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MODERNISMO

È un movimento letterario che ha origini ispano-americane, il cui fondatore fu Ruben Darìo. Ebbe una
diffusione enorme in Europa ma soprattutto in Spagna perché qui Ruben Darìo insieme ad altri scrittori di
quel momento come Machado, Jimenez, Valle-Inclan aprirono una grande riflessione sulle caratteristiche di
questa letteratura intesa come rigenerazione e rinascita, come opposizione a una crisi profonda che la Spagna
del momento (fine 19° secolo) stava attraversando, in quanto molto arretrata sotto vari punti di vista (ad
esempio era ancora basata solo sull’attività rurale, dominata dalle oligarchie, aveva una struttura piuttosto
arcaica).

Il modernismo fu un periodo di eccezionale fioritura della letteratura e delle arti in generale che, nelle loro
diversità di generi, portavano avanti un solo obiettivo = IL RINNOVAMENTO = suggerendo una rottura
quindi con il passato, il desiderio di liberazione dai vecchi sistemi, dalle vecchie morali e dai vecchi
pregiudizi perché fu appunto un movimento formatosi sulla base della perdita di certezze e sul conseguente
appunto bisogno di una riformulazione della consapevolezza umana.
È un movimento letterario che riguarda la poesia in modo particolare ma comprende anche romanzi e altri
generi; non è un movimento unitario bensì in esso vi è una convergenza di vari linguaggi: il romanticismo, il
parnassianesimo, il simbolismo, l’estetismo e così via, è quindi caratterizzato dall’intreccio di tante correnti,
tendenze e movimenti letterari cercando appunto di combinarli fra loro:
 Ad esempio dal Romanticismo viene ripresa l’espressione della soggettività di un io che vuole
appunto esprimersi e ribellarsi.
 Esotismo, quindi l’evocazione di paesaggi spesso lontani e sconosciuti.
 Simbolismo il gusto forte per la descrizione di paesaggi, spesso soggettiva perché rievocano dei
momenti particolari del passato dell’autore, cura per la presentazione della realtà e dello spazio
esterno, prediligendo le tonalità crepuscolari
 Tratti del Parnassianesimo = movimento poetico nato in Francia nel 1866 che reagiva agli eccessi
retorici e sentimentali della poesia romantica, rivendicando invece un’arte fine a se stessa cioè
un’arte che non deve essere utile o virtuosa ma il suo scopo è solo la bellezza è la rinomata teoria
dell’arte per l’arte.
 Di conseguenza abbiamo una cura molto attenta alla costruzione testuale grazie ad esempio alla
profusione di figure retoriche, all’uso di rime e a precise scelte lessicali (ripresa di termini di origine
diversa) in quanto l’espressione linguistica deve essere la migliore testimonianza della realizzazione
umana.
 Spesso vengono evocati elementi fantastici e irreali quindi non appartenenti al mondo quotidiano con
l’esaltazione del fantastico, dell’onirico.

RUBEN DARìO è il fondatore del modernismo. Rifletté molto sulla sua poesia e nel prologo de “el
canto errante” 1907 sottolineò il fatto di non essere un semplice esteta della parola, un cultore della
parola per la parola perché dietro la sua parola c’è sempre un messaggio, un contenuto profondo che ha a
che vedere con la realtà e che deve quindi essere interpretato quindi è vero che i poeti modernisti si
ispirano al Parnassianesimo però non è mai un mero punto estetico. Per lui l’arte vera nasce da
“un’armonia de caprichos” cioè da un equilibrio tra uso di regole e schemi fissi e libertà espressiva
perché fare poesia significa saper usare le parole combinarle fra loro per creare un messaggio, un
significato profondo. Il poeta ha la libertà di scegliere le parole e le idee in totale autonomia ma deve
anche saperle organizzare in maniera valida.
LA GENERAZIONE DEL ‘98

Gruppo di intellettuali che a seguito della sconfitta della Spagna nella guerra ispano-americana cominciò a
riflettere sui problemi della cultura e della società del paese.
Alla fine del 19° secolo infatti ci fu il cosiddetto “disastro del 98” ovvero la sconfitta della Spagna nella
guerra ispano-americana che le costò la perdita delle sue ultime colonie quali Cuba, Portorico e Filippine,
segnando così la fine del suo impero. Oltre all’impero perse però anche una propria identità perché diventò
fragile, instabile e priva di elementi solidi su cui costruire un futuro.
Questa terribile sconfitta fece precipitare la Spagna in una profonda crisi costringendola a fare un bilancio
della propria storia e della propria posizione all’interno di un sistema più ampio (europeo); gli intellettuali
cominciarono a porre l’attenzione soprattutto sul ritardo culturale, scientifico e anche tecnologico in cui
versava la spagna rispetto alle altre grandi potenze del momento che andavano costruendosi una propria
immagine e posizione, mentre la spagna era ancora molto chiusa, retrograda e oscurantista, nazione che
aveva perso una propria identità nazionale. Riflessioni quindi su quello che viene definito da quel momento
in poi come “el mal de Espana” = il problema della spagna (realtà priva di parametri saldi).
Di fatto l’elemento evidente in numerose opere di questo periodo è sicuramente l’idea di un paese malato
psicologicamente in cui la mancanza di volontà e l’inettitudine sono alla base di questa perdita d’identità
di conseguenza la missione intellettuale di questa letteratura è cercare di ritrovare una propria identità. La
crisi del ’98 genera in Spagna quello che viene definito SPIRITO RIGENERAZIONISTA cioè un
sentimento di protesta intellettuale, di ribellione rispetto a una condizione di stasi e arretratezza una delle
riflessioni più cruciali infatti del modernismo fu quella sulla VOLONTÁ contro ABULIA:
• VOLONTà intesa come spirito di azione, desiderio di affermazione delle proprie azioni
• ABULIA intesa invece come incapacità di agire e muoversi
Lo scrittore Azorìn pubblicò un romanzo intitolato “la voluntad” incentrato proprio su questa crisi profonda
del protagonista che era abulico, un inetto, incapace di agire e tormentato da questa sua stessa incapacità.

Da ciò quindi l’idea di rigenerazione, di rinascita, di un movimento innovatore che potesse ridare alla Spagna
un volto credile, rassicurante. Questo rinnovamento però era possibile attraverso una riflessione storica
quindi cercando le radici, la storia della Spagna, le origini dei problemi presenti. Concetto ripreso soprattutto
da Unamuno introducendo il concetto di intrahistoria: questa riflessione sul passato non doveva riguardare la
storia dei grandi re ma la storia della gente comune, del popolo spagnolo portatore di valori.

MANUEL REìNA 1856-1905: scrittore andaluso, uno dei poeti modernisti più prolifici, conobbe la poesia
francese e naturalmente fu influenzato molto dal Parnassianesimo.
- 1878 pubblica “CROMOS Y ACUARELAS” una raccolta che suggeriva l’attenzione ai colori e alle
descrizioni paesaggistiche (tratto fondamentale del modernismo).
- 1894 pubblica “LA VIDA INQUIETA” e 1899 pubblica “EL JARDIN DE LOS POETAS” opere in
cui canta Gongora = il più grande poeta spagnolo che costruì un linguaggio poetico molto particolare
grazie all’uso magistrale della metafora e della poetica.

SALVADOR RUEDA 1857-1933: autore andaluso di Malaga, aveva una notevole facilità espressiva ma
uno scarso rigore nella scrittura poetica, derivante forse dalle sue umili origini, ebbe una formazione non
elevata. Scrisse raccolte come:
- 1891 CANTOS DE LA VENDIMIA
- 1892 EN TROPEL
- 1893 LA BACANAL
- 1897 CAMAFEOS
- 1900 PIEDRAS PRECIOSAS
Tutti titoli che richiamano qualcosa di concreto, degli elementi di preziosismo che comunque fanno parte di
un lessico che ricorda l’estetismo e l’esotismo del modernismo.

MIGUEL DE UNAMUNO 1864-1936: il gigante della generazione del ’98, autore poligrafo perché
frequentò tutti i generi dal saggio, alla poesia, al romanzo, al teatro. Era basco ma si trasferì a Madrid per
studiare. Nel 1924 venne esiliato a Fuerteventura dal dittatore Primo de Rivera perché fortemente critico
contro la sua dittatura poiché appunto contraria al suo senso di democrazia e alla sua concezione dell’unità
iberica, e da lì passò in Francia fino al 1930, anno in cui tornò in Spagna a seguito della caduta della
dittatura.
La sua produzione fu molto estesa:
- 1895 EN TORNO AL CASTICISMO saggio in cui si esprime in quello spirito di rigenerazione che
appunto voleva un rinnovamento, un’apertura verso l’esterno, l’apertura all’Europa e quindi alla
modernità che invece ostentava ad arrivare. Qui sostiene che la Spagna debba aprirsi verso l’esterno,
ricevere degli influssi perché ha bisogno di rinnovamento. Questa tesi poi fu rivista radicalmente da
Unamuno avviandosi verso una prospettiva più ispanocentrica; infatti in “AGONIA DEL
CRISTIANESIMO” 1925 Unamuno ha un cambio di pensiero nel senso che invece crede che per
avviare un processo di rinnovamento la spagna abbia bisogno piuttosto di ricominciare a guardare al
proprio interno, coltivare la propria storia, le proprie tradizioni e usanze e rivendicarle.
- 1898 PAZ EN LA GUERRA romanzo realista che descrive l’assedio di Bilbao durante la guerra
carlista, in cui è notevole l’influenza di Tolstoij soprattutto nella concezione della storia qui
Unamuno introduce il concetto di “intrahistoria” cioè la storia nella storia, per potersi aprire ad un
rinnovamento bisogna quindi dapprima studiare la storia quotidiana, della gente comune, delle
tradizioni e delle culture.
- 1902 “AMOR Y PEDAGOGIA” opera nella quale sperimenta il romanzo modernista è importante
perché la sua pubblicazione coincide con altri tre romanzi importanti: la voluntad di Azorin, sonata
de otono di Valle-Inclan e Camino de benedicion di Baroja; sono importanti questi romanzi, per la
loro struttura e per i temi che affrontano, si collocano in una posizione nuova rispetto a quello che
era stato il romanzo fino ad allora.
- 1914 NIEBLA
- 1917 ABEL SANCHEZ
- 1905 VIDA DE DON QUIJOTE pubblicato esattamente 300 anni dopo la pubblicazione del Quijote
di Cervantes (1605). Il romanzo cervantino lo spinse a riflettere sul male di Spagna attraverso le
avventure dei due protagonisti, Unamuno fa un percorso che lo porta a riflettere sulla condizione del
popolo spagnolo, i protagonisti infatti incarnano i problemi della Spagna di quel momento.
Quest’opera è una riscrittura molto personale dell’opera di Cervantes, protagonista è il simbolo
dell’anima spagnola che presenta il suo desiderio di assoluto, di immortalità, di sconfiggere il
destino. Il problema che viene posto è proprio quello del destino individuale, del perdurare della
nostra anima, del nostro corpo e soprattutto della nostra identità. Inoltre qui pone l’attenzione sulla
preminenza/superiorità del personaggio rispetto all’autore ovvero che i personaggi, rispetto
all’autore, non solo hanno più valore ma vivono di vita propria.
- 1912 EL SENTIMIENTO TRAGICO DE LA VIDA il sentimento tragico è la consapevolezza di
chi ormai sa che non esiste altro dopo la morte, oltre la vita.
- 1925 AGONIA DEL CRISTIANESIMO
Nella sua produzione scrive anche poesia:
- 1907 POESIA
- 1911 ROSARIOS DE SONNETOS LIRICOS
- 1920 EL CRISTO VELAZQUEZ
- 1923 TERESA
- 1928 ROMANCERO DEL DESTIERRO
- 1953 CANCIONERO
ANGEL GANIVET 1865-1898: contemporaneo di Unamuno, studiò a Madrid. Ebbe una vita molto
tormentata tanto che si suicidò gettandosi in fiume in Lettonia. Scrisse diversi saggi, il più importante è
“IDEARIUM ESPANOL” 1897.
Scrisse anche romanzi e drammi. La sua più grande preoccupazione intellettuale fu proprio il tema di
Spagna, riflettendo su una delle questioni più importanti che è il tema dell’abulia.

RAMON MARIA DEL VALLE-INCLAN 1866-1936: era galego, molto vicino al carlismo come
movimento conservatore.
Inizialmente la sua vocazione letteraria si manifestò attraverso contributi giornalistici e poi partecipò con
degli scritti al rinnovamento modernista ricevendo soprattutto l’influsso del simbolismo francese ed è molto
sensibile all’estetica del decadentismo.
Fu un autore molto prolifico che si dedicò a diversi generi ma il suo apporto più grande fu nella
drammaturgia; nella scrittura teatrale si distinse perché sperimentò il rinnovamento della costruzione delle
immagini e del linguaggio che lo portò alla creazione di quello che lui stesso definisce ESPERPENTOS cioè
una rappresentazione caricaturale e deformata della realtà. L’esperpento era una modalità atta ad esprimere il
sentimento tragico della vita spagnola, fonde apparenza e realtà per manifestare il grottesco e il tragico della
condizione umana che in quel momento in particolare non lasciava spazio a una rappresentazione delle
passioni umane e del genere umano lui definisce infatti il suo teatro anti-patetico ovvero un teatro che non
deve suscitare pathos ma deve puntare alla provocazione e allo straniamento lo spettatore si deve sentire
provocato, sollecitato non ad assistere passivamente a ciò che vede ma a capire, riflettere su ciò che vede
anche intellettualmente. La sperimentazione degli ESPERPENTOS culmina negli anni ’20 quando pubblica:
- 1920 DIVINAS PALABRAS
- 1924 LUCES DE BOHEMIA
Il teatro di Valle-Inclan è molto complesso, più elitario, in alcuni casi infatti ebbe scarso successo nel
pubblico perché non molto fruibile e comprensibile.
- 1916 LA LAMPARA MARAVILLOSA saggio estetico in cui l’autore appunto riflette sull’arte in
genere e sulla letteratura in particolare.
- 1902 SONATA DE OTONO
- 1903 SONATA DE ESTIO
- 1904 SONATA DE PRIMAVERA
- 1905 SONATA DE INVIERNO ciclo di romanzi in cui il protagonista è il marchese di Bradomin
che è l’alter-ego di Valle-Inclan. Queste SONATAS si presentano come le memorie del protagonista
e narratore, il marchese di Bradomin, vecchio partigiano dei carlisti che racconta le passata
avventure amorose suddivise in quattro età evocate dalle stagioni. A modo suo il marchese è un Don
Giovanni-Casanova nei tratti contraddittori: da una parte è “brutto, cattolico e sentimentale”,
dall’altro è “cinico, miscredente e galante”.

JACINTO BENAVENTE 1866-1954: nasce a Madrid e muore nella stessa città. Si dedicò pienamente
all’attività letteraria e al teatro in particolare; fu infatti un autore molto prolifico che scrisse centinaia di
opere. Rappresenta una proposta teatrale opposta a quella di Valle-Inclan perché il suo è un teatro borghese,
rivolto esclusivamente a questa classe in particolare un teatro che rappresenta la vita della classe borghese
dei primi anni del ‘900 in modo molto realistico, un realismo costumbrista cioè attento alla descrizione dei
dettagli, ai costumi, alle tradizioni, rappresentandone le problematiche, la quotidianità, volto anche a
descrivere i pregi e i difetti di questo mondo. Era un teatro molto accessibile al pubblico perché di facile
comprensione perché rappresentava in modo realistico una società contemporanea ed era comprensibile
anche perché Benavente abolì tutte le artificiosità del teatro, presentando invece la normalità dell’ambiente
descritto, i personaggi infatti erano dei normali borghesi che intessevano dialoghi da salotto con toni molto
misurati, a scene forzate preferiva invece situazioni della vita quotidiana riducendo molto il ruolo dell’azione
a cui sostituisce l’interiorità dei personaggi. I primi drammi messi in scena erano basati proprio sul conflitto
tra norma etica e trasgressione, tipico della società borghese di Madrid.
La sua scrittura era quindi dedicata a una platea sempre più numerosa.
PIO BAROJA Y NESSI 1872-1956: uno dei più grandi scrittori dell’800. Era basco, studiò medicina a
Madrid ma poi decise di dedicarsi completamente alla letteratura. Fu prevalentemente un romanziere per
lui il romanzo è un genere aperto, libero dalle gabbie tecniche e polimorfo (contenendo ad esempio anche
aspetti filosofici) cioè aperto e disponibile a ogni genere e deve riflettere anche la vita aspirando ad un livello
di realismo molto alto infatti la maggior parte dei personaggi barojiani sono esseri disadattati che si
oppongono all’ambiente e alla società nella quale si trovano a vivere ma che hanno però allo stesso tempo un
temperamento poco combattivo per portare a termine la loro battaglia destinati così alla frustrazione e alla
sconfitta, al fallimento. La vita gli appariva come un caos dominato dai forti, nel quale l’unica salvezza
poteva risiedere nell’azione. Per lui, quello che conta in un romanziere è la profondità dei sentimenti,
l’immaginazione e la capacità di osservare la vita. A questo principio obbedisce ad esempio la scelta di un
lessico non libresco ma che produce l’effetto della spontaneità sostiene sempre un uso molto sobrio della
parola, è un autore cristallino dalla scrittura semplice, con una sintassi soprattutto paratattica senza
complicazioni però allo stesso tempo anche molto elegante.
Il suo romanzo più importante:
- 1902 CAMINO DE PERFECCION è uno di quei quattro romanzi epocali modernisti che segnano
questa rivoluzione nella storia del romanzo spagnolo. Romanzo che rispecchia un po’ quella che è
stata la sua vita perché il protagonista fa la stessa scelta di Baroja: è un medico che però ha una
grande passione per la pittura decidendo poi di abbracciarla completamente.
La sua carriera cominciò con:
- 1900 VIDA SOMBRIAS
- 1903 EL MAYORAZGO DE LABRAZ
- 1904 LA BUSCA
- 1911 EL ARBOL DE LA CIENCIA

MARTIN AZORIN 1873-1967: è nato a Monovar in Alicante. È scrittore della sobrietà, della purezza,
dell’esattezza espressiva.
Il suo romanzo più importante è LA VOLUNTAD 1902 incentrato su una crisi profonda del protagonista che
era abulico, un inetto, incapace di agire e tormentato da questa sua stessa incapacità, crisi che rispecchiava il
problema della Spagna di questo periodo che aveva perso una propria identità nazionale a causa proprio della
mancanza di volontà e inettitudine.
Scrisse comunque tante altre opere:
- 1904 LAS CONFESIONES DE UN PEQUENO FILOSOFICO
- 1922 DON JUAN
- 1941 libri di memorie come VALENCIA e MADRID
- 1946 MEMORIES INMEMORIALES

RAMIRO DE MAEZTU 1875-1936: altro grande intellettuale della generazione del ’98. È basco, nato a
Vitoria da padre spagnolo e madre inglese. La sua opera è più di saggistica poiché era filosofo e pensatore
piuttosto che letterato. Le sue opere più importanti sono infatti:
- 1899 HACIA OTRA ESPANA
- 1925 QUIJOTE, DON JUAN Y LA CELESTINA opera nella quale analizza tre grandi personaggi
della letteratura spagnola riflettendo sulle caratteristiche etiche e morali dei personaggi in realtà
era un pretesto per riflettere sulla realtà della spagna.
- 1934 DEFENSA DE LA HISPANIDAD saggio che vuole ricondurre all’idea di una spagna arcaica,
legata all’impero cattolico, ad un passato ormai superato poiché l’impero non esisteva più. Per
questo motivo l’opera suscitò molta polemica perché rivelava una chiusura rispetto allo spirito di
rinnovamento proprio del modernismo.

ANTONIO MACHADO 1875-1939: uno dei più grandi poeti del 900. Nacque a Siviglia ma si trasferì a
Madrid per studiare. È un intellettuale a tutto tondo perché non fu solo letterato ma seppe coniugare nella sua
opera pensiero filosofico e inquietudine intellettuale. Fu influenzato dal filosofo francese Bergson traendo
grandi insegnamenti sulla teoria del tempo= punto cruciale della sua poetica basata appunto sul tempo, sulla
memoria, sulla vita dell’uomo. Lui intende il tempo infatti non come qualcosa di astratto ma come qualcosa
di vivo e personaleil tempo è la durata della storia individuale che passa ma che permane nel ricordo; da
qui c’è la sua sensibilità per il divenire, l’ansia continua di fronte al trascorrere dei giorni. È essenzialmente
un poeta modernista quindi molto attento ad un uso estetico del verso, alla sonorità della parola ma allo
stesso tempo attento all’espressione del proprio mondo interiore; è incline quindi anche al simbolismo quindi
un uso elegante della parola dotata però anche di una simbolizzazione profonda.
Scrisse oltre alla poesia anche teatro e prosa filosofica. Le sue opere più importanti sono:
- 1903 SOLEDADES
- 1907 SOLEDADES, GALERIAS Y OTROS POEMAS affronta temi della vecchiaia, del tempo
della morte, dell’angoscia e della solitudine temi rappresentati da immagini come giardini
abbandonati, vecchi parchi, fontane, dove tutto appare velato da una tonalità che sa di malinconia, di
nostalgia e delusione.
- 1912 CAMPOS DE CASTILLA segna l’impegno storico e morale del poeta che vuole utilizzare la
sua poesia come denuncia, espressione del proprio modo di vedere la vita, il mondo e la storia della
Spagna
- 1936 JUAN DE MAIRENA testo in prosa pieno di sentenze ed ironie dove rivela appunto la sua
vena di prosatore e di denuncia esprimendo idee e pensieri.

MANUEL MACHADO 1874-1947: fratello maggiore di Antonio, nato anche lui a Siviglia.
Diede inizio alla sua carriera quando insieme al fratello cominciarono a scrivere articoli per il settimanale “la
caricatura” in cui pubblicò anche prose e versi.
- 1898 ALMA opera in cui emergono temi della decadenza e della caducità, della solitudine e
dell’infinito, manifestazione della malinconia che affligge il poeta nella sua estraneità al mondo.
- 1894 TRISTES Y ALEGRES opera in cui appare il suo interesse per la poesia popolare andalusa
- 1912 CANTE HONDO basato anch’esso sul folklore andaluso.
Anche lui riprende nella sua opera i toni simbolisti e modernisti portando avanti quindi un atteggiamento
innovativo e anticonformista. Negli ultimi anni della sua vita si dedica soprattutto alla critica teatrale e alla
scrittura dei testi assieme al fratello dando vita alla commedia in versi LA LOLA SE VA A LOS PUERTOS
1929.

FRANCISCO VILLAESPESA 1877-1936: studiò a Granada, aveva delle grandi capacità nella
composizione in versi ma scrisse per lo più opere teatrali, racconti e libri in prosa:
- 1902 EL ALTO DE LO BOHEMIO
- 1913 EL VELO DE ISIS
- 1914 AJIMECES DE ENSUENO.

EDUARDO MARQUINA 1879-1946: importante autore catalano, nato a Barcellona. Le sue prime opere
furono scritte in catalano per passare poi al castigliano:
- 1900 ODAS
- 1901 LAS VENDIMIAS
- 1905 ECOGLAS
Nelle successive opere passò ad un maggior impegno civile:
- 1910 CANCIONES DEL MOMENTO
- 1914 TIERRA DE ESPANA

JUAN RAMON JIMENEZ 1881-1958: andaluso, uno dei più grandi poeti del modernismo. Vinse il
premio Nobel nel 1956 e scrisse varie opere.
La sua opera è un continuo processo di perfezionamento che va da una dimensione sensoriale, a una più
sentimentale e infine più intellettuale e razionalista. Fa un percorso di maturazione estetica che lo porta ad
essere poi un poeta estremamente intellettuale e anche complesso.
La sua traiettoria poetica infatti va da una tappa che lui definì sensitiva intrisa di modernismo simbolista,
molto sensoriale e sensibile alla descrizione a cui corrispondono le raccolte JARDINES LEJANOS E ARIAS
TRISTES come ad esempio << hay un oro dulce y fresco>>; testi in cui emerge una poesia “impura” quindi
una poesia che raccoglie le istanze dell’io lirico, in cui il poeta rivela tutta la sua entità e inquietudine.
Poi c’è la tappa intellettuale che si stacca dall’estetica modernista aprendo le porte ad una poesia pura cioè
impermeabile alle ingerenze del mondo esterno, una poesia che basta a se stessa in quanto ha delle sue
regole, un proprio bagaglio tematico retorico ma anche stilistico, dove usa un linguaggio molto semplificato
in cui vuole ritrovare attraverso la poesia e quindi la parola l’essenza stessa delle cose. Questa svolta si ha
con la raccolta DIARIO DE UN POETA RECIEN CASADO in cui sorprende fortemente la scarsità degli
aggettivi sensoriali, così frequenti invece in precedenza. In lui nasce la consapevolezza di aver ingombrato di
tante immagini la sua poetica e che c’era bisogno di una rinascita, di un nuovo poeta in grado di captare
l'essenza delle cose e rappresentarle attraverso l'utilizzo della parola senza bisogno di complementi.
Infine c’è la tappa della poesia metafisica dove si concentra sul tema di dio, sul senso della vita e di ciò che
c’è oltre la vita dell’uomo nel mondo di cui fanno parte i sonetti studiati.

- JARDINES LEJANOS 1904


- ARIAS TRISTES 1903
- SONETOS ESPIRITUALES 1914/15
- DIARIO DE UN POETA RECIEN CASADO 1916
- ETERNIDADES 1916
- PIEDRA Y CIELO 1917
- LA ESTACION TOTAL 1946
SONATINA- RUBEN DARìO
Poesia scritta nel 1893 e raccolta in PROSAS PROFANAS, collezione di poesie.
È uno dei tesi più emblematici del modernismo ispanico perché ne racchiude tutte le caratteristiche più
importanti:
- Preziosismo verbale con la presenza di oggetti e ambienti inequivocabilmente lussuosi, belli e
insoliti (la silla de oro, los pavos reales, la carroza argentina, las perlas de Ormuz…).
- L’esotismo con l’evocazione di paesaggi che spesso sono luoghi lontani e sconosciuti (i numerosi
riferimenti all’Oriente).
- L’evocazione di elementi fantastici e irreali quindi non appartenenti al mondo quotidiano.
- Cura molto attenta alla costruzione testuale con la profusione di figure retoriche (chiasmo,
parallelismo, anafora), alle scelte lessicali con la ripresa di termini di origine diversa (azur=francese,
hipsipila=greca), alle rime.
- Tratti del Parnassianesimo.

Il titolo sonatina non è casuale perché sonatina è una composizione musicale che presenta una struttura più
elementare rispetto alla sonata e che venne inventata nel 1700 (18° secolo) da Nunzio Clementi il quale
scrisse 12 sonatine per pianoforte. Darìo riprese questo termine perché questa poesia è strutturata su una
ricerca curatissima delle identità fonetiche, delle ripetizioni sonore perché intento alla costruzione di un
discorso che sia anche musicale (nel testo ci sono infatti, non a caso, termini che rappresentano oggetti
musicali) ciò sottolinea l’importanza che Darìo dà alla musica perché simbolo di un’aspirazione alla
libertà.
LIBERTà è il tema principale di questo componimento.
Il narratore è esterno al testo (narratore eterodiegetico) che racconta la situazione del protagonista una
principessa di cui non conosciamo il nome, che vive in un palazzo reale, lussuoso, circondata da servitori e
ricchezze di ogni genere ma nonostante ciò è sempre triste, disperata, spenta, in uno stato di sofferenza
costante perché nonostante la sua vita agiata, il suo unico desiderio è la libertà lei si sente prigioniera di
tutta quella ricchezza, della sua regalità e anche delle responsabilità che ovviamente ne conseguono e porta
avanti quindi l’illusione che un principe possa salvarla da quella situazione, il narratore infatti nella 3° strofa
ipotizza la sua origine (sarà un principe di Golconda o che viene dalla Cina=elemento esotico).
La principessa è presentata in questo stato di sofferenza fino alla penultima strofa nella quale invece viene
introdotta finalmente la voce della principessa che si augura di poter conseguire questa libertà, di uscire da
quella gabbia d’oro nella quale si trova e mentre pronuncia queste parole compare un’altra figura la
madrina che risponde alle esortazioni della principessa cercando di tranquillizzarla (versi finali). La poesia si
chiude quindi con una incitazione alla speranza e alla soddisfazione di questo desiderio di libertà.

La figura della princesa può essere letta come metafora dell’anima inquieta dell’uomo moderno prigioniero
di un mondo pieno di benessere materiale ma senza più sogni né anima. Critica nei confronti di una società
che dà importanza al denaro, alla ricchezza, al potere tralasciando invece l’importanza del sentimento, della
possibilità di amare e vivere in pace con il mondo.

Versi alessandrini = 14 sillabe con una cesura centrale che divide il verso in 2 emistichi di 7 sillabe ciascuno.
Ad ogni emistichio corrisponde un’unità sintattico-prosodica cioè ogni emistichio ha una propria autonomia,
può funzionare da se dal punto di vista sintattico, nonostante si lega alla parte che segue. Inoltre gli emistichi
sono piani e l’accento cade sempre sulla terza e sulla sesta sillaba ciò conferisce alla poesia un ritmo molto
pausato. Il verso alessandrino nacque in Francia nel medioevo e si sviluppò molto nella letteratura castigliana
in particolare nella scuola chiamata “mester de clerecia”; poi venne abbandonato e ripreso in epoca
romantica.

Ci sono 8 strofe definite in castigliano COPLAS, ciascuna con 6 versi con schema rimico AAB-CCB.
1° STROFA: il campo semantico è la PERDITA, la privazione, una principessa privata della gioia, del
colore e del sorriso quindi anche nell’aspetto esteriore manifesta la mancanza di qualcosa di importante per
lei.
1° VERSO specifica subito il personaggio del testo cioè la principessa e presenta l’EPANADIPLOSI = fig.
retorica= la parola princesa viene ripetuta all’inizio e alla fine del verso.
La strofa si apre con una domanda che mette il lettore al corrente della situazione emozionale della
principessa che viene descritta mentre sospira i sospiri esprimono malessere e una condizione di
sofferenza sospiri che escono dalla sua bocca di fragola = METAFORA= boca de fresa.
3° VERSO: PARALLELISMO perché c’è la ripetizione di un sintagma intero “que ha perdido”.
4°VERSO: ANAFORA con il primo verso con la ripetizione della parola “princesa”. Da questo verso si
comincia a descrivere l’ambiente lussuoso nel quale lei vive.
5° VERSO: presenta un’altra immagine di privazione “està mudo el clave” = assenza di musica; la musica
essendo gioia, allegria e armonia, la sua mancanza indica la mancanza appunto di serenità e di gioia.
6° VERSO: altra immagine di privazione “un fiore abbandonato languisce in un bicchiere” = fiore privato
della vita, della linfa perché è stato staccato dalla pianta e quindi destinato a morire il fiore languisce
dentro il bicchiere così come la principessa languisce nella gabbia d’oro.

2° STROFA: descrizione della condizione reale in cui vive la principessa. Viene descritto il giardino molto
lussuoso, pieno di pavoni reali (uccelli eleganti, sinonimo di ricchezza che nei decenni scorsi popolavano il
giardino delle ville lussuose). Poi viene introdotta la figura della parlanchina e del buffone che hanno lo
scopo di intrattenerla per non farla annoiare ma inutilmente perché tutto ciò che dicono e fanno non hanno
nessun impatto positivo su di lei perché privata anche della capacità di sentire e ridere perché lei è totalmente
immersa e persa nella sua tristezza, è assorta, lontana dalla realtà nella quale vive e impegnata a inseguire
una dimensione lontana infatti 12° VERSO “libellula vaga di una vaga illusione”: libellula METAFORA di
felicità e libertà; vaga perché è una dimensione incerta, indefinita, un desiderio che al momento che non ha.
Questo verso è anche un CHIASMO incrocio di due elementi: sost. + agg. / agg. + sost. .
11° e 12° VERSO: ANAFORA con il termine princesa.

3° STROFA: la voce narrante fa una serie di ipotesi cercando di capire quali possano essere i pensieri della
principessa, ipotizzando un amore che venga da Golconda o dalla Cina. Golconda è anche una città
dell’India meridionale ricca di giacimenti di diamanti preziosismo.
15° VERSO: dulzura de luz = SINESTESIA percezione attraverso sensi diversi riferita in questo caso agli
occhi.
18° VERSO: richiamo al preziosismo con il termine perlas.
14-16-17-18 VERSO: ANAFORA con la ripetizione della lettera o
Ormuz, Golconda, Cina, Islas de las rosas fragantes sono tutti elementi esotici e fantastici che non essendo
conosciuti suscitano stupore e meraviglia.

4° STROFA: descrizione della principessa, narrando cosa le piacerebbe fare.


19° VERSO: METAFORA = boca de rosa uguale al primo verso.
20°VERSO: METAFORE che ci dicono che la principessa vuole essere rondine e farfalla cioè allontanarsi e
uscire da quella prigione nella quale si trova. I due emistichi sono uguali “quiere ser/ quiere ser”.
25° VERSO: los versos de mayo sono testi di origine folklorica che venivano cantate quando arrivava la
primaveracome sinonimo di felicità e vitalismo, indicando una rinascita, uno sbocciare della natura ma anche
dell’animo umano la principessa ha quindi la volontà di riconquistare un’armonia con la natura e il mondo.
24° VERSO: immagine di volatilizzarsi sul mare per sentirsi più leggera, alludendo quindi alla volontà di
sfuggire dalla pesantezza della sua vita.

5° STROFA: si continua a rappresentare il volere della principessa, rifiuta il luogo che abita e tutti gli
elementi che ne fanno parte.
28° VERSO: accostamento di uno stesso termine declinato però in forma diversa: flores indica l’uso letterale
del termine, flor ha funzione metaforica per indicare che la principessa è il fiore della corte.
30° VERSO: IPERBATO = inversione degli elementi = viene posto prima il complemento di specificazione
(d’ Occidente le dalie).
Gli ultimi due verso sono caratteristici: 4 fiori e 4 punti cardinali, un emistichio per ogni fiore; verso 29
PARALLELISMO gli elementi sono disposti in parallelo; verso 30 CHIASMO gli elementi sono incrociati.

6° STROFA: viene descritta ancora la tristezza della principessa.


32° VERSO: PARALLELISMO in cui cambia solo il sostantivo finale.
33°/34° verso: ANADIPLOSI ripetizione dell’elemento alla fine di un verso e all’inizio del verso successivo.
35° VERSO: EPANALESSI ripetizione di una o più parole nello stesso periodo (cien).
NEGROS= aspetto esotico
LEBREL= elemento prezioso in quanto animale da caccia molto lussuoso
DRAGON= elemento magico

7° STROFA: inizia a parlare la principessa e quello che dice il narratore è messo tra parentesi.
HIPSIPILA: termine di origine greca che indica la farfalla. Nella mitologia greca è un personaggio che
rimanda al desiderio di libertà e autonomia perché si oppose ad un ordine di venere per salvaguardare la
propria libertà.

8° STROFA: parla la fata madrina che rassicura la princesa dicendole che arriverà per lei un cavaliere che la
amerà e che le darà quell’amore che tanto desidera.
VINCEDOR DE LA MUERTE= allude alla forza e al valore del cavaliere.
43° VERSO: EPANALESSI = ripetizione di una parola o più (calla).
ANTONIO MACHADO- EL LIMONERO LANGUIDO SUSPENDE

Testo presente nella raccolta SOLEDADES del 1903.


Testo nel quale riconosciamo uno dei temi fondamentali di Machado, tema del tempo e della memoria,
poiché a Parigi frequentò le lezioni di Bergson che avevano lasciato un’impronta profonda in Machado, sul
rapporto dell’io con il tempo che scorre.
In questo testo infatti assistiamo a una interazione tra la dimensione del presente e la dimensione del passato
rievocato attraverso il ricordo suscitato da immagini e sensazioni che fanno parte del suo passato, in questo
caso sarà il profumo (come dice nei versi 15/20) a guidare il poeta verso il ricordo che gli fa rivivere un
tempo lontano, mai dimenticato.
È incentrata sul tempo, sul ricordo e sull'infanzia del poeta, il quale dà vita ad un componimento basato
sull'equilibrio tra passato e futuro. Tutto, sin dall'inizio, ruota intorno al "limonero", simbolo della purezza,
dell'innocenza e della libertà del mondo infantile. Il poeta, difatti, si ritrova a rievocare un momento
caratterizzato da elementi andalusi (vv.10-20) legati all'infanzia, quando l'ingenuità spingeva il poeta
bambino ad affondare le mani nella fontana pensando di poter prendere i limoni, che invece erano solo
riflessi nell'acqua.
Vi è, inoltre, la descrizione dell'aria primaverile, (v.6) di odori e profumi (vv.15-20-24) che, infatti,
riaccendono i ricordi infantili del poeta, ma anche di quei colori tipici dell'intera raccolta di Machado, e che,
in questo caso, si manifestano attraverso l'oro dei frutti ed il bianco (v.10-11) della luce e della purezza.

È un testo lirico, in cui c’è un io che parla di se, della sua storia e delle sue emozioni.
Questo componimento ha: endecasillabi e settenari che li combina in modo libero, non seguendo uno schema
fisso. Nella scelta di questa combinazione si rifà alla tradizione poiché era uno schema utilizzato anche da
Gongora (uno dei più grandi poeti spagnoli del Siglo de Oro 1550/1600).
Presenta una rima assonanzata nelle sedi pari cioè lega a rima i versi pari. Questo è lo schema del Romance,
componimento lirico-narrativo che ha origini medievali caratterizzato da questa struttura: 8 sillabe con
assonanza nelle sedi pari. La differenza è che Machado usa gli endecasillabi e i settenari. In questo testo
dimostra la sua aderenza alla tradizione ispanica, alla storia della poesia spagnola, molto fedele alla
tradizione ispanica.

1° VERSO: enjambement: verso spezzato che segue in quello successivo, quindi il verso non costituisce
un’unità sintattica autonoma che è data invece dai primi due versi inizialiprocedimento che Machado
utilizza spesso in questo testo che ha una struttura spezzata, frammentata (struttura prosodico-sintattica) che
dà il riflesso di un andamento altalenante della memoria che va e viene, a livello strutturale è riuscito a dare
un’idea del percorso così accidentato della memoria che cerca visioni del passato.
La prima immagine che si presenta è il limonero = albero di limoni, languido in senso di abbandono, i cui
rami cadono polverosi su una fonte limpida = riproduzione di un cortile andaluso. L’io lirico si trova nella
posizione di osservatore che immagina che dei limoni siano collocati sul fondo di una fonte
4° e 5° VERSO: immagine che fa riferimento ad una visione che il poeta sta avendo nel momento in cui
scrive, metafora de los frutos de oro il colore giallo dei limoni preziosismo che ricorda la poesia
modernista.
5° e 6° VERSO: sono spezzati ma formano un endecasillabo. Ci troviamo alla fine di Marzo e si tratta di
versi che vengono ripetuti più avanti quasi come un ritornello.
5° e 7°VERSO: ripetizione di TARDE, insistenza su questo momento della giornata che suggerisce
un’atmosfera un po’ crepuscolare, cade il sole, si avvicina la notte con la fine della luce.
10° verso: compare l’io lirico, espresso in prima persona con il verso “estoy”. Un io assorto, in totale
solitudine che sta cercando nel ricordo un illusione candida y vieja.
10° verso: candida y vieja = ossimoro (accostamento di due parole che esprimono concetti completamente
opposti), perché il candore è legato all’innocenza, alla purezza mentre viejo qualcosa di logorato dal tempo.
Rappresenta l’accostamento tra passato e presente, tra la rievocazione di un mondo lontano che è quello
dell’infanzia che è vieja perché lontana nel tempo ma candida perché piena di innocenza, felicità e purezza;
quindi l’illusione candida e vecchia è proprio l’illusione che viene dal ricordo dell’infanzia.
11°VERSO: inizia la rievocazione, l’io poetico cerca di recuperare ricordi lontani dell’infanzia, cerca di
rievocare di fronte questa fonte ricordi legati a presenze fisicheTUNICA LIGERA è una sineddoche che
indica una figura femminile, la tunica è un indumento indossato da una donna. Questo ricordo ancora vago
viene descritto con figure retoriche che tendono a presentarlo in modo nebuloso, non ben definito. In questi
versi c’è un’insistenza sul campo semantico della leggerezza: aire, ligera, flotar (galleggiare) contrapposto
alla pesantezza della pietra, del muro. Leggerezza contro pesantezza all’interno di questo ricordo.
16°VERSO: metafora più complessa, l’odore di qualcosa che manca, probabilmente di qualcuno.
19°VERSO: espera = bisogna interpretarlo come sperare e non come aspettare perché c’è il desiderio di
rievocare un ricordo. Questo aroma di assenza dice all’anima del poeta, impregnata di luce cioè ottimista che
sta pensando, che non troverà mai questo ricordo mentre al cuore dice spera perché questo ricordo tornerà
dentro di te.
20° VERSO: anafora con “ese aroma”. Un odore che evoca ricordo di fragranze vergini e morte =
accostamento di due aggettivi antitetici (ossimoro) ha la funzione di indicare un momento superato cioè
l’infanzia e quindi questo aroma è vergine perché puro, candito perché legato all’infanzia ma muerto perché
ormai passato, finito e superato.
22°VERSO: tutto il suo mondo sensoriale è come se fosse entrato in contatto con quel ricordo. Rievoca
questo pomeriggio allegro e chiaro perché luminoso.
25° e 26°VERSO: chiasmo con hierbabuena e buena albahaca che antepone l’aggettivo buena a albahaca
(sostantivo + aggettivo, aggettivo + nome). Introduce due elementi di colore verde.
27°VERSO: il ricordo si personifica, introduce la figura centrale di questo ricordo che è la madre, centro
dell’infanzia del poeta.
Nell’ultima strofa ricorda se stesso da bambino che guarda i limoni riflessi nella fonte e, con l’ingenuità
infantile e propria di un bambino, pensa di poterli afferrare affondando le mani nell’acqua. Il limonero quindi
gli produce questo ricordo attraverso dei sensi che gli permettono di ricordare cosa faceva nella sua infanzia.
Gli ultimi due versi sanciscono che il poeta è passato dal ricordo alla conoscenza, e la memoria è una forma
di conoscenza. Il ricordo è una forma profonda di conoscenza che va oltre la razionalità, a cui ci si può
avvicinare solo con altre facoltà (sensoriale, emozionale) concetto alla base del pensiero di Machado.

ANTONIO MACHADO – LA CALLE EN SOMBRA

La strada in ombra. Le alte case nascondono


il sole che muore; echi di luce sui balconi.

Non vedi, nell’incanto del belvedere in fiore,


il rosato ovale di un volto conosciuto?

L’immagine, dietro il vetro in un riflesso incerto,


appare o sfuma come antico dagherrotipo.

Risuona in strada solo il rumore del tuo passo;


si spengon lentamente gli echi del tramonto.

Che angoscia dolorosa e grave sul cuore! È lei?


Non può essere… Cammina… Nell’azzurro la stella.

È un testo contenuto nella raccolta “SOLEDADES, GALERIAS Y OTROS POEMAS” che venne pubblicata
nel 1907 ma le sue pubblicazioni vanno dal 1899 al 1907. Contiene molti testi di SOLEDADES ma ne
contiene altri di nuovi.
Ha una struttura metrica diversa: mentre nell’altro c’era un’alternanza irregolare di endecasillabi, qui
abbiamo distici di alessandrini a rima baciatacoppie di versi a due a due di 14 sillabe (come sonatina) con
rima baciata.
Ci troviamo di fronte alla costruzione di un’immagine un po’ nebulosa e incerta che l’io lirico cerca di
rievocare. Struttura che suggerisce di auto-dialogo del poeta perché non c’è un io lirico che usa ad esempio
tempi verbali in prima persona all’indicativo però c’è un dialogo con un altro che si intuisce essere se stesso,
come quando noi parliamo con noi stessi.
Tramonto in un paesaggio urbano: la strada in ombra. Ci troviamo in una tarde, pomeriggio, momento in cui
il sole scende.
VERSO ½: enjambement, unità sintattica molto più ampia del verso.
VERSO 2: sinestesia (quando vengono associati due elementi che rimandano a sfere sensoriali di verse) ci
sono echi di luce sui balconieco senso dell’udito, luce senso della vista quindi forma la sinestesia. Intende
un riverbero di luce.
VERSO ¾: prima domanda che il poeta rivolge a un tu che molto probabilmente è se stesso. In questa
domanda è contenuta un’aspirazione e speranza di vedere su uno di quei balconi un volto conosciuto e roseo,
probabilmente un volto femminile.
VERSO 5: sineddoche la parte per il tutto perché un vetro che nasconde che riflette un’immagine che può
essere equivoca. Immagine sfumata, impercettibile.
VERSO 7: immagine di solitudine, non c’è nessuno. L’unico suono che si sente è il passo del viandante che
sta camminando per quelle strade e che sta assistendo a quella scena.
VERSO 7: si spengono lentamente gli echi del tramonto. Ripresa del verso 2 “ecos de luz”. Qui si sta
spegnendo la luce, utilizzando una metafora: gli echi ovvero ciò che rimane del tramonto. Prima aveva detto
“c’è ancora qualche bagliore”; nel momento in cui dice che nella strada silenziosa si sente solo il passo del
viandante, questi bagliori di luce si stanno ora estinguendo, quindi è ancora più buio.
VERSO 9: “angustia” termine che rivela tutta la inquietudine dell’io lirico. Pesar e doler sono sinonimi,
vogliono dire la stessa cosa quindi il cuore fa male pesa dal dolore.
Es ella? Primo riferimento a una figura femminile quindi l’immagine riflessa nel specchio doveva essere
un’immagine femminile che lui stava sperando di vedere. Domanda che riceve però una risposta negativa
“no puede ser”.
Rima ella-estrella è una rima molto significativa perché le due parole in rima legano questi due elementi che
sono lei e la stella; la stella per la sua lucentezza e per la sua riconoscibilità nel cielo è metafora di guida, di
sostegno, di speranza quindi questa figura femminile viene rievocata come una guida spirituale
un’accompagnatrice fedele, almeno nel pensiero di chi la sta rievocando.

ANTONIO MACHADO – RETRATO

La mia infanzia, ricordi di un patio di Siviglia,


e un limpido giardino dove cresce il limone;
la gioventù, vent’anni in terra di Castiglia;
la mia storia, avventure che ricordar non voglio.

Né un seduttor Mañara, né un Brandomìn son stato


– già conoscete il goffo mio modo di vestirmi –,
ma ricevei la freccia che mi tirò Cupido
e amai quanto in quelle può essere ospitale.

Sono in mie vene gocce di sangue giacobino


ma il mio verso sgorga da sorgente serena;
più che un uomo alla moda che sa la sua dottrina
sono, nel senso buono della parola, buono.

Adoro la bellezza, con moderna estetica


tagliai le vecchie rose del giardino di Ronsard;
ma non amo i belletti di nuova cosmetica
né sono un nuovo uccello dal trillare allegro.
Disprezzo di tenori boriosi le romanze
e il coro dei grilli che cantano alla luna.
Mi soffermo a distinguer le voci dagli echi
e ascolto solamente, tra tante voci, una.

Classico o romantico? Non so. Vorrei lasciar


il verso come lascia la spada il capitano:
famosa per la mano virile che l’impugna,
non pregiata per l’arte saputa del suo fabbro.

Converso con quell’uomo che è sempre insieme a me


– chi parla spera solo parlare un giorno a Dio –;
è il mio soliloquio parlar col buon amico
che m’insegnò il segreto della filantropia.

Nulla vi devo, infine; voi a me quanto ho scritto.


Attendo al mio lavoro, col mio denaro pago
la veste che mi copre e la casa ove vivo,
il pane che mi nutre e il letto ove dormo.

E quando verrà il giorno dell’ultimo mio viaggio, e salperà la nave che non tornerà mai più,
mi vedrete a bordo leggero di bagaglio,
e quasi nudo, come i figli del mare.

Tratto da “CAMPOS DE CASTILLA”: raccolta pubblicata per la prima volta nel 1912, nella quale Machado
rivela una crescita, una maturità verso temi che in “SOLEDADES” ancora non aveva toccato, ad esempio
questioni di tipo politico, sociale, culturale che riguardano la Spagna, temi attenti a quello che era EL MAL
DE ESPANA.
RETRATO è un testo più introspettivo, una sorta di autoritratto, presentazione che il poeta fa di sé e per altro
ha ripreso questa idea dal fratello Manuel che aveva scritto anche lui una sorta di autoritratto. In questo testo
presenta se stesso a tutto tondo, parla della propria infanzia, del suo modo di essere e anche della poesia, del
suo rapporto con il testo scritto e con gli altri poeti.
Testo scritto in alessandrini e suddiviso però in quartine con rime ABAB, quindi rima alternata.

L’esordio di questo testo è legato a un ricordo di infanzia, un’infanzia legata a un cortile di Siviglia, un
giardino che sta all’interno delle case signorili andaluse, immerso nella luce dove matura l’albero di limoni.
VERSO 4: iperbato “recordar no quiero” ha funzione per la rima quindi quiero deve per forza essere
anteposto per poter rimare con “limonero”. Qui allude a degli eventi tristi e inquietanti per lui e quindi non
facili da ricordare come la morte della moglie che perse a causa della tubercolosi pochi anni dopo il
matrimonio.
VERSO 5: allusione a due figure letterarie che sono Manara grande seduttore del 18 secolo che per altro
Antonio e Manuel hanno rievocato scrivendo un testo teatrale intitolato Juan De Manara: questo Juan grande
seduttore che aveva collezionato tante esperienze amorose recando però enorme danno alle donne che aveva
incontrato; Bradomin invece è personaggio creato dal Valle-Inclan nelle sue sonate. Qui Bradomin
rappresenta il dandi, il decadente, l’uomo dedito ai piaceri e all’aspetto fisico ma poco attento alla sostanza
quindi un uomo molto superficiale. Questi riferimenti gli servono per esprimere il tipo di persona che lui
(Machado) crede di non essere, quindi né un seduttore né un dandi superficiale, attento solo all’estetica e
all’apparenza infatti nel VERSO 6 dice “già conoscete il mio goffo modo di vestirmi” con questo sta
dicendo che lui non essendo né un seduttore né un esteta non pone alcuna cura nello scegliere
l’abbigliamento perché non ha bisogno di apparire e di curare la sua immagine. Nonostante ciò anche lui ha
ricevuto la freccia di cupido/ dell’amore/ anche lui si è innamorato e ha amato un amore però
completamento diverso da quello che poteva provare un Manara: ha amato nelle donne il calore, il sostegno,
l’accoglienza che gli potevano dare. Qui finisce la sezione in cui parla delle sue origini, del suo modo di
essere.
Dal Verso 9 comincia a parlare del suo pensiero politico e del suo modo di rapportarsi al prossimo e quindi
scorre nelle sue vene sangue giacobino quindi sangue rivoluzionario, lui infatti aveva idee di sinistra era un
pensatore molto progressista. Nonostante ciò la sua poesia sboccia da una sorgente serena perché è
espressione pacata che non è stridente, non è violenta, il suo modo di esprimersi è pacifico. Lui è un uomo
buono perché autentico, dotato di valori, provvisto di integrità morale.
Nella quartina successiva VERSO 13 parla specificatamente del suo rapporto con la poesia e con il
movimento poetico modernista: adora la bellezza e nella moderna estetica ha tagliato le rose del giardino di
Ronsard. Ronsard poeta francese del 500, poeta petrarchista che in uno dei suoi componimenti riprende
questa metafora che quando passa la giovinezza la rosa simbolo di freschezza, purezza e giovinezza viene
tagliata; quindi questo gesto di tagliare la rosa coincide con il passaggio dalla giovinezza all’età matura.
Quindi Machado qui sta dicendo che ha abbracciato il modernismo nel momento della maturità quando lui
era maturo. Però non ama i trucchi dell’attuale estetica: si riferisce al fatto che il modernismo è diventato
troppo estetizzante e vuoto di contenuti. Quindi tutto ciò che è artificiale lui non lo accetta.
VERSO 16: né sono un uccello del nuovo trillare = metafora si riferisce alla generazione dei poeti modernisti
che avevano svuotato completamente la poesia di contenuti e che erano dei meri esteti della parola. Lui è un
poeta di maggiore spessore.
Disdegna le romanze dei vuoti tenori (immagine parallela a quella del gaio-trillare) e disdegna anche il coro
dei grilli che cantano alla luna tutte metafore della poesia, dell’espressione poetica come canto e tutte
fanno riferimento alla superficialità. Il coro dei grilli che cantano a vuoto senza senso, senza una finalità di
trasmettere un messaggiocantare alla luna significa appunto cantare a nessuno.
VERSO 19: Lui invece È abituato invece a distinguere le voci vere dagli echi che invece sono solo dei
riflessi… distinguere quindi fra ciò che è vero e ciò che è falso, fra ciò che è autentico e ciò che è artificiale.
VERSO 20: e tra le tante voci sono abituato ad ascoltarne sempre una: cioè sono abituato a discernere, a
distinguere, sta sottolineando la sua capacità di discernimento di distinguere tra tante voci il valore di ognuna
e non di farsi invece disorientare dalla confusione.
VERSO 21: sono classico o romantico? Non lo so. Domanda che rivolge a se stesso. Qui sta dicendo che non
vuole apporsi un’etichetta, non vuole rappresentarsi come poeta romantico, classico o modernista perché non
gli piace essere etichettato ma vorrebbe lasciare il suo verso (enjambement che da rilievo al sintagma mi
verso), come il capitano lascia la sua spada famosa per la mano virile che l’aveva blandita e non per il dotto
lavoro del forgiatore cioè una spada famosa per essere stata utilizzata dalla mano di un valido e valoroso
condottiero e non apprezzata per il lavoro fatto dal suo costruttore (METAFORA). Trasferendola alla poesia
lui vuole che i suoi versi siano famosi perché lui gli ha creati e perché dietro quei versi c’è tutto il suo
mondo, il suo modo di pensare e non invece per un semplice apprezzamento estetico per i versi. Sta
rivendicando quindi il suo modo di essere poeta.
VERSO 25: parlo con me stesso, riferendosi al fatto che chi parla con se stesso spera di parlare un giorno con
dio, richiamo fortissimo a sant’Agostino che predicava il ricercare dio dentro di se attraverso l’introspezione.
VERSO 27: il mio soliloquio è conversazione con questo buono amico (che sarebbe la parte più profonda di
se stesso) che gli ha insegnato il segreto della filantropia (amore verso il prossimo). Quindi conoscere se
stessi è anche imparare ad amare il prossimo.
Alla fine di questa quartina si rivolge al suo pubblico ai suoi lettori dicendo “alla fine non vi debbo nulla, mi
dovete ciò che ho scritto.
Ricorro al mio lavoro con il mio denaro pago il vestito che mi copre, la casa che abito il pane che mi
alimenta e il vento in cui giaccio. Qui sta rivendicando la propria autonomia il fatto di essere un uomo libero,
un uomo che grazie alla poesia è riuscito a pagare tutto quello che ha avuto.
VERSO 33: e quando arriverà il giorno dell’ultimo viaggio e starà per partire la nave che non tornerà più
(metafora della morte intesa come viaggio su una nave che non tornerà perché la morte è irreversibile), mi
troverete a bordo di questa nave, con un bagaglio leggero (senza nulla come si è descritto fin dal primo
momento), quasi nudo privo di tutto, come i figli del mare nel senso che lui in questo viaggio in mare non fa
che perdersi e ricongiungersi con questa materia informe e umana che è il mare che lo avvolgerà e inghiottirà
per sempre.
Morte come un viaggio in mare nel quale ogni persona si ricongiunge alla natura dalla quale ha preso
origineper questo diventa figlio del mare perché viene riaccolto da quella stessa acqua che lo ha generato.

ANTONIO MACHADO – A ORILLAS DEL DUERO

Poesia tratta da CAMPOS DE CASTILLA.


Testo in cui l’io poetico descrive nei dettagli un paesaggio cioè quello Castigliano e lo fa con una grande
abbondanza di sostantivi che individuano degli oggetti di un uomo ma anche oggetti naturali. In questo
componimento possiamo verificare la grande capacità descrittiva di Machado in cui riflette anche sulla
condizione della Castiglia del suo tempo in rapporto invece ad una Castiglia del passato che l’autore cerca di
rievocare attraverso i versi. Quindi mentre in EL LIMONERO LANGUIDO canta una realtà intima e
personale, in A ORILLAS DEL DUERO descrive una realtà esterna cioè la Castiglia nel suo rapporto tra
passato e presente. È un testo caratterizzato da un forte andamento descrittivo dove c’è un io che parla, che
entra nello spazio che sta descrivendo, è protagonista di questa vicenda. Qui siamo lontani dal descrittivismo
della scuola parnassiana che è molto asettico e distante dove non esiste un io che partecipa emotivamente a
ciò che vede. Qui invece abbiamo un io molto coinvolto soprattutto nel paesaggio che sta descrivendo.
Il Duero è un fiume che attraversa tutta la spagna centrale passando anche per la Castiglia.

Qui utilizza distici alessandrini a rima baciata quindi versi di 14 sillabe in distici con rima AABB.

È un testo nel quale l’io poetico si rivela immediatamente al secondo verso con il pronome personale “yo”
accompagnato dall’aggettivo “solo”.
“Era la metà di luglio. Un bella giornata. Ed io solo per le crepe del ghiareto salivo, cercando delle svolte
nell’ombra” perché il mese di luglio faceva molto caldo infatti
“A tratti mi fermavo per asciugare la fronte e concedere qualche sollievo al petto ansante” fronte sudata
perché lo sforzo che stava facendo e il calore facilitava il sudore
“o forzando la marcia, con il corpo in avanti, verso la mano destra arreso ed appoggiato ad una mazza, come
una guisa di rustico vincastro, mi arrampicavo sui colli dove abitano gli uccelli rapaci” enjambement
rapaces aves de altura= l’aggettivo è separato dal sostantivo a cui si riferisce
“Pestando le erbe montane dal forte odore” qui fa un’enumerazione, è un asindeto una successione di
elementi non legati da congiunzioni e sono tutti sostantivi che indicano delle piante montane come il
rosmarino, il timo, salvia e lo spigo.
“Sugli aspri campi cadeva un sole di fuoco”.
In pochi versi descrive da un lato il paesaggio che sta osservando e dall’altro rappresenta se stesso nel
dettaglio nei movimenti che fa in questo suo percorso.
Finora ci sono elementi che rimandano ad un’alta temperatura e aveva descritto solo o elementi minerali o a
qualche uccello o alle piante.

Qui ritorna sugli animali, un avvoltoio:


“un avvoltoio dalle ampie ali attraversava solitario il puro azzurro del cielo”cielo puro perché privo di
nubi di conseguenza la potenza del sole era estrema.

Io scorgevo lontano un monte alto e aguzzo e una tonda collina come scudo istoriato, ed alture violette sulla
terra grigia (qui sta descrivendo dei monti) come sparsi brandelli di un vecchio ordigno bellico, le
montagnole calve (calve perché prive di vegetazione, tratto tipico della Sierra Castigliana) attraverso cui gira
el Duero (nel senso che il fiume le costeggia) per formare la curva balestra di un arciere intorno a Soria sta
descrivendo il paesaggio utilizzando delle metafore belliche, di strumenti di guerra.
Soria è come un baluardo verso l’Aragona che ha la torre castigliana Soria rappresenta la torre castigliana,
torre come sineddoche di tutta una città torre difensiva.
È come se stesse osservando un orizzonte, ha descritto questa catena montuosa e soria come un baluardo che
guarda verso l’Aragona e che protegge la terra castigliana soria è come un barbacane, verso l’Aragona, della
fortezza castigliana.

Vedevo le colline oscure (enjambement) coronate di roveri e di querce, spogli rupe, qualche umile prato
dove il merino pascola e un toro inginocchiato che rumina sopra l’erba; i margini/sponde del fiume sfoggiare
i verdi pioppi al chiaro sole estivo, e silenziosamente, viandanti lontani (prima immagine umana perché
finora aveva descritto paesaggi, animali ma mai delle persone) piccolissimi, carri, butteri e mulattieri 
quindi una serie di persone che procedono in lontananza con i loro animali da soma e che sono visti così da
lontano da sembrare piccolissimi. Passare il lungo ponte e sotto le petrigne arcate farsi oscure le acque
argentate del Duero questa comitiva di uomini carri butteri eccetera che passando sul ponte gettano un
ombra sulle acque del Duelo.

Il Duero attraversa il cuore di rovere (metonimia perché il rovere è un albero molto diffuso in castiglia quindi
associa il cuore a questo albero che contraddistingue il suo paesaggio) dell’Iberia (toponimo che ci rievoca il
nome con cui anticamente veniva indicata la penisola) e della Castiglia.
Oh terra triste e nobile, terra degli altipiani, dei dirupi e di terre rocciose, di campi senza aratri, ne boschi, ne
ruscelliqui comincia una serie di esclamazioni che indicano la pena e la sofferenza di questo io poetico che
vede la Castiglia povera e privata di tante cose innanzitutto di vegetazione e di acqua, dell’agricoltura.
decrepite città, strade senza locande ( quindi è una terra spoglia, triste completamente abbandonata però è
anche nobile perché caratterizzata da un passato glorioso) e attoniti villani senza balli né canti ( gente
semplice gente ignorante, villani che hanno perso anche la gioia di vivere che non dedicano tempo agli
svaghi e ai divertimenti proprio perché sono tristi come la terra) che vanno sempre lasciando il misero
focolare come i tuoi lunghi fiumi Castiglia verso il mareriferimento al Duero e richiamo a un autore del
400 Jorge Manrique più grande esponente della nobiltà castigliana del 400, grande poeta che in una sua
opera ricorre a questa immagine della morte come il percorso di un fiume che va verso il mare.

Castiglia miserabile, ieri dominatrice, avvolta nei suoi stracci, disprezza quanto ignora: ritornello che poi
riprende più avanti con una piccola variante lessicale rivolge un’accusa a una Castiglia dei suoi giorni, quella
attuale che oggi è miserabile e che ieri era la dominatrice della penisola Iberica.
Aspetta, dorme o sogna? Il suo sangue versato ricorda quando aveva la febbre della spada? Quindi è una
Castiglia persa che non si sa cosa faccia, se aspetta, se dorme, se sogna e il poeta si chiede se ricorda il
sangue sparso quando questa terra combatteva = fa riferimento alla Castiglia medievale che a suo tempo
assunse una posizione di rilievo nei vari regni iberici e che divenne dal 13 secolo il regno più potente, più
forte e dinamico all’interno della penisola Iberica.
Tutto si muove, scorre, divaga, corre o gira = asindeto una serie di verbi non legati da congiunzioni e sono
verbi di movimento. Cambiano il mare il monte e l’occhio che li guarda fa riferimento allo scorrere del
tempo.

Passò? Per i sui campi ancora vaga il fantasma di un popolo che dio metteva sulla guerra riferimento alla
riconquista, cioè questa guerra apparentemente di religione improntata allo scontro fra due mondi, da una
parte l’islam e dall’altra parte il mondo cristiano, conquista intesa come affermazione nella penisola Iberica
della cultura e della religione cristiana su un territorio che era stato in buona parte conquistato dai
musulmani.
La madre di altri tempi feconda di capitani/condottieri/valorosi oggi è matrigna di poveri braccianti cioè di
gente di poco valore e di poca natura.
Qui fa riferimento ad un personaggio della storia medievale castigliana: Castiglia non è quella così generosa
come un tempo, quando Myo Cid Rodrigo ritornava, superbo di vittorie e ricchezze, per donare ad Alfonso la
piana (terre fertili pieni di coltivazioni) di Valencia; Rodrigo è protagonista del poema epico intitolato
Myo Cid, personaggio realmente esistito, vassallo del Re Alfonso sesto che visse alla fine dell’11° secolo e
che fu costretto all’esilio dal Re Alfonso perché accusato di essersi impossessato di alcuni tributi che la città
di Siviglia doveva ad Alfonso sesto di Castiglia e a causa di questa ingiusta accusa che mossero contro di lui
fu condannato all’esilio costringendolo ad abbandonare i suoi possedimenti di Vivar. In esilio lui e iniziò un
percorso di riabilitazione dedicandosi alla riconquista cioè a saccheggiare i paesi che si trovavano nelle mani
dei musulmani e a riconquistarli e ad ogni vittoria mandava i bottini al Re in modo tale che ad un certo punto
con la conquista di Valencia riconquista anche la fiducia del Re. Quindi qui Rodrigo rappresenta la Castiglia
forte ormai passata, di un passato glorioso che ormai non c’è più e la sua figura è il netto contrasto con la
Castiglia attuale e presente.

Nei versi successivi continua la descrizione della Castiglia gloriosa descritta ora con la conquista del nuovo
mondo quindi la Castiglia del 500 quella che scopre e conquista l’America e quindi porta in patria tutte le
ricchezze che vengono trovate che dopo l’avventura, che suggellò il valore, degl’indiani fiumi immensi la
conquista richiedeva alla corte, la madre di soldati , guerrieri e comandanti, che torneranno carichi di argento
e di oro, in Spagna, su regi galeoni, corvi nella rapina nella lotta leoni. Questi comandanti che vanno in
America vengono descritti come dei rapaci capaci di saccheggiare tutto ciò che trovano come il Cid, senza
remore, dotati anche di coraggio. Qui finisce questa incursione nel passato e ritorna il presente facendo
riferimento a filosofi nutriti di zuppa di convento (filosofi di scarsa levatura intellettuale, mediocri)
contemplano impassibili il vasto firmamento qui insiste sul concetto di abulia, incapacità di agire di capire
e riconoscere il perché di certi problemi. Se li ferisce in sogno, come suono remoto/lontano, clamore di
mercanti da porti levantini non penseranno nemmeno a chiedere che succede? Dei filosofi quindi che non si
muoveranno nemmeno davanti ad una situazione d’emergenza o di novità, pensatori impassibili a ciò che
succede. E le porte di casa ha già aperto la guerra cioè la guerra è arrivata alle sue case e loro non se ne
sono nemmeno resi conto. Questa è una critica molto forte agli intellettuali del suo tempo, dei primi del 900,
e questi intellettuali sono coloro contro i quali Machado si scaglia perché sono irrazionali, favorevoli
all’immobilismo, coloro refrattari a qualsiasi stimolo che viene da fuori, talmente ciechi da non rendersi
conto nemmeno dell’abisso nel quale si trova la Castiglia e che dunque sono condannati alla morte.
Castiglia miserabile, ieri dominatrice, ravvolta nei suoi stracci, disprezza quanto ignora. Qui termina la parte
in cui il poeta offre una riflessione sulla Castiglia contemporanea rispetto a quella del passato, parla della
storia della Castiglia dando anche una visione politica.

Negli ultimi versi invece ritorna sulla descrizione dello spazio già descritto inizialmente e che ora però pare
sia cambiato perché è trascorso de tempo, sono passate delle ore, quindi si passa da una situazione di sole
alto nel cielo e calore ad un tramonto: il sole va tramontando. Dalla città lontana mi giunge un armonioso
rintocco della campana, già le vecchie vestite a lutto al rosario si avviano, tra le rupi guizzano due donnole
leggiadre; mi guardano e dileguano fuggendo, e ricompaiono nuovamente, curiose! ...la campagna s’oscura.
Verso la strada bianca è aperta la locanda sopra i campi imbruniti e il ghiareto deserto. Quindi c’è una strada
bianca perché polverosa, dei campi scuri perché sta tramontando il sole e c’è il solito ghiareto privo di
vegetazione ancora una volta questi sostantivi e aggettivi presenti nel testo danno l’immagine di
un’assenza di vita, di colore anche e propria di questi territori.
JIMENEZ – OCTUBRE – OTONO

Sono due sonetti che fanno parte della raccolta SONETOS ESPIRITUALES del 1914-15. Sono collegati tra
loro perché trattano entrambi di un tema come quello dell’autunno che è simbolo di morte ma anche
rigenerazione, autunno come momento dell’anno in cui la natura si avvia alla morte e si prepara allo stesso
per una rinascita. Il poeta riflette su questo principio.
Struttura di versi divisi in endecasillabi, due quartine e due terzine con schema lirico e metrico uguale.
ABBA- ABBA quindi una rima incrociata nelle due quartine e CDE-CDE le due terzine.

OCTUBRE
È un testo meta-poetico, in cui l'autore, attraverso una descrizione minuziosa e dettagliata di ciò che osserva
attraverso i suoi occhi, tenta attraverso una grande metafora di attribuire alla poesia un'estrema rilevanza,
esaltando, però, ancor di più il ruolo del lettore

In questo testo con componente descrittiva si rivela subito un YO, un soggetto, l’io poetico che si descrive in
una posizione orizzontale “estaba echado” posizione che rivela una sua vocazione di comunione e contatto
con la terra che lo accoglie e che si trova di fronte all’infinito campo/pianura di Castilla (richiamo a campos
de castilla di Machado) che l’autunno avvolgeva nella gialla dolcezza del suo chiaro sole ponente (perché
appunto stava tramontando. AMARILLA DULZURA enjambement e sinestesia perché dulzura si lega al
senso del gusto e amarilla al senso della vista. È quindi un autunno che avvolgeva di giallo proprio perché è
la stagione in cui la natura comincia a perdere il suo tono verde e comincia a portare i colori caldi del rosso e
del giallo. Il colore giallo è incrementato anche dal tramonto.

L’aratro lento che parallelamente apriva il solco oscuro (perché quando la terra viene rimossa, quella che
sta più sotto è più scura perché più umida) e la semplice mano aperta (sineddoche =la parte per il tutto
perché la mano rappresenta il contadino che sta gettando dei semi) lasciava la semente nelle sue viscere
spezzate (viscere fatte dall’aratro) onorevolmente (aggettivo riferito al contadino che compie il suo lavoro di
coltivare la terra onestamente e con onore). L’immagine è la visione di un campo che in autunno viene arato
da un contadino e viene seminato per essere preparato al raccolto della primavera successiva.

Pensai di strapparmi il cuore e gettarlo, pieno del suo sentire alto e profondo, nell’ampio solco del terreno
tenero. L’io poetico qui pensa di fare con il suo cuore quello che il contadino fa con i semi: il contadino sta
gettando i semi nella terra per raccoglierne poi i frutti. Immagine simbolica che trasmette un messaggio ben
preciso il gesto di strapparsi la parte più profonda di sé che poi è la sede dei sentimenti, dell’anima è un
gesto di generosità che muove il poeta verso il prossimo.

Rompendolo e seminandolo, la primavera avrebbe mostrato al mondo, l’albero puro dell’amore eterno. Il
gesto di strapparsi il cuore e donarlo al prossimo è sinonimo di generosità: la sua aspirazione è vedere se
rompendo e seminando il suo cuore la primavera avrebbe mostrato al mondo il frutto della sua semina
(l'albero puro dell'amore eterno), ciò che il poeta produce deve avere effetto fecondo sui suoi lettori.

Oltre alla componente descrittiva, il poeta riflette anche sulla vita, sul rapporto fra gli uomini, sul proprio
modo anche di stare nel mondo.

OTONO:
Qui Jimenez continua il tema autunnale e della prospettiva di una rigenerazione della naturaidea alla quale
se ne collegano delle altre più profonde che hanno a che vedere con la vita e con l’essere umano. Il senso
ultimo di questi pensieri è il fatto che come l'autunno è destinato a morire così l'uomo segue un destino
crudele, ma ciò non significa che la vita sia inutile perché e un continuo rigenerarsi.

Sparge ottobre, col blando movimento del sud, le rosse e le dorate foglie,
La prima quartina descrive il movimento della caduta delle foglie descritte nei loro colori che sono gialle e
rosse, un movimento definito blando perché morbido quindi una caduta soave, delicata tipico delle foglie che
perdendo la linfa si staccano dai rimi. E nella caduta chiara delle sue foglie si porta verso l’infinito il
pensiero parallelismo fra la caduta delle foglie e un altro movimento che è quello del pensiero che a sua
volta va verso l’infinito, ha un movimento ascensionale. Questa allusione all’infinito ricorda l’infinito di
Leopardi.

La seconda quartina che pace amena in questo allontanamento da tutto, o prato bello che sfogli i tuoi fiori o
acqua già fredda che bagni con il tuo cristallo infreddolito il vento. Bagnare il vento è un immagine
particolare perché viento fa rima con altre parole delle quartine ed ha anche una stretta consonanza semantica
con queste parole (movimiento, pensamiento, alejamiento) perché il vento come forza naturale è qualcosa
che si muove, caratterizzato da dinamismo quindi insieme alle altre tre parole costituisce la rappresentazione
di una natura che si sta trasformando. Sottolinea qui la metamorfosi che avviene con il passaggio da una
stagione all'altra, o meglio, dall'estate all'autunno.

Incantesimo d’oro perché tutto il paesaggio che sta osservando e che stimola il suo pensiero è tutto
all’insegna dell’oro a causa delle foglie ma oro in qualche modo cerca di conferire al sostantivo
“encantamiento” un preziosismo, la sua valenza di bellezza, di valore. “encantamiento e carcel” sono termini
paralleli dal punto di vista semantico perché l’incantesimo è qualcosa che trasforma la realtà e quindi in
qualche modo è come una prigione. Carcere puro (aggettivo che priva il carcere di qualsiasi connotazione
negativa, quindi una prigionia innocente, che non genera angoscia e disperazione ma è uno stato di
assorbimento, abbandono) in cui il corpo fatto d’anima si intenerisce disteso sulla superficie verdeggiante di
una collina. La situazione di "prigionia" del poeta non rappresenta un qualcosa di negativo, bensì il piacere
di essere imprigionati in questa magia autunnale.

In una decadenza di bellezza. La vita si spoglia e risplende la brillantezza della sua verità divina. Quindi nel
momento in cui la vita si semplifica, si spoglia e il corpo quindi si stacca dalla sua materialità e diventa
anima, spirito, va oltre il visibile ecco che risplende la bellezza della sua verità divina è in quel momento
che l’essere umano riesce a percepire il divino.

HAY UN ORO DULCE Y FRESCO

Testo tratto da una raccolta del 1904 JARDINES LEJANOS e in esso, che pure si distacca da un
modernismo prettamente estetizzante ed esclusivamente descrittivo, Jimenez presenta un paesaggio molto
piacevole all’interno del quale compare un io poetico che riflette su una nostalgia, riportando il discorso su
se stesso. L’io poetico però compare solo verso la fine del componimento, nel verso 25 con il pronome di
prima persona me che esprime la commozione all’ascolto di una voce femminile che però è anonimaè una
commozione senza oggetto ben preciso e che per questo è paragonabile alle altre sensazioni ineffabili che
esprime prima quando il soggetto era un impersonale corazon.

Un testo di versi ottosillabi, verso per eccellenza della tradizione lirica spagnola, metro anche del Romance e
metro privilegiato della poesia cortese Castigliana. Jimenez sceglie anche di usare le rime assonanzate nelle
sedi pari proprio secondo lo schema del Romance; l’assonanza è sempre a-e (tarde-parques-arboles-
primaverales-inefable-eccetera). Si tratta di un testo in cui inoltre non è rispettata la struttura sintattica
naturale, infatti molto spesso la sintassi è spezzata dagli enjambement: Jimenez qui ne fa un uso molto
intenso di enjambement formati soprattutto da sostantivo + aggettivo; sono espedienti che Jimenez utilizza
per marcare l’attenzione su alcuni elementi lessicali in particolare (bella suntuosidad-arboles verde-la carne
se hace incienso-voz melancolica…); questa spezzatura enfatizza, rimarca il senso sia dell’aggettivo che del
sostantivo.

I paradigmi semantici sono 3 particolarmente forti: la luce, il colore e il canto. In tutto il testo poi è presente
un costante riferimento al sogno ad una dimensione onirica e inesprimibile. Il sogno infatti è qualcosa a cui si
può alludere in modo confuso in quanto possiede una natura che non può essere descritta; emerge, dunque, la
volontà del poeta di dare un nome a determinate percezioni e sensazioni;

Il componimento si apre proprio con una descrizione coloristica: c’è un oro dolce e fresco nel colore malva
della sera combinazione di colori importante: il colore oro, il malva. Che rende regale la bella sontuosità
dei parchi.
E sotto il colore malva e oro si sono raccolti gli alberi verdi, rosati e verdi delle gemme primaverili
epanadiplosi ripetizione di un elemento all’inizio e alla fine di uno stesso verso (verdes). Qui abbiamo la
descrizione dei colori di un tramonto in un parco molto elegante, ben tenuto e ci troviamo nella stagione
primaverile;

Il cuore è prigioniero (metafora che esprime una sorta di rapimento, il cuore è rapito da questa situazione) in
questo sogno ineffabile perché indicibile, non si può spiegare con parole concrete, è una percezione che
rimane quindi vaga. Che gli getta una sua rete metafora quindi di questo sogno ineffabile che cattura il
cuore gettandogli addosso una rete.
Vede solo luci alte, ali di angeli allitterazione di a/l; verso importante perché allude ad un movimento
ascensionale del cuore che osserva le luci alte delle stelle e ali di angeli immagine simbolica che
rappresenta questa aspirazione del cuore a staccarsi dal mondo e andare verso l’alto ed entrare in comunione
col cielo.

Solo gli resta da aspettare le stelle cuore che in questo momento della giornata ha come un desiderio di
vedere e conoscere il cielo notturno. La carne gli diventa incenso e penombra per i sentieri delle rose sta
dicendo che il cuore perde la sua materialità, la sua consistenza, il corpo si disincarna.
Fino a qui c’è una descrizione quasi oggettiva cioè non percepiamo la presenza di un io, non c’è nessuna
voce che stia parlando di se stesso.

In questi ultimi versi invece comincia a comparire una presenza umana attraverso una voce:
E all’improvviso, una voce malinconica e distante ha tremato sull’acqua nella silenzio dell’aria. È una voce
che però rappresentata mentre trema sull’acqua, una voce che nel momento in cui viene percepita fa tremare
l’acqua, immagine molto bella. Questo è l’unico elemento umano che notiamo nel testo.

È la voce di una donna e di un pianoforte quindi è una voce che canta accompagnata da un pianoforte
(l’elemento musicale) è un soave benessere per le rose addormentate della sera è un accompagnamento
musicale che produce benessere alle rose assonnate della sera; assonnate perché appunto ci troviamo nella
fase finale della giornata e quindi anche le rose come elementi naturali partecipano a questa evoluzione della
giornata che si sta concludendo; per le rose così come per tutti gli esseri viventi la sera indica il momento del
riposo/ della stasi.
Voce che mi fa piangere ancora, per nessuno e per qualcuno paradosso con cui il poeta esprime questa
ineffabilità della sua nostalgia, voce di donna che lui ascolta gli produce uno strano sentimento di nostalgia
che lo fa piangere per qualcosa che lui stesso non riesce a capire, a cui non riesce a dare un’identità (per
nessuno o per qualcuno).
Sotto questa triste e dorata suntuosità dei giardini qui ripete il verso 4 e ripete anche l’aggettivo dorato
che è molto presente nel componimento. Una suntuosità che in questa fase finale diventa triste aggettivo
che sancisce il sentimento che scaturisce da questa osservazione del tramonto nel parco, un tramonto che gli
fa pensare grazie alla voce, ad un’assenza/mancanza e ciò gli produce quindi una nostalgia triste.
CIELO
Poesia contenuta nella raccolta DIARIO DE UN POETA RECIEN CASADO del 1916, raccolta che lui
scrisse durante il suo viaggio di nozze, viaggio in nave verso gli stati uniti. E sono nella maggioranza dei casi
componimenti caratterizzati da un grande intellettualismo e razionalismo, una riflessione profonda sulla vita
basata sull’osservazione di elementi naturali. I due elementi naturali più ricorrenti sono il mare e il cielo,
elementi che lui vedeva tutti i giorni quindi costantemente presenti. Il poeta si rivolge proprio al mare e al
cielo personificandoli quasi. La lingua poetica si semplifica e notiamo l’interesse del poeta a rappresentare
attraverso il linguaggio poetico l’essenza delle cose, usa la poesia come strumento gnoseologico, come
strumento di conoscenza.

È un testo in versi liberi, non c’è uno schema rimico costante

Si rivolge al cielo dandogli del tu, come se fosse una persona.


Ti avevo dimenticato, cielo e non eri altro che una vaga esistenza di luce, visto/osservato senza nome, dai
miei stanchi occhi indolenti stanco e indolente sono anche dei sinonimi perché la stanchezza non permette di
agire di muoversi quindi è un enfasi semantica quindi un cielo che osservavo e che fino a poco tempo
prima era dimenticato, non aveva nome, osservato quasi senza consapevolezza da parte di questo io.

E apparivi, tra le parole pigre e prive di speranza del viaggiatore  quindi un cielo che era dimenticato,
appariva di tanto in tanto pronunciato da viaggiatori pigri e privi di speranza; sta facendo riferimento al fatto
che questo lungo viaggio in nave muoveva verso l’indolenza era la noia del viaggio, delle giornate tutte
uguali; dunque nominare il cielo era come un gesto banale di qualche viaggiatore pigro e indolente.

Come in brevi lacune ripetute di un paesaggio di acqua visto in sogno  quindi un paesaggio dominato
dall’acqua perché appunto stanno in mare che però è come sognato.

Quindi in poche parole, in un passato recente ti avevo dimenticato, non conoscevo nemmeno il tuo nome, poi
ho sentito il tuo nome pronunciato da qualche viaggiatore e infine oggi ti ho osservato lentamente e ti sei
elevato fino al tuo nome qui in questa immagine, il poeta vuole rappresentare il fatto che nel momento in
cui scrive questo testo lui si rende conto dell’essenza del cielo, capisce ciò che rappresenta il cielo per gli
uomini. Sin dai primi versi è possibile notare il fatto che il poeta non ha ignorato il cielo, bensì non si era
ancora accorto realmente della sua grandezza. La volontà dell'autore in questo testo, infatti, non è provocare
emozioni o sentimenti nel lettore, bensì trasmettere quel senso di grandezza, immensità e stupore che egli
stesso prova di fronte al cielo, che, ora, si è elevato fino a valorizzare il proprio nome.
AVANGUARDIE DEL 1900

Gli anni dal 1920 al 1928 sono caratterizzati da un grande fervore culturale rappresentato dalle tante
avanguardie che si diffusero che avevano in comune con il Modernismo alcuni atteggiamenti di fondo: la
rivendicazione di un’arte moderna dunque adeguata al mutamento dei tempi e la rottura con la tradizione
letteraria. Ciò riguardava anche le arti figurative non solo la letteratura.
Si diffusero quindi tanti movimenti d’avanguardia diversi tra loro ma aventi come obbiettivo comune un
rinnovamento inteso come una rottura definitiva con la tradizione precedente e la volontà di affermare
poetiche nuove, inedite.
Le correnti avanguardiste principali sono: futurismo, cubismo, creazionismo, surrealismo, espressionismo.
FUTURISMO: nasce nel 1909 con il Manifesto redatto da Marinetti ed è un movimento che esalta proprio
la modernità e il progresso contro il passato e contro tutto ciò che è vecchio. A livello tematico affronterà dei
temi delle situazione, delle cose che fino ad allora la poesia non aveva mai toccato (ci saranno opere sui
motori, sulle macchine a vapore). A livello formale è un’arte caratterizzata da due elementi essenziali:
- Lo straniamento cioè voler strappare il lettore a una fruizione semplice cioè ad un uso scontato
dell’opera.
- La libertà, quindi un’opera che sia libera da versi, sintassi, punteggiatura e schemi troppo fissi
utilizzando invece un uso libero della parola.
CUBISMO: è una reazione al realismo ottocentesco, poetica anti-realista dove il poeta non rappresenta la
realtà così com’è ma è libero di trasformarla secondo una particolare visione, quindi l’artista può immaginare
una realtà diversa. Di conseguenza c’è una totale libertà espressiva che si oppone alle regole (metriche,
retoriche).
CREAZIONISMO: movimento ideato da Vincente Huidobro, alla base c’è un rifiuto radicale del realismo e
della ricerca della verosimiglianza e del descrittivismo. È una poesia che si oppone alla natura, alla realtà in
quanto obbedisce a leggi proprie. Già da come indica il nome, il poeta deve operare come Dio cioè creare
perché lo scopo di questa poesia è proprio quello di ottenere la sorpresa del lettore, di fargli scoprire una
realtà che Non risponde alla logica razionale. Di conseguenza l’elemento principale per questo obiettivo è
l’immagine la creatività per accostare appunto due realtà diverse.
SURREALISMO: il primo manifesto ci fu nel 1924. È un movimento caratterizzato da una rivolta contro le
convenzioni, la logica, il razionalismo. I poeti surrealisti infatti ritengono che l’uomo attraverso la poesia
possa allontanarsi e liberarsi dalle morali, dalle convenzioni sociali eccetera che lo opprimono. Ciò avviene
attraverso una perlustrazione del mondo dei sogni mondo dei sogni inteso come quel momento in cui
l’uomo può manifestare e liberare tutti quei contenuti psichici irrazionali che non potrebbe manifestare nella
vita quotidiana. Quindi i poeti surrealisti si propongono esattamente di liberare sul foglio quindi attraverso la
parola/la scrittura questi contenuti, controllando quindi la razionalità e manifestando invece l’essere più
profondo. Nella scrittura tutto questo viene elaborato attraverso un’associazione libera di idee e di immagini
quindi una scrittura impulsiva riproducendo gli stessi processi onirici, scrivendo ad esempio senza un tema o
un progetto prestabilito.
GREGUERIAS: in Spagna inoltre ci fu Ramon Gomez De La Serna che diede vita a queste cosiddette
GREGUERIAS ovvero un unione di umorismo e metafora, delle frasi ingegnose e più o meno brevi che
nascono da uno scontro tra realtà e pensiero; sono come gli aforismi quindi frasi brevi, sentenziose con
contenuto anche morale che hanno il compito di sorprendere, provocare il lettore.
GENERAZIONE DEL ‘27

Nel fervore culturale dei primi anni del ‘900 molti giovani poeti cominciano a pubblicare opere importanti in
cui sperimentano nuovi modi di fare poesia tra cui Pedro Salinas, Gerardo Diego, Federico Garcia Lorca,
Rafael Alberti che vengono identificati con la Generazione del 27. Questi autori oltre ad essere coetanei e
oltre a condividere le stesse esperienze formative poiché molti di loro frequentarono a Madrid la Residencia
de Estudiantes, condividevano anche molti aspetti intellettuali ed estetici. Chiamati cosi perché nel 1927 ci fu
una ricorrenza importante per loro ovvero il tricentenario della morte di un poeta barocco Luis De Gongora il
più grande poeta barocco spagnolo che in vita non ottenne il successo che meritava perché sperimentò un
linguaggio molto complesso, uno stile definito oscuro da molti perché incline alla costruzione di immagine e
metafore molto complesse e anche ad un linguaggio complesso, nuovo, estraneo, troppo contaminato da
influssi linguistici non castigliani (latini, italiani…). E questi poeti quindi si fecero promotori di un
rinnovamento della poesia che doveva prendere esempio da Gongora che aveva avuto il coraggio di
rinnovare l’espressione poetica spagnola nel 600.
Loro esaltavano proprio la sua grande capacità di costruire metafore molto complesse che costringevano i
lettori ad una lettura non banale dei testi. Quindi questo gruppo di poeti i occasione di questa ricorrenza si
riunisce e organizza una commemorazione in onore di Gongora.
La loro poetica era accomunata da questo loro desiderio di rinnovare l’espressione poetica, valorizzando la
tradizione di Gongora. E seppur questi autori seguivano strade divere nel senso che ciascuno di loro
presentava delle proprie caratteristiche, aveva un proprio modo di scrivere presentavano comunque dei tratti
comuni:
- Centralità delle immagini e delle metafore che siano il più possibile nuove, originali, estranianti
- Eliminazione dalla poesia di componenti narrative e descrittive
- Rottura di nessi sintattici e logici con la prevalenza invece di frasi nominali, abolizione degli
aggettivi.

Erano tutti accomunati quindi da questa volontà di rinnovare l’espressione poetica.


GERARDO DIEGO
È l’autore più significativo ed emblematico della generazione del 27. È nato a Santander nel 1896 e studiò
poi all’università di Salamanca e Madrid. Fu quello che abbracciò a meglio i principi dell’ultraismo e del
creazionismo, sperimentando una poesia marcatamente avanguardista e uno dei testi più rappresentativi di
questo è proprio AJEDREZ. Quindi crea delle immagini, utilizza un nuovo concetto di spazio tipografico,
lasciando spazi bianchi, eliminando punteggiatura e schemi rimici ben precisi per creare appunto delle
immagini indipendenti anche dagli effetti acustici.
Accanto a quella d’avanguardia, Diego presenta anche una produzione che lui definisce <<poesia relativa>>
cioè una poesia basata sulla realtà umana e sentimentale in cui parla di vicende amorose o ambiente naturali
dove sono evidenti i richiami alla tradizione come al sonetto e al Romance.

È una personalità a parte all’interno della generazione perché ebbe una traiettoria anche di vita differente.
Quasi tutti i poeti della generazione del 27 subirono persecuzioni politiche dovendo quindi poi andare in
esilio dal momento in cui si instaurò la dittatura di Francisco Franco nel 1939. Lui invece nato nel 1896 a
Santander alla fine della guerra civili aveva appoggiato i falangisti, non subì alcuna persecuzione politica.

AJEDREZ
Testo contenuto nella raccolta Limbo del 1919-21 che si allinea perfettamente a quella poesia d’avanguardia
del CREAZIONISMO che contiene un’estetica ICONICA un’avanguardia che ricerca una diversa forma
poetica, abbandonando la descrizione e la narrazione e dedicandosi alla creazioni di immagini. È infatti un
testo ricco di immagini che il poeta crea (versi 4-5, versi 7, versi 9-14).
Particolare è la disposizione dei versi perché c’è una corrispondenza/collegamento tra la disposizione
tipografica dei versi sulla pagina e l’oggetto/tema di cui tratta questo testo: sono versi sciolti, molto liberi che
nel modo in cui sono disposti vanno a rappresentare proprio una scacchiera con l’alternanza di spazi bianchi
e spazi con i caratteri a stampa che creano zone di colore proprio come la scacchiera; creano lo zig zag delle
pedine di una scacchiera. Quindi la caratteristica principale dell’estetica Iconica è la volontà di rappresentare
sul foglio delle figure che sono proprio le protagoniste dei testi stessi. Poi c’è la totale assenza di un schema
rimico riconoscibile anche se c’è qualche assonanza (epitafios/piano/sin embargo - sido/vivo) e una totale
assenza di punteggiatura. Si tratta di una serie di caratteristiche che sono proprie di queste avanguardie che
vogliono rompere anche con una tradizione grammaticale, linguistica e che quindi vogliono produrre dei testi
completamenti nuovi anche estranianti, capaci di generare stupore.
Apollinaire era stato un grande poeta francese molto vicino al Cubismo e quindi all’estetica Iconica che
scrisse vari componimenti proprio caratterizzati da questo iconismo.

C’è un io lirico ben presente che compare già dal primo verso
oggi l’ho visto chiaramente
tutte le mie poesie
sono solo epitaffi
questi primi tre versi hanno la caratteristica di essere senari stessa misura sillabica, costituiscono quindi una
sorta di apertura compatta non solo dal punto di vista metrico ma anche tematico qui il poeta sta parlando
della propria poesia quindi scrivendo in una modalità che è meta-poetica (poesia che parla della poesia
stessa) cioè il poeta parla del suo prodotto dicendo che sono epitaffi; l’epitaffio è una frase che viene scritta
sulle tombe quindi questo esordio ci introduce innanzitutto un tema un po’ lugubre che è quello della morte
ma soprattutto mette in relazione la scrittura con la morte stessa. Quindi ogni suo testo è un epitaffio. Questo
tema della morte lo arricchisce nei versi successivi in cui introduce una metafora.
Al di sotto di ogni foglio
C’è sempre un po’ delle mie ossa
Continua qui a figurare il tema della morte creando la metafora del foglio che viene paragonato ad una lapide
di marmo per il suo colore bianco e anche per la forma un po’ rettangolare e infatti è proprio sotto una lapide
che normalmente giacciono le ossa dei morti così come sotto il foglio giacciono le ossa del poeta alla base di
questa immagine c’è lo stesso procedimento della metafora: un termine viene accostato ad un altro termine
sulla base di un elemento comune di significato. Questi due versi sono novenari costituendo un’unità e
approfondiscono l’immagine della poesia come via verso la morte.
E qui nel mio cuore
Si è cariato il piano
Qui c’è lo stesso procedimento concettuale. L’accostamento fra il cuore e il piano è dato da un’analogia di
tipo sonoro cioè dal cuore che batte, che pulsa e che produce quindi un suono e il piano che essendo appunto
strumento musicale produce dei suoni. Inoltre i tasti del pianoforte che sono bianchi e neri, evocano il bianco
macchiato di nero dei denti cariati ed ecco quindi che il poeta dice che si è cariato il piano. In questa
immagine molto complessa sta dicendo il poeta che il suo cuore ha una musicalità, batte, è vivo ma la carie
rappresenta una degenerazione quindi una vita che si sta piano piano completamente fermando.
Non so chi sarà stato
Ma dall’orologio
Invece del pendolo vivo
Era appesa un’ancora ancorata.
Un’altra immagine: l’orologio che al posto del pendolo ha un’ancora. Immagine abbastanza complessa in cui
il poeta cerca un responsabile di ciò che vede attorno a lui descrivendo questo orologio a pendolo che invece
di avere un pendolo vivo (vivo perché si muove e quindi è il suo dinamismo che rimanda al suo concetto di
vita) c’è un’ancora ancorata immagine semantica molto forte perché l’ancora già di per se rimanda a
qualcosa di statico, che viene piantato per fermare la barca e qui ancorata rafforza ancora di più questa
immagine. Quindi questo orologio invece di essere provvisto di pendolo che si muove è un orologio fermo;
ciò sta a significare che il poeta percepisce che il suo tempo si sta fermando il significato è che l’orologio
interno del poeta (la sua vita interiore) si sta fermando, in quanto il pendolo non batte più lo scorrere del
tempo ma è fisso come un’ancora ancorata.
E tuttavia
Ancora dal paracadute
Piovono i cantici
Prima o poi dovrà succedere
Qui con immagini complesse dice che ancora riesce a produrre dei testi.
La morte e la vita concetti antitetici
Mi stanno
Giocando a scacchi
Qui esprime la chiave di lettura di tutto il testo con la metafora della vita umana intesa come una partita a
scacchi la vita umana intesa come qualcosa di insondabile; l’uomo gioca, credendo di essere a lui a
muovere i pezzi sulla scacchiera ma forse è proprio lui stesso il pezzo di una scacchiera più grande, mosso da
volontà superiori (dio o il destino).
Questa è una metafora molto diffusa nella cultura ispanica del 900 utilizzata soprattutto da Unamuno in
Niebla perché anche lui ha esplorato questo dubbio esistenziale in cui si dibatte l’uomo moderno.
FEDERICO GARCìA LORCA 1898-1936
È uno dei più importanti esponenti della generazione del 27. Nato nel 98 a Fuentevaqueros in provincia di
Granada e apparteneva ad una famiglia benestante. Studiò a Granada laureandosi in diritto e in lettere
capendo appunto che la sua più grande passione era la scrittura unita anche all’amore per il teatro e per la
musica ereditata da Manuel De Falla e ciò quindi caratterizza molto la sua scrittura. Lorca aveva un grande
interesse anche per il folklore, per la tradizione popolare andalusa, per ciò che si percepisce del popolo
attraverso la sua storia, i suoi paesaggi infatti la sua prima opera del 1918 IMPRESIONES Y PAESAJES
è un’opera in prosa (l’unica in prosa) in cui racconta ciò che aveva visto in una serie di viaggi che aveva fatto
con vari amici e maestri, tutte le sue impressioni nell’osservare dettagliatamente la realtà andalusa, rivelando
così la sua grande capacità di creare immagini. È un’opera infatti ricca di espressioni liriche, note musicali.
In generale molte delle sue opere sono caratterizzate dall’attaccamento per la sua terra, gli elementi
dell’Andalucìa, così come nelle tre opere che formano la TRILOGIA RURAL.
Nel 1919 si trasferisce a Madrid presso la Residencia de los estudiantes, conoscendo così gli altri
protagonisti della generazione del 27.
Nel 1920 scrive la prima opera teatrale EL MALEFICIO DE LA MARIPOSA che ottenne scarso successo di
pubblico perché non ben compresa, era un’opera che guardava al teatro di Valle-Inclan, un dramma
estremamente innovativo e complesso. Questo fallimento teatrale lo spinge poi a dedicarsi alla poesia con la
quale invece ottenne grande successo.
Nel 1921 pubblica la prima raccolta poetica LIBRO DE POEMAS in cui Lorca documenta il suo grande
amore per il canto e per la vita (era una persona molto gioiosa) ma anche le sue prime inquietudini legate alla
nostalgia, alla pena del cuore, all’adolescenza spesso sotto forma di domande esistenziali.
Nel 1927 raccolta poetica intitolata CANCIONES.
Nel 1927 pubblica MARIANA PINEDA opera teatrale che ha uno sfondo storico.
Nel 1928 pubblica ROMANCERO GITANO è una raccolta di poesie che ebbe grandissimo successo ma fu
un’opera mal interpretata perché intesa come la massima celebrazione della cultura gitana e quindi del
mondo andaluso, però non era questo l’obiettivo di Lorca; è vero che i protagonisti di questa raccolta sono
gitani ma Lorca non voleva trattarne come se fossero degli elementi folklorici cioè non voleva celebrare la
cultura gitana, ma voleva creare una nuova mitografia che aveva come protagonisti questi gitani, una
mitografia andalusa, la sua era semplicemente un’opera di pura lettura e interpretazione personale di quella
realtà. Lui capì subito che il suo successo di pubblico era dovuto ad una cattiva interpretazione,
fraintendimento di quello che era la sua ricerca estetica e poetica. Questa situazione quindi lo portò ad un
profondo sconforto che unito poi ad una situazione personale complicata perché lui con molta difficoltà
riusciva a gestire la sua omosessualità queste sofferenze gli fecero vivere una crisi spirituale e intellettuale
profondissima e nel 1929 aiutato da un amico decide di trasferirsi a New York per circa un anno. Qui scrive
molte poesie pubblicate però successivamente alla sua morte nella raccolta intitolata POETA EN NUEVA
YORK (scritto tra il 1929/30 ma pubblicato solo nel 1940), raccolta che scatena in lui tutta una serie di
riflessioni sull’esistenza umana, sulle differenze e ingiustizie sociali che caratterizzano l’umanità e in
particolare New York che allora era già una grande metropoli caratterizzato da grandi contrasti, differenze ad
esempio tra ricchi e poveri dove i neri soprattutto erano gli emarginati, maltrattati eccetera. Dunque Qui
l’elemento principale della diversità è incarnato dai neri come nel romancero gitano è incarnato dai gitani.
Nel 1931 pubblica POEMA DEL CANTE JONDO ritorno alle origini, al mondo andaluso in particolare
all’espressione e alle modalità di questo cante jondo, canto primitivo a cui Lorca si interessò in occasione
della prima festa del Cante Jondo, e Lorca cerca di tradurre in chiave poetica i temi e i significati di questo
canto primitivo.
Nel 1932 fonda la BARRACA una compagnia teatrale itinerante con la quale attraversa tutta la Spagna.
Gli anni 30 sono gli anni della svolta per il Lorca drammaturgo perché scrive quella che viene chiamata la
trilogia rurale cioè 3 opere caratterizzate da un elemento comune che è quello di presentare il mondo rurale
andaluso, infatti:
1933 BODA DE SANGRE, 1934 YERMA, 1936 LA CASA DE BERNARDA ALBA (opere finali
dell’opera di Lorca) contrassegnate e accomunate dal fatto di raccontare un mondo rurale caratterizzato da
grandi contrasti tra cui l’insanabile principio di autorità e libertà.
Nel 1934 scrive anche DIVAN DEL TAMARIT libro di poesie ispirate alla tradizione arabo-andalusa infatti
questo titolo “divan” indica proprio una raccolta poetica in arabo. Il TAMARIT era un fiume. Raccolta che
unisce tradizione occidentale e tradizione orientale.
Nel 1935 pubblica LLANTO POR IGNACIO SANCHEZ MEJIAS, un’elegia, componimento in morte di
questo suo amico torero che era stato ucciso durante una corrida, e SEIS POEMAS GALLEGOS.
Nel 1936 viene catturato e fucilato dai falangisti a Granada.

La poesia è uno strumento per percepire una realtà che altre discipline come la filosofia e la matematica non
sanno captare. Quindi attraverso il senso poetico si possono percepire delle presenze, dei rapporti, delle
situazioni, delle immagini che attraverso le scienze esatte non si possono capire così difende un principio
non nuovo ovvero il concetto della ragione poetica, la poesia come strumento gnoseologico, al di là della
realtà (Machado).
Lorca, come membro della generazione del 27, fa riferimento a Gongora, quindi un testo poetico che deve
suscitare stupore, stimolare l’intelletto, non deve essere banale e per questo ricco di immagini/metafore. La
grande poesia non dipende dal tema e dal contenuto scelto, ma è la sua costruzione cioè il modo in cui il
poeta riesce a creare le sue immagini a renderla magnifica. Il poeta deve percepire il mondo che lo circonda
con i 5 sensi, con un coinvolgimento totale del proprio campo sensoriale, un poeta che quando si appresta a
scrivere un testo è colto dalla paura dell’ignoto perché deve scovare, cercare, ricercare, saper distinguere fra
ciò che è buono e ciò che non lo è. (parte da rivedere- lezione 9)

BALADILLA DE LOS TRES RIOS


Poesia che fa parte della raccolta intitolata POEMA DEL CANTE JONDO del 1921 che è un’imitazione
della poesia tradizionale, una stilizzazione della poesia popolare perché la poesia di Lorca non è una poesia
popolare perché è una poesia colta, d’autore, di alta elaborazione formale però vuole ispirarsi allo stile di
questa poesia popolare cantata che costituiva il repertorio di questo CANTE JONDO, di questo canto
primitivo. Quindi in un certo senso è un tributo alla musica e alla poesia andalusa.

I tre fiumi sono: GUADALQUIVIR che rappresenta Siviglia, DAURO e GENIL che rappresentano Granada.
Essi contrappongono due grandi città andaluse (Siviglia e Granada), presentate con caratteristiche diverse ma
che alla fine sono accomunate da una visione pessimistica del poeta, un poeta che vede nella realtà andalusa
una terra di sofferenza, di pena e dolore (tema presente anche nel romancero gitano).

È un testo che dal punto di vista metrico, prosodico e rimico è perfettamente costruito: ci sono sei ritornelli
in forma di distici che cominciano tutti per “Ay Amor que se fue” e fra questi ritornelli ci sono 6 strofe: le
prime quattro sono quartine e le ultime due sono dei distici. Ci sono due assonanze importanti visibili nei
versi pari: l’assonanza i/o e l’assonanza a/e.

Il fiume Guadalquivir
Che scorre tra aranci e ulivi questo fiume è descritto quindi in un paesaggio molto fertile
I due fiumi di Granada
Scendono dalla neve al grano scendono cioè dalle montagne che nascono quindi nella Sierra e vanno verso
le piantagioni di grano.
Amore,
che è andato via e non è tornato Il ritornello ricorda il canto andaluso è oscuro, non descrive in modo
preciso qualcosa ma allude ad un’assenza, a una perdita.

Il fiume Guadalquivir anafora col primo verso che pone enfasi proprio sul fiume
Ha la barba di color rosso antropomorfizza il fiume
I due fiumi di Granada
Uno porta pianto e l’altro sangue qui prevale il colore rosso che è il colore di vita di passione ma anche di
dolore e questi due fiumi di Granada infatti portano pianto e sangue c’è qui il tema del pianto che esce dal
cuore cioè un pianto profondo e che quindi porta sangue quindi sono lacrime di sangue perché lacrime di
dolore profondo che provengono dal cuore.
Amore
Che è andato via nell’aria continua questa espressione di assenza, un amore che è sfumato, perduto andato
via però qui con una variatio perché Lorca sostituisce “vino” con “aire”.
Per le barche a vela
Siviglia ha un cammino
Per l’acqua (fiumi) di Granada
Solo remano i sospiri qui è rappresentata la contrapposizione tra Siviglia e Granada. Siviglia presentata
come una città allegra, accogliente con un fiume che scorre tra aranci e ulivi e che può accogliere e
trasportare molte vele e quindi persone mentre i fiumi di Granada trasportano solo pianto e sangue e remano
solo sospiri; il sospiro è sinonimo di sofferenza, di tormento, di inquietudine.
Amore
Che è andato via e non è tornato
Guadalquivir, alta torre
E vento fra gli aranceti.
Dauro e Genil, piccole torri
Morte sugli stagni. Qui c’è una riduzione della forza e della sontuosità tra queste due città presentate da
questi due fiumi: Siviglia alta torre, Granada piccola torre, morta cioè priva di vita, ha una struttura che
ricorda la morte e il termine stagno accentua ancora di più questa immagine perché lo stagno è un luogo in
cui l’acqua è stantia, non scorre. Nella poetica Lorchiana l’acqua stantia è sempre simbolo di morte, di
sofferenza. Quindi Siviglia vitale, Granada moribonda, vicina alla morte
Amore
Che è andato via nell’aria.
Chi dirà che l’acqua trasporta un fuoco fatuo di grida. Il fuoco fatuo è un fuoco derivato dalla combustione
di gas che si originano da sostanze animali in putrefazione. Quindi è un fuoco che rimanda alla morte perché
generato da sostanze animali o vegetali in putrefazione quindi il fuoco fatuo di grida è una metafora che
evoca una sorta di presenza di fantasma, anime morte che vagano per il fiume.
Amore
Che è andato via e non è tornato.
Porta fiori d’arancia, porta olive
Andalucia ai tuoi mari. Qui non parla più né di Granada né di Siviglia ma di Andalucia quindi di tutta la
regione, cambia il soggetto. Si rivolge all’intera terra.
Amore
Che è andato via nell’aria. Ritornello che evoca sempre uno stato di nostalgia e di assenza.

In questo componimento i tre fiumi diventano un mezzo attraverso il quale Lorca descrive le
contrapposizioni e le similitudini della sua terra. Il Guadalquivir, infatti, è il più importante e per questo
rimanda alla maestosità della città di Siviglia, capoluogo della regione. Il Dauro e il Genil sono invece
affluenti minori, quasi derisi da Lorca, a cui è accostata Granada, città in cui il poeta ha trascorso la maggior
parte della sua vita, ma che si trova sempre in secondo piano rispetto al prestigio di Siviglia. C’è tuttavia un
elemento che accomuna i fiumi: l’acqua, tematica molto cara all’autore perché sinonimo di una vita che
scorre frettolosa verso il mare e quindi il tentativo di fuga dell’uomo dalla monotonia.

CANCION DEL JINETE


Si tratta di un testo dove è completamente assente l’elemento narrativo, si descrivono delle situazioni, delle
scene ma in modo molto evasivo senza dare dettagli concreti, senza presentare il personaggio in maniera
precisa. Questa vaghezza è enfatizzata anche dalla struttura del componimento che presenta frasi brevi,
spesso nominali senza verbo in cui ci sono solo aggettivi e sostantivi. È un testo contrassegnato
dall’assonanza o-a che si ripete costantemente nelle sedi pari (sola, alforja, Cordoba, roja, Cordoba, …) e
anche dalla ripetizione insistita del toponimo Cordoba, città andalusa, alla fine di ogni strofa e questo la
rende l’altra grande protagonista della poesia oltre al jinete. È formata da 3 quartine e 2 distici. Un’altra
grande particolarità della poesia è questo ritornello che si presenta all’inizio e alla fine del componimento
dandogli quindi una struttura circolare e si tratta di una tecnica molto diffusa nel canto flamenco che si tratta
proprio della ripresa della prima strofa alla fine del componimento.
A livello tematico non racconta nulla di particolare, evoca più che altro situazioni e atmosfere di fatti
difficilmente spiegabili razionalmente Qui cerca di presentare il simbolo dell’Andalucia che è l’uomo a
cavallo che spesso è anche presentato come un bandito, un criminale, una persona che vive ai margini della
legalità che cerca di raggiungere il luogo del desiderio ovvero Cordoba consapevole però che quella
"Cordoba lontana e solitaria" non potrà mai raggiungerla perché arriverà la morte cioè quel del fato come
regolatore della vita degli essere umani, contro cui è inutile lottare.
Cordoba
Lontana e sola.
Cavalla nera, luna grande parallelismo perfetto (sost. + agg/sost. + agg.)
e olive nella mia bisaccia in questi due versi c’è la descrizione del tipico jinete andaluso che ha il cavallo
nero e che porta con se una bisaccia di olive.
Sebbene conosca le strade è il cavaliere stesso che parla di se stesso, l’io lirico si identifica con il
protagonista del testo, non c’è un io lirico esterno.
Io mai arriverò a Cordoba qui sta anticipando un esito funesto di questo suo cammino.
Per la pianura, per il vento,
cavalla nera, luna rossa verso uguale al terzo con la variazione dell’aggettivo della luna. Il passaggio da
una luna grande a una luna rossa indica il passaggio del tempo: quando la luna è grande è notte fonda,
quando è rossa vuol dire che stanno cominciando i bagliori dell’alba, il sole comincia ad affacciarsi. Con
questo cambio di aggettivazione, non solo costituisce un cambio di rima ma offre anche al lettore la chiave di
lettura di un passaggio temporale; lui ha fatto un percorso e attraverso questo percorso, la luna è cambiata
perché appunto sono passate delle ore e sta arrivando il giorno.
La morte mi sta guardando
Dalle muraglie di Cordoba la morte mi sta aspettando dalle mura di Cordoba, da proprio l’immagine di
questo personaggio che corre verso il suo destino che è la morte.
Ah che cammino lungo la ripetizione di questo “Ay” richiama la SIGUIRIYA una forma tipica del canto
flamenco molto amato da Lorca che prevede appunto strofe di cinque o quattro versi con rima assonante nei
pari. E questa esclamazione Ay è una sorta di lamento dovuto al fatto che non riesce a raggiungere la sua
meta.
Ah cavalla mia valente
Ah che la morte mi aspetta
Prima di arrivare a Cordoba.
Cordoba,
lontana e sola.

Con questa poesia Lorca vuole esprimere il suo forte legame con il patrimonio folklorico andaluso.

LUCìA MARTINEZ
Poesia incentrata sulla descrizione di una figura femminile estremamente sensuale, la cui sensualità viene
descritta con un simbolismo erotico molto forte. Qui tratteggia e rievoca una situazione senza fornire
dettagli, elementi…semplicemente crea un’immagine estremamente sensuale.

È un testo che come “cancion del jinete” si apre con un ritornello costituito da un senario –Lucia Martinez- e
da un ottosillabo –umbrìa de seda roja- e che si ripete parzialmente anche alla fine del componimento. I
ritornelli sono dei distici e le due strofe interne sono delle quartine.
Anche in questa poesia abbiamo l’assonanza o/a che si ripete nelle sedi pari e anche la parola roja si ripete
cioè il colore rosso che serve proprio a sottolineare la passionalità della donna.

Già nel ritornello abbiamo una caratterizzazione di questa donna.


Lucia Martinez.
Ombrosa di seta rossa.ossimoro perché c’è l’accostamento di questi due aggettivi: umbria cioè cupa, scura
e l’aggettivo roja che invece è il colore acceso e brillante per eccellenza è un ossimoro che rivela la
sensualità oscura e inquietante di questa donna.
Le tue cosce come la sera il sostantivo muslos (cosce) serve proprio ad evocare la sensualità perché zona
particolarmente erotica della donna.
Vanno dalla luce all’ombra cioè le cosce della donna, così come la sera che va dal buio verso il giorno e la
luce, vanno da una zona più chiara a una più scura.
I reconditi giaietti metafora del giaietto che è una pietra scura che invece rimanda all’oscurità che c’è fra
le cosce, a quel luogo profondo all’interno delle cosce, quindi precisamente al pelo pubico.
Oscurano le tue magnolie metafora della magnolia che è un fiore bianco e sta a rappresentare il colore
bianco della pelle delle cosce.
Eccomi, Lucia Martinez.
Vengo a consumarti la bocca qui viene esplicitato il contatto fisico
E a trascinarti per i capelli
In un’alba di conchiglie simbolismo erotico: metafora lessicalizzata per il sesso femminile. madrugada
metafora dell’alba intesa come inizio del giorno, come bagliore come inizio di qualcosa, de conchas che
allude alla consumazione dell’atto sessuale. Quindi madrugada de conchas perché c’è una condivisione.
Perché voglio, e perché posso quindi l’io lirico è incapace di resistere alla tentazione di questa donna che
seppur cupa e inquietante è piena di passione.
Ombrosa di seta rossa.

ROMANCE DE LA LUNA LUNA


Il Romance è un genere poetico lirico-narrativo molto antico, nato nel medioevo e che in Spagna ha avuto
una grande tradizione proprio per questo suo legame con la cultura popolare e con la trasmissione popolare;
per questo motivo è molto amato da Lorca il quale scrive una serie di testi uniti nella raccolta
ROMANCERO GITANO che sono strutturati alla maniera dei Romances: testi formati da versi ottosillabi
assonanzati nelle sedi pari. Troviamo infatti qui l’assonanza a-o nei versi pari.

Ed essendo un Romance è un testo che racconta una storia: Lorca qui calca il mito classico di Endimione,
pastore del quale la luna si era innamorata e proprio per questo amore che sentiva per lui lo andava a trovare
ogni notte nella grotta del monte Latmos, dove lui però dormiva di un sonno perenne. Quindi è la storia di un
amore impossibile tra il pastore e la luna.
Lorca conosceva questo mito classico, lo riprende ma in maniera molto originale, rivisitandolo e adattandolo
al mondo poetico andaluso che lui voleva costruire quindi senza cadere nel descrittivismo e nel realismo
logico perché Lorca, essendo poeta della generazione del ’27 aveva superato questi elementi e aveva una
visione della cultura poetica che si allontanava radicalmente da quella razionale e realistica in nome di una
cultura più giovane cioè meno tradizionalista e conservatrice e proprio per questo motivo in questo testo
unisce mito, infanzia e mondo gitano.
Nel testo di Lorca il giovane Endimione diventa un bambino che la luna seduttrice porta via con se
lasciandone sulla terra solo il corpicino addormentato e quindi morto. Quindi questa luna che è personificata
perché descritta come una figura femminile con le sue braccia e con i suoi movimenti, è una luna che però
che invece di recarsi in visita dal suo amato è una luna che sottrae un bambino alla comunità gitana alla
quale appartiene, lo sottrae e quindi simbolicamente lo uccide, gli prende l’anima e lo porta in cielo. Quindi a
differenza del mito dove c’è la seduttività della luna, qui la luna risulta fredda, fatale e nefasta perché
portatrice di morte (come avviene spesso nella produzione di Lorca, la luna ha una connotazione negativa).

Abbiamo due sequenze narrative: la prima che va dal verso 1 al 9 e una seconda che va dal 21 al 36 dove c’è
una voce narrante esterna che descrive una situazione presentando i personaggi; e poi c’è una sequenza
centrale che invece è dialogica in cui assistiamo ad un dialogo fra la luna e il bambino.
La luna venne alla fucina fucina è il luogo dove vengono lavorati i metalli quindi primo elemento lessicale
che introduce il mondo gitano; infatti la loro principale attività era proprio la lavorazione dei metalli.
col suo abito di nardi.  è una luna vestita di bianco, quindi rimanda al biancore della luna.
Il bambino la guarda, guarda epanalessi/ripetizione che ricorda il linguaggio infantile ad esempio il
linguaggio delle ninne nanne. Lorca contestualizza quindi un mondo infantile proprio per cercare di
eliminare l’aspetto razionale della poesia di quegli anni.
Il bambino la sta guardando.
Nell’aria commossa
la luna muove le sue braccia descrizione antropomorfizzata della luna
e mostra, lubrica e pura ossimoro perché lubrica cioè audace ma anche pura che si riferisce al colore
i suoi seni di stagno duro lo stagno è un altro metallo e in Lorca il metallo ha sempre una connotazione
negativa, funesta, portatrice di disgrazie perché è un materiale freddo, morto.
Fuggi luna, luna, luna.
Se venissero i gitani
farebbero col tuo cuore
collane e bianchi anelli parla il bambino. C’è sempre il cromatismo del colore bianco applicato alla luna.
Bambino, lasciami ballare.
Quando verranno i gitani,
ti troveranno nell’incudine
con gli occhietti chiusi qui la luna sta anticipando l’epilogo della storia cioè la morte del bambino.
Fuggi, luna, luna, luna
che già sento i loro cavalli.
Bambino lasciami, non calpestare
il mio biancore inamidato.
Il cavaliere s’avvicina
suonando il tamburo del piano.
nella fucina il bambino
ha gli occhi chiusi.
Tra gli ulivi venivano,
bronzo e sogno, i gitani bronzo altro metallo che qui però forse si riferisce al colore olivastro dei gitani.
le teste alzate
e gli occhi socchiusi perché immersi in un torpore da sonno.

Come canta il barbagianni,


ah, come canta sull’albero!
Nel cielo va luna
con un bimbo per mano descrizione della luna che porta le anime, immagine inventata da Lorca di questa
luna che va per il cielo portando per mano questo bambino che lei aveva ucciso rubandone l’anima.

Nella fucina piangono,


gridano, i gitani piangono perché si sono resi conto della morte del bambino.
Il vento la veglia, veglia.
Il vento la sta vegliando versi ripresi da una ninna nanna andalusa

ROMANCE SONAMBULO
Testo di sei strofe formate da ottosillabi assonanzati nelle sedi pari con l’assonanza a-a.
È il romance più esteso della raccolta e ha una componente narrativa molto definita e ruota attorno a
personaggi che appartengono al mondo gitano.
In questo testo Lorca opera una raffinata operazione intertestuale cioè ricorre ad altri testi e tradizioni per
costruire un nuovo componimento. Il primo che cita senza dichiararlo è una copla andalusa popolare di
tradizione folklorica da cui riprende il primo verso “verde que te quiero verde”. Sicuramente nella tradizione
popolare questo verso aveva un significato diverso ma Lorca qui riprese questo verso per creare un incipit
molto poetico ed emblematico anche perché questo verso non si inserisce in una frase dotata di senso ma è
solo una citazione che serve quasi a contestualizzare questo testo in un ambiente rurale e fortemente popolare
che Lorca vuole ricreare.
Il colore verde è alla base del cromatismo di questo testo, connotato sempre in modo negativo perché il verde
indica morte, putrefazione, decomposizione, è il colore che in questo testo indica l’acqua stantia della
cisterna che a sua volta è il luogo nel quale avviene una morte, la morte di una fanciulla.
Infatti la trama di questo Romance parla di una fanciulla che aspetta il ritorno del suo amato che è un gitano
e molto probabilmente è un contrabbandiere, questo gitano non torna e lei disperata si suicida gettandosi
nella cisterna. Il Romance infatti inizia proprio con un’immagine di morte cioè con la descrizione di questa
figura femminile che galleggia sull’acqua della cisterna nella produzione lorchiana l’acqua stantia ha
sempre una connotazione negativa. Poi accade che alla fine il gitano torna ma la tragedia si è già consumata,
arriva ferito a morte quindi sa di non poter vivere a lungo incontra il padre di lei chiedendogli ospitalità e il
suocero gli risponde facendogli capire che quella casa non è più la sua casa e che lui non è più lo stesso
perché è successo qualcosa di grave che lo ha cambiato ed insieme infatti raggiungono insieme la cisterna
dove appunto vedono e contemplano il corpo della fanciulla. L’ultima parte del Romance ha a che vedere
con la guardia civile che cercano il bandito ferito a morte cioè il gitano per arrestarlo.

La prima sezione del testo è incentrata sulla presentazione dell’ambiente e dell’accaduto.


Verde que te quiero verde ha la funzione di potenziare la volontà del parlante perché c’è un verbo espresso
in prima persona che sottolinea la volontà di un parlante che è il poeta di volere il verde. Questa frase isolata
è difficile da comprendere. Epanadipolosi perché il verso si apre e si chiude con la stessa parola.
Verde vento. Verdi rami anadiplosi perché il verso si apre con la stessa parola del verso precedente e
epanalessi perché abbiamo “verdi rami”. Sono tutte figure di ripetizione che servono ad enfatizzare.
La nave sul mare
e il cavallo sulla montagna la nave e il cavallo sono elementi che rimandano al mondo gitano e soprattutto
al contrabbandismo perché la barca era il mezzo con il quale avvenivano gli scambi clandestini e il cavallo
serve al contrabbandiere di portare le merci per smerciarle.
Con l'ombra nella vita cioè avvolta nella morte, sombra è sinonimo di morte perché assenza di luce
lei sogna nella sua balaustra balaustra è sineddoche di cisterna. Il sogno qui indica una condizione che va
oltre il sensibile, oltre il razione e quindi è sinonimo di morte
verde carne, chioma verdeutilizza il verde per descrivere la figura femminile quindi carne e capelli verdi
perché immersi in un’acqua stantia e quindi simboli di morte.
con occhi di freddo argentol’argento è un metallo e come tale in Lorca ha una connotazione negativa e qui
essendo freddo indica proprio l’assenza di vita, di calore che invece caratterizza la persone vive.
Verde que te quiero verde.
Sotto la luna gitana metonimia perché è la luna dei gitani, la luna che in quel momento sta osservando una
comunità di gitani.
le cose la stanno guardando
e lei non può guardarlequindi è morta, non è cosciente di ciò che succede attorno a lei di conseguenza può
essere osservata ma non può osservare.

Nella seconda sezione del testo Lorca descrive il momento della giornata nel quale si svolge l’azione, il
momento fra la notte e il giorno, il momento in cui finisce l’oscurità e quindi la fine della vita della donna.
Verde que te quiero verde.
Grandi stelle di brina rappresentano le stelle che nel cielo che costituiscono una variazione al nero della
notte
vengono col pesce d'ombra ombra è oscurità e il pesce è metafora che si riferisce a qualcosa di guizzante
quindi l’immagine delle stelle di brina che vengono con il pesce di ombra sta ad indicare la repentina
apparizione di luci all’alba che interrompono l’oscurità del cielo notturno e che indica quindi il passaggio
dalla notte al giorno.
che apre la strada dell'alba.
Il fico sfrega il suo vento
con la rima dei suoi rami, il fico viene antropomorfizzato rappresentato mentre con i suoi rami scuote il
vento
e il monte, gatto selvatico il monte rappresentato come un gatto selvatico che drizza il pelo qui è il monte a
drizzare le sue piante.
arriccia i suoi arbusti aspri.
Ma, chi verrà? e da dove? doppia domanda in cui il poeta anticipa il fatto che qualcuno si sta avvicinando
al luogo dove si è consumata la tragedia.
Lei sempre alla sua balaustra,
verde carne, pelo verde disposizione incrociata degli elementi sintattici agg+sost / sost+agg.
sognando l'amaro mare si ripropone l’immagine del sogno che ripropone la morte e sta sognando il mare
amaro crudele che le ha sottratto l’amato e che l’ha costretta a suicidarsi.

Nella terza parte c’è un dialogo fra i personaggi.


Compare, vorrei scambiare compadre è un modo che ha il giovane di rivolgersi al suocero.
il mio cavallo con la tua casa,
la mia sella col tuo specchio,
il mio coltello con la tua coperta ripetizione del “mio” crea un’anafora, versi che hanno la stessa struttura
sintattica cambiando solo il sostantivo.
Compare, arrivo insanguinato
dai passi di Cabra località in provincia di Cordova famosa perché punto nevralgico del contrabbandismo.
- Se potessi, ragazzino,
il cambio sarebbe già fatto.
Ma io non sono più io,
né la mia casa è più la mia casa
- Compare, voglio morire
decentementee nel mio letto.
Molle d'acciaio, se è possibile,
con le lenzuola d'Olanda cioè lenzuola pregiate.
Non vedi questa ferita
dal petto alla gola?
- Trecento rose scure
Porta la tua camicia bianca metafora che indica le macchie di sangue sulla camicia
Il tuo sangue gocciola e odora
Intorno alla tua cintura.
Ma io non sono più io,
né la mia casa è più la mia casa qui rivela tutta la sua disperazione, che non può aiutarlo perché anche la
sua vita è finita
- Lascia almeno che salga
fino alle alte balaustre;
lascia che salga, lascia,
alle verdi balaustre l’utilizzo dell’aggettivo verde da parte del ragazzo ci fa intendere che lui ha già capito
quello che è successo anche se nel dialogo non c’è riferimento a ciò.
balaustre della luna
per dove rimbomba l'acqua indica l’acqua ristagnante ma che allo stesso tempo rimbomba come se
appunto ci fosse qualcosa immerso. Ciò rende l’immagine ancora più inquietante.

Salgono i due compari


alle alte balaustre.
Lasciando una traccia di sangue si riferisce al giovane che sanguina perché ferito
Lasciando una traccia di lacrime per il dolore che stanno provando per la morte. Versi parallelistici
Tremavano sui tetti
lucine di latta metafora del mondo naturale che si riferisce alle stelle
Mille aquiloni di cristallo
Ferivano l'alba vuol dire che queste luci dell’alba che si muovono nel cielo sono paragonati a degli
aquiloni. Il verbo ferire indica in qualche modo anche una natura sofferente cioè che partecipa anch’essa al
dolore di questi personaggi.

Verde que te quiero verde,


verde vento, verdi rami ripetizione di questi stessi versi.
I due compari salirono.
Il lungo vento lasciava
in bocca uno strano sapore
di fiele, di menta e basilico questa sequenza di sostantivi indica il gusto amaro quindi ha a che vedere con
il colore verde. Il richiamo a queste erbe è un modo per rievocare il cromatismo del verde che a sua volta
rimanda alla sofferenza, alla morte a qualcosa di negativo.
- Dove sta, dimmi, compare!
Dove è, la tua ragazza amara?
- Quante volte t'ha aspettato!
Quante volte t'aspettò,
viso fresco, nera chioma
a questa verde balaustra qui sta descrivendo la figlia quando era ancora viva mentre aspettava il suo
amato.

Sulla faccia della cisterna


la gitana si dondolava perché essendo morta galleggiava sull’acqua.
Verde carne, chioma verde
con occhi di freddo argento.
Un ghiacciolo di luna
la sostiene sull'acqua metafora, immagine di una luna non piena e che quindi ha la forma un po’ allungata
che si riflette nella cisterna e quindi in questo modo sembra un ghiacciolo che stesse lì a sostenere la
fanciulla.
La notte si fece intima
come una piccola piazza quindi la notte sta finendo, si sta facendo giorno.
Guardie civili ubriache
alla porta bussarono ubriache caratterizza negativamente le guardie perché Lorca se da una parte esalta il
mondo gitano dall’altra attacca la guardia civile perché rappresenta l’ordine di una società ottusa, che limita
la libertà dei cittadini, che perseguita ed opprime. Quindi l’alcolismo, l’ubriachezza sono condizioni che
Lorca condanna fermamente.
Verde que te quiero verde.
Verde vento. Verdi rami.
La nave sul mare.
E il cavallo sulla montagna sono solo la ripetizione dei versi iniziali come in una sorta di ciclo, conclude il
romanzo così come lo aveva aperto per puntualizzare che il contesto è quello gitano.

ROMANCE DE LA PENA NEGRA


È un romance che rappresenta la disperazione di Soledad Montoya che rappresenta la donna gitana e come
tale incarna il sentimento di pena profonda, di sofferenza, di martirio quasi che interessa tutto il popolo
gitano. I gitani sono sempre rappresentati come un popolo perseguitato, emarginato, sempre ai limiti della
sopravvivenza, sempre immerso quindi in una condizione di dolore e sofferenza.
Ci sono richiami intertestuali ad altri testi come: el poema de la soleà contenuto nella raccolta del cante
jondo che narra la vicenda di Soledad Montoya quindi Lorca mette in connessione questi due testi. Inoltre
la vicenda che lui tratteggia si ricollega anche ad altre storie che Lorca crea: ad esempio la figura della gitana
che si uccide gettandosi nella cisterna per la disperazione che il suo amato non torna a casa è una sorta di
continuazione della storia del Romance de la pena negra infatti qui la protagonista è una donna disperata
d’amore che sta attendendo qualcosa che non viene cioè il suo amore. Per questo è presa dalla pena negra,
una disperazione profonda.

Versi ottosillabi con assonanza o-a nei versi pari.


L’incipit del Romance è un richiamo a un verso del poema de mio cid, poema epico castigliano redatto
intorno al 1140 che narra le vicende di un condottiero Rodrigo Diaz De Vivar.

Le piccozze dei gallipiccozza metafora del becco dei galli


scavano cercando l’aurora è espressione di luce, delle prime luci dell’alba.
quando per il monte oscuro il monte oscuro ricorda la descrizione del calvario di Gesù.
scende Soledad Montoya.
Rame giallo, la sua carne rame in quanto elemento metallico ha un’accezione negativa e il colore giallo è
anch’esso negativo legato alla sofferenza d’amore.
odora di cavallo e d’ombra cavallo rievoca il mondo gitano suggerendo la presenza di una figura maschile
e ombra essendo oscura e mancanza di luce è presagio di morte.
I suoi seni sono incudini affumicate, il suo corpo si trasforma in un metallo, assume le fattezze di un
materiale metallico perché vicino alla morte e affumicato sottolinea l’immagine del fuoco cioè della passione
che consuma.
gemono rotonde canzoni.

Da qui comincia un dialogo tra Soledad Montoya e il poeta stesso che è spettatore di tutto.
– Soledad, chi stai cercando
sola a quest’ora? -
– Chiunque io vada cercando, epanadiplosi il verso inizia e finisce con la stessa parola
dimmi: a te che t’importa?
Vengo a cercare quel che cerco insistenza nelle ripetizioni. La risposta della fanciulla è molta evasiva non
precisa.
l’allegria e la mia persona. - qui soledad dice proprio che è completamente alienata, che ha perso se
stessa, la gioia di vivere e che quindi sta cercando disperatamente di riconquistarla.
– Soledad delle mie pene,
cavallo che si imbizzarrisce, similitudine tra Soledad e il cavallo che non si riesce più a tenere
alla fine trova il mare
e se lo divorano le onde. - descrizione di una scena di morte che è l’annegamento di questo cavallo che è
Soledad che è talmente disperata che l’unica soluzione possibile è la morte.
– Non mi ricordare il mare
perché la pena nera sorge
nelle terre dell’oliva perifrasi per indicare le terre dell’Andalucìa.
sotto il brusio delle foglie. - immagine legata alla natura andalusa
– Soledad, che pena provi!
Che pena dolorosa!
Piangi succo di limone
agro di attesa e bocca  sinestesia perché Lorca unisce due sensi: da un lato il gusto che si riferisce al
limone e la vista e il tatto riferito alle lacrime, tutto per indicare l’asprezza del pianto che è dolorosa questa
attesa che genera il pianto è molto dolorosa.
Che pena immensa! Corro
per casa come una pazza,
le mie trecce per terra
dalla cucina alla stanza da letto.
Che pena! Sto diventando
d’ambra nera, nella carne e nei vestito cioè sto facendo diventare nere la mia carne e i miei vestiti; quindi
c’è un’evoluzione del colore: dal giallo che esprime sofferenza e dolore si passa al nero per indicare proprio
il cammino verso la morte.
Ahi, le mie sottane di filo!
Ahi, le mie cosce di papavero qui le cosce della donna sono associate al colore rosso del papavero e questo
indica il dolore di questa donna che sa di avere una grande passione che però non può essere espressa perché
è sola. Così come le sottane di lino che non potrà utilizzare perché non potrà sposarsi quindi la sua passione
di gioventù rimarrà senza soddisfazione quindi presagio di morte.
Soledad: lavati il corpo
con l’acqua delle allodole, questa immagine è come un invito del poeta ad approfittare del nuovo giorno
per liberarsi da questa pena e lavare quindi quel nero che ricopre il suo corpo, quindi la invita ad andare oltre
la pena, a cercare di combatterla.
e lascia il tuo cuore
in pace, Soledad Montoya.
Qui finisce il dialogo tra il poeta e Soledad e inizia l’ultima parte in cui il poeta esprime alcuni temi del testo.

In basso canta il fiume:


orlo di cielo e di foglie metafora dell’andamento sinuoso del fiume che lo paragona ad una balza di cielo e
foglie quindi un fiume che ingloba in se un po’di cielo e di foglie.
Con fiori di zucca altra metafora naturalistica per descrivere l’arrivo delle luci dell’alba. Qui i fiori di
zucca sono gialli e il giallo indica le luci del sole.
la nuova luce si corona.
Oh pena dei gitani
Pena pura e sempre sola pena totale, assoluta che coglie tutto il popolo gitano
Pena di alveo occulto pena che ha un origine oscura, indecifrabile quasi connaturata al popolo gitano, ha
un’origine lontana e profonda che non si possono spiegare.
e d’alba remota altra metafora per indicare una pena che ha delle origini profonde e lontane che non si
possono spiegare.

POETA EN NUEVA YORK


È una raccolta che nasce a seguito di una profonda crisi sentimentale ma anche letterale che Lorca ebbe
intorno al 1928 con la pubblicazione di Romancero gitano; crisi che lo portò ad allontanarsi dalla propria
terra e soggiornare a New York dove conobbe molti connazionali. Questo soggiorno fu devastante per Lorca
perché New York era già una metropoli, industrializzata in cui esistevano differenze sociali fortissime, un
razzismo molto accentuato nei confronti dei neri che infatti gli ricordò il razzismo nei confronti dei gitani
tanto è che Lorca associa queste due etnie in poeta en Nueva York infatti l’emarginazione, la povertà, la
sofferenza è incarnato dal popolo nero così come in Romancero gitano era incarnato dai gitani.
Questa raccolta è l’espressione di questo contatto con New York; in una conferenza infatti disse che questa
raccolta doveva chiamarsi più che altro Nueva York en un poeta proprio perché lui aveva cercato in questi
testi scritti di descrivere ciò che la città aveva prodotto dentro di lui, gli effetti che il vivere a new york gli
aveva suscitato. Per Lorca questo soggiorno fu quindi l’occasione per dare corpo a quella ricerca di
cambiamento poetico che non era riuscito a compiere fino a quel momento. Cioè entrare a contatto con quel
mondo fu un’esperienza talmente forte che gli diede la possibilità di ricercare un nuovo modo di
scrivereciò non vuol dire che Lorca cambia il suo stile ma in questa raccolta cerca di creare versi
immaginifici, una poesia più complessa che dal punto di vista formale rompe tutti gli schemi, non rispetta più
uno schema ben preciso di rime o assonanze come nella produzione precedente. Con questa raccolta entra a
pieno nel verso libero, sciolto insomma in una poesia contemporanea che era meno sensibile agli
schematismi e al rigore formale che invece aveva governato la poesia modernista.

VUELTA DE PASEO
È il primo componimento della raccolta.
A livello strutturale è formata da piccole strofe: una quartina iniziale e poi quattro distici seguenti. Non c’è
una misura sillabica fissa (abbiamo versi di 9, 11, 12 sillabe), versi liberi, non ci sono rime perfette, c’è solo
un’assonanza e/o che lega il primo e il quarto verso della prima strofa e poi i versi finali dei distici.
In questo componimento Lorca esprime la sua inquietudine, un conflitto interiore che vive su due fronti:
quello personale di un uomo smarrito che ha perso una propria identità a causa soprattutto della repressione
per colpa della sua omosessualità e che di conseguenza è determinato a trovare il suo posto nel mondo;
dall’altro; dall’altro era una crisi letteraria legata quindi alla sua attività di poeta.

Il titolo ci rimanda a una circostanza anche piacevole cioè il ritorno da una passeggiata che lui aveva svolto a
New York. È però una passeggiata che ha prodotto in lui sensazioni macabre, terribili e di grande angoscia
come si può percepire già dal primo verso.

Assassinato dal cielo il cielo diventa quasi un individuo che può uccidere, si personifica quando invece il
cielo è un luogo quasi intangibile come per dire che si trova in un ambiente in cui tutto è ostile persino il
cielo.
Tra le forme che vanno verso la serpe
e le forme che cercano il cristallo versi che rimandano alla crisi letteraria che Lorca stava vivendo;
l’immagine del serpente e l’immagine del cristallo sono completamente opposte dal punto di vista del
significato: la serpe è un animale quindi vitale che si muove in maniera ondulatoria quindi indica qualcosa di
vivo, di concreto, vitale; il cristallo invece è un minerale quindi rigido, inerte e quindi rimanda all’idea di una
scrittura formalmente rigorosa ma che è priva di vita qui Lorca quindi contrappone due modi di scrivere
poesia: uno è quello della poesia impura cioè contaminata dalla vita, una poesia dove il poeta esprime tutto il
suo mondo interiore e quindi i versi raccolgono questo vitalismo che c’è intorno al poeta; l’altro è quello
della poesia pura è una poesia che cerca la perfezione formale, senza lasciarsi contaminare dal mondo
esterno, poesia resistente a incursioni esterne. Lorca cerca quindi di esprimere proprio quello che lui vuole
nella poesia: evitare la perfezione formale, la poesia rigida, fredda, geometrica e cercare invece una poesia
che rispecchiasse tutto il suo mondo interiore.
lascerò crescere i miei capelli nel senso che lascerà che tutto vada come deve andare.

Con l’albero di monconi che non cantametafora composta. Il moncone è il ramo rotto di un albero che non
canta l’albero si personifica ed è un’immagine che ci rimanda ad un albero popolato da uccelli cioè un
albero di monconi è un albero dove non ci sono più rami e di conseguenza non canta perché non può
accogliere gli uccelli che normalmente cantano sui rami degli alberi.
E il bambino col bianco volto dell’uovoimmagine di un bambino che ha un volto ma che però è come una
superficie piana che non ha più gli elementi che costituiscono normalmente un volto, proprio come quella di
un uovo quindi piatta e bianca.
Queste due immagini sono di privazioni (l’albero privo di rami e il bambino privo di naso, occhi, bocca) che
introducono il sentimento di angoscia che sta vivendo il poeta.

Con gli animaletti dalla la testa rotta altra immagine di privazione


e l'acqua fibrosa dei piedi asciutti quindi un’acqua secca immagine di morte assoluta perché l’acqua
quando si asciuga è indice di morte; in questo caso l’acqua priva di umidità indica una perdita.
Sta ancora spiegando Lorca quello che prova, tutti sentimenti di desolazione.

Con tutto quello che ha stanchezza sordomuta immagine di grande angoscia perché stanchezza sordomuta
è una stanchezza che non si può manifestare
e farfalla affogata nel calamaio il calamaio è un riferimento meta-poetico cioè alla sua attività di scrittore.

Inciampando sul mio volto diverso di ogni giornoun volto quindi che si trasformaqui esprime tutta la
sua crisi di identitàun volto che cambia è un volto instabile. Esprime il proprio tormento perché non riesce
a trovare una propria dimensione.
Assassinato dal cielosi chiude a cerchio.
LA AURORA
In questo testo Lorca ci dà una delle immagini più inquietanti della città di New York parlando del momento
iniziale della giornata che è appunto l’aurora (momento positivo, di rinascita, connotato in termini di gioia, di
allegria), invece in questa poesia c’è spazio solo per l’angoscia, la disperazione, la privazione, la perdita che
è il campo semantico del componimento.
È un testo che dal punto di vista formale ha una struttura ibrida perché ha: le due strofe iniziali che sono
quartine con versi liberi e sciolti cioè non hanno la stessa misura sillabica e non sono nemmeno uniti da rime
o assonanze; poi ci sono le ultime 3 quartine composte invece da versi alessandrini quindi 14 sillabe. Non ci
sono rime o assonanze particolari ma abbiamo l’anafora con “la aurora de Nueva York” che ci fa capire
proprio che è il tema centrale della poesia, personificata, presentata quasi come un personaggio che si muove
che agisce che fa parte di questo paesaggio newyorkese che Lorca sta vivendo e soffrendo.

L'aurora di New York ha


quattro colonne di fangometafora che rievoca i grattacieli di New York. Colonne però fatte di fango: il
fango è un materiale di un colore grigio che certamente non ci ricorda l’aurora ma soprattutto è un materiale
povero, poco nobile e degradabile perché si plasma non ha solidità quindi è un materiale che non può
sostenere le colonne.
e un uragano di nere colombela colomba è solitamente un uccello bianco per cui sinonimo di purezza. In
questo caso sono nere perché sguazzano nelle acque putride, nelle acque stantie, quindi sono nere di
sporcizia di squallore ed è un’immagine quindi totalmente contraria alla purezza e alla pace.
che sguazzano nelle acque putride.

La aurora di New York geme verbo che personifica ancora di più l’aurora.
per le immense scalealtro elemento architettonico che si ricollega alla città.
cercando nei bordi (delle scale)
nardi di angoscia disegnatail nardo è un fiore bianco che indica anch’esso purezza e candore quindi è un
corrispettivo di “palomas” però qui sono portatori di qualcosa di negativo.
Qui abbiamo la descrizione di elementi architettonici legati alla città e elementi vitali come i nardi che sono
dei fiori, sempre però in una visione fortemente negativa.

L'aurora arriva e nessuno l'accoglie nella sua boccaintroduce una simbologia cristiana facendo
riferimento all’eucarestia come nutrimento dello spirito quindi come momento di rinascita. Quindi l’aurora
arriva e non produce l’effetto che dovrebbe produrre cioè l’effetto di rinascita.
perché non c'è domani né speranza possibilequi esplicita ciò che voleva dire attraverso le immagini usate
fino ad ora ovvero che a New York tutto è negativo, non c’è posto per la speranza e per il futuro.
A volte le monete in sciami furiosiintroduce la metafora dello sciame applicata al capitalismo.
trapassano e divorano bambini abbandonati bambini prima immagine umana.

I primi che escono sentono con le proprie ossa


che non ci saranno paradisi né amori sfogliatiimmagine di negazione di tutto ciò che può essere positivo
come lo può essere un paradiso o anche un amore consumato infatti amori sfogliati è metafora che si riferisce
ad amori vissuti.
sanno che vanno a un fango di numeri e di leggiqui il termine fango indica proprio il luogo nel quale si
svolgono le attività della città che sono legate ai numeri e cioè l’attività della borsa degli affari (considerando
che quando Lorca era a new york ci fu il crollo della borsa di Wall Street, 1929) e alle leggi cioè
l’amministrazione cittadina. Quindi numeros y leyes sono due aspetti della degradazione di questa città
americana improntata sul capitalismo che prescinde dai bisogni delle persone dai loro diritti. Quindi questi
uomini che escono di prima mattina sanno che c’è un mondo infelice per loro fatto solo di interessi e
affarismo e sanno che vanno anche incontro a giochi senza regole, sforzi e fatiche che producono nessun
risultato.
a giochi senz'arte, a sudori senza frutto.
La luce è sepolta da catene e rumorila luce è un elemento strettamente legato all’aurora ma qui non c’è, è
sepolta, viene a mancare e ciò indica proprio che questa aurora è di tenebre che non porta nessuna rinascita.
Le catene e i rumori appartengono alle macchine sono delle metonimie che ci rimandano quindi alla
tecnologia, alla civiltà.
in un'impudica sfida di scienza senza radiciuna sfida senza vergogna di una scienza che non fa i conti con
la natura. Quindi la tecnologia che regna nella città di New York che nega la naturalità dell’uomo perché
l’industrializzazione nega l’identità, il lavoro e il valore dell’uomo.
Nei sobborghi c'è gente che vacilla insonne
come appena uscita da un naufragio di sangueimmagine che è l’esplicitazione di un massacro umano,
persone che vengono rappresentate come dei morti viventi.
Sono versi che ci fanno proprio capire tutta la disperazione nella quale Lorca si trovava.

POEMA DOBLE DEL LAGO EDEN


Testo che Lorca scrisse durante un soggiorno in una zona rurale del Vermount regione al confine con il
Canada. Si trovava in una sorta di fattoria vicino il lago Eden. Testo che nasce in un momento in cui Lorca si
è allontanato dalla metropoli ed entra in contatto con una realtà diversa, più pura, incontaminata rispetto alla
realtà corrotta e devastata di New York. Anche questo soggiorno gli produce un sentimento di desolazione
perché può riflettere ancora meglio su quanto ha sofferto a New York e sulla sofferenza che gli produce la
sofferenza altrui.
È un testo che suggerisce uno sdoppiamento che riguarda l’esperienza umana di Lorca e l’esperienza poetica,
mondo interiore e mondo poetico, quindi da un lato esprime riflessioni sui suoi sentimenti e desideri su
quello che voleva essere e dall’altro riflessioni sul suo modo di scrivere.
Cosa importante è che Lorca cita un verso di Garcilaso più grande poeta del 16 secolo spagnolo, tratto da
un’egloga genere pastorale che narrano le vicende di pastori innamorati nel quale appunto il tema centrale è
l’amore infelice in un contesto che è rurale e bucolico. Citare quindi questo verso è un modo di dare una
chiave di lettura del tema amoroso e della contestualizzazione rurale.
A livello strutturale non ci sono strofe composte dallo stesso numero di versi, versi liberi ma è molto
frequente l’assonanza a/o. Testo meta-poetico.

La mia voce era anticarichiamo meta-poetico perché si riferisce alla poesia delle origini che lui aveva
scritto negli anni giovanili
ignorava i densi succhi amarila sua poesia giovanile non era entrata in contatto con la vera sofferenza
perché proprio lui ignorava il vero dolore.
La sento mentre lecca i miei piedii piedi sono la parte del corpo che sta a contatto con la terra e quindi
rappresentano il contatto delle persone con la naturaimmagine che indica la sua vocazione poetica
mettendo in relazione quindi la sua poesia con la natura.
sotto fragili felci bagnatefelce elemento vegetale che rimanda al lago quindi il contesto in cui Lorca si
trova.

Oh voce antica del mio amore!


Oh voce mia sincera,
voce del mio costato apertoesclamazioni che caratterizzano la voce antica del poeta come una voce
autentica perché la voce della verità, appunto del costato la zona in cui ha sede il cuorecostato aperto è un
cuore aperto capace di esprimere quindi globalmente il mondo interiore del poeta.
quando dalla mia bocca nascevano tutte le rose
e il prato non conosceva l’impassibile dentatura del cavalloquindi un’erba che non era ferita, morsa dal
cavallo quindi un’erba intattafa riferimento ad una vita in cui non c’era dolore, lacerazione, un momento
di vita in cui lui era ancora in grado di vivere i suoi sentimenti e di esprimerli senza sofferenza perché
appunto non ne aveva.

Sei qui, bevendo il mio sanguepersonifica la voce


bevi il mio umore di bambino noioso,
mentre i miei occhi si spezzano nel vento
con l’alluminio e le voci degli ubriachidescrive questa voce antica che gli sta sottraendo la sua linfa vitale
e i suoi occhi si spezzano con l’alluminio facendo riferimento quindi all’inizio della civiltà, del progresso.
Immagine di degradazione.

Lasciami passare oltre la porta


dove Eva mangia formiche
e Adamo feconda pesci accecati dalla luceriferimento ad Adamo ed Eva che si lega anche al nome del
lago Eden. Questo paradiso però che Lorca evoca è quasi paradossale dove Eva mangia formiche visti da
Lorca come insetti ripugnanti ed è simbolo di morte ed Adamo che feconda pesci privati della vista
immagine che indica la sterilità. In questa immagine di Adamo ed Eva c’è l’evocazione di un’incapacità di
riprodursi che ci fa capire che Lorca vuole esprimere un senso di frustrazione. Richiesta del poeta di entrare
in una sorta di Eden, di paradiso perduto, speranza di una rinascita dal tormento che lo attanaglia;
Lasciatemi passare, folletto,
al bosco dei lenti risvegli
e dalle allegrissimi salti.

Conosco l’uso più segreto


Che ha vecchio spillo ossidatoesprime il fatto che conosce il dolore pungente
e conosco l’orrore di occhi aperti
sulla concreta superficie del piattoimmagine che riconduce alla figura di santa Lucia che viene
rappresentata con gli occhi su un vassoio. Altra immagine di dolore di mutilazione.

Ma non voglio mondo, né voglio sogno, o voce divinacioè non voglio la realtà né il sogno
voglio la mia libertà, il mio amore umano
nell’angolo più buio di una brezza che nessuno vuolelibertà e amore umano sono quasi dei sinonimi qui
perché Lorca sta semplicemente dicendo di volere un amore che potesse essere espressione di libertà quindi
c’è un chiaro riferimento al suo amore proibito in quanto omosessuale e non a caso l’elemento della brezza è
sinonimo di leggerezza e rimanda all’aspirazione di Lorca di questa libertà.
Il mio amore umano!

Questi cani marini si inseguono


e il vento spia tronchi abbandonati.
Oh voce antica, brucia con la tua lingua
questa voce di talco e lattaqui si capisce il conflitto che Lorca sta avendo come poeta; la voce è la sua
scrittura e Lorca chiede alla sua voce antica di bruciare quella moderna che è di latta e talco quindi non è più
una voce divina ma legata a due materiali negativi: la latta è un metallo e il talco è polvere quindi entrambi
negativi. Quindi la nuova voce è sterile, incapace di esprimere bene quello che lui vuole rappresentare.

Voglio piangere solo perché ne ho voglia


come piangono i bambini nell’ultimo bancomanifesta il desiderio di esprimere il proprio dolore
consapevole di essere solo
perché io non sono uomo, né poeta, né una foglia
ma un polso ferito che sente le cose dell’altro latoindica la profondità dell’essere che cerca di capire ciò
che non si può vedere che sta al di là del visibile. Lui quindi si paragona ad un polso ferito che cerca di
capire ciò che gli altri non sanno comprendere.

Voglio piangere dicendo il mio nome,


rosa, bambino, abete sulla sponda di questo lago,
dire la mia verità di uomo e sangue
uccidendo in me la beffa e la suggestione della parolaLorca dice che vuole trovare una parola autentica
che superi la pura ricerca estetica, vuole eliminare dal suo linguaggio tutto ciò che è falso.
No, no, io non domando, io desiderodesidera recuperare la voce autentica che aveva nel passato
voce mia liberata che mi leghi le mani.
E nel labirinto di paraventi, è il mio nudo riceve
la luna del castigo e un orologio inceneritola luna e l’orologio sono elementi punitivi, è quasi un
immagine di morte, di una fine.

Così dicevo.
Così parlavo io quando Saturno fermò i treni
e la nebbia e il Sogno e la Morte mi stavano cercando
mi stavano cercandoanadiplosi immagine di persecuzione da parte della morte e del sogno
là, dove muggiscono le vacche dalle piccole zampe di paggio immagine paradossale che unisce un animale
pesante a qualcosa che invece indica leggerezza e fragilità
là, dove il mio corpo fluttua tra equilibri contrari. Epilogo complesso di questo corpo che prima era nudo e
riceve un castigo qui è rappresentato che galleggia tra equilibri contrari cioè tutto ciò che è ambivalente
nell’animo umano. Rappresentazione di se stesso attanagliato dalle sue tensioni.

NINA AHOGADA EN EL POZO


È un testo che si basa come molti altri su una circostanza, un avvenimento che colpì molto Lorca durante il
suo soggiorno in una zona rurale di New York che si chiama Newburg; era ospite di una famiglia di
contadini e accadde che la bimba di questi fattori di nome Mary annegò in un pozzoimmagine costante in
Lorca quello dell’annegamento, dell’acqua stantia.
Lorca aveva nella sua memoria tanti altri episodi di morte per annegamento ma in particolare di una bambina
che annegò a Granadadunque Lorca lega questi due ricordi per questo nel titolo c’è Granada y Newburg.
Questi due spazi quindi coabitano nel testo.
A livello strutturale è un testo formato da terzine e ogni strofa presenta una sorta di ritornello: l’ultimo verso
infatti è più corto e ricorre alla fine di ogni strofa e anche alla fine del componimento solo con l’aggiunta del
sostantivo agua. È un testo quindi ben strutturato. Il ritornello ha una funzione importante perché insiste su
questa funzione dell’acqua come elemento di morte perché un’acqua che non sbocca è un’acqua che
imprigiona e quindi sancisce per sempre la vita della creatura.

Le statue soffrono dagli occhi con l’oscurità delle bare


Ma soffrono molto di più per l’acqua che non sbocca.
Che non sbocca introduzione ad un ambiente che è appunto quello americano che ricorda la città perché fa
riferimento alle statue che vengono quasi personificate perché descritte che soffrono, sofferenti quando si
trovano in un’acqua stantiaconcetto di frustrazione, sterilità. Anadiplosi tra il 2 e il 3 verso con la
ripetizione del verso.

Il paese correva per i merli rompendo le canne dei pescatori.


Presto, i bordi, in fretta e gracidavano le stelle tenere
Che non sboccaRicordo della scena di Granada, espressa al passato appunto. Il verbo croar che è il verso
delle rane riferito però alle stelle è un modo di rendere vivi degli elementi astrali che invece vita non hanno,
è un modo per far partecipare il mondo astrale a quello che stava succedendo, alla tragedia descrive le voci
del paese che partecipa al salvataggio della bambina che era dispersa e che era appunto caduta nel pozzo.

Tranquilla nel mio ricordo, astro, circolo, meta


Piangi per le rive di un occhio di cavallo
Che non sboccaqui Lorca continua nel ricordo e occhio di cavallo è metafora che indica la forma circolare
del pozzo, luogo nel quale la bambina è morta e la immagina però mentre piange sulle sponde appunto di
questo pozzo.
Ma nessuno nell’oscurità ti potrà dare aiuto,
senza limite netto, futuro di diamante
che non sbocca distancias si riferisce a un oggetto che possa eliminare il distacco fra gli altri e lei quindi
una corda, un sostegno che la possa aiutare. Porvenir de diamante vuol dire futuro di diamante cioè un futuro
morto, impossibile privo di vita poiché quella bambina non potrà proseguire nella sua vita quindi futuro di
diamante perché il diamante ha come sempre nell’immaginario di Lorca una connotazione negativa, è un
minerale, materiale inerte, morto e che produce morte.

Mentre la gente cerca silenzi di cuscino metafora per dire mentre la gente dorme
Tu palpiti per sempre definita nel tuo anello
Che non sbocca Lorca qui descrive una sorta di vita oltre la morte nel pozzo. En tu anillo altra metafora
per indicare il pozzo proprio per la sua forma circolare, quindi la somiglianza tra l’anello e il pozzo è proprio
per la forma circolare.

Eterna alla fine di onde che accettano


un combattimento di radici e solitudine prevista
che non sboccaeterna perché lui la immagina costantemente nel fondo del pozzo in un movimento
generato dalle radici che si trovano nel fondo del pozzo e quindi la immagina in un acqua statica dove
l’unico movimento è quello prodotto dalle radici. Solitudine prevista perché è ovvia.

Vengono dalle rampe! Alzati dall’acqua!


Ogni punto di luce ti darà una catena!
Che non sbocca qui Lorca rievoca di nuovo un ricordo, ricordando cosa dicevano le persone che erano
andate in soccorso della bambina. È ovviamente una descrizione disperata per la tragedia che stava
avvenendo dove tutte queste frasi/esclamazioni che servono a dare speranza e aiuto, infatti ogni punto di luce
sono le torce che utilizzavano i soccorritori ti darà una catena come sostegno, aiuto per farla uscire fuori
dall’acqua. Sono però frasi che alla fine non producono nulla perché la bambina annega.

Ma il pozzo ti offre manine di muschio.


Insospettata odina della sua casta ignoranza,
che non sboccaquindi la bambina non riceve quelle corde e catene che la salveranno ma riceve invece
delle manine di muschio che arrivano da sotto, dal pozzo. Casta ignoranza fa riferimento all’infanzia,
l’ignoranza è la condizione dei bambini che non conoscono tanti saperi ma soprattutto il dolore come
dimensione della vita.

No che non sbocca. Acqua fissa in un punto,


respirando con tutti i suoi violini senza corde
nella scala delle ferite e gli edifici disabitati.

Acqua che non sbocca. Qui si concentra molto sull’elemento dell’acqua stantia elemento negativo così come
il violino senza corde perché non avendo corde è appunto un oggetto inutile che non suona non ha voce non
si esprime e così come la scala delle ferite quindi una scala dolorosa nel corso della vita e gli edifici
disabitati è un’immagine di desolazione.
IL TEATRO DI LORCA
Lorca è un artista completo e come tale e in quanto tale la sua ricerca estetica non si limitò a un solo genere
letterario quindi scrisse poesia ma anche teatro. Nel teatro prova generi, forme e temi anche molto diversi tra
loro ma alla tragedia arrivò soltanto verso la fine della sua vita scrivendo le tre opere della TRILOGIA
RURAL che sono:
- BODAS DE SANGRE 1933
- YERMA 1934
- LA CASA DE BERNARDA ALBA 1936.
Come drammaturgo Lorca rifuggì sempre dal puro esotismo o folklorismo. Il teatro di Lorca è un teatro
poetico anche quando è scritto in prosa, è molto lirico nel quale la parola ha una funzione e un potere
fondamentale ed è un teatro che porta sulla scena temi e problemi che la gente comune ha paura di
affrontare, vorrebbe trattare temi più ordinari, attuali che possano essere seguiti anche dalla gente comune;
quindi un teatro che faccia riflettere, non concepisce un teatro di mero intrattenimento di puro passatempo
lamentandosi infatti del fatto che la maggior parte del pubblico vuole assistere a spettacoli che non li
facciano riflettere su nessun tema morale. È un teatro impegnato, uno degli strumenti più espressivi perché
favorisce lo sviluppo culturale di un popolo quindi un teatro che funziona può anche arrivare a cambiare la
sensibilità di un popolo mentre un teatro che non è stimolante può far assopire una nazione. Quindi proprio
per questo motivo deve essere un teatro impegnato. C’è un elemento che attraversa l’intera attività
drammaturgica di Lorca ed è il conflitto fra due forze contrapposte: da un lato il principio di autorità e
dall’altro il principio di libertà. Queste due forze sono incarnate nei drammi da concetti differenti come
ordine, tradizione, realtà, collettività, convenzione, conformismo, che riguardano il principio di autorità e
istinto, desiderio, immaginazione, individualità che rispecchiano invece il principio di libertà. I personaggi
lorchiani sono sempre combattuti fra questi due poli opposti ma che ovviamente aspirano sempre alla libertà
e all’autodeterminazione ma che sono però sempre oppressi dall’ordine costituito che gli impedisce di
rivelarsi e autodeterminarsi. Questi due principi quindi sono alla base della drammaturgia di Lorca.
La prima opera teatrale di Lorca è IL MALEFICIO DE LA MARIPOSA: risente ancora di tratti romantici e
simbolisti, aspetti modernisti. Quest’opera drammatizza il sovvertimento dell’ordine prodotto dall’irruzione
dell’amore in una comunità di insetti. Questa animalizzazione è un elemento simbolico dell’opera e anche
qui c’è la contrapposizione tra i due principi di autorità e libertà. Il protagonista si innamora di una farfalla
agonizzante che è simbolo del mistero e messaggera di un mondo di allegria quindi rappresenta un mondo
ideale e irraggiungibile. Quindi la farfalla e julianito rappresentano rispettivamente l’ideale e l’aspirazione
all’ideale; Lorca drammatizza questo rapporto mostrando l’impossibilità di una composizione fra i due poli:
l’amore è impossibile rimane frustrato e il senso del dramma è proprio quello di rappresentare l’impossibilità
di raggiungere l’ideale. Quindi in questo opera abbiamo tutte le caratteristiche del teatro lorchiano: contrasto
fra norma e ideale e poi personaggi ben determinati come la donna nubile, la coppia atipica e poi il coro che
ha la funzione di fornire informazioni al pubblico che i personaggi non possono e ha la funzione anche di
aggiungere pathos, emozioni alla storia.
MARIANA PINEDA è un dramma storico, figura femminile portatrice delle armi della libertà e dell’amore;
armi però che distruggono l’eroina perché nella visione drammatica di Lorca, amore e libertà non trionfano
mai ma distruggono chi se ne fa portatore quindi eros e thanatos/amore e morte e così anche libertà e autorità
quindi chi aspira alla libertà, alla propria affermazione personale è condannato alla morte. La libertà e
l’amore quindi sono delle mete irraggiungibili. Tutta la produzione drammatica di Lorca esplicita il
fallimento della libertà e dell’individualità. È dramma storico ma rinuncia al tono epico scegliendo invece
quello lirico, la dimensione personale, soggettiva di questa eroina. Non esalta in modo epico le sue virtù, il
coraggio, la determinazione ma esalta il conflitto interiore fra il desiderio di libertà e l’impossibilità di
compierlo.
Ci sono poi due drammi della fase newyorchese degli anni ’30 particolarmente complessi: ASì QUE PASEN
CINCO ANOS e l’altro EL PUBLICO sono opere che pervase da simbolismo e surrealismo infatti entrambe
nascono dall’esperienza newyorchese. ASì QUE PASEN CINCO ANOS è costellata di simboli sia a livello
dei personaggi che a livello formale delle ripetizioni, del tempo drammatico e del dialogo. Opera molto
statica cioè l’azione drammatica è ridotta al minimo, carente unità drammatica. L’argomento è molto
semplice: un giovane aspetta da cinque anni per sposare la donna di cui è innamorato e al momento del
matrimonio la giovane preferisce un giocatore di rugby. Si tratta in realtà del dramma di una sola persona
cioè l’unica vicenda è quella di questo giovane che riflette e che soffre per essere stato abbandonato. Quindi
è un dramma tutto interiore, forse psicologico, l’unica azione avviene nella sua mente per questo suo
conflitto interiore.
EL PUBLICO invece è un’opera giunta incompleta, solo due frammenti.
Poi pubblica finalmente le opere della TRILOGIA RURAL di cui fanno parte BODAS DE SANGRE,
YERMA e LA CASA DE BERNARDA ALBA. Nelle prime due la società e l’ordine stabilito è l’elemento
che tende a reprimere l’istinto sessuale e la passione amorosa e quindi sono elementi che realizzano il
dramma. Il conflitto fra l’individuo inteso anche come luogo di passione, istinto, desideroso di libertà e le
imposizioni della società. Si scontrano quindi i principi tipici di Lorca. La casa de bernarda alba anche
presenta questo conflitto. Tutta la trilogia è ambientata in uno spazio rurale che ricorda l’Andalucìa.
BODAS DE SANGRE è una tragedia che mette in scena la morte e la fatalità. La vicenda è di due promessi
sposi e di Leonardo che è l’antico fidanzato della novia ancora innamorato di lei e anche lei è ancora
innamorata di lui e proprio la presenza di questo Leonardo scatena la tragedia. Il novio e Leonardo sono
personaggi di un conflitto fra clan perché appartengono a due famiglie rivali, contrapposte in cui predomina
il coltello che simboleggia presagio di morte. Nella prima scena già Lorca fornisce elementi per capire la
situazione e l’esito della vicenda. È una vicenda che ruota comunque attorno alla diffidenza, gelosia,
tradimento che sarà ciò che scatenerà il duello fra il novio e Leonardo e la morte di entrambi. La novia è
l’archetipo della donna lorchiana, una donna non madre, non sposata. Il tema è la lotta e la resistenza della
novia alla passione per Leonardo, passione fatta di istinti che vengono però sempre repressi. La colpa di
Leonardo e della novia che decidono di ovviare alle regole della società alle convenzioni e al conformismo e
quindi di incontrarsi di notte di nascosto per consumare il loro amore verrà pagata con la morte dei due
uomini in quanto la giustizia della società è stata violata.
LA CASA DE BERNARDA ALBA tragedia incentrata sulla figura di Bernarda una matrona con quattro
figlie che tiene segregate nella casa e oppresse da lei. Il principio di autorità è ovviamente rappresentato da
Bernarda e il principio di libertà dalle figlie. Bernarda è portatrice di un istinto di potere che nega l’esistenza
e la realtà degli altri a cui invece si oppone l’istinto del sesso veicolato dalle figlie. Questi due mondi sono
separati nettamente, c’è infatti un’impossibilità di comunicazione ed è chiaro che le vie d’uscita da questo
mondo sono soltanto due: la follia e il suicidio di come forme estreme di ribellione. Anche in questo caso
qualsiasi tentativo di opporsi all’autorità, al potere, all’ordine è destinato alla distruzione, a fallire, alla
morte. Lo scenario è sempre quello spagnolo.

YERMA – LORCA
Tragedia, opera teatrale del 1933 che fa parte della TRILOGIA RURAL assieme a “boda de sangre” e “la
casa de bernarda alba”. È ambientata in uno spazio rurale spagnolo che ricorda quindi l’Andalucìa, terra
nella quale Lorca ha vissuto ed è un’opera divisa in 3 atti ciascuno diviso in 2 quadri/scene.
È un’opera scritta in prosa ma piena di parti in verso; questa componente poetica in versi è importante perché
tutti i passi lirici sono cantati o da Yerma che è la protagonista o dalle lavandaie che formano il coro che
appare nel secondo atto questo coro è molto importante perché spetta il compito di esprime in versi e in
uno stile che ricorda molto la lirica popolaresca e folklorica di ricordare al pubblico ciò che è avvenuto a
casa di Yerma ovvero il fatto che lui si è insospettito, ingelosito, delle uscite di Yerma e che per questo ha
messo in casa le due sorelle proprio per vigilare la moglie, quindi di fornire al pubblico informazioni che
magari i personaggi non possono fare quindi magari qualcosa che era avvenuto ma che non era stato
rappresentato.
Come affermò Lorca in molte occasioni è una tragedia senza argomento ma con un tema forte ovvero quello
della donna sterile ovvero Yerma che più che personaggio è un carattere in progressivo sviluppo, che si
trasforma, si evolve all’interno del dramma soprattutto nella sua dimensione psicologia.
Lo sviluppo del carattere della protagonista è connesso con lo sviluppo del tempo drammatico cioè c’è un
tempo che viene scandito proprio dalla sequenza dei mesi, dei giorni e degli anni che segnano anche lo
sviluppo del carattere. Nel quadro primo Yerma è sposata da 2 anni e 20 giorni. Nel quadro secondo è
sposata da 3 anni. Nel quadro secondo del secondo atto sono passati 5 anni. Il trascorrere del tempo è
fondamentale per lo sviluppo del personaggio perché Yerma all’inizio del dramma si trova in una situazione
di attesa angosciosa, ansiosa per il fatto che non è ancora riuscita a concepire un bambino. Nel corso poi del
dramma arriva invece alla desolata accettazione della sua sterilità. Tutta la tragedia improntata su un tema e
un solo carattere che è quello di Yerma, nella sua resistenza a questo destino di sterilità e nella sua
consacrazione finale. Yerma cerca di lottare, di opporsi e di vincere contro questa sterilità, cerca addirittura
soluzioni che sa che non le porteranno nulla di buono ad esempio si reca da una vecchia Dolores che la
convince ad andare in un eremo dove si compiono riti per la fertilità sapendo però di non potersi opporre ad
un destino assegnato. Succede che Yerma lotta soprattutto contro se stessa per superare questa infelicità che
le viene da una vita frustrata, dalla necessità di sentirsi una donna completa in quanto capace di fare ciò che
ci si aspetta da una donna, ossia di badare al marito e ai figli. Cerca soprattutto di distogliere suo marito Juan
contadino che badava troppo al lavoro e che non era per niente sensibile a questo problema della moglie, non
gli interessava, quasi preferiva non avere figli, da Yerma si aspetta esclusivamente che tenga fede al patto
matrimoniale, e che quindi lo serva e lo segua in tutte le sue decisioni. Questa non curanza, totale
indifferenza di Juan è qualcosa che Yerma non riesce ad accettare contro cui cerca di ribellarsi e di resistere
per quanto può ma è irrequieta, esce spesso di casa e ciò suscita i sospetti del marito su una relazione
extraconiugale che ricadono su Victor pastore, amico della coppia, spasimante iniziale di Yerma con il quale
però lei sa di non poter e non volere avere nessun rapporto. Yerma è una creatura completamente inserita
nella realtà rurale in cui vive che rispetta in modo fedele le regole morali di quella società e che non
concepisce l’adulterio, il tradimento, l’abbandono del tetto coniugale. Quindi lei nonostante abbia questo
desiderio di maternità tiene fede al voto matrimoniale, che peraltro le è stato imposto proprio per il suo senso
d’onore. Il destino l’aveva costretta a sposare un uomo che non aveva nessuna intenzione a procreare e
questo lo aveva condannata alla sterilità.
Alla fine succede che Yerma nel suo desiderio di contrapporsi ad un destino crudele che le aveva negato la
maternità decide di fare lei la scelta di negarsela e lo fa uccidendo il marito, di togliere la vita all’unica
persona che poteva renderla madre e quindi si oppone con un gesto estremo a questo destino. Uccidendo il
marito lei sancisce per sempre la perdita della possibilità di essere madre.
Yerma è presentata sulla prima scena mentre sogna e sul palco compare il pastore Victor che porta un
bambino per mano mentre una voce canta una ninna nannaquindi l’opera si apre proprio con la dimensione
del sogno che rispecchia il desiderio della donna negato poi alla fine quando uccide il marito gesto estremo
che fa sì che questa donna non sia una vittima passiva ma sia lei stessa creatrice della propria sterilità. È una
tragedia costruita sulla presa di coscienza da parte di Yerma della propria sterilità anche se poi alla fine si
scoprirà, attraverso le confessioni della vecchia, che il problema era proprio Juan e i suoi antenati che non
potevano avere figli perché sterili però Juan in qualche modo ha velato questo suo problema con il troppo
lavoro e facendo ricadere la colpa sulla moglie.

ATTO PRIMO: il drammaturgo ci spiega che Yerma sta sul palco addormentata e nell’atmosfera di un
sogno, sognando ciò che poi appare sulla scena. Un sogno simbolico nel quale lei immagina un bambino
portato per mano che rimanda al suo desiderio di maternità. C’è un canto, canta la stessa Yerma oppure le
lavandaie che formano il coro. Importante è il fatto che Yerma mette in rapporto la scarsa familiarità di Juan
con l’acqua che è simbolo invece di fertilità e lo accusa proprio di non frequentare l ‘acqua dicendogli infatti
che lei vorrebbe che lui nuotasse, che andasse al fiume, vorrebbe che si facesse bagnare dall’acqua e quindi
fertilizzare. Invece lui è sempre più asciutto. Il loro rapporto è di amore e dedizione, non c’è nessuna
diffidenza di conseguenza non si spiega perché un amore così non produca una discendenza.
Juan è un uomo tradizionale quindi preserva molto l’onore di sua moglie quindi non vuole che lei esca di
casa che indica proprio il potere, l’autorità che esercita sulla moglie, facendo capire bene che il posto della
donna è in casa.
Arriva in casa Maria amica di Yerma che le annuncia di aspettare un bambino e ciò aumenta l’inquietudine
di Yerma. Maria paragona il bambino che ha concepito grazie all’amore del marito è come un colombo di
luce che le è entrato dall’orecchio immagine naturalistica di un contatto fisico con la creatura.

Metafore in Yerma.
In Yerma ci sono metafore molto ricorrenti:
- ACQUA è simbolo di nascita e quindi di fertilità per questo Yerma spesso mette in rapporto Juan
con l’acqua. Nel primo atto ad esempio lo accusa di non di non frequentare l ‘acqua dicendogli
infatti che lei vorrebbe che lui nuotasse, che andasse al fiume, vorrebbe che si facesse bagnare
dall’acqua e quindi fertilizzare e invece lui è sempre più asciutto. Spesso la donna afferma che suo
marito è assetato e vuole offrirgli da bere, come se vedesse in lui una mancanza di acqua e dunque
mancanza della capacità di procreare. Al contrario afferma (1°atto) che Vìctor, il "rivale" di Juan, ha
una voce simile a "un torrente, un getto d’acqua che scorre", quasi a voler dire che al contrario di suo
marito lui è pregno di questo elemento. Anche la vecchia e le lavandaie spesso utilizzano questo
simbolo in varie affermazioni dicendo ad esempio che i figli vengono l’acqua e che l’uomo deve far
bere la donna dalla propria bocca.
- LATTE simbolo di maternità perché associato al latte del seno durante una gravidanza. Yerma
infatti spesso offre al marito un bicchiere di latte.
- TERRA con la contrapposizione tra fertile e secco; Yerma infatti si paragona alla natura
definendosi arida e secca senza la possibilità di coltivarci qualcosa e quindi indica appunto la sua
sterilità. Immagine legata anche a Juan che si affatica a lavorare allo scopo di renderla fertile,
proprio perché non riesce a fare altrettanto col grembo di sua moglie.
- GAROFANI rappresentano la pienezza vitale e quindi il raggiungimento di diventare madre. Nel
terzo atto nella scena in cui c’è Dolores infatti Yerma afferma di essere uscita per cercare i suoi
garofani quindi cercare i figli, un modo per poter diventare madre ed ha urtato invece contro un
muro cioè contro il marito il quale invece non ne vuole.
- FUOCO il fuoco è da sempre simbolo di passione ma anche di luce che illumina paragonato in
qualche modo al sole. Spesso Yerma afferma che il volto di Juan è talmente pallido che sembra non
sia mai stato toccato dal sole, dimostrando per l'ennesima volta che suo marito manca della passione
necessaria a procreare, oppure dice che la cintura di suo marito è fredda come quella di un corpo
morto e che lei invece in quei momenti vorrebbe essere come una montagna di fuoco. Il fuoco è
desiderio, passione, quella stessa che alza la mano di Yerma contro suo marito, facendole compiere
il gesto estremo dicendo di essere una "vittima del fuoco", ossia del suo bruciante desiderio.

Presenza e funzione del coro.


Il coro in Yerma compare nella prima scena del secondo atto ed è rappresentato dalle lavandaie che appunto
lavano i panni al fiume. Si esprimono in versi e in uno stile che ricorda molto la lirica popolaresca e
folklorica. Ha a un ruolo fondamentale, quello di ricordare al pubblico ciò che è avvenuto a casa di Yerma
ovvero il fatto che Juan si è insospettito, ingelosito, delle uscite di Yerma perché vuole che invece resti in
casa e che per questo ha messo in casa le due sorelle proprio per far vigilare la moglie, spettegolano sul
matrimonio di Juan e Yerma e sulla sua ossessione di procreare. Tutte le lavandaie incolpano Yerma dicendo
che le donne che vogliono fare la bella vita non sono adatte ad avere le rughe sul ventre mentre una la
difende con vigore. Ma proprio in generale nell’opera teatrale di Lorca il coro è uno degli elementi tipici
presente infatti anche nell’opera El Maleficio De La Mariposa. Quindi hanno il compito di fornire al
pubblico informazioni che magari i personaggi stessi non possono fare quindi magari qualcosa che era
avvenuto ma che non era stato rappresentato.

Significato e funzione dell’epilogo.


La tragedia si conclude con Yerma che viene a sapere, attraverso le confessioni della vecchia, che in realtà la
colpa di tutta la sua infelicità non è sua ma di suo marito e della sua stirpe che non si sono mai comportati da
veri uomini cioè non hanno procreato, non potevano avere figli in quanto sterili e Juan non aveva nemmeno
il desiderio di averli come afferma lui stesso. Voleva solo Yerma e si aspetta esclusivamente che lei tenesse
fede al patto matrimoniale, e che quindi lo servisse e lo seguisse in tutte le sue decisioni. A questo punto
Yerma fingendo un abbraccio, gli afferra il collo e lo strangola. L’ultima battuta di Yerma è significativa
perché dice di aver ucciso lei stessa il proprio figlio avendo ucciso il marito, ha ucciso l’unica possibilità
di avere figli rispettando il suo onore e le leggi della società. Infatti Yerma nonostante abbia questo desiderio
di maternità e nonostante suo marito glielo negasse perché sterile e perché non vuole, lei rimane comunque
fedele al voto matrimoniale, che peraltro le è stato imposto proprio per il suo senso d’onore. Lei non
accetterà mai di lasciare il marito per cercare la sua felicità in un altro uomo. Il destino l’aveva costretta a
sposare un uomo che non aveva nessuna intenzione a procreare e questo lo aveva condannata alla sterilità e
di conseguenza lei doveva accettare questo suo destino. Però Yerma nel suo desiderio di contrapporsi ad un
destino crudele che le aveva negato la maternità decide di fare lei stessa la scelta di negarsi questa maternità
e quindi con il gesto estremo di uccidere il marito che fa sì che non sia una vittima passiva del suo destino
ma sia lei stessa creatrice della propria sterilità.

Personaggi in Yerma.
YERMA: è il personaggio su cui si basa tutta la vicenda che ruota attorno alla sua sterilità. Il suo destino è
già segnato dal nome che significa deserto ma anche sterile e quindi grazie a questo nome il pubblico già sa
quello che è il suo destino dal quale lei non potrà fuggire. È una giovane donna che viene da una famiglia di
contadini ed è molto fiera dell’onore che ha sempre contraddistinto lei e la sua famiglia. Per questo ha
accettato felicemente di sposare un uomo scelto da suo padre con l’unico desiderio di essere madre perché
per lei significava anche essere donna in maniera completa capace di fare quello che ci si aspetta da una vera
donna ovvero badare a suo marito e ai suoi figli. Con il passare degli anni però si rende conto che ciò è
impossibile soprattutto per l’assenza del marito che la portano poi alla fine ad accettare questa sua condanna.
La mancanza del marito e la virilità di Victor, suo amico e anche spasimante, alimentano in lei anche un
sentimento di frustrazione per il fatto che a suo marito manca proprio quella passione che invece caratterizza
lei. Nonostante questo però il suo onore e il rispetto per se stessa e per suo marito la allontana dal
commettere adulterio.

MARIA: è una cara amica di Yerma e compare tre volte. Nella prima (1 scena 1 atto) serve a mettere in
evidenza la femminilità di Yerma, la sua sensibilità e impazienza nel voler essere madre. Ed è una delle
scene più belle perché sottolinea proprio questo desiderio di concepire un bambino proprio per sentirsi
completa perché per lei è tutto, è raggiungere la felicità. Ma qui nascono anche i primi dubbi
sull’impossibilità di avere figli perché si rende conto che è sposata da molto che il tempo sta passando e le
certezze cominciano a vacillare. Nella seconda comparsa (2 scena 2 atto), Maria compare con il figlio in
braccio e con ciò Yerma capisce che è al limite della resistenza, che col passare dei giorni, le sue speranze
vengono meno e che si sente quasi come una figura maschile. Nella terza comparsa (scena 2 atto 3) sarà
proprio lei a convincere Yerma a recarsi da Dolores e partecipare al rito perché è molto preoccupata della
disperazione di Yerma sempre più accentuata, ha paura che possa accadere qualcosa di grave e così annuncia
in qualche modo l’epilogo della vicenda.

VECCHIA: compare nella scena 2, 1 atto e scena 2 3 atto ed il suo ruolo è fondamentale. Sarà proprio il
colloquio con questa donna a svelare i veri motivi della sua sterilità che ricadono su Juan. La vecchia
sostiene inoltre che per avere figli non basta l’atto sessuale ma che sia necessaria proprio un’attrazione reale
tra i due coniugi, elemento invece mancante tra Juan e Yerma, ed è proprio lei che fa pensare di essere
innamorata di Victor. Tutti pensieri che comunque il qualche modo influenzano il comportamento di Yerma.
Sarà proprio lei a consigliare a Yerma la via dell’adulterio che però Yerma rifiuta in nome dell’onore e del
buon costume.

JUAN: a differenza di sua moglie, non vuole niente che vada oltre la sua vita e la sua realtà perché sa di non
poter avere figli e quindi si rassegna cercando la felicità in altro, compensando questo vuoto con altro. Ed
infatti è soddisfatto delle sue faccende contadine, della sua avidità e si sente ricompensato e orgoglioso
quando vede i frutti del suo lavoro, cerca di rendere la vita di Yerma confortevole quindi praticamente ha
gestito la sua vita in base alle sue possibilità.
RAFAEL ALBERTI – 1902/1999
È nato a El Puerto de Santa Maria provincia di Cadice, in un paese che si affacciava sul mare e questa
presenza del mare è centrale nella sua opera. Studiò a Madrid entrando così a far parte della residencia de los
estudiantes.
La sua prima raccolta poetica si intitola MARINERO EN TIERRA del 1924 con la quale vinse anche il
Premio Nacional de Poesia. È un poeta che si impegna molto anche politicamente, si scrisse al partito
comunista opponendosi fortemente alla dittatura di Primo de Rivera. Da questo momento in poi inizia una
fase per lui dove unisce impegno politico e cultura letteraria che lo accompagnerà per tutta la vita.
Naturalmente fu presto esiliato a causa della sua opposizione a Primo de Rivera, si rifugiò in Francia e da lì
si recò in Argentina dove risiedette per molto tempo. Rientrò in patria nel 1977.
La sua poesia è una poesia che è ambivalente, è al contempo avanguardista ma legata anche alla tradizione
intesa proprio come quel complesso di forme e temi che hanno attraversato la storia della poesia spagnola ad
esempio la suggestione tradizionale, il romancero, la poesia folklorica fanno parte della poesia di Alberti
rielaborandoli, proporli in chiave moderna.

SI MI VOZ MURIERA EN TIERRA


Fa parte della produzione giovanile di Alberti.
Utilizza qui un verso ottosillabo che era il verso autoctono per eccellenza della poesia spagnola dal
Medioevo in poi. Un altro elemento della tradizione in questo testo è l’uso dell’assonanza: assonanza a/a che
si ripete in capitana/condecorada/ancla e poi abbiamo l’assonanza e/a in
tierra/ribera/guerra/marinera/estrella/vela che in alcuni casi diventa anche rima. È un testo inoltre ricco di
ripetizioni: molte anafore llevadla, sobre negli ultimi quattro versi e abbiamo anche un forte processo di
ingatenamiento cioè abbiamo l’anadiplosi con ancla-estrella-vientoespdienti retorici molto usati nella
poesia popolare.

Se la mia voce morisse in terra


portatela al livello del mare,
lasciatela sulla rivaqui sta enunciando fin da subito un sentimento di nostalgia verso il mare. È infatti un
componimento che lui scrive dopo che si è allontanato dalla sua città marittima e quindi ha questa nostalgia
di quei colori, di quei suoni, di quei profumi della sua città. Un sentimento di nostalgia che immagina anche
se fosse in punto di morte. La mia voce ha un valore meta-poetico perché la voce del poeta è la voce della
poesia.
Portatela al livello del mare
e nominatela capitana
di un bianco battello da guerra
Oh, la mia voce decorata
con l'insegna marinara:
sul cuore un'ancora,
e sopra l’ancora una stella,
e sopra la stella il vento,
e sopra il vento la velasta descrivendo gli elementi dell’imbarcazione come l’ancora e la vela e poi degli
elementi esterni alla barca che però ne governano il funzionamento che sono il vento senza il quale la barca
non può navigare e la stella come astro che guida i naviganti. In questa metafora della navigazione lui
riassume un po’ la sua vita e la cosa importante del componimento è focalizzata sui primi versi cioè se lui
dovesse morire in posto lontano dalla sua città vuole essere riportato lì e lasciato sulla riva del mare perché è
il luogo che vuole ricordare per sempre.

AMARANTA
Componimento che fa parte della raccolta CAL Y CANTO del 1929 in cui sperimenta uno stile di tipo
gongorino cioè molto attento alla costruzione di metafore, al simbolismo e quindi anche di difficile
interpretazione. Operazione stilistica che viene evidenziata anche nell’epigrafe introdotta prima della poesia
“calzò de viento, Gongora che tra l’altro ci offre anche la chiave di lettura del componimento che è il vento.
È un sonetto, descrive un personaggio femminile di nome Amaranta che ci ricorda il mondo mitologico.
Composto da versi endecasillabi, da due quartine e due terzine con uno schema metrico ABBA nelle quartine
e CDC-DCD nelle terzine.
Amaranta è il nome di una pastorella protagonista dell’arcadia di San Nazaro per rievocare il mondo
pastorale chiamata così perché di una bellezza straordinaria con delle gote rosse che spiccavano sulla sua
pelle candida. Quindi è un nome che ha anche una simbologia coloristica.

Biondi seni di Amaranta


limati da una lingua di levriero
Portico di limoni, dal sentiero
sviati che ascende verso la gola  descrizione della figura femminile con i seni di questa donna che sono
biondi cioè chiari, candidi e puri.

Rosso, un ponte di ricci avanza


E incendia il tuo avorio ondulato.
Morde e ferisce il biancore dei denti,
curvo, per aria, ti innalza nel vento introduzione del colore rosso che rimanda al nome Amaranta che si
riferisce ai capelli che vanno a colorare anche le guance. Introduzione dell’elemento del vento che ha qui una
connotazione erotica, forza della passioneimmagine che allude ad un contatto fisico tra Amaranta e
qualcuno che la incendia, la smuove di passione.

Solitudine addormentata nel bosco,


calza il suo piede di zeffiro e scende
dall'alto olmo al mar della pianura solitudine personificata che come il vento scende dall’alto della
montagna verso il mare. La solitudine descritta oscura che però si accende di passione perché partecipa alla
passione che lega Amaranta e il suo amador. C’è stato quindi un incontro amorosoquindi la solitudine è
rappresentata come vogliosa di assistere a questo atto d’amore.

E il corpo in ombra, oscuro, le si accende,


e gladiatrice, come brace impura,
tra Amaranta e il suo amante si distende.

LA PALOMA
Fa parte di una raccolta più tarda ENTRE EL CLAVEL Y LA ESPADA del 1939/1940, composta durante il
suo soggiorno parigino dove visse giorni di insopportabile disperazione e inquietudine. Testo che presenta
molti aspetti della lirica popolare: versi ottosillabi assonanzati nelle sedi pari tranne il secondo verso che è
mezzo che però da il concetto base della poesia, fornisce il nucleo semantico della equivocazione, della
confusione che domina tutto il testo.

Si sbagliò la colomba.
Si sbagliava.
Voleva andare al nord, si trovò al sud.
Credette che il grano fosse acqua  è una colomba che non riconosce gli elementi basilari della sua
percezione del mondo, confonde il nord dal sud, il grano con l’acqua del mare, confonde elementi opposti,
terra e mare.
Si sbagliava.
Credette che il mare fosse il cielo;
che la notte fosse la mattina
Si sbagliava.
Che le stelle fossero la rugiada la confonde forse per la luminosità
che il calore fosse la nevicata.
Si sbagliava.
Che la tua gonna fosse la tua blusa,qui compare un altro personaggio che è un tu femminile
che il tuo cuore la sua casa
Si sbagliava.
(Lei si addormentò sulla riva.
Tu, sulla cima di un ramo.)immagine paradossale perché la colomba non dorme sull’acqua e la figura
femminile non dorme sul ramo ma qui è descritta che dorme sul ramo proprio come una colomba. Si ha una
sorta di confusione fra i protagonisti la paloma e la figura femminile che si quasi confondono, si intersecano.

GUILLèN 1893-1984
Scrisse moltissime raccolte come CANTICO prima raccolta che va dal 1928 al 1950. È uno dei poeti più
geometrici del ’27 perché la sua poesia aveva una precisione impressionante perché cercava sempre di
utilizzare la parola esatta, si esprimeva in modo perfetto, era una poesia pura perché cristallina voleva una
lingua poetica concisa , sintetica perché ciò che rende bella una poesia è proprio l’espressione linguistica.

PERFECCIòN
Poesia della Raccolta CANTICO nella quale il poeta esprime tutta la sua euforia di uomo che partecipa alla
perfezione e alla bellezza del mondo, è una raccolta molto positiva, ottimista. Testo dove Guillèn esprime
questo sentimento, l’emozione che prova nel trovarsi in un mondo perfetto.
Nel testo sono presenti termini tratti dal lessico dell’astronomia della geometria, della natura, ha una struttura
metrica molto precisa perché ha una strofa di 10 versi esatti di tradizione molto antica della poesia cortese,
rima ABAB CCDEED e abbiamo delle rime di consonanti (quindi l’elemento folklorico è completamente
abbandonato).

Rimane curvo il firmamento


Blu compatto, sul giorno.
È l’arrotondamento
Dello splendore: mezzogiorno.
Tutto è cupola. Riposa descrive il mezzogiorno quando il sole è più alto nel cielo azzurro quindi la
perfezione del componimento è legata al mezzogiorno. Arrotondamento è inteso anche come
perfezionamento. Cupola si lega a curvo e redondeamiento sono termini che esprimono la forma del cielo
sulla terra.
Centrale senza volerlo, la rosa.
Sorregge un sole allo zenitla rosa sorregge questo solo , rappresentazione della visione di questa rosa che
da lontano sembra quasi che sta sorreggendo questo sole toccandolo.
E tutto è così presente/reale
Che il piede camminante sente
L’integrità del pianetala totalità del cosmo. Attraverso la visione del sole allo zenit, attraverso questo
azzurro compatto del cielo e attraverso questa rosa che essendo verticale sembra che lo sorregga, tutto ciò fa
comprendere al genere umano che vive in un mondo perfetto.

BEATO SILLòN
Testo che descrive la beatitudine che nasce dal potersi sdraiare su una poltrona.
Costituito da 10 versi ma ha una struttura rimica ABBA ACCDDC struttura della decima espinera quindi
anche qui c’è riferimento alla tradizione antica, poesia classica spagnola.
Particolare è il sintagma “beato sillon” è una risonanza di un sintagma latino utilizzato da Orazio “beato
stile” diventato l’emblema di una concezione della vita rilassata, lontana dai tumulti dalle preoccupazioni,
una vita di chi non si lascia trasportare dalle passioni, dalla gelosia, dall’invidia cioè da tutti quei sentimenti
negativi responsabili della sofferenza umana, di un uomo che si gode i tranquillità la bellezza delle piccole
cosee questo è poi il tema principale del componimento e il Sillòn è infatti quel luogo in cui l’uomo riesce
a godere di un senso di beatitudine, di serenità con il mondo.
Beata poltrona! La casa
Rafforza la sua presenza
Con la vaga intermittenza
Della sua invocazione in massa
Alla memoria. la poltrona viene invocata nella memoria di un uomo con vaga intermittenza che indica
l’irregolarità della memoria.
Non succede
Niente. Gli occhi non vedono indica la stabilità del momento, la staticità. Gli occhi non vedono ma sanno
perché conoscono, anche se non vedono un oggetto ne conoscono l’esistenza. Gli occhi non vedono ma
sanno che esiste questo sillon e conoscono la beatitudine che causa.
Sanno. Il mondo è ben
Fatto. il mondo è ben fatto perché questa beatitudine è ciò che rende la vita dell’uomo piacevole.
L’istante lo esalta
Come una marea, così alta
Così alta, senza viavai.  anche questa espressione è mancanza di movimento. La marea è presentata come
fissa, immobile alludendo di nuovo al concetto di immobilità, perfezione statica.

MIGUEL HERNANDEZ 1910-1942


Nacque nel 1910, è autodidatta e negli anni 30 andò a Madrid dove conobbe tutti suoi coetanei senza però
partecipare attivamente con la commemorazione del ’27. Partecipò alla guerra civile, condannato a 30anni di
carcere dove morì di tubercolosi. La sua formazione fu molto umile però la sua grande capacità gli permise
di scrivere una poesia di grandissimo valore.
Scrisse poesia amorosa ma anche poesia impegnata riflettendo ad esempio temi politici.

CANCIòN ULTIMA
Poesia che fa parte della raccolta EL HOMBRE ACECHA del 1938/39, scritta in carcere. Testo fortemente
nostalgico e pieno di ottimismo di chi spera di poter rientrare in casa per riabbracciare i suoi cari.
Testo con versi settenari assonanzati nelle sedi pari con assonanza a/a proprio come se fosse un Romance.

Dipinta, non vuota aggettivi riferiti alla casa


Dipinta è la mia casa anafora con dipinta
Del colore delle grandi
Passioni e disgrazia.  una casa quindi che è vissuta che non è vuota ma piena di dolori e allegria, gioie e
dolori.
Ritornerà dal pianto
Dove fu portata
Col suo tavolo deserto
E il letto rumoroso.  tavolo deserto indica la povertà, una tavola non bandita e invece il letto rumoroso è
un letto abitato popolato allusione cioè a dove c’è amore.
Fioriranno i baci
Sui cuscini.
E intorno ai corpi
Alzerà il lenzuolo
Aggrovigliato
Notturno e profumato.continua la descrizione del letto proprio come simbolo dell’amore. Qui
naturalmente il poeta auspica un incontro con la sua sposa di cui ha tanta nostalgia perché lui si trova in
carcere e appunto in questa rievocazione speranzosa cerca di ricostruire l’immagine di questa scena dei corpi
avvolti da lenzuola aggrovigliate.
L’odio si smorza
Dietro la finestra l’odio diminuisce fuori.
Sarà l’artiglio soave si riferisce alla speranza della fine della guerra dei conflitti, della fine dell’odio.
Lasciatemi la speranzanon so se questo avverrà realmente ma lasciatemi comunque la speranza che questo
mondo migliore possa arrivare e che la mia casa possa riempirsi di amore e gioia e partecipazione.
IL ROMANZO MODERNISTA

Il romanzo modernista comincia alla fine dell’800/inizi del ‘900. Prima però ci fu la grande diffusione del
romanzo realista che ebbe come principali protagonisti: Benito Perez Goldos che scrisse numerosi romanzi,
autore molto prolifico.
Il romanzo realista tende a fotografare la realtà, descrive la società in tutte le sue componenti dunque mette
in scena sia personaggi di alta levatura, sia personaggi più popolani quindi proprio per questa sua
combinazione ha lo scopo di rappresentare la realtà cos com’è. Altre sue caratteristiche sono:
- Presenza di un progetto narrativo cioè la base ideologica che regge il romanzo realista è quella di
difendere un certo funzionamento della società, difendendo ad esempio la lealtà, la giustizia,
l’onestà.
- Principio di causalità e consequenzialità degli eventi cioè se un personaggio agisce in un determinato
modo, contrario alle regole e ai principi dell’ordine costituito c’è naturalmente una conseguenza,
rigida connessione causa-effetto.
- Descrizioni ambientali, riproduzione fedele della realtà.
- Narratore onnisciente, che sa tutto, racconta gli eventi che conosce dall’inizio alla fine, domina
completamente tutta a vicenda.
- Predominio della narrazione rispetto al dialogo dei personaggi.

I romanzieri invece modernisti di spicco sono: Unamuno, Valle-Inclàn, Azorin, Pio Baroja, Gabriel Mirò,
Ramon Perez de Ayala, Ramon Gomez de la Serna.
Le caratteristiche sono:
- Perdita del nesso causale nella rappresentazione degli eventi cioè presenta una realtà che non è
dettata da una logica ben precisa e ciò getta l’individuo in una situazione di smarrimento, timore,
incapacità di controllare la realtà non a caso è un romanzo che rappresenta la crisi d’identità di
fine 800 quando si assiste proprio alla frammentazione dell’io che non trova più il proprio posto nel
mondo.
- Predomina il dialogo danno più spazio alle parole dei personaggi.
- Importanza del contenuto intellettuale.
- Punto di vista variabile perché dando importanza ai dialoghi fra personaggi abbiamo diversi punti di
vista rispetto al solo punto di vista del narratore onnisciente.
- Disgregazione della trama: mentre nel romanzo realista c’era un progetto unitario, sequenza ben
precisa di eventi, nel romanzo modernista la storia si frammenta, si compone di episodi spesso anche
sconnessi fra loro.
PIO BAROJA
È sicuramente uno dei maggiori esponenti di questo romanzo. Autore molto prolifico. Scrisse la TRILOGIA
DE LA VIDA FANTASTICA1901, CAMINO DE PERFECION 1902, PARADOX REY 1906.
Era basco e infatti scrisse una trilogia intitolata TIERRA BASCA e poi LA LUCHA POR LA VIDAtutti
romanzi che lui scrisse agli inizi del 900. Infine la trilogia intitolata LA RAZ.

Lui rifletté molto sulle caratteristiche del romanzo modernista: non si può elaborare una teoria della scrittura
romanzesca ma la si può mettere in pratica con la scrittura cioè non c’è una formula rigida di scrivere un
romanzo, non è definibile. Al contrario è un genere multiforme che accoglie generi e stili diversi quello
filosofico, psicologico, epico e così via. Quindi per lui il romanzo è la rappresentazione totale della realtà e
proprio per questo deve essere permeabile al mondo esterno. In lui c’è anche il rifiuto di un eccessiva
elaborazione tecnica e formale e retorica: predilige una retorica minore, uno stile naturale, sintassi
elementare, lessico semplice con l’idea appunto di una retorica che arrivasse chiara al pubblico. La
rappresentazione della realtà è fondamentale ma in un modo diverso rispetto ai romanzieri realisti perché la
realtà è multiforme e caotica, è quasi incomprensibile quindi non è sempre basata su principi logici e per
questo i romanzi non devono avere un progetto preliminare ma devono riprodurre quell’impressione di
casualità e imprevedibilità degli eventi.
I personaggi non vengono sempre descritti nel carattere nel loro essere dal narratore ma sono elementi che
emergono proprio dal comportamento di loro stessi, dal loro modo di muoversi e parlare. In Baroja i dialoghi
sono molto importanti e così il lettore assume un ruolo attivo nell’interpretare il carattere dei personaggi.
Baroja in definitiva quindi inaugura il romanzo aperto nel senso che lascia aperta la storia, no propone una
conclusione fissa ma lascia il lettore anche libero di riflettere e immaginare.

Il romanzo più importante di Baroja è CAMINO DE PERFECCIòN nel 1902 e fa parte di quei quattro
romanzi epocali modernisti (insieme a AMOR Y PEDAGOGIA di Unamuno, SONATA DE OTONO di
Valle-Inclàn e LA VOLUNTAD di Azorìn) romanzi diversi fra loro per temi e struttura però tutti
rappresentano la nascita di una nuova narrativa.
CAMINO DE PERFECCION è un romanzo nel quale Baroja riflette su questioni filosofiche di grande
importanza che sono al centro del pensiero filosofico del 900. Riflette sull’angoscia di vivere influenzato
soprattutto dal filosofo Schopenauer. Il protagonista Ossorio simboleggia la Spagna di allora perché soffre di
abulia e vaga per la Spagna e in questo suo pellegrinaggio cerca di perfezionarsi, depurarsi, purificarsi e
arrivare alla serenità superando l’inquietudine che lo attanaglia. Il percorso mistico quindi che fa Ossorio
prevede una via purgativa con la quale libera la sua anima dalla lussuria, del mondo e del diavolo da tutti gli
impulsi e bisogni materiali che caratterizzano l’essere umano; una via contemplativa cioè la meditazione
dell’anima e una via unitiva che prevede l’unione con Dio.
Questo percorso prevede varie fasi:
- Madrid in cui l’anima incontra il peccato
- Guadarrama comincia la via purgativa
- Meseta castigliana in cui è ambientata la prosecuzione della via purgativa
- Toledo dove inizia la meditazione
- Yecora e Marisparza dove continua la via contemplativa
- Levante inizia la via unitiva.
Il protagonista è un individuo tormentato dalla contrapposizione di ragione e fede, fra carne e spirito, fra
tradizione e ribellione ad un sistema costituito e in questo dualismo si logora, si distrugge e quindi decide di
compiere questo percorso per cercare l’equilibrio che trova nel matrimonio con una donna che si chiama
Dolores che le da dei figli e alla fine del romanzo dopo che lui ha giurato di educare il figlio ai principi della
laicità, libero dai condizionamenti della religione, dei convenzionalismi eccetera, l’ultima scena del romanzo
è quella i cui la nonna del bambino cuce nella coperta del bambino un foglio del vangeloazione simbolica
che rappresenta la presenza prepotente della tradizione in un ambiente familiare dove ci sarebbe stata una
totale libertà di scelta, di non professare alcuna religione. Questo finale nel quale non interviene nessuna
battuta, nessun dialogo ma viene semplicemente narrato, è il tipico finale aperto di Baroja che lascia il littore
libero di interpretare e riflettere e trarre delle conclusioni.
C’è da dire anche che il protagonista rispecchia un po’ quella che è stata la vita di Baroja perché il
protagonista fa la stessa scelta dell’autore: è un medico che però ha una grande passione per la pittura e per
questo poi decide di abbracciarla completamente. Allo stesso modo Baroja studiò medicina per poi dedicarsi
completamente alla letteratura.
UNAMUNO
Autore poliedrico che scrisse vari generi poesia, teatro, saggistica, romanzi.
Come narratore il suo primo romanzo è PAZ EN LA GUERRA 1897 ambientato durante le guerre carliste
descrivendo l’assedio i Bilbao, romanzo che risente ancora dell’influenza realista.
Nel 1902 scrive AMOR Y PEDAGOGIA nel quale sperimenta il romanzo modernista, 1908 RECUERDOS
DE NINEZ Y MOCEDAD, 1913 EL ESPEJO DE LA MUERTE, 1914 NIEBLA, 1917 ABEL SANCHEZ,
1920 TULIO MONTALBAN, 1921 LA TIA TULA e altri quindi ha una traiettoria di scrittura molto estesa.
La caratteristica di Unamuno è quella di essere un autore molto impegnato, militante che ebbe sempre il
coraggio di prendere posizione ed esprimere le proprie idee. Si caratterizza proprio per il suo spirito
polemico. La sua scrittura ha una certa unità nei temi, nella struttura.

La sua prima opera, saggio importante è EN TORNO AL CASTICISMO 1895 incentrato sull’essenza della
Spagna che dichiara un’apertura totale nei confronti dell’Europa quindi Unamuno rifiuta il Casticismo
come culto di ciò che è autoctono, genuino. Unamuno si professa europeista, aperto agli influssi esterni.
Pensiero che poi rifiuta perché Unamuno maturo è uno scrittore che invece rifiuta l’apertura predicando
invece una chiusura verso se stessi.
1905 scrive LA VIDA DE DON QUIJOTE è un opera importante , libro filosofico nel quale l’autore
concentra il suo pensiero soprattutto legato alla situazione della Spagna.
19012 EL SENTIMIENTO TRAGICO DEL VIDA
1925 AGONIA DEL CRISTIANESIMO in cui spicca il fatto che Unamuno è sempre stato combattuto tra
ragione e fede , l’impulso della fede che è irrazionale e quello della ragione che nega i principi della fede in
effetti molti suoi testi e anche questa rappresentano l’inquietudine di non riuscire ad accettare completamente
i dettami della fede, di non voler credere in una realtà ultraterrena e in una presenza superiore che governi la
vita degli uomini.

L’espressione narrativa di Unamuno è caratterizzata soprattutto da una abbreviazione della storia, riduce
l’intreccio, l’intreccio è ridotto proprio all’essenziale, comprime il discorso per dare spazio all’espressione
meta-letteraria cioè alla riflessione dell’autore sulla propria scrittura.
Sceglie un modello narrativo che a differenza a differenza ad esempio del romanzo naturalista, inserisce
aspetti simbolisti, introspettivi quindi lascia spazio ad un’espressione più intima, incline alla ricerca
interiore, alla sperimentazione di un nuovo linguaggio letterario che sia appunto originale. AMOR Y
PEDAGOGIA rappresenta il cambiamento, la svolta. Narra la storia del fallimento di un progetto educativo
imposto al protagonista del romanzo che si chiama Apolodoro, dal padre di questo, fervido sostenitore della
pedagogi; ha una sua teoria pedagogica che vuole applicare al figlio e dunque ancora prima che il figlio
nasce decide il percorso che dovrà fare per poter creare un genio. Il primo passo per ciò è la scelta della
madreUnamuno sin dall’inizio fa capire che tanta cura, affanno poi si scontra con la realtà e infatti il primo
errore che fa è proprio lo scegliere della madre perché è una donna che si rivelerà inadeguata infatti i due
coniugi sono personalità opposte: l’uomo è definito Forma e la donna è la Materia si uniscono ma non si
combinano bene fra di loro perché questo figlio ad un certo punto si avvicina di più alla madre che è molto
più incline al sentimento, alle emozioni e disattende completamente l’istruzione del padre che invece è molto
più razionale. In questo fallimento c’è la critica che Unamuno fa al razionalismo, infatti Apolodoro quando
raggiunge la maturità invece di dedicarsi alla creazione di un complesso sistema filosofico che avrebbe
dovuto consacrarlo come genio dell’umanità, secondo il volere del padre, si innamora di Clarita e sceglie di
diventare scrittore. Tutto il piano del padre fallisce e Apolodoro dovrà accettare il fatto che non sarà un
filosofo e che non raggiugerà nemmeno una grande fama e inoltre fallirà anche a livello sentimentale perché
la moglie lo tradirà. Questo doppio fallimento lo indurrà a suicidarsi. La sua morte genera una sorta di
rinascita perché il padre si pentirà trovando una nuova armonia con la moglie con la quale non si era inteso
per tutta la vita. Questa apertura è rafforzata dal fato che Apolodoro aveva concepito prima di morire un
figlio e ciò rappresenta la speranza che questa creatura probabilmente verrà educato con principi diversi.

NIEBLA – UNAMUNO
Niebla pubblicato nel 1914 è il romanzo dell'assurdo esistenziale, dell'uomo che si perde nell'angoscia di una
vita senza scopo. Il protagonista è infatti Augusto Perez un giovane che non sa cosa fare della propria
esistenza e passa il tempo a giocare a scacchi con il suo migliore amico Victor Goti. Augusto Perez è un
personaggio che è immerso in una condizione di mediocrità, incapacità di affrontare la vita, condizione di
abulia, condizione di mancanza di volontà e di decisione. Già il titolo “niebla” è una chiave di lettura della
storia che viene narrata. La vita è nebbia e come afferma lo stesso Augusto Perez è un insieme di gioie e di
dolori che ci giungono però avvolti in un’immensa nebbia e una cosa nebulosa/annebbiata è una cosa vaga,
enigmatica, incognita e così è anche la vita quindi alla base di questo romanzo c’è proprio il senso di
smarrimento, di disorientamento, la mancanza di una meta, di uno scopo nella vita e per questo i personaggi
a partire dal protagonista Augusto Perez vivono precariamente, cercando se stessi, cercando una propria
identità che non trovano. Quindi la nebbia è simbolo del nulla come lo è della vita perché nebbia rimanda
appunto a una visione annebbiata della vita. È evidente che in questo romanzo Unamuno offre anche il
proprio modo di vedere la vita che per lui è fatta di sentimenti, di sofferenza ma forse questi sentimenti sono
chimere, invenzioni forgiati da un demiurgo esterno proprio per darci l’illusione di esistere, per alimentare la
nostra necessità di esistere ma che poi in realtà sono solo delle cose fittizie. L’insicurezza di Augusto Perez
incarna l’insicurezza di Unamuno.
La dimensione amorosa in Niebla è rilevante perché sarà proprio l’amore a fare uscire Augusto da questo
stato di smarrimento e caos; gli occhi di Eugenia sono come dei fari nella nebbia. Trova nella dimensione
amorosa/erotica una finalità esistenziale (infatti nel capitolo 7 dice AMO ERGO SUM riprendendo la
formula di Cartesio cogito, ergo sum la dimostrazione della sua esistenza gli viene conferita dal fatto che
ama) che però rappresenta anche la fine dell’esistenza perché è vero che l’amore lo riporta in vita ma allo
stesso lo spingerà al suicidio quando Eugenia accetta di sposarlo ma alla fine fugge con Mauricio.

Il primo capitolo è importante perché c’è la presentazione del protagonista. Di lui sappiamo poco e niente,
non sappiamo che aspetto ha, in quale città vive, la casa che abita…non sappiamo nulla ma percepiamo
alcune caratteristiche della sua personalità attraverso la descrizione di una sua uscita di casa attraverso un
continuo passaggio tra le parole del narratore onnisciente e le riflessioni del personaggio stesso quindi c’è
una sorta di monologo interiore o flusso di pensiero che consiste nel riportare la dimensione introspettiva la
costruzione del pensiero così come si affaccia nella mente del personaggio.
Viene descritto che esce di casa ed allunga una mano ma non perché voleva prendere possesso del mondo
esteriore ma solo per capire se pioveva o no ed in realtà questa necessità non deriva dal fatto che gli da
noia/fastidio la pioggia ma dal fatto che gli costava una grande fatica aprire l’ombrello da qui viene già
messo in risalto l’aspetto apatico, indolente e abulico de Augusto Perez. Inoltre nelle prime righe il narratore
dice che Augusto per le strade più che camminare, passeggia proprio per indicare il fatto che lui nella vita
non ha uno scopo, una meta che invece gliela fornisce Eugenia. A questa prima descrizione ne segue subito
un’altra: Augusto è preoccupato de aprire l’ombrello anche perché gli sembra bello l’ombrello chiusoad
Augusto gli è del tutto sconosciuta la dimensione utilitaristica della vita a tal punto che preferisce vedere un
ombrello chiuso perché è bello piuttosto che aprirlo e ripararsi dalla pioggia. Quindi appena esce di casa il
primo conflitto che ha è se aprire l’ombrello o meno, poi gli si affaccia un secondo dilemma non sa che
direzione prendere e allora dice a stesso di aspettare il primo cane che passa per prendere la sua stessa
direzione. La sua inettitudine è talmente profonda e legata ad una esitazione patologica al punto che si ferma
prima di fare una scelta. La sua nebbia, questo suo stato inerziale è determinato proprio dal fatto di non saper
trovare una direzione, un obiettivo, uno scopo nella vita. Si trova quindi perennemente in uno stato di
sonnolenza, di torpore.

Niebla presenta storie intercalate che si riferiscono a fatti e personaggi che svincolano dall'azione principale,
quindi non hanno una funzione fondamentale per lo svolgimento dell’azione ma sono pertinenti: ciascuna a
suo modo ha la funzione di rafforzare il discorso centrale. Ci sono 5 storie intercalate che illuminano la
psicologia del protagonista, annunciano avvenimenti futuri e facilitano la fusione fra il mondo reale e quello
fittizio. Sono tutti racconti brevi basati su una vicenda sentimentale quindi sono come esempio.
- La prima introduce il protagonista di un altro romanzo di Unamuno, Avito Carrascal che viene
incontrato da Augusto Perez in una chiesa e Augusto Perez è indeciso se sposarsi o meno e allora
Avito gli racconta la storia di suo figlio che il figlio ha sofferto tanto, si è suicidato e che allora lui ha
capito di aver sbagliato con il suo programma educativo perché con i suoi errori è arrivato a capire
che l'unica maestra di vita è la vita stessa e non c'è pedagogia che valga, che si impara soltanto
vivendo e che ogni uomo che nasce comincia da capo ad imparare perché nessuno può creare per lui
un percorso educativo. Avito gli consiglia di agire e di non restare fermo nella preoccupazione di
poter sbagliare. Gli consiglia anche di sposarsi offrendogli tutti i benefici del matrimonio ad esempio
il fatto che lui in sua moglie ha trovato anche una madre.
- Nella seconda storia Victor Goti incontra Augusto e gli racconta la sua stessa storia ovvero che si era
sposato da giovane, che inizialmente non riuscivano ad avere figli e questo influì sul rapporto di
coppia che per molti anni avevano vissuto con questa inquietudine di non riuscire a procreare che li
portò ad avere una crisi matrimoniale ma alla fine si abituarono e tutto tornò nella norma. Ad un
certo punto però la moglie resta incinta e la nascita di questo bambino fu un’altra vera e propria
rivoluzione perché andò a cambiare nuovamente il loro equilibrio e le loro abitudini. Con questa
storia Victor mette in allerta Augusto sulle difficoltà della vita matrimoniale ma introduce anche la
leggenda del fogueteiro uomo che fabbrica i fuochi d’artificio sposato con una moglie bellissima che
lui vantava e che dopo un incendio lui rimase cieco e la moglie sfigurata quindi ebbe la fortuna di
non vedere lo scempio sul corpo della moglie. E lui anche dopo l’incendio continuava ad andare
fiero di lei e della sua bellezza. Questo per dire che anche se non può vedere la sua bellezza esteriore
vede la sua bellezza interiore, la sua felicità quindi vede attraverso gli occhi dell’anima che sono più
penetranti rispetto a quelli veri.
- La terza storia è quella di Eloino un nobile uomo, scapolo che vive da locanda a locanda. Approda
nella locanda di una donna molto matura e qui scopre di essere malato quasi vicino alla morte. Non
avendo nessuno che possa prendersi cura di lui per poter rimanere in quella locanda e farsi accudire
da quella signora decide di sposarla quindi fanno un matrimonio di interesse: lui viene accudito e in
cambio lei avrebbe ottenuto la pensione di vedova quando lui sarebbe morto. La storia poi finisce
con la guarigione di Eloino e quindi col fatto che i due devono stare insieme pur non amandosi.
Questo per dire che è contrario al matrimonio per interesse come quello che sta facendo Eugenia con
lui per poi abbandonarlo.
- La quarta storia è quella di Antonio, uomo vittima delle azioni altrui perché viene tradito e
abbandonato dalla moglie e poi si ritrova a consolare la moglie dell’amante di sua moglie che poi
diventa sua moglie. Storia che anticipa l’abbandono di Eugenia.

L’apice della storia si raggiunge quando Augusto, dopo una serie di tentennamenti, si decide finalmente a
sposare Eugenia e lei accetta. Ma poi lo abbandona tramite una lettera e da questo abbandono ne consegue
che Augusto uscito dalla nebbia esistenziale della passività e dell’abulia ci risprofonda. In un confronto con
Victor (capitolo 30) si convince che l’unica soluzione è suicidarsi. A questa posizione di Augusto, Victor
risponde (capitolo 31) cercando di convincere l’amico a non farlo soprattutto dicendo che loro in realtà sono
dei personaggi e quindi non deve prenderla sul serio perché in realtà la loro vita dipende dal loro autore.
Augusto però si ribella a questa situazione e decide di andare a Salamanca per parlare con l’autore per
sostenere la sua posizione di persona e non personaggio.
I due hanno uno scontro molto animato perché Augusto se deve morire vuole farlo per sua scelta e dunque
decidendo di suicidarsi ma l’autore glielo impedisce perché deve essere lui a decidere e che se continua così
lo farà morire lui stesso. Alla fine la storia termina che Augusto torna a casa, durante la cena si ingozza di
cibo, ha una terribile indigestione e muore nella notte, durante il sonno. Da qui c’è la trasformazione della
frase da amo ergo sum a edo ergo sum. Tra l’altro Augusto prima di morire scrive una lettera da indirizzare
all’autore scrivendo: Salamanca. Unamuno. Ha vinto lei. Sono morto.

È un romanzo che ha come sottotitolo un neologismo coniato dallo stesso autore ovvero il termine NIVOLA:
termine che nasce dalla parola novela ed è un esperimento letterario cioè un romanzo che si fonda su regole e
strutture diverse rispetto al romanzo tradizionale. Crea quindi un romanzo in cui:
- L’autore lascia spazio ai dialoghi fra i personaggi, è un testo ricco di dialoghi e monologhi.
- Elimina anche quasi completamente la descrizione dei personaggi proprio perché vuole invece dare
importanza gli aspetti interiori, ai loro sentimenti, ai loro conflitti, alle loro esperienze individuali,
allo scontro di passioni e volontà, quindi gli interventi descrittivi sono ridotti al minimo.
- Di conseguenza i personaggi si manifestano in maniera autonoma, man mano che essi parlano e
agiscono si rivelano.
- La cosa più particolare è il narratore perché: in un primo momento è un narratore eterodiegetico
quindi esterno alla storia che racconta gli antefatti della storia di Augusto Perez. Verso la fine però
questo narratore diventa anche personaggio perché accade che Ad un certo punto della storia
Augusto decide di recarsi a parlare con Unamuno perché ha saputo che l’autore vuole farlo morire
ma lui invece vuole essere padrone della propria vita e dunque se deve morire vuole poterlo fare per
scelta, dunque decidendo di suicidarsi. Quindi discute con Unamuno il quale interviene nella storia,
nel dialogo con il personaggio che minaccia, lo informa che lo ucciderà. Infatti successivamente
Augusto tornato a casa, si ingozza a cena, ha una terribile indigestione e muore nel sonno, durante la
notte. Quindi l’autore realizza il suo progetto di essere demiurgo fino in fondo, di decidere della vita
del personaggio ma la cosa più importante è il fatto che Unamuno crea un’intersezione fra due piani
diversi quello dell’autore esterno alla storia e quello dei personaggi che sono delle funzioni nel
romanzo. Unamuno trasforma se stesso in un personaggiocioè ad un certo punto non si capisce più
quale sia la realtà e quale sia la finzione, viene disorientato da questo gioco consapevole ovviamente
di Unamuno di creare il dubbio. Con questo gioco infatti Unamuno confonde la netta distinzione tra
finzione e realtà che invece è alla base della narrativa realista. Questa confusione poi viene
amplificata nelle sezioni del prologo e del post prologo firmate rispettivamente da Victor Goti e
Unamuno perchè Victor parlando della morte del suo amico Augusto crede che si sia davvero
suicidato come una persona dotata di libero arbitrio e che non è vero che sia stato fatto morire da
Unamuno; unamuno invece nel post prologo ribatte a ciò dicendo che Goti si sbaglia confondendo
realtà e finzione Unamuno gioca a confondere il lettore con intento ovviamente provocatorio che sta
alla base del Modernismo e anche delle avanguardie ed è anche un modo di Unamuno di riflttere sul
senso ultimo della vita sulla sua essenza, l’idea della vita come commedia o tragedia e del mondo
come scenario di essa, vita come interpretazione di un ruolo in cui tutto è predeterminato  si ha
l’illusione di fare delle scelte, di essere liberi ma in realtà è tutto predeterminato.

IL PARATESTO DI NIEBLA
In questo romanzo l’elemento para-testuale è di fondamentale importanza, ovvero tanti testi che fanno da
cornice alla narrazione vera e propria. Infatti in Niebla la vera narrazione viene anticipata da 3 testi:
- PROLOGO  firmato Victor Goti e già da qui c’è lo sdoppiamento del narratore. Victor Goti spiega
che non sa perché Unamuno ha scelto lui per scrivere il prologo, il lettore potrebbe pensare che è un
autore, un intellettuale ma non è così perché Victor Goti è anche un personaggio del romanzo, amico
del protagonista. Victor svolge una funzione prolettica anticipa cioè al lettore i contenuti dell’opera
perché fin dall’inizio parla della penosa storia introducendo quindi il tema tragico, e poi verso la fine
dirà di credere all’amico Augusto che gli aveva detto di volersi suicidare e con questo ci svela il
finale. Il prologo quindi ha la funzione di annunciare al lettore lo scioglimento dell’opera e così
facendo niebla non è più un romanzo a “suspence” e la presenza di Victor anima il senso di
contraddizione che caratterizza l’opera, amplificando la confusione tra realtà e finzione. In questo
senso la letteratura di Unamuno ha lo scopo di risvegliare le coscienze, stimolarle, falle uscire da
quello stato di torpore che è appunto la nebbia. Niebla è infatti un romanzo che ha come protagonista
assoluto il DUBBIO, ossia uno stato di confusione rappresentato poi dal personaggio di Augusto che
non sa scegliere.
- POST-PROLOGO  firmato invece da Unamuno, riconosce la funzione di prologhista di Victor
Goti e vorrebbe in un certo senso confutarne ogni affermazione ma poi in realtà non lo fa perché gli
aveva lasciato mano libera affermando anche che lo avrebbe accettato senza modificarne i contenuti.
Unamuno con questa affermazione ci fa capire che non può intervenire nella voce di Victor perché
conosce il segreto della sua esistenza ovvero che Unamuno è il creatore di Victor quindi è Unamuno
stesso a farlo parlare. L’autore si picca del fatto che Victor nel prologo riferisce molte opinioni su
Unamuno, le sue idee anche se non era autorizzato; così nell’ultimo paragrafo Unamuno si altera e
perde completamente la pazienza quando vede che Victor crede e da la sua versione sul finale di
Niebla (dando ragione ad Augusto sul fatto che si è suicidato da solo e non per volere di Unamuno).
Unamuno alla fine minaccia Victor che se continuerà a sostenere che Augusto è morto per volontà
propria, lo farà morire così come ha fatto con Augusto. Il post-prologo poi si conclude con un
dilemma ossia la possibilità per il lettore di optare per l’una o per l’altra soluzione.
- HISTORIA DE NIEBLA  una sorta di secondo prologo scritto nel 1935.
- ORACION FUNEBRE POR MODO DE EPILOGO testo scritto a doppia mano perché lo scrive
Unamuno insieme ad Orfeo il cane di Augusto riferendo un monologo interiore del cane alla morte
del padrone. Dopo essersi messo a letto con il padrone, il cane si rende conto che egli è morto e
comincia a ricordare tutti i momenti che hanno condiviso, e finisce per morire anche lui non
tollerando il troppo dolore. Orfeo è il principale confidente di Augusto e svolge la funzione di
trasformare i monologhi di Augusto in mono-dialoghi. In questo testo fa una lunga considerazione
sul genere umano nella prospettiva canina dicendo che gli uomini sono esseri cinici, egoisti eccetera.
- UNA ENTREVISTA CON AUGUSTO PEREZ  Unamuno immagina anche un po’ preso dai sensi
di colpa che Augusto gli compare in sogno e a quel punto inizia un dialogo che verte su temi diversi.
Questo apparato para-testuale condiziona molto la narrazione perché da una parte contiene e anticipa temi e
dall’altra da anche delle indicazioni di lettura perché sono dei testi che racchiudono l’intenzione dell’autore
cioè come l’autore vuole che l’opera sia interpretata.
Rapporto tra finzione e realtà: il concetto di gran teatro del mundo
In Niebla troviamo due grandi metafore che la rappresentano ovvero la vita come sogno e il gran teatro del
mondo. Una vita che è fatta di sentimenti, di sofferenza ma forse questi sentimenti sono chimere, invenzioni
forgiate da un demiurgo esterno proprio per darci l’illusione di esistere, per alimentare la nostra necessità di
esistere ma che poi in realtà sono solo delle cose fittizie, l’idea di una vita come commedia o tragedia e del
mondo come scenario di essa quindi una vita come interpretazione di un ruolo in cui tutto quindi è
predeterminato si ha l’illusione di vivere, fare delle scelte, di essere liberi ma in realtà tutto è
predeterminato. Questo concetto viene proprio rappresentato dalla storia stessa quando il protagonista alla
fine del romanzo decide di suicidarsi perché stanco della sua vita piena di sofferenze e quindi si reca da
Unamuno per esporgli questo suo desiderio il quale però a sua volta gli dice che non può farlo perché lui è
solo un ente di finzione per cui non ha libero arbitrio ma è l’autore a decidere per lui. Nonostante poi
Augusto Perez vuole a tutti i costi preservare la propria autonomia anche perché sostiene che il fatto che
Unamuno autore reale dell’opera abbia preso parte a questo dialogo con Augusto Perez che è solo finzione
vuol dire allora che anche l’uomo in carne ed ossa è in realtà un’entità creata. Alla fine muore per
un’indigestione terribile. Unamuno crea un’intersezione fra due piani diversi quello dell’autore esterno alla
storia e quello dei personaggi che sono delle funzioni nel romanzo. Unamuno trasforma se stesso in un
personaggio cioè ad un certo punto non si capisce più quale sia la realtà e quale sia la finzione, il lettore
viene disorientato da questo gioco consapevole ovviamente di Unamuno di creare il dubbio, risvegliare le
coscienze, stimolarle, falle uscire da quello stato di torpore che è appunto la nebbia. Con questo gioco infatti
Unamuno confonde la netta distinzione tra finzione e realtà che invece è alla base della narrativa realista.
Questa confusione poi viene amplificata nelle sezioni del prologo e del post prologo firmate rispettivamente
da Victor Goti e Unamuno perchèVictor parlando della morte del suo amico Augusto crede che si sia
davvero suicidato come una persona dotata di libero arbitrio e che non è vero che sia stato fatto morire da
Unamuno; unamuno invece nel post prologo ribatte a ciò dicendo che Goti si sbaglia confondendo realtà e
finzione Unamuno gioca a confondere il lettore con intento ovviamente provocatorio che sta alla base del
Modernismo e anche delle avanguardie. In conclusione per Unamuno sia l’uomo che il personaggio di
fantasia sono portatori di una realtà simileper i lettori, i personaggi non sono reali, non sostengono la
propria autonomia perché sono il risultato di una fantasia, un sogno, una creazione dell’autore; la realtà
dell’uomo ha una situazione analoga  non può sostenere autonomamente la propria esistenza in quanto è il
risultato di un atto creativo di Dio. Dio crea l’uomo e l’uomo crea l’atto di finzione. Unamuno ci invita a
dubitare della nostra reale esistenza, tanto fisica quanto spirituale
LUCES DE BOEHMIA-VALLE INCLàN
Opera teatrale, tragedia vera e propria, pubblicata nel 1920 sulla rivista Espadana per poi uscire in volume
nel 1924.

Racconta l’ultima notte del protagonista Max Estrella (secondo alcuni critici è la trasfigurazione letteraria del
poeta Alejandro Sawa) che è un poeta cieco che vive miseramente con una compagna e la figlia e che non ha
più mezzi di sussistenza dopo che il suo editore lo ha licenziato. Decide così di uscire di notte per cercare
soldi e intraprende un viaggio (in realtà una passeggiata) per le vie di Madrid accompagnato dall’ amico Don
Latino de Hispalis. Si reca inizialmente alla bottega del suo editore per chiedere i soldi che gli spettano dato
che gli aveva venduto uno dei suoi libri. Essendo cieco non si accorge del raggiro montato dall’editore e dal
suo amico alle sue spalle il quale aveva preso la sua parte del guadagno del libro furtivamente. Da qui poi
sfiora varie situazioni: si recano in una taverna malfamata dove Max vende il mantello per avere del denaro
per bere, successivamente si imbatte in un circolo di poeti modernisti che a causa dei loro schiamazzi
intervengono le forze dell’ordine e Max viene arrestato perché ubriaco per finire poi in prigione. Qui in
prigione (scena 6) incontra un anarchico catalano operaio di nome Matteo ed è un incontro molto importante
nel quale Max riconosce le ragioni della lotta di questo giovane che è stato imprigionato perché non ha
voluto abbandonare il suo lavoro e partire per la guerra del rif cioè la guerra coloniale di Marocco che
imponeva che i più poveri fossero reclutati nelle truppe da spedire nel rif dove si era creata una ribellione
anticoloniale. Questo giovane si fa quindi portavoce di un’ideologia anarchica che vede il malcontento
popolare. Alla fine gli dice anche di conoscere il suo destino che sarà ucciso dalla polizia durante un suo
tentativo di fuga. Infatti successivamente (scena 11) Max assiserà alla morte dello stesso operaio che fuggito
viene ucciso dalla polizia proprio mentre sta scappando. Max assiste ovviamente da uomo cieco e percepisce
il dolore di questa morte. Qui Valle-Inclan fa riferimento alla cosiddetta LEY DE FUGAS con cui i
carcerieri scarceravano i prigionieri ma mentre questi scappavano li uccidevano. La pressione dei suoi amici
sulla stampa gli permettono di essere scarcerato e così decide di recarsi dal ministro degli interni, suo amico
di studi, per protestare contro i maltrattamenti subiti. Qui il ministro Antonio Maura, riconoscendolo, decide
di offrirgli una somma di denaro. Successivamente Max e Don Latino si ritrovano ancora a contatto con
operai che riportarono in città il corpo dell’operaio catalano che vengono assaliti dalla polizia e questa volta
accade che un bambino viene colpito da una pallottola e muore (morte di un ulteriore innocente). In questa
atmosfera si giunge alla scena 12 in cui la vicenda raggiunge il suo culmine con la morte di Max Estrella.

Attraverso il viaggio simbolico di Max Estrella, Valle-Inclan denuncia il degrado sociale e anche spirituale
della Spagna, la corruzione e i vizi nazionali. Infatti si apre prospettando già la crisi esistenziale del
personaggio che si vede precipitare nella miseria più nera, una miseria aggravata ancora di più dal fatto che
vive in un mondo cinico di opportunisti che lucrano alle sue spalle nonostante egli sia una persona buona che
vive ai limiti della sopravvivenza.
È un’opera di 15 scene più una ultima però il tempo della narrazione compre un periodo molto più breve di
circa 24 ore, dal tramonto alla notte del giorno seguente. La particolarità di quest’opera sono anche i luoghi
scenici, molteplici ma che non presentano alcun tratto di nobiltà: abbiamo una stanza miserabile, una
taverna, un pezzo di strada, una prigione, la segreteria del ministro, la soglia della porta dove muore e così
via… tutti luoghi che hanno le stesse caratteristiche: sono deformati, sporchi, maleodoranti, miseri, chiusi e
con poca luce, volti a dare una senso di oppressione al lettore e che rispecchiano il degrado della società
spagnola, un mondo di perdizione, che non ha altra via d’uscita se non la morte, la morte è l’unica via per
mettere fine alle sofferenze (in questo caso del personaggio principale) perché è un mondo dove prevalgono
l’ingiustizia, la stupidità, la miseria, l’arbitrarietà, il tradimento e la violenza. Solo quando il dramma sta per
concludersi, verso l'alba, inizia ad apparire gradualmente la luce, i fatti diventano più chiari e Max Estrella
muore. Ovviamente è presente nell’opera una satira politica e sociale della Spagna di quel tempo.

È importante la scena 12 perché c’è il dialogo fra Max Estrella e Don Latino. Questa è più che altro una
scena meta-drammaturga perché non racconta tanto un evento ma ci racconta piuttosto come è scritta
quest’opera, evidenziando le sue caratteristiche e le sue qualità. La scena si apre con un brano in prosa in cui
l’autore descrive lo spazio nel quale si svolge la scena. Descrizione di un angolo di strada in salita, sullo
sfondo una chiesa barocca e una luna chiarail drammaturgo sta rappresentando uno spazio notturno in cui
il colore della luna spicca sul cielo scuro e ci sono Max e Don Latino che filosofeggiano sui gradini di un
portone (portone di casa di Max). Durante il dialogo il cielo diventa livido perché si cominciano a vedere i
chiarori dell’alba quindi ci troviamo nella parte finale della notte. Durante il dialogo Valle-Inclan affida al
personaggio Max Estrella l’onere di descrivere ciò che è l’ESPERPENTOè quindi uno stratagemma che
l’autore utilizza per esprimere la propria poetica affidandola quindi alle parole dei suoi personaggi.
L’ESPERPENTO è un termine che designa una persona o una cosa brutta, stravagante, ridicola che per
Valle-Inclàn diventa un nuovo stile narrativo basato appunto sulla deformazione della realtà perché per
Valle-Inclàn la deformazione è l’unico modo valido per dare conto alla realtà spagnola che già di per se è
una deformazione grottesca della civiltà europea quindi di conseguenza l’esperpento riflette la realtà ma
rappresentandone tutte le sue brutture, deformità, in modo grottesco appunto. Il sentimento tragico della vita
spagnola può essere reso solo da una estetica deformata perché in Spagna in quel momento non può esistere
una tragedia se non attraverso l’esperpentola tragedia lascia spazio alla rappresentazione delle passioni
invece nell’esperpento i personaggi non vivono di passioni proprie, sono personaggi mediocri che invece di
lottare soccombono alla società corrotta che li circonda. Come dice Max Estrella in una società degradata,
deformata, priva di grandezza la tragedia diventa impossibile. Per rappresentare a meglio questo concetto nel
dialogo si fa riferimento a Cajellon del Gato una strada di Madrid dove c’era una vetreria che aveva degli
specchi concavi e convessi quindi specchi deformati che deformano la figura di chi ci si specchia. Valle-
Inclàn usa questa immagine per dire che la realtà spagnola è proprio come l’immagine storpiata in uno
specchio concavo. L’ESPERPENTO rappresenta tutto ciò che è brutto, riprovevole dell’esperienza umana
attraverso una lente deformata che in questa storia è lo specchio concavo. Valle-Inclan in questo dialogo fa
riferimento anche al pittore Francisco Goya che nelle sue opere rappresenta gli aspetti più crudeli della realtà
spagnola del suo tempo (700-800), fa delle raffigurazioni deformate della realtà proprio per rappresentare le
barbarie e l’atrocità.
L’esperpento basandosi sulla deformazione della realtà presenta ad esempio.
- Personaggi ridicoli ad esempio Max Estrella fa delle smorfie anche prima di morire che appunto gli
deforma il viso.
- Degrado degli ambienti.
- Azioni dei personaggi che indicano proprio il degrado ad esempio Don latino che inizialmente
prende una parte del guadagno del libro di Max visto che lui è cieco e non se ne accorge oppure che
accortosi che Max è morto gli ruba il portafogli, oppure la lavandaia che viene lasciata di guardia sul
cadavere ma poi se ne va perché deve iniziare a lavorare.

Nelle scene finali poi abbiamo la veglia funebre, la scena della sepoltura e della visita di Ruben Dario e del
marchese di Bradomìn alla tomba del poeta Max. nell’ultima scena si viene a sapere che la moglie e la figlia
di Max Estrella sono morte perché dopo la sua morte nella miseria più nera si sono suicidate. La scena finale
poi diventa grottesca perché irrompe Don Latino che va nella taverna dicendo di offrire da bere a tutti tirando
fuori un mazzo di bigliettoni e da qui si capisce che è riuscito a lucrare sul dramma esistenziale di Max e
della sua famiglia.

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