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I primi manufatti creati dall’uomo risalgono a 2,5 milioni di anni fa, quando ha inizio l’Età della

pietra. Questo periodo si divide a sua volta in tre fasi: Paleolitico, Mesolitico e Neolitico.
Il Paleolitico (2 500 000 anni fa-8000 a.C.) o Età della pietra antica (dal greco palaiòs, “vecchio”, e
lìthos, “pietra”) è a sua volta suddiviso in Paleolitico inferiore, medio e superiore.
In questo lunghissimo periodo gli uomini sono nomadi, abitano in ripari temporanei (a volte anche
all’ingresso delle caverne) e vivono di caccia e di raccolta di frutti e bacche spontanee. Per questo
l’uomo del Paleolitico è definito cacciatore-raccoglitore.
Per le sue necessità utilizza strumenti litici, cioè in pietra, che fabbrica scheggiando grossi ciottoli
di selce (una roccia molto tagliente) con un’altra pietra, chiamata percussore. I primi utensili così
realizzati sono i chopper, pietre da impugnare dalla parte tondeggiante usate come arma o come
lama per tagliare carni e raschiare pelli. Successivamente le pietre vengono scheggiate su entrambi i
lati realizzando l’amigdala, un’ascia a mano a forma di grossa mandorla (che in greco si dice,
appunto, amygdále), detta anche bifacciale.
Verso la fine di questo periodo si sviluppano la pittura parietale e l’arte mobiliare, cioè la
produzione di piccoli manufatti a forma di animale o di figura umana, che mostrano già capacità
tecniche ed espressive estremamente avanzate,

Esempio: La Venere di Willendorf

Le forme della fecondità


Chiamata Venere dall’archeologo che la ritrovò nel 1908 vicino al paese austriaco di Willendorf, è
una delle sculture più antiche esistenti e anche una delle più famose. A dispetto del nome, però, non
è una rappresentazione della dea della bellezza, né si sa con certezza quali fossero il suo significato
e il suo utilizzo.
È sicuro soltanto che la statuina, realizzata in pietra calcarea e risalente a circa 30 000 anni fa,
raffiguri una donna piuttosto sproporzionata: le gambe, prive di piedi, sono grasse e corte; i fianchi,
i glutei e il seno (su cui poggiano le braccia sottili) sono estremamente abbondanti, mentre la testa
tonda e riccioluta è piegata verso il basso ed è senza volto.
Le forme generose della Venere di Willendorf (caratteristica detta steatopigìa) fanno immaginare
che la statuina fosse legata alla fecondità femminile. Avrebbe avuto, cioè, una funzione
propiziatoria simile a quella delle scene di caccia dipinte nelle grotte. È un’ipotesi collegata all’idea
che in epoca preistorica la capacità di generare figli e di nutrirli fosse di fondamentale importanza
per la sopravvivenza della comunità.
È stato ipotizzato anche che la sua forma appuntita verso il basso fosse dovuta all’uso di conficcarla
nel terreno per infondervi fertilità. Tuttavia, in età paleolitica, l’uomo era ancora un cacciatore-
raccoglitore, dunque non conosceva l’agricoltura e i suoi cicli.
La mancanza dei piedi e le piccole dimensioni (è alta solo 11 centimetri, esattamente come in
figura) fanno supporre, invece, che non dovesse stare posata su un piano ma fosse tenuta in tasca
come tanti altri manufatti portatili tipici del Paleolitico, un’età di popoli nomadi che portavano con
sé i pochi oggetti posseduti.

Sono state rinvenute svariate veneri preistoriche in luoghi d’Europa molto lontani tra loro e
appartenenti a epoche diverse.
La più antica in assoluto è la Venere di Hohle Fels, una statuina scolpita nell’avorio di una zanna di
mammut dagli enormi seni sporgenti. A parte il caso isolato di una piccola testa (la Venere di
Brassempouy) tutte le sculture sono a figura intera e hanno in comune le grandi mammelle, il ventre
generalmente ampio, la testa poco caratterizzata e l’assenza di piedi. Le ipotesi interpretative sono
tante, ma tutte mostrano qualche punto debole. I primi scopritori di fine Ottocento immaginavano
queste statuine come raffigurazioni a carattere erotico realizzate da uomini. Questa interpretazione è
stata poi soppiantata dall’ipotesi che siano raffigurazioni della Grande Madre, dea unica adorata dai
popoli del Paleolitico, considerati società di tipo matriarcale. Tale teoria, tuttavia, non ha mai
trovato alcun riscontro, essendo poco probabile la diffusione di una religione monoteista presso i
popoli primitivi.
È stata messa in discussione anche la tradizionale ipotesi dell’amuleto capace di propiziare la
fecondità in quanto nei popoli nomadi l’accrescimento numerico del gruppo spesso non è un
obiettivo desiderabile, così come la presenza di neonati e bambini piccoli che possono essere
d’intralcio negli spostamenti.
Secondo nuove teorie, invece, le veneri potrebbero essere state scolpite da donne nel tentativo di
rappresentare se stesse. Un modo per affermare la propria presenza nel mondo, come avveniva con
le impronte di mani nelle caverne. Ma naturalmente anche questa è solo un’ipotesi.

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