gli imponevano svariati impegni di carattere
letterario, sia per dirigere e confortare chi si rivolgeva a lui come guida spirituale, sia
per controbattere agli attacchi che prendevano di mira questo ideale. Era pur
sprovvisto di apprezzabili capacit speculative ma aveva una fortissima verve
polemica
che
rivers
in
scritti
svariatissimi.
Indimenticabile la sua rottura con Origene. Il problema venne sollevato prima da
Epifanio di Salamina, che inizi a predicare l'antiorigenismo a Gerusalemme,
scontrandosi violentemente col vescovo Giovanni, origenista convinto. In Palestina si
scontreranno gli amicissimi Girolamo e Rufino. Girolamo, che era stato a lungo
ammiratore e traduttore di Origene, alla venuta di Atarbio, con una virata ancora oggi
inspiegabile, forse motivabile con la sua paura di non apparire pi il solido difensore
dell'ortodossia, Girolamo si schiera con la fazione antiorigenista. Una sua improvvida
traduzione in latino di una lettera di Epifanio di Salamina, nella quale si attaccavano
Giovanni e Rufino, che egli non pens potesse giungere nelle mani dei due, sanc la
rottura definitiva con l'amico e con il vescovo di Gerusalemme. Dopo i viaggi a Roma
di Rufino e uno scambio pesante di trattati e lettere, comprese le versioni Girolamiane
e Rufine del Trattato sui princpi, la contesa dilag. Il nuovo papa Anastasio (399 402)
spos le tesi origeniste e Rufino invi una breve Apologia ad Anastasium dove
giustificava le sue traduzioni di Origene e confermava la sua ortodossia, e poi una
Apologia contra Hyeronymum, dove rispondeve alle accuse di Girolamo e ne criticava
il voltafaccia, ricordando quanto fosse stato Girolamo un ammiratore di Origene.
Girolamo replica nel 401 con una Apologia contra Rufinum che la pi violenta degli
scritti di Girolamo. Giustifica il suo origenismo e rovescia le accuse di Rufino con
tecniche di indubbia abilit. Porter avanti la sua polemica anche quando Rufino
dimostrer di voler lasciar perdere e non lo risparmier di insulti anche dopo la morte.
La forma epistolare sicuramente quella dove Girolamo d il meglio di s e il suo
epistolario quanto di pi bello ci abbia lasciato l'antichit cristiana, dove c' tutto
Girolamo, dal polemista al consolatore, dall'asceta all'esegeta, in uno stile colorato e
brillante indimenticabile e modellizzante.
Ricordiamo infine i suoi interessi storici con il De viris illustribus che pur nella sua
scarsit di dati testimonia nelle sue biografie degli antichi l'interesse ancora vivo per
uno scambio proficuo tra antichit classica e cristianesimo.
L'oriente cristiano dopo Teodosio
UNO SGUARDO D'INSIEME. Alla morte di Teodosio, l'Oriente cristiano si avvier ad una
storia religiosa sempre pi complessa, di aspri scontri ecclesiastici e politici, di
divisioni e di lacerazioni. Ci saranno due importanti concili (a Efeso nel 431 e a
Calcedonia nel 451) che getteranno le fondamenta della nuova mappa confessionale,
e separazioni tra chiese copte e siriache contro la chiesa grecofona e calcedoniana di
Costantinopoli. Le chiese maggiori sono Alessandria, Costantinopoli e Antiochia. Tra
Alessandria e Antiochia si aprir una feroce ostilit a causa del nestorianesimo,
destinata a proseguire senza soluzione di continuit in quella monofisita. Ad
Alessandria il declino della scuola sancisce il crollo culturale della citt e la diffusione
dei contrasti dottrinali trovano larga espressione nella produzione letteraria in lingua
copta come riaffermazione della propria identit. Ad Antiochia la situazione letteraria
era pi florida ma la crisi nestoriana e monofisita ebbe ripercussioni ancora pi
dannose e dovette subire la concorrenze della lingua siriaca.
Sinesio vescovo di Cirene, 410
SINESIO. Nel 410 la comunit cristiana di Cirene elesse vescovo questo ricco e stimato
laico che si era fatto notare per alcuni provvedimenti a favore della cittadinanza
tartassata dalle tasse e dai predoni del deserto. Non era una novit che si eleggesse
un laico ai pi alti vertici del clero saltando tutta la gerarchia ma in questo caso
l'anomalia era particolare perch Sinesio non era manco cristiano, bens pagano.
Sinesio si mostr molto disponibile e solerte nel venire incontro alle esigenze dei
cittadini
ma
non
era
disposto
a
convertirsi.
Nel contesto di una produzione letteraria non di secondo piano, tra cui epistolari e
scritti di vari argomenti filosofici, spiccano alcuni inni di argomento specificamente
cristiano accanto ad altri di contenuto platonico, scritti secondo i canoni della metrica
classica e nello stilizzato dialetto dorico letterario: vi troviamo l'esaltazione del Figlio
della Vergine, l'adorazione dei Magi, la discesa di Cristo nell'Ade, la glorificazione della
Trinit. L'aspetto pi sorprendente di questi inni che furono composti quasi tutti
prima della conversione e dell'elezione episcopale, che dimostra come egli
padroneggiasse gi alcuni temi fondamentali della dottrina cristiana e di essere
parecchio avanti nell'interpretazione cristiana del platonismo e in quella platonica del
cristianesimo: la triade neoplatonica Uno Nous Anima del mondo coincideva con la
Trinit cristiana. Egli stato considerato un demichretien in senso positivo.
conoscere nei dettagli la controversia origeniana che scoppi nei monasteri del VI
secolo.
Continua anche la letteratura apoftegmatica. Apoftegma (o apotegma) deriva dal
greco apophthnghesthai che significa "enunciare una sentenza". La parola, quindi,
assume il significato di "detto", "sentenza", "massima" e si usa per una frase o
sentenza di tipo aforistico che reca in estrema sintesi una verit profonda ed al
contempo stringente.
Il capolavoro del genere in questo periodo il Prato Spirituale di Giovanni Mosco, un
monaco attivo in molte parti della Palestina, dell'Egitto e della Siria. Il suo Prato
Spirituale una racolta di 300 aneddoti coi quali ha voluto rappresentare al lettore e
all'ascoltatore il modo di operare e vivere dei monaci egiziani, tramite gli argomenti
pi vari, dall'evento miracoloso alla felice sentenza.
La spiritualit monastica si avvere in maniera pi profonda in altri scritti come quelli di
Barsanufio o Giovanni Climaco e la sua Scala del Paradiso, che come recita il titolo
vuole essere una guida per il monaco nell'ascesa alla perfezione cristiana: trenta
scalini corrispondenti a trenta discorsi che devono portare il monaco fino alla esychia
(la pace spirituale) e all'apatheia, il distacco completo da ogni realt mondana e
corporea che permette il dialogo con Dio e il raggiungimento del paradiso in terra.
Gli scritti dello pseudo Dionigi
LO PSEUDO DIONIGI. Non si ancora riusciti a dare una identit a questo scrittore
che ha utilizzato il nome di Dionigi l'Areopagita (che era stato addirittura in rapporto
con Paolo di Tarso) per dibattere argomenti di teologia mistica. Il corpus di scritti
attribuiti a questo falso Dionigi comprendono ben quattro trattati e undici lettere,
confezionando una raccolta mirata a dare una visione organica della teologia mistica,
dunque della capacit dell'uomo di conoscere Dio e di partecipare di lui, oltre ai limiti
di
questo
rapporto.
Il discorso di Dionigi si articola in tre momenti: stabilit (mon), progressione (proodos)
e conversione e ritorno (epistroph). La stabilit appartiene solo a Dio, ed per questo
assolutamente trascendente ed inconoscibile; questo Dio, che qui chiama Tearchia,
concepito trinitariamente solo in parte un omaggio alla dottrina ufficiale della chiesa.
La progressione consiste nella produzione di esseri viventi come effetto della
sovrabbondanza dell'amore divino. Il ritorno a Dio un ritorno individuale ma viene
mediato dalla gerarchia ecclesiastica e da quella angelica. Il procedimento anagogico
tramite il quale l'intelligenza dell'uomo si innalza per tornare a Dio si appoggia sulla
dialettica dei simboli e delle idee perch sia la Scrittura sia la liturgia sono pervase di
espressioni e gesti che al di l del dato letterale evocano la chiave per accedere alla
trascendenza. Questo esercizio intellettuale e ascetico viene affinato fin quando
l'intelligenza arriva nell'estasi all'esperienza ineffabile dell'incontro con Dio.
L'attivit di Massimo il confessore
MASSIMO IL CONFESSORE. Lo Pseudo Dionigi ebbe effetti anche su Massimo il
Confessore, appartenente alla prima met del VII secolo. In lui ritroviamo i temi
principali dell'ascesa a Dio e dell'unione con lui ma stavolta sono trattati in maniera
pi
sottile
e
raffinata,
di
grande
forza
dialettica.
Massimo si caratterizza soprattutto per la sua piena e appassionata partecipazione,
coronata dal martirio, all'ultima fase della controversia, detta monotelita. Si propose
una formula di compromesso che parlava di due nature racchiuse in una sola volont
del Cristo incarnato. La formula non fu accettata n dai monofisiti radicali n dai difisiti
intransigenti come Massimo che consideravano questa formula lesiva dell'integrit
umana di Cristo perch due nature non possono che avere due volont, non una sola.
Sostenne vivacemente la sua tesu anche in un dibattito del 645 a Cartagine e per
questo
fu
condannato
e
punito.
Questa affermazione dell'integrit dell'umanit di Cristo non solo l'argomento
principale della posizione da lui difesa ma si inserisce organicamente in una
concezione globale del mondo e dell'uomo considerati nel rapporto con Dio. A
differenza di Dionigi, dove Cristo incarnato non ha un ruolo centrale, qui il centro del
mondo e della storia perch nella sua incarnazione si attuata la sintesi suprema tra
Dio e la realt finita; in lui si sono risolte le divisioni nate dalla corruzione e dal peccato
che
avevano
allontanato
il
creato
da
Dio.
Massimo ha sentito molto l'influenza di Origene ma in maniera dialettica. Non ha
accettato l'ipotesi origeniana di un peccato iniziale che avrebbe allontanato dal riposo
in Dio le creature razionali e di conseguenza dato inizio al ciclo delle generazioni al
fine del loro graduale recupero. Alla formula origeniana stasis kinesis genesis,
sostituisce quella genesis kinesis stasis, sottolineando nel movimento il necessario
tramite per cui il creato raggiunge la quiete in Dio tramite Cristo. Massimo l'ultimo
rappresentante della letteratura patristica orientale dotato di autentica originalit.
L'originalit di Agostino
Agostino nasce a Tagaste, attuale Algeria, nel 354. Muore a Ippona, Algeria, nel 430.
Rispetto all'irruento Girolamo, Agostino scarseggiava di sensibilit filologica ma
sovrastava Girolamo per capacit speculativa. La sua straripante originalit costitu un
unicum nell'intero arco della letteratura latina. Aveva un carattere esuberante e
dubbioso circa la via da scegliere, insoddisftto sia della superficiale institutio cristiana
ricevuta in Africa sia delle velleit intellettuali sia del manicheismo accademico. Dal
contatto col platonismo e Ambrogio divenne un fervente campione dell'ortodossia
cattolica. Il suo diretto contatto con la vita ecclesiale africana lo metteva a contatto
con una attivit religiosa di routine, divisa tra la cura esasperante di fedeli di
modestissimo livello morale e la polemica con i donatisti, incapaci di comprendere la
profondit delle obiezioni agostiniane. Proprio questa sua inarrivabilit di pensiero da
una parte lo costrinsero ad un isolamento intellettuale esposto alla tentazione
dell'autocompiacimento, dall'altra gli assicur per tempo una autorit che in Africa era
illimitata, e che coniugandosi con una attivit pastorale pressoch senza interruzioni,
lo consegn ai posteri come la principale fonte di luce dottrinale. In Africa promosse
un'azione di risveglio pastorale e culturale i cui frutti di l a poco si sarebbero visti
durante
l'invasione
vandala.
Parliamo ora dell'opera agostiniana. Al centro del lavoro agostiniano c'era la
predicazione accentrata soprattutto nella spiegazione della Sacra Scrittura, sia con
finalit esegetica sia con finalit parenetica. La sua attivit predicativa fu subito
apprezzata anche al di l dei confini africani. Parlare in pubblico si addiceva molto al
suo carattere esuberante e la sua abilit dialettica, se da una parte gli era molto utile,
dall'altra spesso lo ostacolava, costringendosi a moderare le sue evoluzioni oratorie
per un pubblico spesso di scarso livello intellettuale, rammaricandosi segretamente
della sua impossibilit di recarsi presso uditori pi elevati come quelli romani e
ravennati.
Agostino propose una catechesi differenziata a seconda del pubblico nel suo de
catechizandibus rudibus, ma nella prassi abituale comunque arriv ad un tipo di
scrittura che bilanciava il linguaggio tra impreziosimenti non eccessivi e chiarezza
dottrinale. Quanto alla ratio esegetica, Agostino all'inizio fu un fervente origenista e
sulla traccia di Ambrogio analizz l'AT in chiave allegorica, anche se poi nel de Genesi
ad litteram moder un po' l'allegorismo a favore della letteralit. Pur rimanendo
sempre un esegeta legato all'origenismo, fu il primo a chiedersi intelligentemente
quando fosse necessario adottare una ipotesi allegoristica e quando una letterale,
mettendo per iscritto le sue riflessioni in quello che poi diventer il De Doctrina
Christiana. La sua sicuramente la disquizione semiotica pi importante e completa
dell'antichit e diventer lo strumento di base per l'apprendimento scolastico delle
norme di retorica.
La posizione di Agostino sulla polemica contro le eresie
Come si comport Agostino in merito alla polemica contro le eresie vecchie e nuove?
La riflessione agostiniana molto particolare. Sar sempre forte in lui l'idea di un
unico Dio, trinitariamente articolato, creatore reggitore e giudice del mondo e
dell'uomo, ma questa trinit non va cercata fuori ma dentro ognuno (De trinitate, De
magistro). Ma proprio la coscienza di questa presenza interiore ha acuito in Agostino il
senso dell'indegnit dell'uomo, passando cos da un giovanile entusiasmo positivo
platonizzante, rivendicativo del libero arbitrio e della sua capacit di fare
coscientemente del bene, al pessimismo della maturit che vede l'uomo incapace di
fare del bene e salvabile solo per merito della grazia divina che cadr su pochi eletti
secondo i criteri imperscrutabili del giudizio di Dio.
Le sue opere pi famose rimangono naturalmente le Confessiones e il De Civitate Dei.
Nelle Confessiones l'originalit agostiniana sta nell'avere sviluppato il senso
dell'interiorit del rapporto dell'uomo con Dio fino a proporre un dialogo tra s e Dio
che tutto svolto in chiave di risonanza interiore della presenza di Dio dentro di s,
avvertito come referente sempre presente, anche se in diverso modo, sia nella
meditazione filosofica, sia nella riflessione esegeticam sia nella confessione della
propria
vita
passata.
L'introspezione spesso raggiunge volte di virtuosismo assoluto l dove presenta stati
d'animo liminali, in bilico tra sensazioni diverse, ad esempio quando descrive il
conflitto della coscienza co contesa tra la facile adesione agli istinti animali dell'uomo
intruppato nella massa e la percezione che l'io individuale ha del male che compie.
Il De Civitate Dei una lunga riflessione sulla Chiesa, pura e impura, imposta dallo
scontro con i donatisti alla luce della tragica risonanza del sacco di Roma del 410. In
Agostino matura una concezione del rapporto sacro profano, chiesa mondo (vale a
dire impero) che lo distacca del tutto dall'ottimistica convinzione che chiesa e stato si
compenetrino realizzando il disegno provvidenziale di Dio in ordine al destino del
mondo. Agostino invece convinto che tra le due citt non ci possa essere contatto
perch nulla hanno in comune n per finalit n per origine, dunque nemmeno per
destino. Applicando lo schema platonico della mutabilit (temporale) e della
immutabilit (eterna) Agostino sostiene che la citt terrena tutta immersa nella
mutabilit mentre la chiesa, pur inserita nella mutabilit, destinata all'eternit.
Possono esserci momenti di contatto ma non mutano le cose.
La teologia Africana
Lo scontro tra i Vandali di fede ariana e gli africani di fede cattolica fu molto pi
violento che in altre regioni dell'occidente pur invase da barbari di fede ariana. Proprio
intorno al contrasto di fede si polarizz l'ostilit tra invasori e invasi, cos che
cattolicit divenne sinonimo di romanit e le dimensioni politica e religiosa del dissidio
finirono per unirsi inestricabilmente.
L'Africa del V secolo fu un'Africa dottrinalmente pi forte e resistente delle coeve
Gallia e Italia, perch forgiate dalla forte personalit e dall'indottrinamento di
Agostino. I barbari qui impattarono contro un clero ben preparato che proprio nel
rinnovato
contrasto
dottrinale
trov
nuove
occasioni
di
crescita.
La violenza delle persecuzioni di Genserico riecheggiano negli scritti di Quodvultdeus,
che con l'efficacia di uno stile di tempra e influsso tipicamente agostiniani diede
corposa espressione al senso di angustia di quel periodo. Vittore di Vita diede la stessa
immagine qualche anno dopo, con la persecuzione di Unerico. L'opera di Vittore di Vita
una sorta di documento polemico che mischia documentazione storica di prima
mano a lamenti lirici di forte vis romana. Vittore voleva soprattuto dare una
testimonianza della triste epoca in cui si trovava. In appendice fornisce il Liber fidei
catholicae, il documento dottrinale che i vescovi cattolici presentarono nel 484 al
colloquio voluto da Unerico tra esponenti cattolici e ariani, che si concluse con l'esilio
dei secondi.
Questi teologi africani sono perfettamente aggiornati anche in merito alla controversia
cristologica in Oriente e riescono a integrare tra loro i due temi. Questa capacit si
avverte in Vigilio di Tapso e in Fulgenzio di Ruspe, che fu il maggiore teologo africano
alla morte di Agostino. Fu vescovo e difensore della posizione agostiniana ed ebbe
dibattiti dottrinali con il re Trasamundo.
Alla conquista bizantina, i problemi cristologici divennero di primaria importanza e la
politica di apertura di Giustiniano nei confronti dei monofisiti trov in Africa fortissime
ostilit. Facondo di Ermiane fu in prima linea e difese dall'accusa di nestorianesimo
Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Cirro e Iba di Edessa. Facondo mostra una raccolta
di documenti storici imponenti per quantit e mostra una rara capacit di
comprendere storicamente le articolazioni di un contenzioso dottrinale che si
trascinava
da
tre
secoli.
In poesia emerge il nome di Draconzio, che scrive il De Laudibus Dei, composto
mentre languiva in carcere per ordine del re Guntamundo. La sua poesia la solita
esegesi biblica perifrastica in senso poetico che per mostra ampia padronanza della
tecnica versificatoria e buona conoscenza della tradizione classica. Ricordiamo anche
Romulea. Sono documenti importanti che dimostrano come sotto i regni di
Trasamundo e Guntamundo fiorissero attivit letterarie laiche mentre in ogni altro
posto fioriva solo quella dei clerici.
Le personalit pi importanti in Italia
ITALIA. In Italia al tempo degli Ostrogoti sono soprattuto tre le personalit pi
importanti.
- Severino Boezio. Magister officiorum per Teodorico fino all'ingiusta condanna che lo
port alla morte, Boezio stato un filosofo di massima importanza. In lui la sintesi tra
cristianesimo e platonismo pende a favore del secondo, qualificando una esperienza
religiosa e culturale assolutamente unica nel VI secolo. Boezio si impose per la sua
cultura filosofica e la sua conoscenza del greco, che cerc di diffondere in Italia tramite
varie traduzioni, come quella di Porfirio. La sua opera pi importante il De
consolatione philosophiae, che scrisse durante la prigionia a conforto del male
presente e a consolazione della morte che lo attendeva. un dialogo tra Boezio e la
Filosofia alleggerito da inserti poetici. Con Filosofia Boezio discute i principali problemi
che affliggono l'uomo e il suo destino: il male, la provvidenza, l'incomprensibilit della
condizione umana e del giudizio di Dio.
- Aurelio Cassiodoro. Sostitu Boezio nelle mansioni di magister officiorum salvo poi
ritirarsi a Vivario, in Calabria, dove apr un monastero dedito allo sviluppo e alla
conservazione della cultura. Fu storiografo (Storia dei Goti), filosofo (Sull'anima),
esegeta (Esposizione dei Salmi), organizzatore di vita monastica (Istituzioni),
grammatico e insegnante (Sull'ortografia). Fu un vasto ma dilettantistico conoscitore
che rispondeva ad una cultura manualistica che risentiva soprattutto dell'urgenza di
formare cultura in un deserto come quello italiano del VI secolo.
- Papa Gregorio Magno. Fu vescovo di Roma dal 590 al 604 quando l'imminente
invasione longobarda aveva contribuito a peggiorare la situazione politica in Italia. Fu
un grande esegeta allegorista ma non legato alla tradizione precedente. Si batt per
rieducare l'Italia in crisi.
La foritura letteraria dela Gallia -Vsec. Nei primi decenni del V secolo la Gallia gode di una grande fioritura letteraria,
espressione di una aristocrazia molto forte di proprietari terrieri le cui ambizioni
culturali trovano riscontro e fondamento in una organizzazione scolastica ottimale. La
classe dirigente ormai completamente conquistata alla chiesa cattolica e trova un
eccellente propagandista in Martino di Tours e nei monasteri di Marsiglia e Lerino.
Tra la fine del V secolo e l'inizio del VI i danni si fanno ingenti ma rimangono a tenere
alta la bandiera della cultura due personaggi: Avito di Vienne e Cesario di Arles. Avito
il tipico esemplare di vescovo di famiglia nobile, ancora legato alla tradizione quanto a
formazione culturale, e poco interessato, sotto questo aspetto, alle esigenze dei suoi
fedeli. Si esprimer infatti sempre in maniera molto aulica, come faceva agli inizi del V
secolo Sidonio Apollinare.
Cesario invece si preoccup molto di operare a beneficio dei suoi fedeli, anche
culturalmente. Ne avvertir dolorosamente lo scadimento e il suo insegnamento
pastorale non prescindeva mai da un minimo di istruzione negli ascoltatori. Egli si
dedic al massimo alla predicazione ma cercando di realizzarla in modo da riuscire
pienamente comprensibile ad un uditorio ormai di infimo livello. Abbasser molto il
tono, con forma semplicissime, ricche di similitudini, di quesiti e in forma
prevalentemente paratattica. Sfrutta il materiale di Agostino e le sue prediche erano
sempre molto visive. Il suo omeliario ci avvicina come nessun altro al vivere
quotidiano della gente comune di allora.
La letteratura agiografica era molto diffusa in Gallia ma non nel modo martiristico
dell'Italia ma nel genere biografico avente per oggetto vescovi e monaci di acclarata
santit. Distinguiamo una prima fase di buon livello di cui esempio la Vita di Onorato,
fondatore del monastero di Lerino, scritta dal suo discepolo Ilario o la Vita di Cesario di
Arles scritta dai suoi discepoli e importante soprattutto per la documentazione
storiografica; e una seconda fase dove il tono letterario scade di molto e aumenta
nella quantit. Sono vite incentrate soprattutto in senso politico che parlano di vescovi
che sono costretti a fare le veci del potere temporale rendendo accetta al popolo una
classe
dirigente
che
insieme
politica
ed
ecclesiastica.
Infine Gregorio di Tours e la sua Historia Francorum. Questa la storia dei franchi
come storia delle ambizioni, dei successi e delle catastrofi, nonch delle nefandezze
compiute dai re di quella che ormai si poteva chiamare Francia e dei nobili che li
attorniavano. Gregorio conosce bene questo mondo e ne ha sperimentato le carenze
in senso morale e di dignit umana; non si fa dunque alcuna illusione e ne racconta le
vicende colme di dolore e di orrore, con apparente distacco. Difetta a volte in
grammatica ma ha la grande capacit di far rivivere drammaticamente agli occhi di
chi legge le passioni e le illusioni degli uomini. Un racconto spesso freddo e
aggiacciante che presenta in tutta la loro vis tragica gli eventi pi dramamtici e
dolorosi di cui fu testimone.
L'attivit letteraria spagnola IV - V sec.
SPAGNA. In Spagna tra la fine del IV secolo e l'inizio del V c'era stata una certa attivit
letteraria ma non paragonabile a quella della coeva Gallia. Dopo le invasioni
barbariche mentre in Gallia le lettere decadono rapidamente, in Spagna abbiamo il
processo inverso. Nel VI secolo si avverte una certa crescita culturale dato che