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20/02/22, 15:41 Delia, la donna di Ostuni - Preistoria in Italia
Si tratta di una sepoltura femminile ritrovata nella Grotta carsica di Agnano, nelle vicinanze di
Ostuni, in provincia di Brindisi.
Questa grotta è stata frequentata sin dalla fine del IV millennio; sono state infatti individuate
importanti tracce di frequentazione religiosa con ritrovamenti sacrificali come statuette a forma
di maialini o di toro e, scoperta sensazionale, il ritrovamento dello scheletro di una donna
incinta, con i resti in ottimo stato di conservazione ed il feto intatto. Si tratta di “Delia”, questo il
nome dato alla madre di Ostuni dagli archeologi (“Ostuni 1” per la scienza), risalente al
Paleolitico Superiore (28.000-20.000 anni fa); non è una semplice sepoltura ma senz’altro
qualcosa di rituale, visto il suo corredo funerario e la posizione dell’inumazione.
La giovane donna aveva 20 anni, con una dentatura intatta, anche se consumata, probabilmente
perché Delia, come da normale usanza per i tempi, usava masticare la pelle degli animali per
renderla più morbida e quindi adatta ad essere lavorata per il confezionamento di capi
d’abbigliamento. Era morta nello stato terminale della gravidanza, probabilmente per una grave
infezione, forse una gestosi.
A tal proposito, è stato effettuato uno studio su tre denti del feto; i denti del bambino si
formano a partire dai 3-4 mesi di gestazione e giorno per giorno lo smalto si arricchisce di un
nuovo strato finché non cadono intorno ai 6-7 anni e, per tale motivo, l’analisi della dentatura è
in grado di fornire una serie di informazioni sulla crescita. I tre denti sono stati studiati a
Trieste, attraverso un acceleratore di particelle, il sincrotone Elettra, che nell’individuare gli
anelli di accrescimento dello smalto ha registrato tre episodi di stress nella crescita del
bambino negli ultimi due mesi e mezzo di vita. Non si conoscono con esattezza le motivazioni,
ma sicuramente sono la causa della morte, una malattia avvenuta dopo 31-33 settimane di
gestazione. L’analisi del sito di ritrovamento ha consentito di escludere che si sia trattato di
morte per malnutrizione, in quanto la zona era ricca di animali selvatici e la stessa Delia era
sepolta con un ricco corredo di oggetti preziosi per l’epoca.
Il corpo della donna, una ragazza muscolosa ed alta 1.70 metri, era in posizione rannicchiata sul
fianco sinistro con il braccio destro posizionato sul ventre, quasi a protezione del feto e l’altro
braccio piegato sotto la testa; il feto, giunto all’ottavo mese di gravidanza, è in condizioni
perfette, rinvenuto sotto una pietra poggiata sul ventre della donna e, dettaglio curioso, con le
manine a pugno completamente integre poste davanti agli occhi, come in un gesto naturale per
un bambino pronto per venire al mondo.
Gli studi hanno consentito di appurare che la donna apparteneva ad una piccola comunità di
cacciatori-raccoglitori uomini di Cro-Magnon, che non doveva superare le 10 unità e che
avrebbe scelto questo luogo perché permetteva un più facile controllo degli spostamenti degli
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animali. Dopo aver scavato una fossa ed acceso un focolare, come da rituale, deposero la
defunta con cura all’interno della voragine, su un letto di ciottoli in posizione fetale, con un
bracciale al polso destro formato da conchiglie forate ed un canino di cervo, un copricapo
costituito da più di 600 conchiglie marine impastate di ocra rossa intervallate ogni 80 pezzi dal
canino di un cervo, vari strumenti litici e moltissimi resti di fauna (ossa di cavallo e di bue) posti
lì volutamente. Questi elementi hanno permesso di capire lo scenario in cui viveva la giovane
donna e gli animali che popolavano la zona (il cavallo e l’uro costituivano la principale
cacciagione del gruppo nomade). Tuttavia questa sepoltura racchiude in sé un significato molto
particolare in quanto è testimonianza attraverso il suo corredo funerario di una cerimonia
cultuale svolta all’interno della grotta e quindi della sua sacralità.
Il copricapo di conchiglie è tipico degli ornamenti della Dea, dettaglio che ci riporta alle
statuine di Willendorf in Austria o di Brassempouy in Francia, solo per citarne alcune, così come
l’ocra rossa, altro simbolo tipico dei rituali funerari coevi, a rappresentare il colore del sangue
che rigenerava la stessa Dea Madre appena sepolta.
Nella stessa grotta-riparo sono state trovate anche le prime manifestazioni grafiche dell’Homo
sapiens, con motivi lineari simbolici, oltre a selci ed utensili in pietra, a testimonianza del fatto
che il sito è stato frequentato per lungo tempo come luogo di culto e per le attività quotidiane.
Nella stessa grotta è stato ritrovato anche uno scheletro mal conservato e di sesso non
identificabile, “Ostuni 2”, sepolto anch’esso in posizione fetale, con le spalle alla donna e datato
a circa 30.000 anni fa e lo scheletro di un uomo in pessime condizioni di salute, “Ostuni 3”,
datato a circa 13.000 anni fa, entrambe scoperte che fanno della grotta di Agnano una delle più
ricche testimonianze di luoghi di culto nel paleolitico superiore adibito a sepolture.
Secondo i ritrovamenti la grotta sarebbe stata ancora un santuario messapico dedicato alla Dea
Demetra, poi convertito in luogo di culto in età cristiana attraverso la costruzione di una
cappella intitolata alla Madonna d’Agnano, con tracce di affreschi di età bizantina, oltre ad una
piccola cappella cinquecentesca con all’interno un affresco della vergine, l’unico rimasto di un
intero ciclo che arricchiva la chiesa; la pavimentazione è lucida a testimonianza delle migliaia
di fedeli che vi si recavano in pellegrinaggio.
La grotta consiste di due ambienti ipogei (camera orientale e camera occidentale), la cui
continuità è interrotta dalla cappella sopra citata e da uno spiazzo utilizzato nell’800 come
ricovero delle greggi. La camera orientale è la più importante, poiché ospita la zona in cui sono
state rinvenute le sepolture paleolitiche.
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Note storiche
Le prime ricerche all’interno della grotta santuario di Santa Maria di Agnano, un’ampia cavità
carsica in Contrada Risieddi sulle colline di Ostuni, furono effettuate dal Paleo-etnologo Donato
Coppola (dell’Università Tor Vergata di Roma all’epoca ed ora Università di Bari, Dipartimento di
Scienze dell’Antichità e del Tardoantico) agli inizi degli anni 70 e, sin da allora, si resero
evidenti testimonianze di un’intensa frequentazione della caverna. La prima regolare campagna
di scavi iniziò nel 1991 ed il 24 ottobre dello stesso anno lo stesso Prof. Coppola rinvenne
all’interno della grotta l’importante sepoltura della “donna di Ostuni”, battezzata “Delia” dal suo
scopritore in omaggio alla donna che sarebbe diventata sua moglie.
Dopo la scoperta, l’asportazione degli scheletri è stata particolarmente problematica per evitare
che fossero danneggiati. Si è così proceduto alla rimozione in blocco del pavimento sotto il
quale c’erano i resti ossei; all’interno del cunicolo, alto non più di 50 cm, sono ancora visibili
alcune conchiglie incastonate nella roccia. Alcune grosse assi di ferro sono state saldate tra loro
a formare cassoni di contenimento per le sepolture che quindi, per protezione, dopo accurati
interventi di restauro e sistemazione, sono oggi esposti nel Museo delle civiltà preclassiche
della Murgia Meridionale della città di Ostuni.
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OGGETTO CULTI
CONTESTO Sepolture
AMBIENTALE
STATO DI Eccellente.
CONSERVAZIONE
BIBLIOGRAFIA
1. Alessia Nava, Alfredo Coppa, Donato Coppola, Lucia Mancini,
Diego Dreossi, Franco Zanini, Federico Bernardini, Claudio
Tuniz, Luca Bondioli – Lo studio dello smalto prenatale delle
gemme dentali dell’individuo fetale del Paleolitico superiore
Ostuni 1b (Puglia, ca 28 ka BP) per mezzo di analisi istologica
virtuale – in “Annali dell’Università degli studi di Ferrara,
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