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ciò comporta – spiega Tessari – che rispetto a pittura, scultura, architettura, poesia
ecc., il fenomeno-teatro tenda a manifestarsi pressoché sempre all’ombra d’una sua
specifica aura di equivocità: in ogni caso sospeso tra la pretesa di essere giudicato
somma arte della finzione spettacolare e la pur “prestigiosa” condanna a essere
vissuto in quanto evento-rito necessario alla coesione culturale (e, quando ciò non
capita, sacralmente religiosa) d’una comunità.2
Secondo Gordon Craig, da qualche parte sulle rive del Gange due donne fecero
irruzione nel tempio della Divina Marionetta, che custodiva, vigilando il segreto del
vero TEATRO. Le due donne erano gelose di quest’ESSERE perfetto, ne invidiavano
il RUOLO, che era quello di illuminare lo spirito degli uomini con il sentimento
sacro dell’esistenza di Dio; ne invidiavano la GLORIA. Si appropriarono dei suoi
sentimenti e dei suoi gesti, delle sue vesti meravigliose e, attraverso una mediocre
parodia, si misero a soddisfare i gusti volgari della plebe. Quando infine fecero
costruire un tempio a immagine dell’altro, il teatro moderno – quello che conosciamo
fin troppo bene e che dura ancora – era nato: la rumorosa Istituzione di utilità
pubblica. Nello stesso tempo è apparso l’ATTORE.6
4 Patrice Pavis, “Anthropologie théâtrale”, in Dictionnaire du théâtre, Editions sociales, Paris, 1980. In Ibidem.
5 Roberto Tessari, Teatro e antropologia, Carocci, Roma, 2004, p. 17.
6 Tadeusz Kantor, Il teatro della morte, Ubulibri, Milano, 2000, p. 211.
La teoria genealogica di Craig va inquadrata, dunque, in un’ottica di sacro
servizio nei confronti della divinità. Kantor, invece, vede – a tal proposito
– un uomo singolo che, separandosi dal rito religioso comunitario, diventa
«attore» e tradisce narcisisticamente il resto della collettività e – con essa –
abbandona anche i suoi riti e cerimonie:
Ecco che dal cerchio compatto dei costumi e dei riti religiosi, delle cerimonie e delle
attività ludiche, è uscito QUALCUNO che aveva appena preso la decisione temeraria
di staccarsi dalla comunità culturale […], abbiamo di fronte a noi l’ATTORE.[…]
Sicuramente quest’atto sarà considerato un tradimento nei confronti delle antiche
tradizioni e delle pratiche di culto. […] DI FRONTE a quelli che erano rimasti da
una parte, si è alzato un UOMO PERFETTAMENTE simile a ciascuno di loro e
tuttavia […] infinitamente LONTANO.7
9 Francisco Juan de Isla, Historia del famoso predicador fray Gerundio de Campazas, alias Zotes, Monlau Editorial,
Madrid, 1945, p. 249.
della Settimana Santa e che furono, a loro volta, una parte fondamentale
del teatro medievale.
Nel 2007, una compagnia teatrale di Segovia, la Nao d´amores, traendo
spunto dalle suggestioni di questo Cristo così particolare e studiando in
maniera certosina un repertorio letterario di testi liturgici medievali, ha
portato in scena uno spettacolo intitolato El Misterio del Cristo de los
Gascones, una piêce che vuole sviluppare una via di investigazione fra
teatro e rituale, contenuto teologico e riflessione personale. Si tratta,
quindi, di una proposta scenica realizzata a partire da testi di diversa
provenienza10 e mediante una ricerca filologica di brani musicali che ne
costituiscono la “colonna sonora”, per un risultato finale che è
un’interessantissima commistione tra il lavoro attoriale professionistico e
quello popolare. Per approcciarsi allo studio di un qualsiasi dramma
medievale bisogna partire da un concetto ampio di teatralità, che –
chiaramente – va molto oltre l’idea di pura creazione drammatica; queste
performance sono, in realtà, molto vicine all’atto rituale con cui si
identifica una collettività. A proposito di El Misterio del Cristo de los
Gascones, la regista e drammaturga Ana Zamora dice:
Ancora oggi, nel bel mezzo del ventunesimo secolo, la più grande celebrazione
rituale dell’Occidente è la commemorazione della morte e la risurrezione del
fondatore del cristianesimo: si tratta dell’ancestrale mito di origine agraria che ci
racconta di un Dio che muore e rinasce ogni anno e che conserva – tutt’ora – un gran
numero di elementi formali praticamente del tutto invariati.11
10 Gómez Manrique, Lamentaciones fechas para la Semana Santa, Representación del nacimiento de Nuestro Señor
Representación del nacimiento de Nuestro Señor; Alonso del Campo, Auto de la Pasión; Diego de San Pedro,
Pasión trobada, Las siete angustias de Nuestra Señora; Fray Íñigo de Mendoza, Coplas de Vita Christi, Varias
obras religiosas.
11 Ana Zamora, Misterio del Cristo de los Gascones, Germán H. Solís, Segovia, 2007, p. 8 , [tr. mia].
È chiaro che non ci si può avvicinare a un Mistero di ispirazione medievale
senza tenere presenti le connessioni di tale genere in relazione ai rituali
della Semana Santa, di cui è ricchissima la Spagna. Ovviamente non va
dimenticato neanche che il Teatro nasce nella Grecia antica sottoforma di
celebrazione di carattere agrario e che la riflessione sul genere tragico è
stata una costante della civiltà occidentale:
Per questo la morte è il piacere supremo, poiché si tratta di un ritorno alle origini.
Tuttavia, morire non significa scomparire, ma soltanto immergersi nell’ originario,
che instancabilmente produce nuova vita. La vita è – certamente – l’inizio della
morte, ma la morte è la condizione principale di una nuova vita. La legge eterna delle
cose trova il suo compimento nel costante divenire. Non c’è colpa, né – di
conseguenza – redenzione; esiste soltanto l’innocenza del divenire. Rendersi conto di
tutto ciò significa pensare tragicamente. 12
14 José Luis Alonso Ponga, a cura di, La Semana Santa: Antropología y Religión en Latinoamérica, Ayuntamiento de
Valladolid, Valladolid, 2008, p. 517.
15 Piccole opere teatrali che si mettevano in scena in autunno. Alla manifestazione partecipavano la Filodrammatica di
Jiménez de Jamuz e altre compagnie amatoriali della provincia. Le scene erano costituite da oggetti e materiali che
gli attori avevano in casa e che sarebbero, altrimenti, stati destinati a essere cestinati. Cfr. José Carrero
Rodríguez, Gran Diccionario de la Semana Santa, Editorial Almuzara, Malaga, 1981, p. 49.
suoi incontri con le donne. In diverse zone si trovano i personaggi citati nei
Vangeli: Veronica, Maria Maddalena, la Madonna, Cireneo, San Giovanni,
ecc. Il rito della Pasión è accompagnato da donne che piangono per
l’intera durata della Vía Crucis e da gruppi di uomini che ne sottolineano,
cantando, i momenti più patetici. Dopo un’ora di straziante agonia, il
corteo giunge al luogo eletto per la crocifissione: una collina, ricca di
grotte, che sovrasta il villaggio, dove Cristo e i due ladroni vengono
inchiodati alle rispettive croci. Si tratta di una scena che tocca l’apice della
suggestione e dell’emozione, il punto culminante dell’intera Vía Crucis.
Più tardi, avverrà la deposizione: il cadavere di Gesù verrà sceso dalla
croce e trasportato in una delle grotte, rappresentante il sepolcro.
I rituali primaverili iniziano, in Spagna, con il Ciclo de Pascua.16 Esso
prende il via il giorno del Domingo de Ramos (Domenica delle Palme)
dura fino al lunedì successivo e ingloba tutta una serie di celebrazioni e
commemorazioni sacre. Nella Penisola Iberica, così come in molte altre
nazioni europee, in questo arco temporale hanno luogo numerosi atti
devozionali e drammatici. Come detto precedentemente,17 si deve al
Cristianesimo la nascita di svariati miti che presentano come matrice
comune La Passione, ossia la rappresentazione – a volte anche abbastanza
violenta – del martirio di Cristo, della disperazione della Madonna e di
Maria Maddalena, e – infine – della Resurrezione e Ascensione di Gesù al
Regno dei Cieli.
Rituale, questo, di chiara radice neolitica, ma che in Spagna e altri paesi
del bacino mediterraneo è stato “cristianizzato”, andando – così – a
16 José Miguel Gomez Tabanera, El folklore Español, Istituto Español de Antropologia Aplicada, Madrid, 1988, p. 172.
17 Cap. 1 – 1.1, p. 3.
costituire quella che convenzionalmente viene definita Settimana Santa.
El Domingo de Ramos celebra l’entrata trionfale di Cristo a Gerusalemme
e, con la benedizione di palme e rami d’ulivo, apre il tempo sacro.18
Questo è il giorno in cui gli artigiani che intrecciano i rami di palme fanno
affari d’oro: la tradizione delle palme intrecciate è, infatti, ampiamente
diffusa in tutto il Levante spagnolo, soprattutto nella città di Elche.19
Elementi tipici della Semana Santa spagnola sono le processioni e le
rappresentazioni drammatiche che vengono celebrate come
commemorazione della Passione e Morte di Cristo: il fasto e la grande
carica di pathos, hanno reso questi rituali celebri in tutto il pianeta.
Il Mercoledì Santo si celebra un rito notevolmente suggestivo ed
emozionante: El Oficio de Tinieblas. Esso è celebrato all’interno delle
chiese. Si tratta di un rituale con una forte componente “teatrale”; i canti
intonati dai fedeli e la particolare disposizione di ceri e candele intorno
all’altare, conferiscono un’atmosfera tetra a tutta la chiesa, nella quale
viene recitata la preghiera della Liturgia delle Ore. Sull’altare è posto un
particolare candelabro, il Tenebrario, sul quale vengono collocate quindici
candele gialle che rappresentano gli undici apostoli (Giuda è escluso), le
Tre Marie e la Madonna, raffigurata da un cero più distaccato rispetto al
resto delle candele, le quali si spengono l’una dopo l’altra durante il canto
dei salmi fino a quando rimane accesso solo il cero ritraente la madre di
Dio. Le candele che si spengono rappresentano la fuga degli Apostoli che,
abbandonando Cristo da solo dinnanzi alla Morte, lasciano – pian piano –
18 Francisc Massip, Història del teatre català, Editorial Arola, Tarragona, 2007, p. 66
19 Comune situato nella Comunità Autonoma di Valencia, famoso per il suo Palmesario, dichiarato Patrimonio
Mondiale dell’Umanità UNESCO nel 2000.
la chiesa nelle tenebre: da qui il nome Tinieblas. Quando rimane un solo
cero acceso, i fedeli intonano un Miserere, mentre un altro cero viene
collocato nella parte posteriore dell’altare e coperto con un velo: ciò
rappresenta la deposizione di Gesù nel Sepolcro e la fede del popolo della
Chiesa, che aspetta la Luce che tornerà splendente. Finito il Miserere, i
fedeli e il clero producono dei rumori per mezzo di un particolare
strumento musicale: la Matraca.20 L’intento di questo rumore assordante è
quello di inscenare un terremoto,21 il quale cesserà – con grande effetto
drammatico – all’apparire della luce proveniente dal cero nascosto dietro
l’altare.
Il Giovedì Santo si celebra la messa pontificale con i paramenti bianchi,
mentre rintoccano le campane di tutte le chiese; campane che non
suoneranno più fino a sabato, per ricordare (ancora una volta) la fuga degli
Apostoli di fronte all’imminente Passione del loro Maestro. La sera tocca
al rito del Monumento: gli altari sono privati delle stoffe e degli oggetti
sacri, a indicare la nudità di Cristo sulla Croce; in chiesa - in prossimità
dell’altare - vengono posti fiori, spighe di grano e sementi, raffiguranti il
rinnovamento, il ritorno alla vita dopo la morte; i sacerdoti di ogni
parrocchia lavano i piedi a dodici poveri (o più frequentemente a dodici
parrocchiani) che, vestiti con quelli che potremmo definire «costumi di
scena», interpretano gli Apostoli durante L’ultima cena. Anche in Sicilia
avviene un rito praticamente identico a quello del Monumento: ‘i Sipuccra,
i Sepolcri.
20 Strumento musicale a percussione, appartenente alla famiglia degli idiofoni, formato da un corpo di legno e da una
serie di martelletti che colpiscono la parte centrale. La Matraca si utilizza anche durante le processioni del Venerdì
Santo per intimare silenzio alla gente, in segno di rispetto per la morte di Cristo.
21 Cfr. Vangelo secondo Matteo 27, 51; Vangelo secondo Marco 15, 38; Vangelo secondo Luca 23, 45.
L’apice del pathos si raggiunge il Venerdì Santo con il Sermone delle tre
ore,22 l’Adorazione della Croce, la tristezza vera dei fedeli, il silenzio
irreale delle strade, la sospensione di ogni tipo di attività lavorativa, i riti,
le musiche e i canti, l’austerità che si respira per ogni via.
Ma il vero avvenimento del Venerdì Santo è la Sacra Representación, in
cui vengono esteriorizzati in forma plastica e drammatica dogmi e riti
religiosi.
Documentata a partire dai Misteri medievali, la Sacra Representación
racconta storie tratte dalla Bibbia e dai Vangeli: le vite dei Santi, scene
oniriche di Gloria e Inferno, allegorie morali, e – ovviamente – la
Passione di Cristo.
Come sappiamo, molte di queste manifestazioni furono vietate – a fasi
alterne – a cominciare dal tredicesimo secolo, cioè da quando il Concilio
di Basilea23 proibì gli spettacoli dentro le chiese e tacciò di blasfemia le
rappresentazioni religiose messe in scena a teatro. Ciononostante, le Sacre
Rappresentazioni e le processioni riconquisteranno le scene nel sedicesimo
secolo (grazie alla Controriforma), sviluppandosi durante tutto il
diciassettesimo e diciottesimo secolo e divenendo dei «classici» di molte
città spagnole più o meno grandi, come Esparraguera, Molíns del Rey,
Barcelona, Tarragona, per non parlare di Valladolid, in Castiglia e Leon, o
di diversi luoghi dell’Andalusia, come Siviglia.
Altre rappresentazioni di spessore della Semana Santa andalusa sono
quelle di Granada, di Cádiz, di Almería, di Córdova.
Fin dal sedicesimo secolo, in Andalusia, hanno luogo alcune processioni e
22 Josè Miguel Gomez Tabanera, El folklore Español, Istituto Español de Antropologia Aplicada, Madrid, 1988, p. 173.
23 Convocato da Papa Martino V nel 1431.
performance di carattere religioso molto somiglianti ad altre che, a partire
dallo stesso periodo, si celebrano a Palermo; ancora oggi, infatti, avviene
l’incontro tra il Cristo risorto e la Madonna.24 Partendo da due
luoghi differenti, mentre le statue si cercano per le chiese della città, si
svolgono due processioni distinte: quella di Gesù e quella di Maria. La
Vergine, avvisata da San Giovanni, cercherà il Figlio sino a trovarlo;
quando i due si saranno riuniti, dal manto nero dell’Addolorata prenderà il
volo una colomba e le due processioni diventeranno una sola, marciando
per le vie del capoluogo siciliano. In Andalusia, l’incontro tra Cristo e sua
Madre è celebrato in alcune città della provincia di Córdova, come
Montoro.
Dopo i tristi offici del Venerdì Santo è il turno dell’allegria del Sabado de
Gloria e della Pasqua e quindi della Rinascita che si manifesta con canti di
giubilo, col profumo d’incenso, con ornamenti riccamente decorati, con le
campane che tornano a riempire le strade con i loro rintocchi, con
l’Alleluia intonato in ogni chiesa. Finalmente, insomma, si compie la
Buona Novella: Cristo è risorto e con la sua rinascita hanno fine la
tristezza, il lutto, i silenzi e i lamenti che lasciano il posto alla gioia della
Primavera e, con essa, all’inizio della Stagione dei Tori, e all’apertura della
Feria de Abril di Siviglia, appuntamento irrinunciabile per la maggior
parte degli spagnoli.
In molte città e villaggi, per i festeggiamenti pasquali, si celebra il
Fusilamiento (fucilazione) di Giuda: l’Iscariota, rappresentato da un
grottesco fantoccio, è assalito a calci e pugni da ragazzini e adulti e, infine,
24 Santi Correnti, Guida insolita ai misteri, alle leggende e alle curiosità della Sicilia, Newton & Compton, Roma,
1998, p. 91.
incendiato. Sicuramente, questa celebrazione è un retaggio carnascialesco,
quando L’Anno Vecchio veniva ucciso per lasciare il posto al nuovo.
Nel giorno di Pasqua i ragazzi dei villaggi dell’Andalusia si trasformano in
veri e propri cantastorie e, col supporto di chitarre e tamburi, vanno di casa
in casa cantando scene tratte dalla Passione, Morte e Resurrezione,
ricevendo, come goloso omaggio alle loro performance, dolci tipici a base
di pane condito con frutta secca e uova infornate e abbondanti razioni di
vino.
Anche nella ricca e moderna Catalogna, le celebrazioni del Ciclo de
Pascua godono di particolare importanza, pur se col passare degli anni si
stanno via via affievolendo: una tra le più importanti è El canto de las
caramellas. Si tratta di un canto religioso intonato da ragazzi e ragazze per
le vie delle città. Il nome caramella deriva molto probabilmente dal
caramillo pastoril,25 strumento musicale appartenente alla famiglia degli
aerofoni, molto utilizzato – fino alla metà dell’Ottocento – nella Spagna
rurale. Ogni gruppo di caramellas che si rispetti, dovrà cimentarsi in prove
serrate per almeno un mese e avrà bisogno, nel suo organico, di un
musicista professionista e di una figura – possibilmente un poeta – in
grado di scrivere agevolmente in versi. Anche in questo caso, gli artisti
vengono remunerati con dolci e vino. La prima testimonianza del Canto de
las caramellas svoltosi a Barcellona è del 1776.26
25 Xavier Fabregas, Història del teatre català, Editorial Milà, Barcelona, 1978, pp. 53 – 54.
26 Ibidem.