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Il teatro Elisabettiano
Nel 1598 la supremazia delle due compagnie teatrali, The Admiral’s Men e The Lord
Chamberlain’s Men, viene sancita da un decreto del consiglio della corona, che autorizzava
soltanto queste due compagnie ad esibirsi a Londra con licenza diretta della sovrana.

Ciò che viene rappresentato non è mai il manoscritto originale, quanto piuttosto un copione che
prende il nome di Prompt Book (copione, adattamento per la scena del testo) e che veniva
utilizzato soprattutto dai suggeritori.
C’è poi la trascrizione delle parti per i singoli attori e una sorta di canovaccio del dramma che
veniva redatto e trascritto su dei singoli fogli, affissi all’entrata dei guardaroba e che serviva come
indicazione agli attori per sapere quando entrare ed uscire di testa.
Il rapporto tra il teatro e il potere si articola secondo due modalità distinte: da una parte l’autorità
politica e religiosa vigilava in maniera rigorosa su ciò che veniva messo in scena e pubblicato. Il
funzionario statale deputato al controllo su tutto ciò che veniva messo in scena era il Master of
Ceremonier, il maestro delle cerimonie. Ogni dramma per poter essere rappresentato aveva
bisogno della sua autorizzazione, cosi come ogni manoscritto doveva essere depositato presso la
Stationers’ Company.
Ma il rapporto del teatro con il potere era più complesso; molto presto infatti il potere, soprattutto
Elisabetta ma anche in precedenza il padre, comprende molto bene quanto il teatro possa
diventare uno strumento di legittimazione del potere, attraverso cui costruire una propria
immagine. È un aspetto molto importante in relazione soprattutto alla figura di Elisabetta, e questa
politica che mirava a costruire un immaginario intorno alla figura della sovrana si serve in maniera
molto consapevole del teatro e più in generale della letteratura, come la Faerie Queene di
Spencer. I drammi storici di Shakespeare, che attingono alle cronache della storia del regno di
Inghilterra, presentano la storia d’Inghilterra in una prospettiva che tende a celebrare la dinastia
Tudor, e in particolare il regno di Elisabetta, come il compimento del processo di costruzione
dell’identità nazionale. Successivamente, Giacomo I Stuart sfrutterà molto il teatro, cosi come la
moglie Anna di Danimarca, in particolare la forma del masque.

Maggiori drammaturghi elisabettiani


La figura di Marlowe si colloca all’interno di un gruppo di drammaturghi importanti che segna una
fase di sviluppo fondamentale del teatro shakespeariano, University Wits, un gruppo di giovani
universitari che hanno studiato ad Oxford o Cambridge e che sono i primi a scegliere di vivere della
propria scrittura e di non affidarsi ad un mecenate. Tra questi personaggi ricordiamo John Lyly,
l’autore del romanzo barocco Euphues, George Peele e Thomas Lodge, mentre sono studenti di
Cambridge Robert Greene, Thomas Nashe e Christopher Marlowe, il più importante di questo
gruppo. Secondo a Marlowe è Thomas Kyd, che non è un universitario a pieno titolo ma che in
questo gruppo è sicuramente, dopo Marlowe, la figura di maggiore spicco.
Lily fu autore di commedie di due tipologie, mitologiche e pastorali.
George Peele riprende il tema mitologico nella commedia The Arraignment of Paris, ma è
ricordato soprattutto per The Old Wives Tale.
Greend è autore di The Honorauble History of Friar Bacon e Friar Bungay.
Il merito di questo gruppo di autori è quello di aver saputo tenere insieme tradizioni diverse. Sono
giovani intellettuali formatisi ad Oxford e Cambridge, che hanno quindi una solida formazione
umanistica, come attestano i titoli delle loro opere che si rifanno al mito, ma sono anche ottimi
conoscitori della tradizione del teatro popolare.
L’altro elemento che confluisce nell’opera di questi drammaturghi è la tradizione del teatro
medievale. Sono capaci di tenere insieme sapere classico e umanistico, riprendere la tradizione del
teatro inglese medievale e ibridare letteratura alta e medievale, tradizione umanistica e del teatro
autoctono. Questa è la grande operazione di questo gruppo di autori.

Thomas Kyd è il più importante di questi drammaturghi, secondo soltanto a Marlowe e


Shakespeare. Una figura che è rimasta circondata dall’oscurità fino al Settecento, quando si è
associato il suo nome all’opera per la quale è ricordato, The Spanish Tragedy, una tragedia che
inaugura un filone di larghissimo successo nel teatro elisabettiano, quello della revenge tragedy,
ovvero la tragedia di vendetta.
Kyd nacque a Londra, figlio presumibilmente di un notaio, frequentò da ragazzino la Merchant
Taylors’ School, dove sarà compagno di scuola di Spencer. Non abbiamo notizie certe della sua
frequentazione universitaria, ma sappiamo che possedeva una solida cultura classica e che
tradusse anche opere dal francese e dall’italiano. Lo troviamo già negli anni ‘80 del 1500 aggregato
alla Queens Company, fondata nel 1583 per volontà di Elisabetta.
Nel 1590 c’è un incontro con Marlowe che segna le vite di entrambi. Inizia qui una vicenda dai toni
drammatici perché i due stringeranno amicizia, vivranno anche insieme, ma ad un certo punto
Marlowe verrà accusato di una serie di cose, mentre Kyd verrà accusato e arrestato per possesso
di documenti e libelli libertini. Sotto tortura dichiarerà che quei libelli appartenevano a Marlowe,
che a scriverli non era stato lui e verrà liberato. Nel frattempo Marlowe morirà ucciso in
circostanze oscure in una locanda a Bathford, mentre Kyd terminerà la sua vita in miseria
abbandonato da tutti.
The Spanish Tragedy viene composta presumibilmente tra il 1584 e il 1589 e mette in scena per la
prima volta nel 1592 al teatro The Rose di Philip Hensolwe, l’impresario il cui diario ci fornisce
molte notizie relativamente alla storia del teatro elisabettiano, ma in forma anonima.
L’attribuzione a Kyd di quest’opera è molto successiva. Racconta una storia di vendetta, ma è
soprattutto una tragedia che attinge al modello classico del teatro di Seneca, il serbatoio al quale
attingono gli elisabettiani. Quello che gli elisabettiani traggono dal teatro senechiano è soprattutto
il gusto dell’orrido; si tratta di un’opera in cui questo elemento è esasperato. Seneca fu
probabilmente il massimo filosofo del mondo latino, del quale sono giunte nuove tragedie, in
realtà da lui concepite più per la declamazione che la messa in scena. Ciò che caratterizza il teatro
senechiano, il cui modello è Euripide, l’ultimo dei grandi drammaturgi greci, è soprattutto la
capacità di scavare la psiche dei personaggi, di ritrarre lo sviluppo dei sentimenti e delle passioni
dei personaggi. Proprio questo accento sull’elemento passionale che travolge l’individuo e ne
annulla la volontà è un tratto del teatro senechiano che ritroviamo in questo dramma, insieme al
gusto degli effetti macabri.

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