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15 Shakespeare oggi: bardolatria, orientamenti critici,riscritture

Di Rossella Ciocca
15.1 Bardolatria, bardomania
Inserendo il lemma ''Shakespeare'' nel motore di ricerca Google compaiono molti risultati
L'indicazione quantitativa non fa altro che corroborare la sensazione impressionistica di una
travolgente popolarità del Bardo che, a quattro secoli dalla morte, si trova ad aver oltrepassato
innumerevoli soglie non solo temporali ma anche geografiche, culturali ed estetiche. Globale e
attuale la figura di William Shakespeare appare disseminata all'interno dei contesti più variegati.
Icona culturale per eccellenza, la sua presenza si manifesta nelle espressioni più alte del
patrimonio estetico dell'Occidente; non c'è forma artistica che non rechi traccia di un suo
passaggio ispirativo. La musica classica, il balletto e il melodramma gli hanno tributato il loro
omaggio. La pittura, in particolare tra il 700-800 ha immortalato i suoi personaggi e gli interpreti
delle sue opere, ricreando scene tratte dai suoi drammi e visioni ispirate dai suoi versi, spesso in
seducente chiave simbolista. In tempi più recenti la pop art, l'arte concettuale non hanno
disdegnato forme più elusive di citazionismo, ma è sicuramente nel campo della poesia e del
romanzo che le infiltrazioni shakespeariane hanno trovato strade sempre più creative ed
eclettiche. In campo drammatico Shakespeare campeggia nelle accademie d'arte e nel teatro di
regia, negli abbonamenti delle stagioni teatrali nelle compagnie. Il suo repertorio è oggetto di
migliaia di prove amatoriali, mentre nel periodo natalizio o d'estate,centinaia di festival nel mondo
ripropongono Shakespeare. Nel campo educativo e della formazione, Shakespeare figura nei
curricoli di scuole di ogni ordine e grado. Ma il Bardo è oramai soprattutto una figura della cultura
popolare. Gli ultimi decenni hanno visto una sua deflagrante vitalità: cinema, televisione radio.
L'industria culturale, quella del turismo e dell'intrattenimento sono parametri interessate al
marchio shakespeariano. Il merchandising impazza con ogni sorta di souvenir, mentre, il suo nome
o la sua figura si stagliano su francobolli,banconote ecc. La sua opera è stata tradotta in almeno 90
lingue diverse, ed è impossibile tenere il conto delle infinite riscritture, adattamenti, revisioni.
L'inglese ne veicola la diffusione su scala mondiale. Idioma dell'impero britannico prima e
dell'egemonia statunitense dopo, esso ora opera come principale lingua della globalizzazione
culturale trovando nella rete uno strumento di penetrazione capillare negli immaginari locali. In
passato, il ruolo centrale degli studi shakespeariani nella formazione della letteratura come
disciplina fondante l'identità nazionale ne aveva fatto un caposaldo di quel processo di costruzione
della nazione che passa per la sua narrazione.
Si può parlare di vero e proprio culto shakespeariano e in caso affermativo si può stabilire una data
di nascita?
La pubblicazione del First Folio nel 1623 si qualifica come primo atto di canonizzazione attraverso il
passaggio from the stage to the page, quando quelli che forse erano stati poco più che copioni
teatrali cominciano ad assumere il rango di testi letterari. Anche se venivano recitati a corte e
potevano contare su un patronato aristocratico, i drammi del teatro pubblico elisabettiano erano in
effetti spesso considerati fondamentalmente contigui ad altre forme di intrattenimento popolare. Il
macro-testo shakespeariano inizia la sua diaspora spazio-temporale che lo porterà ai quattro angoli
del mondo in un continuo processo di ricontestualizzazione e rienterpretazione. Per la
popolarizzazione bisognerà aspettare pero il 700, quando una serie di smarginamenti portano
Shakespeare a invadere la scena di un orizzonte celebrativo sempre più ampio. Sul versante
intellettuale, intanto una sorta di ipertrofia esegetica ha trasformato l'opera del Bardo in una
specie di pietra angolare del sistema critico-teorico del mondo accademico globalizzato. Fonte di
uno speciale ardore speculativo e terreno privilegiato di continui aggiornamenti interpretativi, il
crocevia testuale shakespeariano è stato spesso il campo di prova di vere e proprie svolte
ermeneutiche,che nel confronto con il testo shakespeariano hanno messo a punto e raffinato
metodologie di analisi e le corrispondenti agende concettuali.
15.2 Le stagioni della critica
Shakespeare doesn't mean: we mean by Shakespeare
Hawkes (1992)
Seguire un criterio d'ordine lineare nella mole del sapere critico che si è andato accumulando a
ridosso del locus shakespeariano è impresa particolarmente impervia. Ci si limiterà a delineare
alcune tendenze di massima con l'intenzione di rilevare la centralità dell'opera in gran parte delle
svolte teoretiche della contemporaneità
L'espressione posta in epigrafe, coniata da Terence Hawkes nel pieno della stagione critica post-
strutturalista, qualifica, in modo sintetico e geniale il fenomeno di un pensiero che, applicandosi a
una delle testualità più dense mai prodotte dal genere umano, mette alla prova prima di tutto sé
stesso e la propria validità.
15.2.1 Da Bradley al New Criticism, al close reading e allo strutturalismo
L'opera shakespeariana, per alcuni secoli aveva suscitato un cimento critico di tipo eminentemente
amatoriale e impressionistico. I suoi testi videro infatti passare in secondo piano il loro originario
statuto drammatico. Sulla stessa linea, la perizia interpretativa del primo 900 fu ancora quella del
letterato che non quella dell'esperto di teatro. Con la pubblicazione nel 1904 della Shakespearean
Tragedy di A.C. Bradley nascerà, in ambito accademico il cosiddetto character criticism. Merito di
quell'opera fu la riflessione sul contributo di Shakespeare all'ispessimento della caratterizzazione
del personaggio inteso come centro di coscienza soggettiva. Concentrata sui protagonisti delle
grandi tragedie, tale lettura tendeva a considerarne le personalità più alla stregua di
rappresentazioni mimetiche di persone reali, di cui si tendeva a ricostruire un profilo biografico
fuori dal testo. Pur essendo questa impostazione successivamente attaccata, l'ostilità di molta
parte del successivo ''New Criticism'' non riuscì a offuscare la duratura influenza di Bardley e della
sua impostazione psicologista. In più per Bradley la concezione del linguaggio era ancora
''trasparente'': leggere significava ricostruire gli stessi processi mentali dell'autore di cui si riteneva
di poter recuperare gli intenti; la resistenza di certi stilemi critici a dispetto del loro parziale
appannamento teorico. Successivamente, una seria di movimenti furono accomunati da una
medesima tendenza a spostare l'attenzione critica dal contenuto del testo alla sua forma. Il
formalismo russo già negli anni 20 e 30 aveva sostenuto la completa autonomia dello statuto
linguistico dell'opera letteraria; parimenti, in ambito angloamericano,il New Criticism privilegerà
una concezione del testo come costrutto linguistico-semantico autosufficiente, espungendo dal
campo d'indagine analitica sia la dimensione autorale sia quella di contesto. Di ambito soprattutto
francese e nordamericano, lo strutturalismo smonta l'idea della trasparenza del linguaggio di cui
pone in risalto,secondo la lezione di Saussure, la caratteristica di essere un sistema di differenze
senza segni positivi, simile a un vetro macchiato che sovrappone le proprie ombreggiature al
mondo percepito. La natura delle cose risiede nei rapporti,che attraverso il linguaggio,noi creiamo
tra di esse, e dunque anche il valore semantico di una figura retorica o di un immagine non può
essere acquisito se non attraverso la ricostruzione dell'intero sistema d'interconnessione
strutturale in cui sono inserite. All'interno di questa costellazione teorica il microtesto
shakespeariano viene scandagliato in profondità; il sondaggio critico diventa quasi agone per far
rivelare alla campionatura scelta la sua intima coerenza formale e semantica che a livello di
macrotesto o sequenza di drammi diventa anche simbolica e tematica. Di grande successo saranno
la critica delle immagini o l'analisi del wordplay e di specifiche figure retoriche,la ricerca delle
strutture subliminali e i modelli di funzionamento dei generi come ad esempio le strutture mitico-
rituali del comico. Le grandi opposizioni binarie- del tipo natura\cultura- apparenza\sostanza -
alto\basso- sostengono a livello strutturale le applicazioni microanalitiche che nel dettaglio devono
convalidare il quadro ermeneutico complessivo. La ricerca dell'unitarietà e delle
convergenze,spesso senza prendere in considerazione ciò che non quadra o addirittura può
risultare contraddittorio, tenderà a produrre letture convincenti,spesso di grande fascino.
15.2.2 Svolta post-strutturalista e decostruzionista
Le riflessioni sull'opacità del linguaggio e sulla sua dimensione autoreferenziale non tardano a
produrre la cosiddetta svolta post-strutturalista e decostruzionista. L'instabilità delle parole, le
aporie proprie del linguaggio e le sue intrinseche indeterminatezze e indecidibilità, l'oscurità e gli
slittamenti di senso, operano a favore di un'attitudine relativistica con cui non si rende più
disponibile il concetto di verità oggettiva e monologica. Nella pragmatica critica il momento di
formazione del significato tende a spostarsi sempre più verso l'atto ricettivo attraverso cui,
nell'incontro tra il fruitore e il testo, quest'ultimo viene svincolato da ogni forzatura stabilizzante
del significato per essere proiettato in una corrente moltiplicativa di possibili letture. Nel caso
dell'opera teatrale lo specifico carattere performativo espone la fonte testuale a una proliferazione
ancora più accentuata dei fronti interpretativi. Nell'opera shakespeariana non tanto la coerenza
quanto l'apertura e l'ambiguità vengono ricercate e valorizzate. Dei drammi si comincia infatti a
sottolineare la vocazione polivalente,dialogica ,polifonica multivocale e pluristilistica. La lettura
decostruttiva si concentra più su ciò che i testi hanno rimosso, nascosto o posto sotto silenzio
articolandosi a livello psicanalitico, post-coloniale, femminista. L'universo testuale risponde in base
alle domande poste e ai vocabolari critici utilizzati. Non esiste un'autorità assoluta ''esterna al
testo'' né un indice ''interno'' al testo che possano avere l'ultima parola sul suo valore. Il
superamento dello strutturalismo in chiave decostruzionista in realtà si connota come messa in
discussione di tutta l'episteme occidentale e della metafisica della presenza,dando vita a una prassi
di lettura che punta a superare la tradizionale ottica binaria e a smascherare le implicite gerarchie
interne.
15.2.3 Critica psicanalitica
Uno dei filoni più significativi di tale esplosione ermeneutica è rappresentato dall'approccio
psicanalitico. In questo come in altri casi lo statuto disciplinare del metodo coglie proprio nel
momento di confronto con l'opera shakespeariana un'occasione di messa a punto dei propri
assunti teorici. Già per Freud, il corpus delle opere shakespeariane aveva rappresentato un terreno
particolarmente fecondo. Com'è noto, infatti, l'iniziale formulazione del complesso edipico fu
costruita tanto sull'omonimo dramma di Sofocle quanto su Hamlet,che avrebbe continuato ad
alimentare una nutrita sequenza di letture di impostazione psicanalitica dai primi esempi con Jones
sino alle più complesse riletture lacaniane,quali quelle di Lupton e Reinhard. Inizialmente la ricerca
di psicologemi edipici è applicata non solo all'opera di Shakespeare ma persino alla biografia
dell'autore. Freud aveva ipotizzato che la scrittura di Hamlet avesse costituito un processo
elaborativo del lutto per la morte del padre ricollegata poi a quella del figlio Hamnet
prematuramente scomparso. Il fatto che Shakespeare avesse poi probabilmente recitato il ruolo
del fantasma dell'old Hamlet nella messa inscena dramma non poteva che innescare una serie di
ulteriori interrogazione del cortocircuito filiale-paterno in cui le proposizioni testuali,quelle
culturali e quelle biografiche hanno continuato a intersecarsi fittamente. Il lascito freudiano viene
utilizzato comunque all'inizio in un senso che si potrebbe definire vicino allo psicologismo
bradleyiano,per il quale per intendersi si può ancora ipotizzare una sorta di sovranità dell'io sulle
proprie narrazioni, in cui il ruolo dei giochi di parole,dei lapsus,degli atti mancati è quello di spiragli
di accesso a dimensioni inconsce del personaggio,sondando le motivazioni profonde del quale si
riesce ancora a ricostruire un senso complessivo coerente degli interi drammi. Tale accezione si
appoggia sugli sviluppi nordamericani della psicanalisi, d'impronta illuministica,fiduciosi nella
possibilità dell'io di assorbire progressivamente tramite un processo di consapevolizzazione e
messa in luce gli elementi oscuri dell'inconscio. Il passaggio successivo vedrà invece rivendicare,in
chiave ad esempio lacaniana,una lettura di Freud molto più radicalmente anti o post-umanista
poggiandosi soprattutto sulla concezione pessimistica di quest'ultimo della civiltà come costruita
su inevitabili meccanismi di repressione e di sublimazione. La critica psicanalitica si incrocia in
Europa con quella strutturalista e post-strutturalista quando sottolinea la natura eminentemente
linguistica della soggettività e la dimensione inattingibile dell'inconscio che,essendo prelinguistico
rimane intraducibile. Nella pressi critica questa concezione dà vita a una impossibilità di
riconciliazione tra il piano delle azioni dei personaggi e il piano delle motivazioni
profonde,privilegiando l'ottica di un soggetto che viene agito da un inconscio che rimane
radicalmente alienato e inaccessibile.
15.2.4 Critica femminista
La prima ondata critica tese a denunciare le peggiori efferatezze sessiste presenti nel macro testo
secondo un'esigenza di riscatto che vedeva in Shakespeare l'autore cardine del canone letterario
autoritario. Una delle prime critiche fu da parte di Dusinberre, che rinvenne nel drammaturgo
un'adesione di fondo a modelli discorsivi in parte innovativi rispetto al ruolo della donna nel
matrimonio,visto in termini più egualitari, o alla questione della sessualità percepita come più
naturale e meno peccaminosa. Dusinberre scopriva uno Shakespeare complessivamente più
moderato rispetto alle virulenze patriarcali vigenti e operanti nella dialettica del coevo contesto
culturale. Nel dramma shakespeariano si assemblano materiali provenienti da diversi filoni: da un
lato le fonti folcloriche e quelle legate ai ai misteri medievali,dove emerge il tema della guerra dei
sessi,dall'altro quello del petrarchismo e della novella italiana,che concepiscono l'amore come
servizio cortese prestato alla dama corteggiata. Il drammaturgo li smonta entrambi,svelandone la
natura convenzionale,e risolve il dramma puntando su un modello di affinità e di complicità
stabilito tra soggetti almeno psicologicamente paritetici. Un altro topos classico rispetto alla
costruzione dei modelli sessuali è quello relativo alla differenza nei veri generi drammatici.
Brillantemente riassunta nell'espressione ''Comic women\tragic men'', la disparità di resa del ruolo
delle donne vede queste ultime primeggiare nelle commedie,genere ''fecondo'' per
eccellenza,dove hanno un egual numero di battute e spesso anche ultima parola,mentre nei
drammi e tragedie emerge la loro posizione marginalizzata e spesso di vittime. L'assenza delle
donne dalla scena della politica,del potere e della storia pubblica trova conferma proprio nella
presenza di quei pochi personaggi femminili che,per guadagnarsi una centralità di ruolo,devono
sottoporsi a una sorta di processo di virilizzazione o unsexing: l'esempio classico essendo
rappresentato da Lady Macbeth e dalla sua enfatizzata rinuncia all'allattamento. Sull'onda di
queste riflessioni negli anni 80 e 90,i feminist studies confluiranno nella più ampia categoria dei
gender studies interessati alla formazione e alla rappresentazione anche del maschile,affiancandosi
ai queer studies che si andranno concentrando sulle tensioni tra pulsioni omoerotiche e norma
eterosessuale,puntando sempre più a ricostruire un tessuto drammaturgico ''multivocale''e
''pluridiscorsivo'' in dialogo serrato con tutti i fermenti e le ansie epocali rispetto alle identificazioni
del ruolo sessuale.
15.2.5 Neostoricismo e materialismo culturale
Nati in ambito statunitense il primo e britannico il secondo, il neostoricismo e il materialismo
culturale muovono dal presupposto dell'esistenza di un nesso significativo tra storiografia e le altre
forme di riscrittura inclusa quella artistico-letteraria. Una volta stabilita le natura testuale della
storia non si potrà più parlare di testi e contesti storici ma di ''co-testi-storici'',espressione con cui
Montrose esprime una reciproca influenza tra letteratura e le altre testualità culturali abolendo la
nozione derivativa dal testo letterario da uno sfondo storico-culturale predefinito. Ne deriva una
concezione della testualità come sito di contesa: i testi recano inscritte nel loro corpo le tensioni
dialettiche vive nella società; sono canali come gli altri in cui si negoziano significati e non hanno
più uno status privilegiato: non sono cioè più veicoli di valori trascendenti la storicità. Le letture
neostoriciste e materialiste assumono un primo posizionamento rispetto ad alcune rassicuranti
letture del ciclo storico shakespeariano basate sull'adozione del mito Tudor nella proposizione di
Hall e di altri storiografi, nonché di un quadro epistemico elisabettiano troppo ancorato al passato
cosmologico medievale. La polemica era rivolta alla cosiddetta visione ''Tudor moral'' ad esempio
di Tillyard che, con il suo Shakespeare's History Plays, trasformava i dieci drammi storici in un'epica
nazionale. Pubblicato, come il precedente ''The Elizabethan World Picture'' verso la fine della
seconda guerra mondiale, tale studio tendeva a ricostruire i contesti di produzione dell'opera
shakespeariana in una chiava omogeneizzante basata sulla ''catena dell'essere'' e su una
concezione della storia come campo di possibile intervento della provvidenza nonché della
meritoria azione pacificante della dinastia Tudor sulla scena di una patria dilaniata dalle lotte
intestine tra i York e Lancaster. A tale impostazione, se ne era già contrapposta un'altra che forse
risultò persino più influente entrando a sua volta in sintonia con la temperie turbolenta degli anni
60 . Kott svolgeva la sua polemica contro i regimi totalitari dell'Est Europa, sviluppando una visione
dell'universo drammatico shakespeariano in cui la storia veniva rappresentata come ''grande
meccanismo'' implacabile e cieco,senza significato e regole se non quella di essere sfruttata a
proprio favore dai poteri del momento. A tali interpretazioni, a nuova attitudine storicista
contrapporrà una visione più dinamica e articolata del ciclo delle histories, viste tra l'altro come
parte attiva di una dialettica epistemica in formazione,quella primo-moderna ,che essere
concorrevano a strutturare. Il neostoricismo,che si era sviluppato soprattutto a partire
dall'antropologia culturale con Clifford Geertz e dalla filosofia politica di Foucault, andò assumendo
attraverso il suo massimo esponente Stephen Greenblatt, un atteggiamento sempre più
pessimistico. Greenblatt continuerà,infatti, a porre l'accento sulla capacità del potere di preservare
sé stesso attraverso specifiche strategie di contenimento per cui i vari fronti di espressione.
Il cultural materialism tramite il ruolo di Raymond Williams, guarderà più alle possibili implicazioni
progressive del dato pluristilistico e dialettico delle culture, appuntando l'attenzione soprattutto
sulla possibilità di sviluppo di spazi di resistenza, di pratiche discorsive alternative..esso tenderà a
elaborare un approccio più diacronico mostrando analogo interesse per il passato della produzione
e il presente della fruizione, rivendicando all'esegesi testuale un ruolo programmaticamente
ermeneutico, libero di negoziare con l'opera letteraria il piano di significato più coinvolgente dal
punto di vista della ricezione e del suo aggiornato sistema di priorità.
15.2.6 Critica post-coloniale
Ancora una volta, il testo shakespeariano risulta il primo promotore di un suo disvelamento, sia nei
meccanismi drammaturgici, sia nel gioco di esibizione. Sondando le modalità di costruzione della
differenza in Othello, Shakespeare sembra di voler complicare la faccenda: Desdemona s'innamora
del fascino esotico e avventuroso del Moro, attraversando il confine razziale, violando cosi più di
un'interdizione. Divenuta mostruosa agli occhi dei veneziani, lei deve divenire tale anche agli occhi
di Othello, il quale, perdendo la moglie,troverà a sua volta punizione per aver osato alimentare il
pericolo di miscegenation (''incrocio razziale''). Iago userà tutto il repertorio della misoginia
patriarcale per sollecitare il Moro a guardare Desdemona con gli occhi di una doppia insicurezza,
quella del maschio che teme il tradimento e quella del nero che teme la discriminazione. In questo
gioco al massacro, le due subalternità, quella di razza e quella di genere sessuale,restano vittime di
un medesimo sistema di fobie culturali, catalizzate da Iago soprattutto a livello inconscio.
Quest'ultimo,vittima di quel grumo oscuro d' invidie, paure e desideri che gli abitano il cuore e lo
etero-dirige,viene proiettato verso la distruzione di tutti compreso sé stesso. L'assenza di catarsi
lascia il tragico imprigionato in un mondo che non ha risolto il problema delle diversità. Ma
l'approccio post-coloniale ha voluto soprattutto analizzare la destinazione d'uso del teatro
shakespeariano lungo le rotte della sua progressiva penetrazione coloniale e imperialista. La critica
post-coloniale ricostruendo le storia della sua ricezione nei territori dell'Impero, ha comunque
rinvenuto fasi in cui le élite coloniali sono state partecipi del culto shakespeariano, dando luogo ad
atteggiamenti definibili nei termini di una mimicry in cui la deferenza e l'ammirazione contengono
il seme della replica ironica e della dissacrazione. Amato,copiato criticato, rifiutato disincrostato dai
sedimenti razzisti, il testo shakespeariano diventa occasione per frequentare il terzo spazio della
contaminazione, in chiave creativa non subalterna.

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