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Teatro medievale

Origini
Le prime manifestazioni avvengono all’interno della liturgia: sono degli scambi di battute, tra un
officiante e altri chierici nel corso di liturgie legate ad importanti festività religiose. Uno dei primi
esempi è lo scambio nella liturgia della Pasqua, nel quale l’ufficiante impersona l’angelo che va sul
sepolcro di Cristo e altri tre officianti giungono nei pressi del sepolcro chiedendo dove sia Gesù e
l’angelo risponde che è risorto, dopo di che partono i cori che celebrano la resurrezione di Cristo.
Questo tipo di mini-situazioni drammaturgiche prendono il nome di tropi, dei prolungamenti dei
cori all’interno della funzione religiosa. Con il passare del tempo questi momenti drammatici
all’interno della liturgia acquistano sempre maggior importanza e spazio, diventando più complessi
e coinvolgendo più persone. Non hanno più luogo nella zona del coro, ma nella navata, per poi
addirittura spostarsi all’esterno della chiesa, finché il legame fra questi momenti drammatici e la
liturgia si spezza in maniera definitiva, diventando autonomi rispetto alla liturgia, ed è questo un
passaggio cruciale. Questo progressivo distacco dalla liturgia coincide con una graduale
sostituzione del latino come lingua in cui questi vengono interpretati con il volgare. Queste
drammatizzazioni hanno come oggetto l’intera storia sacra, dalla creazione al giudizio universale.
Si compie cosi un passaggio cruciale, dal dramma liturgico al dramma recitato in inglese, all’aperto,
indipendente dalla liturgia, ma avente come tema sempre episodi della storia sacra.

Miracle Plays
Queste rappresentazioni prendono il nome di Miracle Plays e di solito sono state tramandate in
forma di cicli di diversi plays, per cui prendono anche il nome di Cycle Plays. Gli episodi derivano
dalla Bibbia, ma anche dai vangeli apocriti, ovvero non riconosciuti dalla Chiesa. Si svolgono
all’aperto e vengono messi in scena non più da religiosi, ma da laici, dalle cosiddette guilds, le
corporazioni delle arti e dei mestieri, in cui erano organizzati gli artigiani nel Medioevo.
Siccome i drammi erano all’aperto, la stagione privilegiata era la primavera. Un momento cruciale
nello sviluppo dei Miracle Plays è rappresentato dall’istituzione della festa del Corpus Domini, che
viene introdotta per la prima volta nel 1264 e confermata con il Concilio di Vienna del 1311,
quando si proclama la presenza dell’eucaristia del corpus di cristo. Questa celebrazione avviene
dopo la Pentecoste, fra la fine di maggio e la fine di giugno. Questa era la stagione in cui queste
sacre rappresentazioni venivano messe in scena, non a cura di attori professionisti, ma
rappresentati delle corporazioni delle arti e dei mestieri.
Mestiere in latino suona come Ministerium, da qui l’altro nome di queste rappesentazioni, i
Mistery Plays. È opinione critica largamente diffusa che la parola mistery si riferisca a ministerium,
che indica il mestiere, e non mistero. Le rappresentazioni sono messe in scena dalle classi artigiane
e mercantili e hanno come destinatari gli esponenti di queste classi.
Questo intero processo non riguarda solamente lo sviluppo del teatro inglese, ma dell’intero
teatro europeo. È evidente che è soprattutto a partire dal 1300, dopo l’istituzione del corpus
domini, che questi tipi di rappresentazioni vengano messe in scena, fino al XVI secolo, quando
soltanto con la riforma protestante verranno proibiti perché giudicati una forma di idolatria.
Un primo stop venne imposto da Enrico VIII nel 1548; con Maria la cattolica risorgeranno, per poi
essere definitivamente cancellati sotto il regno di Elisabetta.
Queste rappresentazioni avvenivano in luoghi deputati delle città, le stations. In Inghilterra esse
avevano luogo su dei carri che venivano allestiti dalle stesse corporazioni. I carri prendevano il
nome di pageant, ovvero delle piattaforme montate su carri, spinte o trainate per le strade
secondo un ordine prestabilito che prevedeva un certo numero di stazioni. Ogni corporazione
aveva il compito di mettere in scena una particolare scena del ciclo, per cui se un cittadino si
posizionava in una particolare station, vedeva arrivare diversi carri che rappresentavano diverse
fasi del ciclo, per cui poteva assistere all’intero ciclo. I carri procedevano l’uno dietro l’altro
ripetendo la propria scena.
A York c’erano 12 stazioni e nell’arco di 16 ore venivano ripetute 48 scene.
Va tenuto presente che queste rappresentazioni avevano luogo dall’alba al tramonto, per la luce, il
che consentiva in alcuni casi di utilizzare gli effetti della luce naturale dell’alba e del tramonto per
rappresentare gli episodi iniziali e finali del ciclo, ovvero la creazione e il giudizio universale,
producendo un grande impatto visivo.
I Cycle Plays sono legati a quattro città. Ad essere completi sono solo quelli di Chest e York,
mentre fino a poco tempo fa si consideravano completi anche il ciclo di Wakefield e quello di una
città ignota delle Midlands, nel centro dell’Inghilterra, detta Ntown, che più che cicli sono degli
insiemi di testi.
Ciascun ciclo è composto da diversi episodi: quello di Chest comprende 25 plays, che iniziano con
la cauta di Lucifero e terminano con il giudizio universale. Questo ciclo si data alla seconda metà
del 1300.
Il ciclo di York è più ricco, presenta 48 episodi, divisi in 4 gruppi, ed è più tardo di quello di Chest.
Le plays più interessanti sono quelle appertenenti al quarto gruppo. L’autore di questi drammi,
rispetto a quello di Chest, sembra avere maggiore talento drammatico ed essere più capace di
delineare la psciche dei personaggi.
Un ciclo particolarmente interessante è quello di Wakefielf, che comprende 32 plays, e si tratta di
drammi con valore maggiore di quelli di Chest e York. In pecedenza venivano giudicati come testi
semplici, elementari, ma in realtà si è scoperto che si tratta di testi scritti probabilmente da
ecclesiastici. Anche se la Chiesa infatti non aveva controllo diretto, continuava a vigilare su queste
manifestazioni e i testi venivano redatti da ecclesiastici, tra cui appunto spicca il maestro di
Wakefield, perché si è riconosciuta una mano particolarmente sapiente, capace di ironia, di
caratterizzare in maniera vivace i personaggi, soprattutto per quanto riguarda cinque delle
rappresentazioni comprese. In questo genere di drammi, con episodi della storia sacra,
gradualmente si inseriscono elementi di tipo realistico. Gli episodi legati alla rappresentazione del
diluvio e alla costruzione dell’arca di Noè, in alcuni drammi del ciclo di York e Chest, vi è
l’inserimento di intermezzi comici, fra cui una discussione fra Noè e la moglie, che non vuole salire
sull’arca perché vuole stare con le amiche. Nel ciclo di York questa contesa si conclude con la
moglie di Noè che gli da uno scappellotto. Un altro esempio è dato da una rappresentazione legata
alla nascita di Cristo, la cosiddetta Secunda Pastorum, parte del ciclo di Wakefield, in cui si
racconta l’arrivo dei pastori alla capanna, ma in realtà l’accento è spostato molto di più sulle
osservazioni che i pastori fanno sulle difficoltà della loro vita e del loro mestiere. A proposito del
maestro di Wakefield si è addirittura parlato di una sorta di proto-realista, perché l’inserimento di
scene di vita quotidiane rappresentate anche con umorismo è un elemento particolarmente
significativo.
Un’altra cosa da precisare è che molto spesso gli episodi che ciascuna corporazione rappresentava
erano episodi che in qualche modo richiamavano il mestiere rappresentato da quella
corporazione. Nel ciclo di Chest la scena del diluvio veniva rappresentata dagli approvigionatori
d’acqua del fiume, cosi come la scena della crocifissione veniva affidata alla corporazione di chi
faceva i chiodi, dei tormenti dell’inferno si occupavano i gestori di locande o i cuochi, e così via; vi
erano quindi dei legami di continuità fra la scena e il mestiere della corporazione.
Le gilde traevano molto prestigio dall’organizzazione di queste rappresentazioni.
In tempi moderni, nel 1900, in alcune città, fra cui Chest e York, hanno iniziato a riproporre la
rappresentazione di questi drammi sacri, ogni cinque anni (l’ultimo anno di rappresentazione a
Chest è stato nel 2018). York è stata la prima città in Inghilterra dopo la soppressione del 1500 a
riprendere le sacre rappresentazioni, negli anni ‘50 del 1900, soprattutto organizzate da gruppi di
studenti.

Morality Plays

Fino a poco tempo fa si diceva che le Moralità, un altro tipo di rappresentazione drammatica
medievale, derivassero dai Cycle Plays; in realtà essi continuarono ad essere rappresentanti, ma
dal 1400 cominciano ad essere messi in scena anche altri tipi di dramma, ovvero i Morality Plays,
le Moralità o Moralities.
Esse fioriscono soprattutto a partire dal 1400 e si differenziano dai Miracle Plays per una serie di
ragioni
1) Non hanno carattere occasionale, ovvero non sono legate alla festività del Corpus Domini.
2) Non trattano episodi della storia sacra, vicende bibliche o pseudo-bibliche, ma
sostituiscono ai personaggi reali della storia sacra delle personificazioni, figure allegoriche
di vizi e virtù, le quali sono in lotta per contendersi l’anima del protagonista, che di solito
può avere vari nomi, come Humanity o Mankind, e che rappresenta l’umanità.
3) I temi dei Morality Plays vertono su queste due situazioni: il conflitto fra vizi e virtù per
contendersi l’anima del personaggio che rappresenta l’umanità, o l’avvento della morte. In
realtà spesso questi due temi convivono nello stesso testo, vizi e virtù si contendono
l’animo umano in vista della salvezza o della dannazione.

La moralità più antica prende il nome di ‘The Pride of Life’, un frammento di un testo, il cui
protagonista è un re, Rex Vivus, che si vanta della sua potenza e si diverte con un personaggio
allegorico, allegria. Alla fine giunge la morte e dato che è vissuto nel peccato, il diavolo prende la
sua anima, ma grazie all’intervento della Vergine Maria Rex Vivus si salva.
La più lunga delle moralità medievali è ‘The Castle of Perseverance’. Il testo consta di oltre 3500
versi ed è anonimo, datato presumibilmente agli anni ‘20 del 1400. La moralità ci è pervenuta in
un manoscritto in cui vengono fornite informazioni interessanti sulla messa in scena, con
addirittura una piantina di come dovesse avvenire l’allestimento, prevedendo uno spazio centrale,
detto plays, circondato da un fossato colmo d’acqua. Al centro di questo plays vi era il castello
della perseveranza, sotto il quale è posto il letto di Humanum Genus, il personaggio che
rappresenta il genere umano. Tutto intorno vi erano il palco di Dio, il palco del mondo, quello del
demonio e quello di avidità, ovvero i personaggi del dramma. Venivano date inoltre indicazioni su
dove dovessero essere collocati: quello di Dio ad est, quello del diavoro ad ovest ecc.
Genere umano nasce e muore in una scena e attraversa tutte le diverse fasi della vita, cadendo
preda dei vizi e venendo salvato dai personaggi allegorie delle virtù. inizialmente è tentato dalla
lussuria, ma viene salvato dalla penitenza e condotto nel Castello della Perseveranza. Giunto alla
vecchiaia, cade nuovamente in preda del vizio, questa volta dell’avidità,e di fronte ad avidità si
lamenta della propria decadenza fisica (citazione slide). Questo elemento conferisce ad un
personaggio allegorico un tratto realistico. Il personaggio del genere umano è l’allegoria
dell’intera umanità, ma anche un povero vecchio che si lamenta delle sofferenze legate alla
vecchiaia. Caduto preda dell’avidità sarebbe potenzialmente condannato alla dannazione, ma
intervengono le figlie del Dio, Pietà e le altre virtù, e perorano la causa di Genere Umano davanti a
Dio, che viene infine condotto in paradiso.
In questa moralità sono presenti altri due personaggi che collaborano con le virtù, l’Angelo buono
e l’Angelo cattivo, che ritroveremo nel Dr. Faustus di Marlowe, un dramma che racconta una
storia di dannazione, di un patto con il demonio in cambio di infinita conoscenza. Al centro del
dramma non abbiamo più una figura allegorica, ma un personaggio specifico, con dei caratteri
definiti, ma è pur sempre vero che siamo in una cornice che trae origine dalle moralità, per cui è
un’anima contesa, in cui ritornano le figure dell’Angelo buono e dell’Angelo cattivo.
La moralità più celebre però è ‘Everyman’, Ognuno. Il protagonista è sempre un’allegoria del
genere umano, Everyman, e risale alla fine del 400, ma ha un’origine origine continentale; il
dramma infatti non è altro che la versione inglese di un dramma fiammingo. Il testo di questa
moralità è più breve, circa 1000 versi, e non ha mai perso la sua popolarità. Si ricorda in modo
particolare l’adattamento di Hugo von Hoffmanstall del 1911 a Salisburgo, con l’allestimento di un
altro grande regista del primo Novecento, Reinhardt.
Il protagonista con l’approssimarsi della Morte, che viene inviata da Dio come una sorta di
messaggero, deve presentare davanti a Dio il bilancio della propria esistenza. Everyman chiede
soccorso a coloro che gli sono stati vicini, i personaggi allegorici di amicizia, parentela, beni
materiali, ma questi personaggi ai quali Everyman chiede di accompagnarlo, dinanzi alla
prospettiva della morte, lo abbandonano, e l’unico che accetta di accompagnarlo fino al momento
della ripartita è il personaggio che incarna il Sapere. È però un solo personaggio ad accompagnarlo
nel trapasso, ovvero Buone Azioni: il senso della moralità è che la salvezza dell’anima non
dipende da nient’altro che dalle buone azioni.

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