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I.

La prosa della vita e la prosa nell’arte


Prosa: è identificabile dalla composizione del termine latino prosa, espressione linguistica non
sottomessa alle regole della “versificazione”. Prosa va considerata in opposizione alla poesia e al
verso poetico poiché procede dritta, completa il rigo, va a capo solo per indicare una separazione
concettuale e non metrico-ritmica.
Alla prosa sono prescritte le forme metonimiche del detto che devono ricalcare i contorni della
realtà e ne riproducono la sua mimesi, ovvero un duplicato realistico.
Jakobson -> nella sua visione la prosa è subordinata alla poesia, poiché è un semplice
compromesso fra poesia e linguaggio quotidiano, che varia a seconda delle epoche e dei paesi.
Sklovskij -> si sofferma sul termine prosa in “Una teoria della prosa”: lo vede come la creazione
di un nuovo linguaggio. La poesia ha una lingua frenata e contorta, mentre la prosa ha un
linguaggio comune, facile e corretto.
Poesia: nell’etimologia del termine latino versus, il verso contiene in sé l’idea di un ritorno
regolare. Nella percezione del verso sono contenute sia la sensazione immediata del presente, sia il
ritorno ai versi precedenti, sia l’anticipazione dei versi successivi (Jakobson). In poesia si
prediligono le forme metaforiche del dire, nel segno della raffigurazione.
È nel 1919 che si possono individuare una serie di studi e ricerche approfonditi sulla comprensione
della nuova poesia, sulla trattazione scientifica del verso: la poesia diviene un tipo particolare di
testo che crea e incrementa il carattere produttivo del linguaggio, contro il carattere di
rappresentazione di una lingua che viene demolita.
Jakobson -> la poesia è l’eterna e universale quintessenza della letteratura.

Poeti Transrazionali o Zaumniki: proclamano lo scardinamento del linguaggio verbale e


configurano testi in cui la lingua non si manifesta come frase abituale, ma immessa nella polifonia
del senso, facendola ri-suonare, in maniera sempre rinnovata. Si tratta di mettere in libertà la
parola, e di voler liberarne i suoni e rinnovarne i sensi, distraendo la lingua da una semantica rigida
e una sintassi noiosa. Affrancandola da ogni forma stereotipata del discorso convenzionale. Facendo
tutto ciò, la parola viene spinta verso le massime possibilità espressive, mettendone alla prova
l’adattabilità. Offre la possibilità di capire meglio non solo cosa è capace di fare la poesia, ma anche
che cosa non fa ancora la lingua.
Formalismo: affrontano le problematiche della linguistica nel linguaggio poetico e si riassumono
nella soppressione delle convenzioni metriche, solo a condizione che ci sia una rivoluzione che
salvaguardi la ritmicità dell’antico, ma aggiunga qualcosa.

Pittura: Fu luogo di principale interesse e di studio rivolto ai nuovi procedimenti dalle avanguardie
russe. Si puntava a realizzare una evasione dall’oggettività del mondo degli oggetti, una vera
rivoluzione dei punti di vista ordinari, riempiendo di nuovi contenuti artistici la vita.

Jakobson: il primo oggetto dei suoi studi fu il verso del folklore russo nelle sue varianti
recitativa e soprattutto epica, quest’ultima considerata la forma più originale e arcaica del
patrimonio della poesia orale russa. È lui che conduce il discorso linguistico a un nuovo
approccio interpretativo di portata semiotica.

Nei suoi scritti, egli ritorna spesso sul termine “literaturnost”, secondo cui l’oggetto della
scienza della letteratura non è la letteratura stessa, ma la letterarietà, ovvero ciò che fa di una data
cosa un’opera letteraria. Ne approfondisce i concetti, ne definisce gli elementi e gli orientamenti
poetici.
Dunque, il senso del linguaggio poetico-letterario risiede nella letterarietà, nello stratagemma,
nei procedimenti testuali e nelle strutture narrative.
L’attenzione di Jakobson per la poesia e la poetica risulta sin dal 1921 in “La nuova poesia
russa”, dove prende come pretesto il voler sottolineare le differenze fondamentali per identificare
le differenze fra futurismo russo e italiano. Si focalizza sulla poesia “zaum” di Chlebnikov.
La lingua è il materiale che serve a motivare la messa in atto del procedimento verso
l’enunciazione, dunque verso la letterarietà.

Sklovskij: In “L’arte come artificio”, il cosiddetto manifesto del formalismo, chiarisce la


distinzione fra linguaggio della poesia e linguaggio della prosa in relazione al differente uso delle
immagini:
- Il linguaggio della prosa si serve delle immagini come “strumento pratico per
raggruppare le cose”
- L’immagine poetica serve come “mezzo per intensificare le impressioni”

Del linguaggio prosastico, egli critica certe tendenze abituali dell’automatismo, una sorta di
algebrizzazione degli oggetti che vengono sostituiti dai simboli. Per lui il fine dell’arte è dare
una sensazione della cosa che deve essere visione e non solo riconoscimento. Solo in questo
senso, l’arte può resuscitare la vita, rendendo sensibili le cose.
Per ottenere questo risultato l’arte si serve di due artifici:
- Lo straniamento delle cose
- La complicazione della forma, con la quale tende a rendere più difficile la percezione e a
prolungarne la durata.

Attraverso il primo scritto “La resurrezione della parola”, il movimento per lo studio della
lingua poetica noto come formalismo era stato già preannunciato. Questo testo, inoltre, sancì la
fortunata collaborazione teorico-pratica tra formalisti e futuristi, uniti da una forte avversione per
l’estetica tradizionale e propugnatori di una nuova concezione della forma e della parola.
Già a partire dalla parola resurrezione, presente nel titolo, lo scritto si pone come critico-
programmatico e va inteso come auspicante di una ri-animazione della parola, del testo che si
presenta come morto.
Nasce da questi studi sul linguaggio artistico una vera e propria collaborazione fra poesia e
poetica, tra poeti e studiosi della poesia. L’attenzione è rivolta proprio agli innovatori della
lingua, ai poeti e artisti delle avanguardie russe che, contrari ad una lingua rappresentazionale,
prendono posizione e promuovono nuovi modi di vedere il mondo, ridisegnano un mondo a-
logico, per far riscoprire la natura dell’enunciazione.

Todorov: nella Prefazione al libro Russia, Follia, Poesia scrive a proposito dell’alta
considerazione di Jakobson per la poesia rispetto alla prosa, che quest’ultima è solo un
compromesso.

II. Una scrittura dialogica e inaugurale


Zaumnaja gnina: raccoglie le poesie di Krucenych e Jakobson, sotto lo pseudonimo di Aljagrov
- Copertina: realizzata da Rozanova, era composta da un “cuore rosso abbottonato”, ovvero
da un pezzo di carta rossa, ritagliata a forma di cuore, e con sopra un bottone bianco
attaccato. Segue la tecnica ideata da Malevic e chiamata alogismo, secondo la quale
attraverso una serie di assemblaggi si svincolano gli oggetti dalla loro riduttiva funzione,
mettendo in discussione tutta la cultura accademica precedentemente fondata sull’oggetto-
idolo e sulla figurazione dell’oggetto.
L’alogismo risulta, dunque, come una variante pittorica della zaum. Il linguaggio zaum si
articola senza lingua, con una a-lingua anarchica che non ha un’origine (un’archè). La a-
non deve essere interpretata solo come privativa (senza immagine), ma deve essere letta
soprattutto nel suo valore inversivo (evasivo), contro-idola. Tale visione a-logica si colloca
come totalmente altra in relazione alla logica ordinaria, mostrando come sia possibile ideare
forme nuove e esprimere punti di vista attraverso altre logiche, attraverso il recupero
dell’alterità. L’obiettivo primario della parola come tale è scardinare la logica del linguaggio
convenzionale, rendendosi espressione rivoluzionaria.
- Titolo: Jakobson spiega che la parola russa “gniga” (larva di pidocchio) deve essere intesa
come la deformazione di “kniga” (libro). Krucenych non accettava la parola libro poiché
l’intera opera era pensata come un “libro-larva” rivolto al futuro (pensato nel 1914 e
pubblicato nel 1916). Era dunque un libro futurista, un libro che non è ancora un libro, ma
che si renderà tale in futuro.
- Poesia “Razsejanost” (Distrazione): è una poesia interlinguisticamente intraducibile
poiché vi appaiono una serie di parole o intere frasi in russo che risultano riconoscibili e
assemblate fra loro per sinofonia, ovvero per somiglianza sonora. Il titolo rimanda al
tentativo di distrarre le parole dal loro significato prescritto, invitando all’ascolto di una
sonorità a cui rimandano le parole stesse. L’attenzione si può focalizzare, invece, sulla
parola russa “ja” (una erre italica rovesciata) che in russo è anche il pronome della prima
persona singolare “io”.
Essa appare nel titolo, così come in varie parole sparse nell’intera poesia, nel nome dello
pseudonimo e nel nome di Jakobson. Con questa lettera si produce nel testo una relazione
che gioca fra presenza e assenza dell’io parlante.
La relazione si basa da un lato sulla struttura testuale metonimica del significato lineare, e
dall’altro sulla struttura metaforica del suono. Tutto ciò innesca un cortocircuito di voci
inseparabili generate dall’incontro di: l’io “autore-uomo”; l’io “autore-creatore”; l’eroe
oggetto di studio. Tutto ciò rende questo testo un testo poetico.

III. L’ascolto e la visione al di là dell’udibile e del visibile


Jakobson: suppone che l’attenzione dei poeti per il suono delle parole e l’interesse per la
fonologia si possa estendere anche fino al non verbale. Facendo una critica a Kandinskij che si
schierava dalla parte dell’innovazione, ma contro ogni tipo di scandalo, Jakobson esalta il
manifesto futurista “Schiaffo al gusto corrente”. In questa esaltazione, non manca nel
riconoscere a Chlebnikov il titolo di unico e vero Futuriano.
Anch’egli dedicò le sue ricerche all’importanza dello studio del suono della parola poetica. Tale
direzione è rintracciabile quando, nelle sue memorie, criticò la scelta di Chlebnikov e Krucenych
di passare alla “Lettera come tale”. Secondo Jakobson sarebbe stato più adatto “Il suono come
tale”. Egli trae i suoi spunti di riflessione sull’argomento dai futuriani che hanno delineato una
sorta di “teoria della relatività verbale”, concentrandosi sulla fenomenologia del suono e
creando nuovi spazi di ascolto dal punto di vista estetico e filosofia.
Ciò realmente interessa è l’emancipazione e l’autonomia della parola dalla lingua convenzionale,
alla quale Jakobson contribuirà asserendo l’importanza di creare il verso mediante il ritmo
poetico.

Ripellino -> afferma che così come i pittori costruiscono con il colore una realtà autonoma, alla
stessa maniera i poeti, gli avveniriani, si prefiggevano di fare della poesia un “intreccio di suoni e
di immagini, una pura trama fonetica”. Si tratta, dunque, di testi che si fanno scrittura poiché in essi
c’è la resa di un’enunciazione irripetibile, la quale diverrà opera.

Esprimersi in “quest’altra” lingua, significa tradire il testo preso in parola, poiché si utilizza un
linguaggio sconosciuto e fuori tempi. La poesia è proprio un’arte che non parla e che usa una sorta
di musica visiva, di “immagine acustica”. Si tratta di una scrittura come visione senza occhi, in-
audita.
In questo senso si può parlare di:
- Linguaggio inattuabile, poiché non si lascia rappresentare
- Linguaggio inassimilabile, paradossalmente illeggibile, che non conclude, mostrandosi
come linguaggio antecedente alla trascizione.
In omologia, gli artisti dell’avanguardia russa parlavano, in pittura, di “zvukopis”, cioè di una
pittura acustica la cui aspirazione non è il dicibile. (Un esempio di quanto l’importanza musicale
fosse tenuta in considerazione lo si trova nella “Vittoria sul sole”

Malevic: più o meno nello stesso periodo, egli esponeva già diversi dipinti dal titolo Realismo
transmentale, con chiaro riferimento al linguaggio zaum. Da questo momento in poi, si
dedicherà ad una sorta di musicalità dipinta. I rapporti fra suono e immagine sono temi che
influenzano tutta l’opera di Malevic da ora in poi, tanto da portarlo a partecipare attivamente a
gran parte delle iniziative degli zaumniki, intenti a oltrepassare gli orizzonti della parola.

Florenskij: interviene sullo studio del suono nella lingua, poiché particolarmente dotato di una
sensibilità musicale che gli permetteva di captare le sonorità segrete dei termini linguistici.
Analizzando le poesie di Chlebnikov scrive che egli riuscì a manifestare “la bellezza della lingua,
aiuta a capire il valore del materiale stesso del discorso e la base spontanea dalla quale nasce il
discorso logico”.
Per esempio, una sua poesia, ricca di figure pittorico-poetiche come quelle a cui si riferisce
Florenskij, è “Esorcismo del riso”, dove il verso si basa completamente sull’alternarsi del suono e
della radice “sme”. Si tratta qui di trasformismo lessicologico.
Chlebnikov: un altro esempio si pittura-sonora è il componimento intitolato “Ritratto”, dove
smantella il volto umano in diversi elementi sonori, nel tentativo di creare una percezione
simultanea di tutte le parti. Importante, in questo componimento, è anche la presenza
dell’interdisciplinarietà. Questa era molto importante per le avanguardie russe, che si basavano sul
concetto di arti dialoganti. Gli innovatori si dichiaravano contro ogni specializzazione settoriale,
applicando tutti i principi da loro stessi teorizzati a tutti i campi artistici, quali la letteratura, la
pittura, il teatro…

IV. Produzione artistica e produzione linguistica


Futurismo russo: nasce nel dicembre 1912 e durò per 15 anni, fin al 1927. Nonostante ciò, la sua
nascita può essere anche fatta risalire al 1910, con il clamoroso “Schiaffo al gusto corrente”,
firmato da Krucenych, Chlebnikov e Majakovskij. Questo venne visto come un gesto di evasione e
di totale rifiuto dei valori tradizionali, che si estendeva al progetto di innovazione dell’arte e della
vita stessa. Ciò riguardava qualsiasi ambiti, dal modo di vestire, alla minaccia di passeggiare per
Mosca con la faccia vistosamente dipinta. Iniziò da Mosca per poi estendersi in tutta Russia.
1912: viene ricordato da Jakobson come l’anno di svolta, in cui venne a conoscenza della poesia di
Chlebnikov e nel quale venne pubblicato il manifesto “lo Schiaffo”.

Schiaffo al gusto corrente: era l’opuscolo del gruppo poetico Gileja, che aveva l’intento di
proclamare il diritto di arricchire il dizionario con vocaboli arbitrari e deviante. Il gruppo, fra gli
altri, era composto da Krucenych, Chlebnikov, Majakovskij e il suo artefice era Burljuk. Colore che
ne facevano parte venivano chiamati “cubo-futuristi”.
L’opuscolo fu realizzato da questi poeti e il programma era quello di intervenire drasticamente
contro la lingua normativa e il perbenismo. Il libro si chiudeva profeticamente con una
premonizione di Chlenikov sulla caduta di alcune grandi potenze che sarebbe avvenuta nel 1917. Fu
solo il primo di una serie di altri manifesti futuristi che delineavano i nuovi principi creativi della
poesia d’avanguardia, che negava profondamente l’ortografia in nome della libertà del singolo
poeta. Essa attribuiva anche un senso arbitrario alle parole in base alle loro caratteristiche fonetiche.
Questo perché per rinnovare il mondo bisognava partire dalle parole. Da qui nacque la necessità di
creare un linguaggio nuovo che si opponeva alla lingua convenzione, lo zaum.
Linguaggio zaum: scrittura pre-linguistica, in cui risuona il farfugliamento degli indemoniati e dei
folli. Si tratta di un linguaggio transmentale che condurrà il mondo fuori da ogni convenzione
sociale, verso la visione id nuove forme poetiche inedite e alla conseguente rottura con tutto ciò che
riguarda il passato.

Jakobson: inizia a partecipare ai dibattiti e alle conferenze degli avveniriani quando aveva
appena diciassette anni e si propone egli stesso come poeta sotto lo pseudonimo di Aljagrov.
L’anno per lui determinante è il 1913, quando durante il mese di dicembre incontra il suo poeta
preferito Chlebnikov. Durante il loro incontro gli regalò la sua raccolta di incantesimi ed
esorcismi recuperati da varie fonti. E in cambio il famoso poeta gli fece dono del suo ultimo libro
“Ruggito”, che autografò immediatamente, lasciandogli anche una dedica.

Chlebnikov: utilizzò subito i componimenti regalatogli da Jakobson, inserendo alcuni


incantesimi nel suo componimento “Notte in Galizia”. Fu colui che inaugurò la poesia
transmentale, e con lui iniziò la poesia del futuro, quella degli avveniriani, nei cui esperimenti
sono coniati vari neologismi e sono creati dei giochi di parole con prefissi, suffissi e arcaismi.

Krucenych: fu colui che spinse la poesia transmentale fino alle sue estreme conseguenze. Con
lui lo zaum risulta differente, più anarchico, e si modula tramite il suono, arrivando alla
conclusione che le parole simili nel suono, sono simili anche nel senso. Costruiva le sue poesie
basandosi su accenti tonici errati, scorrettezze grammaticali, frasi assurde e figure insensate. In
questo modo riuscì ad ottenere l’indipendenza della forma dal contenuto semantico e orientò la
parola alla ricerca di nuove vie verso le posizioni più estreme.
All’inizio del suo percorso produsse una quindicina di volumetti manoscritti artigianali costituiti
da lettere combinate con delle immagini disegnati (anche da Rozanova e Malevic). Uno dei primi
fu “Gioco all’inferno”, sfruttando il periodo in cui scrittura e pittura non era due cose distinte
nell’arte del tempo.
Con la stesura del manifesto cubo-futurista, divenne uno dei personaggi di maggior rilievo nel
gruppo dei futuristi russi e si dedicò alla ricerca di una scrittura alogica che bandisse dalla lingua
ogni imposizione.
Fu anche direttore della Futuruniversità, che aveva come stravagante sede la “Tavernetta
fantastica”, il cabaret più famoso della città, capitale della Georgia. Ma quando fece ritorno a
Mosca negli anni Venti si ritrovò progressivamente emarginato. Per la sua capacità di operare
sulla lingua attraverso manipolazioni linguistiche viene considerato anche come il primo
“dadaista”, movimento che si presenterà in Europa con tre anni di ritardo.
Fu il primo a prendere in prestito dai pittori cubo-futuristi la nozione di sdvig, traducibile come
“spostamento” e che divenne ben presto il procedimento creativo più utilizzato dai pittori e dai
poeti dell’avanguardia.
Vanno ricordati anche i suoi due trattati teorici di matrice costruttivista. Il primo intitolato “La
testura della parola: dichiarazione”, dove per “testura” si intendono le forme e le proprietà
fonetiche e grafiche della lingua, che vengono poi catalogate e descritte nel trattato. L’altro
trattato è chiamato “Smottologia del verbo russo: trattato offensorio”, dove riprende i concetti
della tecnica dello sdvig.

V. Vita, morte e resurrezione nella parola e nell’immagine


Chagall:
- Ma Vie riporta l’ambivalenza della vita e della morte che ha un ruolo importante
nell’estetica bachtiana e che, facendo parte della logica delle concezioni popolari della
vita, è ritrovabile nelle antiche feste agrarie e nelle celebrazioni carnevalesche.
Chagall può narrare che nel momento della sua nascita scoppiò un grosso incendio nelle
vicinanze del luogo in cui veniva al mondo. La città bruciava e in particolare il quartiere
degli ebrei poveri. L’inizio della vita di Chagall, come segno del suo risorgere nell’arte, è
una rinascita: un nato-morto che rinasce, che ama la vita dal di fuori tramite un’attività
extralocalizzata (artistica). L’artista osserva nell’uomo ciò che non vede chi resta chiuso
in sé stesso e nel suo mondo. Un artista è colui che sa situare la sua attività fuori dalla
vita, pur mantenendovi un rapporto di non indifferenza.
Il suo punto di vista artistico nel porsi fuori dalla vita, ha un certo rapporto con la morte.
Consiste nel guardare alle cose dalla soglia e quindi con una certa ironia. La familiarità di
Chagall con la morte salva l’arte dall’essere nient’altro che morte. La posizione di morte
anticipata dona all’artista la possibilità di vivere oltre la morte, la possibilità di
resurrezione.
- Nella sua Autobiografia Chagall inizia il racconto parlando della sua tinozza, che rievoca
il ricordo (impossibile) della sua nascita. È l’oggetto a cui la associa direttamente, è
un’icona (poiché un segno autonomo, perché espressione di una memoria impossibile)
legata al giorno della sua nascita. Questa figura ricomparirà spesso nelle opere di Chagall,
ricordando il tema della nascita e del matrimonio.
Ogni cosa viene raffigurata su una superficie assolutamente piana e colorata

Majakovskij: Jakobson lo analizza in un testo


- Ricevette la vocazione per la poesia a Mosca, durante il suo terzo arresto, dove iniziò a
leggere tantissimi libri.
- Si iscrisse alla scuola di “Pittura, scultura e architettura” di Mosca, ma amava poco i
metodi didattici come e cosa disegnare. Qui incontrò Burliuk, che incarnò per lui il “padre
del futurismo proletario russo”. Egli divenne per Majakovskij un amico e un maestro,
facendo di lui un verso poeta. Dal 1912, anno in cui Burliuk lo presenta come un poeta ai
suoi conoscenti, Majakovskij inizia la sua interminabile fuga dalla intollerabile noia. Con
lui scrisse e firmò lo “Schiaffo al gusto corrente”.
- Majakovskij iniziò ad imparare come scrivere in versi e come creare parole nuove. Aveva
inoltre una memoria fenomenale.
- Teneva conferenze indossando un cilindro comprato con i primi guadagni e una blusa
gialla, colore ritenuto tipico del futurismo, oppure una camicia a strisce gialle e nere.
- Majakovskij incarnava la figura del poeta-profeta, poiché osservava il mondo con gli
occhi del futuro.
- Quando fu chiamato alle armi nel 1915, i suoi amici lo tennero al riparo e gli trovarono un
impiego come disegnatore di unità automobilistiche a Pietroburgo.
- La conoscenza con Jakobson si rafforzò prima della guerra, durante gli incontri a casa dei
signori Brik a Pietrogrado. Ciò che veramente gli avvicinò fu la lingua francese,
attraverso il poema “La nuvola in calzoni” che Jakobson provò a tradurre in francese,
idea che piacque molto all’autore. Inizialmente quest’opera si doveva chiamare “Il
tredicesimo apostolo”, ma la censura ne proibì il titolo e varie parti del poema. Fu Osip
Brik a prendersi la responsabilità di pubblicare l’opera, seppur con qualche taglio imposto
dalla censura.
- Osip Brik divenne anche il suo editore e pubblicò varie poesie di Majakovskij. La signora
Osip, invece, Lilja fu per lui una musa e una compagna, una presenza determinante nella
sua operta. Majakovskij indossava anche un anello di Lilja con le sue iniziali e lui ne
regalò uno a lei con all0interno la parola “amo”. Ebbero una storia drammatica piena di
fughe e tradimenti, associata con una lunga corrispondenza durata quindici anni.
- Il teatro divenne per Majakovskij una fonte di espressione poetica e un mezzo efficace per
esprimere il suo forte bisogno di un rinnovamento. Il testo “Mistero buffo” racconta di
una specie di avvenimento dell’arca di Noè: un gruppo di borghesi che cerca scampo dal
nuovo diluvio universale della rivoluzione. Dopo vari rifiuti, viene messo in scena con la
collaborazione di Malevic che, gratuitamente, disegnò e preparò i costumi e le scene.
- La prima collaborazione fra Jakobson e Majakovskij avvenne con la realizzazione del
poema “150.000.000”, dove vi è un’allegoria della battaglia di 150 milioni di operai
sovietici contro le forse maligne del capitalismo.
- Seguirono i poemi idillici “Amo” e “Di questo”, riguardanti l’allegoria sull’amore
dedicata a Lilja Brik. Riprendendo il primo poema, Jakobson parla dell’estrema infelicità
dell’amico che ripeteva che soltanto un amore grande e bello avrebbe potuto salvarlo
- Cominciò una serie di viaggi che lo portano fino agli Stati Uniti. Fu uno dei pochi artisti
sovietici che ebbero il permesso di viaggiare in America e ottennero il visto turistico. A
New York ebbe una storia d’amore con Elly Jones (americana di origini russe), con la
quale ebbe la seconda figlia.
- Successivamente ha una storia con Tatjana Jakovleva, un’emigrata russa in Francia. E
Jakobson fa riferimento anche ad una quarta donna, Antonina Gumilina, che si suicidò.
Quest’ultima viene ricordata come l’eroina moscovita che compare anche in “la nuvola in
pantaloni”. Il tema del suicidio di una donna viene ripreso più volte dall’artista, prima
satiricamente nella poesia giornalistica “Marusja si è avvelenata” e nella commedia “La
cimice”. Ma nel poema “Di questo” riecheggia l’incidente che Majakovskij non riuscirà
ad impedire nel suicidio del ragazzino. Il tema del suicidio riempie di orrore il poeta.
Ne “La cimice”, invece, il tema che ritorna è quello della resurrezione, che compare in
minima parte anche in “Di questo”.
- Fu vittima di vari attacchi della critica, divenuti man mano sempre più diretti fino a
diventare una persecuzione.
- Arrivò l’ottobre del 1930, mese oltre il quale Majakovskij diceva di non poter andare.
Arrivò una lettera di Tatjana, una lettera di addio. Jakobson racconta della “Commedia
con suicidi” nella quale l’autore cercava di parlare dello scontro fra la cultura europea e
quella sovietica, ma l’opera rimase incompleta in seguito al suicidio dell’autore.
- Jakobson considera la parola di Majakovskij qualitativamente diversa da tutto ciò che
c’era nel verso russo prima della sua “nascita”, oltre ad una struttura della poesia
profondamente originale e rivoluzionaria.
- Due forze opposte, la soppressione e la resurrezione del lirismo, sono costantemente
presenti nell’opera dell’autore.
- Jakobson ricorda come Majakovskij fosse profondamente affascinato dall’innovazione
scientifica di quei tempi, come per esempio dalla teoria della relatività, che ne ispirò
anche i temi della resurrezione nelle sue opere.
- I temi delle poesie dell’artista erano sempre legati alle emozioni del poeta, con dettagli
che lo riguardavano presenti in tutti i suoi versi.
- Majakovskij prova per tutta la vita a liberarsi del suo “nemico di sempre”, ovvero la
staticità della vita quotidiana, non avente nessun movimento. Proprio per questo motivo,
nell’opera di Majakovskij, Jakobson associa all’io creatore un nemico, un non-io che è un
terribile suo sosia il cui credo e la stabilizzazione e l’autoisolamento. Egli fa spesso una
critica all’omologazione.
- In “La quinta Internazionale” (precedentemente chiamata “La quarta internazionale”) il
tema principale è quello di un mondo reso ormai estremamente razionale, senza slancia e
senza sogni. Il poema restò incompiuto. Jakobson afferma la grande presenza del tema
dell’irrazionale, che si manifesta a cominciare dall’immagine delle stelle, dalla
stravaganza della primavera o del cuore. Ma il vero tema principale del tema irrazionale è
l’amore.
Jakobson pone le basi di una comprensione del testo non limitata alla semplice analisi della
simbologia o del ritmo poetico. Per comprendere appieno la poesia di Majakovskij afferma
l’importanza della lettura degli effetti della sua poesia e non della necessità di risalire alle cause. La
comprensione consiste, cioè, nel sottolineare il movimento di una scrittura che anticipa ed è
orientata verso il futuro. Infine, egli rimprovera sé stesso si essersi gettato, insieme a tanti altri, con
troppo foga sul futuro, per creare alla fine un passato. Si rimprovera la perdita del senso del
presente.

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