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Beltrn Arturo
ARCHEOLOGIA
CRISTIANA
p. Beltrn Arturo
1.1 Definizione.
Dovremmo cominciare lo studio dellarcheologia cristiana delimitando il suo oggetto, le sue caratteristiche e la sua
funzione nel campo degli studi di teologia. Voi siete studenti di teologia e questa materia vi pu aiutare a capire meglio il
cristianesimo degli origini, lo sviluppo della teologia e anche la comprensione dei vangeli.
Etimologicamente archeologia lo studio delle cose antiche, un termine che proviene dal greco arjaios (vecchio,
antico) e logos (discorso, trattazione). Il Grande Dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia, definisce
larcheologia come Scienza dellantichit che studia sotto laspetto dellarte, le istituzioni, delle religioni, dei costumi, delle
lingue in quanto espressione da monumenti figurati, edifici e soggetti duso civile e religioso. Cos la nostra materia
sarebbe lo studi dellantichit, che abbraccia tutti i tipi di resti: architettura, pittura, scultura, mosaico che servono a
conoscere e capire la cultura che li ha prodotti in un area e in un tempo limitati.
Il termine archeologia fu usato per la prima volta da Tucidide nel mondo greco, da Dionisio di Alicarnasso nel mondo
romano, e da Flavio Giuseppe nel mondo giudaico. Nella civilt romana equivaleva alla storia delle cose antiche, il rebus
antiquis. Soltanto alla fine dell800 il termine archeologia si concretizz nello studio dei resti di civilizzazioni antiche. In
questo senso larcheologia, come gi abbiamo detto, si concretizzo nello studio dei resti delle culture antiche.
Esistono molti tipi di archeologia, perch molte sono state le culture durante la storia dellumanit. C la archeologia
preistorica, larcheologia greca, larcheologia romana, larcheologia precolombiana. E per noi larcheologia cristiana. Si pu
parlare veramente di archeologia cristiana? Penso di si perch le prime persone che si sono convertite alla nuova religione
predicata da Ges hanno creato utensili, edifici, opere darte frutto della sua esperienza spirituale che ci aiutano a capire
meglio la sua fede, come vivevano, come capivano il mondo Questo il campo dellarcheologia cristiana, studiare tutte le
testimonianze lasciate dagli antichi cristiani. Pero non come frutti di una cultura, il cristianesimo non un fatto culturale ma di
fede, perch il cristianesimo si sparse per tutte le culture dellantichit fuori del mondo ellenistico romano. Cos non si pu
identificare larcheologia cristiana come un periodo della tardoantichit, perch molto pi amplia. Noi nel nostro corso
parleremo delle fonti letterarie, dei riti funerari, delle catacombe, le basiliche, mosaici, pitture, sarcofagi. Cio di elementi
letterari, artistici e culturali visti attraverso lottica della fede.
Secondo alcuni autori non si deve parlare di una archeologia cristiana, ma di un arte cristiana primitiva, perch questa
si sviluppa in un periodo in cui gi possediamo molti documenti scritti che ci aiutano a capire meglio i monumenti ritrovati, ma
il monumento, il dato archeologico, ci pu aiutare a capire e a conoscere meglio anche il dato scritto, perch non sempre queste
dice la verit. Tutti sappiamo quanto soggettivo possa essere uno scritto,e quanto possa indurre a errore prendere come assoluta
linformazione data da uno determinato documento, per questo ogni verit soprattutto si antica, cio se la troviamo scritta
in un documento, testimoniata in qualche elemento deve essere capita. La verit qualcosa che si deve cercare,
comprendere Ogni periodo della storia, soprattutto per i periodi pi antichi, ha una comprensione della realt che
necessariamente no come la nostra. Secoli fa, e non tantissimi si accettava completamente la schiavit, e si pensava che
anche fosse voluta da Dio, e invece adesso ci sembra uno scandalo.
Per parlare di archeologia non soltanto dobbiamo andare allantichit, attualmente nella nostra societ postindustriale,
tecnologica, si parla anche di Archeologia industriale, come maniera di conservare le prime fabbriche industriali, i primi
magazzini, le prime macchine che obsolete nel suo uso rischiano di sparire e che si perda una parte dei manufatti che hanno
creato una cultura e che a noi non ci sembrano importanti, forse soltanto ferraglia ma che sono testimonianza della cultura e
dellattivit di un epoca passata.
Ma larcheologia ha dei limiti che non possono essere superati. Mai su pu andare oltre un limite dentro dellambito
del ritrovo archeologico, non possiamo farli dire quello che non ci pu dire, anche se ci piacerebbe. Esempio di una pentola, un
vasoci possono indicare il livello artistico o tecnologico al quale arrivato una societ, ma non ci potr dare il nome delle
persone che lo hanno utilizzato, forse se c un iscrizione ci pu indicare il padrone, ma non le persone che hanno bevuto in
quel vaso, forse si molto consumato potremmo intuire che stato usato molte volte ma mai sapremmo si stato usato solo da
una persona Allo stesso modo un oggetto ci pu dare molti dati sulla cultura che lo ha creato. Per esempio i reperti trovati
nella fabissa del Tempio di Mater Matura e della Fortuna nel Foro Boario a Roma ci danno molti dati sul livello culturale e
commerciale della Roma del VII-VI secolo a.C.
Questo ci fa capire come dobbiamo avvicinarci ad un reperto archeologico, cio dobbiamo andare senza pregiudizi,
senza idee preconcepite, per esempio gli archeologi del XIX secolo che volevano che nelle piramidi fossero scritte molte cifre
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come la distanza del sole alla terra, di questa alla luna., e ci furono scandali, quando le misure reali non corrispondevano alle
misure desiderate e si manomettevano gli edifici per farli entrare nelle misure preconcepite. Questa attitudine ha portato
lungo la storia dellarcheologia, e anche dellarcheologia cristiana, a molte errori irreparabili come quello fatto durante lo
scavo della Tomba di Pietro in Vaticano, quando gli archeologi cercavano un sarcofago con una croce doro data da Costantino,
appoggiati anche dalle testimonianze degli operai che durante la fine del 500 avevano lavorato alla costruzione dellattuale
altare di Clemente VIII, che dicevano di aver visto fra le crepe la croce doro di Costantino. Dopo aver scavato per parecchi
metri sotto laltare no hanno trovato niente, ma il sito stato sconvolto irrimediabilmente e non si pu fare nessun altro scavo.
Un esempio di scavo archeologico ben realizzato, lultimo scavo realizzato in Campidoglio durante i lavori fatti nei Musei
Capitolini, dove si potuto stabilire il pranzo funerario fatto durante il seppellimento della Romuletta.
Riassumendo, larcheologia cristiana una parte dellarcheologia generale, che nel suo esercizio usa gli stessi metodi
scientifici e tecniche, anche se ha un aspetto che non si deve dimenticare, la fede, perch soltanto cos si possono capire bene i
reperti archeologici. La fede non si vede, non si tocca ma ha delle conseguenze nei reperti e negli edifici dei cristiani. Un
esempio chiarificante lo possiamo trovare nellipotetico caso che si trovasse nello scavo archeologico i resti di una chiesa che
stata distrutta durante una calamita, si pensi alleruzione del Vesuvio nel 79 d.C., se si trovasse del pane azzimo dentro una
nicchia, non che si volesse conservare il pane per mangiare ma perch quel pane per i cristiani il corpo di Cristo e viene
conservato con cura e rispetto.
Si pu parlare dellarcheologia cristiana come luogo teologico? Come luogo di rivelazione di Dio pari alle Sacre
Scritture e a gli scritti della Tradizione? Forse no perch i dati archeologici si interpretano alla luce della rivelazione e della
tradizione, e ci possono aiutare a capire meglio questa rivelazione. Il resto archeologico viene interpretato dal testo della
rivelazione e non al rovescio.
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Lambito spaziale nel quale si sviluppa larcheologia cristiana si trova quasi interamente dentro dei limiti dellantico
Impero Romano, anche se troviamo molte tradizioni antiche sulla predicazione di San Matteo e San Tommaso in luoghi lontani
come lIndia, ma forse si tratta pi di un dato teologico posteriore che un dato archeologico sicuro, anche se Eusebio di
Cesarea corrobora questo dato. Soltanto possiamo dire che fino al momento non abbiamo trovato dati archeologici di una
presenza cristiana nellIndia in epoca tanto antica, ma la porta pu rimanere aperta, perch sempre si possono trovare prove di
presenza cristiana, per esempio una tomba con un iscrizione caratteristica, un segno.
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antichi e migliori storici, dei padri e di altri scrittori, per alcuni pii studiosi uomini della citt di Magdeburgo . Questopera
una apologia del protestantesimo contro il cattolicesimo, il suo tono molto violento.
Le Centurie di Magdeburgo sono molto partidiste, e usano poco i dati archeologici, che tra laltro erano pochi e mal
conosciuti. In realt pi che uno studio storico rigoroso un attacco alla Chiesa cattolica con idee preconcette. Ma queste
attacchi provocarono la reazione cattolica e alcuni studiosi cattolici si misero a investigare i dati archeologici e storici per
rifiutare le idee protestanti. Tra altri autori San Pietro Canisio (1521-1579) scrisse due trattati contro le Centurie intitolali: De
verbi Dei corruptelis e De Maria Vergine incomparabile, sono opere polemiche nelle quali fa una grande esposizione della
dottrina cristiana, soprattutto sulla giustificazione e la difesa di Maria, ma non parla di archeologia cristiana. Ma costituisce un
primo paso nella ricerca cattolica.
Larcheologia cristiana inizia il suo cammino grazie alliniziativa di un grande santo, San Filippo Neri, il quale fonda
lOratorio come luogo di raduno e di preghiera. Filippo Neri gradiva restare in preghiera nella Catacomba di San Sebastiano,
dove ricevette alcune grazie mistiche. Vicino ai filippini cera anche lagostiniano Onofrio Panvinio che scrisse una serie di
lavori sulle chiese romane e la loro storia, utilizzando in modo sistematico le tracce storiche, liturgiche e archeologiche. Forse
uno dei primi studiosi scientifici di questa materia. Dedic anche una grande attenzione alle catacombe, per quel fascino che
avevano di tomba di martiri e della vita dei primi secoli della chiesa.
Il vero studioso della storia della Chiesa sar il cardinale Cesare Baronio (1538-1584), appartenente allOratorio di San
Filippo Neri, si dedicher allo studio delle catacombe e della storia i primi secoli della chiesa per opporre conclusioni
scientifiche alle interpretazioni che presentavano in campo protestante gli archeologi e teologi luterani. Scrisse gli Annali
Ecclesiatici, opera in 12 volumi che complet con un Martirologio Romano. E molto importante per i dati che da sui
monumenti e sulle catacombe, alcune delle quali viste per la prima volta.
Alcuni disegnatori importanti di questepoca sono Alonso Chacn (1550-1599) e Filippo de Whinghe che copiarono molte
delle pitture che trovavano nelle catacombe al momento della loro scoperta e che adesso no si conservano, questo ci permette
conoscere alcune pitture sparite, anche se le sue copie non sono tanto fedeli alloriginale, e traducono alcune forme
rinascimentali della sua epoca.
Durante i secoli XVII y XVIII si da un grande sviluppo della investigazione archeologica, si pubblicano in Italia molte
opere di investigazione archeologica sulle catacombe e monografie su diversi temi. Si discute molto apologeticamente e si
tenta di interpretare i dati che escono dallo scavo delle catacombe. La figura pi importante di questo periodo Antonio Bosio
(1575-1629), il quale sotto linflusso di Pompeo Ugonio, un altro studioso dellantichit, si dedic allo studio e alla conoscenza
delle catacombe. Nel 1632 pubblic la sua opera pi importante Roma Sotterranea. uno studio rigoroso delle catacombe
con piante, riproduzione di sarcofagi e affreschi oggi perduti. Anche se aveva metodo scientifico il suo intento era ancora
apologetico. Antonio Bosio pu essere considerato come liniziatore del metodo archeologico, la sua opera ancora oggi
valida per lo studio dellarcheologia cristiana.
Durante i secoli XVII e XVIII non si fecero molti altri avanzi nel settore dellarcheologia cristiana perch lintento
principale era apologetico e si visitavano le catacombe cercando reliquie dei martiri e argomenti in favore della Chiesa, pi che
uno studio scientifico delle antichit cristiane.
Sar nel secolo XIX quando si faranno le grandi scoperte con lo sviluppo dellarcheologia classica e lintroduzione
delle diverse scienze ausiliari nellinvestigazione archeologica. Cominciano a sorgere grande archeologi che hanno uno spirito
critico e metodo scientifico e larcheologia cristiana comincia a uscire del suo isolamento, gi non il luogo venerato che si
cerca ma la espressione di una fede, di una cultura. Si cominciano a collegare le scoperte laiche con quelle cristiane, anche se
gli studiosi cattolici erano contrari a vedere un collegamento delle pratiche cristiane con quelle pagane. Questo rinnovamento
degli studi comincia con il gesuita Giuseppe Marchi (1795-1860), che scrisse lopera intitolata Monumenti delle arti cristiane
primitive, pubblicato nel 1844, rimasto soltanto al primo volume. un opera importantissima che ci aiuta a capire tutta la
tipologia dei monumenti cristiani perch traccia un disegno metodico dei vari tipi di monumenti cristiani, risale alle origini e
forma le prime classificazioni, accompagna lindagine con dei rilievi illustrativi, applica ai suoi studi criteri assolutamente
nuovi e rigorosi.
Un suo discepolo sar il vero maestro dellarcheologia cristiana, Giovanni Battista di Rossi (1822-1894). Il primo
interesse del De Rossi erano le iscrizioni cristiane, la sua ricerca lo port a visitare con frequenza le catacombe, e questo fecce
crescere in lui linteresse per le antichit cristiane. Nel 1849 trov la Catacomba di San Callisto, la Cripta dei Papi. Poi si
dedic a scoprire parte delle 60 catacombe cristiane che esistono a Roma. Con lui larcheologia cristiana arriva ad un livello
scientifico come non era arrivato prima. Lui diede allarcheologia cristiana il suo rango di disciplina indipendente. Pubblic
varie opere tra cui Roma sotterranea cristiana, uscita in tre volumi fra il 1864 e il 1877; questopera un vero studio sulle
catacombe dove si analizzano le catacombe, le gallerie, i cubicoli, i tipi di sepoltura, le pitture, i sarcofagi tutto sostenuto da
un riesame delle fonti e della letteratura anteriore, e inizi la grande opera Inscriptiones christianae Urbis Romae VII saeculo
antiquores, il Bollettino di archeologia cristiana
Discepoli del De Rossi sono Orazio Marucchi, Mariano Armellini, Joseph Wilpert, che continuarono gli studi e
lapprofondimento dellarcheologia cristiana. Con lavanzare degli studi e dellarcheologia si aperto anche lo spazio
geografico, se durante secoli larcheologia cristiana stata centrata quasi totalmente a Roma, adesso si aperto a tutto il bacino
Mediterraneo, e a confrontare scoperte, metodi di ricerca con altre scienze e altre fede cristiane per poter ricercare e
conoscere meglio la realt dei primi cristiani.
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costituito di tutti i monumenti dellantichit che possono rivelare qualche aspetto delle antiche comunit cristiane.
In genere lo studio dellarcheologia cristiana dentro dellambito del suo oggettivo materiale si propone dare un panorama delle
diverse classi di monumenti cristiani dal punto di vista archeologico come di quello della storia dellarte.
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BIBLIOGRAFIA
- AA.VV. , Dizionario patristico e di antichit cristiane, ed Marietti, 1983. (esiste un edizione in spagnolo, editorial
Sgueme)
- Iiguez Herrero, Jos Antonio, Arqueologa Cristiana, ed Eunsa, Navarra, 2000 (esiste un edizione in italiano, ed
Paoline, 2003).
- Liccardo, giovanni, Introduzione allo studio dellarcheologia cristiana. Storia, metodo, tecnica, ed San Paolo, 2004.
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Lo studio dellarcheologia cristiana, come ogni scienza storica, si basa sulla conoscenza dei fatti e degli elementi
forniti dalle fonti. Considerate nella loro natura, le fonti storiche della nostra disciplina si possono distinguere in due classi:
monumentali e letterarie. Ma anche possiamo distinguere tra fonti volontarie, lasciate volontariamente per testimoniare una
dottrina, delle idee, un idea, e fonti involontarie, lasciate per caso senza pensare che potevano costituire motivo di studio. Nel
nostro caso fra le fonti volontarie troviamo i vangeli, scritti volontariamente per diffondere la fede cristiana, le lettre degli
apostoli, la decorazione delle basiliche fra le fonti involontarie possiamo parlare dei graffiti nelle tombe dei martiri.
Le fonti letterarie sono molto importanti perch ci aiutano a capire il monumento nel suo contesto culturale e
funzionale dandoci notizie su la sua cultura, i suoi costumi, corredo storico indispensabile allindagine scientifica sul
monumento. La lettura delle fonti letterarie pu aiutarci a interpretare meglio un edificio.
2.2.1.2 Didach.
Uno dei testi pi antichi non canonici la Didach, sembra sia redatta in Siria prima del 150, alcuni autori la fanno
risalire alla fine del I secolo. Anche se non un opera omogenea uscita dalla mano di un solo autore, ma piuttosto si tratta di
una compilazione anonima di fonti diverse derivate dalla tradizione viva di varie comunit ecclesiali ben definite. Un autore
sconosciuto giudeo-cristiano, ma che sindirizzava a comunit nelle quali erano presenti cristiani provenienti del paganesimo,
ha riunito in un manuale alcuni testi che gli sembravano utili per ledificazione dei convertiti. Lopera contiene prescrizioni di
carattere didattico, liturgico e disciplinare. Sembra rievocare la costituzione della Chiesa degli Apostoli.
il testo pi importante del periodo che segue gli apostoli. Per gli archeologi assumono un carattere esenziale alcuni
passi relativi alla sinassis eucaristica e allamministrazione del battesimo. Ci mostra gi come il cristianesimo si separato
dalla sinagoga, parla della domenica come giorno del Signore, parla anche del battesimo, del digiuno, della preghiera e
delleucaristia.
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arabo ed etiopico. In questo scritto si possono riconoscere tre parti: la prima descrive il rituale delle ordinazioni e
delleucaristia, la seconda il rituale del battesimo e la terza comprende delle prescrizioni diverse contenenti tra laltro la
comunione portata ai malati, il digiuno, lagape, le assemblee del mattino, la sepoltura, la preghiera delle ore, il segno della
croce.
Di particolare importanza per larcheologo la seconda parte che descrive minuziosamente il rituale del battesimo e
della confermazione e la terza che si occupa delle pratiche liturgiche. Ci da importanti elementi per conoscere la distribuzione
degli edifici nei quali si realizzavano le cerimonie liturgiche.
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3.1.3 Leggende.
Con lo sviluppo del culto dei martiri, a partire del VI secolo, la mancanza o linsufficienza di dati fecce che molti
cristiani desiderosi di conoscere pi notizie del martiri al quale erano devoti, o al quale volevano volgere le sue preghiere, o per
avere un racconto che alimentasse la sua piet, o che servisse a giustificare una presunta origine apostolica della propria chiesa,
o anche per farlo patrono e protettore di un ufficio determinato, si creano delle leggende o vite dei santi del tutto fantasiose, ma
che riempiono queste necessit. Per fare questo si ricorre a vari espedienti gi sia giocando con la fantasia per inventare
situazioni, storie, aneddoti, luoghi dove stato il santo e molte volte desumendo da nomi noti leggende che riguardano un
santo.
Nonostante qualche reazione contraria pi intellettuale, con il passare dei secoli fu molto favorita dallo spirito
monastico perch aiutava a diffondere e mantenere i valori spirituali. La diffusione di queste leggende sempre si arricchiva di
successi e tormenti di ogni genere, fino a creare vere enciclopedie di santi come la Legenda Aurea o la raccolta di vita di
santi.
3.1.4 Calendari.
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La consuetudine di celebrare con feste liturgiche lanniversario dei martiri, (dies natalis) indusse le comunit a
compilare una lista di tali ricorrenze che raccoglieva il nome del martire, la data di sepoltura (depositio) e il luogo del sepolcro.
Gi Tertulliano, Gregorio di Nissa e Cipriano attestano che era usanza dei cristiani tenere una specie di registro dei martiri e dei
vescovi per celebrare il giorno della loro ricorrenza, proprio come le famiglie conservavano il ricordo dei loro cari defunti.
Ebbero cos origine speciali almanacchi denominati calendari e martirologi, di varia stesura e contenuto, limitati ad una singola
chiesa oppure comprendenti menzioni di martiri di altre chiese, e persino della chiesa universale. Il pi antico anniversario
conosciuto quello di Policarpo di Smirne martirizzato il 23 febbraio del 167.
Il pi antico esemplare conservato di un calendario cristiano sono le Depositiones martyrum et episcoporum redatte
a Roma e inserite nel Cronografo romano del 354 o Filocaliano, perch redatto da Furio Dionisio Filocalo, segretario di papa
Damaso. La sua datazione si basa nei dati che da dei fasti consolari, dalle liste dei prefetti di Roma e dei papi. Ha lo scoppo di
regolamentare la celebrazione dellanniversario dei defunti dei quali riporta il nome. Nella Depositio episcoporum il primo
vescovo che viene commemorato Dionigi, il 27 dicembre (VI Kal. Ian.) senza dare lanno, ma lultimo papa della lista
Silvestro morto il 31 dicembre 335 si deduce che la sua compilazione si arresta nel 336. la Depositio martyrum segue la stessa
logica, riguarda i martiri che erano celebrati a Roma o nelle immediate vicinanze. Accanto il martire o vescovo sempre c la
menzione del cimitero dove si trova sepolto e quando si conosce la data del martirio o della morte. In realt forma un
calendario unico perch i due elenchi si completano a vicenda e servirono alle ricorrenze e alle celebrazioni della comunit di
Roma. Anche se ha altri documenti molto diversi: la dedica a un Valentiniano non ben identificato, la raffigurazione simbolica
di Roma, Costantinopoli, Alessandria e Treveri, immagini e tabelle astronomiche compresso un computo della Pasqua dal 312
al 354.
Esistono altri martirologi come il Martyrologium Carthaginiense, nel quale appaiono i martiri e i santi venerati a
Roma, Napoli, Milano, Spagna e Calcedoni.
3.1.5 I Martirologi.
Altro gruppo importante di fonti sono i martirologi. Si assomiglia al Calendario perch anche un elenco di martiri
seguendo lordine del calendario romano. Ma il calendario riporta ogni giorno il nome di un martire appartenente ad una
chiesa, invece il martirologio in genere da ogni giorno parecchi nomi e raccoglie le feste qualunque sia lorigine del martire.
Allinizio il martirologi riportavano soltanto il nome del martire e il luogo della sua sepoltura, durante il medioevo si sono
arricchiti di alcuni particolari della vita o del martirio del santo.
La prima compilazione martirologica a carattere generale il Martirologio Siriano composto a Nicomedia intorno al
360/62, abbraccia la parte orientale dellimpero romano. Il Martyrologium hieronymianum, stato composto nellItalia
settentrionale, forse in Aquileia, tra il 431 e il 450, ha un carattere universale. Si basa in tre fonti principali: La Depositio
Martyrum e la Depositio Episcoporum romane, il Martirologio Siriano e lantecedente del Martirologio di Cartagine che risale
al 505-523/35. Da questo dipendono tutti i martirologi posteriori.
Il Martirologio Romano attuale si basa essenzialmente sulla revisione fatta dal Cardinale Cesare Baronio alla fine del
500 per iniziativa di Gregorio XIII (1572-1585) nel 1582.
3.1.7 Sacramentari.
I sacramentari sono antiche raccolte di benedizioni e preghiere della messa. Rappresentano i nuclei embrionali dei
moderni messali. Oltre alle preghiere fornisce notizie sui cimiteri, tombe dei martiri e le loro feste. Nelle preghiere si possono
trovare molti riferimenti topografici, situazioni locali
I sacramentari pi antichi portano il nome del pontefice che si credeva li aveva redatto: Leone Magno (440-461),
Gelasio I (492-496), Gregorio Magno (590-604). Il sacramentario pi antico quello chiamato Leonino o Veronese,
probabilmente compilato a Roma nella prima met del VI secolo utilizzando fonti pi antiche dei secoli VI e V. Troviamo
preziose notizie sui cimiteri, tombe dei martiri Il Sacramentario Gelasiano, proviene di un primo nucleo redatto a Roma
prima del secolo VII, che giunto nella Gallia venne fuso con un testo analogo improntato alle formule della liturgia locale. Il
Sacramentale Gregoriano costituisce invece essenzialmente un sacramentario stazionale, un messale, concepito per essere
usato a Roma da servire nei giorni di festa o solennit.
Sempre sono importanti anche altri libri di carattere locale per conoscere i santi e i martiri sepolti e venerati in una
regione concreta.
4- Fonti medievali.
Sono di carattere descrittivo-antologico.
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Si tratta di una raccolta di biografie, di disuguale valore, relative ai vescovi di Roma da San Pietro a Martino V (1417-
1431), composta attraverso i secoli da vari redattori. Durante molto tempo si pens fosse stata redatto da una sola mano e
attribuita a Papa Damaso (366-384), adesso si sa che dovuto alla mano di parecchi redattori.
La prima edizione fu compilata nella prima met del VI secolo utilizzando il Catalogo Liberiano contenuto nel
Cronografo Romano, ha una unitariet compositiva, si interrompe con la vita di Felice IV (526-530). Una seconda edizione si
chiude alla fine del VII secolo, con la vita di papa Silverio (536-537), e una terza a gli inizi del VIII. Dopo la collezione fu
aggiornata per persone che avevano conosciuto i pontefici.
La prima volta che noi troviamo un interesse per la vita dei pontefici e dei martiri nel pontificato di papa Damaso,
per i papi anteriori si rif allelenco dei vescovi romani dato da Ireneo di Lione. Il cristianesimo diventa religione di stato con
Teodosio nel 380.
Questo codice importante per conoscere la storia del papato e la storia di Roma, perch oltre alle informazioni
consuete relative alla provenienza del papa o agli anni di pontificato, spesso vi si trovano notazioni concernenti la costruzione
di edifici di culto, interventi di restauro a chiese gi esistenti, ricordi di donazioni con cui i pontefici arricchivano il corredo
delle basiliche, oltre alla menzione e indicazioni topografiche e toponimi che contribuiscono a una miglior e conoscenza del
tessuto urbano di Roma. Uno dei temi che ritornano continuamente quello del restauro delle chiese.
Il valore di questo libro dal punto di vista storico molto diverso, perch le prime biografie furono compilate molto
tempo dopo la morte dei papi dei quali parlano, basandosi su documenti non originali, la tradizione e le leggende. Soltanto
dalla fine del V secolo con il pontificato di papa Anastasio (496-498) le notizie si rivelano presse dallarchivio ecclesiastico e
sono pi sicure come fonte storiche. molto interessante perch oltre alle notizie storiche porta molti dati su i lavori datti nelle
basiliche, ristrutturazioni, fondazione di nuovi titoli, donazioni Anche le chiese di Napoli e Ravenna compilarono un proprio
Liber Pontificalis.
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Questa guida porta il nome del monastero dove fu trovato il manoscritto, ossia Einsiedeln, in Svizzera, contenuto in
un volume miscellaneo, composto di 5 parti, scritte ognuna da una mano diversa rilegate insieme verso la fine del XIII secolo.
Per i dati che si possono dedurre dal manoscritto si tratta di un pellegrino che visit Roma al tempo di Carlomagno, cio a gli
inizi del IX secolo. Dimostra di aver visitato personalmente Roma e di aver studiato i suoi monumenti dei quali copi
parecchie iscrizioni. Anche ci da la testimonianza di aver partecipato ad alcune cerimonie pagane che fa premura di rievocare.
Lambiente di produzione sembra essere stato composto nello scriptorium del monastero di Reichenau nel lago di Costanza.
Litinerario vero e proprio composto da 10 percorsi che attraverso la citt di Roma, sono trattate tutte le porte della
citt meno la Porta Ostiense che porta alla Basilica di San Paolo, per questa ragione sembra che manchi una parte. Lun
undicesimo percorso non sembra orinale di questa guida, ma un aggiunta che si fatto in questopera miscelanea, perch una
incompleta elencazione dei luoghi sacri extraurbani.
Si pensava che litinerario sia in connessione con una pianta della citt di Roma che lo accompagnava. C chi aveva
pensato che questa ipotetica pianta fosse rotonda. Attualmente questa teoria in crisi. Adesso si pensa che non si tratti tanto di
una guida itinerario come di un documento elaborato in ambienti ufficiali dellamministrazione romana per localizzare nella
citt alcune categorie di edifici, in particolare le chiese titolari e le diaconie, che sono citate quasi al completo, mentre i
toponimi e i monumenti antichi sono citati come punto di riferimento. Si pu ipotizzare che ci fossero altri descrizioni della
citt che sono andate perse.
5 - Cataloghi.
Sono fonti di minore importanza, fra questi possiamo distaccare:
5.1 Depositio Martyrum.
Gi abbiamo parlato di lui.
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Gli altari da cui sono stati presi gli oli sono: il primo San Pietro, ma nella notula scritto S. Pietro e S. Paolo, a che
dovuto questo? A che quando si scritta la notula cera soltanto una ampolla avendosi perch laltra si era rotta, ma forse anche
perch si voluto mettere insieme i due principi della Chiesa, poi c San Pancrazio, San Grisante, San Giasone, San
Saturnino, San Ippolito, San Lorenzo
5.4 Sillogi.
Le sillogi sono raccolte di iscrizioni sorte in un primo tempo a scopo prevalentemente devozionale e a corredo degli
itinerari. A partire del VII secolo, si smembrano e si inseriscono in antologie poetiche ad uso letterario e scolastico. Sono molto
importanti perch riportano spesso testi persi che si trovavano nelle chiese, catacombe e monumenti pagani. La maggior parte
delle sillogi conservate interessano i monumenti di Roma e sono cimiteriali e basilicali.
Questi sillogi molte volte permettono ricomporre delle iscrizioni che si trovano durante gli scavi in maniera
frammentaria, perch durante il tempo queste tombe sono state saccheggiate e i suoi reperti rotti e dispersi.
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BIBLIOGRAFIA
- Le Liber Pontificalis: Texte, introduction et commentare. Voll. I-II a cura di Duchesne, L., Paris, 1886-1892.
- Stopani, Renato, Gli itinerari, in Romei e giubilei. Il pellegrinaggio medievale a San Pietro (350-1350), a cura di
Mario DOnofrio, Electa, 1999, pp. 137-141.
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Il vuoto lasciato dai culti tradizionali riempito da altre forme religiose, che se caratterizzano per avere un indole pi
entusiastico e misterico. Questi culti si uniranno allo sviluppo della astrologia e della magia. La filosofia non sar una
riflessione teorica se non che si andr verso un esistenzialismo, una riflessione pi spiritualista.
Con le conquiste di Alessadnro Magno si crea un panellenismo che mina politicamente la Grecia, perdendo la sua caratteristica
di polis, e morendo politicamente la Grecia, si arriva allo scomparire delle libert politiche, scompare il senso di patria nelle
singole citt, idea che nella patria-polis avevano trovato la loro ragione di essere. La situazione cambia con i successori di
Alessandro che soffocano le strutture fino a fare delle citt semplici centri amministrativi.
C un cambiamento politico e culturale, i giovani sono resi amorali dalle dottrine filosofiche di moda, le libert e la
vita politica si spengono, lantica fede senza credenti, fattori che fanno avvenire un crollo che accade con una apparente
indifferenza. Si pu dire che alla fine del IV secolo la polis muore. Col crollo della polis cadde anche la religione. Alla
mancanza di controllo sociale risponde la mancanza di controllo dello spirito. Si perde la comunit religiosa e politica che
erano i due centri tra cui si svolgeva la vita quotidiana degli uomini. Venendo a mancare queste, luomo rimane solo, senza la
tradizione secolare che lo guidava da secoli; rimane solo, come un naufrago, senza appoggi
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Sorse una corrente che diceva che la vera felicit leudaimonia, e il piacere consistente nellassenza di ogni
turbamento con un senso profondo di felicit; ma una felicit terrena perch non accettavano una vita ultraterrena. La morte era
la scomposizione del corpo nei suoi elementi. Ebbe un grande influsso nellantichit, soprattutto nelle persone pi colte. Ebbe
grandi problemi con il paganesimo e poi con il cristianesimo, ma rimasse in vita fino al IV secolo d.C.
Stoicismo. Fondato da Zenone di Cizico (336-263) . Presenta alluomo delle possibilit per superare linsicurezza
della sua esistenza. Ha una visione totalmente materialista del mondo, ma non vede landare del mondo come qualcosa
totalmente meccanica, accetta un principio universale, razionale, rettore di tutto: il logos, la ragione, la nozione basica del
sistema. Il dio stoico si identifica con il fuoco, che presente in tutto, il che fa di questa tendenza filosofica un panteismo. I
diversi dei non sono che vari nomi per un'unica ragione. Questa ragione guida il mondo conforme a un piano razionale ed
dovere degli uomini sommettersi a questo piano, alla provvidenza. Il fine della etica stoica segnalare il cammino che conduce
alla pace interiore e al compimento del dovere voluto degli dei, cio dal logos. Pensavano che il bene morale bastava per
procurare la eudaimonia, la felicit. La felicit non dipende di niente sterno a noi, ricchezze, salute, potere ma sta dentro
di noi.
La differenza con gli epicurei che questi, non cercano il ritiro del mondo ma il contatto con le cose del mondo ma
senza essere presse da loro. Luomo deve lottare contro gli affetti, la meta della filosofia come medicina dellanima cerca la
totale espulsione degli affetti.
Durante limpero il pensiero stoico trov una grande ripercussione come ci ricordano personaggi come Seneca,
Epiteto, Marco Aurelio. Nel pensiero di tutto questi personaggi troviamo idee relative allinsicurezza della vita umana, ad
ascoltare la voce interiore della coscienza e una religiosit marcatamente monoteista, che non rinunciava al panteismo ma che
aveva un dio paternale. Il pessimismo della vita si supera con una fede nella provvidenza e con la moralit della vita.
Queste idee sono fondamentali per conoscere levoluzione del pensiero nel periodo intermedio tra il classicismo e
lapparizione della dottrina cristiana, ma formano parte di un ristretto gruppo di intellettuali, non appartengono al popolo che
aveva tutto un altro pensiero e tutte altre preoccupazioni.
Cinici. Sono un gruppo meno intellettuale degli anteriori e pi vicini al popolo. Sono i discepoli di Diogene di Sinope,
fondatore del cinismo. Erano uomini che si dedicavano a una predicazione popolare diretta ai non iniziati, il cui contenuto era
pi una forma di vita che teorie filosofiche. Rifiutavano tutto convenzionalismo sociale, insistendo nella bont di seguire le
norme naturali di comportamento. Buona parte della sua attivit era al servizio degli altri, dando aiuto e consolazione tanto
spirituale come materiale.
Questi filosofi mendicanti e predicatori diffondono fra la gente idee e conoscenze su luniverso e luomo che
altrimenti sarebbero state chiuse nei ristretti circoli dei filosofi.Come abbiamo visto i filosofi pagani del IV al II a.C. secolo si
preoccuparono molto degli insegnamenti religiosi. La filosofia imponeva molte obbligazioni morali e intellettuali, con un
ascetismo moderato.
Nei secolo III e II a.C. la filosofia prende ogni volta un carattere pi religioso. Questa evoluzione comincia prima di
Socrate e appare chiara negli ultimi scritti di Platone. I filosofi si convertono in guide spirituali, che insegnano a gli uomini il
cammino divino. I filosofi di questo periodo influenzeranno molto gli insegnamenti religiosi. Ammettevano lesistenza di Dio.
La sua teologia non derivava dal culto o dal mito, anche se rastrellavano le sue idee nelle vecchie leggende interpretate
allegoricamente. I miti avevano per i filosofi un senso religioso applicando il metodo allegorico, i filosofi di et imperiale non
leggevano tanto ad Aristotele, stava passato di moda, come Teofanes, Platone
Neoplatonismo.
Il neoplatonismo ebbe un grande influsso nel cristianesimo. A partire del I secolo a.C. la dottrina etica di
Platone ebbe un forte contenuto stoico. La dottrina neoplatonica pi originale che dellUno o il Bene, principio e origine
della realt trascende. Lessere il pensiero, per tanto, incognoscibile. Plotino parla di un Uno, incorporeo, semplice, situato in
altro luogo nel tempo, oggetto di desiderio e dellamore degli uomini, origine della creazione. Definisce luomo come lanima
che usa un corpo, e dice che lanima immortale.
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Se bene queste idee erano pi sviluppate nei pensieri pi coltivati della classe alta, la grande massa del popolo era pi
tradizionalista nelle sue credenze. Questo non impedir che Cesare sar divinizzato da Augusto nel 42 a.C. Un essere mortale
che diventa dio; prima cerano i casi degli eroi, e soprattutto delleroe per eccellenza ossia lEracle greco, Ercole latino, che
per le sue virt e il suo sforzo, le 12 fatiche, entrer a formar parte degli immortali, non dobbiamo perdere di vista che questa
figura pagana nel rinascimento si convertir in una figura cristiana, come luomo che attraverso il suo sforzo arriver
allimmortalit. A partire della divinizzazione di Cesare gli imperatori successivi saranno tutti divinizzati, al meno fino al
secolo III che con la crisi dellimpero gi non si pensa a divinizzare gli imperatori. C un idea non molto sviluppata in
Augusto, forse torna indietro per motivi politici, di divinizzazione in vita, lesempio il Panteon. Augusto dopo la sua morte
sar divinizzato.
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terra con schiavi; oltre questo le guerre di conquista acquistano per Roma terre molto fertili in Spagna, Sicilia, nord dellAfrica
circostanza che fa affluire grandi quantit di frumento a prezzo molto basso. Questa situazioni roviner la classe contadina. I
contadini si rivolgeranno sulla capitale in cerca di sostento mettendosi sotto la protezione di qualche personaggio potente,
convertendosi in clientes. Si former una grande massa innestabile che sar usata dai diversi personaggi politici del I secolo
a.C. nella ricerca del proprio potere personale.
I conflitti sociali iniziano con Mario, brillantissimo generale romano. Queste fu eletto console fra il 104 e il
100 a.C., consolato che approfitt per riformare lesercito e accordarlo ad un generale con prestigio e carisma, precedente
molto pericoloso che porter poi allaccesa di Augusto. Nel 89 a.C. per lottare contro Mitridate di Ponto il Senato da potere
straordinari a Silla, ma il Comizio da gli stessi poteri straordinari a Mario. Silla prende lesercito che si trovava pronto a
imbarcare per andare a Oriente e si diresse contro Roma. Era la prima volta che un esercito romano si rivolgeva contro la
propria citt e contro i propri cittadini. Mario fugge e si rifugia nel nord dellAfrica, e Silla va in Oriente dove sconfigge
Mitridate. Nel frattempo Mario ritorna a Roma e massacra tutti gli avversari che trova. Nel 83 a.C. ritorna Silla vittorioso ma
Mario era morto nel 86 a.C., ma questo non impedisce che Silla prenda il potere e stabilisca una dittatura e elimini tutti gli
avversari politici.
Silla muore nel 78 a.C., ma la sua eredit sar presa da altri politici avidi di potere: Pompeio, Crasso e
Cesare. Nel 60 a.C. si crea il primo triunvirato, ossia la spartizione del potere politico fra Cesare, Pompeo e Crasso. Nel 53
a.C.muore Crasso durante la battaglia di Carre contro i parti, nella quale perde anche le insigne romane, sar Augusto nel 20
a.C. a riprendere queste insigne con trattative politiche con i parti anche se lui lo fa propagandare come una grande vittoria.
Propriamente lAugusto di Prima Porta, una immagine trionfale ed eroica di Augusto, forse copia della statua che si trovava
nella sommit del suo mausoleo nel Campo Marzio, ritrae questo episodio.
Nella lotta per il potere nel 49 si arriv alla rottura definitiva e alla guerra civile fra Cesare e Pompeo, nel 49
a.C. nella Battaglia di Farsalo vince Cesare e Pompeo che viene ucciso nellEgitto. Cesare rimane come capo indiscusso della
politica italiana. Realizza varie riforme nella societ romana, e fra queste riform il calendario. Nelle sue riforme Cesare and
troppo rapido verso un potere assoluto, quasi regale, il che spavent molti senatorie e personaggi politici, e li provoc la morte
negli Idi di marzo del 44 a.C., cio il 15 marzo.
Il successore di Cesare il suo figlio adottivo Ottavio, il cui vero nome Caio Ottavio, ma quando venne
adottato da Cesare cambia il nome per Caio Giulio Cesare Ottavio. Con Ottavio/ Augusto si produrranno i cambiamenti pi
importanti nella societ e nella politica romana che porteranno alla creazione dellimpero.
Quando Cesare fu assassinato Ottaviano aveva 19 anni e si trovava in Apollonia nella Macedonia,
rapidamente fecce ritorno a Roma e si proclam come erede. La situazione politica a Roma era molto tesa. Ottaviano tenta
lappoggio dei veterani, della plebe e dal Senato. Viene ammesso a partecipare nel Senato senza prima aver ricoperto nessuna
carica, fatto inaudito, e non sar il primo nella vita di Augusto. Nel 43 a.C. Antonio, Ottaviano e Lepido stabiliscono il secondo
Triunvirato, e iniziano le proscrizioni dei nemici, 300 senatori e 2000 cavalieri furono proscritti. Poi inizia la vendetta contro i
cesaricidi ai quali vinse nella Battaglia di Filippo nel 42 a.C. Ottaviano divinizzer suo padre adottivo, sar il primo cittadino
romano in essere divinizzato, e lui firmer Ottavio divi filius. Dopo questi avvenimenti Ottaviano continua la sua ascesa
sposando nel 38 Livia Drusilla. Nel 36 a.C. Augusto sentendosi pi forte decide attaccare Sesto Pompeo, figlio di Gneo
Pompeo, sconfitto da Cesare nel 48 a.C., che con le sue barche pirati difficoltava lapprovvigionamento granaio di Roma, vince
nelle battaglie di Milazzo e Nauloco nel 36 a.C., ora il Mediterraneo era libero e la folla romana poteva mangiare grazie ad
Augusto. Marco Antonio, e alcune vecchie famiglie senatorie erano preoccupate per laumento di potere di Augusto, e inizia
una grande tensione fra i due. Augusto imposta una campagna propagandistica contro Marco Antonio fino ad arrivare allo
scontro diretto nella Battaglia di Azio nel 31 a.C., che finisce con la sconfitta di Marco Antonio e Cleopatra e la conquista di
Egitto, che si converte in una provincia romana. Augusto lunico che rimasto, Lepido si era ritirato quando comprende le
ambizioni politiche di Augusto. Con questa guerra si mette fine alle guerre civili, si chiudono le porte del Tempio di Gianno, e
Augusto visto come il grande trionfatore. Certamente non voleva lasciare il potere acquistato, cos decide di conservare il
potere cercando nuove forme politiche che nella forma facciano credere che rispetta tutte le istituzioni repubblicane, ma nella
pratica lui ha tutti i potere sopra il Senato.
Nel 28 a.C. Augusto nominato Princeps Senatus. Nel 27 si crea un nuovo titolo che non richiami troppo la
regalit, e si decide dare il titolo di Augusto. Nel 12 a.C. riceve il titolo di Pontifex Maximus e nel 2 a.C. Pater Patriae.
Finalmente nel 14 d.C. morir Augusto dopo quasi 50 anni di governo che hanno portato a un grande cambiamento. Li
succeder il suo figlio adottivo Tiberio, senza che la classe senatoria riesca a opporci fortemente.
2 - I culti misterici.
In questo processo di profonda trasformazione dei sentimenti religiosi che si esperimenta dallet ellenistica
fino al trionfo del cristianesimo le religioni orientali hanno una grande importanza nellesperienza religiosa delle persone. Le
cause le possiamo vedere nelle novit che introducono nel rapporto delluomo con la divinit, che implicano novit nelle forme
esteriori dei sentimenti religiosi e anche nei riti. Questi riti orientali furono accettati dentro della rigida tradizione religiosa
romana, perch come abbiamo detto, il mondo e la mentalit stavano in fermento, in cambio. Questi nuovi riti creeranno una
simbiosi cos forte con lantica religione romana, che nel secolo IV quando si dar la lotta della religione romana contro la
religione cristiana, i culti orientali saranno i pi accaniti nemici del cristianesimo.
Non possiamo vedere nei culti orientali una sorta di preparazione, o spianamento della strada per il
cristianesimo, ma frutto di una maturit dei tempi, o di una risposta simile a problemi simili, nella ricerca di una esperienza
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pi intima della religione romana. Il cristianesimo e i misteri si assomigliano perch proporzionano soluzioni affini alle
necessit spirituali sorte nel mondo romano. Il cristianesimo allinizio non sar altro che un'altra opzioni fra i tanti culti
orientali esistenti gi nellimpero.
Per culto misterico dobbiamo intendere una dottrina occulta e incomprensibile per i non iniziati. Di fatto i
culti misterici si caratterizzano per essere iniziatici, cio richiedono una catechesi, una formazione del neofito e la
superazione di prove per essere ammesso nel gruppo. Questi gruppi sono privati, in modo che si mantengono occulti ai non
iniziati, in conseguenza non sono pubblici; sono soteriologici, cio promettono una salvezza e una vita ultraterrena; non hanno
un culto in templi aperti a tutti, ma solo a gli iniziati; il suo luogo di raduno non consacrato da una speciale cerimonia, si
radunano in qualsiasi posto: una terma, una casa privata, una caserma; alliniziato si chiede il segreto sulla dottrina e le
pratiche che ha ricevuto, e in compenso li viene offerta la salvezza personale. Forse non una salvezza come la intendiamo
noi, ma era un mettersi al margine del fatum, del destino inesorabile che prendeva oggi uomo nei capricci del destino e che
neanche i dei potevano cambiare. I dei orientali sono pi forti di questi dei romani e si mettono sopra il destino, riescono a
sfuggire la morte e a darla ai suoi seguaci.
Probabilmente il nome viene dal verbo greco myeio, che significa: chiudo la bocca, non parlo, mantengo il
segreto. Il termine mysteria venne usato nel senso generico di occulto o riservato. Per indicare i riti segreti si usarono anche i
termini greci orgia e teletai o il latino inizia. Con questo termino gli antichi indicavano una esperienza religiosa
profonda, che toccava la fede dellindividuo, la sua condotta su questa terra, le sue speranze nellaldil. Dire misteri nel mondo
antico infatti significava parlare di riti segreti, di cerimonie solitamente notturne, che procuravano a coloro che venivano
ammessi a partecipare una mistica esperienza divina, un contatto individuale con la divinit grazie al quale liniziato si
attendeva una peculiare salvezza.
Parlare tuttavia di misteri in senso generico significa anche semplificare in modo eccessivo un fenomeno che
ebbe una storia lunga e diversificata, con diversi riti e liturgie, secondo il mutare dei luoghi e delle circostanze. Per un ateniese
i misteri erano quelli celebrati ad Eleusi in onore di Demetra.
Possiamo parlare di alcune caratteristiche comuni a tutti i culti misterici, di solito il culto misterico presenta
una divinit che ha sperimentato un esistenza di carattere umano, ha vissuto una vita personale, che il modello dei suoi
seguaci; soffre dolore, amore, disperazione, ma tutto sar superato e vincer sul destino, vittoria che dar anche al suo iniziato.
I rituali e la liturgia del culto si separano del freddo rituale classico romano. Gli uomini partecipano
ampiamente e coscientemente nel culto dei dio, possono arrivare anche a esperienze estatiche. Liniziazione la partenza di
una nuova vita. Si inizia un cammino verso una felicit ultraterrena. Il neofito dovr condurre una vita morale, superare delle
prove per essere degno di questa nuova vita. Forse questi precetti non erano molto lontani di quelli che vivevano i seguaci di
altre correnti filosofiche della sua epoca. Le forti critiche che ricevono tanto da pagani come da cristiani, ci fa vedere che non
dovevano rispettare gli impegni promessi con molta perfezione. Non possiamo sapere in che cosa consistevano questi
impegni perch il carattere misterico e laccanimento che ebbe il cristianesimo su tutti questi riti misterici ci hanno privato di
molti documenti e fonti per la sua conoscenza.
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vita nuova e felice. Lanima delliniziato non sar mai un ombra triste, come dice Omero, ma chiamato a un esistenza
superiore che non finisce con la morte. La vita dopo la morte si concepiva come una festa eterna.
Le affinit con il cristianesimo sono abbastanza chiare, prima di tutto il grano di frumento che muore e da
frutto, Giov. 12,24; la felicit eterna promessa, la comunione con la divinit, labito nuovo simbolo della nuova vita, la
comunione con gli altri iniziati Tutto questo non pass inosservato a gli antichi cristiani, che in numerose occasioni parlano
dei misteri di Eleusi dimostrando la grande importanza di questo culto. Clemente di Alessandria, (II secolo) termina la sua
opera contro i pagani con limmagine del cristianesimo come vero mistero e Cristo come il vero consacrante degli iniziati.
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E linvasamento, la trance estatica, rendeva presente il dio tra i suoi seguaci, che a somiglianza del dio si
chiamavano bacchi, nel senso appunto di estatici, invasi dal furore divino. Cos, accanto alle feste statali, che celebravano
larrivo del dio ed esaltavano i suoi aspetti fecondanti, vi erano nella Grecia antica anche le orge celebrate da piccoli gruppi,
che promettevano a chi partecipava unevasione controllata dalla realt ordinaria, nella quale erano protagoniste soprattutto le
donne. Di queste orge celebre la descrizione che fecce Euripide nelle Baccanti, messe in scena nel 405 a.C. ad Atene con un
coro di donne possedute dal dio al punto da infrangere ogni regola, fino allomicidio e alluso alimentare della carne cruda. Di
esse, parimenti, reca testimonianza la ceramica attica, che gi nel VI secolo utilizza i temi del banchettare come elemento
decorativo per i recipienti da vino.
Luso del vino si abbina al piacere sessuale mentre il furore estatico diventa fine a se stesso, offrendo una
salvezza che equivale ad un evasione temporanea della realt. Da questo intreccio di esaltazione della vita in comune e del
suo annientamento prendono dunque origine i misteri dionisiaci, che tuttavia solo con lellenismo realizzano a pieno il
passaggio da forme mistiche a quelle propriamente misteriche. Quando ci avvenne, per di pi, lesperienza dei seguaci di
Bacco si era gi confusa con quella dei gruppi detti orfici fin dal VI secolo organizzati in confraternite che predicavano una
vita ascetica ed esaltavano le forze spirituali delluomo.
Questi hanno origine nello stesso mito di Dionisos, secondo racconta la leggenda quando Dionisos era
bambino i Titani sintrodussero nella sua casa attirando lattenzione del bambino con inganni e con uno specchio, preso lo
fecero a pezzi per mangiarlo. Misero le membra del bambino in un calderone, le bollirono e poi li conficcarono sugli spiedini
per arrostirle. Zeus fulmin i Titani con i suoi raggi. Solo era sfuggito alla cottura il cuore del quale Zeus ottenne la
risurrezione di Dionisos. Con le ceneri dei Titani colpiti Zeus fecce gli uomini, per questo nelluomo c una parte divino
spirituale dovuta alla scentilla divina di Dionisos, e la parte irrazionale,umana, dovuta ai Titani. Gli orfici fin da quella colpa e
dai peccati personali vivono lesperienza di una purificazione e lesperienza di una vita terrena svalutata, in cui il corpo il
sepolcro dellanima. Questa deve riscoprire la propria natura divina e cercare di liberarsi dai legami corporali, vi riesce soltanto
con ladesione alla vita orfica, fatta di piet, di estasi e di un regime vegetariano. Quando poi giunger lora della morte,
lanima delliniziato sapr orientarsi negli inferi grazie alle istruzioni che avr appreso nei riti iniziatici, cos essa potr uscire
dal ciclo delle rinascite e ritrovare il suo posto tra gli dei. Se lanima non si pu giustificare davanti a gli dei inferi, se ancora
ha bisogno di giustificazione dovr vivere un'altra vita.
Gli orfici anche insegnavano il dualismo di spirito e materia, luomo si deve purificare, solo liniziato
purificato gradito a gli dei. Fra questi cerano i portatori di tirso, i pi severi che portavano una vita austera, identificando a
Orfeo con un redentore universale. Gli orfici rinunciavano alla carne e alla macellazione degli animali, i suoi sacrifici erano di
incenso.
Nel V secolo a.C., soprattutto nella Magna Grecia, il circolo orfico si mescola con quello dionisiaco in forme
di banchetti, che pur non coincidendo perfettamente utilizzano lentusiasmo divino come strumento psichico di una esperienza
mistica, accanto al vegetarianismo che rappresenta lo strumento ascetico. Dionisos viene scelto quale garante dellevasione
dalla realt terrena, dal vivere civile e mondano, mentre si utilizzano i riti della possessione come via duscita dalla condizione
umana in cui si caduti col nascere. Si evidenzia anche una netta distinzione tra la sorte triste che attende nellaldil ai non
iniziati e quella felice dei purificati. Si sviluppa, parimenti, una cultura orfica delle formule, la cui antichit e diffusione
eloquentemente confermata dallarcheologia con il ritrovamento di tavolette dosso in tombe del V secolo da Olbia Pontica,
fondazione di Mileto, sulle quali compaiono parole di significato salvifico come vita (terrena)-morte-vita (vera), e le relative
copie di opposti menzogna verit-corpo-anima.
Sullorganizzazione di questi tiasi, anche per via del segreto misterico, siamo male informati. Le iscrizioni
della Magna Grecia offrono per qualche indicazione: gli adepti si chiamavano puri o santi e con diversi titoli
distinguevano il loro livello di adesione. E logico immaginare che nei riti, celebrati di notte, avesse buona parte la
rappresentazione del dramma vissuto da Dionisos, lo svelamento di un immagine fallica e la rivelazione di formule per laldil.
Gli autori cristiani fanno poi supporre la persistenza anche di un rito dionisiaco in cui si consumava carne cruda (omofagia), al
quale alludono gi Euripide e Aristofane, come rappresentazione simbolica e rituale della morte del dio, fatto a pezzi dai Titani,
oppure di Orfeo, sbranato dalle Menadi.
Con lellenismo i tiasi orfici e dionisiaci conobbero una rinnovata diffusione; non senza modifiche e
alterazioni. Un immagine frequente nelle fonti letterarie e archeologiche quella dei sacerdoti itineranti detti orficolesti, che
giravano per le citt recando libri e utensili sul dorso di un asino e che danno sovente limpressione di ciarlatani profittatori
della credulit popolare, che vendevano a poco prezzo ricette per purificare le coscienze, oracoli e formule magiche.
Confraternite intitolate a Dionisos continuarono a celebrare i loro misteri fino alle soglie dellera cristiana. Un iscrizione
ateniese del tempo di Adriano ci testimonia la presenza nella citt di un circolo di iobacchi con un preciso regolamento
interno, a Creta il ritrovamento di una lamina orfica in una tomba di Eleuterna documenta luso di tale formule ancora al tempo
degli Antonini e una scoperta analoga a Roma, nella tomba di Cecilia Secondina (I-II secolo d.C.) dimostra la loro diffusione
anche nella capitale dellimpero.
Quanto ai riti estatici propriamente intitolati a Dionisos, lesistenza di comunit organizzate per celebrarli
documentata non solo dal fiorire di un apposito simbolismo bacchico nellarte funerario (vasi, sarcofagi, stele) della Campania
e della Lucania, e in quelle decorativa (per esempio negli affreschi della cosiddetta Villa dei Misteri a Pompei, ma anche dalle
molte notizie sui circoli che un po ovunque consentivano di sperimentare la salvezza bacchica. Due testimonianze relative
allEgitto tolemaico e alla Roma repubblicana ci danno anche la misura del rischio sociale rappresentato dal ritualismo della
possessione dionisiaca, per la sua carica trasgressiva.
La prima offerta da un papiro della fine del III secolo a.C., contiene leditto col quale Tolomeo IV fece
censire tutti gli addetti ai circoli bacchici in Egitto, allo scopo di controllarne lulteriore espansione. Il secondo episodio noto
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come laffare dei Baccanali, che vennero vietati in tutta lItalia nel 186 a.C., con un apposito senato consulto. Si apprende da
Tito Livio e da una tavola in bronzo contenente il decreto senatoriale che i riti notturni in onore di Bacco erano stati istituiti a
Roma da un praticante di riti e indovino, venuto dalla Grecia e che furono repressi per la loro sfrenata lussuria.
Ma lepisodio e la sua condanna non fermarono la diffusione del culto, che ricondotto in forme non eversive
rientr infine tra le tante associazioni religiose riconosciute dallimperatore. Fornisce riprova di ci liscrizione del Tiaso di
Tore Nova, a sud di Roma, che sul finire del II secolo raccoglieva attorno alla nobile Agripinilla ben 400 aderenti. E ancora
larcheologia per concludere, a testimoniarci che quando gli scrittori cristiani lanciavano le loro accuse di oscenit contro i riti
di Dionisos e Orfeo, larte cristiana si era da tempo impadronita di queste figure salvifiche e aveva trasformato entrambi, gi
negli affreschi delle catacombe, in simboli del Cristo vincitore sulla morte.
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questa descrizione un po romanzesca, il candidato si preparava al rito digiunando, purificandosi e istruendosi per due
settimane circa. La parte centrale delliniziazione era costituita da un viaggio simbolico del devoto nelloltretomba fino alla
frontiera della morte. Tale viaggio imitava la vicenda di Osiride ed era mimato con uno improvviso di espedienti terrificanti e
bagliori di luci nella notte. Allo spuntare del giorno, rivestito di uno splendido costume, egli era mostrato alla folla come un
rinato Osiride.
Liconografia mostra la presenza, tra i simboli misterici, di una cista mistica, cio di un paniere che serviva
a contenere il vaso con lacqua sacra del Nilo, utilizzata per le purificazioni.
Non erano dunque riti cruenti a contrassegnare la salvezza iliaca, bens una grande fede nei poteri della dea,
che alla certezza del suo aiuto nella vita presente aggiungeva liete speranze per quella futura. Un graffito che un miste lasci
nel II secolo d.C. nel sacello della dea sottostante la chiesa di Santa Sabina a Roma consiglia ad esempio Credi in lei, non
mancare (di fede), purch tu non sia colpevole, stai di buon animo. E Apuleio, nella Metamorfosi, fa dire a Iside: Quando
avrai concluso la tua vita, mi ritroverai splendente nel buio del Acheronte, Regina delle regioni pi profonde dello Stige. Vivrai
nei Campi Elisei e frequentemente mi adorerai, perch ben disposta io sono verso di te.
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- I ritraici celebrano il suo culto principale con un banchetto nel quale, in teoria mangiano la carne del toro
immolato a Mitra, nella realt mangiano polli, maiali secondo i resti trovati nei mitrei, per i cristiani leucaristia il centro di
tutta la celebrazione.
- I ritraici no hanno un luogo determinato inaugurato e consacrato da un sacerdote e distinto da un tempio, si
radunano nei sotterranei delle terme, nelle camerette delle caserme, nelle case private; i cristiani avranno i suoi primi luoghi di
culto nelle case.
E tanti altri punti che si possono trovare.
A gli apologisti cristiani non sfuggono queste coincidenze e attaccano il mitraismo come una credenza
demoniaca, creata dal diavolo prima della venuta di Cristo per ingannare le persone. Giustino dice nella Prima Apologia 66,3-4
Gli apostoli , nelle loro memorie, che si chiamano vangeli, hanno tramandato che stato dato loro questo comando: Ges
dopo aver preso il pane e reso grazie, disse: Fate questo in memoria di me, questo il mio corpo, allo stesso modo, dopo
aver preso il calice e reso grazie, disse: Questo il mio sangue, e lo distribu solo a loro. Proprio questo hanno imitato i
cattivi demoni, nella tradizione dei misteri di Mitra: voi, infatti, sapete, o comunque potete imparare che nelle cerimonie di
iniziazione si pongono un pane e un calice dacqua accompagnando il rito con alcune formule., se le forme sono simili vero
che il fondo molto diverso, e questo limportante. Origene conosceva bene il mitraismo e cerc ci combatterlo, e afferma
che si arriva ad essere seguaci di Mitra per una errata conoscenza della verit. Nella sua opera contro Celso dice:
Nellaccogliere le dottrine bisogna seguire la ragione ed una guida razionale, perch chi accoglie il pensiero altrui senza
questa precauzione sicuramente passibile di inganno. I cristiani invece fanno proprio come quelli che, contro i principi della
ragione, prestano fede ai sacerdoti questuanti di Cibale, agli indovini, ai vari Mitra e Sabadii e al primo venuto.
Il cristianesimo perseguit tanto i mitraici che appena ci sono rimaste tracce di questo culto, e certamente nessun
documento diretto.
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BIBLIOGRAFIA
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- AA. VV., Dalla terra elle genti. La diffusione del cristianesimo nei primi secoli, ed Electa, 1996.
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- Giebel, Marion, I culti misterici nel mondo antico, ECIG, Genova, 1991.
- Merkelbach, Reinhold, I misteri di Dioniso. Il dionisismo in et imperiale romana e il romanzo pastorale di Longo,
ECIG, Genova, 1991.
- Ruggero, Iorio, Mitra. Il dio della forza invincibile, ed Marsilio, Venezia, 1998.
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Riti funerari.
Prima di entrare nel vivo del nostro tema necessario anzitutto analizzare quale era la concezione della tomba, della
morte e dei defunti presso i pagani e presso i cristiani, perch da questo presupposto si pu meglio capire il perch di alcuni riti
e usanze in campo funerario. E molto interessante risalire al significato primitivo della formula "sit tibi terra levis" che
troviamo presso le tombe dei pagani e che evidenzia la loro forte ripugnanza a calpestare le ossa dei propri cari. In effetti, in
tutte le epoche dell'antichit fu ritenuto tristissimo sacrilegio il violare la pace dei morti e peggio ancora, il negare la tomba agli
stinti, maggiormente se erano periti per azione generose, in tal caso dovevano essere venerati con onori pari a quelli degli dei.
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perch la stessa legge romana permetteva il seppellimento dentro le mura della citt del generale che aveva celebrato il trionfo:
si ricordi i casi di Cesare bruciato nel Foro Romano, le fonti narrano che subito dopo la morte di Cesare il Senato decret che,
nel luogo dove il suo corpo fu arso, con un rogo improvvisato davanti alla Regia, fosse innalzata una colonna di marmo
numidico con l'iscrizione "parenti patriae" e recante davanti un altare. Due anni dopo il Senato decret la costruzione di un
tempio a Giulio Cesare divinizzato realizzato 8 anni dopo da Ottaviano, che lo dedic il 18 agosto del 29 a.C.; lo stesso caso
per Traiano (98-117) che ebbe la sua sepoltura nella Colonna Traiana.
Come i romani non potevano essere seppelliti nella citt tentavano di seppellirsi il pi vicino a questa, cos i sepolcri
sorgevano lungo le vie consolari, le pi importanti avevano i sepolcri delle famiglie pi poderose e ricche, soprattutto la Via
Appia, ne aveva parecchi, ma anche le altre vie erano piene di sepolcri, si pensi alla Via Ostiense che da Porta Ostiense fino a
Ostia era piena di sepolcri, un chiaro esempio lo troviamo nella Necropoli Vaticana dove sorse una necropoli lungo la Via
Triunfalis, cosi anche in tanti altri casi.
La proibizione data nella legge delle XII Tavole ci da anche un ulteriore notizia, perch ci parla dell'esistenza di un
doppio rito: quello dell'incinerazione e quello dell'inumazione. Non possiamo stabilire quale fu il rito autoctono realizzato dai
romani. Gli etruschi praticavano le due tradizioni. Nel Foro Romano a gli inizi del secolo durante lo scavo dell'area si trov il
residuo di un sepolcreto arcaico che doveva occupare tutta l'area e posto in relazione con gli antichi abitanti del Palatino e del
Campidoglio, le tombe pi antiche sono a incinerazione e risalgono fino al XIV secolo a.C., poi alcune pi recenti di bambini a
inumazione con sarcofagi realizzati in un tronco di albero. In alcuni casi le urne cinerarie sono raffigurano le capanne dove
vivevano, ma anche erano collocati senza queste urne, ci sono altri esempi nell'ambito laziale. In generale nella Roma di et
repubblicana dal V secolo a.C. in poi, fino al I secolo d.C. il rito corrente era quello della cremazione. Ai tempi di Augusto
c'erano indifferentemente le due modalit, si pensa che si usasse una o l'altra secondo tradizione famigliari o voglie particolari.
La gens Cornelia si inumana, il primo membro della famiglia ad essere incinerato fu Silla, e proprio abbiamo la tomba dei
Cornelii Scipiones allinizio della Via Appia dove si trovano i sarcofagi dei membri della famiglia morti tra gli inizi del III
secolo e la met del II secolo a.C. Augusto, potenzia pi lincinerazione come un costume romano, e come sappiamo lui nella
sua politica tenta di potenziare tutto quello che era romano. Possiamo vedere anche una ragione per l'incinerazione nella
mancanza di posto, tutti sappiamo che l'inumazione occupa pi posto che l'incinerazione, e in una citt in continua espansione
come Roma verso la fine della Repubblica con le continue conquiste il suolo arriv a prezzi veramente esorbitanti.
Limbalsamazione non era molto praticata a Roma, abbiamo alcuni esempi per esempio il caso di Poppea, moglie di
Nerone che fu imbalsamata, e la bambina la cui tomba fu trovata nel 1964 lungo la Via Cassia databile alla met del II secolo
d.C., ma sembra che era figlia di un governatore romano a Palmira, ma sempre era considerato un rito non romano. Possiamo
pensare che qualche devoto dei riti misterici di Iside e Se rapide si facesse imbalsamare alla maniera egizia, abbiamo
testimonianza di mummie trovate a Roma al tempo di Sisto IV (1471-1484) e di Alessandro VI (1492-1503), ritornate a
seppellire perch il popolo credeva che erano corpi di santi.
Verso il III secolo d.C. sembra si ritorni all'inumazione, forse per influsso della cultura orientale, pensiamo che erano
le province pi ricche economica e culturalmente dell'impero, e anche per influsso del cristianesimo che durante questo
periodo si espande molto.
La seconda indicazione che ci da questa legge delle XII Tavole quella di non essere seppelliti dentro la citt, anche
se abbiamo quei due casi straordinari. Attualmente si possono trovare delle sepolture dentro il perimetro delle mura della citt,
si pensi al Foro Romano, al Quirinale, al Esquilino, ma questo dovuto al estendersi della citt. In origine le mura erano molto
pi ristrette di quelle che noi conosciamo adesso, quelle imperiali nate durante il regno di Aureliano (270-275), queste mura
hanno un perimetro di 19 chilometri, mentre quelle Serviane, fatte da Servio Tullio nel VI secolo a.C. e restaurate dopo
l'invasione galla del 390 a.C., avevano un perimetro di 11 chilometri, e prima di queste cera anche la Roma quadrata di
Romolo che comprendeva il Palatino e il Campidoglio. Pensiamo che l'Esquilino era una enorme necropoli con
abbondantissimi sepolcri, risanata soltanto in tempo di Augusto grazie al lavoro e dedizione del suo amico Mecenate, che ne
fecce un giardino privato, la famosa Villa di Mecenate, dove erano ospitati artisti e poeti. Solo nel periodo medievale tali leggi
furono definitivamente infrante.
Tutti gli uomini in et romana indistintamente dalla sua condizione sociale, avevano diritto a una sepoltura. I pi
ricchi ovviamente si facevano costruire grandi e sontuosi mausolei e i pi poveri erano sepolti in tombe terragne anonime o si
univano in un collegia funeraria per poter avere diritto a una sepoltura. La sepoltura oltre a conservare il corpo del defunto
aveva la funzione di perpetuare il ricordo del personaggio, per questo sorgevano lungo le vie consolari pi importanti.
Esisteva nella legislazione romana un "ius sepulcrum", cio un diritto al sepolcro che era valido per tutti, anche quelli
che erano stati giustiziati avevano diritto ad essere seppelliti. Per questo Giuseppe di Arimatea appellandosi a questo principio
pot chiedere il corpo di Ges e seppellirlo, lo stesso succeder dopo con la comunit cristiana che riuscir a seppellire i corpi
di Pietro e di Paolo anche se erano stati giustiziati.
Quando si seppelliva qualcuno in un luogo il pezzo di terra diventava sacro e non poteva essere profanato, era
consacrato ai dei Mani, per questo tutte le tombe pagana, e all'inizio anche alcune tombe cristiane per abitudine, portavano la
consacrazione a questi dei con le lettere D.M. Il luogo religioso consacrato ai Mani dei morti ha un carattere strettamente
inmobiliario nella tradizione giuridica romana, e su questo si fonda il principio di inamobilit assoluta delle tombe. Il giurista
Gaio, vissuto nel II secolo d.C., nella sua opera "Istituzioni" ci dice: "ognuno pu creare per la sua volont un luogo religioso,
portando un morto in un luogo". La deposizione provvisoria era consentita nella legislazione per quelli che morivano lontani
dalla patria e dovevano essere trasferiti, ma la violazione di una tomba era considerata un fatto gravissimo, un "sacrilegium";
per togliere i morti da un luogo si voleva un permesso espresso del Pontifex Maximus.
Durante il periodo romano, severissime pene (compresa quella di morte) proteggevano le sepolture da eventuali furti o
profanazioni. Il "locus religiosus", ovvero l'area che conteneva anche solo una tomba, era considerato inviolabile. Un
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documento curioso su questo punto lo troviamo nella corrispondenza di Plinio il Giovane con Traiano, Epistola 68. Plinio
consulta l'imperatore come Pontificie Massimo, su il caso degli abitanti delle province orientali che lui governa: quando una
tomba minaccia rovina o si trova in un corso d'acqua, si dovr permettere il trasferimento delle ossa o si dovranno rispettare le
leggi romane? Nella sua risposta Traiano dice che sarebbe troppo rigoroso esigere a questi provinciali il ricorso
all'amministrazione religiosa della capitale, il proconsole potr giudicare dalla sua ragione e secondo i casi dare o negare il
permesso di traslazione delle ossa. Ancora vivi, gli antichi romani si
preoccupavano di costruire la propria ultima dimora, spesso senza badare a spese, ornandole con sfarzose decorazioni e ricchi
particolari architettonici. Nel rispetto del defunto, la stessa cosa poteva essere eseguita dai parenti del caro estinto, qualora
questi, per qualche motivo, non avesse avuto modo di pensarci in tempo debito.
Anche i pi poveri ambivano al possesso di una tomba. I lavoratori erano divisi in corporazioni, queste le possiamo
comparare con i nostri attuali sindacati, ma non era per difendere i diritti dei lavoratori contro il patrono, ma contro le altre
corporazioni, e soprattutto si preoccupavano della solidariet con i membri della corporazione. Quando moriva un membro si
faceva una colletta per aiutare alla famiglia nelle prime difficolt e si preoccupavano del seppellimento. Questo era molto
importante per quelle persone che non avevano una famiglia che si occupasse di loro dopo la morte. Durante tutto l'impero si
contano numerose associazioni funebri, composte sempre da gente povera, che sotto il patrocinio di qualche divinit e
autotasandossi, riuscivano ad arrivare ad una cassa sociale, che unita al magnanimo contributo di qualche facoltoso, permetteva
di acquistare un appezzamento di terreno sul quale costruire i sepolcri e il luogo in cui seguire la conviviale funebre.
Per gli antichi romani non poteva esistere una sventura pi grande di quella di vedersi privati della propriet della propria
tomba, allo stesso modo, gravissimo era per un vivo negare la sepoltura ad un morto. Essi erano convinti che l'anima, una volta
lasciato il corpo, vagasse disperata qualora non fosse stata costruita una tomba e quindi, quando si dava per certa la morte di un
individuo del quale per non era stato rinvenuto il cadavere si costruiva un cenotafio, che ovviamente rimaneva vuoto, e con
canti particolari, si invitava ad abitarlo.
Il pericolo di profanazione di una tomba era evidente, forse per rubare quello di valore che ci poteva essere, gioielli,
doni, regali o anche, pi frequente, per occupare il posto con un altro defunto. Per difendersi di queste profanazioni i
proprietari collocavano iscrizione nelle quali maledivano quelli che avessero violato la tomba come "Tu che profane la mia
tomba avrai la tua punizione". Non si sa quanto potere effettivo avessero queste maledizioni; altri usano altre difese come il
pagamento di multe, "Chi profane la mia tomba dovr pagare 2.000 sesterzi alle Vestali", forse questo sistema era pi efficace
perch c'era qualcuno interessato in prendere dei soldi.
Le iscrizioni indicano come gli eredi non avevano diritto alla tomba, cio potevano disporre dei beni mobili o
immobili del defunto ma non della sua tomba per collocare altri defunti o toglierli per mettersi lui. In alcune tombe troviamo le
seguenti iniziali: H.M.H.N.S. "Hoc Monumentum haeredem non sequitur", (questo monumento non appartiene a gli eredi.)
3.- Credenze pagane su i morti.
I romani credevano che i dei mani erano delle entit occulte e misteriose, i doppi dei defunti chiusi nella loro
abitazione sotterranea. Se il cadavere non era ben fermato in una tomba la sua anima poteva venire a tormentare e spaventare i
vivi. Quando un corpo non era ritrovato si costruiva una tomba vuota perch potesse riposare l'anima del morto.
I romani anche onoravano i loro morti in diversi momenti lungo l'anno con una mescolanza di amore verso i loro cari,
ma anche con molto timore e superstizione verso questi. Le date pi importante sono
- Il giorno dell'anniversario della nascita del defunto, giorno nel quale di solito si faceva una piccola festa nelle
vicinanze della tomba del defunto nella quale si mangiava e si beveva in ricordo della memoria del defunto, questa era una
festa famigliare e intima.
- Le parentalia. Era festa sociale, 9 giorni di festa che iniziavano il 13 febbraio e finivano il 21 con i Feralia e il 22 con
i Caristia o Cara Cognatio. La durata di 9 giorni rispetta la novendalia che veniva osservato alla morte di una persona e che
andava dal momento della sepoltura a quello di un altra cerimonia comprendente un sacrificio e un banchetto in memoria del
defunto. Era un festivit riservata ai morti della famiglia, agli antenati. La festa si svolgeva in ambito sia pubblico che privato.
Nel primo caso i parenti si radunavano presso i sepolcri dei propri cari dove offrivano corone floreali, farro, grani di sale, pane
inzuppato in vino e posto in un coccio abbandonato sulla strada insieme a delle viole, ma soprattutto si facevano preghiere e
piet filiale, come sottolinea Ovidio. Pubblicamente c'era un sacrificio offerto a Quirino-Romolo, padre dei romani, offerto
dalle Vestali. Il 21 febbraio c'era la festa dei Feralia, da ferre (portare), in riferimento ai doni che si portavano ai morti in questa
data. Tutto finiva il giorno seguente, 22 con la festivit della Caristia o Cara Cognatio, cio "i cari consanguinei", questa festa
era destinata a risaldare e rinnovare i legami di parentela con i famigliari vivi, eliminando eventuali discordie sorte durante i
mesi trascorsi, e fare una sorta di censimento dei componenti famigliari superstiti. In occasione di questa festa si facevano
riunioni famigliari con banchetti solenni, ai quali contribuiva ogni membro e si rinnovava il culto dei Lares familiares, questi
venivano venerati offrendo loro uva, grano, favi e focacce, ma anche vino, incenso, fiori e maiali.
- Lemurie. E l'altra grande festa dedicata ai morti durante il 9, 11 e 13 maggio. una sorta di cerimonia di esorcismo
che avveniva in varie sessioni. Le Lemures erano le ombre vaganti di uomini morti anzitempo, che in questo periodo
invadevano il mondo dei vivi e quindi andavano controllati medianti riti apotropaici. Erano gli spiriti di coloro che non
avevano ricevuto sepoltura. La tradizione voleva che questa feste fosse stata istituita da Romolo per placare lo
spirito di Remo, da lui ucciso prima che potesse aver compiuto tutta una serie di azione, come fondare la citt, creare una
famiglia... Se Romolo era il "parens" per eccellenza, Remo era il prototipo delle larve vaganti (lemures) che essendo morte
prematuramente potevano ancora insidiare il mondo dei vivi. Come gi abbiamo visto i romani davano una grande importanza
alla sepoltura, chi non aveva ricevuto sepoltura, perch nascosto, introvabile, uccisi... si convertiva in lemure, ossia in anima
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dannata. Il rituale che si realizzava in questa occasione lo conosciamo attraverso la descrizione che ci da Ovidio (Fasti V,
129ss.). Nel rituale prima si faceva un esorcismo dentro casa, perch queste lemurie venivano nelle case a disturbare i
colpevoli della non sepoltura. Il capofamiglia a mezzanotte a piedi scalzi faceva schioccare le dita per allontanare gli spiriti e si
lavava le mani con acqua pura, poi si riempiva la bocca di fave nere e le lanciava indietro una ad una dicendo "con queste fave
redimo me i miei", la fave erano l'alimento dei morti nell'antichit. Compiuto questo si lavava nuovamente le mani per calmare
la fame di queste lemurie. Poi con oggetti contundenti faceva un grosso rumore dicendo "Mani paterni andatevene". Dopo
questa cerimonia si faceva un altra pi spettacolare, i fedeli andavano in processione per le strade della citt in zig-zag
percuotendo oggetti metallici e facendo un grande rumore, fino ad arrivare al Ponte Sublizio dove gettavano nel fiume delle
fave e altri oggetti in modo di calmare questi spiriti
Oltre a queste feste in altri periodi dell'anno, il 24 agosto, il 5 ottobre e l'8 novembre si apriva a Roma il mundus, cio
la porta del mondo infernale e i morti usciti dalla terra, invadevano la citt e sedevano ai banchetti in compagnia dei viventi. La
loro presenza era simbolicamente contrassegnata dai posti vuoti.
- I Mani erano gli spiriti dei morti. Essi erano in genere considerati buoni ma, se in vita avevano ricevuto dei torti, in
quelle occasioni potevano vendicarsi. Ad ogni anniversario della morte, dunque, si eseguivano riti propiziatori e soprattutto
offerte, per placarli. Intorno al defunto, ed al cadavere di questo, erano sorte gi dai primi anni di Roma delle leggende e
superstizioni. I Romani, pur onorando i propri morti con sontuose funzioni religiose e ricchi sepolcri, nutrivano una certa paura
per ci che il cadavere potesse rappresentate. Alcuni avvenimenti catastrofici potevano essere legati, secondo loro, alla
presenza nefasta e malefica di un cadavere.
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con la toga-pulla, una veste scura in segno di lutto, gli uomini con il capo coperto e le donne con le chiome sciolte. di solito
questo corteo si svolgeva di notte alla luce di torce, seguendo l'antica usanza romana.
Arrivati al Foro Romano le personalit e le autorit salivano su i Rostra, era il momento di celebrare la "laudatio
funebris" che aspettava al figlio primogenito dichiarato erede dal morto e ora "pater" al posto del defunto, o ad un altro
famigliare o amico intimo. L'oratore poneva fine al suo discorso invitando i presenti ad accompagnare il morto al crematorio,
ustrina, che si trovava nel Campo Marzio o al sepolcro di famiglia per darli l'ultimo saluto.
Arrivati al luogo della sepoltura o del rogo i libitinari collocavano la salma sul ripiano alto della macchina lignea della
pira che con i suoi piani, addobbi, profumi.... conclamava la gloria del morto e la potenza della famiglia. Sul rogo venivano
accumulate vesti, armi e i simboli delle magistrature esercitate dal morto in vita, cani e cavalli e gli animali cari al defunto e
profumi, e cibi e olio. Ai parenti maschi era il compito di dar fuoco alla pira, questi davano via alle fiamme infilando fiaccole
accese ai quattro angoli con i volti indietro perch il morto non vedesse chi attizzava il fuoco alla pira e non riconoscesse chi
alimentava il fuoco distruttore.
Sui carboni e sulle ceneri finali si versava vino a spegnere il fuoco, i becchini procedevano a raccogliere i resti di ossa
e ceneri , raccolte, lavate con vino e sparse di oli profumati venivano disposte dentro di olle funerarie. Chiusa l'urna, sigillata,
era purificata dal sacerdote spargendo acqua lustrale, erano presenti al rito chi aveva contratto impurit per il contatto con il
cadavere, le ossa o le cenere del defunto. Poi si faceva un nuovo corteo per accompagnare il morto al luogo della deposizione.
Nella casa del defunto i parenti tornati dalla cremazione procedevano alla purificazione della casa contaminata dalla
presenza del cadavere. Questa veniva fatta durante le "Feriae Novendiales" con le quali si chiudeva il lutto strettissimo, al nono
giorno. Durante questi giorni nella casa restava spento il fuoco, il cibo veniva portato da parente o amici. Il periodo di lutto che
seguiva la sepoltura comportava diverse celebrazioni in onore del defunto il 3, 7 o 9, 30 o 40 giorno della morte, che di solito
erano dei banchetti in onore del morto, nessuno poteva asportare le vivande poste sul tavolo in onore del defunto. I pagani
celebravano il giorno della nascita del defunto, non della sua morte che era considerato un giorno nefasto. In onore di morti
eccellenti si davano anche giochi gladiatori.
Poi si realizzava un ritratto del defunto, di solito grazie a una maschera funebre, che era conservato in appositi armadi
negli atri delle dimore patrizie, per poi ingrossare gli antenati famigliari. Questa usanza non fu accettata per i cristiani.
Anche si facevano banchetti in onore del morto vicino alla tomba dove era seppellito.
Se per un caso il defunto non poteva essere seppellito subito si realizzava il rito del dell'ossilegio, che prevedeva il
seppellimento di un osso del morto e si considerava gi tutto il morto seppellito. Il periodo di attesa era considerato nefasto per
la famiglia, per i parenti e per coloro che abitavano nella zona dove si era verificato il decesso, per annullare tale momento
negativo, che poteva essere pi o meno lungo, si tagliava un ossicino dal cadavere e lo si gettava nella fossa... bastava il gesto
insomma. Abbiamo un esempio di questa pratica ben rappresentato nel Colombario di Pomponio Hylas, l in un botola scavata
nel pavimento coperta da una lastra marmorea, sono state rinvenute centinaia di ossicini appartenuti a cadaveri che per qualche
motivo avrebbero dovuto attendere un certo periodo prima di essere cremati.
Questi riti si facevano nei casi dei cittadini pi ricchi, per i pi modesti o poveri si realizzava in maniera pi intima e
povere, in genere si bruciavano, le sue ceneri erano raccolte in appositi vassoi in terracotta e poi deposti in un colombario. Di
solito le persone povere o modeste non avevano una sepoltura propria ma prevedevano a questa attraverso un associazione o
gruppo di persone, perch il terreno in et romana era molto caro e non tutti si potevano permettere un mausoleo. Molti liberti
erano seppelliti insieme con i suoi padroni come attestano molti iscrizioni sepolcrali, perch erano considerati come parte della
famiglia anche dopo la sua affrancatura.
Se il plebeo moriva giustiziato per reati comuni il cadavere poteva essere richiesto da famigliari o amici ed essere
sepolto secondo la tradizione, ma si moriva per reato di lesa maest contro Roma o contro il popolo romano o contro
l'imperatore veniva lasciato in una fossa comune.
Il mestiere del becchino era considerato il pi vile in assoluto e coloro che lo esercitavano erano visti con disprezzo.
Venivano chiamati con un appellativo dispregiativo, vespillones, ed identificati con la stessa immagine della morte.
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In rapporto con il rito, visto che i cristiani non nascono nel seno di una famiglia e appartengono a diverse culture, i
primi cristiani continuano a comportarsi secondo le regole e le tecniche funebri della societ nella quale vivevano. Possiamo
dire che all'inizio non esisteva un rito particolare che facesse differenze, se non regolamenti generali che venivano eseguiti. Il
funerale cristiano si caratterizzava per la preghiera, quando il defunto doveva lasciare questa vita si recitavano le
raccomandazione dell'anima prima e dopo la morte, ma il rito del funerale era in sostanza quello pagano, si continuava a
celebrare il rito della conclamatio, che ancora osservato in occasione della morte del Sommo Pontefice, poi gli si chiudono gli
occhi e la bocca e viene lavato e profumato e veniva avvolto con un lenzuolo. I cristiani non si lamentavano come facevano i
pagani, ma i parenti e amici sono invitati a cantare salmi. Sembra che le preghiere fossero riservate al sacerdote.
Il corpo veniva esposto nella casa adornato con fiori, usanza che dest la riprovazione di Tertulliano (de Cor. 10,13;
Clemente di Alessandria Paed II, 73,1; Minucio Felix, Octavius 38,3), ma fu molto usata dai cristiani (Eusebio H.E. VI, 5,6;
Gregorio I Dial 4,47). Poi il corpo si portava nella chiesa, a somiglianza delle usanze monastiche. Si accendevano delle luci e
si bruciava incenso. La si pregavano salmi e preghiere diverse. Dopo si realizzava il corteo funebre, all'inizio seguendo la
tradizione romana si faceva di notte, come attesta Cipriano (Act. Cypr. 5,6) ma poi durante il IV secolo si comincia a seppellire
di giorno. La salma raggiungeva il cimitero trasportata con una carretta a quattro ruote, la carruca, chi aveva un importante
ruolo ecclesiastico veniva trasportato a spalle dei vescovi. Il corpo era coperto da una stoffa, ma la testa era scoperta. Se il
corpo era di un martire dopo la cerimonia si facevano delle brandea di questa stoffa. Durante il percorso si cantavano salmi e
inni e i fedeli portavano ceri accessi.
Arrivati al cimitero la barella viene deposta a terra, la famiglia si congeda con il morto baciandolo e il corpo viene
avvolto in un panno di tela, spesso legato con una cordicella che venivano tranciate molto fortemente, tanto che alcune
rappresentazioni ci fanno pensare a una mummia, ma non si tratta di un imbalsamazione per la sua conservazione. Questa
maniera si vede in alcune rappresentazione della resurrezione di Lazzaro. Dopo il corpo viene collocato nella tomba su un letto
di fiori e comparso di uno strato di calce viva onde evitare possibili contaminazioni. In un secondo periodo tale rito viene
ridotto enormemente, si spargono sul cadavere solo poche gocce di mirra o balsamo. Poi la tomba viene chiusa e sigillata. Per
riconoscerla viene apposto un contrassegno, che pu essere un iscrizione sulla lastra di chiusura con l'indicazione del nome del
defunto, del giorno e del mese di deposizione, talvolta anche dell'anno. Infine si appoggiava di fronte al loculo una lucerna
accesa per ricordare la luce eterna della fede.
Anche se i cristiani per il modello di semplicit di vita che aveva scelto fuggirono degli aromi e profumi , e anche dei
fiori non sempre fu mantenuta questa premessa, conosciamo una disputa che si ebbe fra un tale Ottavio e Sicilio propriamente
rispondendo a Sicilio Ottavio disse "Tu mi accusi a me e ai cristiani di non usare fiori, ma noi celebriamo i nostri morti con la
stessa serenit con la quale ci siamo comportati in vita, e di fatto noi non abbiamo corone di fiori perch si seccano".
Difendendo l'inutilit de la esteriorit per affermare i principi della spiritualit che il principio fondamentale del funerale
cristiano che all'inizio fu molto semplice. Ma con il tempo si dimenticano queste costumi e si ritornano alle costumi pagane
con i morti pi ricchi sepolti con corredo, abiti di oro.
Mentre mancano quasi del tutto oggetti preziosi, si nota che, specialmente verso gli ultimi anni dell'impero, i cadaveri
venivano seppelliti con vesti ricche e sontuose, non che piccoli oggetti come collane, monete, gemme, medaglioni, e per ci
che concerne le tombe di bambini, giochi, giocattoli, dadi in osso, bambole, burattini e specchi.
La cerimonia funebre religiosa comprendeva anche il sacrificio eucaristico, secondo quanto ci dice Agostino dei
funerali di sua madre (Confessioni IX,12), e il banchetto funebre o refrigeri celebrato nelle vicinanze chiudeva il funerale, che
parleremo dopo.
Il periodo di lutto fra i cristiani era come quello pagano, 3, 7/9 e 30/40 giorno della morte, ma celebravano un
banchetto e una celebrazione eucaristica. Poi ogni anno si celebrava il "dies natalis" o giorno della morte, come nascita alla
nuova vita del cielo e anche nei giorni dei Parentalia, il giorno 22 febbraio dedicato ai Caristia, dove le famiglie si
riconciliavano la Chiesa gi all'epoca della Depositio Martyrum, il pi antico calendario della Chiesa di Roma, del 336 circa,
colloca la festa in Natale Petri cathedra. Tutte le feste prevedevano il sacrificio eucaristico e il banchetto funebre.
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Accanto al banchetto funebre si continu a realizzare l'usanza della libagione, cio dell'offerta di alimenti al defunto.
Se i refrigeria era un banchetto con connotazioni famigliari e escatologiche, le libagioni erano un atto puramente religioso, con
l'idea di dare sollievo al defunto introducendo nella tomba attraverso dei fori appositamente realizzati bevande e cibi, secondo
un rituale molto usato nel mondo romano. Sant'Agostino ci da una preziosa testimonianza di questo rito quando narra la visita
di sua madre, Santa Monica "ad memorias sanctorum" a Milano, secondo l'usanza africana, ma fu cacciata dal custode del
cimitero per ordine di Sant'Ambrogio che aveva proibito questa usanza pagana.
L'atteggiamento della Chiesa di fronte a questa abitudine funeraria pagana chiamata silicenium, fu generalmente
tollerante, la gente era molto abituata a questa devozione, ma a gli inizi del III secolo, in Africa questa pratica non era accettata
per essere considerata pagana secondo ci dice Tertulliano nel De Spectacoli XII,4 e per l'immoralit alla quale si arrivava in
certe occasioni, dobbiamo pensare che nelle feste in onore dei morti pagane c'era tutto meno il dolore, si scherzava e anche
qualche volta grossolanamente, e il banchetto passava a degenerare in incredibili abbuffate e ubriacature. Possiamo supporre
che nei refrigeria cristiani la situazione non fosse molto dissimile, e per questo Cipriano nella sua Epistola LXVII.6 no li vuole
accettare. Ma poco dopo quest'uso ha dovuto essere accolto dalla Chiesa, forse per l'insistenza di molti cristiani, come si pu
desumere dai graffiti lasciati da molti cristiani nella "Memoria Apostolorum". Se Agostino ci dice che si tratta di una
concessione temporanea pur stigmatizzandola Epistola XXII,6, a questa partecipavano anche dei vescovi, come il caso del
vescovo spagnolo di Menda del quale ci parla Cipriano in una lettera, Epistola LXVII. L'ostilit della chiesa verso questa
pratica si fu facendo ogni volta pi esplicita, fino a condannarla esplicitamente nel 385. I banchetti funebri furono condannati
da Sant'Ambrogio a Milano nel 385, e nel 397 un concilio di Cartagine ne viet la pratica ai vescovi limitandosi a sconsigliarla
ai laici. Ma per le fonti letterarie possiamo affermare che questa abitudine si mantenne fino al VII secolo, dovuto a gli
interventi dei vescovi e dei pontefici che troviamo fino a quest'epoca.
Mentre mancano testimonianze monumentali degli spazi destinati ai riti religiosi del funerale, certamente presenti nei
cimiteri paleocristiani, forse perch si sviluppavano nella zona sopraterra della catacomba, che andata distrutta, dovuto a che
l'ambiente angusto, buio senza luce ne aria delle catacombe impedivano il raduno di un gruppo consistente di cristiani dentro
delle catacombe. Nelle Confessioni di Sant'Agostino, IX,32 abbiamo la descrizione dei funerali di Santa Monica. Abbiamo una
testimonianza di questa usanza nell'atrio esterno all'ipogeo dei Flavi, nelle catacombe di Domitilla, le cui strutture, dopo la
cristianizzazione e l'ampliamento del nucleo primitivo, si arricchirono, con la creazione di una grande sala con bancali, di un
vano con pozzo e una cisterna, in funzione della celebrazione delle riunioni conviviali in onore del defunto. Anche in alcune
catacombe si riconoscono alcuni ambienti destinati alle celebrazioni in onore dei defunti. Interi ambienti, privi di sepolture,
decorati con rivestimenti marmorei, con bancali alle pareti, come troviamo nel ipogeo degli Acilii nella catacomba di Priscilla,
o in alcuni cubicoli dotati di una bella mensa rivestita di marmo nelle catacombe dei Santi Marcellino e Pietro.
Forse possiamo collegare all'usanza pagana delle libagioni ai defunti con il corredo che troviamo in molte tombe. In
alcune sepolture, soprattutto nelle catacombe possiamo vedere fondi di vasi dorati spezzati, che sempre sono stati interpretati
come segno di riconoscimento della tomba della persona cara stinta o come resto di un oggetto caro usato dal defunto, per
facendo attenzione ai refrigeria in onore del defunto e all'usanza apotropaica della rottura mistica dell'oggetto usato durante il
pasto funebre possiamo. Anche l'inserimento di un piccolo dono, gi sia una moneta dentro della tomba del defunto come
pagamento a Caronte che fa passare l'anima per la laguna Esfingia, o alcune monete collocate nella malta della tomba o altri
utensili personali usati dal defunto che pu essere un simbolo di riconoscimento, o avere una valenza apotropaica di difesa
della tomba della persona cara.
A partire della met del secolo III compaiono nelle pareti delle catacombe scene di refrigeria nelle quale in occasioni
partecipa anche il defunto, forse anche come allusione al convito celeste.
I cristiani, apprezzavano solamente il motivo primo della riunione a mensa. Ricalcarono dunque gli aspetti pi puri e
il loro convito, che ben presto prese il nome di agape funebre , assunse nuovi principi. I cibi dei cristiani differivano poco dai
pranzi dei suoi contemporanei, tolto soltanto per una maggiore frugalit e la scelta di alimenti poveri, fra i cristiani di solito si
mangiava: pane, pesce, vino, acqua, talvolta latte. Si dovevano evitare gli alimenti che stuzzicano l'appetito, ma era permesso
far uso di cipolle, olive, legumi, latte, formaggio e di vivande cotte, ma senza salse. Il vino poteva essere usato ma con
moderazione, seguendo i costumi dell'epoca si beveva il vino mescolato con acqua, 3/5 o 2/3. Ci lo ricorda Clemente
Alessandrino in un capitolo del suo "Pedagogo", che era un sorta di buon comportamento del cristiano, dice "Se gli altri uomini
vivono per mangiare no mangiamo per vivere, per questo la nutrizione deve essere sempre estremamente semplice, mai
raffinata, facile da assumere e propizia alla digestione, per evitare qualsiasi indisposizione e per mantenersi sani e sobri".
I paganti avevano la costume di versare sulla tomba dei loro cari alimenti solidi, latte, vino o
miele sulla tomba del loro caro stinto, c'erano dei tubi appositamente disposti che arrivavano fino al luogo dove
riposava il morto, ci sono molti casi di questi. Per far questi pratiche i parenti e amici pagani del defunto si radunavano presso
il sepolcro su una terrazza costruita al di sopra di esso adornata di giardini, pozzi...
Il convito cristiano pur mantenendo la dinamica e le manifestazioni esteriori di quello pagano, acquista un nuovo
spirito, quello di giovare all'anima del defunto. I pasti si celebravano nel giorno della morte del defunto, ossia del "dies natalis"
al cielo. La presenza del defunto era molto sentita in questi momenti come testimoniano i reperti archeologici rinvenuti.
I cristiani per erano pur sempre romani, alla fin fine la loro cultura non era certo tanto dissimile da quella pagana.
Ecco dunque che dopo un certo periodo anche le loro agapi funebri si tramutarono in orge sfrenate, dimenticando velocemente
il senso religioso della riunione conviviale. Vano fu il tentativo di abolire, da parte dei padri della chiesa tali usanze,
condannandole ripetutamente. Abbiamo diverse attestazioni di Tertulliano e Agostino che alla fine del IV secolo tentano di
ridimensionare il fenomeno, per sin prendere provvedimenti definitivi che potrebbero creare molti disaggi e un ritorno al
paganesimo di alcuni cristiani.
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Con il tempo questi pranzi famigliari diventano feste della comunit e pian piano, si passa a fare banchetti di carit
dando da mangiare ai poveri, con il pretesto di onorare l'apostolo Pietro, si organizzava quotidianamente un convito nei portici
o nell'atrio di una basilica, moltissimi poveri e vagabondi potevano rifocillarsi un po'. San Paolino di Nola ci ricorda il pranzo
dato da Pammachio a vedove, orfani e poveri in occasione di un banchetto che egli organizz a San Pietro in Vaticano nel 397,
in suffragio dell'anima della moglie Oltre ai cibi veniva distribuito il vino, e naturalmente da questo all'ubriacatura il passo
brevissimo. Ci nonostante, tale antica usanza si perpetu fino al XIV secolo. Ancora oggi, soprattutto in alcune zone del
meridione, l'usanza del pasto funebre regolarmente seguita ma per fortuna non sembra arrivi alla degenerazione causata dai
fumi del vino.
8.- Culto dei martiri.
Martire, un termine greco che significa "testimone", cio il martire il testimone per eccellenza perch ha
testimoniato con la vita la sua fede. Dal primo martire, Cristo, ci sono stati molti martiri nella Chiesa, Stefano (atti 6-7), gli
apostoli, il primo Giacomo Atti 12, 1-3), i martiri romani della persecuzione di Nerone, i martiri di Domiziano Dopo in
tempi di Traiano, Marco Aureli... Persecuzioni di tutta la Chiesa contro i cristiani come tali soltanto ce ne sono tre: 250, 258,
303-305.
I martiri si convertono in santi patroni che intercedono davanti a Dio per i vivi, e intorno alle loro tombe si sviluppa
un culto martiriale molto forte, tutti i cristiani volevano essere seppelliti vicino alla tomba di un martire. Questo fa che vicino
ai luoghi dove era deposto qualche martire la catacomba sia pi sfruttata, e in molti casi sia andata pi in rovina che altre parti,
questo un indizio per supporre l'esistenza di una tomba venerata. I cristiani andavano alle tombe dei martiri per pregare,
chiedere aiuto e protezione. Quando le catacombe a partire del V secolo non furono pi in uso per seppellire si mantennero
soltanto come luogo venerato come tomba di martiri, si facevano dei percorsi obbligatori che i pellegrini dovevano realizzare.
Vicino alla tomba di un martire i fedeli lasciavano dei graffiti per testimoniare il suo passaggio e la sua petizione a questo o
all'altro martire. Questo stato molto utile per gli archeologi per identificare il luogo dove si trovava un martire.
Tute le tombe dei martiri durante i secolo VIII-1X furono portate dentro la citt perch la campagna era diventata
insicura dovuto alle invasioni, alla caduta del potere amministrativo della citt... e i Papi decisero di portare le reliquie dei
martiri a luoghi pi sicuri. Tutti i martiri, meno uno furono portati dentro le mura di Roma, dico meno uno perch nel 1845 si
ebbe una fortunata scoperta. In quest'anno si scopr la Catacomba di San Ermete sulla Via Salaria Vecchia. Si tratta del caso di
San Giacinto, l'eccezionalit deriva che nel 1845 fu ritrovata intatta la sua tomba, l'unica tomba di un martire intatta che sia
mai ritrovata, ancora chiusa con la latra marmorea originale; l'iscrizione era molto semplice e toglie ogni dubbio sull'identit e
qualifica del defunto, dice: "Deposto 11 settembre il martire Giacinto", pur non specificando l'anno si risale facilmente, tramite
le fonti letterarie, al 258, durante la persecuzione di Valeriano. Giacinto era stato sepolto vicino al fratello Proto, ma la sua
tomba si trovava in basso, al livello del pavimento della cripta, spesso soggetta ad allagamenti per infiltrazioni idriche. Si
pens quindi di rialzare il piano con terra e calcestruzzo, cos che il sepolcro venne occultato alla vista. All'epoca delle
traslazioni, pur essendo la presenza di quel loculo segnalata da un epigrafe fatta apporre dal prete Leopardo alla fine del IV
secolo, erroneamente si portarono via le reliquie di un fedele comune, che giaceva vicino alla tomba di San Proto,
scambiandole per quelle di San Giacinto.
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BIBLIOGRAFIA
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Catacombe cristiane.
Anche se nel corso della storia le catacombe sono state caricate da aneddoti e da leggende sui primi cristiani
e queste sono fortemente radicate nella cultura popolare, pur non essendo confermate dai risultati degli studi scientifici
moderni, i cimiteri paleocristiani costituiscono una testimonianza interessante e suggestiva della chiesa antica. Abbiamo visto
come i cristini non diferiscono molto nelle sue abitudini e negli usi funerari dalle usanze dei loro coetanei pagani. I cristiani
assorbirono quasi integralmente gli usi e i costumi funerari dei popoli in cui penetrarono, in modo speciale prendetero, come
gi abbiamo visto, gli usi funerari dei romani, cultura predominante nellepoca nella quale nacque il cristianesimo. Nelle
usanze funerarie, le consuetudini dei diversi popoli compresi nellorbe romano presentano un fondo comune che la nuova
religione muter soltanto in alcuni aspetti secondari, limitandosi nel suo sforzo iniziale a correggere o a tralasciare ci chera in
contrasto con la propria dottrina. Un aspetto importante era che tra i cristiani per motivi teologici, cio aspettavano la
risurrezione del corpo, non si usava lincinerazione ma sempre si usava linumazione. Un punto di attenzione possiamo farlo
verso il giudaismo, del quale il cristianesimo un diretto erede, perch i giudei adottarono sempre il rito dellinumazione
usando vari tipi di sepolcri, dagli ambienti scavati nella roccia, come la sepoltura di Ges, a sarcofagi, tombe terranee. A Roma
sono attestate 5 catacombe ebraiche.
I cristiani a differenza dei pagani si seppelliscono nei cimiteri. Qui gi troviamo una differenza teologica nel
termine, che viene da una diversa concezione della morte. I pagani si seppelliscono nelle necropoli, letteralmente citt dei
morti (necros in greco vuol dire morte e polis citt). Cimitero anche un termine greco proveniente dal verbo Koimao,
koimeterion, coemeterium in latino, in senso comune era il cubicolo, il luogo dove si dormiva, ma viene usato nel senso di
luogo di sepoltura dei morti tra i cristiani. Questo termine era estraneo ai pagani, dovuto al senso che aveva tra loro la morte.
Nel rescripto di devoluzione dei possedimenti cristiani fatto da Galieno nel 260 e riportato da Eusebio di Cesarea nella Storia
Ecclesiastica VII, 11,10 e 13 si dice: i cos detti cimiteri, perch non riuscivano a capire.
Questo termine sar molto usato negli scritti cristiani, per esprimere la fede nella risurrezione. La morte non
altro che un sonno, e un giorno dovremmo svegliarci. Per questo in molte tombe cristiane si trova il termine depositus,
depositato, vuol dire lasciato per alcun tempo in attesa della risurrezione. Trovare questo termine in una tomba, anche se si
tratta di una necropoli, gi ci sta indicando che si tratta di una tomba cristiana. Un esempio lo troviamo in una tomba del
Mausoleo degli Egizi nella Necropoli Vaticana. Anche per i pagani la morte era un sonno e cos la vedono alcuni poeti e si vede
in molte decorazioni sepolcrali pagane, ma mai ha la profondit e gli sviluppi cristiani della fede.
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interrato Pietro in Vaticano. Un altra forma di sepoltura molto diffusa era lutilizzo di anfore per ottenere la tomba. Lanfora
veniva spaccata in senso longitudinale e il corpo era sistemato nella cavit. Naturalmente una sola anfora bastava per il corpo
di un bambino, per una persona adulta si dovevano usare due o tre anfore, opportunamente troncate alle estremit.
Luso da parte dei cristiani di aree subdiali o sotterranee per la sepoltura dei soli fedeli con esclusione degli
altri, risale solo agli ultimi decenni del secolo II, o almeno solo da quellepoca abbiamo le prove sicure della loro esistenza. La
notizia letteraria pi antica in riferimento a un luogo esclusivo di interramento dei cristiani la abbiamo in Tertuliano Ad Scap, 3
dove parla di area sepulturarum nostrarum la cui propriet avevano suscitato lostilit della plebe pagana. La protesta del
popolo con i termini areae non sint, areae eorum non fuerunt, fa pensare che listituzione di quei cimiteri comunitari non
rimontasse ad epoca molto antica. Lo stesso autore in Apolo 39,5-6, scritto intorno al 197, testimonia il modo con cui i fedeli,
mediante una cassa comune alimentata da offerte mensili volontarie, finanziavano il seppellimento dei poveri. Ad Alessandria
lesistenza di un cimitero collettivo attestato nei primi decenni del III secolo, come si deduce da un passo di Origine (Homm
in Jer. IV, 3,16).
Anche a Roma, pi o meno negli stessi anni, troviamo la prima menzione di un area comunitaria di
seppellimento: il cimitero fondato da Papa Zeferino (199-217) il cui primo amministratore fu il diacono e futuro Papa Callisto
(217-222), il quale li ha dato anche il nome. Per prima volta si testimonia in un documento il termine to koimeterion per
indicare larea funeraria comunitaria cristiana.
Anche sotto laspetto monumentale, nessuna scoperta permette di risalire ad unepoca anteriore. Il progresso
degli studi infatti ha modificato le datazione al I o alla prima met del II secolo che in passato venivano frequentemente date a
prodotti dellarte funeraria paleocristiana. Concordemente le fonti letterarie e le testimonianze monumentali collocano il primo
apparire di aree funerarie collettive ed esclusive delle comunit cristiane in questepoca. Anche le recenti scoperte di ossari
palestinesi del I secolo d.C. con segni di cristianit non hanno mai rivelato lesistenza di cimiteri comunitari di quellepoca, ma
al pi di singole sepolture cristiane in aree comuni.
Lesigenza di disporre di aree funerarie esclusive della comunit cristiana dovette sopraggiungere allo scorcio
del II secolo e fu motivata da vari fattori: in primo luogo la crescita numerica della comunit. Sotto Settimio Severo la
comunit cristiana aumenta molto di numero, dalla consapevolezza di costituire una collettivit religiosa compatta e solidale
che andava oltre la morte, dalla volont di disporre di spazi propri per la celebrazione dei riti funerari, dalle istanze caritative e
sociali, gi esistenti fra i romani, che mirava a garantire a tutti, e soprattutto ai fratelli pi poveri, una degna sepoltura cristiana,
e come no, da una maggiore disponibilit economica e organizzativa delle comunit cristiane che poteva consentire la
realizzazione e la gestire delle aree funerarie.
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riferimento a un cimitero ipogeo. Per gi nel IX secolo la parola si trova impiegata a Napoli, con senso derivato, per indicare
lambiente sepolcrale in cui era stato traslato il corpo di uno degli antichi vescovi della citt.
Il termine nacque in maniera casuale come riferimento topografico romano alla zona compressa nel II miglio
della Via Appia, concretamente tra le Catacombe di San Sebastiano e il Mausoleo di Cecilia Metella. Questa zona gi nel IV
secolo era denominata ad catacumbas con questo termine si indicava una zona caratterizzata dalla presenza di avvalamenti e
ampie cavit arenarie. Catacumbas proviene dal greco kata kumbas = presso le cavit. In quellarea a partire dal III secolo
viene scavato uno dei pi importanti ed estesi cimiteri sotterranei della citt: le Catacombe di San Sebastiano, chiamato dalle
fonti cymiterium catacumbas. Limportanza e la notoriet che assunse questarea funeraria durante il primo medioevo e la
circostanza che dopo labbandono delle catacombe, avvenuto nel basso medioevo, secolo VII-VIII, essa risultasse una delle
poche ancora accessibili e regolarmente visitata, spiegano il passaggio del nome, al meno dallalto medioevo, dal monumento
dellAppia a tutti gli altri luoghi di sepoltura che presentavano le stesse caratteristiche.
Nellantichit il nome dei cimiteri sotterranei paleocristiani era diverso, come ci attestano alcuni visitatori di
questi luoghi santi come San Girolamo o il poeta spagnolo Prudenzio, tra la met del secolo IV e inizi del V, erano designate
semplicemente come cryptae. Questo termine lo troviamo anche in alcune epigrafi trovati nelle gallerie delle catacombe, ed
effettivamente questo termine designava gallerie o ambienti ipogei adibiti a uso funerario.
Generalmente quando si parla di catacomba si pensa subito a Roma. Forse in questa citt dove ci sono pi
esempi di catacombe, dove si pu studiare meglio il suo origine, sviluppo e abbandono, ma furono in uso in altre citt italiane e
non, come Napoli, Siracusa, Malta e Africa proconsolare.
Allepoca delle prime scoperte moderne del XVI-XVII secolo, cominci a diffondersi la curiosa credenza che
le catacombe avessero avuto funzione di luoghi di abitazione o di rifugio dei primi cristiani al tempo delle persecuzioni. Tale
leggenda era alimentata, tra laltro, dalla deformata interpretazione di alcuni fonti antiche, come i passi del Liber Pontificalis
che alludeva al soggiorno di alcuni pontefici nei cimiteri, ma da intendersi evidentemente nel significato pi esteso del
termine, comprendente le fabbriche esistente nel sopra terra, o le notizie relative alluccisione nellarea della catacomba di San
Callisto, durante la persecuzione di Valeriano, il 6 agosto del 258, del Papa Sisto II con i suoi diaconi in cimitero. In realt le
catacombe furono esclusivamente aree funerarie adibite alla sepoltura e al culto funerario dei membri delle prime comunit. Le
condizioni ambientali di umidit, area stagnante, presenza di cadaveri, poca illuminazione, lesiguo spazio degli ambulacri non
permettono in alcun modo il soggiorno di persone. Di solito erano usate come luogo di preghiera per i cari defunti o davanti la
tomba dei martiri e per la celebrazione del rito del refrigerio; leucaristia e il battesimo si tenevano sempre nelle aule di culto
nella citt. Pu anche darsi che per circostanze eccezionali esse siano servite di rifugio temporaneo, ma sempre dobbiamo
tenere in conto che erano luoghi conosciuti dal potere civile. Non dimentichiamo che i cristiani in origine erano paragonati alle
associazioni a scopo funerario pagane. Ricordiamo come Papa Sisto II e i sei diaconi furono fatti prigionieri e martirizzati
mentre si trovavano nelle catacombe di San Callisto nel 258. Cos che dobbiamo toglierci della testa quelle immagini create
dalla letteratura romanziera del XIX secolo e alimentate dalle credenze popolari.
Lorigine delle aree sepolcrali cristiane molto diversificato, ci sono casi di un ricco credente che ha ceduto
alla comunit un terreno o il denaro per lacquisizione di queste per la costruzione di un cimitero, questa donazione si ha
fossilizzato nel nome di alcuni cimiteri cristiani che richiama allesistenza di queste proprietario o donatore: Priscilla,
Commodilla, Prestestato, Ottavilla... Alcuni di questi nobili possiamo trovarli in membri della nobilt pagana convertitossi al
cristianesimo, il caso dei Flavii allorigine della Catacomba di Domitilla. NellAlgeria c un epigrafe proveniente dellarea
di Evelpio a Cherchel dove espressamente si testifica questa donazione. Anche si trovano alcune aree sepolcrali riferibili a un
utenza particolarmente abbiente in prossimit di alcuni cimiteri collettivi. Si tratta di ipogei famigliari, riccamente decorati, di
limitata estensione, come il caso dellIpogeo degli Acili e del criptoportico sorti in prossimit della regione dellarenario di
Priscilla. verosimile che alcuni di questi ipogei e sepolcri pi monumentali, connessi con le aree sotterranee ad utilizzazione
intensiva fossero in connessione con i fondatori delle aree funerarie. Altri cimiteri nacquero iniziati e gestiti dalla comunit
cristiana per un uso comune, come testimonia il primo nucleo delle Catacombe di San Callisto con una pianta a graticola dove
mancano sepolture famigliari, per sfruttare completamente il terreno a disposizione, gi che questo era molto costoso. Lo
stesso succede nelle catacombe ad duas lauros sulla Via Labicana. Pu darsi anche che in una stessa area sorgano ipogei
indipendenti appartenenti a vari proprietari, i quali nel successivo svilupparsi del cimitero si avvicinano tra loro e con
lavanzarsi delle gallerie arrivano a communicarsi creando enormi catacombe come il caso di San Callisto, Domitilla e
Priscilla. Alcune catacombe anche hanno il suo origine nellutilizzo di cave di pozzolana abbandonate, in questi casi il tracciato
della pianta molto irregolare, le gallerie sono molto larghe con pareti a grande curva, frequentemente occorsero rinforzi in
muratura nelle pareti per evitare frane; niente da vedere con luso razionale del terreno delle catacombe. Gli arenari sono pochi
di numero rispetto alle gallerie scavate nel tufo.
Anche se lorigine delle catacombe in occasioni pu essere un mausoleo famigliare pagano, sviluppato
quando entrato in possesso della comunit cristiana, nelle regioni pi antiche delle catacombe si possono rilevare
caratteristiche del tutto nuove rispetto alle coeve aree ipogee pagana, la prima la estensione, erano previste non per una
famiglia o associazione funeraria, ma per un gruppo sempre crescente di cristiani. Di solito sono costituite da gallerie
comunicanti disposte secondo un regolare schema di sfruttamento massimo e razionale del terreno. Si veda la pianta originaria
delle catacombe di San Callisto e delle regioni pi antiche delle catacombe.
Nella cosi detta Area I di San Callisto, quella alla cui gestione era stato preposto Callisto, un terreno di
superficie di 75 x 30 metri (250 x 100 piedi) viene delimitato da un recinto, fu occupato nel sottosuolo da un sistema di gallerie
disposte a graticola costituito da due ambulacri principali paralleli (A-B), serviti da scale proprie, situati ai confini dellarea e
raccordati da una serie di gallerie secondarie ortogonali, poste a distanza grossomodo regolari. Tutto limpianto fu
evidentemente programmato sin dallinizio, prevedendo i successivi prolungamenti delle due gallerie matrici e lapertura delle
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trasversali. Tombe a loculo disposte su pilae verticali occuparono tutto lo spazio a disposizione sulle pareti. Settori di tufo
furono lasciati privi di sepolture sul fondo delle gallerie da prolungare e nei punti in cui era prevista lapertura delle
diramazioni. evidente la volont dei fondatori di realizzare in questo modo un cimitero collettivo di vaste dimensioni, dal
carattere fortemente ugualitario, le sepolture sono tutte della medesima tipologia. Era capace di ospitare centinaia di
inumazioni e suscettibile di continui ampliamenti. Solo a partire del 235 cinque cubicoli furono aperti lungo una delle due
arterie principali e nella prima delle diramazioni, essi costituirono i primi spazzi privilegiati dotati da sepolcri pi
monumentali e anche di una ricca decorazione pittorica, uno di essi ospit entro la fine del III secolo le tombe di ben nove
vescovi di Roma.
Lo stesso schema hanno altre catacombe come quello di Calepodio sullAurelia.
Le sepolture si caratterizzano per una marcata uniformit tipologica, tutte sono tombe a loculo. Questi sono
buchi molto grandi, chiusi con lastre di marmo o con laterizi, ben allineati sulle pareti e intervallati da ampi diaframmi di tufo.
Sepolcri pi monumentali, nicchie per sarcofagi, tombe a mensa, arcosoli... o spazi esclusivi per una famiglia, cubicoli, talvolta
decorati con pitture, risultano piuttosto rari. Tale marcata uniformit delle sepolture evidentemente in linea con lideologia
fortemente egualitaria della nuova religione.
Lepigrafia di questi primi nuclei funerari, daltra parte, si conforma al carattere per lo pi indifferenziato
delle tombe: gli epigrafi di norma sono incisi sulle lapidi o dipinti in minio sui laterizi che chiudevano i loculi, o sulla malta
che li rivestiva esternamente e chiudeva il loculo. Di solito si registra soltanto il nome del defunto, raramente si riporta il nome
del dedicante o un augurio di pace, si omettono tutti quegli elementi biografici retrospettivi che caratterizzano lepigrafia non
cristiana contemporanea. una scelta consapevole, un modo di collocare il fedele in una dimensione escatologica unificante
secondo i dettami pi genuini della risocializzazione propugnata dal cristianesimo. Tuttavia si trovano alcuni casi di cubicoli o
loculi un po' pi decorati o belli, segno di una estrazione elevata del committente.
La gestione di questi cimiteri collettivi doveva essere coordinata dallautorit ecclesiastica, come si evidenzia
da un passo della Tradizione Apostolica di Ippolito, e dal decreto che restituiva i beni ecclesiastici di Gallieno nel 258, che
vengono restituiti ai vescovi come capi di questi Collegia funeratizia.
Il possesso di un area funeraria legata ad una fondazione privata doveva essere garantito dalle pi elementari
norme del diritto romano probabilmente il vescovo rispondeva di davanti allo stato romano delle propriet collettive, in
assimilazione dei collegia religionis causa.
Oltre che negli spazi funerari collettivi ed esclusivi della comunit, in ogni caso, i singoli fedeli potevano
sempre scegliere di essere sepolti nei sepolcri famigliari o individuali nellambito delle grandi necropoli pagane. La sepoltura
nei cimiteri comunitari non fu obbligatoria per tutti, c il passo di Cipriano nel quale racconta di un vescovo che ha voluto
seppellire i propri figli in una necropoli. A Roma ci sono sepolture cristiane in alcune necropoli, soprattutto abbiamo vari casi
nella Necropoli Vaticana.
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essere facilitata quando il sepolcro era un arcosolio o un cubicolo, ma quando si trovava in un anonimo corridoi di loculi era di
difficile riconoscimento, per questo si collocava nella malta fresca alcuni segni come oggetti, simboli...
3.- I fossori
Per la escavazione delle gallerie cerano delle persone addette a questo lavoro chiamate fossori. Il nome
viene dal latino fodio, scavare; un termine propriamente cristiano per indicare gli addetti alla escavazione e mantenimento del
cimitero. Erano diversi del becchino fra i romani, perch fra questi lufficio di becchino era considerato il pi vile in assoluto e
coloro che lo esercitavano erano visti con disprezzo. Venivano chiamati con un appellativo dispregiativo, vespillones, ed
identificati con la stessa immagine della morte. Con il cristianesimo lufficio di becchino viene trasformato in vera carit
umana.
Lattivit del fossore andava dal taglio e escavazione delle gallerie dei cimiteri, la decorazione pittorica o
musiva dei loculi, alla sepoltura dei cadaveri e a qualsiasi aiuto avessero bisogno i parenti dei defunti. stato calcolato che i
fossori, nellarco di tempo di pochissimi secoli dettero degna sepoltura a pi di quattro milioni di cristiani. Loro evidentemente
erano organizzati in corporazioni, da identificarsi, per il periodo pi antico, con i Collegia tenuiorum. La loro classe sociale
poteva essere considerata alla stregua degli edili, pensiamo che dovevano scavare gallerie molto profonde e lunghe che
dovevano essere sicure, per cui si voleva un minimo di conoscenza architettonica e geologica. Una loro organizzazione era
costituita da un capomastro (mensor, il mensore o ingegniere), il cui ufficio era quello di tracciare i limiti dellarea, stabilire i
punti di scavo, indicare il cardo e il decumanus della sotterranea rete cimiteriale, e gli artifices ovvero le varie specialit di
operai che andavano dagli scallpellini ai pittori, dai mosaicisti agli addetti al trasporto delle terre scavate. Anche se il corpo dei
fossori raggruppava tutti i membri di una citt, era suddiviso in gruppi o squadre che divennero fisse, specialmente per i grandi
complessi delle vie Appia, Salaria ed Ardeatina, come indicano le peculiarit dellarchitettura, la tipologia delle tombe, i
formulari epigrafici, le tecniche decorative, nei diverse cimiteri. Ma erano anche le guida nei cimiteri, nessuno meglio di loro
poteva essere una guida valida per i parenti che periodicamente si recavano in devoto pellegrinaggio alle tombe dei loro cari o
a venerare le tombe dei martiri, solo essi conoscevano centimetro a centimetro il fitto intreccio di gallerie della catacomba
della quale erano responsabili. Altra sua attivit era quella di sorvegliare il cimitero e conservare le loro tombe.
Per la ristrettezza delle galleria non potevano lavorare gruppi di pi di 5 o 6 lavoratori alla volta.
Il loro compito principale era comunque quello di scavare le gallerie e i loculi. Per far questo essi
utilizzavano semplici strumenti di taglio: la dolabra fossoria, il mazzuolo, lo scalpello il compasso, la pala, larpione per la
lucerna, la groma.
Lo stipendio dei fossori veniva attinto dalla cassa comune della comunit cristiana. Nel momento in cui il
cristianesimo divenne unica religione e le catacombe divennero meta di molti interramenti e di pellegrinaggi, il numero e il
potere sociale dei fossori aument sensibilmente, anche se la qualit del loro lavoro andava scadendo, e acquistarono molti
privilegi, per far fronte alla maggiore quantit di persone da seppellire e da accompagnare nei labirintici condotti.
Prima il becchino in epoca pagana disprezzato e malamente allontanato, poi fossore nei primi anni della
cristianit, queste persone, dopo il IV secolo, divennero improvvisamente ricchissime e diventarono i padroni effettivi dei
cimiteri, in modo che gestivano direttamente la compravendita dei sepolcri.. Da semplici operai i fossori divennero veri e
propri amministratori dei cimiteri cristiani e il loro potere crebbe a dismisura. Su alcune tombe compare addirittura il contratto
di vendita del loculo con tanto di nomi di compratori, quelli dei testimoni allatto ed anche il prezzo concordato che da una sola
moneta doro poteva arrivare anche a sei. Tanto era pi vicina la tomba al martire, tanto pi si doveva pagare. Per assicurarsi
un buon posto ad sanctos non rimaneva dunque altra soluzione che corrompere i fossori. Pi si pagava, pi si poteva
acquistare una forma nei pressi della tomba del martire.
Particolari raccomandazioni e corruzioni erano allordine del giorno, questo fecce che i membri del clero
prendessero la responsabilit dellamministrazione cimiteriale, i fossori del V-VI secolo dalla fama di uomini integri e pii quali
erano conosciuti durante il III secolo tornarono ben presto alla disonorevole fama di vespillones. Il papa Gregorio Magno (590-
605) nel 597 abol ogni sorta di tassa sulle sepolture proprio per porre un freno agli abusi di costoro.
Luso di rappresentate il fosore nelle pitture e nelle incisioni su lastra va collocato nella tendenza espressiva
realistica, propria dellarte plebea italica, che dal III secolo ebbe uno sviluppo notevole nellintero orbis antiquus, esplicandosi
in quadretti immediati e spontanei , tratti dalla vita quotidiana e dunque anche dallattivit professionale. Per questo nei
cimiteri paleocristiani, accanto a rare scene di panificazione, di compravendita di vino, ortaggi e botti o ad altre, ancora pi
sintetiche, che riproducono soltanto gli arnesi di lavoro, compaiono i fosori colti proprio nel momento dello scavo Secondo
questa iconografia possiamo conoscere labbigliamento dei fosori, il suo abito era costituito da una tunica corta, priva di
maniche e cinta sui fianchi.
La notevole ricorrenza del fosore nelle arti figurative suggerisce un significato particolare per queste
rappresentazioni, che supera la primitiva ragione realistica per giungere ad una qualche valenza simbolica, che farebbe
intendere le figure, come un genius locis cristianizzato, ovvero unallegoria del biblico Tobia padre o, infine la
personificazione dellantinomia vita-morte.
4.- Sviluppo dei cimiteri sotterranei nella seconda met del III secolo.
Il numero e lestensione dei cimiteri comunitari assegnabili alla prima met del III secolo costituiscono una
testimonianza evidente dellimportanza e della rilevanza numerica che aveva raggiunto la comunit cristiana a Roma intorno al
250. Anche le fonti confermano, in quegli anni, i progressi numerici e organizzativo del cristianesimo nella citt. Una famosa
lettera dei Papa Cornelio (251-253) scritta al vescovo di Antiochia Fabio, ricorda come la Chiesa di Roma disponesse ormai di
un clero numeroso e delle mansioni diversificate: esso era costituito da 46 presbiteri, 7 diaconi, 7 suddiaconi, 42 accoliti, 52
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esorcisti, vari lettori e custodi di luoghi di culto, la stessa lettera menziona la presenza di pi di 1.500 tra vedove e poveri la cui
sussistenza era garantita dalla carit collettiva; Roma gi dallepoca di papa Fabiano (236-250) come attesta il Catalogo
Liberiano disponeva di una suddivisione territoriale ecclesiastica in sette regioni, parallela a quella civile augustea, finalizzata
ad una pi efficace e capillare capacit di intervento assistenziale nei quartieri cittadini, il papa ne aveva affidato la
giurisdizione ai sette diaconi. Secondo va decadendo i servizi assistenziale del potere centrale romano, si ricordi il panem e
circenses, aumenta lasistenza della Chiesa verso i pi necessitati.
Lepoca della piccola pace della Chiesa, periodo compresso tra la persecuzione di Valeriano del 258 e
quella di Diocleziano 303-304, facilit ulteriormente il potenziamento numerico e organizzativo della comunit. Il
cristianesimo penetr capillarmente nei pi diversificati strati sociali, esso venne ad integrarsi sempre pi profondamente nelle
strutture dirigenziali dellimpero, negli ideali e nella cultura del mondo romano.
Le aree cimiteriali del suburbio registrarono in questo periodo un notevole incremento. Le regioni della prima
met del secondo aumentarono la loro estensione, altre aree si aggiunsero in vicinanza di quelle gi esistenti, nuove catacombe
sorsero in vari luoghi del territorio extraurbano.
Le denominazioni di alcuni dei cimiteri creati in questo periodo, generica, come Cementerium Maius, o
connessa al santo che vi era deposto: Agnese, Gorgoni,... potrebbe far ipotizzare una fondazione di origine collettiva di queste
aree, non strettamente legata a una donazione particolare.
Nel 250 si fonda una nuova catacomba sulla via Nomentana, il Cimitero Maggiore, anche costituito da due
regione contigue con gallerie disposte a graticola, accessibili da due scale indipendenti, larea fu occupata da semplici
sepolture a loculo, solo in una fase successiva, intorno agli anni 270-280 ospit alcuni cubicoli, ci cui uno decorato con pitture.
Durante la seconda met del III secolo e nei primi anni del IV sembrano particolarmente diffusi gli impianti
planimetrici detti a spina di pesce, per sepolture comuni. Una scala d accesso, direttamente o attraverso una trasversale, ad
una lunga galleria sulla quale si aprono ortogonalmente e affrontate, una serie di diramazioni, realizzate a pochi metri in modo
di occupare tutto lo spazio a disposizione razionalmente. Questo schema si trova nella catacomba di San Pamphilo nella Salaria
Vetus.
La presenza di sepolture monumentali (arcosoli, nicchioni) e di spazi riservati (cubicoli) si fa in effetti pi
rilevante in questepoca. I cubicoli, in particolare, mostrano un evoluzione verso forme sempre pi articolate. Negli esempi pi
antichi, essi risaltano di modeste dimensioni, coperti a tetto piano e interessati semplicemente da loculi o tombe a mensa, negli
ultimi decenni del III secolo e nei primi anni del IV le camere assumono proporzioni pi ampie, non di rado sono coperte con
volte a botte, rischiarate da grande lucernari, e accolgono sulle pareti tombe ad arcosolio.
Il culto rivolto alle tombe dei martiri e dei vescovi non pare tradursi ancora in questo periodo in interventi
monumentali significativi. Le sepolture dei papi che dal 235/36 fino al 283 occuparono la cripta omonima dellArea I di San
Callisto erano costituite da semplici loculi, solo il vescovo martire Sisto morto nel 258 fu inumato probabilmente in una tomba
a mensa che occupava da sola la parete di fondo dellambiente.
Le trasformazioni subite dai sepolcri dei martiri a seguito dello sviluppo del loro culto, a partire soprattutto
della seconda met del IV secolo, solo in casi eccezionali ci permette di apprezzarne la struttura originaria. Semplici loculi
sistemati in gallerie o cubicoli ospitarono le tombe di San Callisto, Gennaro,....
5.- Il potenziamento delle catacombe durante il regno di Costantino e i pontificati di Giulio (337-352) e Liberio (352-
366).
La pace religiosa del Editto di Milano (313) dopo la Battaglia di Ponte Milvio (312) segn come noto una
tappa decisiva nella storia del cristianesimo. Costantino diede alla chiesa tutta una serie di provvedimenti legislativi e di
elargizioni materiali che consentirono alla Chiesa per la prima volta di disporre di mezzi idonei per la realizzazione della sua
missione. Le conseguenze di questa svolta furono enormi ai fini della conquista alla nuova religiose di masse sempre pi
numerose di fedeli. Anche i cimiteri sotterranei crebbero notevolissimamente in quel periodo le sue dimensioni in linea con le
sempre pi crescenti conversioni.
Ampliamenti notevoli si registrano nella prima met del secolo IV in molte catacombe romane e in alcune
catacombe si trovano spazi riservati a commitenze ricche. Rispetto ai secoli anteriori lo sviluppo di molte catacombe
denunciano in genere una pi marcata presenza di aree a connotazione monumentale, che si manifesta essenzialmente e
soprattutto nella adozione sempre pi diffusa dei cubicoli famigliari, la cui architettura si fa sempre pi grandiosa ed elaborata.
La monumentalit e la decorazione dei cubicoli rinvia in molti casi ad una commitenza ricca, da ricollegarsi, almeno in parte,
ai ceti pi alti dellaristocrazia romana, le cui conversioni crescenti in questo periodo ci testimoniata dalle fonti, anche se
grossi settori della nobilt romana si mantennero pagani oltre lEditto di Teodosio del 492, anche se tanti altri settori delle
catacombe sviluppati in questo periodo ci rimandano anche a una commitenza di livello pi modesto.
Le tombe dei martiri, nella prima met del IV secolo, sembrano oggetto di una cura monumentale ancora
discreta. Solo il sepolcro di San Lorenzo, uno dei santi pi venerati della citt, gi sotto il regno di Costantino, fu interessato da
una serie di interventi strutturali importanti, mirati ad abbellirne laspetto e a facilitarne la frequentazione da parte dei devoti,
secondo li Liber Pontificalis furono create scale di discesa e di risalita che portavano alla tomba, il sepolcro fu circondato da
plutei, decorato con marmi, illuminato da lampade e candelabri, enfatizzato da una struttura absidata. Prima degli interventi di
papa Damaso, le tombe dei martiri o dei vescovi vennero fatte oggetto di lavori pi modesti.
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Con gli anni 60 del IV secolo lescavazione delle catacombe, sembra volgere al declino. Il pontificato di papa
Damaso (366-384) si caratterizza per interventi monumentali nelle tombe dei martiri finalizzati a favorirne la devozione. Si
vuole porre fine alla divisione che era entrata nella Chiesa con la sua elezione.
Scrisse pi di 60 iscrizioni metriche che poste nelle loro tombe esaltando le gesta di questi eroi con un grande
valore catechistico, di supporto alla sua missione pastorale. Questo era anche una manifestazione del culto ufficiale dei martiri.
Di questo culto dei santi riflesso lo sviluppo del santorale romano, dai primi 46 martiri e vescovi la cui festa era ricordata
nella tarda et costantiniana dai calendari contenuti nella Depositio Martyrum e nella Depositio Episcoporum, si passa nei
primi decenni del V secolo, alle oltre 150 celebrazioni annotate dal Martirologio Geronimiano.
Questo sviluppo del culto dei martiri e dei santi port anche a un altro fenomeno, quello dei pellegrinaggi alle
tombe dei santi, che nella seconda met del secolo IV ebbe un grande sviluppo, anche se gi si era manifestato in senso
embrionale nella seconda met del III secolo. Questo viene attestato oltre dai monumenti, da varie testimonianze letterarie.
La promozione del culto dei santi porto a un sviluppo delle sepolture ad sanctos, cio il voler essere sepolti
vicino a un martire o ad un santo, fenomeno che gi si era manifestato informe discrete nei decenni precedenti, ma a partire
dellepoca damasiana assunse dimensioni pi rilevanti. Tutto si basava nella credenza che la vicinanza al sepolcro di un martire
comportasse per i defunti un qualche beneficio ai fini della ricompensa eterna, insieme con labbondanza di preghiere che
riceveva il defunto delle persone che andavano a pregare vicino alla tomba del martire. Questa credenza provoc una specie di
gara tra i fedeli per acquistare la sepoltura pi vicina al martire. Questo accorgimento ci pu aiutare a capire lo sviluppo
smisurato di alcuni settori dei cimiteri dei martiri potenziati da papa Damaso, come successe nelle Catacombe di Priscilla,
vicino alla tomba dei santi Nereo e Achilleo, dove nei piani inferiori si crearono tre nuove regioni.
La promozione del culto martiriale in et damasiana comport anche, sempre pi frequentemente, la
creazione di piccole aree retro sanctos, situate in prossimit e a ridosso dei sepolcri venerati. Esempi di tali settori
privilegiati, costituiti da gallerie e cubicoli inseriti spesso a forza nella gi esistente rete degli ambulacri, sono attestati, tra
laltro a ridosso della cripta dei papi e dei sepolcri di Cornelio e Gaio in San Callisto.... Questi retro sanctos, come mostra in
modo eclatante lesempio del cubicolo creato alle spalle della tomba di papa Gaio in San Callisto, splendidamente decorato con
marmi e mosaici.
Indipendentemente di questi spazi pi sviluppati per ragioni devozionali, le catacombe romane a partire degli
anni 60-70 del IV secolo non sembrano in effetti, aver registrato un incremento pari a quello che caratterizza i decenni
precedenti. Settori utilizzati in questo periodo certamente sono attestati in vari cimiteri, e anche lestensione di nuove regioni.
Certamente in questo periodo gran parte delle sepolture comunitarie dovevano trovare posto nelle grandi basiliche funerarie e
negli spazi contigui, creati nel sopraterra verso la met del secolo: San Pietro, San Sebastiano, SS. Marcellino e Pietro, San
Lorenzo...
La scelta di essere sepolti allinterno di queste chiese e nelle aree circostanti dovette provocare lentamente,
labbandono delluso di inumare nelle catacombe. La preghiera si svolgeva negli edifici, la protezione fornita dalla loro
sacralit, possono aver giocato un ruolo determinante nella scelta.
Nelle catacombe le iscrizioni datate rinvenute non sembrano attestare, al di fuori degli spazi particolari e
limitatissimi interessati dalle tombe dei martiri, una continuit di utilizzazione oltre i primi decenni del V secolo.
BIBLIOGRAFIA
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sviluppo, apparati decorativi, documentazione epigrafica, ed Schenell & Steiner, 1998. (Versione italiana, spagnola, inglese e
francese).
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- Stevenson, J., La civilt delle catacombe, ed Club del libro Fratelli Melita, Roma, 1987.
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Aquila e di Prisca ICor 16,19; a Laodicea nella casa di Nymphas Col 4,15; a Colossi nella casa di Filomene Philem 2, a Troia
in una sala del terzo piano Atti 20,8-9.
La liturgia veniva celebrata ora nelluna ora nellaltra casa. Tale consuetudine continua per tutto il secolo II.
Ad Antiochia Teofilo, che aveva molto influsso sui concittadini celebrava nella sua casa la liturgia cristiana. Quella casa
divenne una grande chiesa agli inizi del III secolo.
chiaro che alla fine del I secolo, chiarita la posizione del cristianesimo di fronte al giudaismo, le comunit
cristiane si organizzano indipendentemente dalla sinagoga in ambienti propri che si adattano al loro culto, nasce cos la
Domus Ecclesiae.
2. La Domus Ecclesiae.
Prima della Pace della Chiesa e dellEditto di Tolleranza del 313, una parte della popolazione dellimpero si era
convertita al cristianesimo, e in conseguenza sicuramente gi disponevano di edifici di culto, forse allinizio non molto stabili
ma con il paso del tempo lo diventano.
Alla fine del I secolo i cristiani si radunavano per la liturgia dove si poteva, probabilmente nelle case dei cristiani pi
facoltosi che si convertivano con le loro famiglie, la cui casa era pi amplia e pi isolata, anche se il numero di adepti della
nuova religione non era molto rilevante; certamente anche se erano pocchi non si potevano radunare nelle insulae, edifici
abitativi a sfruttamento intensivo con sovraposizioni di quattro o cinque piani che raggiungevano un altezza di 16/18 metri.
Lassemblea liturgica in una di queste insulae avrebbe recato disturbo con tutti i pericoli che ne avrebbero derivati. Quindi le
domus Ecclesiae non sono sorte come edifici religiosi bens in case private adattate al servizio liturgico, e soprattutto da
notare che queste case non subivano alcuna ristrutturazione in relazione alla nuova funzione per la quale erano
occasionalmente utilizzate. In un'unica sala si ascoltava lomelia, si celebrava leucaristia e si davano gli avvisi. Questo
dovuto a che i primi cristiani, analogamente a gli ebrei, non riconoscevano la presenza della divinti in una immagine di culto
o in un luogo consacrato, e quindi non avvertivano la necessit di uno spazio o di un edificio sacro che servisse da scrigno o da
dimora di Dio. Al contrario dei templi o degli edifici di culto pagani, santificati dalla presenza del dio, il cui servizio si
svolgeva allaperto. In contrario il servizio cristiano si svolgeva sempre in ambienti chiusi. Come gi abbiamo visto la dimora
di Dio ogni cristiano.
Per avere un idea di domus ecclesiae di questo tempo basta far riferimento ad una comune sala da pranzo. Linterno
della domus che serviva al culto non doveva avere una specifica suppellettile, erano sufficiente una tavola per laltare e un
panchetto per la liturgia della Parola. La peculiarit dellantica casa greco-romana si prestava molto bene al culto cristiani
infatti era composta di un ingresso (fauces), un atrio con portico, intorno al quale cerano le stanze da letto (cubicola), e dietro
una sala chiamata tabullarium, il triclinio o sala da pranzo e altri ambienti. Cos i diversi ambienti si potevano suddividere nelle
varie categorie dei credenti: fedeli, catecumeni e penitenti.
Un elemento importante era laltare simbolo che trova la sua reale espressione in una tavola. Le testimonianze che
abbiamo sulla posizione dellaltare sono tardive. Ignazio di Antiochia nota la mutualit dellaltare e del vescovo, intendendoli
appunto come simboli dellunit della Chiesa. La comunit antica non ha altari, e come abbiamo accennato, si serviva di tavole
(1Cor 10,21). Lara avrebbe richiamato i sacrifici del Vecchio Testamento e quelli pagani. Questo spiega un passo del De
spectaculis di Tertulliano Spect 13,3-4. Non aveva senso il richiamo alla tradizione, per Ireneo laltare nei cieli ove si
dirigono le preghiere dei cristiani, che hanno un carattere pubblico e unitario. Origine, polemizzando contro Celso, dice che se
i cristiani non hanno templi, altari ed are bisogna approfondire i motivi, per non scendere a considerazioni superficiali. Il
migliore santuario quello della nostra mente e del nostro cuore, luomo simulacro pi nobile che si possa immaginare.
Queste domus nelle grandi citt, come Roma, erano disperse nei vari quartieri abitativi, e soprattutto non si notavano
esternamente, perch, come abbiamo detto non si alterava la sua struttura interna ne sterna.
Con la crescita della comunit e le esigenze di un organizzazione sempre pi complessa si stabil finalmente lutilizzo
costante di alcuni edifici, forse dati dalla famiglia che in origine accoglieva la comunit nella sua casa o comprati dalla
comunit stessa. Allinizio si procedette ad attuare alcune modifiche allinterno della casa per adattarle alle nuove esigenze
liturgiche, forse si ampliavano alcune sale per accogliere un numero maggiore di credente e poter dare un svolgimento pi
comodo alle celebrazioni, forse si disponeva un luogo pi adatto per il battessimo e per le diverse funzioni della liturgia
cristiana, come poi verremmo meglio a Dura Europos. Cos possiamo riassumere il passaggio della domus ecclesiae
occasionale a quelle stabili.
Presto queste domus ecclesiae si trasformano in edifici solenni. Dalla fine del II secolo e per il III si hanno veri e
propri edifici di culto della comunit cristiana. Non si pupo credere ad un cristianesimo di allora del tutto clandestino, anche se
bisogna approfondire le cose e distinguere zona per zona, per la parte orientale dellimpero abbiamo testimonianze chiare e
sicure di edifici di culto cristiano. Ci dice Tertulliano, scrittore cristiano dellinizio del III secolo, scrive in proposito che i
luoghi dove si riunivano i cristiani si distinguevano per le dimensioni imponenti (Adv. Valentinum 2,3). Pian piano ledificio di
raduno della comunit cristiana prender il nome di domus dei, domus ecclesiae o anche semplicemente ecclesiae.
Putroppo a Roma, e nel resto dellimpero, non abbiamo tracce di questa trasformazione di dimora abitativa a casa di
culto (togliendo il caso di Dura Europos), anche se sono ben documentate dalle fonti scritte coeve e da numerosi acceni nelle
pi tardi passioni dei martiri romani. Le testimonianze monumentali sono quasi nulle, perch hanno sparito nel corso della
creazione delledilizia cristiana.
A Roma esiste un unico esempio, anche se alcuni studiosi hanno dei dubbi, caso di domus ecclesiae conservato, si
tratta della casa celimontana dei Santi Giovanni e Paolo, attualmente nellomonima basilica. Si tratta di un complesso costituito
da due case di abitazione e commercio, sul clivo Scauro, e da una ricca domus. Nelle case a botteghe tra la fine del III secolo e
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gli inizi del IV si insedi un luogo di culto cristiano, una domus ecclesiae. Si trovano alcune pitture di carattere chiaramente
cristiano che possiamo datare a questepoca.
Le testimonianze letterarie sono molto pi abbondanti di quelle archeologiche, una delle pi antiche la troviamo nella
Didach, dove si dice essendovi radunati nel giorno di domenica, spezzate iol pane e date grazie Didach 14,1; in
questopera del raduno eucaristico si parla anche del battesimo e della confesione, pertanto da supporre in noce un
presbiterio, ove officiavano i ministri del culto e un nartece. Termine greco che proviene dal vaso che conteneva i
medicamenti, il nartex, per metonimia, seguit ad indicare il luogo ove erano raggrupapti i penitenti. Altra testimonianza
importante la troviamo nelle lettere di SantIgnazio, morto martire al tempo di Traiano, ricorda laltare simbolo dellunit della
Chiesa, legato alleucaristia Philad. 3,2. Il Pseudo-Clemente con tono paccatto e sereno ammonisce i cristiani a ritrovarsi
spesso tra loro, per progredire con gli stessi ideali nei precetti del Signore. Vuole che i fedeli ritornando a casa, non si lascino
prendere da desideri mondani.
San Giustino da particolari sulla celebrazione delleucaristia nella Prima Apologia 65,1 e da dettagli
sullesistenza di un battistero vicino alla sala dove si teneva il raduno eucaristico. La sala dove si celebrava il mistero
eucaristico era diversa di quella dove si impartiva il battesimo ma questultima doveva appartenere allo stesso edificio o essere
molto vicino; anche ci da informazione sul giorno di raduno e celebrazione, dicendo che i cristiani si radunano il giorno del
sole, Prima Apologia 67,3, dice: Il prefetto (Rustico) disse: dove vi radunate? Giustino risposse: Dove ognuno preferisce e
pu, immagini senza dubbio che tutti ci raduniamo in uno stesso luogo. Ma non cos gi che il Dio dei cristiani non
circoscritto a un luogo. Il prefetto Rustico disse: Dimmi dove vi radunate, voglio dire, in quale luogo raduni i tuoi discepoli?
Giustino risposse: Io in casa di un certo Martino, vicino alle terme di Timiotino e questa stata la mia residenza tutto il tempo
che sono stato questa seconda volta a Roma. Non conosco altro luogo di raduni se non questo.
possibile che in questi primi anni i cristiani si radunano anche vicino al corpo di qualche martire nella
necropoli, o pi probaiblmente in qualche mausoleo familiare che poi si svilupper in un cimitero, ma per questo come gi
abbiamo detto, dovremmo aspettare al secolo III.
Ippolito nel Commentario al libro di Daniele, apparso verso il 204 dice penetrano (i persecutori) nelle case di Dio,
quando varie persone pregano e lodano Dio, prendono un certo numero di persone, li portano via e li tentano dicendogli:
venite, fate come noi, date culto ai dei, pech si rifiutate noi testimonieremo contro di voi, e nella Tradizione Apostolica,
verso il 215, si parla anche di un luogo di culto: Dopo il battesimo si vestano e si siedano nella chiesa. Sono riferimenti
chiari ad assemblee che si tengono in luoghi ben determinati.
Nel III secolo delle circostanze storiche favoriscono lespansione e laffermazione del cristianesimo, il regno
di Commodo (180-192) e i primi anni di Settimio Severo furono pacifici dando una grande vitalit alla chiesa. Attualmente la
storiografia moderna non tende a mettere in dubbio le notizie della Vita Alexandri di Lampidio nella quali ci parla di un
aneddoto molto interessante per la nostra materia, si tratto della disputa tra un gruppo di pagani e una comunit cristiana che
volevano un grosso edificio, dopo molte dispute arrivarono allimperatore Alessandro Severo (222-235) il quale prefer darla ai
cristiani dicendo pi utile che sia un luogo di preghiera piuttosto che una bettola Historia Augusta, Vita Alexandri Severi
49,6. Un altra testimonianza merita particolare attenzione, nellOctavius, Minucio Felix porta le lamentele di un pagano
chiamato Cecilius che dice ...per universum orbem sacraria ista taeterrima impiae coitionis adolescunt, in questo termine
sacraria si pu leggere un luogo di culto, forse cristiano.
Dalla seconda met del II secolo e a tutto il III secolo le comunit cristiane hanno varie fasi di crescita.
Eusebio di Cesarea nella sua Storia Ecclesiastica 5,21, allepoca di Comodo i cristiani venenro a trovarsi in una situazione
quasi di pace quando si ebberomolte conversioni di ogni categoria sociale.
Dalla fine del II secolo e per tutto il terzo non si pu parlare solo di case private occasionali dove si svolgeva
il culto cristiano, ma di ben appositi edifici di culto, chiese, per la liturgia cristiana. Il termine chiesa comincia ad essere usato
nel vocabulario dei Padri in senso di un luogo di culto. Clemente di Alessandria negli Stromatra dice: Io non chiamo con il
nome di chiesa ledificio materiale, io riservo questo termine allassemblea dei fedeli radunati.
Per tutto il III secolo si ha un crescendo continuo di loca ecclesiastica, come si chiamavano le propriet collettive
dei cristiani sia cultuali che funerarie. Il Chronicon Edessenum, del 201 da notizia di un innondazione che aveva distrutto il
templum Ecclesiae Christianorum; Gregorio il Taumaturgo verso il 245 fecce innalzare a Cesarea una chiesa che resistette ai
terremoti, ne parla San Gregorio di Nissa (Vita Gregorius Thaumaturgus (P.G. 46, 924). Durante questo secolo le menzioni alle
chiese sono poco dettagliate, non esiste mai una descrizione delledificio di culto, per arrivare a questo punto dovremmo
attendere il IV secolo.
Allepoca di Diocleziano cessato per sempre, ove esisteva lesercizio del culto nelle case private. In ogni
parte dellimpero i cristiani si riuniscono ormai nelle chiese: nella Palestina Eusebio M.P. 13,11; in Bitinia Lactantio Div. Inst.
5,2,2; Eusebio Cesarea Hist.Ecc. 8,5; nel Ponto Eusebio Cesarea, His.Ecc. 10, 8, 15; nella Spagna Prudentio Perist. 4, 105-109.
Abbiamo un passo molto interessante in Lattanzio nella sua opera De mortis persecutorum dove ci narra la distruzione
delledificio della comunit che ci da molti dati su come era realizzata. Per i termini usati fa pensare ad un edificio di notevoli
dimensioni, e non un esagerazione retorica. Alle prime luci dellalba i due vecchi erano consoli uno per lottava, laltro
per la settima volta improvvisamente alla luce ancora incerta [del primo mattino] il prefetto si presenta alla chiesa con
ufficiali, tribuni e funzionari delle finanze. Scardinano le porte e cercano la statua di un dio; trovate le Scritture, le bruciano;
ognuno pu prendere quello che vuole: si rapina, il panico, tutto sossopra. I principi, intanto osservano quello che succedeva
(la chiesa infatti appariva in alto rispetto al palazzo) e non facevano altro che discutere se era meglio darle fuoco. Prevalse il
parere di Diocleziano, che temeva che un grande incendio potesse bruciare pure una parte della citt, dato che tuttintorno[alla
chiesa] cerano molte case grosse. Allora arrivarono i Pretoriani in formazine da combattimento, furono mandati in tutti i punti
[delledificio], e con asce e altri arnesi di ferro rasero al suolo in poche ore quel tempio cos rinomato.
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Nelle fonti letterarie non troveremo molti elementi che si possano riferire agli ambienti. Li dobbiamo dedurre, come
abbiamo cercato di fare. Gli autori sono invece presi da unlinguaggio simbolico che esprime il profondo della loro anima. lo
spirito del culto, pi delluogo stesso, che interessa loro. Celebrare il giorno del Signore vivere secondo Cristo.
2.1 I titoli.
Quando la chiesa acquisisce degli edifici stabili per la celebrazione eucaristica sorgono nellambiente romano i titoli
che traducendo il termine a categorie attuali sarebbero le attuali qualcosa come una parrocchie. Il titulus si riferirebbe ad una
chiesa parrocchiale della citt di Roma il cui servizio religioso era assicurato da uno o pi sacerdoti. Allinizio la creazione di
un titolo era legata alliniziativa di un pontefice, allinizio era il papa che dava la sua casa o comprava una casa attraverso la
coletta dei fedeli, ma dopo la morte di papa Damaso (384) si legarono alle generose donazioni dei ricchi benefattori.
Il nome del titulus, in genere, fa riferimento al fondatore o ad un santo martire. Attualmente lidea de che i titoli
sorgano dalle antiche case dove si radunavano le prime comunit, che come propriet privata avevano vicno alla porta
dingresso della casa una tavoletta con il nome del proprietario. In realt nella sua accezione legale titulus il termine legale
per indicare latto costitutivo di fondazione di una parrocchia, con il capitale necessario, i suppellettili e la dotazione di terreni
o case per mantenere lilluminazione e il clero. Dei titoli pi antiche raramente si hanno riscontri archeologici. Di solito le
piante dei titulus sono irregolari perch sono adattamenti di strutture preesistenti utilizzate senza molte modifiche poich non
era indispensabile una struttura specifica. Fino al V secolo, i tituli godevano di una completa indipendenza economica rispetto
allamministrazione centrale del Laterano. Le informazioni principali sui tituli ci vengono da due sinodi romani tenuti nel 499
e nel 595 dove i presbiteri partecipanti firmano nominando il titulus di appartenenza. Lattribuzione in massa dei 25 titoli
esistenti data dal Liber Pontificalis a 4 papi: Anacleto o Cleto (79-91), Evaristo (100-109), Urbano (222-230) e Marcello (306-
308) una proiezione nel passato di una situazione del V-VI secolo. Fra i due sinodi cambiano il nome e il numero dei titoli,
soltanto 12 rimangono, ma diminuiscono di numero, senza che si sappia se sono stati annulati o inglobati dentro di un altro
titolo.
Dobbiamo tenere in conto che la citt di Roma era densamente costruita dentro le mura, tanto che non avevano
appenna spazi liberi per nuove costruzione, per questo forzosamente si dovettero usare le antiche domus abbandonate per
mancanza di soldi per mantenerle. Dopo il Sacco di Roma di Alarico del 410 le offerte di domus da vendere enorme. Qualche
volta alcuni ambienti della domus venivano abbattutti per realizzare ex novo laula di culto, ma molte volte si riutilizzavano gli
ambienti della domus, abbattendo muri e ampliando stanze, secondo le necessit della comunit in quel momento.
I tituli sono ben testimoniati a partire della seconda met del IV secolo. Erano complessi autosufficienti e definiti
topograficamente con costruzioni adibite ad alloggio e per servizi, con mezzi di sostentamento propri, avuti da donazioni o da
rendite provenienti ca case in affitto o tenute agricole. Svolgevano una funzione caritativa, parrocchiale ed administrativa,
avevano un edificio di culto non necessariamente a pianta basilicale.
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BIBLIOGRAFIA
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- Valentini, G. Baronia, G., Domus Ecclesiae. Ledificio sacro cristiano, Patron, Bologna
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Dopo lEditto di Milano del 313 che da libert di culto ai cristiani, la chiesa, sostenuta dallimperatore Costantino,
inizia un vero e proprio programma edilizio per la costruzione dei nuovi luoghi di culto, capaci di manifestare la gloria e la
potenza di Cristo, e allo stesso tempo la forza a lautorit del sovrano che quelle opere commissionava. In realt non fu
certamente Costantino lunico committente della prima edilizia religiosa cristiana, oltre lui vanno ricordate tante comunit
cristiane che autonomamente avviarono la costruzione delle loro chiese, edificandole secondo le proprie necessit e possibilit.
A Costantino possiamo direttamente attribuire la costruzione delle basiliche romane di San Giovanni in Laterano, San Pietro,
Santa Croce in Gerusalemme, una piccola cappella per San Paolo fuori le Mura, una memoria per San Lorenzo al Verano, e le
basiliche di Betlemme e la Anastasis di Gerusalemme. Ma Basiliche sorsero in ogni regione dellimpero, incaricate da
differenti committenti, secondo una pluralit di modelli i quali traevano origine dal genus basilicale.
Con Costantino confluiscono la tradizione architettonica romana della basilica forense e la tradizione cristiana di
radunarsi nelle domus ecclesiae, determinando una nuova fase delledilizia romana, ossia la basilica cristiana.
Il nome di basilica cristiana evoca, infatti la confluenza di due diverse tipologie di edifici che, gi prima del loro
incontro, avevano vissuto una lunga parabola evolutiva arrivando a questo ritrovo con una certa maturit: da una parte la
basilica romana e dallaltra la domus ecclesiae. La storia port a incontrarsi questi due tipi di edifici cos diversi per funzione e
interpretazione, nel tentativo di creare uno spazio architettonico per il raduno dei cristiani. La pace offerta da Costantino
obblig ai cristiani a cercare unarchitettura per creare i luoghi di raduno. La basilica cristiana divenne linguaggio
architettonico comune presso i cristiani e il primo edificio costruito da Costantino, la Basilica di San Giovanni in Laterano e la
Basilica di San Pietro, daranno inizio ad una serie di ripetizioni in tutto loccidente.
Le prime basiliche cristiane, lunghi dallesere facilmente riconducibili ad un identico linguaggio architettonico,
mostrarono fin da subito la feconda dialettica fra lo spazio sacro longitudinae e quello a pianta centrale. Le due soluzioni, alle
quali possibile ricondurre lo spazio cristiano di tutti gli edifici costruiti fino ai nostri giorni, possono essere utilizzate come
schemi planimetrici per le due parti dellimpero. In oriente prevarranno col tempo le chiese a pianta centrale, che troveranno in
Santa Sofia a Costantinopoli la loro principale espressione; in occidente si stabilizzeranno le basiliche a pianta longitudinale
secondo la pianta creata dagli architetti di Costantino. Questo spazio cos codificato fin per imporsi a tutta la cristianit
occidentale, sia per la rilevanza e il carattere simbolico che i primi edifici avevano pe la fede cristiana, sia per le minori
esigenze costruttive che una basilica latina necessitava rispetto alle costruzioni orientali dove le grandi volte in pietra e le
poderose murature richiedevano un ingente sforzo di lavoro, materiali e tempo.
Limporsi della pianta basilicale non fu immediato in tutto loccidente, abbiamo gli esempi di Santa Croce in
Gerusalemme, la basilica di Aquileia, e di Cimitile presso Nola. Pian piano la pianta basilicale creata da Costantino divenne
riferimento sempre pi evocato fino ad imporsi in tutto loccidente. Oltre a le facilitazioni architettoniche, cerano idee
teologiche molto evidenti, perch la basilica cristiana nella sua forma di aula allungata innerva un asse funzionale visivo-
simbolico che ha il suo centro nellaltare, luogo del sacrificio eucaristico, e dove tutti i cristiani si trovano radunati in un'unica
aula, partecipando di un'unica celebrazione.
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costituite da tre ambienti comunicanti, affiancavano la prima ed erano coperte da pesanti volte a botte cassettonate. Questo
caso un unicum, perch in genere, per ragioni di praticit e di economia, si preferiva la pi leggera e veloce copertura a
capriata lignea.
I romani avevano la pianta basilicale, descritta anche da Vitruvio nel suo De Architettura, ma la applicavano molto
liberamente come dimostrano le testimonianze archeologiche arrivate abbondantemente fino a noi.
Non possiamo tralasciare le chiamate Basiliche private che nella tarda antichit sorgono nei palazzi signorili, che
anche se di minori dimensioni non appaiono minori nella decorazione e nella pretesa di magnificenza. La pianta era uguale
come quelle pubbliche: avevano sempre una navata centrale pi alta e una fila di colonne che delimitavano lo spazio.
Tutte queste variante giunsero al loro pieno sviluppo nei primi secoli dellera cristiana, ed quindi normale ritenere
che gli architetti delle basiliche cristiane fecessero riferimento nei loro progetti a questa pluralit di scelte, tentando di
prediligere gli elementi pi accordi con le necessit dei cristiani.
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Vaticano, San Paolo fuori le Mura, San Pancrazio, San Lorenzo, Santa Agnese, San Lorenzo... Possiamo distinguere due tipi di
martirya o chiese cimiteriali; quelle costruite sopra le tombe dei santi e quelle sorte su luoghi santi. I primi sono costruiti sopra
la tomba di qualche martire o santo e gli altri sopra luoghi che commemorano episodi della storia di Ges: la Anastasi, la
Basilica di Betlemme....
3.3 Le diaconie.
Il nome deriva del terminie greco che significa servire, significato che nel linguaggio neotestamentario e
cristiano assunse uno spiccato senso sociale, cio mettersi al servizio degli indigenti. Lattivit caritatevole della chiesa
antica, gi gli Atti degli Apostoli parlano dellattivit caritativa della prima comunit (Atti 2,44-45; 6,1-6) e gi alla met del II
secolo si effettuava la raccolta festiva per le opere di carit. A partire del IV secolo i papi creeranno funzionari e uffici appositi
per lazione caritatevole.
Lorigine della diaconia sicuramente orientale. Questa continua in un certo senso il costume romano delle pubbliche
distribuzioni, che ripressa dal cristianesimo quando il potere romano non in grado di gestirlo, ma aggiungendo una
assistenza integrale, cio soccorsi in natura e in denaro, ospitalit e via dicendo, e lautonomia economica nonch
amministrativa, come il possesso dei beni, la capacit di negozi commerciali e una struttura autonoma. Le prime notizie
storiche sullistituzione diaconale segnalano in Egitto parecchi centri fiorenti di carit, servite dal clero secolare e ma
soprattutto dai monaci.
A Roma la prima menzione di diaconie risale alla vita di papa Benedetto II (684-685) contenuta nel Liber Pontificalis,
ma sicuramente la sua istituzione e la sua funzione sono anteriori. Abbiamo alcune citazioni nelle epistole di Gregorio Magno
(590-604). Solo nella prima met del VIII secolo troviamo nelle fonti riferimenti espliciti a diaconie di cui si precisa il nome,
ma le testimonianze archeologiche ci indicano che esistono da prima.
4.1 Lorientamento.
In genere lorientazione della basilica non fu determinato da regole fisse e immutabili. Spesso gli architetti tennero
semplicemente conto del terreno in cui la basilica doveva sorgere, soltanto quelle basiliche cimiteriali venivano erette e
indirizzate verso la tomba preesistente del martire. Ma lorientamento delle basiliche per tradizione, gi appare nelle
Constitutiones Apostolicae, nella quale si prescribe lorientamente delledificio di culto verso lest, in omaggio alla regola di
pregare col viso rivolto verso Oriente, la cui origine risale a tradizione giudaiche come molti altre prassi dellorganizzazione
cristiana, e anche perch secondo la tradizione cristiana Cristo quando rittorner nella sua seconda venuta verr dallOriente.
Orientare una basilica verso Oriente sta a significare latessa, laspettativa orante. A partire del secolo VIII lorientamento
verso oriente diventa generale e a partire del XI una regola fissa nelle chiese romaniche.
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Le colonne sono collegate tra loro ingenere da archi o talvolta anche da travi orizzontali come a Santa Maria
Maggiore o a Santa Prassede.
Sopra gli archi, autonomamente sostenuti dalle colonne o pilastri, vengono costruiti dei muri. Quelli della navata
centrale si alzano al di sopra delle navate laterali. Nellalto dei muri della navata centrale si trova una fila di finestroni, uno per
ogni intercolunnio. Il rialzo della navata centrale permette un abbondante illuminazione della basilica. Questa cura della luce
in constrasto col tempio pagano, in cui la cella, adibita soltanto per la collocazione della statua del dio, era sempre semibuia.
Per temperare per lintensit luminosa si mettevano nelle finestre delle transenne in marmo traforate e si collocavano
sottilissime lastre di marmo traparente o vetro colorato.
Alcune basiliche cristiane hanno sopra le navate laterali ancora un altro piano, che corre lungo la loro lunghezza e
talvolta anche lungo la parte interna della facciata principale. Si tratta di una specie di tribuna, in forma di U. Queste gallerie
avevano la medesima larghezza delle navate laterali ma erano meno alte e mostrano una galleria di colonne aperta in direzione
della navata centrale. Generalmente si da a questo organismo il nome di matroneo, in quanto sarebbe stato riservato alle
donne (matronae). Per pi che una funzione pratica, esso, al meno nellOccidente, sembra essere stato un arrichimento
architettonico della fabbrica. Infatti soltanto la prima fila delle persone eventualmente situate nel matroneo, poteva vedere
laltare. Lacesso alla tribuna era una scala nel nartece, o nella torre presso la facciata, talvolta anche in un ambiente accanto
allabside. A Roma si trova nelle basilcihe cimiteriali di SantAgnese e di San Lorenzo.
Il pavimento della basilica era di solito il mosaico, tema che rientra nello studio delliconografia.
4.3.1 Nartece. uno stretto spazio obliquo, che comprende lintera larghezza della basilica. Il nartece pu trovarsi davanti
alla faccia esterna della basilica, in quel caso si chiama esonartece, o direttamente dietro questa, che prende il nome di
endonartece. Eccezionalmente si hanno due narteci, come a Santa Sofia di Costantinopoli. Il nartece pu essere uno spazio
chiuso come nelle basiliche della Grecia, ovvero aperto sul lato principale nella forma di un portico come in alcune basiliche di
Roma. Il collegamento tra il nartece e le navate di regola attraverso delle porte. Tuttavia a Roma, secondo quanto mostrano
gli scavi, alcune basiliche non avevano porte nella facciata bens delle grandi arcate. Come si vede nella facciata della basilica
di San Clemente, ma resta il problema della chiusura della basilica per lo quale si sono date varie ipotesi, ma nessuna sembra
soddisfacente. Il nartece sembra essere stato destinado ai catecumeni e ai penitenti, dopo labolizione del catecumenato, e
certamente a partire del VII secolo, sparisce o riceve un altra funzione.
4.3.2 Atrio. Alcuni nartece si sviluppano su gli altri tre lati formando un portico o quadriportico elemento che appare molto
diffuso in et costantiniana in tutte le basiliche del vacino mediterraneo. Tutto intorno il cortile cera un ambulacro formato da
colonne, da alcune descrizioni di Eusebio di Cesarea (H.Ecc. X, 4, 38; e da San Paolino di Nola Camen XXVIII, 44-49); si sa
che gli intercolunni erano muniti di cancelli lignei per la chiusura a forma di reticolato in modo da isolare praticamente i portici
dallatrio, la chiusura probabilmente non era in muratura, ma in legno e velari. Si capisca che quando si dice atrio si deve
intendere un recinto chiuso da quatro bracci.
Al centro dellatrio si trova frequentemente il cantharus, la vasca per le abluzioni o una fontana, in alcuni casi si
trovavano 4 fontanelle negli angoli. Lo spazio interno in molti casi venne coltivato a giardino per cui molte volte viene
nominato come paradiso.
Talvolta latrio ha anche un piano superiore, come nella Basilica della Anastasis a Gerusalemme. Dal lato esterno era
chiuso con un muro, ovvero era del tutto aperto con una galleria di colonne come a San Pietro. Queste pu collegarse subito
alla basilica o al nartece.
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Lo sviluppo longitudinale della navata si trova in diretta relazione con la lunghezza delledificio, per la larghezza le
basiliche del secolo IV mantengono un rapporto tra navata maggiore e navatelle aggirantesi su 2:1, ossia, ogni navatella
ampia quanto la met di quella centrale. Tale proporzione tende ad alterarsi nel corso del V secolo. La preminenza della navata
centrale si evidenza anche per la maggiore altezza.
Particolare cura si ebbe nella basilica cristiana ad illuminare gli ambienti interni. A differenza dei templi pagani
raccolti nella penombra della cella, larghe e frequenti aperture inondavano di luce le navate. di solito corrispondeva una
finestra per ogni arco della navata centra.e. Transenne marmoree nei vani delle finestre mitigavano talora i forti raggi del sole o
le correnti daria, in altri casi si aveva una chiusura con vetri colorati, sottili lastre di marmo traslucidoe pi tarde con selenite.
Nella maggior parte delle costruzioni nessuna finestra si apriva nellabside, vi sono casi per in cui due o tre aperture
illuminano il presbiterio, che in tal modo acquistava una luminosit che normalmente non possiede.
Anche la notte la basilica cristiana veniva illuminata con grande sfarzo.. Lampade pendevano dai soffitti, dalle pareti,
dagli archi ed architravi, candelabri ad uno o pi bracci ornavano laltare. Nei giorni solenni naturalmente lilluminazione
diventava pi sfarzosa e doveva accrescere lo splendore dei velari e delle stoffe prezione che addobbavano le maggiori
basiliche.
4.4.2 Transetto.
Nella basilica cristiana talvolta si trova lungo il lato breve posteriore delle navate uno spazio, contenuto dentro i muri
perimetrali delle navate, ovvero sportente oltre i muri laterali, il chiamato transetto. Quando la navata trasversale sporge dai
muri esterni e interseca le navate ad angolo retto, si arriva a un apianta della basilica a forma di T, ossia nella forma della
croce. Il transettto ne costituisce il braccio corto. In genere il transetto chiuso ai lati minori da un muro lineare, ma ci sono
casi in cui termina con absidi nei lati brevi. Il transetto va considerato come un organismo affatto particolare dellarchitettura
cristiana, contenuto in poche chiese, e per questo presenta un grande numero di varianti. Si poosono identificari vari tipi di
transetto:
Si trovano molti varianti nel tipo di transetto. Possiamo distinguerne almeno due fondamentali basandoci sulla
relaizone tra aula basilicale e transetto:
Transetto indipendente, quando le divisioni delle navate si arrestano al punto di incroccio con il transetto. In conseguenza
le colonnate e i muri sopra stanti, che dividono laula in navate, non entrano nello spazio del transetto. anche allora si possono
trovare due tipi:
- Transetto indipendente continuo, cio senza alcuna divisione interna.
- Transetto indipendente e tripartito, cio diviso internamente per mezzo di colonne e archi in tre
parti distinte ma collegate tra loro.
Transetto a navate avvolgenti, quando le navate laterali con la colonnata continuano in modo interrotto lungo il muro
perimetrico del transetto.
Il transetto deriverebbe dalla necessit di rendere visibile laltare al maggior numero possibile di fedeli, cos da
origine allarco trionfale e al tiburio e poi della cupola, in quanto era necessario illuminare lo spazio del transetto, ma nelle
basiliche antiche non c ne tiburio ne cupola.
- Arco trionfale. Il punto di incrocio fra il transetto indipendente e la navata dellaula basilicale segnato in alto da
una parete trasversale, che sull anave mediana sincurca a guisa di grande arcata. Larco trionfale situato al termine della
navata centrale, presuppone la presenza dun transetto e quindi la possibilit di passarvi sotto in modo solenne da parte del
trionfatore, senza che si incontri subito con un muro.
- Abside. In genere la basilica cristiana aveva un solo abside situato nellasse centrale delledificio, al termine della
navata centrale. Queste si trova nella parete di fondo, dove anche la sedia del vescovo, fiancheggiata dai subsellia o seggi
dei sacerdoti. Un numero ristretto di antiche basiliche aveva tre absidi, quello centrale pi grande e due pi piccoli in
corrispondenza con le navi laterali. In alcune chiese del nord dellAfrica, della Spagna e dei Balcani, si trova talvolta di fronte
allabside un controabside posto in un ambiente anteriore o allinizio della navata centrale.
Di solito labside sporgente, cio sporge allesterno dal muro perimetrico dellaula, che il caso pi frequente. Pu
essere anche che labside sia costruito nellinterno della basilica, e che la sua curva esterna appoggi sulla parete di fondo della
basilica.
Di solito labside ha un apianta semicircolare, ricoperta da una semicupola. In Egitto e in Siria si possono trovare
absidi di forma rettangolare. A partire del V secolo, e soprattutto del VI, si pu trovare la parete esterna dellabside a forma
poligonale.
Il soffito semisferico interno dellabside chiamato conca o catino. A Roma di solito le basiliche antiche non hanno
finestre nellabside, soprattuto perche la luce avrebbe impedito a coloro che entravano di vedere bene laltare. Esse furono
inserite tra lVIII e IX secolo, quelle di Santa Sabina sembrano essere state aperte in periodo tardivo.
Il motivo dellabside gi lo troviamo nellarchitettura romana, nellarchitettura cristiana servirebbe per inquadrare
laltare in uno sfondo plastico rialzando la sua importanza.
Un problema particolarmente difficile resta infine quello delle controabsidi. Un certo numero di basiliche nellAfrica,
nella Spagna e nella Peninsula Balcanica, presentano generalmente un cotroabside rivolto ad oriente si oppone generalmente ad
un altra orientata in senso contrario, non si sa bene lorigine, anche pare che sia di origne funeraria e sorta in Africa.
- Presbiterio. Il nome deriva dal termine greco presbiteros, indica lo spazio tra labside e le navate, riservato
unicamente al clero per le funzioni liturgiche. Per evidenti ragioni di visibilit si trova spesso sopraelevato rispetto alla quota
delle navate con uno o pi gradini. Lo spazio viene chiuso da cancelli o da latre forme di recinzione che ne assicurano
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lisolamento. Il tipo, lampiezza, le caratteristiche del presbiterio dipendono soprattutto dagli orgnaismi che lo compongono,
altare, abside, cattedra, banchi del clero, ambone, cancelli e cripta.
- Altare. Si pu dire che il punto di convergenza dellintero complesso architettonico, illuogo nobile, sacro per
eccelenza, dove si compie il sacrificio della messa. Si chiama anche mensa, ara,...
Si pu trovare in quattro tipi diversi:
*Altare a mensa, consiste in una lastra generalmente marmorea, sorretta da un supporto centrale ovvero da quattro o
pi angolari.
*Altare a blocco, fatto in muratura. Talvolta fu semplicemente un unico masso di marmo, pietra o materiale affine, ed
ebbe funzione di soporto a una tavola che si poneva quando occorreva.
*Altare a sarcofago, simile cio, come indica la stessa denominazione, alla forma di un arca funeraria.
*Altare a cofano, forma desunta dalla teca, dalla cassetta custodia, un essempio di epoca posteriore.
C un essemplare a tripode, rappresentato nella cappella dei Sacramenti del Cimitero di San Callisto, la singolarit
della forma e lantichit dellaffresco si vuole ritenere come il prototipo della mensa sacrificale, laltare tipo delle primitive
comunit.
Laltare poteva essere di marmo, pietra, legno e muratura, rivestito di mettalo prezioso: oro, argento, brozo.; fisso o
mobile. Si era mobile senza dubbio era in legno, si pensa che cos doveva essere nella domus ecclesiae e negli ambienti
cimiteriali.
- ciborio. il simbolismo della copertura di una tomba, di un trono, del tabernacolo Ess 10, 15-17) fu sicuramente noto
presso i popoli antichi. Il ciborio o baldachino consisteva in un padiglione quadrangolare poggiato su quattro colonne che
servivano di sostegno alla copertura superioree a portare i veli che venivano tirati per nascondere laltare al momento della
consacrazione
- Cattedra. La cattedra, detta anche solium forma con labside un insieme inscindibile, che si esprime simbolicamente
nella doppia immagine della cathedra Christi-cathedra episcopi, onde la basilica diventa la sala del trono divino. Essa si trova
nelle chiese episcopali, titolare o monastiche nella forma di una sedia con spalliera e bracciuoli, sopraelevata con gradini, viene
costruita inmattoni e marmo, decorata con escene dellAntico e Nuovo Testamento. Lunica catedra mobile esistente e quella
del vescovo Massimiano di Ravenna, che in avorio. Ai lati della catedra cerano i banchi dove sedevano i presbiteri. Anche
questi erano in legno o in muratura e potevano comprendere uno o pi ordini sovrapposti.
- Solea o schola cantorum. Come il suo nome stesso indica, si tratta di un recinto rettangolare spesso sopraelevato da
uno o due gradini, situato immediatamente dinanzi al santuario nel quale prendevano posto i cantori o il clero. Spesso larea
del presbiterio e della solea formavano tutto un recinto delimitato dai cancelli, che per creare il posto necessario si avanzavano
fin nella navata centrale.
Lorigine di un corpo di cantori e listituzione di un posto fisso nellambito del presbiterio risalgono certamente ad una
gase matura della liturgia, difficilmente prima del VI secolo. Lessempio pi antico stato identificato nella basilica di San
Marco, anche a Castelfunsano se ne conosce iltracciato di una scuola, la prima menzione di quella di San Pancrazio si deve a
San Gregorio di Tours. Un forte impolso di questa struttura si dovette dare con Gregorio Magno che rifform il canto
ecclesiastico.
- Ambone. Sorta di tribuna sopraelevata dalla quale venivano lette al popolo le sacre scritture, si annunciavano le feste
mobili, si cantavano alcuni versetti. Un tipo pi evoluto avrebbe avuto invece una duplice rampa di accesso con tre o quattro
gradini. Il modello pi diffuso e monumentale venne costruito in muratura, munito di due rampe rivolte una ad este e laltra ad
ovest, rivestito di lastre di marmoree ornate di rilievi simbolici, di solito si trova nella navata cnetrale vicino allaltare.
4.4.3 La copertura della basilica.
Il tipo di copertura delledificio a tetto in due falde con doppio spiovente. Infatti le disposizioni e le dimensioni delle
pareti appaiono adatte soltanto alla resistenza delle azioni verticali. Un lato debole infatti del tipo basilicale la grande fragilit
dei muri alti e sottili sovrastanti alle colonne, non resisterebbero un altro tipo di copertura. Pertanto essi vengono in genere
imbrigliati dalle capriate del tetto le quali pessano, ma non spingono.
La copertura delle navate nella basilica paleocristiana comunemente quella lignea, con rivestimento di embrici. La
maggior parte delle chiese del bacino del Mediterraneo adopera il sistema di travi incatenate a forma di triangolo, consistente
in forti elementi trasversali, su cui poggiano traverse spioventi, sistema a capriata. Le travi potevano rimanere visibili
allinterno, come a San Paolo fuori le Mura, come a San Pietro... o venivano mascherate da un soffitto piano, decorato a
lacunari dorati. Con laffermarsi della cupola si diffonde dal V secolo in poi un altro tipo di copertura, alquanto infrequente in
epoca anteriore salvo talune regioni, come la Siria centrale assolutamente priva di risorse lignee: la volta. Essa per pone
problemi di altra natura, derivati dal peso e dal complicato gioco delle spinte e dei controforti in relazione ai sostegni.
La capriata una incastellatura triangolare, prevalentemente in legno, che sostiene il tetto. La catena della capriata
un unico pezzo di legno. Sulla capriata poggiano gli arcarecci, cio le travi disposte longitudinalmente per sostenere i travetti o
il mato di copertura. La copertura a tetto, sostenuta da capriate, era nascosta da un soffitto a lacunari. Ci risulta anche dallo
studio dei mosaici dellarco absidale o di quello trionfale, che dimostrano una composizione in linea orizzontale.
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BIBLIOGRAFIA
- Crippa, M.A.- Zibawi, M., Larte paleocristiana, ed Jaca Book, Milano, 1998.
- Duval, N. Ledificio di culto in Dizionario Patristico di Antichit Cristiane, Marietti, Casale Monferrato, 1983, pp.
- Krautheimer, R., Architettura sacra paleocristiana e medievale, Bolati Boringheiri, Torino, 1993.
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Una volta dato il primo passo aperta un po la porta ai segni, allinizio del III secolo comincia a cadere la proibizione
delle immagini. La comunit cristiana comincia a decorare le sue aule di culto e i suoi luoghi di interramento con lapparato
iconografico offerto dal paganesimo, ma dando un nuovo significato alle immagini. I primi cristiani vivevano in un mondo
dove limmagine come motivo di pubblicit e diffusione di una ideologia era onnipresente, baste pensare ai Fori Imperiali, ai
grandi monumenti imperiali in tutte le citt dellimpero, alle monete, alle effigi dellimperatore, ma anche ai monumenti
privati, alle terme, ai diversi templi con le loro statue di culto.
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simbolico si scritto molto. Il pi famoso quello della frazioni panis dipinta sullarcone della Cappella greca nella
Catacomba di Priscilla. Un tema importante quello del pane e i pesci che troviamo nelle Catacombe di San Callisto e in
quelle di Domitilla. Un unicum che troviamo nelle Catacombe di Priscilla la prima rappresentazione della Madonna, dove
compare con il Bambino in braccio dinanzi ad un profeta. Esempi di questo stile li troviamo nella Cripta di Lucina e nei
Cubicoli dei Sacramenti nella Catacomba di San Callisto, nel cubicolo della Coronatio nella Catacomba di Protestato. Di solito
nei primi tempi gli episodi dellAntico Testamento sono pi frequenti di quelli del Nuovo Testamento.
A met del III secolo si da un arricchimento del repertorio figurativo grazie allo sviluppo delle catacombe. Larioso
stile rosso verde tende a farsi sempre pi illusionistico e a perdere coerenza compositiva attraverso la progressiva inserzione di
elementi sospesi e di riempimento che tendono a frazionare la sintassi lineare e a distruggere gli spazi liberi. Gli episodi si
riducono a vignete estremamente abbreviate, creando un linguaggio criptico fatto da simboli. Cominciano ad apparire temi
nuovi pressi dalla Sacra Scrittura come Adamo ed Eva, Davide con la fionda, Tobia con il pesce, Elia assunto al cieli nel carro
di fuoco, il sacrificio di Isacco; un personaggio molto rappresentato Giobbe, questi temi sono presi dallantico Testamento.
Dal Nuovo Testamento si prendono alcuni miracoli di Ges come la guarigione del lebbroso o del cieco, Esempi di questa
pittura li troviamo nel cubicolo del Buon Pastore nelle Catacombe di Domitilla, la Cappella Greca nelle Catacombe di Priscilla
Dagli ultimi decenni del III secolo, fino allet costantiniana sorge un altro periodo caratterizzato da uno schema
parietale lineare e da un impianto delle figure solido e ben costruito, con ornati floreali e geometrici accanto ad una progressiva
trasformazione delle linee delo schema ornamentale del III secolo in fascioni quali cornici delle scene raffigurate, divenute
elemento essenziale della decorazione. Si introducono nuovi temi vetero e neotestamentari con la rappresentazione dei fossori
al lavoro, scene di banchetto. Esempi di questo stile li troviamo nelle Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro.
Con la pace religiosa si introduce nelliconografia la visione trionfalistica per esprimere il rango acquisito. Si
diffondono immagini della reggia celeste col Cristo al centro attorniato dai suoi discepoli, che va introducendo il tema
dellorigine divina dellimpero. Si mette in risalto il trionfo di Cristo e si esalta anche il sovrano terreno. Si celebra il primo
concilio della Chiesa, il Concilio di Nicea del 325. Si ricupera il plasticismo e una riconsolidamento delle forme contenute in
marcate linee di contorno, le figure appaiono entro pannelli delimitati da cornici sempre pi spesse, con volti frontali e
tondeggianti, occhi grandi e dilatati. Nascono nuovi temi, forse per la maggiore libert della committenza, fra questi temi
troviamo la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, lofferta dei doni di Caino e Abele, la fuga di Lot di Sodoma. Lesempio
pi importante sono la Catacomba anonima di Via Latina.
In questo periodo si riscopre lordine naturale del ciclo, adoperato anche per la decorazione delle navate delle
basiliche, purtroppo nella grande maggioranza perdute, ma ricostruibili nelle linee essenziali attraverso le notizie lasciate dai
Padri della Chiesa. Si riscopre il gusto della successione delle storie bibliche, interpretate da vere e proprie didascalie iscritte,
come nel cubicolo dei due banchetti nelle Catacombe dei Santi Pietro e Marcellino.
Lultimo periodo della fine del IV secolo e degli inizi del V caratterizzato da un accentuato linearismo. Comincia a
declinare la sepoltura nelle catacombe, queste solo sono usate per la venerazione e il culto dei martiri, in conseguenza si lascia
il carattere funerario della pittura e si cerca la glorificazione dei martiri e la regalit del Maestro ispirandosi ai moduli grandiosi
degli edifici di culto. I caratteri stilistici dellepoca si evidenziano nelle figure allungate, nei volti ieratici, negli occhi a
mandorla, nelle capigliature ad elmo, nellaccentuato linearismo delle forme, smaterializzate in una atmosfera astratta.
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Questa tecnica deve essere realizzata in fretta, nelle cos dette giornate, cio mentre lo strato di calce ancora umido, perch
una volta asciutto troppo tarde per dipingere.
Per la pittura a tempera occorrevano un supporto ben levigato e asciutto, e colori stemperati in lattice di fico o bianco
e rosso duovo, che fungevano da collante. Ma la deperibilit di questo sistema sconsigliarono luso di questo procedimento in
catacomba.
Il fondo delle pitture in prevalenza bianco, anche se in alcuni casi poteva ricevere una tinta rossa o gialla stessa
previamente. I colori, tutti vegetali, minerali(ocre e cinabro) e artificiali come il bianco di piombo e il nero fumo. La gamma in
uso non era molto ricca: bianco, giallo, rosso, bruno e verde, cinabro, azzurro, grigio e nero. Limmediatezza della tecnica a
contrasti vivi ed i toni vivaci favorivano la resa ottica e la freschezza dellinsieme. Non erano sconosciuti certi espedienti come
le ombreggiature o le lumeggiate che mettevano in risalto alcuni particolari.
La tecnica quella compendiarla, ottenuta mediante vivi contrasti sul fondo totalmente bianco, poich era
fondamentale la leggibilit dellimmagine dipinta in un ambiente poveramente illuminato.
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BIBLIOGRAFIA
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- Bisconti, Fabrizio (a cura di) Temi di iconografia paleocristiana, ed Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana,
Roma, 2000.
- Cervellin, Luigi, Larte cristiana delle origini, ElleDiCi, 1998.
- Danieolou, Jean, I simboli cristiani primitivi, Arkeios, 1997.
- Mazzoleni, Danilo, Larte delle catacombe in Archeo 8 (1985) pp. 1-66.
- Grabar, Andr, Le vie della creazione nelliconografia cristiana, Milano, Jaca Book, 1999.
- Muzj, Maria Giovanna, Visione e presenza. Iconografia teofania nel pensiero di Andr Grabar, la Casa di Matrona,
Milano, 1995.
- Prigent, Pierre, Larte dei primi cristiani. Leredit culturale e la nuova fede, Arkeios, 1997.
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La decorazione in mosaico.
La storia della decorazione mosaicistica nelle basiliche romane e nelle chiese di pianta longitudinale offre un punto di
vista privilegiato per lo studio di questa forma di decorazione cristiana. Questarte sempre fu sorretta e alimentata da una forte
teologia e spiritualit, i cristiani di tutti i tempi hanno trovato nel percorso decorativo della basilica nella quale partecipava alla
liturgia o realizzava la sua preghiera un percorso di fede che si svolgeva lungo tutta la basilica e che culminava nellabside,
luogo del mistero centrale della fede cristiana, cio dove si celebrava leucaristia.
Nel nostro percorso andremmo dalla nascita del mosaico al suo uso nella Roma imperiale e il suo uso nel mondo
cristiano, e in conseguenza il nuovo senso dato a questo dalla fede cristiana. Molti mosaici cristiani sono stati distrutti dal
tempo, da eventi traumatici come terremoti, abbattimenti e soprattutto da restauri realizzati nelle basiliche. Per fortuna molti
sono conosciuti attraverso diverse descrizioni o copie fatte da questi prima della sua distruzione. Anche se si conservano un
numero discreto di mosaici antichi possiamo cogliere lautorevolezza che avevano questi manufatti e come in alcuni casi si
sono conservati come reliquie antiche, come successo nei casi di San Giovanni in Laterano e in Santa Maria Maggiore.
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Le varianti con cui questi due generi fondamentali si presentano sono diverse, e traggono la loro diversit dal
materiale di cui sono fatti: pietra, terracotta, pasta vitrea, marmo dalle loro dimensioni, dalla loro valenza decorativa. Queste
diversi varianti, pi che semplici variazioni tecniche, costituiscono pian piano vere e proprie scuole musive, facilmente
localizzabili. La prima differenza vede contrapposti il mosaico orientale da quello romano u occidentale.
Il mosaico orientale segue la matrice ellenistica e ha conservato la tradizione del pavimento a quadro, con un
emblema, cio un riquadro centrale con una scena ben distinta e incorniciata, spesso realizzato a piccole tessere, posta al centro
di una stanza come uno specchio, inserito nel tapetto geometrico e attorniato da semplici elementi, la cui funzione di attirare
lattenzione verso il centro. Questo tipo di rappresentazione ha un orientamento privilegiato. Il mosaico occidentale, invece,
rompe con la struttura centripeta dei mosaici orientali, e si presenta come un complesso di figure illimitatamente estensibili,
che si possono vedere dai quattro angoli. Come si vede nella disposizione del mosaico delle Terme dei Cisarii a Ostia. Il
repertorio geometrico delle province orientali greche ed ellenistiche risulta abbastanza limitato e per lo pi ripreso dalla
tematica tradizionale delle decorazioni architettoniche, ma in compenso ha un repertorio figurativo estremamente ricco, erudito
e ispirato su leggende mitologiche. Lassenza di un vasto repertorio geometrico dato dal fatto che, come abbiamo detto, la
cornice che inquadrava il mosaico aveva una funzione univocamente centripeta. Il mosaico romano, al contrario, riproduce
temi figurati di natura mitologica ma che ben presto divengono stereotipati. Un moisacista romano quindi il pi delle volte
pensa ad una visione globale del tutto, in cui anche il quadro centrale divine una parte del mosaico e non necessariamente
quella principale.
Una differenza che divide le due scuole e riguarda la scelta del tema musivo in base al luogo in cui sar posto. Il
carattere funzionale del mosaico tipico della scuola occidentale, mentre straneo alla scuola orientale, e implica una certa
possibilit di entrare in armonia con lutilizzazione del locale. Si pensi alle scene di atleti nelle terme, al cane nel vestibolo
delle case pompeiane, i pavimenti non spazzati (asaroton) Naturalmente la regola non assoluta e i legami non sono
sempre evidenti, spesso la scelta del tema legata alla fantasia o al gusto del proprio committente. Qualche volta il mosaico da
idee sullutilizzo dellambiente.
Queste due grandi e divergenti tendenze, che mantengono le loro caratteristiche durante lalto impero, per poi
unificarsi durante il basso. Ma anche possiamo parlare di una scuola romana moisacistica, che si caratterizza da un proprio
stile, sceglie come proprio mezzo espressivo il mosaico in bianco e nero e lo far trionfare in tutto loccidente, con la sola
eccezione dellAfrica dove continuer il mosaico coloristico. La scelta fondamentale nellevoluzione del mosaico italiano si
verifica nel periodo adrianeo, intorno al 120-130 d.C. in cui fa la sua comparsa lo stile bicromico, bianco e nero. Operare con
soli due colori significava acquistare una maggiore rapidit desecuzione e ricorrere a materiali facilmente reperibili in loco. Di
conseguenza il pavimento bicolore diventa la soluzione pratica ideale per il rivestimento delle enorme superficie romane, nelle
terme, nelle basiliche e nei grandi mercati. Altro vantaggio era che si poteva affidare a operai di modesto livello professionale,
ben diversi dei grandi maestri moisacisti ellenistici. Si inventa un nuovo repertorio decorativo geometrico dando vita ad un
programma ornamentale, basato sulla curva e su un fogliame tanto stilizzato quanto immaginario. Questa tecnica bicolore sar
una maniera soltanto italiana, se ne trovano pochi esempi fuori dellItalia. Dal secolo III in poi ritorner il mosaico a colori
come si vede bene nelle Terme di Caracolla, anche se non si abbandoner totalmente il mosaico bicolore.
Ben presto ogni provincia dellimpero svilupper una propria scuola musiva, con un originalit che affiancher quella
romana, possiamo cos parlare di uno stilo gallo-romano, africano romano, e anche di uno stile musivo originale per la
Germania, la Britannia e la Penisola Iberica.
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linflusso dei grandi pavimenti musivi nordafricani, che vengono esportati in Italia attraverso i cartoni o dalle stesse
maestranze. Di solito si usano riquadri o elementi geometrici circolari, ottogonali, esagonali contenendo ognuno al suo
interno un elemento figurato. Come si vede nella decorazione pavimentale della Basilica di Aquileia, si alternano motivi a
semplice funzione decorativa con elementi simbolici come il Buon Pastore, le storie di Giona
I mosaici geometrici presentano generalmente una policromia molto limitata, basata sul contrasto fra toni caldi, rosso-
rosa, e freddi, bianco-azzurri; sono molto diffusi i pavimenti a riquadri affiancati con motivi simili disposti in diagonale,
alternando generalmente un motivo a rosone a un motivo a tappeto.
Se il mosaico parietale risultava relativamente omogeneo dovuto alla sua committenza aulica legata a gli schemi di
corte, il mosaico pavimentale pi libero e legato ai gusti locali e del committente. Cos troviamo nei mosaici pavimentali il
ritratto del donante, del suo nome, elementi rappresentando leucaristia, fino il piano di una regione
3.- La nascita di una scuola musiva romana: i mosaici di Santa Pudenziana, Santa Maria Maggiore e dei SS. Cosma e
Damiano.
Una delle chiese pi antiche di Roma la basilica di Santa Pudenziana, che la tradizione vuole far arrivare fino a San
Pietro e alla sua predicazione a Roma. Questa basilica sarebbe sorta nella casa del senatore Quintus Cornelius Pudens.
Troviamo il titolo di questa chiesa nei documenti del IV secolo come Ecclesia Pudentis. Forse lorigine della basilica possiamo
3
La legenda racconto come il giorno dellinaugurazione della Basilica Lateranense apparve dopo la consacrazione di questa
limmagine del Salvatore nel centro dellabside dellaltare.
4
C una tradizione secondo la quale Cristo nella sua seconda venuta verr da Oriente, cos come simbolo di attesa, la basilica
cristiana orientata verso oriente.
5
Andarolo, M Romano, S. Limmagine nellabside in Arte e iconografa a Roma, ed Jaca Book, 2002, pp. 93-124.
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trovarlo nellOratorio di Santo Pastore, che era decorato con un mosaico rappresentando Pietro tra due pecore nella parte sopra
e sotto una figura centrale sbarbata che viene identificato con Cristo e a destra e sinistra altre due figure. Alcuni pensano che
questo mosaico fosse addirittura della fine del IV secolo, secondo altri contemporaneo a quello del catino absidale. Questo
mosaico fu distrutto nel XVI secolo per la costruzione dellattuale Cappella Caetani, ma conserviamo alcuni disegni della
decorazione a mosaico. Questo ci sta indicando che forse la chiesa aveva una decorazione a mosaico lungo tutta la navata come
a Santa Maria Maggiore.
Nel catino absidale abbiamo una delle decorazioni musive pi antiche conservate a Roma, anche se non nella sua
ampiezza originaria ma con notevoli integrazioni, risale al pontificato di Innocenzo I (403-417) 6. Questo mosaico segna un
capitolo nel quale il debito dei mosaicisti cristiani verso la scuola pagana si affievolisce sempre pi, mentre i mutamenti tecnici
ed espressivi profondi, si prospettano come spinta del mosaico come arte autonoma. In questo mosaico troviamo rappresentato
il tema teofanico: Cristo siede su un trono gemmato fra gli apostoli e due figure femminili: lEcclesia ex Gentibus e lEcclesia
ex circumcisione. Attorno a Cristo si distribuiscono gli apostoli, mentre nel fondo si vede il Golgota e la citt santa di
Gerusalemme.
Il catino absidale di Santa Pudenziana per la frontalit e la postura sopraelevata del Cristo, la prima opera
monumentale musiva nella quale si esprime il carattere trionfale delle raffigurazioni cristiane, che esprimono la Vittoria di
Cristo. Ci si evidenza dalle insigne regali proprie dellimperatore che in questo caso sono attribuite a Cristo: il trono gemmato
con cuscino purpureo, il nimbo, la tunica e il pallio dorati. Dietro Cristo non troviamo edifici generici ma rappresentazioni
concrete: si possono riconoscere le rappresentazioni del Martyrion e dellanastasis di Gerusalemme, e la Basilica della Nativit
a Betlemme.
In questo ben connesso sistema ideologico, che si traduce in viva fede e salda speranza, la rappresentazione absidale
sembra unirsi con i fedeli che nella basilica partecipano alla sinassi liturgica.
La profondit del campo non ottenuta mediante il contrasto dei colori, ma col sovrapporsi e moltiplicarsi dei piani
nei quali si sviluppa la scena e nella diversa inclinazione delle linee nelle quali sono disposti gli apostoli, gli edifici di culto e il
porticato intermedio7. Oltre i diversi rifacimenti possiamo notare la capacit pittorica, le modulazione cromatiche in cui risalta
la luminosit del cielo.
Altro mosaico importante poco posteriore a questo, di 20/30 anni quello realizzato in Santa Maria Maggiore da papa
Sisto II (432-440). La decorazione a mosaico che Sisto II realizz nella basilica prevedeva la decorazione dellabside, dellarco
trionfale, della navata centrale e della controfacciata. Di tutto questo insieme ci rimasto larco trionfale e 27 dei 36 pannelli
originali con scene della Genesi e del Libro dellEsodo che si trovavano lungo la parte alta della navata centrale. Forse i
mosaici pi interessanti per la sua disposizione sono quelli della navata centrale perch questi mosaici sono gli eredi della
tradizione della tradizione tardoantica con il senso della spazialit e i colori vivi dellarte antica romana. In alcune scene
troviamo vedute viste dallalto, a volo di uccello come troviamo nelle colonne storiate romane come quella di Traiano (115)
e quella di Marco Aurelio (180), e anche negli affreschi della catacomba anonima di Via Divo Compagni, datati nella seconda
met del IV secolo. Anche alcune scene hanno lorizzonte come spazio, cio un senso naturalistico del cielo. Questo enorme
ciclo non ha confronti immediati, si vuol vedere linflusso delle miniature che decoravano i vangeli e alcune opere pagane
dellepoca.
La controfacciata era decorata con una lunga iscrizione che spiegava tutto il senso della decorazione, come ancora si
conserva nella basilica di Santa Sabina nellAventino. La decorazione dellarco absidale segue pi la tradizione delle figure
paleocristiane, con un fondo oro, inserimento delle figure in edifici architettonici, le figure hanno movimento e volumi. Il
catino absidale era decorato con la figura della Madonna, ma il mosaico originale fu distrutto da Nicol IV (1288-1292) per
ampliare la zona dellabside. Non sappiamo con certezza che cosa cera, per liscrizione che si trovava nella controfacciata si
pensa ad una rappresentazione della Madonna attorniata da santi e martiri, forse seguendo un schema che sar tradizionale
nella decorazione degli absidi, cio con varie figure di santi in piedi ai lati della figura centrale, in questo caso la Madonna.
Non certa la presenza esplicita di Cristo nellabside.
Un altro mosaico importantissimo quello dei Santi Cosma e Damiano 8, eretta durante il pontificato di Papa Felice IV
(526-530). Questa basilica si inserisce dentro laula della biblioteca del Forum Pacis, costruito da Vespasiano tra il 71-75 d.C.,
e il chiamato Tempio di Romolo e dedicato ai due fratelli medici: Cosma e Damiano. Fu il primo edificio di culto cristiano
inserito fisicamente dentro del Foro Romano, cio nel cuore economico, politico e religioso della Roma pagana. Nel catino
absidale della biblioteca, riutilizzato senza nessun adattamento fu inserito un mosaico, opera capitale dellarte romana 9.
Rappresenta una teofania di Cristo che sembra scendere dal cielo blu intenso attraverso una scala di nuvole policrome, ai lati si
trovano i due Principi della Chiesa, Pietro e Paolo, che presentano i due titolari della basilica, Cosma e Damiano, a la sinistra si
trova Papa Felice IV, che presenta un modellino della basilica, e alla sinistra S. Teodoro. In questo caso gli edifici classici
hanno lasciato il posto allo spazio dellempireo, dominato dal cielo blu. E importante notare qui, che il fondo dei mosaici
romani osciller quasi esclusivamente dal fondo blu intentisissimo, notturno, figura del cielo, che rispecchia una tradizione
6
Vitaliana, Tiberia Il mosaico di Santa Pudenziana a Roma. Il restauro, Roma, 2003, pp. 270.
7
Dal Soglio, P. Evoluzione del mosaico nellincontro col cristiansimo, Pontificia Universit Lateranense, Roma, 1970, p. 70.
8
Chioccioni, Pietro La Baslica e il Convento dei Santi Cosma e Damiano in Roma, Curia Generalizia dellOrdine, Roma,
1963, pp. 171.
9
Vitaliano, Tiberia, Il restauro del mosaico Della Baslica dei Santi Cosma e Damiano a Roma, ed Ediart, Perugia, 1991, pp.
86.
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prettamente romana, e quello oro di matrice bizantina. Il fondo blu conserver sempre una traccia pi o meno marcata di vena
fenomenica, unito alla curvatura dellabside e alla presenza pip o meno naturalistica delle nuvole, evocher con naturalezza il
cielo, il fondo oro, invece essendo un non colore e una non superficie, viene utilizzato come cassa di risonanza della
composizione figurale.
Lo schema della rappresentazione costituito di 7 figure, sempre con Cristo al centro. E difficile trovare uno schema
con sette figure prima di questa rappresentazione, sicuramente cerano altri esempi ma che non si sono conservati. Abbiamo un
disegno del mosaico absidale di SantAndrea in Catabarbara, questa decorazione fu fatta quando ancora non era edificio di
culto cristiano ma semplicemente la Basilica di Giuno Basso, e poi verso il 470 divenne edificio di culto dedicato a
SantAndrea. Il catino absidale era decorato con 7 figure molto semplici con il Cristo al centro e ai lati 6 apostoli in gruppi di
3. Queste sarebbe un precedente, ma il precedente assoluto, che andato perduto e del quale non abbiamo neanche un disegno
medievale, si trovava nellabside della Basilica di San Marco, realizzata da papa Marco (336). In origine aveva una
decorazione assolutamente identica, cio con il Cristo al centro, i due principi degli apostoli, due santi martiri che in quel caso
erano Felicissimo e Agapito e poi cera papa Marco, donante della chiesa.
Il mosaico della basilica dei Santi Cosma e Damiano, rappresenta magnificamente levoluzione dellarte
paleocristiana, le figure in piedi risaltano su un fondo turchino, in una prospettiva ascensionale al centro dellabside, Cristo
emerge dalle nuvole collocato in alto rispetto alle altre figure.
Il mosaico presenta da un lato una straordinaria limpidezza come una grande forza esecutrice nel concepimento e
nellespressione, una maestria nella tecnica che pochi mosaici possiedono, ci si nota nellaccorta minuziosit del digradare dei
colori e delle tinte con effetti splendidi di luci.
Il mosaico dei Santi Cosma e Damiano diverr il modello riproposto in tutte le sue componenti per i mosaici absidali
posteriori, di esso, non solo sar trasposta la scena delladmissio dei martiri a Cristo da parte dei Principi degli Apostoli,
compresa la figura del papa offerente, ma verr anche ricalcato il contenuto del titulus, che corre alla base del catino.
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BIBLIOGRAFIA
- Andarolo, M Romano, S., Limmagine nellabside in Arte e iconografia a Roma. Da Costantino a Cola di Rienzo,
ed Jaca Book, Milano, 2002, pp. 266.
- Bertelli, Carlo. Il mosaico, Arnaldo Mondatori editore, 1996, pp. 359.
- Crippa, M. A. Zibaudi, M., Larte paleocristiana, ed Jaca Book, Milano, 1998, pp. 496.
- Dal Soglio, P., Evoluzione del mosaico nellincontro col cristianesimo, Pontificia Universit Lateranense, Roma,
1970, pp. 134.
- Donati, Angela (a cura di) La forma del colore. Mosaici dallantichit al XX secolo, ed Electa, 1999, pp. 189.
- Lavagne, H., Il mosaico attraverso i secoli, ed Longo, Ravenna, 1996, pp. 154.
- Lavagne, H. (direttore), Mosaique. Trsor de la latinit. Des origines nos jours, ed Ars latina, 2000, pp. 627.
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Sarcofagi cristiani.
Parlare di sarcofagi cristiani e di scultura cristiana delle origini significa delineare un quadro che inizialmente pu
apparire un po' deludente. Anche se dei sarcofagi cristiani abbiamo un numero abbastanza notevole, circa 2.500 esemplari
interi o frammentari, che ci permettono tracciare e studiare la sua evoluzione dal suo origine a gli inizi del secolo III fino a gli
ultimi sarcofagi di et onoriana del secolo V. Della scultura cristiana antica possediamo pochissimi esempi, anche se le fonti
letterarie pi volte parlano di opere plastiche marmoree e bronzee che dovevano adornare edifici pubblici e privati, religiosi e
non, di citt grandi e meno grandi dellimpero, da Roma ad Alessandria, da Efeso a Cartagine, in realt ben poco oggi si
conserva della statuaria di questo periodo storico. In ambito cristiano ci si limita ad annoverare alcune repliche del IV secolo
d.C. del tipo del Buon Pastore con lagnello sulle spalle, una statuetta del Cristo giovane seduto, conservata al Museo
Nazionale Romano, e pochi esemplari raffigurante la storia di Giona, oggi conservati a Cleveland.
Eppure basta leggere, ad esempio, la Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea per apprendere che nella citt
di Cesarea di Filippo, presso le sorgenti del Giordano, esisteva un gruppo bronzeo raffigurante un miracolo di Cristo, quello
dellemorroissa, che era avvenuto proprio in quel luogo. Il medesimo autore, nella Vita di Costantino, allude a immagini simili
relative al profeta Daniele e al Buon Pastore che decoravano fontane nelle citt, mentre il Liber Pontificalis, afferma che ai
tempi del Papa Silvestro (314-335) furono collocate nel Battistero Lateranense statue auree e argentee raffiguranti il Cristo.
San Giovanni Battista, cervi e agnelli. Di tutto questo, purtroppo, nulla ci pervenuto.
Gi abbiamo parlato nel tema della pittura la paura dei primi cristiani per liconografia umana e animali,
come questi seguendo i precetti giudaici non volevano la rappresentazioni di animali e persone per paura allidolatria, e come
molti Santi Padri scrivevano contro questa usanza. Questo ha fatto che la scultura cristiana non si concentri tanto nella
statuaria, che ebbe una produzione molto limitata rispetto allarte romana, ma si limitassi quasi unicamente nellambito dei
sarcofagi.
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Alceste era figlia bellissima di Pelia e di Anaxibia. Spos il re Admeto. Questi, in occasione del matrimonio, trascur di
sacrificare ad Artemide, che ne fu molto irritata. Apollo lo riconcili con la dea e ottenne dalle Morie che in cambio della vita
di lui accettassero quella del padre o della madre o della moglie di lui. Avendo i primi due rifiutato di morire invece del figlio,
Alceste che amava intensamente suo marito si sacrific per lui. Ma Eracle, scese agli Inferi e riprese Alceste e la riport con
suo marito, malgrado lopposizione di Ade
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Ipolito figlio di Teseo e dIppolita, regina delle Amazzoni. Fedra, sua matrigna, innamoratasi di lui e da lui respinta, lo
accus a Teseo di aver tentato di sedurla. Teseo allora maledisce il figlio ed incov contro di lui il furore di Positone. Un girono
mentre Ippolito guidava il proprio cocchio sulla riva del mare, usc improvvisamente dalle onde un mostro marino, il quale
fece imbizzarrire i cavalli. Il cocchio si ribalt ed Ippolito mor. Fu poi riconosciuta la sua innocenza; Fedra, tormentata dal
rimorso si uccise. Risuscitato da Asclepios, Ippolito fu da Artemide portato nel Lazio, dove secondo alcuni regn sotto il nome
di Virbio, ad Aricia.
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Meleagro12, Adone, Endimione, Fetone, Oreste, Medea, lAmmazzanomachia. Oltre ad essi si prediligevano temi come muse e
stagioni o giochi di eroti.
Limpressione che questa raffigurazione dei miti tradizionali siano stati scelti sia per la loro prestigiosa
bellezza, sia per un riferimento, anche generico, alla vita e al destino inevitabile del defunto, sottolineato dal fatto che spesso
molte figure del mito rappresentato portano il ritratto del proprietario e dei suoi famigliari. Le rappresentazioni del mito sui
sarcofagi diminuiscono notevolmente a cavallo tra il II e III secolo, e solo di rado si trova durante il III secolo. Il mito che fino
adesso aveva dominato il mondo delle immagini sta palesemente perdendo la sua vitalit e la sua capacit di visualizzare e
esprimere con i simboli la necessit di una intera societ di identificarsi con un mondo consueto delle immagini. In questo
periodo troviamo la fine della scultura ideale con il lento esaurirsi delluso di copiare e variare i modelli della scultura classica
ellenistica, con il tempo prevalentemente mitico e religioso. Questi fenomeni che hanno una portata di grande conseguenza per
larte romana del periodo imperiale sono un inconfutabile indizio di cambiamento profondo della cultura e dei valori della
societ svoltosi durante il periodo Severiano. Questo processo da limpronta al secolo III.
Testimonianza di questa nuova visione della vita e del mondo il cambiamento dei motivi e delle immagini
nellambito sepolcrale, e si fanno sempre pi strada nuovi motivi con temi personalizzati che si riferiscono alla vita, alla
carriera pubblica, reale o presunta del defunto, alle aspirazioni e agli ideali dellimmaginario della gente. Scene di battaglia, di
matrimonio con il concordia coniugale, il procesus consulares e altre funzioni pubbliche che dimostrano la posizione
sociale del committente, come la caccia, che simboleggia il rango quasi aristocratico del defunto e della sua virt, figure di
filosofi e letterati e immagini di vita agreste, personificazioni delle stagioni e soprattutto scene bucoliche e marine. Si trovano
rappresentate nei sarcofagi fino alla fine del III secolo.
Queste immagini si riferiscono gi per la natura della loro tematica direttamente al defunto, ai suoi ideali e
alla sua aspettativa di eventuale vita ultraterrena. I numerosi ritratti distribuiti liberamente intorno alla figura di filosofi e di
pastori sui sarcofagi di questo periodo sottolineano il significato personalizzato di queste rappresentazioni e dimostrano una
crescente preoccupazione dellindividuo per il suo modo di vivere, la sua felicit e il compimento della sua esistenza. Non
accaso troviamo solo adesso durante la seconda met del III secolo, in questo ambiente dellarte sepolcrale i primi tentativi di
dare una espressione visiva ai concetti di fede cristiana. Il clima culturale e spirituale del tempo, e anche le condizioni formali
dellarte sepolcrale contemporaneo con la sua espressione di speranza e aspettative personali si prestava a concretizzare i primi
concetti cristiani.
Frederik Gerke divide quattro periodi nella produzione dei sarcofagi:
1.- 190-220 si snodano i temi guerrieri. I sarcofagi riempiono i loro fregi con un atmosfera incandescente di
battaglia, resa vicinissima della tumultuosa animazione della scena e dal groviglio dei corpi. In esse si esaltano le virt eroiche
del defunto, che domina al centro, trionfatore, in un aurea di intoccabilit. Troviamo esemplari di questa tematica durante tutto
il III secolo.
2.- 220-250, sorgono i temi venatori. un tema che gi era stato molto di moda durante il secolo precedente:
caccia mitologica al leone o al cinghiale con finale tragico, Ippolito e Fedra, Adone e Meleagro... Anche se in questi sarcofagi
esaltata la valentia del personaggio sono molto legati con la filosofia della morte. Si esaltano le virt morali delluomo ma allo
stesso tempo si enfatizza la sua morte. Verso il 260 nei sarcofagi strigilati non rappresentata soltanto la caccia al leone, ma le
protomi di leone che azzannano la preda, simbolo della morte.
3.- 250-280 appaiono i temi filosofici. Sono scene di lettura o di musica, dove si esalta la vita intellettuale. Si
esaltano i valori spirituali, la ricerca della vera sapienza fatta nello studio e nel silenzio che porta allincontro con lEssere
supremo. I sarcofagi appaiono divisi in vari scomparti con scene di lettura, filosofi...
4.- Infine tra il 280-310, appaiono i temi bucolici o maritimi, che trasmettono scene di pace. Appaiono scene
di vita quotidiana: caccia alla lepre, pescatori, pastori...
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Meleagro, figlio di Eneo, re di Calidote, e di Altea, famoso specialmente come eroe principale. Partecipo alla campagna delgi
Argonauti. Meleagro uccise il Cinghiale Calidonio che devastava il suo regno, ma dopo sorse una disputa che port
alluccisione dei fratelli di sua madre, e questa in dispetto lo fecce morire del modo seguente. Quando da poco era nato
Meleagro li apparvero le Parche a Altea, e mettendo un tizone nel focolare, le dissero che la vita del bimbo sarebbe durata
quanto quel tizzone. La madre si affret a spegnerlo, ma dopo luccisione dei suoi fratelli, in un impeto di ira rimese sul fuoco
il tizzone e Meleagro si consum con esso e con esso fin. Pentita troppo tardi, Altea si uccise, mentre Cleopatra, moglie
amatissima di Meleagro, moriva di dolore.
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produzione di sarcofagi in grande numero e in maggioranza esemplari importanti e riccamente decorati con rilievi e
raffigurazioni che potevano soddisfare anche i desideri e le necessit di rappresentanza sociale e di prestigio.
Rimane sempre sorprendente, e degno di nota, che questa usanza prestigiosa e rappresentativa di seppellire in
sarcofagi riccamente decorati e costosa, tipica della societ romana agiata e alto locata dellimpero romana, stata ripresa in
pieno dai cristiani. Ci dimostra chiaramente quanto profondamente questo fenomeno fosse radicato nella cultura e nella
costituzione della societ romana. Seguire questi costumi stato per lemergente societ cristiana una pratica quasi ovvia,
imposta dalla cultura e dallambiente della societ contemporanea con le sue necessit e la sua strutturazione consolidata nei
secoli passati.
Il percorso piuttosto limitato, suggestivo della produzione dei sarcofagi cristiani antichi fa emergere anche taluni
aspetti della religiosit e della fede di coloro che facevano parte delle comunit dei primi secoli. Tutto questo tenendo conto del
fatto che il sarcofago, al contrario della pittura delle catacombe, si rivolse sempre ad una committenza di elite, che poteva
permettersi lacquisto di un prodotto indubbiamente costoso e non alla portata di tutti. Si avr, comunque modo di vedere che il
linguaggio figurativo non presenta in fondo differenze sostanziali da quello degli affreschi cimiteriali, rientrando in un unico ed
innovativo repertorio iconografico.
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Un celebre riscontro in merito a questo si ha nel sarcofago dei due fratelli, del Museo Pio Cristiano, in cui i
busti del clipeo centrale, destinati a due coniugi, furono adattati a due ritratti di personaggi maschili barbati dalle sembianze
simili, forse appunto due fratelli. Il singolare intervento di correzione, per si limit a modificare i volti, poich uno dei due
busti mostra ancora vesti femminili. Il sarcofago di Lot a San Sebastiano fu invece acquistato incompiuto, con il registro
inferiore destro appena sbozzato e le atre parti gi leviate e colorate.
Per quanto riguarda gli strumenti utilizzati nelle officine per la lavorazione dei sarcofagi, i principali erano
costituiti dalla subbia, una ferro con una punta pi o meno acuminata usato per la sgrossatura dei blocchi, da vari tipi di
scalpelli e dalla gradina, provvista di un tagliente dentato, che lasciava solchi piccoli e paralleli. Si possono ancora ricordare la
mazza per battere i ferri, la martellina, la squadra, la livella per ottenere piani perfetti, e soprattutto il trapano a manovella, che
produceva un moto rotatorio, o quello corrente, che doveva essere manovrato da due operai. A seconda di un maggiore o
minore uso di trapano e scalpello sulle fronti decorate si hanno effetti stilistici e chiaroscurai diversi, che spesso sono indizi
utili a determinare una pi precisa cronologia del sarcofago, specie nel corso del IV secolo.
Si sono potute ricostruire anche le diverse fasi di lavorazione di queste arche marmoree nelle botteghe: dopo
aver sbozzato il blocco, si procedeva alla realizzazione di un bozzetto, incidendo i contorni delle raffigurazioni.
Successivamente si passava prima al bassorilievo, modellando le figure, le vesti ed i panneggi con lo scalpello, e poi
allaltorilievo, usando soprattutto il trapano e asportando progressivamente il materiale che occupavano gli spazzi fra le singole
forme. Si rifinivano poi i dettagli e il rilievo veniva levigato, lucidato ed infine dipinto. Pu sembrare strano che i sarcofagi
fossero normalmente colorati a tinte vivaci e non lasciassero il marmo bianco, come noi oggi lo vediamo nella maggior parte
dei casi, ma questa usanza non fu certo peculiare dei cristiani, bens riprese una tradizione ampiamente documentata nella
scultura classica, etrusca e italica.
I colori vegetali o minerali, erano fissati alle superfici con una miscela comprendente calce e caseina che
fungeva da collante, oltre a cera, per dare un effetto di brillantezza, ma restavano facilmente dilavabili. Perci accade
raramente che si siano conservati fino ad oggi resti di questo rivestimento policromo, talora purtroppo asportato anche per
incaute puliture eseguite in passato. In ambito cristiano, comunque, sufficiente ricordare il caso di un sarcofago a soggetti
pastorali del Museo Pio Cristiano, di un altro della catacomba di Pretestato, di due celebri frammenti del Museo Nazionale
Romano e del gi citato sarcofago di Lot nel complesso di San Sebastiano sulla via Appia Antica. Solitamente si usavano pochi
colori, disposti secondo il gusto personale dellartefice, a completamento dellopera eseguita con scalpello e trapano, per
potenziarne ed incrementarne leffetto finale, o talvolta per supplire con il cromatismo alla carente plasticit delle forme. I
colori pi diffusi erano il giallo, il rosso nelle tonalit dal cinabro al bruno (usato soprattutto nei solchi delle pieghe e nei
contorni), lazzurro che accentuava lombra del fondo e aumentava il contrasto con i toni chiari, ed infine loro, adoperato sulle
capigliature, sulle barbe, sugli oggetti metallici e sui gioielli. Meno di frequente erano invece utilizzati il verde, il viola ed altri
toni intermedi. In taluni casi i colori si riducevano a linee o strisce, che marcavano solo determinati dettagli; in altri la stesura
cromatica interessava tutta la composizione, assimilandosi completamente al rilievo. Lintento della policromia sembrerebbe
in tal caso quello di evidenziare i valori espressivi.
Tornando ai sarcofagi disponibili nelle botteghe, se i prodotti di prima qualit erano costituiti da casse
monolitiche, il cui trasporto era sempre problematico per il peso ingente, con landar del tempo si fece un uso sempre pi largo
di sarcofagi pi economici, formati da pezzi connessi tra loro, cementati e fissati mediante grappe metalliche . Con il
medesimo procedimento veniva sigillato il coperchio, che poteva avere forme diverse, essere piano o a forma di squadra, con
terminazioni ad acroterii, oppure a spioventi, in diversi casi era anchesso decorato. Non di rado poi si riutilizzavano coperchi
anche di materiale o di misure differenti, cercando di adattarli in qualche modo alla nuova cassa.
Per quanto riguarda le forme adottate nei sarcofagi, esse sono fondamentalmente due: a vasca (o tinozza) e a
cassa. In ambito cristiano il secondo tipo fu di gran larga pi frequente del primo. Linventiva dei marmorari si esplicava per
gi nella grande variet degli schemi compositivi, che si potevano adottare per la decorazione della fronte, e nel caso in cui
fosse previsto, anche dei lati minori e della parte postica. Si pensi che una classificazione di massima dei tipi conosciuti ha
portato a distinguere, in tutto larco di produzione delle botteghe romane, una quarantina di varianti differenti, in cui lo spazio
poteva essere occupato da un fregio continuo, o essere scompartito in pannelli scolpiti con scene o semplicemente strigilati
(cio con un motivo a S simile allo strumento che gli atleti usavano per detergersi), oppure ancora essere suddiviso in un
doppio registro, talora scandito da un colonnato sorreggente arcate di tipo diverso, in cui si disponevano gli episodi scolpiti- I
sarcofagi potevano poi avere pi collocazioni: o erano interrati, o situati allinterno di mausolei, oppure quando utilizzati nelle
catacombe, potevano essere sistemati sotto grandi arcosoli, se non in cubicoli.
Si dibattuto a lungo il problema della possibile esistenza di officine operanti esclusivamente per una
clientela cristiana. Se in un primo tempo furono certo artefici pagani a lavorare per entrambe le comunit, in seguito con il
progressivo diffondersi della nuova religione e la conseguente aumentata richiesta di esemplari con soggetti biblici, probabile
che cominciassero ad essere attive botteghe con maestranze specificamente cristiane, visto anche il contemporaneo
decadimento delle produzioni di sarcofagi profani.
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Il repertorio iconografico dei sarcofagi pi esteso di quello delle pitture cimiteriali, e, per alcune scene, che
ogni tanto formano veri cicli, rivela tradizioni figurative esclusivamente proprie. Ci non impedisce che per il resto
dellevoluzione dei suoi temi sia parallela a quella degli altri generi darte.
Dal punto di vista stilistico, invece, pur tenendo conto del fatto che il periodo in esame caratterizzato da
corsi e ricorsi, ossia dal maggiore o minore impiego di elementi apparentemente contrastanti in un ristretto ambito cronologico,
si pu notare che nella prima met del III secolo d.C. si cerc una composizione sempre pi centralizzata, con un
organizzazione gerarchica delle figure; ma nello stesso tempo, proprio intorno al 250 si afferm progressivamente la tendenza
a dissolvere la forma corporea e si cominci ad avvertire leffetto del rilievo negativo, prodotto dalluso accentuato del trapano.
Cos negli esemplari di questo periodo iniziano ad apparire forellini nelle pupille, agli angoli degli occhi e delle bocche, tutte
caratteristiche che portano ad accentuare i valori ottici, con pi spiccati effetti chiaroscurali. Naturalmente i primi sarcofagi
cristiani si crearono in officine di sarcofagi pagani. Tra i temi pagani sono frequenti nel III secolo, come abbiamo detto, quello
del filosofo e i temi bucolici, pure con le figure del filosofo, dellorante o del pastore. I primi sarcofagi presentano alcune
scene bibliche e insieme ai citati temi pagani, ma soltanto quelli che sono accettati dai cristiani per la sua interpretazione
cristiana come pu essere il tema del Buon Pastore (eventualmente Orfeo), lOrante ed il clipeo con il ritratto del defunto. Fra
questi sarcofagi cristiani predomina il tema prettamente simbolico di carattere idilliaco, tutto fatto per evocare un atmosfera
paradisiaca. Il gruppo pi antico di sarcofagi cristiani, individuabili in pochi esemplari, fu denominato del paradiso per la
visione idillica delle scene che ne decoravano la fronte, ambientate in un contesto non reale, ma ultraterreno. Una parte degli
studiosi non ritiene alcuni di questi esemplari cristiani, altri li denominano criptocristiani, posticipando il sorgere di una vera
e propria scultura cristiana alla fine del III secolo d.C. In realt una simile posizione, forse eccessivamente prudente, non pare
da condividere, visto che salvo pochissimi casi, gi in diversi esemplari della seconda met del III secolo si allarga il quadro
pastorale e le scene bibliche cominciano a penetrare negli insiemi esistenti, insieme con temi che si potrebbero definire
neutri o reintrepretati dai cristiani, troviamo episodi certamente di derivazione biblica, come la storia del profeta Giona, il
battesimo di Cristo nel Giordano e la resurrezione di Lazzaro.
Sul primo sarcofago cristiano conosciuto, quello di Livia Pimitiva, lartista ha ripreso il tema bucolico del
pastore, interpretato gi come simbolo cristologico, perci lo glossa con simboli criptici di salvezza: il grande pesce e lancora.
Il pastore con la pecorella sulle spalle, che sui sarcofagi pagani sintetizzava lidea della vita beata arcadica o di philanthropia,
amore per luomo, interpretato come amore degli dei per gli uomini. Linterpretazione evangelica facilitava la sua
interpretazione cristologica. Pian piano al pastore cominciano ad fiancheggiarsi altre figure simboliche, anche presse dal
paganesimo come protomi di leoni, simbolo della morte dalla quale ci salva Cristo.
Sul volgere del III-IV secolo questa tendenza si stabilisce e lattenzione si va fissando in simboli e scene che
servono ad esprimere la speranza cristiana nellaldil, concentrandosi sopratutto sulleroe che rende possibile tale speranza,
cio Cristo. Questo periodo documentato da pocchi esemplari, ma inaugura, con scene simmetriche largamente sviluppate, la
serie dei sarcofagi ornati sclussivamente con scene bibliche, che nel periodo costantiniano avranno la loro pi ricca fioritura.
Non che in questo periodo sparisca il sarcofago strigliato. Questo tipo di sarcofago realizzato con una decorazione
a forma di strigile, cio lutensilio che usavano gli atleti per pulirsi del sudore e dellolio che si avevanop messo prima della
gara, un tipo caratteristico di decorazione dei sarcofagi che si manterr fino alla fine del secolo, conservando perfino i suoi
vecchi motivi. A partire dellEditto dei Tolleranza, Editto di Milano del 313 il numero di sarcofagi cristiani aumenta
notevolmente. Roma produce e sporta molti sarcofagi in tutto limpero. In questi, generalmente ai due lati della figura centrale
dellorante si succedono, compresse, scene dellAntico e del Nuovo Testamento, con scene di San Pietro ispirate a narrazione
apocrife. La gran maggioranza dei sarcofagi dispone ora le scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, spesso in due registri
sovrapposti e talvolta secondo un programma ideologico ben studiato. Un esempio molto conosciuto il chiamato Sarcofago
dogmatico. Nellestremit del fregio si trovano frequentemente il Miracolo della fonte, la risurrezione di Lazzaro, il sacrificio
di Abramo. Tra le scene del Nuovo Testamento primeggia il ciclo di San Pietro, le guarigioni del cieco nato e del paralitico, i
Miracoli di Cana e della moltiplicazione dei pani, sono pi frequenti di quelle del Vecchio Testamento, ove ritornano pi
sovente il Sacrificio di Abramo, Daniele tra i leoni, il peccato di Adamo ed Eva. Nellultimo periodo costantiniano le fronti dei
sarcofagi si presentano divise con colonne che sostengono architravi o archi, a volte colonne e archi sono sostituiti da alberi.
Verso il 340 si introducono nuove scene chiamate della Passione, di Cristo in un primo tempo e degli apostoli
Pietro e Paolo in seguito. Queste scene hanno un senso escatologico di trionfo di Cristo sulla morte, simultaneamente si vedono
apparire esempi della Traditio Legis. Nasce cos lidea del Cristo glorioso e della trionfale continuazione della sua missione in
seno alla Chiesa.
Alla met del IV secolo si avverte a Roma una rinnovata influenza delle tendenze artistiche greche con
peculiare preferenza per il culto della forma, della plasticit e della composizione armoniosa. Si conservano alcuni esemplari
come il Sarcofago dei due fratelli e quello di Giuno Basso.
Larte pretedosiana e teodiosiana, ultimo terzo del IV secolo nelliconografia sei sarcofagi si avverte
linfluenza di temi solenni e trionfali che in questi anni sono gi familiari in mosaici e pitture delle basiliche e dei battisteri: il
trionfo di Cristo sulla morte, Cristo il Signore, Ges circondato dagli apostoli o in atto di ricevere corone dalle loro mani.... Si
servir sempre pi delle figure degli apostoli per formare una corte intorno a Cristo, sia che si trovino intorno a lui, sia che lo
acclamino, sia che gli portino le corone della vita. Cristo, con barba e lunghi capelli, seduto in trono come Maestro o in piedi
nella Traditio Legis, o reggendo la croce trionfanle. Non spariscono del tutto le scene classiche di et costantiniana. Lo stile
manieristico, si perde nuovamente il gusto per le forme plastiche e ritorna limpiego, con una certa profusione, del trapano.
Dal principio del V secolo le officine romane decadono per poi cessare del tutto. Lattivit passa al nord dellItalia,
specialmente a Milano, dove continueranno a prodursi sarcofagi cristiani soprattutto negli ultimi decenni del IV secolo. Ma
sar soprattutto a Ravenna, ultimo redatto dellimpero romano di Occidente dove continueranno a prodursi sarcofagi cristiani.
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Ormai il motivo ornamentale prende sempre pi il sopravvento, le stesse scene figurate vi appaiono soggette alla medesima
tendenza decorativa, sia per la loro disposizione simmetrica, sia per la ripetuta frontalit della figura isolata, sia per il largo
fondo unito sul quale campeggiano le figure. Tranne qualche scena biblica i temi prescelti sono quelli rappresentativi come la
Traditio legis, il Cristo acclamato Ma per la maggior parte la figura umana viene sostituita dal simbolo: lagnello sul monte
tra due pecore, i cervi della mistica fonte, le palme del paradiso, la croce, il chrismon. Ad un dato momento dello sviluppo, il
simbolo, ormai meno ben compreso tende a diventare puro ornato, come risulta dal ripetersi uniforme di croci, vasi, viticci,
uccelli.
La fine della scultura cristiana e della produzione di sarcofagi sar lenta ma inesorabile, Con la caduta
dellImpero Romano di Occidente nel 476 segner la fine dellimpero romano di Occidente e di una cultura, gi dalla fine del
IV secolo tutta lattivit scultoria si trasferisce a Costantinopoli, dove a partire del V secolo cominciano una produzione di
sarcofagi con una decorazione figurativa e a scene di sarcofagi con figure e a colonne. In Italia sar Ravenna la ereditiera della
tradizione romana e costantinopolitana nella produzione dei sarcofagi per stile e tematica. I sarcofagi pi antichi datano dalla
fine del IV secolo. La plasticit delle figure, ladattamento dei vestiti alla forma del corpo, il fondo liscio... sono caratteristiche
della scuola greca. Piano piano si va affermando lelemento decorativo e simbolico che quello che va a imporsi dalla met del
V secolo dominando poi la produzione per tutto il VI e prolungandosi attraverso le trasformazioni politico-culturali dei secoli
VII e VIII. Possiamo ricordare la decorazione di colonne, croci, palme, cristogrami, pavoni....
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BIBLIOGRAFIA
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1954.
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- Wilper, G., Sarcofagi cristiani antichi, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Roma, 1929, pp. 194.
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Epigrafia cristiana.
- Grande semplicit.
- Pian piano, si inseriscono il nome del dedicante, parentela
- Si inserisce la data di deposizione nella tomba.
- Quantit di iscrizioni cristiane nettamente inferiore a quelle pagane.
- Qualit molto pi scadente, si vada pi al contenuto che alla forma.
- Iscrizioni inserite in qualsiasi materiale: marmo, mattone, anche malta fresca.
- Troviamo levoluzione del latino verso la lingua volgare.
- Alcune volte troviamo le lettere D M
- Influssi pagani in alcuni carmi cristiani, di scarso valore poetico.
- Un dato importante che queste iscrizioni ci danno anche le professioni dei defunti.
- Si trova a partire del IV secolo, ed pi rara prima.
- Molte volte si trova la raffigurazione dellufficio del defunto.
- Troviamo tutti i lavori, anche quelli che non erano considerati adatti ai cristiani.
- I mestieri pi numerosi erano i piccoli artigiani, dei pi svariati mestieri.
- Rare sono le iscrizioni menzionanti pittori.
- Non troviamo iscrizioni di mimi, attrici, pantomimi, gladiatori
- Ma ci sono testimonianze epigrafiche di aurighe, pantomimi,
4.- Matrimonio e famiglia.
- Molti iscrizione funerarie parlano del matrimoni, della moglie e del marito.
- Possiamo dedurre molti dati sociologici di questi epigrafi: et in cui si sposava, tempo passato insieme, numero di
figli.
- Prima di tutto sono la testimonianza della piet famigliare e dei legami affettivi e religiosi della famiglia.
- Esistono pi iscrizioni messe dal marito per la moglie.
- Meno dei figli per i genitori.
- Ci sono molte iscrizioni dei genitori per i figli.
- Si usano termini molto teneri: ottimi, mite, affabile, benigno
- Appaiono in un secondo momento, prima sporadicamente e poi con maggiore frequenza.
- Troviamo tutte le funzioni del clero: vescovi, presbiteri, diaconi
- Il matrimonio era basato su due persone in uguaglianza di condizioni.
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1.- Introduzione.
La tradizione della Chiesa Cattolica da sempre ha creduto e continua a credere che le spoglie mortali dellapostolo
Pietro, il pescatore di Galilea, siano sepolte sotto laltare maggiore dellattuale omonima Basilica, costruita da Costantino come
enorme mausoleo per il Principe degli Apostoli e restaurata a partire del 1506 da Giulio II. Ma, diversamente da quanto
accaduto per altri illustri personaggi, per il principe degli apostoli spesso si messo in discussione, oltre allimpossibilit di
affermare che i resti mortali di Pietro siano sotto la basilica Vaticana, anche che Pietro abbia messo piedi a Roma. In queste
pagine tenteremo di studiare i dati che attestano la presenza di Pietro a Roma e il suo martirio nella medesima citt. Facendo
grande attenzione a gli scavi realizzati per volont di Pio XII a partire del 1941 e riassunte in un informe dato allo stesso papa
dagli archeologi scavatori13.
1.1 Fonti letterarie che parlano della presenza e del martirio di Pietro a Roma.
La prima fonte LApocalisse di Pietro, un opera anonima scritta in greco, che si conosce da un papiro conservato
oggi a Vienna, la sua composizione si pu datare lungo il II secolo d.C.. Appartiene a quella letteratura profetica molto in voga
dalla fine del I secolo d.C. fino alla met del II secolo d.C. Parla del martirio di Pietro a Roma sotto Nerone. Un altro
documento lAscensione di Isaia che possiamo collocare anche nel II secolo d.C.; pi interessante forse la Lettera di
Clemente ai Corinzi, scritta verso la fine del I secolo d.C. dove allude alla persecuzione neroniana e ricorda gli apostoli Pietro
e Paolo come vittime della persecuzione di Nerone insieme a una grande moltitudine di eletti.
Se ci addentriamo nella letteratura del III e IV secolo le testimonianze sul martirio di Pietro in Vaticano diventano pi
numerose e pi specifiche.
13
Apollonj Ghetti, B.M. Ferrua, Antonio Josi, Enrico Kirschbaum, Engelbert, Esplorazioni sotto la Confessione di San
Pietro in Vaticano, Stato Citt Vaticano, 1951.
14
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia XVI, 237
15
Maziale, Epigrammi X, 45,5.
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la tomba si trovava sulla Via Aurelia 17. La Via Corneli andava verso ovest, e probabilmente attraversava la zona a nord
dellattuale basilica; la Via Triunfalis partiva dal Ponte Neroniano e seguiva verso nordoevest . In vari periodi diversi scavi
hanno portato alla luce resti di vie antiche in Borgo Santo Spirito, sotto la Piazza di San Pietro E chiaro che la tomba di San
Pietro sorge vicino a una via consolare, come dal resto sorgevano tutte le tombe in et romana.
16
San Gerolamo, De Viris Illustribus 1.
17
Liber Pontificalis, edizione Dchense, Paris, 1886-1892, Vol I, p. 118.
18
Liverani, Paolo, La topografia antica del Vaticano, Citt del Vaticano, 1999.
19
Tacito, Annali XV, 38
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Gli scavi si fecero in condizioni realmente difficili, da una parte cera con lacqua perch si trovavano a livello della
falda freatica che tanti problemi caus in antico alla basilica e port allinnalzamento del livello pavimentale della basilica
grazie a Antonio da Sangallo il Giovane; daltra parte cera il pericolo di crolli nella basilica, perch si scavava nelle
fondazioni di questa, e anche cera la pressione del papa Pio XII per trovare le ossa di San Pietro.
A chi appartenevano tutti questi edifici sepolcrali? Appartenevano a liberti imperiali, che in alcuni casi avevano
ricoperto incarichi importanti nell'amministrazione pubblica. Tutti erano borghesi ma non appartenenti alla nobilt romana,
altrimenti Costantino non avrebbe potuto distruggere tutto questo.
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Fu il primo in essere scoperto perch la sua parte superiore emergeva sul pavimento delle Grotte. uno dei pi grandi
e dei pi ricchi di tutta la necropoli. Si sa il nome dei proprietari perch figurano su un ara funeraria collocata al centro del
mausoleo. Il mausoleo ha una decorazione molto ricca con stucchi e pitture con rappresentazioni mitologiche, frutti e animali.
Sul fondo si pu vedere il mito della nascita di Venere, elemento logico perch veniva considerata patrona delle forzi vitali e
della vita rinascente. Come tradizione di sepoltura troviamo insieme lincinerazione e linumazione. Al meno c una tomba
cristiana, quella di Aemilia Gorgonia, la cui epigrafe esalta la sua bellezza e castit che mor vedova ai 28 anni. Questa tomba
conserva alcuni simboli cristiani: una donna che attinge acqua da un pozzo, due colombe che portano nel becco un ramo di
ulivo e le parole dormit in pace.
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6.18 Mausoleo S.
Non si conosce il nome del proprietario. Si conserva la soglia con una tamponatura di epoca costantiniana. Linterno
di questo edificio sepolcrale stato occupato da una fondazione seicentesca della prima colonna del Baldacchino berniniano
entrando a sinistra.
Quando si fecero le fondazioni per la costruzione del Baldacchino di Bernini si costitu una commissione che la
fattibilit dellimpressa, il Baldacchino ha un peso enorme. Venne fatta una relazione su tutto quello che si trov facendo questi
scavi vicino alla tomba di San Pietro per il quale sappiamo che furono trovati alcuni mausolei pagani con alcune iscrizioni.
6.19 Mausoleo R.
Non si conosce il nome del proprietario. Fu molto danneggiato quando fu costruita la cripta medievale, fu visto nel
1615 durante la costruzione della confessione e finalmente fu distrutto per la costruzione della fondazione del pilone
sudoccidentale del baldacchino. Il muro sud, quello della porta dingresso, fu distrutto per la costruzione dellabside dellantica
basilica di San Pietro. Il sepolcro presenta in basso sepolcri ad inumazione e in alto nicchie per le urne cinerarie. Linterno era
decorato con decorazione a stucco.
6.20 Campo Q.
Stato molto sconvolto dai lavori della costruzione della basilica costantiniana di San Pietro e per la fondazione di
una colonna del baldacchino berninino. Non si conosce il nome del proprietario ne la sua decoraizne. Si accedeva a questo
campo attraverso una scala fra il Muro Rosso e il Mausoleo R, sotto questa correva un canale per far decollare lacqua piovana
del Campo Q. Si conservano alcuni resti della porta di acceso. Linterno era pavimentato in mosaico con tessere in basalto.
Tutte le tombe sono arcosoli per seppellimenti a inumazione. Forse era un luogo allaperto.
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contemporaneamente si realizza una scala con sotto una fogna di scarico della acque piovane del Campo Q, che ha tre mattoni
con i timbri che indicano la sua fabbricazione fra e il 160-175.
Con la costruzione di questo muro i cristiani possono abbellire la tomba di San Pietro con la creazione del chiamato
Monumento di Gallo, che un presbitero romano del tempo di papa Zeferino (199-217) il quale nella risposta che da
alleretico Proco che si vantava di avere in Asia Minore le tombe di et apostolica, queste li risponde in una lettera riportata da
Eusebio di Cesarea nella sua Storia Ecclesiastica: Io posso mostrarti i trofei degli apostoli. Se infatti vorrai uscire vero il
Vaticano o sulla via Ostiense, vi troverai i trofei di coloro che fondarono questa chiesa 20. Questo trofeo un piccolo altare
di 150 metri di altezza costituito da 2 piccole colonne e una lastra di marmo che poggia su queste addossato al muro
perimetrale del Mausoleo R (Muro Rosso). Sotto il Trofeo di Gaio si trova un loculo che non segue lorientamento del
Muro rosso, dato che ci indica il primitivo orientamento della tomba di San Pietro, che anteriore alla costruzione di questo
muro. Dopo la costruzione del Muro rosso si realizz una sistemazione del loculo sottostante il Trofeo di Gaio che segue
lorientamento del Muro Rosso, chiamato dagli archeologi Muro m2.
In questo loculo si trovava qualche elemento che in data imprecisata fu tolto a forza brutta. C una teoria che vuole
vedere come durante la persecuzione dellimperatore Valeriano, 258, le reliquie di San Pietro furono salvate e portate ad un
luogo sicuro, insieme con quelle di San Paolo, nelle Catacombe di San Sebastiano o Memoria Apostolorum. Questo
spiegherebbe perch l sopra i tre mausolei pagani c quella triclinia dove i cristiani si radunavano per realizzare refrigeria e
celebrazioni in onore di San Pietro e San Paolo, celebrazioni che soltanto si facevano nel luogo dove si trovava il corpo del
martire.
Quando queste reliquie furono tolte con la forza dal suo luogo originario apparve una crepa nel muro rosso, nella
parte a sinistra del Monumento di Gaio; per evitare il crollo del muro fu fatto un muretto perpendicolare di sostegno di queste,
che fu chiamato da gli scavatori Muro G, contemporaneamente si fecce un altro muro parallelo a destra, per dare simmetria,
ma pi sottile, chiamato da gli scavatori con il nome di Muro S.
Passato il pericolo queste reliquie sono ritornate al suo posto, non tutte perch le teste di San Pietro e San Paolo
furono messe in una teca reliquiario sopra laltare della Basilica Lateranense, cattedrale di Roma, luogo dove si trovano
tuttoggi. Forse in questo momento quando le ossa di San Pietro ritornano al suo posto, ossia al loculo che si trova nel vano
sotto il trofeo di Gaio, che gli scavatori chiamarono Nicchia O dove si sono trovati alcuni resti di ossa fotografati dal P.
Kirschbaum durante gli scavi. Poi al tempo di Costantino quando si distrugge la necropoli e si costruisce la nuova basilica si
prendono le ossa e si mettono in un loculo fatto nel Muro G dove furono trovate da gli scavatori e identificate come le ossa di
San Pietro da Margherita Guarducci.
Come abbiamo detto lunico accesso al Campo P era da nord, per questa ragione il Muro G che si trova a nord pieno
di graffiti lasciati dai pellegrini che venivano a venerare il ricordo di San Pietro, per questo viene anche chiamato Muro dei
graffiti. In questo muro si trovano una grande quantit di graffiti latini incisi sullintonaco dai fedeli che si accostarono alla
tomba di San Pietro tra la fine del III e gli inizi del IV secolo. Qui troviamo incisi in maniera caotica nomi, invocazioni e
simboli cristiani di difficile interpretazione. Nel loculo di questo muro furono trovati dei resti ossei avvolti in un drappo di
porpora intessuto con fili doro. Qui rimassero le ossa fino quando furono scoperti dagli scavatori e lasciati dimenticati in una
scatola di legno. Fino a che Margherita Guarducci interpret i graffiti e concluse che si trattava delle reliquie dellapostolo
Pietro. Nel 1968 furono collocate in quel loculo 19 teche trasparenti con le ossa attribuite a San Pietro, mentre 9 frammenti di
quelle ossa sono custodite in un reliquiario di argento che si trova nella cappella privata del papa.
Nel 312 ci fu la Battaglia di Ponte Milvio nella quale si confrontarono gli eserciti di Massenzio e di Costantino, che
termin con la vittoria di questultimo. Poco dopo Costantino nel 313 proclam la libert della Chiesa con lEditto di Milano, e
lo stesso Costantino si dedic a costruire molte basiliche, fra le pi importante che costru a Roma si trovano la Basilica di San
Giovanni in Laterano e la Basilica di San Pietro. Per costruire questa basilica Costantino deve affrontare dei problemi di natura
tecnica e giuridica notevoli. Il primo di tipo tecnico perch deve far livellare la doppia scesa del colle Vaticano, che scendeva
da nord verso sud e da est verso ovest, quindi dovette creare delle grosse mura di contenimento, sfondare i tetti dei mausolei
esistenti e riempire tutto di terra per realizzare una piattaforma sulla quale edificare la basilica.
Un altro problema che deve affrontare di natura giuridica, Costantino costruisce la nuova basilica seppellendo parte
di una necropoli; questo un atto importante che certamente non lo rendeva popolare e si giustifica soltanto con il desiderio e
la necessit di costruire propriamente in questo punto concreto, che certamente Costantino riteneva essere la tomba di San
Pietro. Costantino pu fare questo perch come imperatore era anche Pontifex Maximus, e aveva potere per distruggere una
necropoli, altrimenti non avrebbe potuto. significativo che durante gli scavi non si sono trovati i calcinaci allinterno dei
mausolei, anzi allinterno di un edificio sepolcrale sono stati trovati uno sullaltro diversi sarcofagi, probabilmente messi l con
grande cura, e si ipotizza che siano stati come ossari per raccogliere le ossa che venivano trovate durante le demolizioni.
Alcuni proprietari no hanno il titulus, quindi possiamo pensare che Costantino abbia dato la possibilit ai proprietari di questi
edifici di costruire altrove questi sepolcri, e anche la possibilit di portare via anche le iscrizioni poste sulle tombe.
Lidea di Costantino era mettere al centro del transetto della nuova basilica, sotto labside, come punto focale della
nuova costruzione la tomba di San Pietro. Per fare questo tagli il muro rosso e rase al suolo i mausolei Q, R e S, lasciando
soltanto in piedi il Monumento di Gaio che racchiuse in una scatola di marmo. Quando uno entrava nella Basilica
Costantiniana vedeva al centro della basilica una grande scatola di marmo nella quale stava chiuso il monumento di Gaio con i
due muri laterali, ma tutto si trovava nascosto dentro questo rivestimento marmoreo.
20
Eusebio di Cesarea, Storia Eclesistica 2, 25, 6-77.
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BIBLIOGRAFIA
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