Risposta 1: Il Decameron è dedicato alle donne, come viene detto nello stesso Proemio. Esse,
nella società a cui appartengono Dante, Petrarca e Boccaccio, ovvero quella medievale, occupano
una posizione di svantaggio, in quanto sono subordinate agli uomini. Uno dei tanti scopi dell’opera
è allietare la vita delle donne, che si struggono per amore, e distrarle durante la lettura delle cento
novelle. Infatti, come viene raccontato in molte storie contenute nell’opera, alle donne spesso non
rimaneva che il gesto estremo di togliersi la vita, per affermare di provare sentimenti radicati nel
profondo e nobiltà d’animo.
Un altro scopo è l’insegnamento che il lettore può ricavare analizzando con attenzione le novelle,
e non superandole con superficialità. In questo modo, Boccaccio nobilita il genere novellistico (già
preesistente), e allo stesso tempo riesce nel suo scopo di “ammaestramento”.
Ancora, il Decameron ha come obiettivo la rivalutazione di tutti i valori che insieme davano forma
alla società prima della peste, in modo da ricostruire la società in maniera migliore, e risollevarsi
dal dolore di una piaga che sottrasse a Boccaccio il padre e diversi cari amici. p.2
Risposta 2: la cornice del Decameron è ben nota già a Boccaccio durante l’adolescenza e l’età
giovanile, probabilmente era uno tra gli svariati passatempi che allietavano le giornate alla corte di
Roberto d’Angiò, e inoltre si può anche accostare al paradiso terrestre idealizzato dall’Alighieri,
sulla vita del quale proprio Giovanni scriverà il “Trattatello in laude di Dante”, e anche un
commento alla Commedia. Inoltre, la cornice dei ragazzi che si raccontano storie viene già
utilizzata dal nativo di Certaldo in altre opere di età giovanile.
Dal punto di vista storico, 3 ragazzi incontrano 7 ragazze nella chiesa di Santa Maria Novella,
durante il periodo in cui la peste nera colpisce Firenze, e decidono insieme di recarsi in
villeggiatura in una villa di campagna poco distante dalla città, proprio a Fiesole, la città tanto
criticata da Brunetto Latini nella Commedia, per fuggire dalla tragedia e dalla crudeltà della
pestilenza. Qui, i giovani scelgono di raccontarsi 10 novelle al giorno, per 10 giorni, anche se in
realtà rimangono per 2 settimane fuori Fiorenza, e infatti sono presenti giorni di riposo da questa
lieta attività. Ad ogni modo, ogni giorno viene scelto un Re o una Regina, che sarà incaricato di
scegliere il tema della giornata: i nomi dei vari personaggi sono tutt’altro che casuali, in quanto
troviamo tale Lauretta, che ricorda la donna amata e idealizzata da Francesco Petrarca, Neifile, la
donna da cui Dante riceve consolazione dopo la morte di Beatrice, e dunque ne è
momentaneamente attratto, e Fiammetta, che forse non sarà la figlia legittima di Roberto di Angiò,
ma certamente è la fiamma che ha fatto accendere il cuore del giovane Boccaccio.
Dal punto di vista strutturale, le novelle costituiscono una trovata geniale per permettere allo
scrittore di parlare dei temi più vari senza dover seguire una trama. Però, in verità, la trama vi è
eccome, in quanto tra la prima novella, che è una palese condanna alla chiesa e alla meschinità
della classe borghese mercantile, e l’ultima, che affossa il Marchese di Saluzzo in fondo
all’Inferno, intercorre una critica arguta e pungente a quasi tutti gli ambiti della società in cui
Boccaccio si trova a vivere. In questo modo, vengono anche esaltati i pregi delle varie classi
sociali, le persone di alto ingegno e quelle di buon cuore, e moltissime altre qualità e
caratteristiche che dovrebbero alla fine costruire il prototipo dell’uomo o donna ideale, o almeno
degli esempi da cui prendere spunto per essere persone migliori. Infatti, più volte si è esortati a
non leggere la prosa distrattamente e pensando sia solo una sfilza di testi umoristici atti a
provocare il riso, bensì una vera e propria lezione di vita.
Infine, esistono vari livelli di narrazione all’interno dell’opera. Essi sono 5, 3 dei quali portati avanti
da Boccaccio stesso, servono a chiarire e spiegare il punto di vista dell’autore e i temi, sia delle
giornate, sia delle singole novelle. Il quarto livello è effettivamente occupato da uno dei dieci
narratori che racconta la propria storia, mentre il quinto livello consiste nel dare voce agli stessi
personaggi che stanno all’interno delle novelle, e raccontano a loro volta altre storie. p.2
Risposta 3: La novella che tratta di Landolfo Rufolo è perfetta per rispondere alla domanda. Ma
prima, forse, occorrerebbe spiegare cosa siano la fortuna e l’intelligenza secondo Boccaccio.
La fortuna coincide con il destino, e con la sorte, ed è qualcosa che non si può controllare, anzi
chiunque parrebbe stolto se solo tentasse. Certo, essa si può in qualche modo piegare a proprio
vantaggio utilizzando la parola, per esempio.
Appunto la parola è uno strumento per mettere la propria intelligenza al servizio della volontà.
Infatti, quando la fortuna allontana un uomo dalla propria via, con la sua intelligenza egli può
tentare di tornarci, anche se niente gli assicura che le vicende andranno come da programma.
In brevissimo, Landolfo Rufolo è un mercante capitalista che tenta di arricchirsi sempre più
comprando di continuo merce nuova e rivendendola. Quando un lotto non gli rende quanto
avrebbe dovuto, decide di comprarsi una barca più piccola e mettersi in mare nei panni di un
pirata. Riesce a recuperare e persino aumentare le fortune che aveva perduto, ma poi la sua nave
viene assaltata e lui catturato. Ma anche l’imbarcazione che lo ha assaltato non gode di buona
sorte, in quanto una tempesta ne provoca il naufragio, e Landolfo, stremato, si aggrappa ad una
cassa.
Qui la fortuna gira dalla parte del “povero mercante”, che accolto dagli isolani abitanti della regione
sulla quale approda con la sua cassa, scopre il contenuto del forziere. Gemme di altissimo valore,
che lo portano a riavere indietro addirittura ciò che possedeva inizialmente, e anche di più. A
questo punto Landolfo, tornato alla sua città natale, decide di non mettersi più per mare, (al
contrario di Odisseo, che forse lo avrebbe fatto…), ricompensa i suoi benefattori e conduce una
vita felice.
La fortuna ha portato il mercante ad attraversare le più varie peripezie, ma egli non si è mai
abbandonato allo scoramento. La classe borghese, ci dice il Boccaccio, trova sempre il modo di
reinventarsi da capo, dal nulla, e risorgere dalle proprie ceneri. Ciò per merito della propria
intelligenza, che permette di piegare la sorte al proprio volere, se essa non si mette totalmente di
traverso, come ad esempio durante le novelle della quarta giornata.
Altro esempio di intelligenza che riesce a cavare d’impaccio è la breve novella che racconta del
poeta e filosofo fiorentino Guido Cavalcanti, che con un’acuta battuta riesce a sottrarsi a una
situazione difficile e allo stesso tempo a rispondere agli insulti della brigata che lo stava
infastidendo. p.2
Risposta 4: dalla novella di Tancredi e Ghismunda emergono diverse interpretazioni del rapporto
fra i sessi.
Innanzitutto, in perfetto stile boccaccesco boccacciano , Ghismunda inizia a cercare un amante
per soddisfare gli stimoli della giovane età, siccome il vecchio marito è appena morto e lei si trova
ancora nel fiore dei suoi anni. L’amore è qui carnale e passionale, tutto furor, per citare uno che
per un sentimento di questo tipo ha patito pene infernali. È come se ci trovassimo davanti al primo
livello dell’amore, una cornice facile da narrare e rappresentare, che però non costituisce il vero
senso dell’unione tra i sessi.
Ben diverso è il sentimento che Ghismunda dimostra nei confronti di Guiscardo. Infatti, la
sequenza in cui a Guiscardo viene strappato il cuore, e siccome lei non può vivere senza egli, si
toglie la vita, per raggiungerlo in paradiso, è una delle più profonde, grottesche, ma anche
commoventi tra tutte le novelle che abbiamo avuto il piacere di leggere. L’amore è trattato in
maniera molto più profonda, è un sentimento che va oltre gli “esercizi di ginnastica” che propone
inizialmente Boccaccio, e che quasi si avvicina al sentimento provato dalla protagonista dell’ultima
storia del Decameron, senza però eccedere nella stupidità e nella follia propria di questa novella.
L’incapacità di rinunciare al proprio amato, di averne bisogno quasi fosse una sorta di linfa vitale,
è ricorrente tra i poeti che hanno cantato d’amore, tra i quali troviamo lo stesso Cavalcanti citato
qui sopra, ma più in generale gli stilnovisti, che Boccaccio conosce molto bene, e dei quali in
qualche modo condivide alcune convinzioni, senza però enfatizzarle e idealizzare la donna, come
per esempio ha fatto Guido scrivendo la celebre “Donna me prega”.
L’amore nel Decameron ha moltissime sfaccettature differenti, e analizzarle tutte sarebbe una
vera impresa. Quindi credo sia meglio parlare del grande scontro fra i sessi che appare nella
novella, della relazione tra Tancredi e Ghisumnda.
I due sono padre e figlia, dunque non vi è amore come l’abbiamo inteso nelle righe precedenti, ma
un affetto genitoriale, che, ahimé, sconfina ove non dovrebbe. L’attaccamento del principe è
ossessivo, morboso, non lascia alla figlia la benché minima possibilità di costruirsi una vita
sentimentale al di fuori delle mura della propria dimora. Al contrario, la figlia dimostra
emancipazione ben oltre gli standard della sua epoca, dimostra virtù e coraggio degni del miglior
Ettore, per rimanere in tema poetico. La ragazza presenta sentimenti limpidi e cristallini verso
Guiscardo, anche se egli non appartiene alla sua stessa classe sociale, e ora, avendo conosciuto
il vero amore, non vuol più vivere senza.
Il padre, retrogrado e deluso, ferito nell’orgoglio, strappa il cuore al ragazzotto per punire la
ragazza come ella ha precedentemente punito lui, ovvero lacerando le aspettative e il sentimento
malato che lui provava verso di lei.
Mi sento di dire che non è vero, almeno in questo caso, che Boccaccio non condanni, come
farebbe Dante, il comportamento di Tancredi, ma al contrario lo consideri un esempio di
sentimento spinto allo stremo, che non può far altro che arrecare danni. Nella prosa del
Decameron troviamo molti testi in cui l’amore, se portato all’esasperazione, rovina l’uomo o la
donna, e qui risiede un punto di contatto tra il dolce Stilnovo e Giovanni Boccaccio.
L’entità ipotizzata dal circolo stilnovista, il personaggio di Amore, rovina gli uomini e le donne e li
porta allo stremo, rendendoli incapaci di distaccarsi e, dunque, li consuma. Boccaccio raccoglie
l’eredità di Dante ed esprime lo stesso concetto, ma con altre parole, anche se qui si tratta di
amore genitoriale, e non coniugale. 2
Risposta 5: Certamente. La Commedia e il Decameron da questo punto di vista si completano,
perché descrivono la società medievale in due maniere totalmente diverse, ma entrambe
assolutamente accettabili.
Durante propone una visione teocentrica, in cui i valori morali ed etici sono al di sopra di tutto, e la
realtà terrena è solo di passaggio verso l’eternità. Boccaccio invece considera il mondo dei
mercanti, dei borghesi, ma anche dei nobili e aristocratici, in maniera davvero terrena,
descrivendo per filo e per segno la vita e le peripezie a cui gli uomini devono far fronte.
Infatti, viene ripreso il concetto di humanitas con Giovanni Boccaccio, tutto ciò che riguarda l’uomo
deve interessare l’uomo e dev’essere compreso dall’uomo. Nel Decameron vengono trattati
argomenti che Dante di certo tratta, ma in chiave completamente diversa.
Boccaccio, essendo assente la dimensione ultraterrena, non esprime un giudizio, ma talvolta
celebra persino la furbizia dei malviventi, come accade nella prima novella della prima giornata.
Ser Ciappelletto è descritto come un diavolo, un malvivente che si avrebbe l’imbarazzo della
scelta per cercare il luogo dell’Inferno in cui rinchiuderlo. Eppure, ne esce come un uomo astuto,
che inganna lo stolto ecclesiastico facendogli credere di essere santo.
Per questo le opere maggiori di Dante e Boccaccio si completano a vicenda: attraverso questi due
capolavori assoluti, ci viene fornita una precisa indicazione dell’intera cultura pre-Umanistica, di
fine Medioevo. p.2