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Il Teatro nel Medioevo :A seguito della caduta dell'impero romano, il teatro conobbe un periodo triste e

oscuro; la Chiesa, considerando gli spettacoli dei mimi e degli acrobati osceni e indecorosi, scomunicò
questi e gli attori classici, escludendoli dalla comunità cristiana privandoli dei sacramenti. Ma il bisogno di
recitare, favorì la comparsa di una particolare forma di espressione drammatica all'interno della Chiesa,
durante la funzione religiosa.

Nel Medioevo il dramma si esprimeva nelle rappresentazioni religiose di episodi del Vecchio e Nuovo
Testamento, non tralasciando spettacoli comici e di saltimbanchi, di piazza e di corte. L'attore protagonista
era il giullare che si esibiva in pubblico, non essendo ancora presenti gli edifici teatrali. A causa della sua
comicità, ironia e sarcasmo, ma anche del fatto che trasformava il proprio corpo fingendo e non avendo
fissa dimora, questa figura era costantemente criticata e presa di mira dalla Chiesa.

All'opposto della tradizione teatrale del giullare, vi era quella del dramma liturgico, dove veniva trattato un
soggetto sacro in forma canora, composto in versi latini, collocato in edifici preposti al culto, all'interno di
una funzione liturgica o di un rito sacro vissuto dagli spettatori come vero e autentico. Nel basso Medioevo
si impose anche la sacra rappresentazione, che si svolgeva in luoghi pubblici o all'aperto, dove gli spettatori
assistevano a qualcosa che veniva recitato da altri.
la Chiesa, la quale, dal canto suo, diede origine ad un'altra forma di teatro: il dramma religioso o sacra
rappresentazione, per mezzo del quale i fedeli, spesso analfabeti, apprendevano gli episodi cruciali
delle Sacre scritture.

In un primo tempo la Chiesa ebbe un ruolo fondamentale nell’organizzare drammi religiosi, sia
in volgare che in latino, nonché imponenti celebrazioni e spettacoli nei giorni più significativi
dell’anno, quali il Natale, la Pasqua, il Corpus Domini o la festa di un santo patrono, nelle
piazze e nelle strade della città spagnole. Mentre gli uomini di chiesa si servirono del teatro,
che stava diventando il più importante mezzo di comunicazione di massa, per diffondere il
senso religioso, i nobili promossero se stessi e la propria discendenza, sponsorizzando gli
scrittori più celebri e prolifici dell’epoca, affinché narrassero in forma teatrale le loro gloriose
gesta. Il teatro di corte, quindi, ebbe non solo la funzione di intrattenere, divertire ed
emozionare gli spettatori, ma anche quella di propagandare personaggi del ceto aristocratico. I
drammi religiosi furono di due tipi: la comedia de santos e l’auto sacramental. Fino alla metà
del Cinquecento gli spettacoli teatrali furono allestiti a corte o nei palazzi degli aristocratici, in
mancanza di adeguate strutture fisse appositamente costruite. A partire dal 1570 circa, a
Siviglia, Valencia, Valladolid e Toledo, prima, a Madrid, Barcellona, Saragozza, poi, sorgono i
primi teatri pubblici.
Teatro rinascimentale iberico

Fernando de Rojas, La Celestina


Anche in Spagna e in Portogallo il teatro tra la fine del Quattrocento e l'inizio del secolo successivo,
prende una nuova strada e si stacca da quello delle Rappresentazioni sacre di stampo medievale, pur
rimanendo il soggetto sacro il principale argomento dei drammaturghi iberici anche in questo periodo. Il
personaggio più importante di questo genere fu Margherita di Navarra (1492-1549) che continuò in
pieno XVI l'esperienza del teatro dei misteri. Anche in Spagna fu importante la riscoperta dei testi
della Commedia latina. Fra i più importanti autori di questo periodo: Juan del Encina, Lope de
Rueda, Juan de la Cueva, Juan de Timoneda e Luis Fernández.
Per il Portogallo due sono i nomi che si debbono fare: quello di Gil Vicente e António Ferreira.
Quest'ultimo scrisse la tragedia più importante, in lingua lusitana, di questo periodo: Ines de Castro.
Per la maturazione del teatro furono molto importanti anche gli spazi scenici, che dai classici apparati
viari e l'interno delle chiese, passarono ad avere una propria conformazione, degli spazi all'interno dei
palazzi nobiliari e le università. Nacque il cosiddetto Teatro de salon, spazi interni e non più esterni e ad
esclusivo uso dei nobili. Mentre alla metà del Cinquecento nacquero i corrales, spazi scenici aperti
anche al pubblico popolare previo pagamento di un biglietto. Se la commedia ebbe la sua maturazione
passando per il teatro classico antico, altre opere si rifacevano invece ai miti della storia della Spagna.
Questa fu una delle differenze più importanti fra il teatro spagnolo del Rinascimento e quello delle altre
nazioni europee.
Fra gli scrittori di teatro più importanti di questo genere spicca la figura di Juan de la Cueva che al
tramonto del XVI secolo scrisse, fra gli altri, i drammi storici: I sette Infanti de Lara (1579) e La morte
del re Don Sancho (1588). Ma il vero iniziatore del teatro rinascimentale fu Lope de Rueda. De Rueda
fu influenzato dallo stile italiano, avendo assistito a loro rappresentazioni presso la corte spagnola. Fu il
primo che inserì la lingua naturale e i suoi soggetti per primi si distaccarono, per originalità, dai modelli
greco-latini, inserendo squarci di vita popolare. Fece, in un certo senso, lo stesso percorso di Nicolò
Machiavelli con La mandragola. Juan de Rueda scrisse pastorali, cinque commedie e alcuni intermezzi
scenici che l'imposero come uno dei più importanti uomini di teatro spagnoli prima del Siglo de Oro.
Infatti durante il Seicento s'affermarono i più conosciuti Lope de Vega, Pedro Calderón de la Barca e
altri, che metteranno in secondo piano, per celebrità a livello europeo, gli autori del Rinascimento.
Fra gli autori del trapasso, tardivo rispetto all'Italia, fra il teatro medievale e rinascimentale il più
importante fu sicuramente Fernando de Rojas. La sua tragicommedia La Celestina, del 1499 è forse il
primo testo esemplare del teatro rinascimentale.
Il vero iniziatore del teatro del Rinascimento fu però Bartolomé Torres Naharro. La sua lunga
permanenza in Italia, lo mise in contatto, soprattutto durante il suo soggiorno romano, e dopo
il 1517 napoletano, con le novità italiane, dalle quali trasse spunto per le sue opere (ancora in rima)
in castigliano. Molte sue commedie hanno anche un'ambientazone italiana, ma la sua influenza sul
teatro della sua patria fu importante ma non ancora completamente riconosciuta.

un gruppo d‟autori, che cerca di creare un genere tragico spagnolo ricorrendo a traduzioni o
adattamenti di tragedie classiche strutturate, salvo eccezioni, in cinque atti con l‟osservanza
delle unità aristoteliche.
In realtà la formalizzazione delle tre unità risale all'umanesimo cinquecentesco, quando, in seguito alla
traduzione in lingua latina nel 1536 della Poetica, i canoni aristotelici vennero interpretati e completati
con norme e indicazioni. L' "invenzione" delle tre unità è contemporanea alla teorie del verosimile ,
sulla necessità di limitare la narrazione ad eventi accaduti ad un unico personaggio. Nel 1500, quindi,
ciò che in Aristotele era l'osservazione e descrizione di uno stato di fatto del teatro a lui contemporaneo
venne interpretato come una norma o canone; per questo motivo esse sono anche definite
"pseudoaristoteliche". Si ritenne quindi che i drammi dovessero avere:
 unità di luogo - svolgersi cioè in un luogo unico, nel quale i personaggi agissero o
raccontassero le vicende accadute. Nella tragedia greca spesso le azioni non vengono
compiute e viste "in presa diretta" ma soltanto riferite o raccontate sulla scena.
 unità di tempo - la più comune interpretazione di questa norma fu che l'azione dovesse
svolgersi in un'unica giornata dall'alba al tramonto.
 unità di azione - il dramma doveva comprendere un'unica azione, con l'esclusione quindi
di trame secondarie o successivi sviluppi della stessa vicenda.
Questi canoni vennero adottati per discriminare il teatro "alto" - la tragedia - dal teatro "basso" o
popolare - la commedia -, ma furono utilizzati più per classificare le opere del passato latino e greco
che come canone per la scrittura di nuove opere.
Il teatro rinascimentale era anche dramma pastorale, i cui elementi costitutivi erano legati alla fuga
dalla realtà, al miraggio di un mondo ideale e al malinconico senso di fuga della vita di ogni giorno.

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