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Ieri abbiamo iniziato ad affrontare il tema diacronico dei sacerdozi.

 elemento di
continuità nella storia romana, i pontefici gli auguri attraversano la storia di Roma dalle
origini fino alla fine del sistema politeistico come centro della religiosità. Questo sistema
resta in vigore per circa 1000 anni. Abbiamo visto due dei quattro “amplissima collegia”.
Abbiamo visto i pontefici, con le loro funzioni, pontefici legati alla fissazione del
calendario, degli “annales maximi” ecc ecc. col passaggio di entrare nel collegio dei plebei,
il loro operato inizia ad essere accessibile al pubblico. Si entrava per cooptazione e si
restava a vita. Abbiamo visto le cariche di sacerdoti nel senso più moderno del termine,
coloro che devolvevano la loro vita alla religiosità: il “rex sacrorum”, i “flamines”, “le
vestali” (che si occupavano del culto di Vesta, avevano un’altra funzione fondamentale 
la preparazione della mola salsa  un impasto di farro primiziale raccolto dalle vestali in
alcuni momenti precisi dell’anno, in particolare a maggio, acqua del Tevere e sale. Questo
impasto veniva utilizzato per immolare le vittime sacrificali quando si doveva compiere
un rituale di tipo cruento, prima di colpire a morte la vittima, la si immolava, si versava
questa mola salsa, nel punto in cui il coltello lo avrebbe trafitto a morte.
Auguri  si occupavano, come visto ieri, di delimitare il templum all’interno del quale si
prendevano gli auspici per una serie di atti importanti istituzionalmente per la comunità.

Andiamo avanti.

3) DECEMVIRI SACRIS FACIUNDIS


Nell’età imperiale diventano 15, inizialmente patrizi, dal 367 anche ai plebei viene aperto il
decemvirato. Il compito  interpretazione dei libri sibillini, libi di prodigi e responsi della
sibilla, correttamente interpretati per dare spiegazione alle res novae. I sacerdoti si
occupano della lettura di questi libri e interpretare oracolare degli eventi altrimenti
incomprensibili, o la risposta a delle circostanze difficili (guerre civili, ecce ecc). i libri
sibillini, essendo considerati in rapporto alla sibilla cumana, erano in rapporto al culto i
Apollo, i decemviri si occupavano anche del culto di Apollo. In generale i libri Sibillini
comportarono l’introduzione di culti stranieri a Roma: Asclepio, Dioniso, magna mater,
trovano spazio nel pantheon romano attraverso l’interpretazione dei libri sibillini.

4) SEPTENVIRI EPULONES
Collegio recente, nl 196 a. C. si occupano delle epulae, banchetto sacro per le divinità,
tenuti in occasioni di feste importanti: ludi romani e plebei  da un punto di vista
organizzativo tenuti dagli edili, da quello di vista religioso proprio dai septenviri. Anche
nel caso dei s.e. le spese fatte in occasione di questi banchetti sacri non erano gestite in
maniera autonoma, ma si richiedeva l’autorizzazione al Senato. L’organizzazione, in
precedenza, era in mano ai pontefici. Numa Pompilio avrebbe stabilito che sarebbe toccato
ai pontefici occuparsi delle epulae, da un certo momento in poi questa funzione passò agli
epulones.

Acanto a queste figure di sacerdoti pubblici, esistevano degli altri addetti alla religiosità
che si occupavano di alcuni culti particolarmente importanti: le SODALITATES 
Confraternite, bastae sul sistema della cooptazione, di addetti in maniera estemporanea e
gratuita a culti particolarmente importanti:
1) I fratelli Arvali  deriva, il loro nome, dai campi: arva  campo coltivato. Sono
dei sodali che si occupa di un culto che ha a che vedere con i campi coltivati. Questo
culto è un culto antichissimo, talmente antico che si stava perdendo, della dea Dia.
(il nome di Giove, è la stessa che si trova in Zeus)  la dea Dia è la dea della luce
attraverso cui nei campi coltivati possa crescere il seme coltivato. A Roma esisteva
un culto importante della divinità della luce finalizzata alla crescita delle piante
coltivate. Questo culto noi lo conosciamo molto bene perché alla fine del 700 nella
zona della Magliana, furono ritrovate una serie di iscrizioni (età augustea e III sec.
d.c.) la descrizione di tali culti, tenuti dai fratelli Arvali a 5 miglia, nel punto di
confine da Roma. Culti che dovevamo appartenere ad una età molto antica, persi
poi, ed Augusto, nel suo tentativo di restaurazione di antichi costumi, fa ripartire, la
fortuna ha voluto che noi conosciamo molto bene i dettagli di tali rituali. I fratelli
arvali erano 12, legati da legami di parentela (salvo poi che Augusto si autonomina
arvale), questi arvali avevano un magister che fissava i giorni che non erano fissi (la
festa della dea Dia erano legati ai cicli lunari, quindi non fissi), si tenevano nella
seconda metà di maggio, nel 1 e nel 3 giorno si tenevano nella casa del magister, nel
2 si tenevano dei rituali a cielo aperto nel luogo al quinto miglio della via Ostiense,
a ovest di Roma, nel “lucus deae diae”. Lucus  area naturalmente priva di
vegetazione all’interno di una foresta. Questi luci erano luoghi carichi di presenza
divina. In quei luoghi si teneva una serie di rituali difficili e, tra le varie cose, i
fratelli arvali cantavano un “carmen dei fratelli arvali”, in cui si può vedere come in
un culto riservato alla dea Dia, i fratelli citassero anche una serie di altre potenze
per la buona riuscita del raccolto. Tutto questo carme è scandito per tre volte: si
chiede inizialmente aiuto ai Lari (nume tutelare, una divinità minore che si occupa
di aiutare di rendere favorevole un’azione intrapresa), interviene Marte  che in
questo caso non è considerato come dio della guerra, ma di Marte come protettore,
come forza militare che protegge i confini della città, lo spazio all’interno cui vive la
comunità. Nella terza riga, si chiede a Marte di proteggere i confini, saltando al di là
dei confini e proteggere l’interno. I Semones  divinità dentro ai semi che
consentono la trasformazione del seme in frutto commestibile. La parola triumphe è
ripetuta per 5 volte. Il fatto che grosso modo, in contemproraena con i rituali di
carattere pubblico, a livello privato tutti i romani proprietari di un campo facevano
un rituale simile che sono i cosiddetti Ambarvalia  rituale che consisteva nel
portare attorno al campo tre animale: un maiale, un vitello e una pecora, che
venivano fatti il perimetro del campo e che alla fine di questo percorso venivano
immolati a divinità di cui si occupavano i fratelli arvali. Suovetaurilia era il nome di
tale rituale.  se si aveva qualche dubbio si chiedeva ai pontefici.
2) SALII  Sono una sodalità che si occupa di due feste, entrambe legate al io Marte. I
Sali sono 24, in due groppi di 12, anche in questo caso ritorna il numero 12, che
esprime completezza. Divisi in due gruppi: i palatini (hanno sede sul Palatino) e i
Collini (hanno sede sul colle quirinale). Come gli arvales sono eletti a vita e sono
patrizi. Sono coinvolti in due feste a giorni fissi, quindi presenti sul calendario, feste
che definiscono l’inizio e la fine dell’anno di guerra, infatti nelle fasi più antiche
della storia di Roma non si faceva guerra tutto l’anno, ma si combatteva solo nella
stagione calda. La prima festa cui i sali erano coinvolti  la festa del quinquatruus
 in quel momento gli ancilia, gli scudi, venivano tirati fuori, si va alla guerra.
L’altra festa, invece, segnava la fine dell’anno di guerra  armilustrium, la festa in
cui si puliva l’arma dal sangue dei nemici, il 19 ottobre. Anche i Salii hanno un
magister che si occupa di coordinare danze e canti, perché nel caso dei Sali il ruolo
della danza è particolarmente importante: i Sali, in occasione di questi due feste, si
avvigliavano come guerrieri considerati di un’età precedente all’età del ferro, ed
erano rivestiti di corazze e armi di bronzo. E per l’appunto facevano delle danze in
cui saltavano, erano delle danze in cui si riproduceva un assalto di guerra. I Salii 
da saltellare (fonte 15). Ancile  è uno scudo di forma particolare (i romani in
guerra usavano degli scudi o tondi, il clipeus, o i tradizionali scudi rettangolari),
forma ad otto, in bronzo, che sono legati ad un racconto leggendario molto presente
nelle fonti antiche. (fonte n 17). Il mito di fondazione degli ancilia è questo mito, no
scudo offerto dagli dei come protezione divina della città. Mamurio Veturio  il
più grande bronziere di Roma avrebbe formato altri 11 ancilia identici tanto da non
saper distinguere quello divino. I salii girano nella zona centrale della città nel mese
di marzo. L’apex dei flamines era di cuoio, i salii di bronzo. I salii erano famosi
perché facevano delle grandi sudate per queste danze, andavano da Marte untore
facendo un banchetto luculliano, assai abbondante. Anche nel caso dei Salii, loro
ballavano e cantavano, con la differenza che dei carmina saliari abbiamo pochi
frammenti in cui si sono tentate delle letture e interpretazione di dubbia esegesi. I
Salii sono un'altra delle importantissime sodalità.
3) LUPERCI  Sodalità legata ad una festa, la festa dei lupercalia, festa fissa nel 15 di
febbraio. Divisi in due gruppi, 12 e 12, uno aveva sede nel palatino l’altro nel
quirinale. I luperci del palatino sono i quinctiliani, gli altri sono i fabiani.
Diversamente dai salii e dagli arvali, che sono degli adulti, rappresentando i primi
il romano nella sua figura di agricoltore, i secondi il romano nella sua figura di
soldato, i luperci sono i giovani che vivono la fase di passaggio tra il non essere
cittadino perché minorenne e il cittadino pienamente riconosciuto attraverso il
conferimento della toga pretexa ecce c  la festa dei “lupercalia” si ricollega a
questo momento cruciale dell’iniziazione del cittadino da una condizione informe
di piena cittadinanza. I luperci girano seminudi, vestiti solo di pelle di capra, nel
cuore della città, con degli scudisci di pelle di capra con cui colpiscono delle
ragazze. Da dove saltano fuori tutti i perci, i lupercalia ecce ccc. I lupercalia sono
una festa che veniva messa in rapporto all’origine dell’umanità, prima di Enea,
prima di tutto. Fonte n 19. I lupercalia  festa in onore del dio Pan. (fonte 20) 
luogo in cui la lupa avrebbe nutrito rom olo e remo. All’interno del rituale ci sono
tradizioni stoiche e rituali diverse che rimandono ad unba fase precivilizzata di
roma. Il lupercael  grotta in cui la lupa viveva, lupa poi moniumentalizzata in età
augustea. Ovidio (fonte 21)  gli arcadi, klegati ai lupercali, vuvono in un’età non
solo molto antica ma incivile, selvaggia, senza alcuna cura di usanze. Non erano
interessati e in grado di acvere delle case sicure, era un popolo che non sapeva
coltivare la terra. (inciviltà misuravbile sulla capacità o meno di saper coltivare la
terra). Non esisteva ancor l’ailità di addomesticare gli animali selvaggi. I luperci
sono questi Arcadi coloro che vivevano in un tempo primitivo. La maggiore età,
l’entrata in società, la possibilità della citadinanza, era sentita come passaggio
dall’adolescenza in età adulta da un mondo primitvo informe e violento, legato alla
violenza dei rituali dei luperci e l’entrata in un monod civilizzato, quello del
cittadino, del contadino che viove all’interno di uno spazio ben definito che accogli
su dui se i costumi, le istituzioni della città. Passaggio dal disordine all’ordine.
Questa fsta è collocata in un momento dell’anno iniziale nel mese di febbraio, che
inizia a gennaio e viene messa in rapporto con l’età dell’adolescenza, come se l’anno
fosse concepito come la vita della persona.
4) Fetiales  una confraternita di 20 persone, in alcun modo legata a feste, ma entrava
in azione quando Roma o entrava in guerra o quando siglava un trattato, foedus, la
parola fetialis è legata a foedus. Si occupano di condurre da un punto di vista
ritualmente corretto le trattative di alleanza o quelle trattative che portano ad una
guerra. Tutto ciò che riguarda le dichiarazioni di guerra sono connessi in eà
repubblicana ad azioni del senato. È questo organo che stabilisce tali trattative.
Questi atti avevano bisogno di un rito di cui si preoccupavano i feziali. Si
conoscono alcuni aspetti delle pratiche che essi conducevano: la dichiarazione di
guerra passa sempre da un punto di vista rituale per la richiesta di qualcosa che il
nemico ha sottratto. Il modello arcaico  il nemico può rubare il raccolto, le donne,
il bestiame. Spetta al feziale chiedere indietro il mal tolto. Dopo questa richiesta
formale si fissano 33 giorni di tempo entro i quali il nemico deve restituire. Se non
avviene a quel punto il feziale entra in gioco lanciando nel territorio nemico una
lancia con una punta bruciata e insanguinata. Il quel momento si dichiara
formalmente guerra. Se il nemico è lontano, il feziale lancia l’asta in un punto legato
al tempio di bellona, fuori da porta collina l’asta viene scagliata in questa parte del
tempio, il campus hostilis. Un’estensione del campo di battaglia nemico. Attraverso
tutti questi passaggi e l’uso di parole corrette d parte dei feziali, si realizzava quello
che i latini chiamavano il bellum iustum  non ha nulla a che fare con la nostra
della guerra giusta in senso moderno, è quella guerra che si fa perché tutti i
dispositivi rituali erano stati messi in opera nella maniera corretta. I garanti nella
correttezza dei riti erano i feziali. Noi conosciamo un caso mitico e interessante,
momento in cui miticamente entrano in gioco i feziali  la strana guerra che Roma
ed Alba Longa, agli inizi dell’età regia. Roma vuole conquistare Alba Longa e lo fa
attraverso la sfida tra Orazi e Curiazi. In questo caso i feziali entrano in gioco da un
alto per fissare le regole della guerra, gli altri per stabilire a priori un trattato di pace
 sulla base della vittoria di questo scontro, chi vince si prende il territorio
dell’altra città. Qui nel passo alla fonte 23, vengono descritte tutte le parole che il
feziale e in particolare il rappresentante dei feziali, il pater patratus, che va a
discutere col nemico. Anche qui siamo in un contesto religioso e giuridico, le parole
devono essere esatte. Il bellum iustum è quella guerra in cui non c’è forma di
inganno. Le condizioni della guerra i e il trattato sono senza inganno. La selce,
l’ascia di selce, rimanda ad usanze antiche, è lo strumento attraverso cui si
sanciscono i patti della guerra. Fonte 24  Si fa riferimento al fatto che si getti il
giavellotto nel campo nemico.
5) TITII  èil collegio legata al culto della divinità ignota, a cui i sodali sacrificavano.
Il compito era di osservare gli uccelli di Tito, che noi no non sappiamo cosa siano.
HANDOUT 4

Con l’età imperiale si va verso una organizzazione politica decisamente diversa all’età
repubblicana, ma si va verso una concezione di se che Roma ha rispetto all’età
repubblicana  la concezione di se che abbiamo visto essere stata fortemente
stigmatizzata da certi storici, di cui abbiamo evidenziato il moralismo. Roma cresciuta
sugli antichi valori, di frugalità concordia ecce cce. entra in crisi la causa di una serie di
vittorie militari che portano a Roma potere, ricchezza, ma che procurano una sorta di
delirio di onnipotenza che è causa di una degenerazione che porta all’impero. Impero 
degenerazione della repubblica, delle istituzioni tradizionali, che avevano consentito la
libertas nelle forme che abbiamo visto. Le origini dell’età imperiale sono già presenti nella
seconda parte dell’età repubblicana. Il momento di inizio individuato è un passo di Livio
che fa riferimento al momento finale della guerra siriaca che Roma combattè contro
Antioco III di Siria e i suoi alleati. Roma è temporaneamente alleata della macedonia, del
regno di Pergamo, che entreranno nel territorio di Roma. Gli etoli mandano un’ambasceria
al Senato col quale discutono le condizioni di pace.
Il concetto di impero romano deriva al concetto di imperium  il potere militare, è un
potere di carattere coercitivo, è un potere di vita di morte, è il potere che ha il console, che
ha il pretore, di coloro che conducono l’esercito. I romani sono quelli che possono stabilire
la nostra vita e la nostra morte. La maestà  parte da un termine che ha una radice nella
parola maius, maior, magiore, la maiestas è il riconoscimento dell’essere più grandi, si
introduce una sorta di giudizio di superiorità. Questi territori che vengono sottomessi a
Roma subiscono l’impero e la superiorità. Continuando nella lettura i due concetti
vengono descritti nel dettaglio. Autonomia  decisamente limitata. Non hanno autonomia
a livello militare, dovrà prestare fedeltà. Impero romano  i territori pagheranno a Roma
il tributum. Questo principio, meccanismo che inizia ad entrare in movimento con le
conquiste. poi seconda guerra punica, trova manifesto nella trasformazione portata a
termine da Augusto. La fonte ideale per riflettere su questa trasformazione è quello che
Augusto stesso ci dice nelle sue res gestae  quel documento che appartiene alla categoria
del commentario, inciso su tutti i templi dedicati ad Augusto.
FONTE N 2
Prefazione  imperio  il potere che noi chiamiamo imperiale è l’imperio, è l’estensione
dell’impero dei consoli ai territori conquistati. Il meccanismo corrisponde allo
stravolgimento dell’arrovesciamento elegante dei principi caratteristici dell’età
repubblicana.
1. Non si accorda con quello che si faceva in età repubblicana. Riferimento alla
battaglia di Modena con Marcantonio nel 43. Per aver liberato Roma da Antonio, ha
il rango di console all’età di 19 anni.
4  le leggi di cui sopra Villia e Corneli impedivano di ricoprire il consolato per 10 anni, si
poteva essere rieletti al consolato solo dopo 10 anni una volta esserlo stati. Anche qui è
chiara la rottura con la repubblica.
5.  curatio annone  funzione importante  nell’età imperiale sono le province a
dormire il grano a Roma, si forma il tributo, la Sicilia le province africane pagano il tributo
a Roma sotto forma di cereali. Il fatto che un singolo cittadino si facesse carico per sfamare
i cittadini romani è assolutamente atipico. Il mondo romano non conosce l’evergetismo.
Nella Roma repubblicana tuti quei cittadini che donano gratuitamente qualcosa ad una
massa di cittadini, venivano considerati come aspiranti tiranni. Questa cosa che Augusto
mette a suo vanto è qualcosa che rompeva la tradizione repubblicana.
6. osservazione divertente  contro la tradizione dei padri ricopri il consolato per 7 anni
consecutivamente, nel 23 a. C.  imperium proconsolare (che entrava nella fattispecie
delle competenze tipiche dei proconsoli che hanno conquistato un territorio e ottengono i
prolungamento diventando proconsoli) maius et infinitum (più grandu di tutti i poteri e
senza fine)  di fatto era una forma di potere illimitato gli era stato conferito e definito in
maniera precisa  è palesemente un tipo di potere regale, entrando in contrapposizione
con quanto predicava: conservare e rispettare il mos maiorum

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