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Galdós in Tristana sembra raggiungere anche quella piú severa economia di racconto che manca in quasi

tutti gli altri romanzi dove i dati si affollano fino alla prolissità nei lunghi periodi frondosi con l'intenzione di
comporre un inventario esauriente del mondo. Qui invece attraverso preziose notazioni psicologiche si
tende a comporre un'immagine essenziale della condizione imperfetta e dolorosa dell'uomo. Galdós cerca
cosí nel teatro condensazione e oggettività assoluta, forse per sfuggire alla crisi della forma narrativa
evidente nei suoi ultimi romanzi; Certo è che con Galdós effettivamente cominciò un teatro moderno
spagnolo. scrisse una ventina di drammi. Si tratta per la maggior parte di adattamenti dei suoi romanzi;
alcuni sono invece testi originali. Restava in Galdós scrittore di teatro l'ottica estensiva del narratore nei
lunghi dialoghi non sempre essenziali e nell'abbondanza di particolari descrittivi. La scelta e l'esempio di
Galdós furono di stimolo allo sviluppo del romanzo. La sua opera costituisce anche lo spartiacque tra due
generazioni e due tipi di narratori: una prima legata ancora ad esperienze letterarie precedenti, e una
seconda piú nettamente influenzata dalle poetiche della seconda metà dell'Ottocento.

Su di una linea evidentemente post romantica si muove Pedro Antonio. de Alarcón (Guadix 1833 - Madrid
1891). Egli preferí gli ambienti popolari andalusi, o quelli aristocratici, alle classi medie ed ebbe una
concezione moralistica e idealizzante del romanzo.

Dalla trasposizione del costumbrismo nell'ambiente regionale prese le mosse José María de Pereda, Nato
ma una famiglia di agiati « hidalgos » di provincia, vedeva la tradizione come compendio di valori immobili
fu il suo orizzonte e la sua ideologia. Attraverso questi romanzi fortemente ideologici Perera si era andato
costruendo una formula narrativa, quella che lui chiamerà « eclóga realista »: l'idillio della vita rurale viene
interrotto da un conflitto provocato dal « nuovo », dalle mi minacce della vita moderna, dalla politica,
dall'ateismo; alla fine si ricompone l'idillio nel quadro dell'immobile e sereno paesaggio.

Un posto assolutamente a parte nella storia del romanzo e in generale nella letteratura spagnola del XIX
secolo, occupa Quan Valera. Unico scrittore dell'Ottocento spa- gnolo ad avere una solida educazione
classica. Valera fu un critico fine e un romanziere colto e uno scrittore raffinato (ma non avrà mai la forza
creativa di un Galdós). Restò cioè inchiodato a quel « giusto mezzo », a quell'equilibrio che egli invano
predicò in un tempo di violente contraddizioni e di necessarie drastiche a cogliere gli aspetti positivi di tutto.
Una tale personalità di scrittore doveva avere idee molto particolari sul romanzo infatti per lui è un'opera di
immaginazione e divertimento, in cui le cose devono essere rappresentate piú belle di quello che sono
comunemente, sottoposte cioè a un processo di idealizzazione.

Questa intensa stagione della narrativa spagnola si chiude con l'opera di uno scrittore di alto livello morale e
intellettuale come Leopoldo Alas, « Clarín ». Nacque a Zamora, ma da famiglia asturiana, nel 1852. Studiò a
Madrid dove subí pro- tuale progressista e repubblicano cui resterà fedele tutta la vita. Visse gran parte
della vita nella sua Oviedo, e lí fu professo- re di diritto dal 1883. Fu in questo senso il primo scrittore
spagnolo che riusci ad esercitare un'influenza in tutto il paese da una posizione periferica. Scrisse molti
racconti ma è nel suo grande romanzo La Regenta, che si manifesta una costante ca- pacità di arricchire le
tecniche ricevute in una inquieta volontà di ricerca. Il romanzo ha vari centri di interesse e si apre pro- prio
per la sua ricchezza a varie interpretazioni: è da una parte la storia di una città, Vetusta/Oviedo; è la
denuncia della vo- lontà di dominio del clero spagnolo (incarnato in don Fermín de Pas); è l'analisi della
personalità femminile repressa. È quin- di insieme romanzo d'ambiente, a tesi, romanzo psicologico.
L'intreccio è una storia di adulterio, ma non il classico triangolo bensí un quadrilatero infernale: Ana Ozores,
esempio appunto dello sdoppiamento tra desiderio di affetto e frustrazione, tra isterismo e misticismo;
Víctor, il marito e Alvaro Mesia, un don Giovanni e don Fermín de Pas, il prete filisteo e prevaricatore,
dominato dalla madre e desideroso di dominare, il quale prima come confessore di Anna cerca di esercitare
su di lei il suo potere, poi inna- moratosi di lei e geloso di Mesía (che nel frattempo e divenuto l'amante
della sempre piú incerta e isterica Anna) scatena con le sue pressioni la catastrofe finale: don Víctor muore
in uno squallido duello. Intorno ai quattro personaggi principali Clarin disegna una folla di personaggi
minori, tutti segnati dalla inau- tenticità e banalità.
L'ultimo decennio del secolo Ala fu caratterizzato, in tutte le letterature, dalla ricomparsa del soggettivismo
e del pessi- mismo che già nel romanticismo erano stati il segno di una fase crítica nei rapporti tra scrittore e
società, Ricompaiono, però, non piú nelle forme de sentimentalismo e del titanismo, ma in quelle
dell'estetismo, dell'esotismo, del sensualismo esasperato; insomma nelle forme della fuga dal presente e
del ri- piegamento o all'indietro nel tempo o all'interno della psiche ° verso mondi lontani. Anche nella
letteratura spagnola del- l'ultimo decennio dell'Ottocento matura un fenomeno simile. Anche in Spagna tali
atteggiamenti esprimevano il disagio profondo in cui si veniva a trovare lo scrittore in un periodo in cui
l'accelerazione dello sviluppo industriale e tecnologico trasformava disordinatamente il mondo con cri- teri
e ritmo incontrollabili, accresceva la divisione del lavoro frantumando quindi vecchi rapporti tra l'uomo e le
cose e degli uomini tra loro, privilegiava in modo sempre più esa- sperato, all'interno dei rapporti
capitalistici di produzione, il criterio dell'efficienza e del profitto. Lo scrittore si trovava cosí stretto in una
violenta contraddizione tra la sua origine socia- de, per lo piú borghese, e la sua collocazione sociale,
sempre piú professionalizzata e isolata. fronte a un mondo estraneo e incomprensibile. Nacque cosí un
nuovo gusto - il gusto dell'inaudito, dello stravagante, del nuovo, del paradossale, dell'esotico, del me-
raviglioso, del labirintico -; si impose soprattutto, la ricerca di un nuovo linguaggio. La poesia fu
naturalmente il luogo pri- vilegiato di questa ricerca, officina di sondaggi su tutti i poteri magici, suggestivi e
creativi della parola rivendicati contro la necessaria convenzionalità del linguaggio quotidiano; si cer- carono
preziosi effetti di musicalità. Anche nel teatro e nel romanzo le trasformazioni sono pro- fonde: lirismo e
intimismo sostituiscono il realismo ottocente- sco; il romanzo si accosterà al saggio, alla musica, alla divaga-
zione pura; il teatro vedrà una ripresa del verso e un grande arricchimento dei contatti con la musica, la
danza, le arti figurative eccetera. Fu insomma una vera rivolta contro il naturalismo, il reali- smo, il
positivismo. Per la prima volta infatti anche in Spagna il nuovo gusto e la nuova poetica si diffusero quasi
contemporaneamente rispetto alle altre lette- rature. Ma soprattutto per la prima volta i risultati di questo
pro- cesso di rinnovamento ebbero carattere di piena, originale auto- nomia e raggiunsero valori tali da
aprire un periodo - quello che si chiude con la tragedia della guerra civile - in cui la let- teratura spagnola
arrivò ad esercitare un'influenza sulle altre letterature, europee e latinoamericane. E in questo senso a buon
diritto si è parlato di un nuovo Siglo de oro. L’affascinante originalità della letteratura spagnola del
novecento - fu anche il frutto di una felice cir- costanza storica: posti dallo sviluppo iniziale dell'industria pe-
sante e del capitalismo finanziario di fronte ad una accelerazione e trasformazione dei rapporti sociali
particolarmente violenta; immersi però in una società la cui struttura restava agraria e quindi
sostanzialmente, arcaica e la cui cultura era rimasta « diversa » per tanti secoli, gli scrittori spagnoli si tro-
varono, ad occupare un posto di osservazione particolarmente interessante. Agevole fu per esempio per
alcuni di loro cogliere l'effetto deformante provocato dalla diffusione dei nuovi rap- porti tra città e
campagna; piú disponibili erano nel complesso a ritrovare al di là della retorica progressista temi come
l'amo- re, la libertà istintiva, la morte che erano stati spesso accanto- nati dalla cultura europea. Il rinnovato
e autonomo fervore di attività è stato appunto definito decadentismo, però, ebbe il sopravvento sin dai
primi anni - per indicare la prima fase del 'Novecento spagnolo il termine di provenienza latinoamericana «
modernismo ». Solo sul finire degli anni '60 la crítica ha cominciato a mettere in luce i molti e gravi equivoci
che si celavano dietro di essa, e soprat- tutto dietro un suo uso indiscriminato e generico. In primo luogo.
Tale formula tendeva a separare quello che accadde nella letteratura spagnola da quello che accadeva in
Europa e in America Latina. Soprattutto è stato rilevato che la formula ha un suo fondamento di verità solo
in fenomeni di ordine sociologico e ideologico - e cioè il confuso radicalismo anar- chicheggiante o
socialisteggiante che si riscontra in alcuni gio- vani scrittori di origine piccolo o medio borghese negli anni di
fine secolo (per esempio in Baroja e Azorín, e in qualche modo in Unamuno, ma non in Valle-Inclán o in
Machado). Di « modernismo », invece, come termine indicante appun- to un nuovo gusto e una nuova
poetica - e solo in questo sen- so alternativo e forse piú adeguato rispetto a quello di de- cadentismo che ha
però il vantaggio di essersi affermato un po' in tutte le letterature.
Lo scrittore che interpretò la scelta del rifiuto e la tematica nazionalista e apocalittica del decadentismo fu
Gavinet. In lui si genera una crisi e una critica: inizio della crisi di depersonalizzazione e disgregazione che lo
porterà al suicidio. Una critica che si inseriva in una tradizione culturale spagnola quella dell’anticapitalismo
romantico ma con particolare violenza in Gavinet. Dall’assoluta mancanza di illusioni sul presente e
dall’assoluta mancanza di senso del futuro nascono la tragedia e anche la lucidità di Gavinet. Gli restava
infatti solo il passato da vagheggiare come sede dei valori perduti.

Unamuno fu il primo scrittore spagnolo che dopo secoli riuscì a imporsi a livello europeo ed è anche lo
scrittore che riuscì a partecipare con tanta intensità alla vita del suo tempo e del suo paese. Scrisse
soprattutto saggio che si prestava alla sua volontà di scardinare i moduli della prosa ottocentesca. Già i suoi
primi saggi hanno una loro originalità per come affrontano il tema dei rapporti Spagna-Europa. Sono i primi
saggi in cui un intellettuale spagnolo dopo Larra si interroghi sulla storia e sulla tradizione di questo paese
rimasto isolato. Unamuno rivendica la concreta limitata autonomia dell’uomo contro la partecipazione a
imprese comuni c’è la ricerca della salvezza personale: nasce così l’unamuno esistenzialista e cristiano che
cerca nel cattolicesimo una risposta a quello che da ora in poi resterà il suo problema fondamentale, quella
della morte e dell’immortalità. Da questo nascono saggi in cui U. critica la cultura borghese e la sua
incapacità di risolvere il problema del senso di vivere e del morire.

La crisi finiseculare significò anche per il romanzo spagnolo da rottura dello schema realista. Già abbiamo
visto come in narratori di stampo ottocentesco quali Galdós e Clarín fosse maturata l'esigenza di aprire il
romanzo alle forme fugaci, assurde, inverosimili dell'esistenza, alle esperienze e ai Linguaggi del profondo.
Anche il romanzo spagnolo del Nove- cento quindi sarà aperto a mille possibilità: lirismo, estetismo,
grottesco, divagazione saggistica, puro gusto dell'avventura. Mutò profondamente il rapporto dell'autore
con l'opera e con il lettore, il quale veniva sollecitato e anzi obbligato a collaborare alla costruzione del
romanzo.

Il più significativo tra i narratori dei primi 20 anni del secolo è Baroja. Egli propose una divisione utile della
sua attività: un primo periodo di violenza e nostalgia e un secondo di critica e ironia. Nel primo periodo ci
sono i romanzi più importanti di Baroja tra cui arbol de la ciencia. Nelle sue opere si delinea la sua visione
del mondo ovvero un nichilismo scettico e nascono anche i suoi maggiori personaggi che sono tutti ritratti di
Baroja stesso e tutti condannati allo stesso destino di fallimento e solitudine; per lo più giovani intellettuali
di origine borghese che attribuiscono il loro fallimento nella vita all’albero della scienza. Baroja portò avanti
una costante tenace critica del mondo in cui visse. Rifiutava la scienza come via di personale espansione ma
mai rinnegata come forma di lucida verità. Come scrittore scelse per metodo la sincerità e l’antiretorica
(che significa l’invenzione di una nuova retorica e l’esigenza di disfarsi di vecchie strutture e cercarne delle
nuove. La sua poetica e la sua pratica di narratore sono tipiche della fase di transizione tra il romanzo
ottocentesco e quello contemporaneo. Baroja non costruisce una storia e non perché non sa costruirla ma
perché con i suoi romanzi a struttura aperta vuole esprimere una idea e un’esperienza di vita.

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