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la devozione dei naviganti

il culto di afrodite ericina


nel mediterraneo

a cura di enrico acquaro, antonino filippi e stefano medas

estratto

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athenaion
Alma Mater Studiorum
Università di Bologna, sede di Ravenna, Dipartimento di Storie e Metodi
per la Conservazione dei Beni Culturali
BIBLIOTECA DI BYRSA

collana diretta da enrico acquaro

7.
Regione Siciliana
Assessorato dei Beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione

La pubblicazione è stata realizzata con il contributo


del Comune di Erice e della Regione Siciliana
LA DEVOZIONE DEI NAVIGANTI

il culto di afrodite ericina


nel mediterraneo

Atti del convegno di Erice


27-28 novembre 2009

a cura di enrico acquaro, antonino filippi


e stefano medas

ATHENAION
La redazione degli articoli è stata curata dall’Associazione culturale

Meilichios - Centro Studi Storici ed Archeologici del Mediterraneo

©2010 LUMIÈRES INTERNATIONALES


Lugano

E-mail: lumieresinternationales@yahoo.it

proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i paesi


È vietata la traduzione, la memorizzazione elettronica,
la riproduzione totale e parziale, con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia,
anche ad uso interno o didattico

Impaginazione e progetto grafico a cura di Athenaion

Copertina a cura di Milena Bobba

ISBN 978-88-6067-043-4
SOMMARIO

Interventi e saluti: Giacomo Tranchida, Sindaco di Erice


Laura Montanti, Assessore alla Cultura del Comune di Erice ix

Presentazione di Stefano Medas


(Presidente Istituto Italiano di Archeologia e Etnologia Navale, Venezia) xi

Introduzione di Enrico Ragni,


(Presidente Nazionale Gruppi Archeologici d’Italia) xv

Sebastiano Tusa, Ritualità e religiosità nelle antiche


navigazioni mediterranee nella prospettiva archeologica e topografica 1

Stefano Medas, Gli occhi e l’anima propria delle barche:


religiosità e credenze popolari tra antichità e tradizione 11

Antonino Filippi, Nicolò Savalli, La topografia del Monte Erice nell’antichità 25

Salvatore De Vincenzo, Nuove indagini a Erice. Le prospezioni geomagnetiche


lungo il versante nord-orientale della città 35

Maria Luisa Famà, Su alcuni materiali di Erice nelle Collezioni


archeologiche del Museo Regionale «A. Pepoli» di Trapani 49

Aldina Tusa Cutroni, Il culto di Afrodite nella monetazione di Erice 63

Rossella Giglio, Capo Boeo: traffici, naviganti e divinità alla luce


delle ultime ricerche nel parco archeologico di Marsala 71

Beatrice Lietz, La dea di Erice nel suo contesto mediterraneo: un’identità contesa 89

Luis Alberto Ruiz Cabrero, La devoción de los navegantes.


El culto de Astarté ericina en el Mediterráneo 97
VIII La devozione dei naviganti. Il culto di Afrodite ericina nel Mediterraneo

Francesca Spatafora, Attestazioni di culti femminili nei santuari


della Sicilia Occidentale 137

Enrico Acquaro, Ricerche a Mozia: interculturalità di una colonia fenicia 153

Paolo Barresi, Il culto di Venere ad Erice in età romana: le testimonianze


archeologiche 161

Alba Maria Orselli, Santi che navigano, santi dei naviganti 173

Emanuela Palmisano, La Dea e la Vergine. La festa di santa Maria di Ognina 187

Michele Rosario Giacalone, Il culto di Santa Lucia a Trapani tra il XVI


e XVII secolo: devozione di pescatori e marinai e suggestioni antropologiche 203

Francesco Laratta, La presenza pisana in Sicilia e il culto di San Ranieri 215

Luigi Biondo, Il restauro della Cappella dei Pescatori della Basilica


dell’Annunziata di Trapani: il cantiere della conoscenza, il cantiere aperto 225
ATTESTAZIONI DI CULTI FEMMINILI NEI SANTUARI DELLA
SICILIA OCCIDENTALE

Francesca Spatafora
Soprintendenza BB. CC. AA. di Palermo

Nel variegato panorama etnico-culturale che caratterizza la Sicilia occidentale


almeno a partire dal VII secolo a.C. – con la contemporanea presenza di Si-
cani, Elimi, Fenici e Greci – un esame dei contesti a carattere sacro evidenzia
situazioni differenziate a seconda delle epoche e degli ambiti culturali.
Per quanto riguarda Sicani ed Elimi, popolazioni già insediate all’arrivo
dei nuovi coloni provenienti dal Mediterraneo orientale, la mancanza di do-
cumentazione letteraria ed epigrafica rende piuttosto incerta la possibilità di
tratteggiare un’ideologia religiosa basata anche su miti e credenze: sulla base
di una pur scarna evidenza archeologica possono semplicemente delinearsi
modelli e tradizioni che hanno riferimenti più o meno puntuali in altre aree
del Mediterraneo e, per i periodi più tardi, nel più noto sistema di culti e riti
della religione greca.
Più immediata, invece, è l’interpretazione dei complessi sacri delle città
greche, trattandosi di forme di religiosità che trovano precisi agganci oltre
che nelle produzioni letteraria ed epigrafica, anche nelle iconografie di di-
vinità ed eroi, nonché chiari riferimenti all’interno dell’ampio complesso di
miti e leggende connessi alle divinità del pantheon greco.
Per le città di origine fenicia, infine, non sempre le manifestazioni religiose
risultano facilmente leggibili, anche perché se da una parte esse sono colle-
gate ai culti orientali importati dalla madrepatria, dall’altra sono soggette a
influssi estranei al patrimonio di credenze originarie.
Consapevoli, dunque, dei limiti che derivano da tali particolari condizioni,
è tuttavia possibile riconoscere forme di religiosità in cui ben si delinea la cen-
tralità di alcune divinità femminili, anche per quanto riguarda l’ambito locale
con i suoi culti legati alla radicata cultura agraria dell’entroterra (1): tali for-
me di religiosità si svolgevano, del resto, secondo direttrici pressoché costanti
in cui si può spesso cogliere il legame con antichi miti mediterranei fondati
sul concetto di nascita e rigenerazione.
In questo senso, quando in età tardo-arcaica gli stretti contatti tra mondo
indigeno e ambiente coloniale innescano profondi processi di commistione,
138 La devozione dei naviganti. Il culto di Afrodite ericina nel Mediterraneo

sembrano organizzarsi spazi sacri ancora molto semplici sotto il profilo archi-
tettonico e che mutuano dal mondo greco forme di religiosità probabilmente
collegate ai culti tradizionali. È questo, ad esempio, il caso di Sabucina, dove
alla metà del VI a.C. il sacello circolare viene sostituito da un oikos rettango-
lare ed il precedente culto sincretizzato in quello di Demetra (2) e, più ad
occidente, quello di Entella, la città elima situata nella media valle del Belice
Sinistro (fig. 1) dove la scoperta di un tesmophorion in posizione extraurbana
(3) parzialmente riportato alla luce nel corso degli ultimi anni, ha evidenzia-
to anche una fase ascrivibile al VI sec. a.C. caratterizzata esclusivamente da
offerte votive (fig. 2) deposte all’interno degli anfratti rocciosi (4) (fig. 3). Il
santuario di Entella, posto a mezza costa a dominio del Fiume Belice e orga-
nizzato su almeno tre terrazze, solo nel IV secolo si struttura con l’edificazione
di un piccolo sacello, un oikos ad ambiente unico, secondo una tipologia archi-
tettonica attestata in altri insediamenti indigeni e sicelioti (5). Nel santuario,
così come ha documentato la ricerca archeologica, si celebravano certamente
culti all’aperto connessi con i temi della fecondità e della fertilità dei suoli;

Fig. 1. Belice.
F. Spatafora, Attestazioni di culti femminili nei santuari della Sicilia Occidentale 139

Fig. 2. Cartografia di Entella.

Fig. 3. Rinvenimenti di offerte votive da Entella.


140 La devozione dei naviganti. Il culto di Afrodite ericina nel Mediterraneo

Fig. 4. Terravecchia di Cuti. Terracotta votiva di grande modulo.


F. Spatafora, Attestazioni di culti femminili nei santuari della Sicilia Occidentale 141

non conosciamo, tuttavia, se fin dall’origine lo spazio sacro fosse dedicato a


Demetra, divinità che, sotto il profilo ideologico, richiamava un sentimento
religioso strettamente legato alle possibilità produttive della terra e quindi
molto sentito dalle popolazioni indigene che abitavano l’entroterra.
Anche l’area sacra extramoenia di Terravecchia di Cuti, a cavallo dello spar-
tiacque tra il Salso e il Platani, si caratterizza per la stessa tipologia del cul-
to (6): all’interno di anfratti profondi anche 4/5 metri venivano deposte le
offerte che, assieme alla coroplastica di grande modulo (fig. 4), connotano
l’area in senso demetriaco e, forse, specificatamente tesmoforico.
La stessa valenza religiosa potrebbe forse attribuirsi al primo tempio ad oi-
kos costruito a Monte Iato e dedicato, in età ellenistica, ad Afrodite (7), che,
per l’architettura, risponde perfettamente ai canoni greco-coloniali arcaici
(fig. 5); già dalla metà del VI sec. a.C., dunque, sono attestate, nell’antica Iai-
tas forme complesse di interazione tra mondo indigeno e colonie della costa
che, tuttavia, non sappiamo se e fino a che punto abbiano investito l’ideologia
religiosa delle comunità locali.

Fig. 5. Tempio di Afrodite a Monte Iato.


142 La devozione dei naviganti. Il culto di Afrodite ericina nel Mediterraneo

Fig. 6. Himera. Pianta generale.

Stefania De Vido ha proposto, in relazione all’evidenza di Monte Iato, che il


successivo culto di Afrodite – che non può non evocare il contesto ericino - sia
in realtà la traccia «…di un culto di una dea priva di nome che rimanda an-
cora una volta all’orizzonte della fecondità e al tipo della Grande Madre»(8).
Del resto, forme di religiosità fortemente legata ai valori tradizionali, con par-
ticolare attenzione alla riproduzione della terra e delle specie animali, sono
documentate nello stesso sito anche da altri rinvenimenti, tra i quali spicca un
modellino di capanna-sacello con figura plastica di torello con funzione acro-
teriale (9) rinvenuto, però, in ambito domestico.
Lasciando l’entroterra e passando agli insediamenti costieri e ad ambiti cul-
turali coloniali, è certamente la greca Himera, affacciata sulla costa tirrenica
settentrionale dell’isola, che offre la più ampia e chiara documentazione rela-
tivamente a culti femminili. A prescindere, infatti, da due contesti (fig. 6) ri-
feribili a piccoli santuari dislocati all’interno dell’abitato e dedicati, probabil-
mente, a Demetra e Kore quello dell’isolato II sul Piano di Himera, ad Athe-
na Ergane quello del quartiere orientale (10), l’intera colonia, come ricorda
Diodoro (11), sembrerebbe essere sacra ad Athena, il cui culto è attestato
dai rinvenimenti archeologici ma anche dalla documentazione epigrafica. Un
grande Athenaion era forse il tempio dorico (fig. 7) eretto alla foce del fiume
Imera dopo la vittoria del 480 a.C. sui Cartaginesi e ad Athena, secondo gli
editori dello scavo, era dedicato il grande santuario della città alta (12). Dal
Tempio A provengono due statuette di bronzo, tra cui la ben nota Athena Pro-
F. Spatafora, Attestazioni di culti femminili nei santuari della Sicilia Occidentale 143

Fig. 7. Himera. Tempio della Vittoria.

machos (13) (fig. 8), e dal Tempio D, del tipo a oikos e


costruito nel terzo venticinquennio del VI sec. a.C.,
una terracottina raffigurante Athena oltre a un’inte-
ressante iscrizione metrica con dedica alla dea graffi-
ta sul piede di una coppa attica (14) (fig. 9) e una se-
conda frammentaria incisa sull’ansa di un kantharos
con una formula di offerta ad Athena (15).

Fig. 8. Himera. Athena Promachos. Fig. 9. Iscrizione con dedica ad Athena.


144 La devozione dei naviganti. Il culto di Afrodite ericina nel Mediterraneo

Fig. 10. Himera. Il santuario di Athena.

E se quest’ultima attribuzione appare in un certo senso scontata e indiscu-


tibilmente supportata dalla documentazione epigrafica, non altrettanto può
dirsi relativamente ai sacelli A e B e al dado di calcare scoperto a ridosso del
muro occidentale del tempio A, riferibile forse a un culto betilico aniconico
che si svolgeva all’aperto nei primi decenni di vita della città (16) (fig. 10).
Recentemente, infatti, l’evidenza archeologica riesaminata sotto diversa pro-
spettiva, ha indotto Mario Torelli ad una nuova lettura del contesto, partendo
proprio dalla particolare forma di religiosità legata al culto betilico, ben nota
in Fenicia e a Cipro, a cui si collegherebbe la successiva dedica dei sacelli A e B
all’arcaica Afrodite armata di ascendenza fenicio-cipriota (17). Questa divini-
tà sarebbe dunque rappresentata dal bronzetto della stipe votiva del tempio A
e al suo culto si connetterebbe anche un particolare ex-voto, la ben nota faiance
(fig. 11) raffigurante, secondo Torelli, uno hierodoulos, figura legata alle prati-
che di prostituzione sacra sia maschile che femminile di tradizione orientale
(18). La motivazione per l’accoglimento a Himera di questo culto, assai dif-
fuso tra l’altro tra i mercanti e i naviganti greci nel Mediterraneo, sarebbe da
ricercare nella posizione stessa della colonia, situata sulla costa settentrionale
dell’isola a immediato contatto con l’area di influenza punica dove il grande
santuario ericino costituiva, e cito Torelli, «un polo di straordinaria attrazione
F. Spatafora, Attestazioni di culti femminili nei santuari della Sicilia Occidentale 145

religiosa, politica e mer-


cantile» (19) proteso ver-
so quelle rotte del Medi-
terraneo centrale nelle
quali Himera intendeva
inserirsi. L’ipotesi, tutta-
via, pur fondandosi su ra-
gioni di carattere storico-
economico e pur avendo
una sua innegabile sug-
gestione, va considerata
Fig. 11. Himera. Statuetta in faiance.
con le dovute cautele in
quanto fondata, tra l’altro, sull’ interpretazione di dati archeologici già intrin-
secamente ambigui e di incerta definizione.
Degli altri due grandi insediamenti punici che si affacciavano sulla costa
settentrionale tirrenica dell’isola, pochi chilometri a Ovest di Himera, assai
scarna è la documentazione archeologica per quanto riguarda culti e aree
sacre. Nessuna evidenza proviene dalla Solunto arcaica situata nel promon-
torio di San Cristoforo e solo recentemente identificata grazie alla scoperta
di pochi lembi di strutture abitative e di più ampie aree artigianali dedicate
alla produzione vascolare (20), se non in relazione alla possibile esistenza di
un tofet fondata sulla presenza di alcuni cippi rinvenuti in deposizione secon-
daria (21). Più ampia, e strettamente connessa con l’origine orientale della
popolazione, è invece la documentazione della Solunto ellenistica e romana:
due aree sacre di tipo orientale sono situate nella zona pubblica della città
(fig. 12) e da una di esse proviene, con tutta probabilità, la statua di divinità
femminile seduta in trono (fig. 13), decorato ai due lati con sfingi, rinvenu-
ta dal Serradifalco nel 1826. La statua, identificata con Astarte, si data ad età
arcaica e sulla base di questa cronologia alta ne è stata proposta l’originaria
pertinenza al primo insediamento soluntino (22) e il successivo inserimento
nell’ambito della nuova città fondata sul Monte Catalfano dopo la distruzione
dionigiana, all’interno di un edificio di culto situato sulla terrazza a monte del
teatro. La presenza di Astarte in un contesto tardo-ellenistico testimonia una
continuità di culto documentata comunque in molte altre aree del Mediterra-
neo, sia orientale che occidentale: basti pensare all’attestazione del culto della
dea a Beirut ancora nel III-II sec. a.C. (23) o alla consacrazione di un luogo
sacro ad Astarte a Madidi nell’Africa settentrionale nel I sec. a.C. (24). Del
resto, sempre più chiaramente, si delinea l’importanza del culto della dea in
Occidente fin dalle prime fasi della colonizzazione fenicia – ben note sono le
attestazioni della Spagna, di Malta, e le vecchie e nuove scoperte di Mozia(25)
- culto che rimase vivo per molti secoli e che forse, come è stato di recente ipo-
146 La devozione dei naviganti. Il culto di Afrodite ericina nel Mediterraneo

Fig. 12. Solunto. Edificio sacro.

tizzato, si sovrappose a culti


di divinità femminili locali,
assimilandone alcune carat-
teristiche, o si identificò con
divinità del pantheon greco.
Emblematico, in questo sen-
so, il caso ericino e l’identifi-
cazione Astarte/Afrodite.
Passando alla Palermo
fenicio-punica – dove certa-
mente numerose dovevano
essere le aree sacre e i san-
tuari situati verosimilmente
nella zona alta della città e
dove la devozione a Tanit e
Fig. 13. Solunto. Statua di divinità femminile in trono.
F. Spatafora, Attestazioni di culti femminili nei santuari della Sicilia Occidentale 147

ad Astarte è attestata anche


attraverso alcuni ritrovamen-
ti all’interno della necropoli
(26) – una recente scoper-
ta ha piuttosto documenta-
to, seppure in via indiretta,
l’esistenza di un’area di cul-
to strettamente connessa,
sotto il profilo topografico,
alla zona portuale. Nell’am-
bito di un’indagine condot-
ta nell’area del trecentesco
Palazzo Chiaramonte, pro-
prio su quello sperone che
chiudeva a Sud-Est il bacino
portuale (fig. 14), al di sot-
to dei livelli di età norman-
na e tardo-medievale è stata
rinvenuta una fossa circolare
scavata nella roccia e sigillata
da uno strato sabbioso, con-
tenente una notevole quan-
tità di materiali databili, ad
una prima sommaria analisi,
tra il IV ed il III sec. a.C. (27)
(fig. 15).
Ai numerosi frammenti di
piatti e coppette a vernice Fig. 14. Palermo. La città antica e l’area
nera o acromi, di unguenta- di Palazzo Chiaramonte.
ri, di anfore puniche e greco-
italiche erano associati anche diversi frammenti di statuette di terracotta a ca-
rattere votivo, soprattutto offerenti con polos e porcellino di tipi comuni nei
santuari siciliani coloniali a partire dalla fine V e per tutto il IV e III sec. a.C. Nel
1973, tra l’altro, era stato rinvenuto, sempre nella stessa area, un frammento
di terracotta votiva (28) contenuta in uno strato a contatto con il terreno rosso
naturale in cui si raccolse anche ceramica a vernice nera di età ellenistica. I tipi
delle terrecotte rimandano chiaramente a culti femminili diffusi, all’epoca, in
tutta l’isola, ma, malgrado ciò, non è facile comprendere, attraverso tale limita-
ta evidenza, a chi potesse essere dedicata la piccola area sacra.
Non sembra tuttavia infondato il richiamo a quei santuari delle città fenicie,
sia d’oriente che d’occidente, topograficamente connessi alle aree portuali,
148 La devozione dei naviganti. Il culto di Afrodite ericina nel Mediterraneo

o comunque ad insenature
adatte all’attracco, e legati,
sotto il profilo cultuale, alla
navigazione, ai marinai e
alle attività marinare.
A Biblo, ad esempio, un
tempio si trovava vicino al
porto meridionale (29) e un
Tempio di Astarte era loca-
lizzato nella Sidone «marit-
tima» (30), quella parte di
città, cioè, che si sviluppava
intorno ai due porti. In con-
testi occidentali, invece, si
ricordino i recenti ritrova-
menti di Ibiza (31) e di Ol-
Fig. 15. Palermo. Palazzo Chiaramonte.
bia (32) e, sempre in Sarde-
Frammento di statuetta votiva. gna, i due santuari posti ai
margini dei promontori che
racchiudevano il porto della città punica di Nora (33).
Il santuario di Panormos, tuttavia, si troverebbe in posizione extramoenia, es-
sendo dislocato sulla riva meridionale dell’insenatura marina in cui sfociava
il fiume Kemonia e quindi ai margini di quel quartiere che, soprattutto dalla
prima età ellenistica, dovette sorgere intorno all’area portuale e alle zone di
ormeggio secondo una tipologia che, col progredire della ricerca archeologi-
ca, si va sempre meglio delineando anche per le città fenicie della madrepa-
tria dove, in alcuni casi, l’organizzazione urbanistica è caratterizzata dal con-
centramento di tutte le attività politico-amministrative e religiose all’interno
delle cittadelle fortificate mentre più vasti quartieri a carattere abitativo si
estendono al di fuori delle mura (34) e, spesso, intorno ai porti (35).
Nota da tempo, infine, è un’altra attestazione di un culto femminile lega-
to alla navigazione, che si svolgeva nelle immediate vicinanze della città, alla
Grotta Regina, una cavità naturale che si apre alle pendici nord-orientali del
Monte Gallo (fig. 16), un promontorio ad Ovest della città che certamente,
per la sua conformazione preminente sulla costa nord-occidentale dell’isola,
dovette svolgere un ruolo rilevante nel controllo delle rotte marittime e nella
navigazione tirrenica. Le pareti del vasto ambiente sono interessate da una se-
rie di disegni e di iscrizioni in caratteri punici e neopunici, brevi testi religiosi
di incerta lettura (36). A prescindere dalle invocazioni al dio guaritore Sha-
drapha, a cui probabilmente era dedicato il luogo di culto in uso dal V-IV sec.
a.C., tre brevi invocazioni sono rivolte alla dea Iside a cui potrebbero anche
F. Spatafora, Attestazioni di culti femminili nei santuari della Sicilia Occidentale 149

Fig. 16. Palermo. Grotta Regina. Incisioni.

collegarsi, secondo il primo editore Mons. Benedetto Rocco, alcune raffigura-


zioni che rappresenterebbero la festa del navigium Isidis; tale festa, ben nota
da fonti letterarie ed iconografiche (Pompei), si celebrava i primi giorni di
marzo per ricordare il ritorno della primavera e la ripresa della navigazione.
Per concludere, a fronte di un panorama assai scarno di attestazioni, sia
archeologiche che epigrafiche e letterarie – soprattutto per quanto riguarda
i centri elimi, sicani e fenicio-punici – è comunque opportuno sottolineare la
difficoltà di isolare aspetti religiosi precipui dei vari ethne nell’ambito di un
contesto in cui non è possibile individuare aree culturali definite e confini
netti. Conviene quindi affrontare il tema della religiosità, di per sé già abba-
stanza sfuggente negli aspetti più squisitamente spirituali, in maniera trasver-
sale e nella consapevolezza che la composita identità di quest’area di confine
avrà certamente innescato dinamiche assai complesse dando luogo a forme di
culto e di religiosità stratificate non diacronicamente ma piuttosto orizzontal-
mente, un sincretismo «la cui comprensione – come ha recentemente sotto-
lineato Corinne Bonnet in un lavoro sulla religione fenicia e punica di Sicilia
– richiede di superare i limiti dei singoli apporti» (37).
150 La devozione dei naviganti. Il culto di Afrodite ericina nel Mediterraneo

NOTE

(1) Cf. ad esempio, Sfameni Gasparro 1986.


(2) Palermo 2006, p. 90.
(3) Spatafora 2008.
(4) Spatafora 2009a.
(5) Hinz 1998.
(6) Epifanio & Vassallo 1984-1985.
(7) Isler 1984.
(8) De Vido 2006, p. 153.
(9) Isler in c.d.s.
(10) Vassallo 2005, p. 70.
(11) Diodoro, V, 3.
(12) Allegro 1993.
(13) Vassallo 2005, p. 125.
(14) Manni Piraino 1974, p. 266, n.2.
(15) Manni Piraino 1974, p. 266, n. 3.
(16) Bonacasa 1980.
(17) Torelli 2003.
(18) Torelli 2003, p. 675.
(19) Torelli 2003, p. 675.
(20) In ultimo cf. Greco 2005.
(21) Greco 2005.
(22) Tusa 1985, pp. 598, 609; Tore 1995, p. 459.
(23) Amadasi Guzzo 2003, p. 50.
(24) Amadasi Guzzo 2003, p. 47.
(25) Per la recente identificazione di un tempio di Astarte nella zona occidentale di Mozia cf. la
comunicazione tenuta da L. Nigro in questo convegno.
(26) Bonnet 2006, p. 211.
(27) Spatafora 2009, pp. 226-227.
(28) Falsone 1976.
(29) Aubet 2009, p. 26.
(30) Il tempio doveva trovarsi in quella parte di città che si sviluppava intorno ai due porti: Og-
giano & Xella 2009, pp. 70-71.
(31) Ramon 2005.
(32) D’Oriano 2004.
(33) Oggiano 2005, p. 1038 (con bibliografia precedente).
(34) Questo stesso tipo di organizzazione viene oggi a delinearsi con chiarezza anche nella ma-
drepatria fenicia, in città come Sidone, Biblo e la stessa Tiro (cf. Aubet 2009 e per Biblo, Mar-
gueron 1994, pp. 13-27).
(35) Oltre a Sidone (per cui cf. Oggiano & Xella 2009) è questo, ad esempio, anche il caso di
Beirut (cf. Curvers 2005; Sader 2009).
(36) De Simone 1998 (con bibliografia precedente).
(37) Bonnet 2006.
F. Spatafora, Attestazioni di culti femminili nei santuari della Sicilia Occidentale 151

BIBLIOGRAFIA

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