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Il Decameron

Un modello per il Decameron: il Novellino


A partire dalla seconda metà del Duecento in Italia si è sviluppato il genere delle prose
narrative brevi, le quali erano facili da leggere rispetto alle canzoni di gesta e dei
romanzi bretoni che celebravano i grandi valori dell’aristocrazia feudale e delle corti.
Tale genere vede come ambiente sociale quello della città e propone insegnamenti
morali, oltre che essere motivo di distrazione e divertimento. Abbiamo diversi tipi
testuali:
- le novelle, provenienti dall’Oriente, come il Libro dei sette savi;
- le vite e le leggende dei santi, come la Legenda aurea del frate domenicano
Jacopo da Varagine;
- i racconti di ispirazione religiosa;
- gli exempla, aventi scopo di insegnamento morale;
- le raccolte di storie dell’antica Roma e della guerra di Troia:
- le riscritture di storie dei romanzi cavallereschi e del ciclo Bretone.
Il genere della novella si sviluppa in Toscana e a trattarlo ampiamente è Boccaccio.
L’antenato delle sue novelle è un’opera dal nome il Novellino, il cui autore è
sconosciuto e che attinge a tutta la tradizione letteraria antecedente, alternando toni
seri e tragici a quelli leggeri e comici. I fatti narrati vanno dal realistico al favoloso e
al leggendario. Le novelle non sono disposte secondo un ordine preciso, bensì sparso e
hanno lo scopo di fornire insegnamenti morali, oltre che a rallegrare con scherzi,
battute di spirito, ecc…

Il contenuto
Il Decameron è una raccolta di cento novelle, narrate in dieci giornate da dieci
giovani, sette ragazze e tre ragazzi, che si allontanano dalla città a causa della
pestilenza e, riuniti nella chiesa di Santa Maria del Fiore a Firenze decidono di lasciare
la città e di rifugiarsi presso una casa in campagna per passare il tempo piacevolmente.
L’opera possiede pertanto una cornice narrativa e poi delle novelle, narrate da
ciascuno di loro. Giunti nella villa in contado, i giovani non si abbandonano a una vita in
disordine, bensì si danno un preciso sistema di regole, secondo cui ogni giorno, nelle
ore più calde, ognuno dovrà raccontare una novella differente, secondo un tema
prestabilito dal re o dalla regina della giornata. Queste si concluderanno il pomeriggio
con la musica e la danza. Le regole non sono poi così rigide, infatti la prima e nona
giornata hanno tema libero e un giovane di nome Dioneo, può raccontare una novella a
suo piacimento. Dei quattordici giorni trascorsi in campagna, solo dieci erano destinati
alla narrazione, infatti il venerdì è il giorno della Passione di Cristo e il sabato è il giorno
dedicato all’igiene e al riposo.

La struttura
Il libro può essere strutturato in due livelli: dapprima vi è la cornice e poi c’è la
narrazione delle singole novelle, le quali sono precedute da una breve introduzione e
da una rubrica che presenta la sintesi del contenuto, la quale permette di avere una
prima chiave di lettura. L’articolazione delle voci narranti ci lascia immaginare una
struttura ad anelli concentrici:
1. il narratore di primo grado è l’autore che parla nel Proemio, nella Conclusione e
nell’Introduzione alla quarta giornata;
2. i narratori di secondo grado sono i dieci novellatori;
3. i narratori di terzo grado sono i personaggi delle novelle.
La datazione, il titolo e i modelli
Si ipotizza che l’opera sia stata composta tra il 1348 e il 1351.
- 1348 perché è la data dello scoppio della pestilenza;
- 1351 perché è l’anno in cui soggiorna presso Petrarca e la sua produzione
letteraria ha una svolta fondamentale.
Il titolo deriva dall’unione delle due parole greche deca ed hemeron, ovvero “novelle di
dieci giornate” e pare alludere all’opera dell’Hexameron di Sant’Ambrogio, la quale
tratta l’episodio biblico della creazione del mondo in sei giorni. Tra le fonti a cui attinge
ritroviamo:
- le novelle di provenienza orientale
- prose brevi in volgare della tradizione popolare, riguardanti le vite e i miracoli dei
santi, le vidas dei provenzali;
- i fabliaux francesi, cioè di racconti comici e brevi a sfondo erotico e realistico;
- gli exempla
Boccaccio si serve di questi elementi e attua una vera e propria reinvenzione o
codificazione del genere della novella, perfezionandolo ulteriormente.

La forma materiale del libro


L’obiettivo di Boccaccio era quello di scrivere un’opera che si diffondesse tra i più colti,
infatti l’ultima redazione dell’opera che risale al 1370, detta “codice Hamilton 90”, era
stata fatta da lui, a mano, sotto forma di libro universitario su pergamena, i cui testi
erano allocati su due colonne. Malgrado ciò, la sua opera ebbe successo
particolarmente tra la classe borghese, mercantile e cittadina e le redazioni postume
furono meno pregiate rispetto alle precedenti.

Le intenzioni dell’opera: il Proemio e la dedica alle donne


«Comincia il libro chiamato Decameron, cognominato prencipe Galeotto. Nel quale si
contengono cento novelle in dieci dì dette da sette donne e da tre giovani uomini.»

Dal proemio dell’opera, con la menzione di Galeotto, si comprende la centralità del


ruolo dell’amore, inoltre il poeta chiarisce che sia indirizzato alle donne, che più degli
uomini sono sottoposte alle malinconie, alle nostalgie e ai tradimenti dell’amore. In altre
parole, il Decameron si configura come “antidoto” che potesse servire alle donne per
avere una distrazione, uno svago e soprattutto per affrontare le loro pene. Ora le
donne non sono solo oggetto d’amore, bensì soggetto di esso (come viene espresso
anche nell’Elegia di Madonna Fiammetta). Quindi in queste circostanze Boccaccio
chiarisce che la letteratura non ha tanto un’utilità, ma serve per passatempo, inserito in
un clima di leggerezza e piacevolezza.

Il ruolo della peste, i luoghi e le cose


La prima giornata si apre con la descrizione della peste nera che aggravava sulle
condizioni fisiche e morali della gente. Se all’inizio dà ampio spazio agli effetti di
malvagità, egoismo e disordine che questa aveva portato, successivamente all’
<<orrido cominciamento>>, si scorge un piccolo universo di ordine, bellezza e cortesia.
Nonostante la morte, quindi, per i giovani della brigata si instaura una sorta di allegria.
Se il paesaggio in cui soggiorna la compagnia di giovani fanciulli è nobile e bello,
allietato dalla presenza di correnti d’acqua, animali e piante, quello delle novelle è ancor
più variabile: vengono esaltati sia i valori della città, come luogo della ricca vita
borghese e mercantile, sia quelli della campagna, dove si viveva in condizione di
semplicità e povertà. Gli strumenti rappresentati sono numerosi e ciò delinea la scena
con un effetto di intenso realismo.

Il ruolo centrale di Amore nelle novelle


L’Amore è una potenza naturale che coinvolge tanto l’anima quanto il corpo e trascina
uomini e donne di ogni età. Pur di soddisfare i propri desideri amorosi, le persone sono
disposte a fare tutto. Boccaccio considera gli esiti tragici o comici dell’amore con uno
sguardo aperto, laico e terreno: l’Amore è nobile trasporto del cuore, felicità istintiva
e il godimento amoroso è rappresentato sempre in maniera positiva, seppur sia un
bene passeggero. Cionostante bisogna saper porre dei limiti e non deve sfociare
nell’eccesso e deve essere regolato.

La Natura, la Fortuna e la Virtù


La Natura, in quanto madre di tutte le cose, non si limita a generare gli impulsi
dell’amore e a esprimerli mediante la sessualità, bensì distribuisce anche le doti del
corpo all’uomo, oltre che quelle dell’intelletto e del carattere. Il corpo umano è soggetto
alla Natura nel suo aspetto e nelle sue funzioni, dalla nascita alla morte. Molti sono i
riferimenti alle parti del corpo, anche le meno nobili indicate con metafore.
La Fortuna è identificabile col destino e può essere buona o cattiva, cioè è forza che
sconvolge un ordine. Ha un ruolo fondamentale perché per Boccaccio il mondo non
possiede una struttura sicura e prestabilita, bensì l’uomo si trova in un luogo precario,
in cui ciascuno è sottoposto al fallimento e deve lottare per contrastarlo oppure per
favorire gli eventi positivi. Inoltre è imprevedibile e accidentale.
La Virtù può essere “industria” cioè capacità di agire convenientemente e al meglio
oppure può essere un’alta qualità morale ed è propria dell’uomo perché deriva dalla
Natura.

Il sistema di valori di comportamento


Boccaccio nell’opera propone una sintesi tra i modelli di comportamento
dell’aristocrazia feudale e cavalleresca e quelli della nuova realtà mercantile
cittadina. Egli critica l’avidità e la logica di guadagno dei nuovi ricchi e mostra
ammirazione nei confronti dei valori tradizionali dell’aristocrazia. In maniera
particolare egli critica secondo una rappresentazione beffarda gli ordini della Chiesa:
non dà pesanti e dirette critiche, però dimostra attraverso l’ironia e il ridicolo l'irrisione
del mondo ecclesiastco, riversando maggiore interesse nei confronti dei valori
evangelici pronunciati da Cristo nella Bibbia.
Uno dei valori tradizionali maggiormente esaltati dal poeta è l’intelligenza, la quale si
dimostra solo con l’arte della parola. Sapere ben parlare è abilità assai lodata nel
Decameron, genera interesse e diletto e ha la capacità di risolvere le situazioni,
ribaltando il destino. Si trovano orazioni tragiche e sublimi, pronunciate con estrema
eleganza e nobiltà, menzogne ben architettate da abili nel mestiere, beffe comiche
dette ai danni di uno sprovveduto e motti di spirito destinati a divertire il pubblico.
Tutto ciò è avvalorato dalla capacità di ascoltare, infatti in questo modo si può
interpretare correttamente la realtà. La letteratura, perciò, ha un forte valore
conoscitivo e non etico-religioso, come Dante aveva affermato.

La lingua e lo stile
Nella cornice ritroviamo un registro elevato e omogeneo, mentre nelle novelle viene
esaltato il forte valore del plurilinguismo e della ricchezza lessicale per adattare
l’espressione ai diversi aspetti della realtà. Il Decameron viene proposto come modello
da imitare nelle Prose della volgar lingua di Pietro Bembo. Questo sottopone la prosa
di Boccaccio a una selezione, privilegiando la lingua della cornice, connotata da una
certa raffinatezza.

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