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1. Novel, la parola con cui si indica il romanzo borghese-realistico, cioè quello nato
all’inizio del Settecento con Defoe sostanzialmente;
Romance è una parola molto più antica che viene utilizzata per coprire una vastissima e
variegata tipologia di testi. In generale, la parola romance indica narrativa in prosa ma anche
in versi in cui ad essere centrali sono:
● l’elemento dell’avventura;
● la presenza di elementi pastorali;
● talvolta il richiamo al mondo classico;
● ma anche la presenza di elementi che attengono alla sfera del magico e del
meraviglioso.
Tutto questo lo ritroviamo anche nelle ultime quattro opere di Shakespeare. Questo genere
conosce una particolare fortuna negli ultimi trent’anni del Cinquecento. Per gli elisabettiani,
in modo particolare, veniva utilizzata la parola romance per indicare sostanzialmente tutti i
tipi di narrazione in prosa e versi: le leggende del ciclo arturiano, i poemi di Chaucer, ma
anche i romanzi alessandrini, cioè greci così come le imitazioni francesi o spagnole (che
fungeranno da modello per la tradizione del romance elisabettiano come Euphius di John
Lyly o come Pandosto di Robert Greene o Rosalynd di Thomas Lodge), i poemi cavallereschi
di Ariosto e di Tasso, la Fairy Queen di Spenser e l’Arcadia di Sidney.
Quindi, è una definizione che copre potremmo dire tutto ciò che è narrazione prima
dell’avvento del Novel.
Nel Settecento, quando si inizia a dibattere di questo nuovo genere narrativo che è il Novel
in relazione al romance, si sottolinea appunto proprio questo aspetto: mentre il Novel tratta
di vicende quotidiane, della vita comune dei contemporanei e aspira effetti di
verosimiglianza, tutte quelle narrazioni che si richiamano proprio a questa tradizione e che
anche nel Settecento contengono elementi che non sono realistici, come per esempio i
romanzi della tradizione gotica, rientrano appunto nella categoria del romance.
Questi quattro testi sono accomunati dal fatto di condividere una serie di caratteristiche:
● presentano tutti come protagoniste dei personaggi femminili i cui nomi sono allusivi:
Marina in Pericles è colei che narra dal mare; Imagine, l’innocenza in Cymbeline,
Perdita, la figlia perduta in The Winter’s Tale, e Miranda, nome che deriva dal verbo
latino mirare (‘ammirare’), è colei che prova ma che suscita anche meraviglia, che si
fa ammirare e che guarda con sguardo carico di un senso di meraviglia di fronte al
mondo. Tutti questi personaggi femminili nei quattro plays hanno tutti un compito,
che è quello di restaurare un ordine che è stato conturbato da una colpa o da un
errore, rappresentano una promessa di rigenerazione e di rinascita.
● l’altro elemento comune è la funzione attribuita alla tempesta che sta sempre ad
indicare lo sconvolgimento dell’ordine, la trasgressione.
Ci sono degli elementi che e ci rimandano alle scene del King Lear. Anche nel King Lear la
musica ha una valenza positiva, anche se non è associata al meraviglioso perché in King Lear
non c’è nulla che attenga a questa sfera o a quella del prodigioso. Ma durante la scena della
rinascita di Lear, in cui finalmente padre e figlia si ricongiungono, si ascolta una musica che
acquisisce questo valore simbolico che è segno di rinascita e rigenerazione. Nei romances,
analogamente, il meraviglioso si associa sempre anche alla possibilità della rigenerazione e
alla musica.
Stesso rimando a Lear si può fare a proposito del valore simbolico della tempesta come
segno di un ordine sconvolto, di una colpa o un di errore che ha provocato un sovvertimento
dell’ordine che si riflette poi a vari livelli: individuale, politico e naturale.
L’altro elemento che accomuna i quattro plays è il fatto che tutte le vicende che vi sono
narrate sono interpretabili attraverso uno schema che è adombrato in Lear lì dove la parola
ultima del dramma, seppur disperata, è affidata alla nuova generazione rappresentata da
Edgar. Quindi, le vicende dei romances sono interpretabili secondo un disegno che è quello
colpa-errore da cui discende un conflitto, un ritrovamento che è spesso quello della figlia
perduta (elemento narrativo comune) e poi rinascita nella nuova generazione.
Tutti e quattro questi plays rappresentano uno scarto rispetto alla precedente produzione
drammaturgica di Shakespeare e soprattutto rispetto alla stagione delle grandi tragedie
rappresentate, per esempio, dal King Lear, dal Macbeth, dall’Otello e dall’Amlet. I romances
sono un’invenzione assolutamente nuova, hanno un impianto totalmente diverso dalle
commedie che dalle tragedia, la cui produzione è di pochi anni precedente.
Una parte della critica ha ritenuto che dopo la crisi rappresentata dalle grandi tragedie,
Shakespeare avesse inventato un genere nuovo, quello appunto dei romances, per
trasmettere un messaggio di fiducia in un’umanità ispirata da una volontà divina benigna,
aprirebbero quindi ad un nuovo ottimismo.
È significativo, alla luce di questa lettura, il fatto che tutti i drammi romanzeschi siano
sempre ambientati in un contesto in cui appaiono divinità pagane, che quindi possono
intervenire direttamente nelle vicende umane. Si tratta di un paganesimo, così come lo
abbiamo visto in re Lear dietro cui in realtà si cela la fede nel dio cristiano.
D’altra parte però nei romances è anche fortemente presente l’immagine della natura come
grande forza creatrice, quindi una sorta di religione della terra. Non è un caso che nei
romances molte delle vicende prodigiose abbiano luogo proprio in luoghi naturali che
possono essere il mare ma anche la grotta dove Prospero, il protagonista della Tempesta,
grazie alle proprie arti magiche, evoca la tempesta con la quale si apre il dramma. La natura
come grande forza creatrice ha fatto sì che di questi drammi romanzeschi siano state date
letture anche in chiave etno-antropologica.
L’altra caratteristica che accomuna i romances è il fatto di presentare personaggi che dal
punto di vista della caratterizzazione sono sicuramente meno complessi di quelli delle
tragedie, non hanno lo stesso spessore psicologico: sono personaggi che vivono in funzione
del plot. Quindi, dal punto di vista della caratterizzazione appaiono molto meno sfaccettati,
articolati. L’unico personaggio che può essere considerato un personaggio a tutto tondo è
proprio quello di Prospero di cui nel dramma vengono messe in luce tutte le ambiguità, le
ambivalenze e le contraddizioni nei confronti soprattutto delle due figure che da alcuni sono
state lette, in una lettura del dramma in chiave psicologica, come delle vere e proprie
proiezioni della figura dello stesso Prospero, e cioè lo spirito Ariel e il selvaggio Caliban,
entrambi schiavi di Prospero sull’isola.
In realtà, questa lettura in chiave semplicisticamente ottimistica dei drammi romanzeschi è
fuorviante perché anche i drammi romanzeschi, pur sviluppando le vicende secondo quello
schema di fondo che va dal compimento di una colpa alla conclusiva rinascita e
rigenerazione, non mancano di elementi di problematicità e ambiguità. Elementi di
problematicità e ambiguità che affiorano in maniera evidente nella Tempesta proprio nella
relazione tra Prospero, Ariel e Caliban, ma non solo.
Si tratta comunque di una forma comunque completamente nuova che Shakespeare
sperimenta nell’ultima fase della propria carriera. Tutti i romances traducono in una forma
nuova un modello che è quello presente già nel King Lear e, in una suggestiva presentazione
dei romances nella loro globalità, ancora Melchiorri suggerisce che i romances nascono tutti
dal quel brano del King Lear della scena III dell’Atto III in cui Lear e Cordelia sono in cella
prigionieri. Dice Melchiorri:
“Direi che tutti i drammi romanzeschi nascono da una battuta di Lear nel momento
culminante della tragedia dopo che, ricongiuntosi finalmente a Cordelia, viene fatto con lei
prigioniero (p. 265). I romances sono appunto le antiche favole che, padre e figlia ritrovatisi,
propongono di raccontarsi nella loro prigione che rappresenta la libertà dello spirito,
divenendo così spie della divinità intenta a indagare il mistero delle cose. È proprio la
tragedia di King Lear a fornire il modello di queste favole. La tempesta che domina la parte
centrale della tragedia, proiezione dello sconvolgimento naturale provocato dalla colpa
iniziale, un errore di giudizio, un’incapacità di veder chiaro sia di Lear che della sua
controparte Gloucester, nella sua trama a specchia, è la stessa che si ritrova negli altri
drammi…L’errore sia di Lear che di Gloucester comporta la perdita, oltre che del senno e
della vista, anche dei loro figli più devoti, Cordelia ed Edgar, e sarà il loro ritrovamento a
riconciliare i vecchi padri con la realtà crudele della vita e della morte. Identico è il disegno
dei drammi romanzeschi nei quali addirittura esso appare raddoppiato.
La prima rappresentazione di The Tempest risale al 1611 quando il romance viene messo in
scena nella sala dei banchetti di Whitehall, quindi dinanzi al sovrano, in occasione della festa
di Ognissanti. Il dramma verrà poi riproposto due anni dopo, nel 1613, in occasione delle
nozze della figlia di Giacomo I Stuart, Elisabetta.
Non sappiamo esattamente quando sia stata scritta, probabilmente però non prima del 1610
perché evidente è l’influenza del testo di resoconti di viaggio che cominciarono ad essere
particolarmente diffusi soprattutto a partire dagli anni dieci del Seicento.
I personaggi
Il protagonista è Prospero, duca di Milano, padre di Miranda, al quale il fratello Antonio,
d’accordo con il re di Napoli, Alonso, ha usurpato il trono. Prospero e Miranda sono fuggiti
dal ducato di Milano con l’aiuto di un cortigiano fedele e nobile, Gonzalo, e in seguito ad una
tempesta sono approdati su un’isola.
Miranda, la figlia di Prospero, era molto piccola quando ha lasciato il ducato di Milano, di
fatto ricorda pochissime cose della sua primissima infanzia, ha sempre vissuto sull’isola
insieme al padre e di fatto non ha visto essere umano fino al momento in cui un gruppo di
naufraghi giunge sull’isola.
Poi abbiamo i due grandi personaggi di Ariel e Caliban. Ariel è lo spirito dell’aria, servo di
Prospero, che lo libera dalla schiavitù in cui l’aveva ridotto l’originaria padrona dell’isola, la
strega Sicorax. Caliban è anch’egli servo di Prospero, figlio di Sycorax, quindi legittimo
padrone dell’isola secondo soprattutto la sua opinione ma non solo la sua.
Ferdinand è il figlio di Alonso. Il dramma inizia con una tempesta che porta a naufragare
sull’isola il re di Napoli Alonso, il fratello di Prospero Antonio, Sebastian e tutto un gruppo di
nobili di cui fa parte anche Ferdinand il quale a un certo punto incontrerà Miranda, si
innamorerà di lei così come lei si innamorerà di lui, e si piegherà volentieri alla richiesta di
Prospero di obbedirgli mostrargli in questo modo di essere meritevole della mano di
Miranda.
Gli altri personaggi sono Antonio, fratello di Prospero usurpatore. A differenza di Alonso, che
giunto sull’isola appare già pentito di aver contribuito a destituire Prospero, è un
personaggio ancora intossicato dal potere al punto che sull’isola tenta una nuova
cospirazione insieme a Sebastian, fratello di Alonso, per cercare di convincerlo a uccidere lo
stesso Alonso.
Gonzalo è il nobile onesto e leale che ha aiutato Prospero nella sua fuga iniziale, i cui discorsi
accompagnano l’azione.
Poi abbiamo i personaggi comici rappresentati da Trinculo e Stefano, che fanno parte del
gruppo dei naufraghi che approdano sull’isola dopo la tempesta che apre il dramma, che
sono rispettivamente il buffone di corte e un cantiniere ubriaco e costituiscono il
contrappunto comico delle coppie di potenti, tant’è vero che così come i potenti, Sebastian e
Antonio, ordiscono una cospirazione sull’isola, così pure Trinculo e Stefano ordiranno a loro
volta una cospirazione con lo scopo di uccidere Prospero insieme a Caliban che costituisce il
contrappunto comico della cospirazione ordita dai potenti.
Nella scena iniziale del dramma ci sono i nostromi e i marinai che vediamo sulla nave
destinata a naufragare poi sull’isola.
Atto I
Il primo atto si apre con la prima scena e funge da prologo dell’intero play, cioè illustra le
vicende che costituiscono l’antefatto della vicenda che poi si andrà a sviluppare. L’antefatto è
rappresentato da una tempesta che fa sì che naufraghi sull’isola la nave su cui viaggiano
Alonso, Sebastiano, Antonio, Gonzalo e i marinai e il seguito in cui ci sono Stefano e Trinculo.
Prospero e Miranda guardano il naufragio e il primo assicura alla figlia, spaventata, che si
stratta solo di un’illusione e soprattutto che tutti coloro coinvolti nel naufragio saranno tratti
in salvo.
Inizia poi a raccontare la propria storia sua e della figlia, e questo racconto che occupa gran
parte della seconda scena, costituisce quella che, secondo la suddivisione classica delle
opere drammaturgiche, rappresenta la protasi, cioè Prospero racconta a Miranda del loro
passato, di come il fratello Antonio a cui aveva affidato il regno lo avesse usurpato. Prospero
aveva affidato il proprio regno ad Antonio per seguire i propri studi di magia. Ancora una
volta, come in King Lear, ci troviamo al cospetto di un regnante che si macchia di una colpa,
cioè che rinuncia ad esercitare il proprio potere: Lear perché vecchio e malato secondo
quanto lui stesso dice, Prospero per dedicarsi ai propri studi.
Dopo aver ricostruito le vicende del passato, Prospero addormenta Miranda e chiama a sé
Ariel, di fronte alle cui miti proteste, Prospero ricorda anche la sua precedente schiavitù, nel
cavo di un albero, ad opera di Sycorax. Ariel gli chiede di essere liberato anche del servizio
nei suoi confronti e di poter tornare finalmente libero e Prospero, che di Ariel si serve come
una sorta di regista, che collabora con lui a realizzare i prodigi di cui sono oggetto i cortigiani,
perché la stessa tempesta che porta al naufragio della nave è evocata da Prospero grazie
all'esercizio delle arti magiche l’aiuto di Ariel. Di fronte alle richieste di Ariel di ottenere la
libertà, Prospero gli dice che deve collaborare con lui a portare avanti il suo disegno e poi
potrà essere finalmente libero.
Compare, ancora nell’Atto I, l’altro servo, Caliban che maledice Prospero per avergli sottratto
il dominio dell’isola e Prospero lo accusa di ingratitudine in una scena in cui gli ricorda
quanto gli avesse insegnato prima che Caliban tentasse di violentare Miranda.
Infine, nell’Atto I, compare anche Ferdinand introdotto ancora una volta da Ariel che si
innamora di Miranda a prima vista , immediatamente contraccambiato.
Atto II
Nell’Atto II i nobili naufragati si cercano l’un l’altro sull’isola e Gonzalo cerca di infondere
coraggio negli altri, che lo deridono, vantando in un discorso la bellezza dell’isola e la fortuna
di essere sopravvissuti sull’isola. Alonso ha perso di vista Ferdinand, condotto da Ariel da
Prospero e Miranda, e si dispera convinto che sia morto e anche del fatto di aver dato la
propria figlia, Claribel, sposa al re di Tunisi perché il naufragio di cui i cortigiani cadono
vittime avviene durante il viaggio di ritorno che tutti costoro stanno compiendo da Tunisi,
dove si sono recati per assistere alle nozze di Claribel con il sovrano di Tunisi, a Napoli.
Quindi, tutto questo ci spingerebbe a pensare che l’isola su cui approdano sia collocata in un
luogo non meglio precisato del Mediterraneo e che alla luce di queste indicazioni è vero. In
realtà l’isola viene descritta in termini che molto devono ai resoconti dei viaggi nel Nuovo
Mondo che cominciavano a circolare proprio all’inizio del ‘600 e che quindi si caratterizza
per un’ibridità dal punto di vista geografico-culturale. Se è vero che i naufraghi approdano
sull’isola nel viaggio di ritorno da Tunisi, il che fa immaginare che l’isola si trovi nel
Mediterraneo, è pur vero che l’isola viene descritta in termini che rinviano alle terre del
Nuovo Mondo, oggetto dei grandi viaggi di esplorazione geografica che a partire dalla metà
del Cinquecento in poi costituiranno le premesse per l’affermazione della potenza coloniale
inglese.
Nel frattempo ha luogo la prima cospirazione: Antonio cerca di convincere Sebastian a
uccidere Alonso, che si convince, sguainano le spade, Sebastian però ci ripensa, entra
Gonzalo stupito di quanto vede e Sebastian per giustificare di avere il fatto di avere la spada
sguainata dice di aver sentito strani rumori e di averla sguainata per difendersi da eventuali
nemici.
Si incontrano a questo punto Triculo e Caliban, e non capisce bene cosa sia Caliban, questo
mostro se uomo o pesce. Nel frattempo entra anche Stefano ubriaco. Segue un intermezzo
comico, ai personaggi di rango basso è affidata la funzione comica, durante il quale Caliban
venera Stefano come una divinità.
La figlia di Alonso, Claribella, che insieme a Miranda e a Sycorax rappresenta il trio dei
personaggi femminili del dramma, non ce ne sono altri. Sia Claribella che Sycorax sono
soltanto nominate ma di fatto non agiscono mai sulla scena del dramma.
Atto III
Nell’Atto III Ferdinand serve Prospero di buon grado, felice per la vicinanza di Miranda,
continua a corteggiarla e ad adularla e i due decidono di sposarsi, che è esattamente quello
che Prospero voleva. Caliban è felice di essere il servitore di Stefano, che diventa signore
dell’isola, mentre Ariel, invisibile, emissario di Prospero si prende gioco di tutti e tre.
A questo punto abbiamo la scena della cospirazione ordita dai personaggi comici: Caliban
dice di volersi vendicare di Prospero rubandogli il libro di magia grazie al quale compie i suoi
incantesimi di modo che Stefano possa finalmente diventare veramente il signore dell’isola.
A questo punto Ariel inizia a suonare il flauto (la rilevanza della musica) e i tre decidono di
seguire questa musica e rimandano l’uccisione di Prospero.
Alonso continua disperato a piangere la morte del figlio. Antonio suggerisce a Sebastian di
approfittarne per ucciderlo. Entra un corteo di spiriti mentre i nobili si dispongono a
mangiare. Ariel, in forma di arpia, compare sulla scena, fa scomparire il banchetto e accusa
Alonso, Sebastiano e Antonio di aver cacciato Prospero da Milano e dice che la natura si è
vendicata uccidendo Ferdinand nel naufragio. Sebastian e Antonio sguainano le spade
contro gli spiriti, mentre Gonzalo insegue Antonio che vuole annegarsi.
Atto IV
È la scena in cui Prospero benedice l’unione di Ferdinand e Miranda e ordina ad Ariel di
organizzare uno spettacolo nello spettacolo, un masque. Il masque era una forma di
spettacolo che veniva messo in scena presso una corte che veniva messo in scena presso la
corte, che si caratterizzava per la presenza di contenuti di carattere mitologico la cui
funzione era fondamentalmente celebrativa del potere del sovrano e in cui recitavano attori,
che non parlavano mi solo mimavano, ma anche personaggi della corte stessa. Prospero
chiede ad Ariel di organizzare un masque in cui compaiono tutta una serie di divinità pagane
legate alla fertilità, come Cerere e Giunone per esempio. A un certo punto però Prospero
interrompe il masque perché si ricorda che Caliban, Trinculo e Stefano vogliono attentare
alla sua vita. Chiede quindi ad Ariel cosa stiano facendo, appronta una trappola con una
veste appariscente che Trinculo e Stefano vogliono prendere invece di perseguire l’assassinio
di Prospero. La scena si conclude con spiriti in forma di cani che li scacciano.
Atto V
Nell’Atto V, per volere di Prospero tutti i nobili sono imprigionati in un bosco. A questo punto
Prospero ordina ad Ariel di andare a liberarli e, rimasto solo, rinuncia alla magia. Quindi,
libera dall’incantesimo tutti i nobili, perdona Antonio, rivela finalmente ad Alonso che
Ferdinando è vivo e quindi si procede alla riconciliazione finale. Ariel va in cerca di Caliban,
Stefano e Trinculo, che sono messi al lavoro per i divertimenti della serata, Prospero
ritornerà a Milano, non senza aver liberato Ariel.
Il dramma si conclude con un epilogo.
I resoconti di viaggio
La Tempesta, diversamente dalle altre opere di Shakespeare, non rielabora una trama
precostituita presente in altri testi. In realtà, non possiamo parlare di fonti letterarie della
vicenda. La vicenda è inventata di sana pianta da Shakespeare anche su sulla base di una
serie di spunti.
Rilievo ha la letteratura di viaggio come impulso fondamentale della Tempesta. L’ispirazione
più diretta viene, non dalle fonti letterarie, ma proprio dalla letteratura di viaggio che narra
dei viaggi compiuti verso il Nuovo Mondo, le Americhe, da cui trae impulso l’espansione
coloniale inglese. Già nel 1596 Sir Walter Raleigh, il seadog favorito di Elisabetta, va
dall’Inghilterra all’America, scriverà The Discovery of Guiana in cui descrive l’incontro con i
nativi del luogo. Ma un episodio che fece particolarmente clamore e che probabilmente
ispirò Shakespeare è quello che riguarda il viaggio di Sir Thomas Gates in Virginia compiuto
nel 1609. Si ritenne a lungo che la spedizione di Gates fosse fallita vittima di un naufragio. In
realtà, questo naufragio ci fu, Gates naufragò alle Bermude, ma potè poi fare ritorno l’anno
dopo in Inghilterra e di questo soggiorno alle Bermude di Gates e del suo equipaggio ci parla
in una relazione di viaggio Sylvester Jordain, ‘La scoperta delle Bermude, in cui queste isole
vengono descritte come luoghi di straordinaria bellezza, fertilità, dal clima particolarmente
favorevole e in questa relazione si sottolinea il carattere provvidenziale del salvataggio dei
naufraghi dopo un naufragio di questo genere.
Nel 1610 viene pubblicato un altro testo, La dichiarazione autentica sullo stato della colonia
della Virginia, che pure vale la pena di ricordare.
Questi opuscoli insieme a tanti altri resoconti di viaggio in cui si narrava di isole felici,
dell’incontro con indigeni che spesso vengono rappresentati con fattezze mostruose, con
animali sconosciuti che vengono rappresentati anche sotto la forma di animali fantastici,
tutto questo sicuramente contribuí a suggerire a Shakespeare l’idea di un’isola in cui il
confine fra realtà e meraviglio è molto labile, abitata da un mago, Prospero, e su cui si
verificano i prodigi più straordinari.
L’isola è geograficamente collocata nel Mediterrane ma risente nella sua caratterizzazione
delle descrizioni che venivano fatte delle isole del Nuovo Mondo fatte nei resoconti di
viaggio così come un’altra influenza importante (discorso di Gonzalo dell’Atto II) è
rappresentata dai saggi di Montaigne, in particolare di uno in cui parla dei cannibali.
Relazione tra le parole di Gonzalo per consolare i suoi compagni magnificando le virtù
dell’isola sulle quali sono naufragati e le parole di Montaigne in questo saggio.
La letteratura di viaggio, particolarmente ricca all’inizio del Seicento, ha costituito una fonte
fondamentale per Shakespeare nell’immaginare la situazione dell’isola abitata da un gruppo
di naufraghi e quindi poi tutta la vicenda che si sviluppa nella tempesta e a questo proposito
il testo ci fornisce delle indicazioni geografiche relativamente alla collocazione dell’isola.
Sappiamo che il re di Napoli Alonso e il suo seguito naufragano per effetto della tempesta
provocata dalle arti magiche di Prospero durante il viaggio di ritorno da Tunisi. Questo
naturalmente ci consente di collocare l’isola nel Mediterraneo. È pur vero che nella
definizione delle caratteristiche dell’isola è evidente l’influenza dei resoconti di viaggio nelle
terre del Nuovo mondo che cominciavano ad essere esplorate e, quindi, di fatto l’isola è una
realtà complessa e ibrida dal punto di vista geografico, culturale e mitografico appunto e in
questo senso si definisce come uno spazio poetico che è anche al di fuori dello spazio e del
tempo propriamente detti.
Diversamente dalle altre opere di Shakespeare la vicenda che viene messa in scena nella
Tempesta non è ripresa da una fonte letteraria o storica preesistente, cosa che avviene per
quasi tutte le altre opere di Shakespeare. Quindi, la vicenda è frutto dell’immaginazione di
Shakespeare. Un’immaginazione però che viene nutrita da una serie di letture che fungono
da spunti immaginativi suggerendo una serie di situazioni, elementi che noi poi ritroviamo
nella Tempesta. Per esempio c’è un dramma che all’epoca ebbe un enorme successo che
alcuni hanno voluto attribuire a Shakespeare anche se la critica shakespeariana non
concorda in quest’attribuzione, questo dramma è Mucedorus, e in questo dramma figura un
personaggio, Bromio un selvaggio, che sembra avere alcuni tratti in comune con quello di
Caliban.
L’altro spunto immaginativo potrebbe essere costituito dalla Commedia dell’Arte, in
particolare da una chiamata I Tre Satiri in cui i lazzi di Zanni e Burattino, che sono naufraghi
su un’isola dominata da un mago, ricordano le figure di Stefano e Trinculo e la situazione
stessa dell'isola governata da un mago.Non è detto che Shakespeare conoscesse
direttamente il canovaccio di questa commedia. È pur vero però che le commedie della
tradizione della commedia dell’Arte avevano una circolazione molto ampia in Europa quindi
è probabile che qualcosa gli fosse arrivata e che potesse aver tratto spunto da questa
commedia.
Un altro spunto è costituito dai masque, che costituiscono un genere teatrale del teatro di
corte, in particolare di quello giacomiano, che vede la sua consacrazione durante il regno di
Giacomo I Stuart grazie soprattutto alla figura di Ben Johnson, autore di masque e che per
volontà del sovrano e della regina Anna, si impegnò molto nella promozione di questo
genere di spettacolo di corte al quale i cortigiani stessi partecipavano in funzione di attori e
la stessa regina vi partecipava concepiti per lei da Ben Johnson. In particolare, il masque al
quale Shakespeare sembra richiamarsi nella Tempesta è quello chiamato Hymenaei,
rappresentato a corte nel 1606, un masque nuziale come sarà quello che incontriamo
nell’Atto IV quando Prospero chiede ad Ariel grazie ai suoi spiriti di mettere in scena appunto
uno spettacolo nello spettacolo, motivo questo del teatro nel teatro che ritroviamo per
esempio in Amleto, in cui gli spiriti convocati da Ariel assumono le sembianze di tre dei
(Iride, Cerere e Giunone). Si tratta di un masque nuziale che celebra la fertilità e che
costituisce un omaggio all’unione di Ferdinand e Miranda.
Un altro riferimento sicuramente importante per The Tempest è rappresentato dai saggi di
Montaigne, che erano stati tradotti in inglese da John Florio, che costituiscono uno dei testi
fondamentali della cultura rinascimentale europea tout court e che sicuramente
Shakespeare conobbe nella versione di Florio. In particolare, il riferimento è a un saggio che
Montaigne dedica ai cannibali, cioè ai nativi delle nuove terre che cominciavano ad essere
esplorate grazie ai viaggi di esplorazione verso il Nuovo mondo. Questo saggio sui cannibali
rappresenta sicuramente un’ispirazione importante per il discorso che nell’Atto II il nobile
Gonzalo rivolge agli altri cortigiani, in cui prospetta una sorta di un’utopia sociale che rinvia
in maniera molto evidente ad un passo specifico del saggio di Montaigne sui cannibali.
L’altro spunto è rappresentato ancora dalle Metamorfosi di Ovidio, tradotte in inglese da
Arthur Golding. C’è un passo delle Metamorfosi presente nel settimo libro di cui è
protagonista Medea, nelle vesti di maga, che invoca gli spiriti della notte per aiutarla nei suoi
incantesimi. Le parole che Prospero pronuncia nella prima scena del quinto atto, in cui
dichiara di voler rinunciare all’arte magica, sembrano rinviare alla parole con cui Medea si
rivolge agli spiriti della notte.
I nomi
Anche in nomi nella Tempesta suggeriscono una serie di rimandi intertestuali che hanno
nutrito l’immaginazione di Shakespeare.
Un’altra caratteristica del dramma è la presenza di nomi che hanno una funzione allusiva e
simbolica e che a loro volta rinviano a una trama di rimandi intertestuali.
Il primo di questi nomi è proprio quello di Miranda. Miranda rinvia al verbo latino mirare
(‘ammirare’, ‘stupirsi’). Miranda è vissuta sempre sull’isola, se non per la primissima infanzia
di cui ha un ricordo molto sfocato, ed è anche lei una sorta di incarnazione del buon
selvaggio: guarda al mondo con meraviglia. Non solo. Miranda assiste al dramma che viene
messo in scena grazie alle arti magiche del padre e il suo ruolo rinvia a quello anche dello
stesso spettatore che condivide con lei una medesima posizione, cioè quella di chi guarda
alle magie attraverso cui Prospero da corpo al dramma.
L’altro nome è quello di Ariel. Ariel è un nome, non inventato da Shakespeare, ma che
compare nella Bibbia, in particolare nel libro di Isaia, dove ha un doppio referente: cioè
indica la città di Gerusalemme, ma anche uno spirito dell’aria e in questo senso il rimando al
personaggio shakespeariano è evidente.
Poi c’è Caliban, parola che rappresenta un’anagramma di canibal e quindi è evidente quale
possa essere la valenza di questo nome.
Anche il nome di Prospero non è inventato da Shakespeare. Probabilmente Shakespeare
deriva questo nome dalla History of Italy di William Thomas in cui si parla di un duca di
Genova, Prospero Adorno, contro cui i milanesi, sospettosi per gli accordi che questo duca
aveva stretto con Ferdinando re di Napoli, tramano. Quindi, una situazione che rinvia a
quella della Tempesta.
I due nomi di Prospero e Stefano ritornano anche nella commedia di Ben Johnson, Every
Men Out of his Humour mentre Trinculo è il nome che descrive il personaggio che tende a
ubriacarsi e da trincare.
I nomi di Sebastian, Antonio, Gonzalo e anche Ferdinando derivano dal testo History of
Travail di Robert Eden (1577). Da questo testo Shakespeare deriva anche il nome del dio
demonio Setebos che è il padre di Caliban citato in un passo di The Tempest.
Sycorax la strega, infine, nome della madre di Caliban, deriverebbe dal greco sus, porco, e
korax, corvo.
Le unità aristoteliche
Una delle caratteristiche della Tempesta, per esempio se la confrontiamo con il King Lear,
vediamo come ha una struttura drammaturgica molto più compatta. In King Lear non
abbiamo il rispetto delle unità aristoteliche (tempo, luogo e azione), come quasi mai
abbiamo in Shakespeare, e invece nella Tempesta vengono rispettate rigorosamente al di là
della prima scena I del primo atto, che funge da prologo, cioè quella che si svolge sulla nave
che sta per naufragare. Tutta la lunga sequenza scenica che segue si svolge sull’isola in un
arco temporale di circa tre ore come viene ripetutamente detto nel corso del dramma, cioè
ci sono riferimenti precisi al tempo a disposizione di Prospero per mettere in atto il suo
disegno. Si tratta appunto di tre ore che guarda caso corrispondono esattamente alla durata
della messa in scena a teatro. Questo naturalmente è uno degli elementi che hanno
contribuito a suffragare una delle interpretazioni anche più condivise di questo testo, cioè
quella che guarda alla Tempesta come a un dramma con una forte dimensione
meta-teatrale: il mago Prospero che, grazie alle sue arti magiche, crea sull’isola un’azione
drammatica, rinvia naturalmente alla figura del drammaturgo stesso che da vita al dramma.
I personaggi
I personaggi possiamo vederli organizzati in tre gruppi:
2. L’altro è rappresentato dal gruppo dei cortigiani all’interno del quale riconosciamo un
polo negativo, rappresentato da Sebastian, il fratello malvagio del re di Napoli
Alonso, e un polo invece positivo, rappresentato dal nobile Gonzalo, colui il quale
garantirà a Prospero e a Miranda la sopravvivenza perché quando questi saranno
cacciati dal proprio regno fornirà loro tutto ciò di cui hanno bisogno per poter
sopravvivere.
3. L’ultimo è rappresentato dai personaggi comici in cui ritroviamo i due clown, cioè
Stefano e Trinculo, che sono guidati da Caliban.
Questi tre gruppi di personaggi li vediamo comparire sulla scena sempre separatamente nel
corso di tutto il dramma e soltanto nell’ultima scena del dramma si congiungeranno sulla
scena a significare anche visivamente la ritrovata conciliazione.
La struttura
Dal punto di vista della struttura, quella della Tempesta è una delle opere più lineari di
Shakespeare. L’unico confronto possibile è quello con l’Othello.
La prima scena, quella a bordo della nave, in cui vediamo agire la ciurma guidata da
Nostromo, ha una funzione di prologo.
Mentra la prima parte della seconda scena, in cui Prospero narra a Miranda la storia di cui
non ha contezza, rappresenta quella che secondo la tripartizione del dramma in età classica,
rappresenta la protasi, cioè la premessa, la prima parte da cui muove l’azione drammatica.
Così come la prima scena rappresenta il prologo, secondo una simmetria di struttura
ritroviamo a concludere il dramma un epilogo che rappresenta il terzo finale del dramma
potremmo dire.
Al centro del dramma la lunga sequenza dell’azione con le vicende dei naufraghi regali in cui
fondamentale è l’intervento di Ariel in cui figurano i personaggi dei clown accompagnati da
Caliban. Tutto questo ha la funzione di epitasi, sempre secondo la classica suddivisione del
dramma, cioè nodo centrale dell’azione drammatica.
La terza parte del dramma, quella in cui l’azione sviluppata rappresentata sostanzialmente
dal terzo e quarto, è quell’azione iniziata in precedenza nell’epitasi si sviluppa e si intensifica.
E poi abbiamo una serie di elementi che suggeriscono come la legge della simmetria governa
tutto il dramma.
Per esempio, potremmo dire che l’utopia di Gonzalo nel secondo atto trova un suo
corrispettivo comico nell’utopia buffonesca di Stefano nella seconda scena del terzo atto,
così come la cospirazione ordita ai danni di Alonso da parte dei nobili, Sebastian in primis e
Antonio, trova un suo corrispettivo comico nella cospirazione ordita da Stefano e Trinculo,
guidati da Caliban, ai danni di Prospero.
A proposito della regolarità della struttura Melchiori ancora ha osservato che se attribuiamo
delle lettere ai tre gruppi di personaggi, (A: Prospero, Miranda, Ariel, Ferdinand; B: i
naufraghi regali e Ariel; C: i clown, Stephano e Trinculo, e Caliban) vediamo che tutta l’azione
del dramma, quindi escludendo la protasi e catastrofe, cioè la parte conclusiva, si struttura
secondo un gioco di simmetrie per cui la sequenza delle scene risulta essere questa:
A-B-C-A-C-B-A. Questo schema è stato estrapolato dalla lettura del dramma per mettere in
evidenza la geometria che governa la presenza sulla scena dei diversi gruppi di personaggi.
Il linguaggio
Per quanto riguarda il linguaggio, comprende una ricca varietà di registri: si va dal lirico,
narrativo, tono colloquiale, buffonesco nelle scene comiche. A questa varietà corrisponde
però la ricorrenza di una serie di parole chiave, che conferiscono unità alla trama linguistica
del testo. Queste parole riguardano fondamentalmente i quattro elementi (aria, terra, acqua
e fuoco). Una parola è art, con tutti i suoi plurimi significati. Un’altra è cell che nel testo
vediamo tradotto come ‘caverna’, è la caverna di Prospero. è però anche la cella, la cella
dell’esiliato che è prigioniero dell’isola. è anche lo studio del mago. Lìaltra parola cardine è
freedom, alla libertà aspira Ariel. Poi, un’altra parola chiave è brave, in italiano vediamo
tradotta in molti modi diversi, per esempio c’è questa famosa esclamazione di Miranda che,
al cospetto dei naufraghi quando per la prima volta vede tutti costoro, viene tradotta come
bello. in realtà brave acquista significati plurimi. Shakespeare sempre, tanto più qui, gioca sul
carattere polisemico del linguaggio. Brave significa valente e coraggioso ma anche
appariscente, vistoso. Il significato di valente e coraggioso è usato soprattutto da Prospero
nei confronti di Ariel e da Trinculo nei confronti di Caliban e da Caliban nei confronti di
Stefano. Nella seconda accezione, cioè di vistoso e appariscente, viene utilizzato per
descrivere gli stracci indossati dai clown. e poi abbiamo il termine che si rivela in tutta la sua
ambiguità e polivalenza nell’esclamazione di Miranda, ‘’A brave new world’’, che verrà
ripresa da un autore del Novecento, Huxley, autore di un grande romanzo distopico, ‘’Brave
New World’’, dove in quel caso il brave new world si riferisce per nulla alla visione mirabile
che ha Miranda, ma piuttosto a un universo distopico qual è quello che Huxley rappresenta.
v. 2: welking’s cheeck: idea del mare come delle gote, una sorta di personificazione.
vv. 5-6: Miranda, come emblema della pura innocenza, che pur non avendo mai avuto
rapporto con altri esseri umani, nel vederli soffrire soffre insieme a loro.
vv. 16-17: Qui viene sottolineato questo tratto di Miranda come uomo naturale, la sua
inconsapevolezza di non sapere chi e cosa è perché presume che lei non ricordi le proprie
origini.
vv. 24-33: Ѐ arrivato il momento in cui Prospero la informi ulteriormente affinché Miranda
esca dall’età dell’infanzia, e quindi dell’innocenza, e entri in quella dell’esperienza.
Fino a quel momento ha tenuto il mantello perché ha dovuto provocare la tempesta grazie
alle proprie arti magiche. Adesso se ne spoglia e inizia a raccontare, ed è qui che inizia la
cosiddetta protesi, quello che è successo prima dell’azione scenica e che ne costituisce la
premessa. Una sorta di rito di passaggio quello che vediamo qui rappresentato dall’infanzia,
l’età dell’innocenza, a quella dell’esperienza. Rito di passaggio che ha luogo attraverso l’uso
della parola di Prospero.
vv. 53-56: Abbiamo una serie di indicazioni temporali: Miranda ha lasciato il ducato di
Milano che aveva poco meno di tre anni e, qui, Prospero ci dice 11 anni fa, quindi Miranda
ora ne ha quindici.
vv. 83-85: Cioè manipolò la corte in modo tale da guadagnarsi la fiducia e il consenso di tutti
inimicandoli a Prospero e perseguire il suo disegno di potere.
rr. 88-93: Quindi, Prospero si attribuisce la responsabilità di aver risvegliato nel proprio
fratello una natura malvagia, di aver trascurato il bene dello stato per perseguire i propri
obiettivi personali. C’è un’opposizione tra dimensione pubblica e privata.
rr. 111-16: Si accorda con il re di Napoli circa il l'omaggio da rendergli, cerca il fatto di
sottomettere la sua coronet (‘corona ducale’, v. 114) parola già vista utilizzare in King Lear,
quando il re da le corone a Cornwall e Albany. L’uso della parola non è casuale, qui
contrapposta a crown (corona regale) quella del re di Napoli. Quindi, Antonio è
doppiamente colpevole: da un lato usurpa il potere del fratello Prospero, il quale a sua volta
si è macchiato della colpa di aver abbandonato il regno affidandoglielo e fidandosi di lui
essendo ancora una volta incapace di leggere, dall’altro assoggetta per la propria sete di
potere fa un patto col re di Napoli e assoggetta il ducato di Milano al regno di Napoli. Ducato
che fino ad allora era stato libero.
rr. 163-66: Prospero ricorda come fosse stato un nobile napoletano, Gonzalo, a fornire loro
tutto ciò di cui avevano necessità: suppellettili, vesti ma anche a fornire Prospero dei suoi
libri. Qui sottolinea ancora una volta la colpa di Prospero, di quanto tenesse a cuore più i
suoi libri che il suo ducato.
Vede che si sta addormentando. Il sonno nel dramma ha una funzione fondamentale: il
sonno e la veglia sono strumenti attraverso cui i personaggi entrano ed escono dall’azione
drammatica, qui Miranda esce dall’azione drammatica addormentandosi. Il sonno rimanda
poi anche alla dimensione del sogno e a quella che era un tema molto presente in tutta la
letteratura rinascimentale e poi barocca, quella secondo cui la vita è un sogno secondo il
titolo di un famoso dramma di Calderon della Barca, dove si afferma che l’intera vita è sogno
e illusione, tema che ritroviamo anche in The Tempest.
Compare Ariel, che ha messo in atto la tempesta, che chiederà a Prospero di liberarlo, dopo
aver ancora una volta servito i suoi scopi.
r. 269: blue-eyed è un eufemismo che all’epoca si usava per indicare le donne incinte (non si
sa il perché).
Precedentemente Ariel ha informato Prospero che tutti i naufraghi sono in salvo e che sono
stati divisi in gruppi: da una parte Ferdinand, che deve incontrare miranda secondo il
disegno di Prospero e che di lei dovrà innamorarsi, dall’altra i nobili e poi Stefano e Trinculo.
Scambio di battute tra Prospero e Caliban che illustra le modalità attraverso cui si realizza la
loro relazione e ci aiuta a comprendere anche come questo rapporto, nella lettura coloniale
del dramma, è stato letto come un rapporto tra colonizzato e colonizzatore, dove Caliban
rivendica il proprio diritto alla proprietà dell’isola, accusa di fatto Prospero di aver usurpato il
suo potere.
rr. 321-24: Inizia a maledirlo. A south-west blow (‘vento del Sud’, r. 323) che all’epoca si
diceva allora fosse il vento che portava la peste.
rr. 330-44: Qui c’è la rivendicazione del diritto da parte di Caliban. Qui, si allude anche alla
funzione civilizzatrice di Prospero. Lo maledice.
rr. 363-65: Qui Caliban riconosce che Prospero gli ha insegnato il linguaggio, quindi lo ha
iniziato alla civiltà, l’ha reso umano. Ciò che ci rende umani e ci distingue dalle bestie è
appunto l’uso del linguaggio.
r. 366: Hag-seed è il titolo di una delle ultime riscritture della Tempesta in chiave
contemporanea, seme di strega, che privilegia la lettura in chiave neocoloniale ma anche
quella meta-teatrale del dramma che è stata fatta da una scrittrice canadese, Margaret
Atwood, che ha proposto una riscrittura della Tempesta all’interno di un progetto editoriale
nel 2016, in occasione dei 400 anni dalla morte di Shakespeare, invitando una serie di
scrittori a proporre delle riscritture dei testi shakespeariane, una di queste è appunto il
romanzo Hag-seed.
rr. 375-80: Prima canzone di Ariel, quella con cui guida Ferdinand e ha la chiara funzione di
anticipare ciò che poi succederà.
Ferdinand sente dei suoni e non capisce quale sia la provenienza perché Ariel è invisibile a
suoi occhi.
rr. 396-402: Altra canzone di Ariel, che introduce altro tema, della metamorfosi, la canzone
con la quale Ariel fa credere a Ferdinand che il padre sia morto. Padre si è trasformato in
corallo: vita che non muore ma genera nuova vita, tema sotteso a tutto il dramma.
ATTO II
Scena I
Compaiono sulla scena i naufraghi e Gonzalo, il nobile napoletano e abbiamo subito la
contrapposizione tra Antonio e Sebastian, che si prendono gioco delle parole di Gonzalo e
quindi immediatamente si definiscono per i loro tratti malvagi. Qui Gonzalo per consolare i
naufraghi sull’isola prende a cantarne le lodi, a metterne in evidenza le qualità in un
discorso.
Gonzalo pronuncia questo discorso tra il serio e il faceto, sembra quasi che scherzi anche,
ma disegna una società utopica in cui non esiste proprietà privata, una sorta di ritorno all’età
dell’oro in cui gli uomini vivono in pace allo stato di natura.
Leggendo questi versi i riferimenti intertestuali sono numerosi. Uno è rappresentato
sicuramente dal saggio di Montaigne sui cannibali. Saggio in cui Montaigne ribalta quella
che è la normale visione del nativo in quanto ridotto alla condizione di natura, assimilato alla
dimensione animale, per invece proporre una lettura di segno diverso. Montaigne sottolinea
come, per esempio, la violenza nei cannibali abbia una valenza ben diversa dalla quella
perpetrata dagli europei. Il riferimento, nel caso del saggio, è alle guerre di religione che
insanguinarono l’Europa nel corso del Cinquecento quando per esempio dice:
“Possiamo dunque ben chiamarli barbari i popoli dei nuovi mondi che stiamo scoprendo. se
li giudichiamo secondo le regole della ragione, in questo senso s’ ma non possiamo chiamarli
barbari se li confrontiamo con noi stessi, perché noi li superiamo in ogni barbarie. La loro
guerra è abile e generosa e ha tutte le giustificazioni e tutta la bellezza che può avere questa
malattia dell’umanità, tra loro essa non ha altro fondamento che la passione per il valore.
Non lottano (questo è il passo che rimanda a quello che abbiamo letto qui) per la conquista
di nuove terre perché godono ancora di quella ubertà naturale che li provvede senza lavoro
e senza fatica di tutte le cose necessarie con tale abbondanza che non hanno alcun interesse
ad allargare i loro confini e sono ancora alla felice situazione di desiderare solo quel tanto
che le loro necessità naturali richiedono, tutto quello che va aldilà è superfluo per loro.
Questi lasciano ai loro eredi in comune il pieno possesso dei beni, senz’altro titolo che quello
puro e semplice che la natura dà alle loro creature mettendole al mondo.”
Sono evidenti gli echi di questo passo nella visione qui di Gonzalo. Ma non mancano anche
echi biblici. Dio dirà, dopo la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre: ‘’tu lavorerai
con sudore, tu partorirai con dolore’’. Nell’Utopia di Gonzalo invece si dice: “senza sforzo e
sudore”.
Quindi, i rimandi intertestuali di questo passo sono numerosi.
ATTO IV
Scena I
Il primo finale lo troviamo nel IV Atto, vv. 146-163 quando Prospero interrompe il masque
nuziale che aveva incaricato ad Ariel di mettere in scena perché si ricorda che Caliban,
Stefano e Trinculo stanno attentando alla sua vita.
v. 149: chiama le divinità Cerere, Iride e Giunone che hanno partecipato al masque proprio
attori per sottolineare la metafora teatrale.
vv. 156-157: Qui, in questo celeberrimo verso, ritorna il tema del sonno e del sogno come
metafora della vita stessa. La nostra vita è un sogno, è circondata da un sonno.
Qui, Prospero smette i panni del mago artefice, che domina, ma veste quelli dell’uomo
ormai anche stanco e c’è stato chi ha voluto qui vedere nella Tempesta anche il congedo di
Shakespeare drammaturgo dal teatro attraverso la figura di Prospero. Sembra che qui
Shakespeare stesso parli attraverso le parole di Prospero presentandosi come appunto ormai
stanco.
Questo è un primo congedo dalla scena di Prospero. Prospero ferma lo spettacolo del
masque che lui stesso ha voluto mettere in scena, perché si ricorda della congiura, e si
rivolge a Ferdinand con queste parole che abbiamo letto, in cui al centro è la metafora della
vita come sogno e anche l’assimilazione del teatro alla vita quando dice: "dilegueranno le
torri…non lasceranno orma (vv. 152-157).
ATTO V
Scena I
L’altro finale è quello in cui Prospero depone definitivamente la magia, nell’Atto V, scena I, v.
34-54 quando Prospero dà ordine ad Ariel di andare a prendere tutti i naufraghi.
v. 34: Qua, si rivolge agli spiriti della terra che lo hanno aiutato.
Prospero si ripromette ora di concludere i suoi incantesimi e una volta ottenuto il suo scopo,
cioè la riconciliazione (ciò che era iniziato come un dramma di vendetta diventa di
riconciliazione e rinascita), abbandonerà la magia.
(Simmetria struttura, Prospero inizia l’opera con il racconto degli avvenimenti a Miranda, lo
termina con un racconto ad Alonso e il resto dei personaggi).
Epilogo
L’epilogo è al centro delle questioni circa l’interpretazione dell’intero lavoro in senso
allegorico-biografico, a Prospero come drammaturgo che abbandona l’arte magica, cioè il
teatro, o come apologia di Giacomo I forse, però, con scarso desiderio di divulgarne la
notizia più del necessario. Giacomo I, il sovrano che regnava quando la Tempesta fu
rappresentata, scrisse un trattato sulla demonologia, era un cultore di esoterismo quindi è
stata letta come omaggio alla figura del sovrano. Tutto l’epilogo può essere letto
indipendentemente, cioè come la convenzionale conclusione, una richiesta di applausi,
imposta dal costume.
v. 1: charms, cioè l’incantesimo del pubblico che ancora vuole assistere allo spettacolo e
quindi ancora vuole tenere Prospero ancora prigioniero della scena.
Il congedo dalle scene del drammaturgo che chiede un ultimo spettacolo al pubblico e
chiede appunto che non lo lasci ancora imprigionato sulla scena, che lo lasci libero di
abbandonare il teatro, di congedarsi dal teatro.