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Magia e scienza nel Rinascimento

(13/02) Più che di Rinascimento, in Inghilterra si riferisce al periodo del XVI-XVII secolo con il termine
pre-modernism. Allo stesso modo, i pensatori di oggi si riconoscono nel termine post-moderno, considerando la
modernità chiusa alle nostre spalle. Ciò perché l’idea di modernità è stata messa in crisi in quanto porta anche
ad esiti negativi, quali il colonialismo, il consumismo di massa, le due Guerre mondiali, l’Olocausto… La
modernità occidentale ha portato alla distruzione dell’ambiente, capitalismo e come diretta conseguenza la guerra.
In quest’epoca avviene un meccanismo di inclusione ed esclusione di saperi: in particolar modo, ai maghi interessa
la conoscenza e ciò dà fastidio soprattutto alle istituzioni, come le autorità religiose.

Nicola Copernico è uno scienziato polacco che, tra il 1496 e il 1501 studia a Bologna per il vivo clima intellettuale.
Copernico scopre la teoria dell'eliocentrismo. Nel 1543 muore e, in quell’anno dà alle stampe l’opera De
revolutionibus orbi celesti, Sui movimenti delle sfere celesti, che dedica al papa e riceve a sua insaputa una
prefazione, che salva l’opera, perché, malgrado il messaggio rivoluzionario, non viene inclusa nell’Indice dei libri
proibiti fino al 1616. Nella prefazione, Andreas Osiander spiega come il testo non si riferisca alla realtà, ma si
basa solo su un calcolo. Nella seconda metà del 1900, Thomas Kuhn, un filosofo della scienza scrive The
structure of scientific revolutions, in cui presenta una dinamica per spiegare il modo in cui la scienza si
sviluppa: la scienza non è un consustanziale alla civiltà, ma si sviluppa nella modernità. Definisce un periodo
pre-paradigmatico, in cui non c’è la scienza. La scienza inizia nel 1500, convenzionalmente si sceglie il 1543,
quando esce proprio l’opera di Copernico. Kuhn divide le rivoluzioni scientifiche in diverse fasi:
1. la fase 0, il periodo pre-paradigmatico;
2. la fase 1: l’accettazione del nuovo paradigma;
3. la fase 2: il nuovo paradigma diventa dominante;
4. la fase 3: nascono delle anomalie riguardanti il paradigma;
5. la fase 4: il paradigma viene messo in crisi da nuove teorie;
6. la fase 5: quando si arriva a una rivoluzione scientifica che porta un nuovo paradigma.

La teoria di Copernico viene poi dimostrata grazie al lavoro di altri scienziati, tra cui Keplero, che sviluppa l’idea
dell’orbita ellittica dei pianeti. La sua prima importante è The cosmographic mystery del 1957. Il suo obiettivo è
formalizzare la struttura del sistema solare. Inizialmente sviluppa la sua struttura del sistema solare
riprendendo i solidi platonici (ex. il tetraedro, l'ottaedro, l'esaedro, l’icosaedro e il dodecaedro), che possono
essere tutti inscritti dentro delle sfere. Queste teorie vengono tutte riprese dai maghi rinascimentali, in quanto hanno
intrinsecamente delle idee riguardanti la perfezione e il divino e di corrispondenze, come per esempio la musica, il
cosmo, ecc. Queste idee che circolano producono un cambiamento.

Questo percorso di affermazione della scienza moderna compie poi un enorme balzo in avanti grazie a Bacone.
Vive in un momento in cui le visioni mistiche prendono nuove forme con altre priorità e la magia si spegne.
Tra il XVI e il XVII secolo si stanno affermando gli stati nazionali, in Inghilterra soprattutto con le dinastie Tudor
e Stuart. L’Inghilterra si è rafforzata come nazione e vuole presentarsi come potenza colonizzatrice. Ciò si
vede in tutti i dipinti celebrativi, come il Queen Elizabeth’s Armada portrait, realizzato in seguito alla sconfitta
dell’Armata spagnola nel 1588. Nel dipinto la regina Elisabetta I pone la mano sul mappamondo, in particolar
modo sull’America del Nord. La prima colonia inglese in America fu lo stato del Virginia, che prende il nome
proprio dalla regina.
In quest’epoca rinascimentale viene ripresa l’immagine mitica delle Colonne d’Ercole, intese come un confine
conoscitivo da superare. A Bacone viene attribuita la frase “Ipsa scientia potestas est”, “La conoscenza è potere”.
Nei frontespizi delle opere di Bacone si ritrovano le immagini relative alle Colonne d’Ercole. Nel trattato Novum
Organum, titolo che riprende il trattato di Aristotele sulla logica, Bacone spiega in dettaglio il suo sistema di logica,
rifiutando il sistema aristotelico basato sul sillogismo. Partendo dall’osservazione del reale e combinandola con
un ragionamento ordinato crea un nuovo metodo della scienza.
Nel 1627 viene pubblicata postuma l’opera Sylva sylvarum, all’inizio di cui si vede l’immagine di una sfera che
rimanda al globo, dove non c’è solamente l’Europa, ma anche l’America. In alto si legge il tetragramma ebraico
che significa YHWH, in questo senso vediamo come è Dio che fa discendere il sapere dal divino al terreno, con
l’accento sull’impresa intellettuale. Il Rinascimento è anche l’epoca dell’iconoclastia, ovvero la lotta contro il
culto delle immagini religiose. In Inghilterra, Enrico VIII emana il suo Atto di supremazia, con cui distrugge
diverse immagini religiose e molti spazi delle chiese vengono riempiti da memoriali funebri. Dio nel disegno è
rappresentato con 4 lettere; ciò è importante perché la magia si ricollega al suono e al linguaggio.
Nel 1640 viene ripubblicato in inglese The advancement of learning di Bacone, nel cui frontespizio le Colonne
d'Ercole vengono rivisitate completamente: sopra è scritto “Oxford” e “Cambridge”, le università più importanti
inglesi, si reggono sopra dei libri, che a loro volta sono sopra dei basamenti con le scritte “scienza” e “filosofia” e
diversi simboli del sapere. In alto si trovano due globi che si danno la mano, rappresentando l’empirismo e il
mondo delle idee che vanno passo a passo; ciò mostra quindi un cambiamento.

I cambiamenti che questa forma di pensiero produce sono fortissimi: nel 1660, dopo la creazione del
Commonwealth puritano, viene fondata la Royal Society, grazie a Carlo II, che si accompagna alla nascita dei
grand tour veri e propri alla scoperta dei diversi Paesi.

Possiamo vedere questi cambiamenti scientifici anche nella letteratura. Per esempio, in Amleto, durante la prima
scena dell'apparizione dello spettro, si riflette sul suo aspetto fisico. Secondo la metà dell’epoca, quando una
persona veniva uccisa, Dio, essendo giusto, non avrebbe permesso che un crimine rimanesse impunito: in
letteratura questa idea si riflette nei meccanismi delle apparizioni di fantasmi e sogni rivelatori.
Il 21esimo articolo dei 39 della religione della Chiesa d’Inghilterra è dedicato al Purgatorio e afferma che esso è
qualcosa di inventato dall’uomo e che non si collega in alcun modo alle Scritture.
In Amleto il protagonista cambia il modo di investigazione, basandosi sull’analisi psicologica per scoprire se
lo zio è colpevole della morte del padre.

(14/02) Nella società rinascimentale la poesia aveva un ruolo diverso rispetto ad adesso, in quanto era un periodo
permeato dall’oralità. I testi in generale sono l’espressione di una cultura diversa. Solo nella modernità si afferma
la parola scritta. Il testo poetico nasce per essere recitato e ascoltato. Nel teatro rinascimentale c’è una certa
densità comunicativa, perché intende a parlare e a rappresentare tutte le classi sociali: il teatro era a fruizione
di tutti.
La poesia nasce in società orali come mnemotecnica, in società in cui la scrittura era usata solo per pochi
contenuti. Si usavano figure retoriche e andamento ritmico, legato a diverse tecniche (ex. verso accentuativo
sintattico legato alla posizione degli accenti e dal numero delle sillabe), in particolare la rima, più usata
attualmente, e l’allitterazione, in contesti sociali più antichi. L’allitterazione si può ritrovare nella poesia inglese
anche in Età moderna, perché sopravvive nella poesia britannica anche quando viene introdotta la rima.
Con la rima s’intende un’omofonia tra due parole a partire dall’ultima vocale accentata; l’allitterazione è
quando le prime due parole accentate del verso e la prima parola accentata del secondo emistichio iniziano
con la stessa consonante o gruppo di consonanti.

Sir Gawain and the green knight è un romanzo scritto in middle English, tra il 1375 e il 1400. I versi sono
difficili perché sono frutto di un talento poetico che si lega a zone periferiche nord-occidentali dell’area inglese,
quindi utilizzano un linguaggio arcaico. Ci sono comunque elementi di modernità, come allitterazioni e rime.
Questo romanzo è una serie di resoconti scritti in precedenza. Rimanda a una tradizione medievale che vede Enea
come autore di un tradimento per salvare i suoi familiari a discapito dei cittadini. È un intreccio tra diverse
narrazioni che hanno influsso sulla coscienza nazionale.
Since the siege and the assault was ceased at Troy, → Allitterazione della s
The walls breached and burnt down to brands and ashes,
The knight that had knotted the nets of deceit
Was impeached for his perfidy, proven most true,
5 It was high-born Aeneas and his haughty race
That since prevailed over the provinces, and proudly reigned
Over well-nigh all the wealth of the West Isles.
Great Romulus to Rome repairs in haste;
With boast and with bravery builds he that city
10 And names it with his own name, that it now bears.
Ticius to Tuscany, and towers raises,
Langobard in Lombardy lays out homes,
And far over the French Sea, Felix Brutus → Felix Brutus è considerato il fondatore della
Britannia stessa. Qui è legato a Enea e al mito della
fondazione di Roma. Cantare le sue gesta in quanto
discendente di Enea riporta il territorio inglese da una
condizione di colonia a una condizione di nobiltà,
perché la si riconduce alle origini della civiltà
occidentale. Si tratta di una strategia di
“gentrificazione”, nobilitazione delle stirpi delle
genti britanniche
On many broad hills and high Britain he sets,
15 Most fair.
Where war and wrack and wonder
By shifts have sojourned there,
And bliss by turns with blunder
In that land's lot had share. → Rima

La lingua inglese è divisa in tre periodi:


1. old English, chiamato anche anglosassone, che va circa dal 400 fino al 1066;
2. middle English, dal 1066 fino al XV secolo;
3. modern English, dalla fine del XV secolo.
Possiamo notare però come la lingua di Sir Gawain and the green knight sia differente rispetto a quella delle
Canterbury tales di Chaucer, scritte nello stesso periodo. Anche nell’opera di Chaucer originariamente si usa il
verso, non la prosa come si legge ora, perché era un testo che doveva essere recitato a memoria. La differenza tra le
due opere sta nel fatto che Chaucer vive a corte a Londra, una città dinamica già allora, e quindi usava strumenti
espressivi più moderni. Chaucer era un poeta cosmopolita perché viaggiava: è passato anche dall’Italia grazie alle
diverse missioni date dal re. Molti critici pensano che in occasione del viaggio in Italia del 1372-73 abbia
incontrato Petrarca e Boccaccio.

Nel 1527 John Skelton scrive Lullay, lullay, like a child. In questa poesia, una sorta di ballata, si trova la
combinazione di allitterazione e rima. Si tratta della storia di un innamorato che si addormenta e l’innamorata
attraversa il fiume, metafora per il tradimento.

“My darling dear, my daisy flower,


Let me,” quod he, “lie in your lap.”
“Lie still,” quod she, “my paramour,
Lie still, hardily, and take a nap.”
5 His head was heavy, such was his hap,
All drowsy dreaming, drowned in sleep,
That of his love he took no keep.
With hey, lullay, lullay, like a child,
Thou sleepest too long, thou art beguiled. → In inglese moderno le rime sembrano non coincidere,
questo perché probabilmente le parole si pronunciavano in
modo diverso in middle English.

Nella poesia post-medievale vediamo come alcune parole sono diverse, tra cui:
1. thou, ovvero you in posizione di sogg;
2. thee, you in posizione di complemento;
3. thy, l’aggettivo possessivo your;
4. thine, l’aggettivo possessivo your davanti a vocale o h muta, o il pronome possessivo yours;
5. quoth I /she/he, that means “said I/she/he”;
6. hence, “from here”, and thence, “from there”;
7. la desinenza -st alla seconda persona singolare dei verbi (ex. thou sleepest);
8. la desinenza -th alla terza persona singolare dei verbi (ex. hath)

La voca di Petrarca è un punto fondamentale per la poesia europa: il suo modello viene seguito anche dai poeti
inglesi.
Nella corte di Enrico VIII si iniziano a tradurre le poesie di Petrarca in inglese. Per esempio, Thomas Wyatt
ne traduce un sonetto, la rima 190, ma, per farlo, utilizza un diverso schema perché il sonetto non si adatta alla
lingua inglese. La forma del sonetto inglese, o elisabettiano, è due quartine e un distico. La traduzione riprende i
contenuti del sonetto ma riadattati alla corte inglese. All’epoca i traduttori si appropriavano del testo e lo
traducevano in maniera creativa coniugandolo con la sensibilità del Paese.
Il verso utilizzato è il pentametro giambico, formato da cinque piedi, ciascuno caratterizzato da levare e
battere. L’inglese è considerato una stress-timed language, in cui le sillabe possono durare per diverso tempo,
ma lo spazio tra due sillabe accentante è in genere equivalente. Questa poesia è stata scritta per Anna Bolena; i
due finiscono in prigione nella torre di Londra per adulterio e dalla finestra l’autore assiste alla sua esecuzione nel
1536. Lui se la cava perché aveva amicizie importanti a corte quindi ha l’appoggio di Cromwell, finché non viene
decapitato anche lui.

Whoso list to hunt? I know where is an hinde! → Parallelo tra la caccia e il corteggiamento.
But as for me, alas! I may no more,
The vain travail hath wearied me so sore;
I am of them that furthest come behind.
5 Yet may I by no means my wearied mind
Draw from the deer; but as she fleeth afore
Fainting I follow; I leave off therefore,
Since in a net I seek to hold the wind. → Il protagonista partecipa alla caccia di una cerva ed è così
affaticato che quasi abbandona questo tentativo.
Who list her hunt, I put him out of doubt
10 As well as I, may spend his time in vain!
And graven with diamonds in letters plain,
There is written her fair neck round about;
'Noli me tangere; for Caesar's I am,
And wild for to hold, though I seem tame.' → La cerva ha un collare, quindi non è un animale selvatico. Il
collare ha la scritta “non toccatemi perché sono di Cesare”.
Il linguista David Crystal e suo figlio Ben, attore hanno
lavorato per ricostruire la pronuncia originale dell’inglese
all’epoca di Shakespeare e ci sono state delle rivelazioni
relative a doppi sensi che non possono essere colti se letti
in inglese moderno. Si è teorizzato il great vowel shift,
avvenuto tra il 1400 e il 1700 nell’Inghilterra del sud (→)

Le poesie di Wyatt, Surrey e altri aristocratici iniziano a


circolare a corte e vengono raccolte nella Tottel’s miscellany,
dal nome dello stampatore, Richard Tottel. Si inizia ad affermare sempre di più la forma del sonetto, che poi si
evolve nelle sonnet sequences con forte valore narrativo e che trattano storie di amore.

Un altro importante letterato all’epoca era sir Philip Sidney. Il suo lavoro Astrophil and Stella include 108 sonetti
e 11 canzoni. Si tratta di una storia d’amore; già dal titolo si capisce il gioco di parole tra “Astrophil”, colui che
ama le stelle, e Stella, appunto. Il primo sonetto è una dichiarazione di poetica, in cui Sidney spiega com’è arrivato
a scrivere.

Loving in Truth and fain in verse my love to show,


That the dear she might take some pleasure of my pain,
Pleasure might cause her read, reading might make her know,
Knowledge might pity win, and pity grace obtain,
5 I sought fit words to paint the blackest face of woe:
Studying inventions fine, her wits to entertain,
Oft turning others’ leaves, to see if thence would flow
Some fresh and fruitful showers upon my sunburned brain.
But words came halting forth, wanting Invention’s stay;
10 Invention, Nature’s child, fled step-dame Study’s blows,
And others’ feet still seemed but strangers in my way.
Thus great with child to speak, and helpless in my throes,
Biting my trewand pen, beating myself for spite,
“Fool,” said my Muse to me, “look in thy heart and write.” → Ci sono sia le allitterazioni e le rime.

Il pentametro giambico non rimato diventa il blank verse del teatro dell'epoca, avendo lo stesso status
dell’endecasillabo nella poesia italiana; viene usato anche nel Paradise lost di Milton.
Nel 1600 l’inglese acquista dignità poetica. Vengono tradotte diverse opere europee, tra cui Il cortegiano di
Castiglione, l’Orlando furioso di Ariosto e la Gerusalemme liberata di Tasso.

(15/02) Più ci avviciniamo all’Età moderna più avviene una laicizzazione del tempo, dovuta anche all’avvento
degli orologi. La tecnologia cambia la percezione del tempo perché permette di misurare il tempo in unità discrete
anche più piccole, producendo anche una forma di ansia. Piano piano gli orologi iniziano ad entrare nelle case. Si
passa a una percezione sempre più meccanica del tempo.
Proprio riprendendo il concetto di tempo, Petrarca scrive i Trionfi prendendo come modello i Trionfi classici, che
vengono conclusi nel 1474.

Il trionfo d’Amore,
della Pudicizia,
della Morte, → Tempo individuale
della Fama,
5 del Tempo, → Tempo collettivo
dell’Eternità → Tempo non umano

Nel Trionfo del Tempo, invece Petrarca parla del Sole che gira intorno alla Terra:

[...]
Tal son, qual era anzi che stabilita
Fosse la terra; dì è notte rotando
30 Per la strada rotonda, ch’è infinita. → Teoria geocentrica

Poi che questo ebbe detto, disdegnando


Riprese il corso più veloce assai,
33 Che falcon d’alto a sua preda volando,
[...]
Allor tenn’io il viver nostro a vile
Per la mirabil sua velocitate,
39 Via più ch’innanzi nol tenea gentile.

E parvemi mirabil vanitate


Fermar in cose il cor che ’l tempo preme;
Che mentre più le stringi, son passate. → Mostra l’ansia del tempo

Come Petrarca, anche Shakespeare è ossessionato dallo scorrere del tempo. I suoi Sonetti vengono pubblicati nel
1609 da Thomas Thorpe, probabilmente senza l’autorizzazione dell’autore. Il contenuto è atipico:
1. i primi 126 sonetti sono dedicati a un misterioso “fair youth”; in particolar modo, i sonetti dall’1 al 17
invitano il giovane a procreare, quelli dal 18 al 126 esprimono amore platonico o omoerotico;
2. i sonetti dal 127 al 152 sono dedicati a una misteriosa dark lady, che si contrappone a una fair lady, simile
alla donna angelicata tipica delle poesie precedenti;
3. i sonetti 153 e 154 sono dedicati a Cupido;
4. altri sonetti sono dedicati a un rival poet.
La raccolta si conclude con un lungo componimento, intitolato A lover’s complaint.
La raccolta dei sonetti è dedicata a un certo Mr. W.H. Non sappiamo per certo chi sia. Alcune teorie affermano che
sia William Herbert, un nobile dell’epoca, in quale era in contatto con Shakespeare ed era anche colui a cui era
dedicato il First folio of Shakespeare’s works. Inoltre, a lui sono dedicati anche gli Epigrammes di Ben Johnson.
Nonostante ciò sappiamo che gli aristocratici non erano mai chiamati col titolo di Mr.
Un’altra teoria dice che potrebbe essere Henry Wriothesley, un altro nobile a cui Shakespeare aveva già dedicato
le poesie Venus & Adonis e The Rape of Lucrece.
Infine, è stato ipotizzato che potrebbe essere Willie Hughes, un attore che Shakespeare avrebbe conosciuto e di cui
sarebbe stato innamorato. Anche Oscar Wilde ha scritto un racconto, The portrait of Mr. W.H, dove avanza questa
teoria.
Nel 1640, lo stampatore John Benson pubblica un’edizione dei Sonetti, prevalsa fino al 1780, in cui cambiava tutti
gli “he” con “she”.

Sonnet 18, William Shakespeare


Shall I compare thee to a summer’s day?
Thou art more lovely and more temperate:
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer’s lease hath all too short a date;
5 Sometime too hot the eye of heaven shines,
And often is his gold complexion dimm'd;
And every fair from fair sometime declines,
By chance or nature’s changing course untrimm'd;

But thy eternal summer shall not fade,


10 Nor lose possession of that fair thou ow’st;
Nor shall death brag thou wander’st in his shade,
When in eternal lines to time thou grow’st:

So long as men can breathe or eyes can see,


So long lives this, and this gives life to thee. → Ciò che rende l’amore vivo è la parola, la lettura a voce
alta; la lettura rivitalizza il testo attraverso gli occhi o attraverso
il fiato

Un poeta contemporaneo di Shakespeare, ma che esprime contenuti estremamente diversi è John Donne.

The good morrow, John Donne


I wonder, by my troth, what thou and I
Did, till we loved? Were we not weaned till then? → Fase del sogno, dell’infanzia
But sucked on country pleasures, childishly?
Or snorted we in the Seven Sleepers’ den? → Richiamo a un mito cristiano, secondo cui ci sono stati dei
martiri che, nei primi secoli del cristianesimo, hanno
rifiutato di abiurare e si recano in una caverna e vengono
murati vivi. Un pastore fa sgombrare la caverna per far
dormire le sue pecore, i martiri si svegliano, vanno in città e
vedono che il cristianesimo, prima perseguitato, era ora
religione ufficiale.
5 ’Twas so; but this, all pleasures fancies be.
If ever any beauty I did see,
Which I desired, and got, ’twas but a dream of thee. → Sfera del sogno

And now good-morrow to our waking souls,


Which watch not one another out of fear;
10 For love, all love of other sights controls,
And makes one little room an everywhere.
Let sea-discoverers to new worlds have gone,
Let maps to other, worlds on worlds have shown, → Le mappe, un oggetto tecnologico, fanno parte
nell’immaginario comune.
Let us possess one world, each hath one, and is one. → Mondo delle scoperte geografiche.

15 My face in thine eye, thine in mine appears, → Si passa da un macrocosmo a un microcosmo, dall’idea del
globo al globo oculare
And true plain hearts do in the faces rest;
Where can we find two better hemispheres,
Without sharp north, without declining west?
Whatever dies, was not mixed equally;
20 If our two loves be one, or, thou and I
Love so alike, that none do slacken, none can die. → L’amore vero tra gli innamorati porta al superamento della
sfera lunare
Nel Rinascimento, ritorna molto il riflesso convesso dell’aberrazione ottica.

Le mappe medievali sono chiamate mappe T-O, erano rappresentazioni


semplicistiche. La cosa strana è che Oriente è a nord perché era la direzione di
Gerusalemme.
In Germania si sviluppa l’Erdapfel, un mappamondo che rappresenta il mondo in
modo più completo, quasi moderno.
Nella seconda metà del 1500 si sviluppa la cartografia. I cartografi spesso sono
fiamminghi perché l’Olanda era una zona di grandi navigatori.

A valediction: of weeping, John Donne


In questa poesia le strofe sono incentrate su diverse figurazioni. Al posto della vecchia Petrarchan conceit, nella
poesia metafisica entra in gioco la metaphysical conceit, che collega per analogia elementi della vita comune
con elementi intellettuali.

Let me pour forth


My tears before thy face, whilst I stay here,
For thy face coins them, and thy stamp they bear, → La lacrima rimanda all’idea di moneta: entrambe vengono
coniate
And by this mintage they are something worth,
5 For thus they be
Pregnant of thee;
Fruits of much grief they are, emblems of more,
When a tear falls, that thou falls which it bore,
So thou and I are nothing then, when on a diverse shore.

10 On a round ball
A workman that hath copies by, can lay
An Europe, Afric, and an Asia,
And quickly make that, which was nothing, all;
So doth each tear
15 Which thee doth wear,
A globe, yea world, by that impression grow,
Till thy tears mix'd with mine do overflow
This world; by waters sent from thee, my heaven dissolved so.

O more than moon, → La donna è posta in similitudine con la luna. È una


metaphysical conceit
20 Draw not up seas to drown me in thy sphere,
Weep me not dead, in thine arms, but forbear
To teach the sea what it may do too soon;
Let not the wind
Example find,
25 To do me more harm than it purposeth;
Since thou and I sigh one another's breath,
Whoe'er sighs most is cruellest, and hastes the other's death.
A valediction: forbidding mourning, John Donne
As virtuous men pass mildly away, → Immagine dell’uomo morente che se ne va in pace
And whisper to their souls to go,
Whilst some of their sad friends do say
The breath goes now, and some say, No:

5 So let us melt, and make no noise


No tear-floods, nor sigh-tempests move;
'Twere profanation of our joys
To tell the laity our love.

Moving of th' earth brings harms and fears,


10 Men reckon what it did, and meant;
But trepidation of the spheres,
Though greater far, is innocent.

Dull sublunary lovers' love, → Sublunare significa “terreno”, c’è contrapposizione tra la
sfera sublunare imperfetta e la sfera lunare legata all’armonia
(Whose soul is sense) cannot admit
15 Absence, because it doth remove
Those things which elemented it.

But we by a love so much refined,


That our selves know not what it is,
Inter-assured of the mind,
20 Care less, eyes, lips, and hands to miss.

Our two souls therefore, which are one,


Though I must go, endure not yet
A breach, but an expansion,
Like gold to airy thinness beat.

25 If they be two, they are two so


As stiff twin compasses are two;
Thy soul, the fixed foot, makes no show
To move, but doth, if the other do.

And though it in the center sit,


30 Yet when the other far doth roam,
It leans and hearkens after it,
And grows erect, as that comes home.

Such wilt thou be to me, who must,


Like th' other foot, obliquely run;
35 Thy firmness makes my circle just,
And makes me end where I begun. → La circolarità è presentata in termini positivi, di armonia
Il teatro dal Medioevo al Rinascimento
(20/02) Durante il Rinascimento, oltre alle solite feste come Natale e Pasqua, si festeggiava il Corpus domini, il
culto dell'eucaristia, che si diffonde in seguito a un concilio nel 1311. In Inghilterra il Corpus domini si chiama
Corpus christi. Era un culto molto forte, che si festeggiava con delle rappresentazioni teatrali.
Il teatro medievale è importante perché il teatro rinascimentale è collegato a esso. Per capire il teatro rinascimentale
inglese bisogna partire dalle mystery plays tipiche medievali. Questo termine può avere diverse origini: secondo
alcuni deriva da “mistero”, nel senso di “miracolo”, secondo altri da “ministerium”, professione. I misteri
erano allestiti in cicli, che potevano contenere anche una cinquantina di drammi e venivano rappresentati nel corso
di più giornate. Rappresentavano la storia dell'umanità all’interno della cornice religiosa. I misteri partono
dalla storia dell’umanità, dall’Antico Testamento, e attraversano il Nuovo Testamento, spesso culminando nel
Giudizio Universale o nella discesa di Cristo agli Inferi, un episodio dei Vangeli apocrifi. Questi drammi erano
molto brevi, duravano circa 15-30 minuti. Venivano allestiti non da attori professionisti, ma da coloro che
praticavano vari mestieri, dalle corporazioni, guilds, in particolar modo ogni scena era rappresentata da quella che
aveva un rapporto simbolico con questa (ex. il Diluvio universale veniva rappresentato rappresentato dai portatori
d’acqua). Questi drammi erano allestiti su carri mobili, pageants, che viaggiavano per la città. I carri erano
articolati su tre livelli: il palco era sopraelevato rispetto al pubblico e a volte poteva assumere il simbolo di
piano terreno, altre volte c’era una botola, detta hellmouth, che metteva in relazione con il mondo degli
Inferi, mentre il sottotetto era collegato con un'altra apertura dalla quale potevano scendere figure del
mondo sovraterreno. Questa articolazione permetteva una serie di opportunità sceniche. Hellmouth è un termine
con cui, nel Medioevo, le persone avevano familiarità: era da lì che i peccatori scendevano negli Inferi. La sua
origine è dalle bocche dei vulcani. Questi drammi erano scritti da chierici; siccome erano drammi popolari non
mancava elemento comico: per esempio, nell’episodio di Noè, la moglie non vuole lasciare le amiche per salire
sull’arca.

Da questa forma di teatro nascono le morality plays. Questa è una fase di transizione verso il teatro moderno.
Queste moralità sono scritte proprio per la rappresentazione. Vengono rappresentati in modo isolato e non solo in
occasione delle festività; ciò comporta una professionalizzazione degli attori, perché alcune persone iniziano a
vivere di teatro. Sono le compagnie che mettono in scena gli episodi. Il soggetto è allegorico e il tema
moraleggiante, rappresentato con la logica del combattimento medievale. Erano messi in scena su un palco
circolare all'interno del quale c’era una torre con apertura e all’interno un letto; lungo la circonferenza
c’erano dei pali, che erano sedi di personificazioni di vizi o virtù. Le moralità si basano sulla psicomachia, la
lotta interiore tra bene e male, spesso per dominio dell’animo umano.
Un’importante moralità è The castle of perseverance (1425). Il protagonista è Mankind, l’umanità. In questo
modo ciascuno dei membri del pubblico poteva immedesimarsi col protagonista. La vicenda riguardava
tutti, era la possibile salvezza dell’anima o la sua dannazione. Mankind viene attratto dall’avarizia e un angelo
buono (figura allegorica che si ritrova anche nel Dottor Faustus di Marlowe), che vuole salvare Mankind, chiede
aiuto alla Confessione e alla Penitenza. La confessione era del tutto lecita nel Cristianesimo, ma, quando arriva il
Protestantesimo, quest’idea non è apprezzata perché non lo riconoscono. Confessione e Penitenza riportano
Mankind al suo castello. I sette vizi assediano il castello, ma le virtù riescono a respingerli con delle rose, simbolo
della Passione di Cristo. Mankind cade nella trappola di Avarizia, poi arriva la Morte e un angelo cattivo si porta
via l'anima di Mankind, che arriva alla soglia dell'Inferno, ma si salva grazie all’intercessione della Misericordia. Il
messaggio è che il perdono di Dio può salvare qualsiasi peccatore che si pente.
Un’altra moralità medievale è Everyman, uno dei primi testi ad essere dati alle stampe in Inghilterra già nel
1508. La situazione è analoga: la Morte chiede a Everyman di rendere conto delle sue azioni. Di tutte le amicizie e
relazioni che Everyman ha, nessuno accetta di seguirlo, tranne Good Deeds, Opere Buone, che chiede aiuto a
Knowledge. Così Opere Buone è abbastanza forte per accompagnarlo verso la porta dell'Inferno. Everyman si
confessa e gli altri attributi, come Bellezza, Forza, Cinque Sensi, decidono di accompagnarlo.
Questo è il momento intermedio nell’evoluzione del teatro inglese.
Si arriva poi agli interludi. Questi mantengono la struttura allegorica basata su personificazioni, ma il messaggio è
di ordine culturale e sociale. Ciò mostra come la società si sta secolarizzando, perché cambia il focus che si pone
al centro del messaggio teatrale. Gli interludi venivano allestiti come intervalli nelle dimore aristocratiche tra
vari momenti nelle feste e banchetti, ma anche nei cortili delle taverne e nelle piazze.
Tra queste plays è importante l’Interlude of the Nature of the Four Elements (1518), scritto da John Rastell,
cognato di Thomas More. Il conflitto che si ritrova è tra appetito sessuale e ignoranza da un lato e dall’altro un
dubbio. C’è uno studio particolare della gentrachia: siamo dopo la scoperta dell’America e il viaggio di scoperta è
diventato centrale. È un dramma sulla filosofia naturale. Il protagonista è Vice, il vizio. Il cattivo non ha più la
connotazione di lotta tra bene e male.

Dopo la riforma protstante (1525) cambia la forma del dogma. L’Inghilterra risponde con una mediazione tra
Cattolicesimo e Protestantesimo, ovvero l’Anglicanesimo. La Chiesa d’Inghilterra viene presieduta dal sovrano.
La Chiesa anglicana nasce sotto Enrico VIII, che vuole divorziare da Caterina d’Aragona, ma il papa non
vuole; nel 1534 emana l’Atto di supremazia e fonda la Chiesa d'Inghilterra. Enrico VIII riprende dal
Protestantesimo una serie di elementi. I vescovi anglicani chiedono alle guilds che avevano i testi delle mystery
plays di scriverli in bella copia e di consegnarli per essere analizzati per verificarne l'adesione ai nuovi principi di
fede. I copioni non vengono più consegnati indietro.
L’odio per il teatro religioso medievale si intensifica negli anni successivi, anche perché gli anglicani ritengono
blasfemo il fatto che degli esseri umani impersonino Gesù, la Madonna, ecc. Le città avevano un attaccamento
così forte che vengono comunque rappresentati. Le ultime rappresentazioni avvengono circa nel 1574.
Shakespeare era già nato a quell’epoca, aveva circa 11 o 12 anni ed è possibile che avesse visto queste
rappresentazioni. I testi ritirati sono giunti spesso fino a noi.
Nel momento in cui si spegne il teatro religioso medievale si accende il teatro rinascimentale. al 1576 facciamo
riferire per convenzione nascita del teatro rinascimentale:
a Londra, James Cuvage fonda un teatro, una
playhouse, basato su modello delle locande e dei
pageants, col nome di The Theater, rimandando alla
classicità.
I puritani cercano di trovare similarità tra il nuovo teatro
e quello medievale. Tantissimi autori puritani scrivono
contro il teatro. Uno di loro, Stephen Gosson, è
particolarmente noto per il rapporto che lo lega a Sir
Philip Sidney, a cui dedica un trattato, School of abuse, in
cui parla malissimo del teatro. Sydney risponde con un
saggio chiamato Defence of poesie, perché col termine
“poesia” intende tutta la letteratura immaginativa. Il teatro
era caratterizzato da stigma sociale: gli aristocratici
andavano con la maschera per non essere riconosciuti. Era
un ambiente eterogeneo in quanto a classe sociale e ciò
era visto come una promiscuità terribile.
Al centro del teatro c’era il pit, dove si stava in piedi, che costava solo 1£. Chi voleva posti migliori si metteva
nelle Lords’ rooms, dove si sentiva meglio. Al centro c’era una tenda che funzionava da scenografia e dava
ingresso al discovery place, una nicchia che si prestava a scene spettacolari di scoperta, al pari della botola nei
pageants medievali. C’è poi una sorta di balconata retrostante che poteva ospitare dei musicanti, ma veniva
utilizzato anche nei drammi (ex. Romeo e Giulietta). La ricostruzione dell’ambiente viene delegata maggiormente
alla parola. C’è un diverso rapporto con il pubblico rispetto al teatro più moderno. Le playhouses sono un fenomeno
che caratterizzano il periodo tra il 1576 e il 1642. Il rapporto tra oralità e teatro si vede nel prologo dell’Enrico V di
Shakespeare, perché si basa su delle tecniche speciali:
O for a Muse of fire, that would ascend
The brightest heaven of invention,
A kingdom for a stage, princes to act
And monarchs to behold the swelling scene!
5 Then should the warlike Harry, like himself,
Assume the port of Mars; and at his heels,
Leash'd in like hounds, should famine, sword and fire
Crouch for employment. But pardon, and gentles all,
The flat unraised spirits that have dared
10 On this unworthy scaffold to bring forth
So great an object: can this cockpit hold
The vasty fields of France? or may we cram
Within this wooden O the very casques
That did affright the air at Agincourt?
15 O, pardon! since a crooked figure may
Attest in little place a million;
And let us, ciphers to this great account,
On your imaginary forces work.

(21/02) In anni recenti, nel 1997, a Londra, è stato ricostruito il Shakespeare’s globe nei pressi della posizione
dove sorgeva il Globe originale, a sud del Tamigi. Questo teatro è una replica delle playhouses. La sua ricostruzione
è espressione di un atteggiamento filologico nei confronti del teatro rinascimentale. Il teatro non è solo fatto di
testi, ma soprattutto di aspetti materiali ed extratestuali. All’epoca il teatro era molto diverso. Per esempio, nel
teatro rinascimentale, fino al 1700, gli attori usavano abiti moderni, anche se non erano in sintonia con
l’ambientazione delle plays; solo dal 1800 inizia l'attenzione alla temporalità dei drammi, anche se solo secondo
l’immagine che si ha di quel tempo del Medioevo. Nel periodo romantico si insiste sulla lettura di Shakespeare,
rovesciando il paradigma corrente. Drammi come The tempest e King Lear vengono sviliti perché non rendevano
a livello immaginativo.

Il teatro è avversato dai puritani, che sono espressione della middle class. Uno dei nemici del teatro è il sindaco
di Londra, che teme disordini per assembramento. Si impedisce la creazione di teatri in città e si collocano in
immediata periferia, le liberties, in modo da tenere lontani disordini ed epidemie. Il teatro si afferma malgrado
l’opposizione anche grazie al favore della monarchia: Elisabetta I e
Giacomo I amano il teatro, è uno degli svaghi di corte. Inoltre, il potere
sovrano ha un atteggiamento di controllo nei confronti del teatro perché
era strumento di comunicazione di massa. Nel 1581, Elisabetta I
attribuisce al Master of the revels, il Maestro delle cerimonie, il compito
di censurare i drammi che vengono allestiti a Londra. La
preoccupazione è evitare i riferimenti alla politica, alla religione e i
riferimenti diretti a personaggi reali in vita. Negli anni seguenti i poteri del
Master of revels si ampliano e, nel 1594, diventa colui che dà la licenza
alle compagnie.
L’unico documento visivo che abbiamo rispetto alla reale struttura dei
teatri è un disegno fatto dal viaggiatore olandese Johannes de Witt (←):
è un disegno del the Swan, accompagnato da una didascalia che diceva:
There are four amphitheatres in London so beautiful that they are worth a
visit ... In these theatres, a different play is offered to the public every day.
The two more excellent of these are situated on the other side of the Thames, towards the South, and they are called
the Rose and the Swan from their signboards. There are two other theatres outside the city towards the North …
There is also a fifth, but of a different structure, intended for fights of animals, … The most outstanding of all the
theatres, however, and the largest, is that whose sign is the swan …, as it seats 3000 people. It is … supported by
wooden pillars which, by their painted marble colour, can deceive even the most acute observers. As its form seems
to bear the appearance of a Roman work, I have made a drawing of it.

I teatri elisabettiani a Londra sono il Theatre (1576) e il Curtain


(1577) a nord della città, a Shoreditch, il Rose (1578), il Swan
(1595) e il Globe (1599) sulla sponda meridionale del fiume, nel
sobborgo di Southwark.
Le compagnie recitavano a Londra ma andavano anche in tournée.
Il grande problema era quello di non essere confusi con i vagrants,
vagabondi, che non avevano posizione nell’ordine sociale e quindi
erano considerati un pericolo. Per sfuggire a ciò, si mettevano a
servizio di un aristocratico e ne indossavano la livrea.

La storia del teatro rinascimentale a Londra può essere così


riassunta:
1. nel 1576 James Burbage fonda the Theatre;
2. nel 1583 nasce la compagnia dei Queen's Men, voluta da Elisabetta I;
3. nel 1587 Philip Henslowe costruisce the Rose;
4. tra il 1592 e il 1594 i teatri chiudono per un’epidemia di peste;
5. nel 1594, quando i teatri riaprono, il Lord Chamberlain e il Lord Admiral fondano due compagnie
rivali: i Lord Chamberlain's Men, che performavano al Theatre e al Curtain, e i Lord Admiral's Men, che
recitavano al Rose;
6. tra il 1594 e il 1597 Shakespeare, che finora ha lavorato al Rose, si trasferisce al Theatre, ma nel 1597 il
teatro dei Burbage chiude perché il proprietario non rinnova l'affitto del terreno;
7. nel 1598, dopo il tentativo nel 1596 di aprire un teatro nell’ex convento di Blackfriars, la compagnia si
trasferisce al Curtain;
8. nel 1599 sorge a sud del Tamigi il Globe con i materiali derivati dalla demolizione del Theatre;
9. nel 1603 la compagnia di Shakespeare e Burbage ottiene la protezione di re Giacomo I e assume il nome di
King's Men;
10. nel 1609 i King's Men si riappropriano del teatro coperto di Blackfriars dove nel frattempo recitava una
compagnia di bambini, e hanno quindi a disposizione due teatri, per l’estate e per l’inverno;
11. nel 1613 il Globe va in fiamme e viene poi ricostruito;
12. nel 1613 Shakespeare si ritira a Stratford.

Alla corte di Giacomo I e Anna di Danimarca, lo spettacolo tipico è il masque, che ha struttura particolare rivolta al
pubblico della corte e sovrano, che è il punto di vista privilegiato. Nel palazzo reale viene creato nel 1622 un
edificio chiamato Banqueting house in stile classicheggiante. È il simbolo del potere di James I. È l’unica parte
del palazzo di Whitehall che attualmente rimane perché il resto è stato bruciato da un incendio alla fine del XVII
secolo.
Giacomo I era figlio di Mary Stuart, sale al trono d’Inghilterra nel 1603, dopo essere già re di Scozia. Già nel 1599,
scrive un trattato sul governo, Basilikon doron, dove spiega che c’è coscienza del fatto che il re deve allestire lo
spettacolo, perché i sudditi osservano il monarca come a teatro il pubblico osserva gli attori. Come il teatro
era in rotta di collisione con i puritani, anche la monarchia entra in rotta di collisione con il protestantesimo,
conflitto che si traduce poi nella guerra civile e nella condanna a morte di Carlo I, con la salita al potere di Oliver
Cromwell. Questo conflitto nasce per diversi motivi:
1. religioso: il sovrano vuole allontanare la Chiesa d’Inghilterra dal protestantesimo, anche perché la
regina è cattolica;
2. politico: il puritanesimo ha una componente democratica, che va contro l’autorità del sovrano sia come
capo della Chiesa sia come capo della nazione;
3. economico: le spese sostenute dalla monarchia sia per la corte e i masque sia per le guerre sono difficili
da sostenere, perciò le tasse aumentavano di conseguenza;
4. teatrale: il pregiudizio antiteatrale dei puritani si scontra con la centralità che i masques hanno nella
vita di corte. Inoltre, anche le regine come Anna di Danimarca prendono parte ai masque come attrici.
William Prynne è un avvocato puritano, che si oppone ai teatri e scrive Histriomastix, una denuncia delle attrici,
tra cui le regine che partecipavano alle plays. Di conseguenza, viene confinato nella torre di Londra a vita, espulso
dall’albo degli avvocati, gli viene tolta la laurea, viene multato e gli tagliano le orecchie.
Significativa è l’esecuzione di Carlo I all’esterno della Banqueting house.

I masque erano importanti anche perché erano una forma di letteratura propagandistica al servizio del potere,
in quanto il potere si autorapprensentava agli occhi della corte stessa.
Ben Jonson collabora con l'architetto della Banqueting house Inigo Jones per rappresentare il Masque of blackness,
che rimanda a un immaginario esotico e coloniale, giocato sul rapporto tra Africa e Inghilterra. Le
protagoniste sono le dodici figlie dell’oceano e le dodici figlie del Niger. La regina rappresentava in questa masque
una delle figlie del Niger, cosa che all’epoca creava scandalo.
Un’altra importante masque è la Masque of queens, fatta per il compleanno di Henry Frederick, il figlio del re. È
divisa in due parti: nella prima parte, il ruolo principale è quello di dodici streghe, contrapposte alle dodici regine
protagoniste della seconda parte. In entrambe le parti, centrale è la danza che acquista connotati diversi, prima
come emblema di disordine, poi come emblema di ordine. Questo testo viene dato alle stampe immediatamente,
accompagnato da tantissime note, che hanno l’obiettivo di mostrare come le masque sono corrette dal punto di vista
delle fonti. In questa masque si vede un allestimento realistico della stregoneria perché credevano che fosse un
vero e proprio crimine. Per esempio, Jean Bodin analizza la stregoneria in termini scientifici e filosofici dopo
aver assistito a diversi processi di streghe e stregoni. Bodin afferma che il principe non può non punire le streghe
perché commettono un crimine sia contro Dio ma anche contro la monarchia. Nel Rinascimento l’idea della
presunzione di innocenza non era forte e, soprattutto nel caso delle streghe, si parte dalla presunzione di
colpevolezza.
Giacomo I è molto colpito dalla stregoneria anche a causa delle sue vicende personali. Si sposa con Anna di
Danimarca per procura, lei lo raggiunge in Scozia, ma durante il viaggio inizia una serie di tempeste che la
costringono ad attraccare in Norvegia. Si vociferava che fosse stata colpa delle streghe della Scandinavia. Nel 1589
i due si sposano a Oslo e poi tornano in Scozia, ma riniziano le tempeste. Questa volta si pensava che la colpa fosse
delle streghe scozzesi. Si credeva che gli stregoni della Lapponia vendessero ai marinai delle corde con nodi che, se
sciolti, alzavano il vento fino a creare tempeste. Il sovrano scrive quindi un trattato sulla stregoneria, Demonologia.
Il libro è un dialogo tra i filomati ed Epistemo. Giacomo I spiega che la stregoneria trova spazio in Lapponia e
in Inghilterra perché le popolazioni sono più ignoranti.
La stregoneria si ritrova in diverse play:
1. Macbeth (1606 ca), dove le streghe sono figure ambigue, ai confini tra maschile e femminile, verità e
menzogna, bene e male;
2. The Masque of Queens (1609), in cui le streghe sono il principio del caos opposto all’ordine monarchico;
3. The Tempest (1610-11), con Sicorace, la strega indigena, madre di Calibano, dove si vede il trattamento
comico del mago;
4. The Witch of Edmonton (1621) con Mother Sawyer, in cui viene rappresentata la stregoneria e la marginalità
sociale;
5. Il mago, associato all’ermetismo, al neoplatonismo, a Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Giordano
Bruno, John Dee, Robert Fludd, Francis Bacon;
6. Doctor Faustus (1589-92), dove si vede un trattamento tragico del mago;
Si aveva paura di non riuscire a contenere i cambiamenti, in quanto era un mondo in forte movimento. La
stregoneria era punita in modo diverso; per esempio, si usava un ducking tool per umiliare o per interrogare le
streghe o chi non era conforme alle norme sociali di genere. La Masque of queens è una riaffermazione di ordine
anche in quanto genere.
La filosofia occulta
(22/02) Tra i diversi personaggi correlati alla magia rinascimentale c’è Giordano Bruno che, nonostante fosse un
frate della Chiesa di Roma, dà fastidio alle autorità, perché era contro la transustanziazione, e credeva nella
reincarnazione e nell’eternità del mondo. Perciò Bruno veniva visto come eretico.

Il luogo tipico di conservazione del sapere era la biblioteca. Per questo motivo spesso sono finite male: un esempio
è quella di John Dee, che aveva messo insieme una biblioteca assurda che è stata saccheggiata, esattamente come la
Biblioteca d’Alessandria. Queste biblioteche contenevano un sapere che disturbava.
Ad Alessandria c’era Ipazia, una filosofa neoplatonica, che si diceva essere una strega. Questo perché qualsiasi
forma di conoscenza veniva identificata come satanismo, magia, ecc.
Il sapere non è mai una dimensione avulsa dal contesto. A Efeso c’era la Biblioteca di Celso presenta quattro
nicchie con quattro personificazioni femminili del sapere, inteso come virtù: il sapere è inteso come qualcosa di
complesso che si cala in un contesto. Per noi il sapere è legato al metodo scientifico, che viene sviluppato anche
con l’empirismo e l’osservazione di fenomeni.

Nel medioevo è importante la memoria. Già Platone si era posto il problema della memoria nei Dialoghi. Gli
antichi dividevano il sapere in sette arti liberali, divise a loro volta in trivio (grammatica, dialettica e retorica) e
quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia). È un mondo che concettualizza il sapere come arti
liberali, perché non sono applicate, ma portano una componente teorica. Sono saperi più astratti. Questa diversa
separazione viene mantenuta poi in diversi anni: in base alle sette arti si sviluppano le sette virtù cardinali
(prudenza, giustizia, fortezza, temperanza) e teologali (fede, speranza, carità).

L’immaginario del sapere è come nei Trionfi di san Tommaso


d’Aquino: il santo è al centro con intorno le virtù e i santi; sotto di
lui ci sono i nemici, cioè gli eretici sconfitti. Nel registro inferiore ci
sono le raffigurazioni di donne che rappresentano i diversi saperi.
Questa visione allegorica è radicata nella classicità: l'idea di
personificare un concetto su uno sfondo di architettura è
un’eredità della mnemotecnica classica, ovvero le tecniche che
aiutano a memorizzare concetti. L’arte della memoria faceva parte
della retorica. Attraverso la dimensione simbolica si costruiva un
percorso mentale, spazializzando grazie a uno spazio
architettonico.
Giordano Bruno nel Rinascimento riprende queste tecniche. Aveva una visione olistica del mondo: vedeva le cose
come connesse. Scrive il De umbris idearum dove parla della sua filosofia della memoria. Gli scienziati tutt’oggi
utilizzano le metafore per analizzare ciò che non è ancora concettualizzato. t
Esistono tre tipi di logica: deduttiva, induttiva e abduttiva, quando non abbiamo elementi per fare un’ipotesi
fondata. Gli scienziati usano l’immaginazione che viene ripresa da Poe nei suoi racconti.

I tarocchi nascono a inizio dell’Età moderna, ma è difficile capire cosa stavano a significare.
I più antichi sono i tarocchi di Filippo Maria Visconti, formati da 78 carte: 22 trionfi (o arcani maggiori dal XIX
secolo), con figure simboliche, e diverse carte numerali, più fante, cavallo, regina e re per ogni seme. Inizialmente
venivano chiamate Ludus triumphorum ed erano associate alla sfera del demoniaco. Le figure ritratte sono simili
alle figure dei Trionfi di Petrarca. Le figure allegoriche si legano a un immaginario retorico medievale: per esempio
la Ruota della Fortuna o l’Eremita, che rappresenta il tempo.
I tarocchi di Mantegna sono invece 50 carte che rappresentano un’enciclopedia allegorica del sapere a partire
dalla seconda metà del 1400. Ci riporta alla forma mentale dell’enciclopedismo medievale, alla volontà di
contenere il sapere all'interno di strutture trasmissibili ma che riflettono un ordine. I maghi individuano diverse
analogie nella creazione del cosmo; per questo motivo, la magia stessa è basata su una serie di
corrispondenze.

(27/02) Il termine “filosofia occulta” è usato anche da Francis Yates nel suo studio. Si basa su due saperi:
l’ermetismo, legato all'antico Egitto, e la cabbala, legata al mondo ebraico; ci sono comunque diversi punti di
contatto tra questi due saperi. Entrambi approdano in Italia nel 1400 in relazione a eventi geopolitici importanti.
Prima di tutti c’è l’indebolimento dell’Impero romano d’Oriente, che ha come conseguenza il tentativo di
riunione nel 1439 della Chiesa di Roma con la Chiesa d’Oriente, che si erano scisse nel 1054, quando l’imperatore
Giovanni VIII Paleologo e il Patriarca di Costantinopoli chiedono aiuto a Roma. È una presa di contatto tra
l’Occidente e l’Oriente, che si accompagna a diverse spedizioni organizzate dai Medici. Cosimo de’ Medici era
anche un intellettuale e aveva mandato degli studiosi alla ricerca di manoscritti.
Marsilio Ficino porta a Firenze un manoscritto del Corpus Hermeticum e lo traduce dal greco. È una forma di
sapienza antica egizia che precede la filosofia di Platone, è vicina a una specie di messaggio dal Divino
all’umano. Ficino traduce questi quattordici trattati, di cui il primo è il Pimander. Sono tutti trattati che includono
una filosofia sincretica; c’è anche una forte componente di tipo astrologico, secondo cui l’essere umano è
sottoposto a una serie di influssi che partono dalla dimensione astrale secondo dei meccanismi di corrispondenze. Il
Corpus Hermeticum è un sapere che non solo precede Platone, ma anche Mosè. Questo sapere rinascimentale si
basa su un grandissimo equivoco che verrà chiarito già nel 1600: in realtà questi trattati sono nati nell’ambiente
pagano in cui aveva attecchito il cristianesimo, quindi la dimensione profetica era legata al fatto che fossero
scritti dopo la nascita di Cristo. Il testo mostra la figura di Ermete Trismegisto, una figura che deriva
dall’unione del dio egizio Thot e il dio greco Hermes; inoltre, è già presente nel Fedro e nel Cratilo di Platone.
Oltre al Pimander, un altro libro del Corpus Hermeticus è l’Asclepius, già conosciuto in epoca medievale. Di
conseguenza, il personaggio di Ermete era già noto durante il Medioevo. I testi ermetici contenevano riferimenti
a Cristo che erano visti come profetici, anche se, in seguito, si scoprirà che erano stati scritti dopo la sua nascita.
Ermete ha il ruolo di maestro nei confronti di Mosè: in una tarsia si vede come gli porge delle scritture, simbolo del
sapere, e sotto c’è una frase di Cicerone. Questo mostra come il mito di Ermete percorre la classicità, l’epoca del
cristianesimo e rifiorisce nel Rinascimento.

Ermete è anche collegato all’alchimia: è infatti caratterizzato da diversi attributi, tra cui il simbolo di Asclepio,
dio della medicina, ovvero un bastone attorno al quale si avvolge un serpente. Ciò mostra come la magia fosse
collegata alle diverse discipline. Secondo alcuni, questo simbolo rimanda a un metodo di estrazione della pelle di
un parassita.
L’alchimia ha due obiettivi: rendere immortali gli esseri umani e trasformare i metalli in oro e argento. La
grande opera degli alchimisti passa attraverso quattro fasi:
1. il nigredo, l’annerimento, associato alla terra, al piombo e a Saturno;
2. l’albedo, lo sbiancamento, associato all’acqua, alla calcinazione, alla Luna e al femminile;
3. la citrinitas, l’ingiallimento, associata all’aria, all’oro, al Sole e al maschile;
4. il rubedo, l’arrossamento, associato al fuoco, all’incontro tra Sole e Luna, a Mercurio e all’androgino.
Per gli alchimisti è importante il Rebis, l’androgino, simbolo che include tutta la dualità del mondo.
Ficino concepisce l’anima come copula mundi, come punto di contatto fra dimensione materiale e immateriale. Il
suo è uno sguardo che da un lato va verso la realtà, al contempo è consapevole della dimensione spirituale. La
geometria, la matematica e la magia sono connesse: ogni figura geometrica e sequenza numerica ha un
significato magico. I numeri sono in sequenze che ritornano nelle geometrie delle diverse figure. Un esempio è
proprio la sezione aurea, su cui viene scritto il De divina proportione di Luca Pacioli.

Cosimo de’ Medici aveva fondato l’Accademia neoplatonica affinché gli intellettuali come Ficino o Pico della
Mirandola si dedicassero agli studi.
Ficino scrive il De vita libri tres, tra libri di cui il primo libro sulla salute fisica, il secondo sull’aumentare la durata
della vita e il terzo sulle influenze astrali. Era ovviamente considerato eretico, ma i Medici riescono a proteggerlo.

La malinconia è un importante soggetto rinascimentale. Il dipinto di Dürer


(→) mostra bene la concezione che avevano di essa: è una figura assorta, con le
ali, il compasso, il volto scuro che rimanda alla prima fase dell’opera alchemica,
con un solido irregolare che ha un teschio disegnato. La scala a sette pioli sullo
sfondo indica una dimensione ascensionale, mentre il quadrato magico al centro
dell’opera indica che matematica assume un valore simbolico.

Questa dimensione simbolica la ritroviamo nel frontespizio di The castle of


knowledge, un trattato matematico a firma di Robert Recorde. Nel frontespizio
c’è scritto che il caos si lega all’ignoranza, mentre quando abbiamo la
conoscenza diventiamo padroni del nostro destino. Il sapere viene
pubblicizzato come strumento per decidere il proprio destino, è in frizione con il
potere.

(28/02) Se Marsilio Ficino è colui che contribuisce a portare l’ermetismo nella cultura occidentale, Pico della
Mirandola cristianizza la cabbala ebraica. Ancora una volta abbiamo un sapere antico che viene dall’Oriente che
viene configurato all’interno della modernità. Pico è interessato alla cultura ebraica tanto che ne impara la lingua.
Nel 1492 vengono cacciati gli ebrei dalla Spagna e dalla Sicilia: è un evento geopolitico che ha contribuito alla
migrazione del sapere, esattamente come la caduta dell'Impero romano d’Oriente nel 1453. La cacciata degli ebrei
dalla Spagna e dal Sud Italia permette al sapere ebraico di diffondersi.
Pico della Mirandola è però entrato in contatto con il sapere ebraico già negli anni precedenti, grazie a Flavio
Mitridate. La cabbala è una tradizione, indica una rivelazione originale; è un sapere esoterico che si crede che
sia stato trasmesso da Mosè agli ebrei, riservato a coloro che sono iniziati. La cabbala e l’ermetismo si tengono
insieme per la figura di Mosè, che avrebbe acquistato l’ermetismo egiziano durante la cattività e ricevuto la cabbala
da Dio. Pico parte da posizioni sincretiche e di ecumenismo religioso: il suo intento è quello di avvicinare le grandi
religioni monoteiste.
Pico è seguace di Girolamo Savonarola, colui che instaura una repubblica teocratica a Firenze dopo la
cacciata dei Medici, dominando col suo pensiero riformistico che cambia l’atmosfera fiorentina, poiché
riprendeva la severità e l’austerità dei puritani. L’idea era quella di fare un concilio ecumenico per avvicinare le
religioni monoteiste. Per preparare questo concilio pubblica questo concilio le Conclusiones philosophicae,
cabalisticae, et theologicae, allo scopo di creare una pax philosophicae e unire i vari monoteismi, basandosi
sull’idea che il sapere è appartenente a tutte le culture. All’interno del progetto c’è anche la prolusione, la
Oratio de hominis dignitate, che portava l’idea della dignità dell’uomo e riconcettualizza l’umano all’interno di una
cornice diversa da quella medievale. Pone enfasi sulla possibilità dell'uomo di muoversi all’interno del mondo
materiale e spirituale. In questo senso, l’essere umano è fautore del proprio destino. Questo però è
l’atteggiamento dei maghi, mentre la Chiesa ha un diverso approccio. Quando Pico pubblica queste tesi, vengono
sottoposte alla visione di una commissione; Pico scrive un'apologia per proteggersi, ma viene imprigionato. Rientra
in Italia grazie a Lorenzo il Magnifico e Carlo V.
Nell’ultimo periodo della sua vita, sotto l'influsso di Savonarola, Pico scrive il Trattato contro l’astrologia, in cui
contrappone all’astrologia matematica o speculativa (astronomia) l’astrologia giudiziale o divinatrice
(astrologia).
Pico della Mirandola muore 9 giorni dopo la presa del controllo a Firenze di Savonarola nel 1494: oggi sappiamo
che era stato avvelenato con l’arsenico, probabilmente dai Medici in quanto era troppo vicino a Savonarola. Nel
1498 anche Savonarola viene impiccato e arso a Firenze.
L’anno precedente Savonarola mette in scena il falò delle vanità, per eliminare tutti gli oggetti peccaminosi,
come specchi, cosmetici, abiti, libri immorali e dipinti, tra cui i dipinti mitologici di Botticelli. Tutto ciò si traduce
ancora in iconoclastia.

La cabbala si basa sulle sefirot, i dieci nomi di Dio, che creano un albero della vita, collegati dalle 22 lettere
dell’alfabeto. La cabbala è ancora oggi al centro di un sistema di sapere esoterico rivitalizzato, per esempio
nell’idea dei chakra. L’idea era quella di un mago che aveva usato questi strumenti per compiere diverse magie,
come l’attraversamento del Mar Morto.
L’alfabeto ebraico ha la particolarità della gematria: questo insieme di lettere vengono usate anche come
sistema di numerazione. Ciascuna parola biblica ha un valore numerico e ciò permette una forma di
permutazione. Si costituiscono infatti relazioni tra parole diverse che hanno lo stesso valore numerico, come
“amore” e “unità”. Ciò costruisce dei percorsi all’interno della lingua e si riteneva che ci fossero simmetrie e valori
rivelatori. Pico utilizza questa tecnica per mostrare che Gesù è il figlio di Dio, connettendo Jahvè con la parola
Jesus. La cabbala si associa alla magia già all’interno dell’ebraismo ed è testimoniato dal Golem, una creatura che
poteva essere messa a servizio del popolo ebraico per svolgere lavori pesanti.

Nel 1583, Giordano Bruno se ne va in Inghilterra per esprimersi più liberamente, ospitato da Michel de Castelnau.
Questo periodo fu estremamente produttivo. Nel libro La cena delle ceneri, si immagina di andare a casa di sir
Fulke Greville insieme a John Florio, uno dei presunti autori che in realtà avrebbero scritto le opere di Shakespeare,
oltre che maestro di italiano di Anna di Danimarca. In quest’opera, Bruno difende le teorie eliocentriche di
Copernico. Inoltre, include nel testo di continuo la parola “infinito”, un concetto non comune all’epoca.

Paracelso, medico e farmacopeuta, è il primo a raccomandare sostanze minerali e prodotti chimici per la cura
di malattie anziché le piante. Ottiene la cattedra a Basilea e fa bruciare i testi di Galeno e di Avicenna su cui si
basava la corrente medicina, proponendo un approccio empirico alla disciplina.
Agrippa scrive il De occulta philosophia, in cui si suddivide il mondo in elementare, celeste e intellettuale e
ognuno di questi ha influenza sull’altro. La magia agisce nello stesso modo a tre livelli:
1. magia naturale o fisica, che insegna a manipolare le sostanze in base alle loro simpatie occulte;
2. magia celeste o matematica, legata all'uso di simboli numerici, che insegna come utilizzare gli influssi
delle stelle;
3. magia cerimoniale, rivolta verso il mondo degli spiriti angelici, attraverso l'uso della cabala, cioè la
manipolazione delle lettere ebraiche.
Per arginare la diffusione del protestantesimo la Chiesa fa la Controriforma, che controlla il sapere per timore di
eresie. A Bologna, per esempio, viene costruito l’Archiginnasio per insegnare e accentrare la trasmissione del
sapere e quindi controllarlo.

John Dee (1527-1609)


John Dee è il mago inglese per eccellenza, vicinissimo alla corte di Elisabetta I.
Scrive il Monas hieroglyphica, dedicato all’imperatore Massimiliano II d’Asburgo per cercare protezione dei
potenti. Massimiliano II era padre di Rodolfo II, conosciuto come l’imperatore occultista. Nel frontespizio si ritrova
il simbolo della monade, o simbolo di Hermes, che combina i sette pianeti nel segno dell’Ariete, che rappresenta
il fuoco.
Esiste anche una dimensione più scientifica della sua produzione: nella prefazione alla traduzione di Euclide di
Henry Billingsley, Dee rivendica l’importanza del numero, fondendo pitagorismo, neoplatonismo e cabbala. Il libro
include anche dei modelli di solidi geometrici pop up.
Dee scrive anche i General and rare memorials pertayning to the perfect art of navigation, nel cui frontespizio c’è
un geroglifico in cui si vede una nave chiamata Europa governata dalla regina Elisabetta I, e in cima agli alberi c’è
il simbolo di Cristo che ricorda la Monas hieroglyphica, simbolo di Jahvé. Si tratta di un simbolo imperialista, che
significa che la regina governa la nave con il favore divino che conduce alla scoperta del mondo.
Nelle incisioni che rappresentano John Dee ritroviamo di nuovo il simbolo del compasso in relazione al globo
terrestre che, come nella poesia di Donne, indica sia la conoscenza geografica sia il sapere che permette di
controllare il destino. Ha anche una pietra in mano.
A partire dagli anni ‘80 del 1500, dopo l’incontro con Edward Kelley, cambia metodo: Dee voleva parlare con
delle entità angeliche attraverso una serie di tecniche, nonostante ciò fosse considerato una pratica eretica.
Kelley è un personaggio molto discusso. Nelle loro pratiche si usava il sigillum della verità di Dio e diversi oggetti
di divinazione, come il disco di cera che reca il sigillo, pietre che serviva a vedere, specchi di ossidiana che
provengono dalla civiltà azteca e la sfera di cristallo, shewstone.
Kelley è un personaggio misterioso, già accusato di essere un falsario. Dee trascrive quello che gli viene rivelato.
Questi testi sono arrivati fino a noi grazie a Meric Casaubon: la biblioteca di Dee viene infatti dispersa quando cade
in disgrazia. Dee e Kelley usavano anche un linguaggio particolare, enoico e latino misto a inglese. Questa tecnica
è un’anticipazione della tavola ouija del 1800.
Dopo che Dee entra in contatto con Kelley lascia l’Inghilterra e va prima a Cracovia e poi a Praga, presso la corte
di Rodolfo II, l’imperatore occultista. Praga era anche la città del rabbino Loew, legato alla leggenda del Golem.
Dopo questo soggiorno, Dee cade in disgrazia, la regina lo spedisce a Manchester, lontano da Londra, dalla corte e
dalla sua biblioteca.
Meric Casaubon è il figlio del classicista Isaac Casaubon. Si accorge che il Corpus hermeticum è stato scritto
nei primi secoli dopo Cristo. Tra il 1607 e il 1616 vengono pubblicati in Germania due testi anonimi, la Fama
Fraternitatis RC e la Confessio Fraternitatis, il cui protagonista era un mistico tedesco che ha creato una cerchia di
discepoli rimasti sottoterra ed emersi nel 1600 e che hanno dato vita alla confraternita dei Rosa Croce.
Nel frattempo sono gli anni dell’evoluzione scientifica, in cui il sapere si sviluppa in maniera più strutturata.

La filosofia occulta rinascimentale ha quindi diversi lati: il pensiero ermetico e neoplatonico, la cabbala ebraica,
l’alchimia e la magia, l’arte della memoria, la tendenza olistica nella concezione del cosmo, il sincretismo culturale
e religioso, l’ecumenismo, le riforme sociali, i viaggi in Europa, la protezione offerta dalle autorità laiche in cambio
del sapere, la persecuzione della Chiesa.
Dottor Faustus (1592), Christopher Marlowe
(1/03) Dottor Faustus è una tragedia teatrale scritta da Christopher Marlowe che si incentra su una figura piuttosto
atipica: un superuomo epistemologico, un uomo di scienza, che viene dannato dalla sua hybris, tracotanza. Dottor
Faustus è considerato il primo science play che si occupa della posizione dello scienziato all’interno della
società. Questo dramma copre arco di tempo di 24 anni; solo nell’ultima scena c’è il tempo della narrazione che si
avvicina al tempo dell’azione. L’ultima scena è infatti il momento più tragico di tutto il dramma: mostra la
dannazione del protagonista che il pubblico vive quasi in presa diretta.

Nell’introduzione del dramma, l’autore utilizza un coro che interviene in più occasioni riassumendo gli eventi
tra azioni successive; potrebbe essere paragonata alla tecnica cinematografica del voiceover. Il coro introduce
l’argomento della tragedia attraverso delle negazioni, dando per scontato che il pubblico si aspetti qualcosa di
diverso. Torna l’allitterazione della poesia inglese. La musa a cui fa appello Marlowe è una musa che narra di
avvenimento “misero”, non a caso il dramma si apre con “only”. Questo è tipico di Marlowe: i personaggi di
condizione sociale umile sono animati da eccessiva ambizione e arrivano all'apice della società. Perciò Faustus
richiama Fausto.

Chorus. Not marching now in fields of Thrasymene,


Where Mars did mate the Carthaginians;
Nor sporting in the dalliance of love,
In courts of kings where state is overturn'd;
Nor in the pomp of proud audacious deeds, → Si apre con una serie di negazioni.
Intends our Muse to vaunt her heavenly verse:
Only this, gentlemen,-we must perform → “Only” indica che l’avvenimento narrato è quasi “misero”.
The form of Faustus' fortunes, good or bad:
[...]
Now is he borne, of parents base of stocke, [...] → Faustus è di classe sociale umile.
Till swoln with cunning, of a self conceit
His waxen wings did mount above his reach, → Richiamo al mito di Icaro.
And, melting, heavens conspir'd his overthrow;
For, falling to a devilish exercise
[...]
He surfeits upon cursed necromancy

Marlowe non sta dalla parte di chi ha desiderio di conoscenza, ma dalla parte dei conservatori. Nel dramma ci
sono però contraddizioni importanti: nonostante l’eccesso caratterizzi tutti i personaggi dei drammi di Marlowe (ex.
Tamburlaine the Great, in cui il protagonista viene messo in similitudine al mito di Fetonte), la descrizione del
destino di Faustus stride un pochino con quello che sappiamo dell’autore.

Marlowe è stato ispirato nel 1592 in questo dramma da una traduzione inglese del Volksbuch. Questo libro
tradotto ha ricevuto grandissimo successo e Marlowe capisce che ne può ricavare una dramma, riprendendo molto
da vicino la sostanza del libro. Il dramma viene messo in scena intorno al 1592-93.
Marlowe è nato nel 1564, come Shakespeare. Ma diversamente da quest’ultimo, la sua vita è avvolta nel mistero.
Marlowe è un autore più colto, è uno degli university wits, nonostante il padre fosse un ciabattino. Studia infatti con
una borsa di studio, che dava possibilità di mobilità sociale. Dopo la prima laurea, prima della seconda,
l’università esita a riconoscergli il percorso di studio perché si dice che si sia convertito al cattolicesimo.
Quindi entrano in gioco i servizi segreti che vogliono il riconoscimento della laurea, perché, in realtà, si era
assentato per dare servigi alla regina. Sembra si sia infiltrato in ambienti cattolici in zone limitrofe all’Inghilterra,
come in Olanda per attività di spionaggio. Nel 1593 i servizi segreti arrestarono Thomas Kyd, un drammaturgo
coinquilino di Marlowe. In casa, trovano alcune carte eretiche che si pensava appartenessero a Marlowe, quindi
ordinarono anche il suo arresto. Nel frattempo, Marlowe si trovava in campagna, a casa di sir Thomas Walsingham,
un nobile capo dei servizi segreti. Marlowe si muove in un ambiente vicino al potere. Il 30 maggio fu ucciso.
Nel 1925 sono stati ritrovati dei documenti che attestano che l’omicidio fosse stato architettato dai servizi segreti
che volevano eliminarlo. Le accuse di eresia coinvolsero anche sir Walter Raleigh, vicinissimo alla regina
Elisabetta I. Un mese dopo l’arresto, mettono in libertà l’uomo che ha ucciso Marlowe. Potrebbe essere che
Marlowe in realtà fosse parte di un gruppo di liberi pensatori definiti “School of atheism” o “School of
Chapman”, che include anche George Chapman e Thomas Harriot. L’ateismo era una preoccupazione centrale
anche nei Paesi protestanti, dato che la regina era a capo della Chiesa, perciò essere ateo significava non
riconoscere il ruolo della monarchia. Venne ritrovato un documento in cui tre giorni prima della morte di
Marlowe vengono scritte delle accuse contro di lui. Marlowe metteva tutto in dubbio, era un libero pensatore. Si
pose dubbi sulla durata della storia umana, secondo la Creazione o secondo altri parametri. Mosè viene presentato
come un mago: Marlowe afferma che era solo un giocoliere. Sostiene che, se Dio esiste, allora è quello dei cattolici
perché la Messa viene presentata in modo più sfarzoso. Venne accusato di sodomia e di essere un falsario. Cercava
di convincere le persone a diventare atei.
A livello letterario, nel Jew of Malta il prologo viene affidato a Machiavelli, che in Inghilterra aveva una pessima
reputazione. Gli mette in bocca quelle che potrebbero essere le sue idee. È una strategia dialogica che caratterizza il
teatro: la parola assume una connotazione particolare in base a chi la pronuncia.

Nel 1604 esce la prima edizione in quarto di Dottor Faustus. I quarti possono essere good quartos, quelli
affidabili, e bad quartos, affidabili e non. Inoltre, quando il dramma veniva messo in scena, per durare più tempo e
renderlo più attuale lo modificavano in base al tempo e all’occasione.

Già dal 1600 ci si interroga se Faustus è reale ci si interroga già dal 1600. Neumann cerca di arrivare al personaggio
reale di Faustus nel suo Disquisitio historica de Fausto praestigiatore, una satira della caduta di John Dee.
Dottor Faustus è un dramma conservatore: Faustus è caratterizzato da assoluta povertà di ideali e di capacità
progettuali. La sete di conoscenza è finalizzata al conseguimento di potere che viene vantato, ma è effimero privo
di effetti, di un sostrato etico o progettuale. All'apice della sua carriera va alla corte dell'imperatore di Germania (=
viaggio di John Dee) e diventa una specie di intrattenitore di corte. La spettacolarità è vuota, fine a se stessa, senza
volontà o capacità di vera azione. I momenti salienti sono quando evoca dei personaggi storici. L’azione politica si
limita a un episodio. C’è rivincita sul mondo cattolico, che fa simpatizzare il pubblico; non a caso Faustus
proviene da Wittenberg, dove Lutero ha affisso le 95 tesi. Non si capisce qual è il messaggio. La sua figura non è
mai illuminata, non ha mai una dimensione etica. All’inizio c’è una scena in cui rifiuta tutte le forme di conoscenza,
tranne la magia perché, per lui, la conoscenza è finalizzata a sé. Questo è ripreso dagli inserti in latino, che
facevano parte dell'aura di sapienza. Faustus non ha fiducia nella possibilità della redenzione attraverso la
grazia: per i protestanti ci si salvava attraverso la fede, la fede si traduce nel credere di essere salvati. Faustus
continua a dubitare nella misericordia di Dio, è un “cattivo protestante”. I calvinisti credevano nella
predestinazione alla salvezza. Faustus non credendo si danna: nel momento in cui non crede che ci sia
possibilità di salvezza, passa dall’altra parte, nonostante creda nell’esistenza di Dio e del Diavolo.

(6/03) Dottor Faustus non si interessa alla magia in senso alto, non vuole portare un cambiamento nella società (≠
Pico della Mirandola). Il suo desiderio di potere è vuoto, fine a se stesso. Potrebbe essere un desiderio di
trasgredire quelli che sono i terricci del momento, ma senza alcun sostrato intellettuale e politico sottostante.
Faustus è incapace di relazionarsi autenticamente agli altri. Questo è anche uno degli attributi del Diavolo, che
è l’angelo che si ripiega su se stesso perché è incapace di seguire Dio, è un modello di isolamento. Dottor
Faustus è un dramma fortemente radicato nelle morality plays.
FAUSTUS. How am I glutted with conceit of this! → “Glutted” riprende la dimensione della ghiottoneria, uno dei
peccati capitali.
Shall I make spirits fetch me what I please,
Resolve me of all ambiguities, → Rapporto con la conoscenza basato sulla curiosità,
sull’appetito.
Perform what desperate enterprise I will?
I'll have them fly to India for gold,
Ransack the ocean for orient pearl,
And search all corners of the new-found world
For pleasant fruits and princely delicates;
I'll have them read me strange philosophy,
And tell the secrets of all foreign kings; → Siamo nella sfera della curiosità personale.
I'll have them wall all Germany with brass,
And make swift Rhine circle fair Wertenberg; → Geopolitica protestante.
I'll have them fill the public schools with silk,
Wherewith the students shall be bravely clad;
I'll levy soldiers with the coin they bring,
And chase the Prince of Parma from our land, → Il principe di Parma è Alessandro Farnese (1586-92),
nominato governatore delle province spagnole dal 1568. Siamo
nell’attualità di marlowe.
And reign sole king of all the provinces;
Yea, stranger engines for the brunt of war,
Than was the fiery keel at Antwerp's bridge,
I'll make my servile spirits to invent. → In Olanda, il Principe di Parma ad Antwerp realizza due
forti ai lati del fiume e un ponte così che non arrivino
approvvigionamenti, ma i protestanti danno fuoco alle navi.

Per quanto riguarda il linguaggio teatrale, Faustus parla a un pubblico misto, non intellettuale, e vuole anche
catturare l'immaginazione del pubblico. La dimensione geopolitica è molto presente con connotazione
protestante, per compiacere il pubblico anticattolico. Faustus diventa un eroe del protestantesimo. Non si riesce
a capire che quella di Marlowe è una critica a 360 gradi. Faustus mette il proprio potere magico a servizio del
protestantesimo come molti intellettuali, tra cui Leonardo da Vinci alla corte degli Sforza.
Il testo contiene riferimenti alla storia del periodo. Carlo V viene rappresentato come un imperatore protestante
nonostante fosse cattolico; nell’opera è alleato dell’antipapa Bruno. Viene anche menzionato un certo papa
Adriano che potrebbe essere un rimando a papa Adriano VI, contemporaneo di Carlo V, ed è colui che ha
lanciato la riforma cattolica contro quella protestante. Ritroviamo anche Bruno il Sassone, che diventa prigioniero
del pontefice, e che secondo molti critici è un rimando a Giordano Bruno e forse a Lutero. Da un lato, alcuni
critici pensano che sia un’aggiunta del 1600, mentre altri pensano che Marlowe avrebbe potuto riferirsi alla figura
di Bruno già quando ha scritto il dramma e, poi, nel 1592 Bruno viene arrestato a Venezia. Questo rimette in
discussione la struttura di Dottor Faustus. Se noi vediamo i testi menzionati quando Faustus si reca presso
l’albero sono quelli di Roger Bacon e di d’Abano. Roger Bacon era un mago intellettuale medievale, considerato
l’anticipatore del metodo scientifico. Pietro d’Abano era un filosofo e medico accusato di eresia e ateismo.
C’è un’alternanza di tragico e comico tipica del teatro inglese, c’è compresenza di registri opposti. Gli inserti in
latino probabilmente non venivano capiti dal pubblico, ma questo dava quasi l’effetto che si stesse invocando
davvero un’entità magica.

Quello che conta nel dramma è mettere in relazione il Diavolo con la Chiesa di Roma. In questo passaggio,
vediamo le parole di Faustus dopo che Mefistofile gli è apparso sotto forma di Diavolo:
1.3
FAUSTUS I charge thee to return, and
change thy shape;
Thou art too ugly to attend on me:
Go, and return an old Franciscan friar; → Le sembianze sante sono quelle che meglio si addicono a un
diavolo. Secondo F. Yates, in tutti questi passaggi di allusioni
di personaggi reali, ci sarebbe un richiamo a uno dei maghi,
Francesco Giorgi, frate francescano, autore di De harmonia
mundi totius. Gli venne dato incarico di studiare le proporzioni
del lavoro della chiesa di san Francesco della Vigna.
That holy shape becomes a devil best.
[Exit MEPHISTOPHILIS.]

Faustus è infastidito dall’aspetto del Diavolo, ma subito dopo procede a fare affermazioni che sembrano
incoerenti. Prima si definisce ateo che non crede in Dio, poi afferma l’esistenza del Diavolo. È talmente convinto
del potere del peccato originale che non crede nella misericordia di Dio, è un cattivo protestante.

FAUSTUS So Faustus hath already done, and holds this principle,


There is no chiefe but onely Beelzebub;
To whome Faustus doth dedicate himselfe.
This word Damnation, terrifies not me,
For I confound hell in Elizium.
My Ghost be with the old Phylosophers.

Il dramma segnato dalla psicomachia, dalla lotta interiore tra il buono e il cattivo. La lotta qui è tra una visione
del mondo cattolica e una visione del mondo protestante, e tra visioni religiose e ateismo. Il dramma riflette la
conflittualità all’interno degli animi dei nostri antenati del Rinascimento. Faustus chiede cos’è l’Inferno; il Diavolo
gli risponde:

MEPHISTOPHELES Why this is hell: nor am I out of it.


Think'st thou that I who saw the face of God,
And tasted the eternall Joyes of heaven,
Am not tormented with ten thousand hels,
In being depriv'd of everlasting blisse? → Dialettica tra l’essere in comunione e l’essere divisi.

FAUSTUS Had I as many souls as there be stars,


I'd give them all for Mephistophilis. → Nelle parole di Faustus non c’è consequenzialità perché
Mefistofile gli aveva appena detto che era infelice.
By him I'll be great emperor of the world,
And make a bridge thorough the moving air,
To pass the ocean with a band of men;
I'll join the hills that bind the Afric shore,
And make that country continent to Spain, → Ritorna il topos delle Colonne d’Ercole, uno dei luoghi
fondamentali del Rinascimento già fin dall’antichità. Lui lo
vuole valicare intellettualmente.
And both contributory to my crown:
The Emperor shall not live but by my leave,
Nor any potentate of Germany.
Finita l’esaltazione del sogno vuoto, Faustus rientra nella consapevolezza di sé. Ci sono poi una serie di scene che
si alternano tra tragico e comico e che portano alla scena 5, il momento in cui Faustus dovrebbe firmare un patto
con Mefistofile con il sangue. Lui ha un sacco di dubbi e il sangue comincia a congelarsi perché sono segnali
che gli vengono mandati dall’alto per indurlo a pentirsi. Faustus inizia a esitare.

FAUSTUS Why waver'st thou? O, something soundeth in mine ear,


"Abjure this magic, turn to God again!"
Why, he loves thee not;
The god thou serv'st is thine own appetite,
Wherein is fix'd the love of Belzebub:
To him I'll build an altar and a church,
And offer lukewarm blood of new-born babes. → Faustus è pronto a fare sacrifici umani non richiesti per
Belzebù. È lo stereotipo della stregoneria.

La dannazione di Faustus è causata dall’impossibilità di riconoscere l’amore divino. Al contrario, si fa vincere


dalla forza degli appetiti, degli istinti. La sete di conoscenza era stigmatizzata. In particolare, in questo dramma
viene data voce a un pregiudizio molto forte in quel periodo, quello contro il viaggio. Il viaggio fa parte in modo
determinante del 1500-1600 e rappresenta una presa di contatto con la realtà; si lega all’avvento dell’empirismo.
Viaggiare significa conoscere direttamente. C’è una componente della società contraria al viaggio perché viene
visto come un momento in cui si perde la purezza della propria identità nazionale. Il viaggiatore era associato
alla chimera dei bestiari medievali, un animale composto dalle parti peggiori di diversi animali e quindi
disarmonico. Faustus già nel 1594 viaggia a bordo di un drago e va in Italia e visita prima Napoli per vedere la
tomba di Virgilio:

3.1 FAUSTUS … Then up to Naples, rich Campania,


Whose buildings fair and gorgeous to the eye,
The streets straight forth, and pav'd with finest brick,
Quarter the town in four equivalents:
There saw we learned Maro's golden tomb,
The way he cut, an English mile in length,
Thorough a rock of stone, in one night's space; → La tomba di Virgilio è un sepolcro romano prossimo alla
Cripta vecchia, costruita sotto il regno di Augusto. Si pensava
che fosse stato Virgilio a costruirla nel giro di una notte, perché
era considerato non solo un poeta, ma anche un mago. In
questo senso, Faustus va a trovare la tomba di un mago.

Faustus poi va a Venezia e infine a Roma, dove si compie il gesto politico più forte che Faustus realizzi nella sua
carriera. Diventa intrattenitore di corte. Nel frattempo, ci sono due cardinali che devono arrivare dal Concilio di
Trento, e lui e Mefistofile assumono le sembianze dei cardinali e si fanno consegnare dal papa l’antipapa
Bruno, così da liberarlo. La scena finisce con un esorcismo, rituale che veniva messo in scena a teatro per
impressionare il pubblico. Faustus porta l’antipapa alla corte di Carlo V, che diventa protestante. L’unico che ha
qualcosa da dire su questo è Benevolio, personaggio caratterizzato dal suo talking name che rimanda alla sua
qualità. Faustus per ripicca lo trasforma in un cervo.

L’ultimo atto si svolge 24 anni dopo. Faustus gode di ogni potere, è il momento in cui si avvicina la dannazione, il
giudizio. Cominciano i dibattiti tra i personaggi. Mefistofile usa due strategie, la paura o il teatro. La spettacolarità
della magia è anche spettacolarità del diabolico, il teatro è collegato alla dimensione del demoniaco. Nelle
parole finali c’è un richiamo al Purgatorio. È un momento di confusione e complessità.
William Shakespeare
(7/03) Shakespeare era un drammaturgo che lavorava all'interno di una macchina teatrale. Non abbiamo manoscritti
dei drammi di Shakespeare, ma solo dei documenti della sua vita. Viene messo in dubbio l’attribuzione delle opere,
in base alla correlazione tra il ruolo dell’attore e di drammaturgo. È andato a scuola, ma non è uno degli university
wits, perché non è andato all'università come Marlowe. A livello di studi hanno due percorsi diversi. Shakespeare è
stato canonizzato come un genio naturale, qualcuno il cui genio attinge alla natura, è l’espressione di una
englishness radicata nel territorio piuttosto che un fenomeno culturale che deriva dall’erudizione. Si arriva ai
suoi testi con edizioni a stampa. Se non ci fossero stati John Heminges ed Henry Condell, due attori della sua
compagnia, non avremmo alle stampe il First Folio, un’edizione di lusso dell’opera di Shakespeare, grazie alla
quale ci sono pervenuti 36 drammi, 18 dei quali, senza questa edizione, sarebbero andati perduti.

Il First Folio divide l’opera in tre categorie: commedie, drammi storici e drammi. È aperto da una poesia di Ben
Johnson, in cui già si vedono le contraddizioni tra corporeità e testualità. La scelta è collegata a quello che stava
succedendo a Londra in quel momento. Shakespeare gioca sulla contraddizione tra il monumento in pietra e il
monumento di parole che eterna la memoria della persona meglio di quello materiale, che è soggetto all’usura del
tempo. L’immaterialità della parola è più solida del monumento. Quest’idea viene ripresa dopo la morte di
Shakespeare. Inizialmente, c’è una mancanza di poesia per commemorare la morte di Shakespeare, cosa strana per
l’epoca. La pubblicazione del First Folio è percepita come il rimedio a una mancanza: prende il posto di un
monumento che non gli era stato dedicato all'interno della Westminster Abbey. C’è dialogo tra la pubblicazione del
volume e cosa accadeva nell’abbazia.
Nell'abbazia nel 1556 viene realizzato un nuovo monumento a Chaucer, nonostante fosse sepolto fin dal 1400 lì
perché viveva lì in quanto funzionario. Dopo Enrico VIII, tutte le chiese e abbazie vengono demolite o
trasformate in case private o cancellati tutti gli altari dedicati ai santi. Questi spazi vengono occupati da nuovi
contenuti memoriali. Trovano luogo i monumenti di sovrani, funzionari e poeti. Si erge un monumento a
Chaucer in quanto padre della poesia inglese, ma anche autore cattolico. È l’inizio del poets’ corner; nel 1599
viene sepolto anche Edmund Spenser. Shakespeare muore a Stratford, ma non lo portano a Londra; la sua morte
sembra essere mitica, in quanto sembra essere avvenuta il 23 aprile del 1616, festa di san Giorgio, patrono
d’Inghilterra, oltre che la sua data di nascita. Nella chiesa di Stratford c’è un monumento con due iscrizioni. Una
sembra che sia un messaggio di Shakespeare per chi passa da lì, maledicendo chiunque muova le sue ossa;
sembra che rifiuti il mondo di Londra, del potere, degli omaggi. Sotto ci sono dei versi che sono omaggio alla sua
poesia. Diversi amici scrivono poesie sulla mancanza di monumenti a Shakespeare all'interno di Westminster; al
contrario, in Elegy for Shakespeare di William Basse nasce l'idea di Shakespeare che inaugura un nuovo canone,
perché era stato sepolto da solo. C’è distacco tra la corporeità e la testualità di Shakespeare e questo
contribuisce a creare il terreno giusto per i dubbi dei filologi.

Il Folio è il momento di transizione dal patronage, quando gli autori hanno bisogno di protezione degli
aristocratici, al professionalism. È il teatro che porta verso il professionalism, perché i libri erano solo per chi
sapeva leggere. All'interno del Folio si vede com’era dedicato a una grande varietà di lettori, non solo aristocratici.
Nei quarti c’era eccesso di materiale rispetto alla vera durata di drammi. Il testo era mobile quindi non tutte le parti
venivano allestite, ma quando erano stampate per i lettori veniva trascritto tutto. Nel First Folio Shakespeare
viene presentato anche come attore: stanno canonizzando sia Shakespeare sia l’importanza del teatro. Questo causa
che alcuni lo canonizzano per il teatro, mentre altri come poeta. Sono gli attori che lo canonizzano nel 1700.
L'attore David Garrick crea un tempio per Shakespeare a Londra. Il momento determinante nella creazione del
mito di Shakespeare è quando Garrick vuole creare tre giorni di celebrazioni e viene costruita una casa per
Shakespeare, solo che la demolisce perché troppi la visitano lasciando solo un gelso. In un mondo secolarizzato, il
culto delle reliquie viene traslato a livello culturale: Shakespeare viene presentato come idolo collettivo. A inizio
1800 la dimensione superstiziosa del culto di Shakespeare viene messa in discussione dagli americani, insieme a
ogni forma di autorità legata alla monarchia. La casa natale viene messa in vendita, ma si forma il Shakespeare
Birthplace Committee e viene salvata. Shakespeare è associato alla dimensione politica della monarchia e alla
visione religiosa.

A metà 1800 si inizia a mettere in dubbio la figura di Shakespeare. Nel 1857 Delia Bacon scrive The philosophy of
the plays of Shakespeare unfolded, in cui spiega che fu Francis Bacon, con l’aiuto di sir Walter Raleigh ed
Edmund Spenser ad aver scritto le sue opere, ma non si sono dichiarati autori perché le plays facevano parte
di un progetto di critica delle strutture sociali e preparavano all’avvento di una nuova fase evolutiva. È il periodo
in cui si afferma la critica biblica, la filologia, e tutto viene messo in discussione. Lei aveva colto anche delle
caratteristiche importanti della cultura rinascimentale: la letteratura era basata sulla pluralità di livelli comunicativi,
tanto che Hawthorne scrisse che all’epoca era necessario scrivere sotto mentite spoglie per non essere perseguitati.
Anche la magia è una forma di crittografia. Tritemio è inventore della moderna crittografia e stenografia. I
crittogrammi vengono usati anche da Bacon ed erano tecniche usate da tutti nel mondo politico e magico nel 1600,
1700 e 1800. Si cercano all’interno del Folio messaggi nascosti. Donnelly, per esempio, seleziona delle lettere dai
lavori di Shakespeare e trova un messaggio secondo cui né Marlowe né Shakespeare hanno mai scritto i loro
lavori. Era quasi come riscrivere una storia sacra. Thomas Looney scrive invece Shakespeare identified in Edward
de Vere. Edward de Vere, conte di Oxford, era però morto nel 1604, mentre le opere di Shakespeare continuano ad
uscire. Si dice che le opere sono state diffuse post mortem. Questa teoria è ripresa da Freud. Harold Bloom ice che
Freud aveva il “Hamlet complex”. Freud ha trovato la via della psicanalisi nella competizione con Shakespeare,
che è colui i cui personaggi hanno la self-overhearing, una forma di autoanalisi. Ha visto in Shakespeare un
precursore quindi non riconosce l’attribuzione delle opere. Per esempio, egli considerava King Lear un riflesso
della biografia di de Vere.

The tempest (1611)


(8/03) The tempest è l’ultima play che Shakespeare ha scritto, ma la prima nel folio. Era già amata,
considerata rappresentativa. È stata messa in scena nel 1611 alla corte di Giacomo I. Oggi i critici indicano
questo dramma con il termine romance; ha una trama che scivola verso la tragedia, c’è la magia, l’elemento di
corte e un’alternanza di scene di corte e scene pastorali. Il genere del romance si avvicina alla tragicommedia, e
raccoglie testi di primo 1600 influenzati dai masque di corte.
Tutto è raccontato da Prospero. Si vede la funzione del masque che celebra il sovrano e la monarchia: su
un’isola, quando Prospero è in esilio mette in scena un masque che celebra il matrimonio tra sua figlia Miranda e il
principe di Napoli, Ferdinando. Con il matrimonio si passa a un nuovo equilibrio tra i due regni.
Si gioca con la magia, l’illusione e il sogno, che sono tutti collegati al teatro. Thomas Campbell nel 1838 vede in
Prospero l’alter ego di Shakespeare perché, alla fine del dramma, Prospero rinuncia alla magia in un
monologo: sembra che sia Shakespeare a rivolgersi al pubblico salutandolo e chiedendo un ultimo omaggio
prima di ritirarsi. È un periodo in cui c’è stata una forte inclinazione romantica culturale verso la dimensione di
Shakespeare poeta piuttosto che drammaturgo. È qualcuno che si rivolge all’immaginazione, quindi bisogna
leggerlo perché il dramma prende forma nel teatro della mente. Per esempio, Charles Lamb scrive On the tragedies
of Shakespeare, considered with reference to their fitness for stage representation, riguardo a King Lear, dicendo
che non può essere messo in scena, criticando la dimensione spettacolare e poi quella psicologica.
Inoltre, la magia è ciò che fa cadere Prospero e che gli permette di recuperare il suo ruolo. C’è sovrapposizione tra
i ruoli di mago e di sovrano che viene presentata come impossibile.

Importante è il monologo di Prospero:

Now my charms are all o'erthrown,


And what strength I have's mine own,
Which is most faint: now, 'tis true,
I must be here confined by you,
Or sent to Naples. Let me not,
Since I have my dukedom got
And pardon'd the deceiver, dwell
In this bare island by your spell;
But release me from my bands
With the help of your good hands: → L’idea di Prospero che chiede di applaudirlo per liberarlo
dall’incanto si lega alle superstizioni dell’epoca, legate al
pregiudizio secondo cui gli incantesimi si potevano rompere
battendo le mani.
Gentle breath of yours my sails
Must fill, or else my project fails,
Which was to please. Now I want
Spirits to enforce, art to enchant,
And my ending is despair,
Unless I be relieved by prayer,
Which pierces so that it assaults
Mercy itself and frees all faults.
As you from crimes would pardon'd be,
Let your indulgence set me free.

I versi sono tutti distici rimati, molto semplici, ma musicali. C’è l’idea di captatio benevolentiae: la redenzione è
la dimensione fondamentale, Prospero è qualcuno che ha saputo perdonare e che non si è fatto vincere
dall’odio. A differenza di Faustus, ha un controllo pazzesco dell’azione nell’ottica di un potere giusto.
Shakespeare comunque problematizza il potere di Prospero. Prospero è infatti il mago legittimato all’ennesima
potenza. Sull’isola è quasi onnipotente e ha questa possibilità di poter dare sfogo a qualsiasi desiderio, ma riesce a
controllarsi. Prospero fa un percorso di self-overhearing.

Le coordinate del dramma rimandano a un’ambientazione del Mediterraneo vicino alle coste dell’Africa; ci sono
infatti diversi richiami a Tunisi, Algeri, ecc. Le fonti rimandano però alla scoperta dell'Atlantico e del nuovo
mondo.
L’isola di Prospero era precedentemente abitata dalla strega Sicorace dopo essere stata esiliata da Algeri. Il duca di
Milano arriva lì con la figlia Miranda dopo essere stato esiliato dal suo ducato. Fanno naufragio sull’isola il re di
Napoli, Alonso, suo figlio Ferdinando e Antonio, colui che ha usurpato il ducato di Milano al fratello di Prospero.
Sono reduci da Tunisi, dove hanno celebrato il matrimonio tra Ferdinando e la figlia del re di Tunisi.
Ci sono anche più riferimenti alle Bermuda, luogo inquietante con un’aura diabolica. Stando alle evidenze
testuali, è un richiamo al pamphlet A discovery of the Bermudas, che le identificava con il nome “isles of devils".
Shakespeare ha anche sicuramente letto uno dei saggi di Michel de Montaigne, Dei cannibali, da cui riprende la
descrizione dell’isola di Prospero come un luogo utopico; inoltre, il nome di Caliban deriva da un evidente gioco di
parole con “cannibal”. Il saggio era ideologicamente vicino alla mentalità di Shakespeare, è un saggio sul
relativismo culturale: era il periodo delle guerre di religione, un mondo in cui bisognava conformarsi al dogma,
c’era un odio religioso fortissimo. Shakespeare riprende da Montaigne un elogio della condizione sociale
dell’anarchismo, facendolo pronunciare da Gonzalo, il cortigiano che salva Prospero. È un contrappunto
rispetto a quello che Prospero ha sull’isola. Nel testo, Prospero e Calibano sono in equilibrio. Shakespeare è per la
polifonia, non esalta il potere. Con la figura di Prospero, che facendo l’intellettuale si è giocato il ducato di
Milano, l’autore mostra la soglia tra la concentrazione per lo studio e il pericolo di “chiudersi in una torre
d’avorio”.
La prima scena è una scena dal ritmo esasperato. Fin da qui viene problematizzata la nozione di potere. C’erano
due classi sociali che convivevano a stretto contatto che sono ribaltate: al piano superiore della nave ci stanno i
poveri, mentre a quello inferiore gli aristocratici. Quando arriva la tempesta, gli aristocratici vogliono
ristabilire l’ordine contro i marinai, ma qui l’ordine sociale non è quello di Milano o Napoli: le circostanze
mutano e i valori anche, quindi la gerarchia viene sovvertita. Si crea un gioco dialettico tra i poteri.

The Tempest, 1.1


ANTONIO Where is the master, boatswain?
Boatswain Do you not hear him? You mar our labour: keep your
cabins: you do assist the storm.
GONZALO Nay, good, be patient.
Boatswain When the sea is. Hence! What cares these roarers
for the name of king? To cabin: silence! trouble us not.
GONZALO Good, yet remember whom thou hast aboard.
Boatswain None that I more love than myself. You are a
counsellor; if you can command these elements to
silence, and work the peace of the present, we will
not hand a rope more; use your authority: if you
cannot, give thanks you have lived so long, and make
yourself ready in your cabin for the mischance of
the hour, if it so hap. Cheerly, good hearts! Out
of our way, I say. → Qui è il marinaio che dà gli ordini agli aristocratici, viene
sovvertita la gerarchia.

Gonzalo è un personaggio ambivalente, che viene rappresentato come una specie di pedante, come Polonio in
Amleto, ma in realtà è una sorta di maschera, è un personaggio complesso, anche opposto a quello che sembra.
Ci facciamo un’idea dei personaggi nel corso della vicenda, è un’idea che cambia. L’instabilità e l’andamento
ciclico del potere è ripreso più volte anche in relazione alla congiura. Nel teatro rinascimentale si va anche verso la
geometria, così che il pubblico si orienti nella vicenda.
Sull’isola, a Sicorace succede Prospero e le conseguenze le subisce Calibano che, essendo figlio della strega, perde
i diritti all’eredità. C’è alternanza in termini di ritmo tra la prima e la seconda scena: sulla nave in balia della
tempesta c’è una componente di suspense, sull’isola c’è simmetria perché si assiste alla tempesta dal punto di
vista di Miranda e Prospero, e Miranda empatizza con le persone che stanno per essere gettate in mare e teme che
il padre stia giocando ruolo distruttivo con la magia.

1.2 MIRANDA If by your art, my dearest father, you have


Put the wild waters in this roar, allay them.
The sky, it seems, would pour down stinking pitch,
But that the sea, mounting to the welkin's cheek,
Dashes the fire out. O, I have suffered
With those that I saw suffer: a brave vessel,
Who had, no doubt, some noble creature in her,
Dash'd all to pieces. O, the cry did knock
Against my very heart. Poor souls, they perish'd.
Had I been any god of power, I would → La definizione di mago è “god of power”, termine in
tensione dialettica con gli altri elementi all’interno del dramma.
Have sunk the sea within the earth or ere
It should the good ship so have swallow'd and
The fraughting souls within her.

Prospero […] Lend thy hand,


And pluck my magic garment from me. So:
Lays down his mantle → Frase in simmetria con l’ultima scena del dramma.
Lie there, my art. Wipe thou thine eyes; have comfort.
The direful spectacle of the wreck, which touch'd
The very virtue of compassion in thee,
I have with such provision in mine art
So safely ordered that there is no soul--
No, not so much perdition as an hair
Betid to any creature in the vessel
Which thou heard'st cry, which thou saw'st sink. → Lui spiega che il naufragio a cui ha assistito è illusionismo.

Alla fine del dramma in maniera simmetrica, chiede che si vada a prendere il suo cappello e spada: qui non è un
mago, bensì un duca. L’abito è importantissimo perché identifica il ruolo nella società.

5.1 Prospero … Fetch me the hat and


rapier in my cell:
I will discase me, and myself present
As I was sometime Milan

Se il dramma si apre con il potere sublime della natura, si chiude sul mare, ma è un mare in cui non è affondata la
nave, ma affonda il libro magico. È la rinuncia alla magia.

5.1 Prospero But this rough magic


I here abjure, …
I'll break my staff,
Bury it certain fathoms in the earth,
And deeper than did ever plummet
sound
I'll drown my book.

(13/03) Nella Tempesta si ritrova il tema del labirinto, associato al romance medievale. I cavalieri nel medioevo
sono caratterizzati dall’erranza, che li porta a incontrare delle sfide. l’erranza si lega al labirinto in relazione
alla foresta. La foresta ci impedisce di camminare in linea retta, è un labirinto. Molti cavalieri medievali ritornano
alla foresta, come ci racconta il libro Forest. The shadow of civilization di Robert Pogue Harrison, in cui fa discorso
di ecopolitica medievale e ci mostra la logica del labirinto. La stessa idea la ritroviamo nella Tempesta, dove i
personaggi iniziano a vagare.

3.3
GONZALO By'r lakin, I can go no further, sir; (By our
Ladykin)
My old bones ache: here's a maze trod indeed → L’idea del naufragio si collega al labirinto, quando arriva la
tempesta abbiamo una ripetizione del termine “maze” e
“amazement”, la sensazione che si prova nel confrontarsi con
l’imprevisto del labirinto.
Through forth-rights and meanders! By your patience, → Idea del camminare non in linea retta, del fare avanti e
indietro nei meandri.
I needs must rest me.

Quella che i personaggi della corte di Napoli attraversano sull’isola è quasi un’esperienza purgatoriale. C'è
una logica superiore che guida l’azione.
Prospero ha potere assoluto, di vita e di morte, sui suoi nemici, ma non lo userà per compiere vendetta cruenta, ma
una sorta di vendetta virtuale il cui obiettivo è la presa di coscienza. Prospero forzerà i propri nemici a prendere
coscienza dei loro errori precedenti attraverso anche momenti di espiazione e difficoltà. Prospero agisce secondo
una visione etica oltre che fortemente progettuale, per il controllo della realtà, non per assoggettamento del
potere magico al capriccio.
Il labirinto si lega anche alla trama della vicenda. Aristotele aveva teorizzato la trama come labirinto quando ci
parla del concetto di peripezia, ovvero il mutamento dei fatti nel loro contrario. Nel dramma c’è una forte
componente metateatrale, che si esplicita su più livelli, da un lato con inserti teatrali (play within the play). Il
teatro nel teatro c’era anche nel Doctor Faustus, dove Mefistofile allestisce spettacoli in varie occasioni.

I lettori soffrono in simultanea con i naufraghi che credono di essere prossimi al naufragi, partecipiamo
emotivamente al destino dei personaggi fin dall’inizio del dramma. La prima scena è immersiva, ci sono effettisti
speciali e ritmo accentuato. Nella seconda scena si passa all’isola e assumiamo lo sguardo di Miranda che ha
assistito al naufragio e ha empatizzato con i personaggi. Prospero prima dice a Miranda che non deve temere
perché non ha fatto nulla, poi c’è la narrazione dell’antefatto: si passa alla diegesi, siamo indietro di 12 anni,
quando Prospero e Miranda arrivano sull’isola e Prospero racconta della loro vecchia vita. Miranda adesso ha 15
anni, l’età giusta per trovare marito all'epoca. C’è già una logica provvidenziale: siamo al momento in cui Miranda
è stata cresciuta da Prospero in solitudine sull’isola, ma è arrivato il momento di far finire l’esilio. Prospero agisce
in sinergia con il destino in senso astrologico, di geometria degli astri, ma anche in senso provvidenziale, legato alla
dimensione etica.

1.2 PROSPERO
By accident most strange, bountiful Fortune,
Now my dear lady, hath mine enemies
Brought to this shore; and by my prescience
I find my zenith doth depend upon
A most auspicious star, whose influence → Prospero riprende il linguaggio astrologico, della fortuna e
della provvidenza.
If now I court not but omit, my fortunes
Will ever after droop.

Si rifà anche al concetto greco di kairos, il momento che consente una certa azione, il tempo che va afferrato.
Si crea un disegno sovrastante che risponde sia alla provvidenza divina, all’astrologia, sia alla logica teatrale della
commedia, del lieto fine. Nel periodo rinascimentale, la commedia è caratterizzata dal principio di eros, l’unione
sessuale ed erotica che viene sancita a livello sociale dal matrimonio e dalla nascita.
Il drammaturgo usa una specifica tecnica per mantenere desta l'attenzione del pubblico nel momento in cui
l'azione si è rallentata: attraverso Prospero che si rivolge a Miranda, Shakespeare si rivolge al pubblico,
richiamando la sua attenzione. È uno degli elementi che nella logica generale del dramma ha continuato a
legittimare l’analogia tra Prospero e Shakespeare. Viene usata quella che Jakobson chiamerà la funzione fatica
del linguaggio, ovvero il linguaggio che si indaga sull’efficacia della comunicazione (ex. “Mi ascolti?”).
Prospero è approdato sull’isola per caso o secondo una logica provvidenziale. Questo esilio non è solo
negativo, perché ha potuto istruire sua figlia e dedicarsi sia a lei sia ai suoi studi in parallelo. Ciò che ha portato alla
cacciata di Prospero da Milano è stato proprio il tempo eccessivo che dedicava allo studio, che distoglievano le sue
energie dalla politica. Quello che ha avuto luogo nell’antefatto è la conseguenza di un concorso di colpa con il
fratello minore Antonio, ma in realtà è Prospero stesso che ha abbandonato tutte le cure del governo e le ha
caricate alle spalle del fratello. Prospero si è in qualche modo staccato dal mondo.

1.2 Prospero
I, thus neglecting worldly ends, all dedicated
To closeness and the bettering of my mind
… in my false brother
Awaked an evil nature; …
… Me, poor man, my library
Was dukedom large enough: of temporal royalties → Per Prospero la sua biblioteca era tutto il suo regno.
He thinks me now incapable;

Qui viene drammatizzata una sorta di incompatibilità tra il ruolo di governante e quello di intellettuale. In
realtà, questi sovrani erano in molti casi grandi amanti della cultura. Per esempio, a Urbino c’era Federico da
Montefeltro che nel suo palazzo aveva una collezione di libri e di opere incredibile; la sua corte è anche il luogo
dove è stato scritto il Libro del Cortegiano di Castiglione, emblema della cortesia nel Rinascimento. A Vienna c’è
Rodolfo II d’Asburgo che riceve anche visita da John Dee, ma a forza di dedicarsi all'arte, soprattutto all’arte
occulta, viene espropriato della corona dal fratello minore. Secondo Francis Yates la figura di Prospero rimanda
in qualche modo a Rodolfo II. Possiamo considerare l’isola di Prospero come la continuazione del suo studio, è
un luogo appartato in cui a Prospero è data una sorta di unità di tempo in cui può continuare a perseguire i suoi
studi.

PROSPERO
By Providence divine. → L’azione di Antonio viene considerata da Prospero stesso
frutto dell’azione divina.
[…]
Knowing I loved my books, he furnish'd me
From mine own library with volumes that
I prize above my dukedom.

La figura di mago e di sovrano si concentrano nella figura di Prospero, ma si presentano come incompatibili.
Infatti, quando Prospero lascia l’isola per assumere il potere terreno, getta il libro di magia in mare e spezza
la bacchetta magica e la seppellisce.

Questo è un dramma che funziona come un ingranaggio a orologeria, dove tutto è scandito dal tempo in
maniera quasi meccanica. Il tempo dell'azione è correlato da un disegno superiore, umiliato da quello del mago
quasi onnipotente, dalla provvidenza divina che consente a Prospero il potere di mago bianco, e il dranmanturgo
stesso. La figura di Shakespeare viene a galla perché sembra giocare con il suo pubblico evidenziando
continuamente che lui rispetta le unità aristoteliche di tempo, luogo e azione, che di solito non rispettava mai se
non in La commedia degli errori, una commedia giovanile basata su Plauto.

PROSPERO
Ariel, thy charge
Exactly is perform'd: but there's more work.
What is the time o' the day?
ARIEL
Past the mid season.
PROSPERO
At least two glasses. The time 'twixt six and now
Must by us both be spent most preciously. → La gente andava a teatro nel primo pomeriggio, tra le 14 e le
18 e Shakespeare rispetta le unità aristoteliche in maniera
molto plateale.

La dimensione metateatrale viene enfatizzata in tutto il dramma, ci sono continui riferimenti al tempo che passa.
È un dramma in cinque atti, come la struttura del dramma ben fatto. C'è alternanza di scene statiche e più veloci,
alte e basse in termini sociali e di registro, di sublime e comico. È
costruito con grande attenzione alla geometria.

Il potere di Prospero è talmente legittimato che questo dramma potrebbe


rischiare di scivolare nella distopia. Shakespeare controbilancia tutto con la
figura di Calibano, che è al centro della lettura americana o postcoloniale
che mette in evidenza la risposta di Shakespeare all’azione
colonizzatrice all’opera che l’Europa stava intraprendendo in quegli
anni.
Calibano viene descritto all’inizio come “a savage and deformed slave”.
Shakespeare era stato influenzato dall’immaginario peratologico, cioè
legato al mostruoso, che caratterizzava i testi di viaggio in epoca
medievale. I viaggiatori, nel confronto con le altre popolazioni, spesso utilizzavano la logica del mostruoso, che
Shakespeare ha sicuramente utilizzato nella scena dei naufraghi che arrivano sull’isola e si confrontano con
Calibano e gli spiriti dell’isola. Utilizzano lo stesso linguaggio che utilizzavano i viaggiatori nel raccontare loro
esperienze in testi come The Travels of Sir John Mandeville.
Ha in mente anche i viaggi di esplorazione che hanno portato alla conoscenza delle Americhe. per esempio, si
nomina Setebos, divinità legata alla Patagonia. Inoltre, viene ripresa l'usanza europea di portare gli indigeni
mostrandogli gli europei. Viene anche messo in discussione lo statuto umano di Calibano. Egli appartiene a un
mondo extraeuropeo che viene presentato come fortemente inquinato dal demoniaco.
Prospero presenta Calibano come uno schiavo quasi per natura, per la sua perfidia innata, con lo sguardo
del colonizzatore. Calibano è a sua volta dotato di parola e il suo discorso si contrappone con grande eloquenza e
forza a quello di Prospero. Entrambi parlano allo stesso livello, con la stessa potenza retorica e lo stesso registro. In
un certo verso sembra un rapporto tra padre e figlio.

PROSPERO
Thou poisonous slave, got by the devil himself
Upon thy wicked dam, come forth!
[Enter CALIBAN]
CALIBAN
As wicked dew as e'er my mother brush'd
With raven's feather from unwholesome fen
Drop on you both! a south-west blow on ye
And blister you all o'er! → Prospero e Calibano cominciano a maledirsi a vicenda.
PROSPERO
For this, be sure, to-night thou shalt have cramps,
Side-stitches that shall pen thy breath up; urchins
Shall, for that vast of night that they may work,
All exercise on thee; thou shalt be pinch'd
As thick as honeycomb, each pinch more stinging
Than bees that made 'em.
CALIBAN
I must eat my dinner.
This island's mine, by Sycorax my mother,
Which thou takest from me. When thou camest first,
Thou strokedst me and madest much of me, wouldst give me
Water with berries in't, and teach me how
To name the bigger light, and how the less,
That burn by day and night: and then I loved thee
And show'd thee all the qualities o' the isle,
The fresh springs, brine-pits, barren place and fertile:
Cursed be I that did so! All the charms
Of Sycorax, toads, beetles, bats, light on you!
For I am all the subjects that you have,
Which first was mine own king: and here you sty me
In this hard rock, whiles you do keep from me
The rest o' the island. → Prospero è stato un maestro per Calibano, per esempio
insegnandogli a dare ordine a Sole e luna.
PROSPERO
Thou most lying slave,
Whom stripes may move, not kindness! I have used thee,
Filth as thou art, with human care, and lodged thee
In mine own cell, till thou didst seek to violate
The honour of my child. → Calibano ha cercato di violentare Miranda quindi lui l’ha
allontanato.
CALIBAN
O ho, O ho! would't had been done!
Thou didst prevent me; I had peopled else
This isle with Calibans.
PROSPERO
Abhorred slave,
Which any print of goodness wilt not take,
Being capable of all ill! I pitied thee,
Took pains to make thee speak, taught thee each hour → Prospero gli ha insegnato a parlare.
One thing or other: when thou didst not, savage,
Know thine own meaning, but wouldst gabble like
A thing most brutish, I endow'd thy purposes
With words that made them known. But thy vile race,
Though thou didst learn, had that in't which
good natures
Could not abide to be with; therefore wast thou
Deservedly confined into this rock,
Who hadst deserved more than a prison.
CALIBAN
You taught me language; and my profit on't
Is, I know how to curse. The red plague rid you
For learning me your language → “Il solo profitto è che ho imparato a maledirti”. Calibano
dice “your language” perché lui aveva già la sua lingua. C’è un
conflitto tra colonizzatore e colonizzato. Shakespeare mostra
anche la legittimazione del desiderio sessuale del colonizzato:
l’atteggiamento di Prospero vede l’unione tra sua figlia e
Calibano come impossibile per il diverso rango sociale, a
prescindere dalla predisposizione di Miranda.

5.1 GONZALO

In one voyage
Did Claribel her husband find at Tunis,
And Ferdinand, her brother, found a wife
Where he himself was lost, Prospero his dukedom
In a poor isle and all of us ourselves
When no man was his own. → Alla fine del dramma tutto è stato riportato in sesto.

Si dà una lettura coloniale dell’opera. La conquista dell'America aveva portato lo sfruttamento nei Paesi del
nuovo mondo, ma non tutti erano indifferenti, c’era chi si poneva domande.
Nel confronto è importante la disputa di Valladolid, che viene fomentata da Bartolomé de las Casas, a favore degli
indios. Carlo V del Sacro Romano Impero si pone lui stesso delle domande su quello che succede nelle Americhe e
su pressione di las Casas convoca a Valladolid i principali teologi e giuristi dell’epoca per un confronto tra chi è a
favore dell conquista americana e coloro che ne vedono gli aspetti negativi. Scrive libri su questo, A Short Account
of the Destruction of the Indies. A favore dei colonizzatori c’è Juan Ginés de Sepúlveda. Alla fine si arrivò alla
conclusione che la conquista delle Americhe era una guerra giusta, concetto da cui Carlo V era ossessionato,
perché gli americani compivano una serie di crimini. Le motivazioni erano:
1. gli indios erano colpevoli di peccati contro natura, come i sacrifici umani, il cannibalismo, l'idolatria e la
sodomia;
2. lo stato di servitù naturale e di inferiorità nel quale gli indios si trovavano giustificava la loro
sottomissione;
3. la necessità dell'evangelizzazione che richiedeva una previa sottomissione violenta degli indigeni per
permettere l'annuncio del Vangelo;
4. la difesa delle vittime innocenti dei sacrifici umani e di altre pratiche contrarie al diritto naturale e al
diritto delle genti. Per esempio, ciò si ritrova nel fatto che, quando governava Sicorace, lo spirito dell’aria
era stato confinato nel tronco di un pino perché non voleva sottomettersi.
(14/03) L’imperatore Carlo V è attento alla valenza etica-religiosa delle sue azioni, quindi, quando intraprende
questa guerra, deve accertarsi delle motivazioni. Anche in caso di guerra di conquista del nuovo mondo si pone
questo problema. È il caso di Bartolomé de las Casas, avvocato accusatore dei conquistadores. Las Casas scrive
Difesa degli indios in latino, considerato uno dei primi esempi di antropologia culturale. L'atteggiamento di las
Casas corrisponde al pensiero di Michel de Montaigne, che scrive saggi tradotti in inglese da John Florio e che
Shakespeare legge. Le lotte vengono contestualizzate sullo sfondo culturale e contrapposte a quello che accade in
Europa nel periodo delle guerre di religione. Già Montaigne nel descrivere i costumi delle popolazioni americane le
riporta all’Età dell’oro. Shakespeare riprende un testo di Montaigne facendolo pronunciare da Gonzalo,
personaggio ambivalente: è sì un pedante ma è anche colui che ha salvato Prospero, caratterizzato da fortissima
onestà.

GONZALO Had I plantation of this isle, my lord, – → Plantation era un termine utilizzato dalle colonie.
[...]
GONZALO I' the commonwealth I would by contraries
Execute all things; for no kind of traffic
Would I admit; no name of magistrate;
Letters should not be known; riches, poverty,
And use of service, none; contract, succession,
Bourn, bound of land, tilth, vineyard, none;
No use of metal, corn, or wine, or oil;
No occupation; all men idle, all;
And women too, but innocent and pure;
No sovereignty; – → È un manifesto “anarchico”: parla di non avere alcuna
sovranità, istituzioni sociali, denaro, ecc. Immagina un
luogo privo di istituzioni, ma non senza valori. È una sorta
di comunismo, riprende Utopia di Thomas More, scritto anche
quello sotto il regno di Enrico VIII.

La prima colonia fu l’Irlanda, in cui gli inglesi assoggettano la popolazione e li spostano per fare piantagioni:
tolgono terra alle popolazioni locali per darla ai coloni. Commonwealth è già usato come termine alternativo a
nazione.
Nel testo di Montaigne si lascia intendere che una serie di crimini sono causati dalla struttura sociale; questo
concetto è ripreso nel 1700 da William Godwin. Anche il termine Golden Age viene proprio ripreso dal testo di
Montaigne. Con le sue parole, Gonzalo conia una specie di comunità primitivista. Forse Shakespeare si
identificava in questa idea, era affascinato da questa visione del nuovo mondo, dove è possibile un nuovo modello
di società rispetto a quella europea. Montaigne mette in discussione i valori con il pensiero critico.
Shakespeare presenta l'idea di relativismo culturale racchiuso nell’idea che solo per Miranda l’umanità è nuova,
perché lei aveva conosciuto solo Prospero e Calibano. Si riconnette con la fine della modernità e l’inizio della
post-modernità.
Si sta continuando a sviluppare il mito del buon selvaggio, che si riconnette in qualche modo con Robinson Crusoe
nel 1700. Francis Bacon spiega anche come il ragionare bene passa attraverso la decostruzione dei pregiudizi e
degli stereotipi. Invita i suoi contemporanei a “demolire le statue degli idoli”, bisogna confrontarsi con la realtà ma
ricordandosi che i nostri sensi sono limitati, stanno emergendo le questioni che relativizzano la posizione
dell’uomo. Bisogna anche smantellare gli idoli del teatro che vengono trasmessi attraverso scienza, filosofia e
teologia. Dice che anche in questo ambito si creano pregiudizi: ciascuno di questi sistemi di pensiero è un teatro.
Anche questo è in perfetta sintonia con il post modernismo.
The witch of Edmonton (1658)
The witch of Edmonton è un altro dramma emblematico in quest’epoca di transizione. Si basa sulla vicenda reale
di Elizabeth Sawyer, giustiziata nel 1621 per stregoneria, la cui storia viene trascritta in un pamphlet, The
wonderful discourie of Elizabeth Sawyer, e poi trasposta in forma di play nel 1658. All’epoca si raccoglievano le
storie di condannati con intento moralistico per dissuadere a compiere gli stessi crimini, ma le persone
compravano questi testi per l’aspetto sensazionale.
Questo dramma è stato composto da tre drammaturghi, o forse più: i principali sono William Rowley, Thomas
Dekker e John Ford.
Ci sono delle differenze tra il pamphlet e il dramma che mostrano come cambia l’idea di stregoneria negli anni.
C'era l'idea che il crimine fosse punito da Dio stesso nell’afterlife, ma non si limitava a questo. Con l’aiuto del
Diavolo, Dio stesso faceva in modo che i criminali fossero catturati con la Provvidenza: era un deterrente del
crimine in un’epoca in cui era molto probabile commettere un crimine e farla franca.

La rappresentazione della strega era ricorrente. Elizabeth Sawyer


viene rappresentata con una deformità fisica che viene associata a
una deformità interiore, alla cattiveria. Anche in altri pamphlet le
streghe sono rappresentate con un bastone e i loro animali
familiari, per esempio in The examinations of Anne Baker, Ioane
Willmott and Ellen Greene. Non c’era il senso della concatenazione
logica-causale che c’è adesso, quindi la superstizione era frequente.
Tutto veniva facilmente attribuito all’invidia, alla malvagità, ecc. In
A certaine relation of the hog-faced gentlewoman called Mistris
Tannakin Skinker si vede la logica tipica dell’epoca secondo cui non
c’è nesso logico tra la stregoneria e la disabilità, deformità.
Le streghe venivano identificate anche secondo la loro corporeità. In
Elizabeth Sawyer si trovano tre indizi: è gobba, è pallida perché non
ha sangue (si credeva che dessero da mangiare al loro animale con
un terzo capezzolo, che nel suo corpo è stato trovato vicino all’ano,
associato al Diavolo), e l’uso del linguaggio, perché una delle paure
del Rinascimento era la scold, una donna che parla troppo e aggressivamente.

Erano in particolare le donne povere coloro che erano soggette a una serie di superstizioni. Dietro la stregoneria
ci sono una serie di stereotipi a livello economico. Per esempio, Mother Sawyer era stata denunciata perché i
vicini non volevano comprare le sue scope, rompendo il circuito economico tra vecchia e società. La situazione
declina sempre più. Il conflitto tra il diverso e la società si inasprisce portando a una cruenta dinamica di
esclusione sociale.
Mentre nel pamphlet questa dimensione non viene esplorata tanto, il drama ci invita a simpatizzare con Mother
Sawyer, che non è ancora diventata strega. Diventa strega solo quando entra in contatto col Diavolo sotto forma di
cane nero. Il dramma problematizza la stregoneria mostrandone il lato economico e sociale. Non viene però
negato il fenomeno della stregoneria. Il cane nero le appare nel momentto in cui lei bestemmia perché è
esasperata, tutto deriva da sfera del linguaggio.
Mother Sawyer non è cattiva, ma è la situazione sociale che la rende così. Possiamo paragonare la sua figura a
Frankenstein e a Shylock ne Il mercante di Venezia. Sawyer articola spesso a parole la sua critica sociale:
spiega che tutti ce l’hanno con lei perché è povera, deforme e ignorante, ma lei non ne può niente, non è
colpa sua. La condizione sociale è causata dagli altri. Fin dal suo monologo viene messo l'accento sulle cause
sociali della stregoneria e sull’opera di corruzione che il paese di Edmonton esercita sui poveri, sui reietti e su chi
vive in condizioni di marginalità sociale.
(15/03) In questo dramma la strega ha il ruolo della vittima, prima ancora come persecutrice. Riflette la
costruzione sociale della strega, ha una forte critica sociale e una consaopevolezza della dimensione
supertsiziosa del fenomeno della stregoneria e di come sia radicato in meccanismi di esclusione sociale, per
cui alcune figure "diverse" in determinate comunità, per caratteristiche di marginalità, fanno sì che vengano
etichettate. È come se le persone perbene in realtà inducono Mother Sawyer alla stregoneria e suscitano in lei il
malanno. Qui è un continuo mettere in discussione i valori e i ruoli delle persone. È diverso l’atteggiamento di
Giacomo I, il panorama che veniva delineato in The Masque of Queens.
Mother Sawyer può essere assimilata alla figura della scold, la donna che parla troppo e in maniera violenta. Ci
fa vedere di continuo come questa sua aggressività in quanto è la risposta di una persona che non ha altri mezzi
per reagire alla violenza psicologica e fisica. Mette in discussione anche il termine strega stesso (ex. “A Witch?
Who Is not?”). Sawyer è molto simile alla descrizione di Sicorace nella Tempesta. In realtà Mother Sawyer è
velocissima nel ribaltare qualsiasi accusa contro la comunità. Noi siamo portati a empatizzare con Mother Sawyer.
Le viene data la parola per decostruire gli stereotipi. Il rapporto con la comunità è giocato sulla contrapposizione
violenta.
Una scena viene associata al fenomeno dell’enclosure. Nel Medioevo c’era un sistema di gestione del territorio
aperto, ma cambia perché i territori vengono recintati, ma da questa cosa ne giovano solo i ricchi. Questo ha portato
a diversi vantaggi, ma spesso ne pagano le conseguenze negative i più deboli.

Viene anche menzionato più volte il rapporto tra campagna e città, il vero luogo della corruzione. C’è anche
una critica al nascente consumismo. Un altro testo che ha al centro la convergenza di beni a Londra che era un
centro è Epicene or the silent woman di Ben Johnson.
Questo dramma da un lato mette in rilievo conflitti economici e dall’altro non mette in discussione l’esistenza del
soprannaturale e del demonio: la strega è sì indotta a diventare tale, ma a un certo punto il patto col diavolo
lo fa.

Il dramma è diviso in tre parti: la storia di Mother Sawyer, l’omicidio e una parte farsesca.
I personaggi principali sono:
1. sir Arthur Clarington;
2. Winnifred, la cameriera di Sir Arthur;
3. Old Thorney, un nobile;
4. Frank, il figlio di Thorney;
5. Carter, un ricco proprietario terriero;
6. Susan, la figlia di Carter;
7. Katherine, la figlia di Carter;
8. Old Banks, un compaesano.
9. Cuddy Banks, figlio di Old Banks;
10. Mother Sawyer, la strega.
Arthur Clarington è convinto di aver messo incinta Winnifred, ma non è vero, quindi organizza un complotto e la
convince a dire che il figlio è di Frank, quindi la deve sposare. Il padre di Frank è convinto che si rovineranno se
non sposa Susan, ma Frank non è capace di dire di no. Quindi si sposa sia con Winnifred in segreto sia con
Susan. Si trasferisce all’estero con Winnifred vestita da paggio, ma prima di andarsene Susan decide di
accompagnarlo per un pezzo.
Cuddy Banks è figlio di Old Banks, proprietario terriero. È un personaggio comico, come si capisce dal talking
name, che vuol dire asino. Ha un rapporto particolare con Mother Sawyer e con il cane nero. Da un lato incarna
l’atteggiamento superstizioso del popolo, ma dall’altro vuole ingraziarsi Mother Sawyer per corteggiare Kate,
sorella di Susan. Attraverso Cuddy vengono fuori gli atteggiamenti popolari nei confronti della stregoneria.
Il cane interagisce con tutti i personaggi, soprattutto con l’omicida. Il cane nero induce Frank all’omicidio. Si
rende conto che c’è un pensiero criminale e lo fa sbilanciare dalla parte del male. Ogni mossa che Frank compie
verso l’omicidio segue la regia del cane nero, del Diavolo. Per esempio, l’aiuta a legarsi a un albero per far
credere di essere stato aggredito insieme a Susan, ma dall’altro lato il Diavolo aiuta anche le autorità a scoprire il
crimine secondo la logica provvidenziale, perché vuole che quanti più peccatori finiscano all'inferno. Il cane
nero è il demonio incarnato in uno spirito familiare. Il diavolo diventa una sorta di thief take, di cacciatore di taglie.
Frank è a letto, finge di essere stato ferito. Katherine, sorella di Susan, porta un pollo ma non ha il coltello, quindi
cerca nella veste di Frank sapendo che gli uomini lo portavano. La ragazza vede il coltello insanguinato e finge che
non ci sia, ma va ad avvertire gli altri. Frank è convinto di non essere stato scoperto, il cane se ne va ed entra lo
spirito di Susan, che indica lo stato di colpevolezza. Entra anche la stessa Winnifred e lo guarda tristemente. Il
diavolo induce al male, al crimine, ma non lo tiene nascosto. In questo dramma si sta affermando una nuova logica
investigativa e, insieme, il genere delle domestic tragedies, spesso ispirate da fatti realmente accaduti, con
enfasi sull'ambiente domestico.
Così come Mother Sawyer è indotta al crimine dalla società, anche Frank è stato indotto dalla pressione
sociale. C'è un elemento sociale molto forte. Mother Sawyer denuncia continuamente l'iniquità e l’ipocrisia della
società. Il profilo psicologico di Mother Sawyer è legato all'estroversione, all'outspokeness, e al gioco con Frank,
che è però incapace di dire le cose ed è da qui che deriva la sua tragedia.

La demonologia è lo studio delle credenze riguardanti spiriti e dèmoni, o, più specificamente, riguardanti
Satana e i diavoli. In The discovery of Witchcraft di Reginald Scott (1584) si decostruisce questo fenomeno come
superstizione, ma fa un'analisi che ci ricorda molto The Witch of Edmonton. Articola un punto di vista scettico e
razionale sulla stregoneria, non a caso verrà cancellato e distrutto dal potere di Giacomo I quando diventerà re
d'Inghilterra. Egli definisce il tipo umano della strega, identificandola in donne vecchie, con occhi cisposi,
pallide, brutte, malinconiche, che la gente trasforma in streghe, in quanto sono persone che la comunità
marginalizza e accusa, e più loro stesse si autoconvincono. Egli analizza il meccanismo attraverso il quale si
diffonde la superstizione. In The Witch of Edmonton, come Mother Sawyer è giustiziata, non viene perdonata, però
ha un briciolo di pietà, infatti si pente di tutto, attribuendo la colpa degli incantesimi al diavolo. Lei si è incattivita
per colpa della comunità e di Satana. In questo lei apre anche una porta verso la misericordia.
Il frontespizio di The discovery of Witches di Matthew Hopkins (1647, i teatri sono già stati chiusi, i puritani stanno
prevalendo) dà luogo a una terribile caccia alle streghe, si ritiene che le donne da lui portate alla pena capitale
siano state circa 300, più di tutte quelle uccise nel secolo precedente. La caccia delle streghe riprende vigore.
Intanto il fenomeno dilaga nel Nuovo Mondo, nelle colonie americane, nel Massachusetts, e abbiamo una serie
di pubblicazioni legate a ciò.
L’Inghilterra del 1300
(4/04) Le due opere principali della letteratura inglese del XIV secolo sono le Canterbury tales, non concluso, e
Sir Gawain and the Green Gawain, che ha come protagonista un cavaliere della Tavola rotonda, figlio di una
sorella di Artù, che compare da subito nelle opere arturiane, sin dalle opere gallesi. È il tipico cavaliere gentile, è un
ottimo guerriero ma è anche cortese, è noto per i suoi amori non adulterini, legittimi, ha un cavallo che si chiama
Gringolet e tra le sue spade c’è Excalibur. Sir Gawain è collegato nel ciclo bretone al cosiddetto eroe solare, colui
che diventa più forte se anche il sole è all’apice. È il cavaliere inglese contrapposto a Lancillotto, cavaliere
francese. L’opera è scritta in versi con una lingua difficile, è un Middle English diverso da quello di Chaucer, e per
questo poco conosciuta. La leggenda arturiana ha una fortuna enorme in tutta Europa. L’autore sconosciuto
del Sir Gawain scrive in un inglese più arcaico volontariamente, più legato al passato, perché proviene dal nord
dell’Inghilterra e non dal Sud come Chaucer, che era un personaggio più internazionale. Il cavaliere è verde perché
può significare la vita, come la primavera, la rinascita, o la morte perché i cadaveri sono verdi, ma non è detto
perché i simboli sono figure ambivalenti. Forse erano inclusi anche possibili riferimenti biblici che a noi sfuggono.
È un libro che non possiamo datare con esattezza perché non abbiamo notizie riguardo all’anno di
pubblicazione. È un’opera che è dello stesso periodo, forse di qualche decennio prima, dei Canterbury Tales;
sappiamo ciò grazie ad un manoscritto, il Cotton Nero. All’epoca i testi giravano o oralmente o tramite
manoscritti. Spesso la fama di un’opera veniva data dal numero di manoscritti dell’opera stessa, ad esempio del
Canterbury Tales ci sono moltissime copie. Invece, appunto, il Sir Gawain ha un unico manoscritto, il Cotton Nero,
così chiamato dal nome di uno dei suoi proprietari cinquecenteschi, Sir Robert Bruce Cotton.

(5/05) Chaucer non è mai stato messo in discussione per quanto riguarda la sua presenza nel piano di studi
internazionale, è stabile dal punto di vista letterario. Non si discuteva, tuttavia, finché non è nata una discussione
etica ed estetica in America, due grossi ambiti che per molto sono stati tenuti separati. Chaucer è un autore che
descrive un mondo in evoluzione, che parla con ironia, che colpisce anche altri personaggi, infatti non
capiamo cosa pensi della Wife of Bath, non sappiamo se abbia un atteggiamento ironico o più di simpatia. In
Chaucer c’è un atteggiamento di distacco, cerca di dare un quadro oggettivo, ironico e realista del suo mondo.

Eventi storici del 1300 inglese


Del 1300 è importante ricordare l’epidemia, che ebbe delle conseguenze sulla letteratura e sulla società; in
contemporanea avvenne una carestia, cambia il clima, si indebolisce la popolazione, la situazione economica era
disastrosa. L’esplosione di un vulcano aveva cambiato il clima e poi causò la cosiddetta era glaciale. La peste nera
venne vista come una punizione divina.

Il Medioevo è un mondo vicino ma allo stesso tempo lontano, per cui facciamo fatica a comprendere ad esempio
la descrizione della Wife of Bath’s, in cui il rosso era il segno della lussuria. Noi possiamo percepire dei barlumi di
questo mondo.
Nel XIV secolo si susseguirono diversi re: Edward I (1272-1307), Edward II (1301-1327), Edward III
(1327-1377), Richard II (1377-1399) e Henry IV (1399-1413); durante il regno di quest’ultimo si parlava la
lingua inglese, mentre prima il francese. Un anno centrale nel Medioevo è il 1066, anno in cui arrivano i
Normanni quando Guglielmo il Conquistatore invase l’Inghilterra. Egli creò uno Stato normanno in Inghilterra
e introdusse il feudalesimo come sistema di controllo delle terre. Dal punto di vista culturale la corte comincia a
parlare francese, che diventa la lingua letteraria. La gente comune parlava l’inglese che deriva dalla lingua
germanica: è dal 1066 che si sviluppa il Middle English, un misto tra lingua germanica e il francese. Fino a
Chaucer facciamo fatica fino a parlare di letteratura nazionale, perché esistevano degli scambi non collegati alle
nazioni. La letteratura spesso non veniva letta, ma ascoltata. Edward I riuscì a mantenere il potere e conquistò
anche il Galles. Provò a conquistare anche la Scozia, regione autonoma all’epoca, così come l’Irlanda.
Comunque, le sue conquiste in Scozia furono perse durante il regno del suo successore, Edward II, che risolse
anche i conflitti con la classe nobile. Nel 1311, Edward II fu costretto a dare i suoi poteri a un gruppo di “baronial
ordainers”; alcune vittorie militari lo aiutarono a riacquisire il controllo nel 1322. Nonostante ciò, nel 1327, Edward
fu deposto da sua moglie Isabella.
Suo figlio 14enne divenne re Edward III. Edward III rivendicò la Corona francese, facendo scatenare la
Guerra dei Cent’anni tra Inghilterra e Francia. Le sue campagne hanno conquistato il territorio francese, ma ora
del 1374, tutte le conquiste erano state perse. Morì nel 1377, lasciando la Corona a suo nipote di 10 anni Richard II.
Come molti dei suoi predecessori, Richard II ebbe dei contrasti con i nobili per aver provato a concentrare il suo
potere nelle sue mani. Nel 1399, mentre stava combattendo in Irlanda, suo cugino Henry Bolingbroke prese il
potere. Richard venne deposto, imprigionato e poi ucciso, probabilmente per fame, e Henry divenne re col titolo di
Henry IV.
Henry IV era il nipote di Edward III e il figlio di John of Gaunt, Duca di Lancaster; quindi, la sua dinastia era
conosciuta come la Casata dei Lancaster. Per la maggior parte del suo regno, Henry IV dovette combattere
complotti e ribellioni; il suo successo fu in parte grazie alle abilità militari di suo figlio, il futuro Henry V, che
diventerà anche re di Francia, ma muore presto e il successore perde tutti i territori.

La prima guerra dei baroni (1215–1217) fu una guerra civile nel regno d'Inghilterra combattuta dalle forze
di alcuni baroni inglesi ribelli contro re Giovanni Senzaterra, coadiuvate da un corpo di spedizione straniero.
Il Parlamento veniva convocato dal re quando aveva bisogno di soldi per fare campagne militari e aumentava le
tasse con l’approvazione del Parlamento.
Edward II era probabilmente omosessuale, aveva apertamente un amante e una moglie Isabella. Venne punita la sua
omosessualità in modo atroce e Marlowe, bisessuale, scrisse un’opera su Edward II. La regalità del re è passata in
secondo piano. Edward III fa una guerra e decide che lui è il nuovo re di Francia, decide che ha diritto al trono di
Francia. È la Guerra dei Cent’anni. Chaucer partecipa a questa guerra e finirà prigioniero e poi riscattato. Gli ultimi
tre re sono famosi perché Shakespeare ci ha scritto dei drammi, non sono conosciuti per le loro azioni. Per esempio,
Henry V è considerato il re perfetto, perché Shakespeare lo considera così.

Edward III rafforzò il senso di comunità all’interno del suo gruppo con la creazione dell’Order of the
Garter, probabilmente nel 1348. Un piano dal 1344 di ricostruire la Tavola Rotonda di re Artù non venne mai
a compimento, ma il nuovo ordine portò una connotazione di questa leggenda dalla forma circolare della
giarrettiera. Il tempo di guerra passato in Francia da Edward III (1346–7) sembra essere stato determinante per il
suo abbandono del progetto della Tavola Rotonda. Si è visto come le tattiche di guerra usate dagli inglesi a Crécy
nel 1346 erano contrari agli ideali arturiani e resero Artù un paradigma problematico per Edward, soprattutto al
momento dell’istituzione della Giarrettiera. Non ci sono riferimenti ufficiali a Re Artù e la Tavola Rotonda nelle
copie dello Statuto della Giarrettiera del primo 1400 che sono sopravvissute, ma il Garter Feast del 1358 incluse un
gioco della tavola rotonda; inoltre, c’erano alcune sovrapposizioni tra il progetto della compagnia della Tavola
Rotonda e l’Ordine della Giarrettiera. Polydore Vergil racconta di come la giovane Joan of Kent, presumibilmente
la preferita del re al tempo, abbia accidentalmente fatto cadere la giarrettiera a un ballo a Calais. Re Edward ha
risposto al successivo scherno del pubblico annodando la giarrettiera intorno al suo ginocchio con le parole “honi
soit qui mal y pense”, “shame on him who thinks ill of it”. Riempie il Paese di tavole rotonde, bisognava
riprendere gli ideali cavallereschi per combattere contro la Francia.
Edward III fece molti figli:
1. Edward the Black Prince (1330–76), figlio maggiore e suo erede legittimo, nato a Woodstock Palace,
Oxfordshire. Lui morì prima di suo padre, sposando nel 1361 sua cugina cousin Joan, contessa di Kent, con
cui ebbe un figlio: Richard II;
2. William di Hatfield (1337–1337), il secondo figlio, nato ad Hatfield, South Yorkshire, morì poco dopo la
nascita e fu seppellito a York Minster;
3. Lionel di Antwerp, primo duca di Clarence (1338–68), terzo figlio, nel 1352 sposò prima Elisabeth de
Burgh, quarta contessa di Ulster, senza figli maschi, ma la cui figlia femmina era la più vecchia antenata
reale del male issue, but his female issue was the senior royal ancestor of the re di York Edward IV, Philippa,
quinta contessa di Ulster. Discendere da Lionel era la base della richiesta del trono degli York, non la diretta
discesa da parte di padre dal primo duca di York. Inoltre, nel 1368, Lionel sposò Violante Visconti, senza
prole;
4. John of Gaunt, primo duca di Lancaster (1340–1399), quarto figlio, born in Ghent in nella contea delle
Fiandre, la cui città era un importante cliente di lana inglese e quindi la base della ricchezza inglese. Nel
1359, sposò prima la sua lontana cugina Blanche di Lancaster, discendente del primo conte di Lancaster, un
figlio minore di re Henry III. Con Blanche ebbe un figlio: Henry di Bolingbroke, che diventò re Henry IV,
avendo conquistato il trono del suo primo cugino re Richard II. Nel 1371, sposò poi la principessa Costanza
di Castiglia, con cui ebbe un figlio. Nel 1396, si sposò per la terza volta con Katherine Swynford, con cui
ebbe un figlio illegittimo, più tardi legittimato nella House of Beaufort. La sua pronipote Margaret Beaufort
era la madre di Henry VII, che aveva reclamato il treno in quanto rappresentante della discendenza dei
Lancaster. Era legato a Chaucer, che faceva parte della sua cerchia.

(12/04) Meno bellicoso di suo padre o suo nonno, Richard II cercò di mettere fine alla Guerra dei Cent’anni. In
quanto convinto sostenitore della prerogativa reale, Richard limitò il potere dell'aristocrazia e si affidò a un seguito
personale per la protezione militare. A differenza del nonno, Richard coltivò un’atmosfera raffinata centrata
sull’arte e sulla cultura a corte, nella quale il re era una figura esaltata.
Il fatto che il re dipendesse da un piccolo numero di cortigiani causò discontento tra i nobili e nel 1387 il
controllo del governo fu preso da un gruppo di aristocratici conosciuti come i Lords Appellant. Entro il 1389
Richard aveva già riacquisito il controllo e nei seguenti otto anni governò in armonia con la sua opposizione. Nel
1397, si vendicò contro gli Appellants, molti dei quali furono eseguiti o esiliati. I seguenti due anni sono stati
descritti dagli storici come la “tirannia” di Richard. Nel 1399, dopo la morte di John di Ghent, il re diseredò il figlio
di Ghent, Henry Bolingbroke, che era già stato esiliato. Henry invase l’Inghilterra nel giugno 1399 con un piccolo
esercito che crebbe velocemente. Incontrando poca resistenza, depose Richard e si fece incoronare re. Si pensa che
Richard sia stato fatto morire di fame in cattività, nonostante rimangano ancora domande sul suo destino.
Gli eventi principali del Trecento inglese sono la grande carestia (1315-17), la peste nera (1348), la rivolta dei
contadini (1381) e le eresie religiose (1380).

La grande carestia
La Grande carestia (Great Famine) era legata a un evento in cui l’uomo centrava poco, ovvero a un periodo di
riscaldamento seguito da un periodo di era glaciale, possibilmente da un'eruzione di un vulcano. Intorno al 1315
ci fu una pessima stagione con grandissime piogge e i raccolti andarono persi.
La situazione era terrificante, al punto che anche il re non aveva da mangiare. La vita media era intorno ai 30 anni
perché c’era una mortalità infantile altissima.
Gli inglesi trovavano la motivazione della grande carestia e pandemia nel fatto che Dio aveva deciso che c’era
qualcosa che non andava nel mondo. In alternativa, erano stati gli ebrei che inquinavano i corsi d’acqua,
nonostante in Inghilterra non ci fossero gli ebrei, perché erano stati cacciati nel secolo precedente. L’antisemtismo
derivava dal fatto che gli ebrei potevano prestare prestiti a usura perché la loro religione non lo proibiva.

La grande carestia iniziò con il maltempo nella primavera del 1315, quando in gran parte dell'Europa iniziarono
piogge insolitamente intense. Per tutta la primavera e l'estate ha continuato a piovere e la temperatura è rimasta
fresca. In tali condizioni, il grano non poteva maturare, portando a diffusi fallimenti del raccolto. I fallimenti dei
raccolti durarono dal 1316 fino al raccolto estivo del 1317 e l'Europa non si riprese completamente fino al 1322. I
fallimenti dei raccolti non furono l'unico problema; la malattia del bestiame ha causato una diminuzione del numero
di ovini e bovini fino all'80%. Il periodo è stato caratterizzato da livelli estremi di criminalità, malattie, morte
di massa e persino cannibalismo e infanticidio. Il culmine della carestia fu nel 1317, mentre il tempo piovoso
continuava. In quell'estate, il tempo tornò alla normalità. A quel punto, le persone erano così indebolite da malattie
come la polmonite, la bronchite e la tubercolosi, e così tanto dello stock di semi era stato mangiato, che fu solo nel
1325 che l'approvvigionamento alimentare tornò a livelli relativamente normali e la popolazione iniziò ad
aumentare. Gli storici discutono sul bilancio, ma si stima che sia morto il 10-25% della popolazione di molte città e
paesi. Sebbene la peste nera (1347-1351) uccidesse più persone, spesso si diffondeva in un'area nel giro di pochi
mesi, mentre la grande carestia si protrae per anni, prolungando le sofferenze della popolazione.

La peste
La morte nera fu una pandemia di peste bubbonica, che raggiunse l'Inghilterra nel giugno del 1348. La peste fu
diffusa dai topi e da individui che erano stati infettati nel continente. Il primo caso noto in Inghilterra fu un
marinaio che arrivò a Weymouth, nel Dorset, dalla Guascogna nel giugno 1348. In autunno, la peste aveva
raggiunto Londra e nell'estate del 1349 coprì l'intero paese, prima di spegnersi entro dicembre.
Le stime basse della mortalità all'inizio del XX secolo sono state riviste al rialzo a causa del riesame dei dati e di
nuove informazioni, e una cifra del 40-60% della popolazione è ampiamente accettata. Nel 1361-1362 la peste
tornò in Inghilterra, questa volta causando la morte di circa il 20% della popolazione.
La conseguenza più immediata fu l'arresto delle campagne della Guerra dei cent'anni, ma tra le conseguenze più
immediate della peste nera in Inghilterra vi fu una carenza di manodopera agricola e un corrispondente
aumento dei salari. La visione del mondo medievale non era in grado di interpretare questi cambiamenti in termini
di sviluppo socio-economico, e divenne invece comune incolpare la morale degradante. Le classi proprietarie
videro l'aumento dei livelli salariali come un segno di sconvolgimento sociale e insubordinazione e reagirono con la
coercizione. Nel 1349, il re Edoardo III approvò l'ordinanza dei lavoratori, fissando i salari ai livelli pre-peste.
L'ordinanza fu rafforzata dall'approvazione da parte del Parlamento dello Statuto dei lavoratori nel 1351. La rivolta
dei contadini del 1381 fu in gran parte il risultato del risentimento delle classi inferiori e anche se la ribellione fu
soppressa, a lungo termine la servitù della gleba finì in Inghilterra.

La peste ritorna anche ai tempi di Shakespeare (1564) infatti i teatri sono costretti a chiudere. La conseguenza
storica è la fine della Guerra dei Cent’anni perché non ci sono più i soldati e le risorse. Non c’è più manodopera, i
contadini alzano i prezzi, ciò crea un meccanismo: differenze tra Londra e la campagna. Si crea un risentimento
verso Londra perché si credeva che consumasse per un intera nazione. La grande carestia del 1315-1317
(occasionalmente datata 1315-1322) fu la prima di una serie di crisi su larga scala che colpirono l'Europa all'inizio
del XIV secolo. La maggior parte dell'Europa (che si estende a est fino alla Russia ea sud fino all'Italia) è stata
colpita. La carestia causò molte morti per un lungo numero di anni e segnò una chiara fine del periodo di
crescita e prosperità dall'XI al XIII secolo.

L’eresia lollarda
La peste era considerata una conseguenza della corruzione, ma dato che iniziano a morire anche i sacerdoti,
questo vuol dire che anche la Chiesa era corrotta. L’insoddisfazione verso il clero portò all'anticlericalismo e
all’ascesa di John Wycliffe, un insegnante di Oxford che traduce la Bibbia per conto suo senza chiedere permesso
ai sacerdoti. Viene cacciato proprio quando inizia la rivolta dei contadini.
I lollardi erano i suoi seguaci e consegnano il documento “Twelve Conclusions of the Lollards”, affiggendiole
sulle porte della Westminster Hall nel 1395, che conteneva tutto quello che la Chiesa dice senza trovare riscontro
nella Bibbia. I lollardi verranno perseguitati dopo tali dichiarazioni.
Le richieste dei Lollardi erano principalmente per la riforma del cristianesimo occidentale. Sebbene non siano
affatto una dichiarazione centrale di fede dei Lollardi, le Dodici Conclusioni rivelano alcune idee di base dei
Lollardi:
1. la prima Conclusione rifiuta l'acquisizione di ricchezze temporali da parte dei leader della Chiesa,
poiché l'accumulo di ricchezze li allontana dalle preoccupazioni religiose e verso l'avidità;
2. la quarta Conclusione riguarda il punto di vista di Lollardi secondo cui il Sacramento dell'Eucaristia è una
dottrina discutibile che non è chiaramente definita nella Bibbia: se il pane rimane pane o diventa il corpo
letterale di Cristo non è specificato in modo uniforme nei Vangeli;
3. la sesta Conclusione afferma che i funzionari della Chiesa non dovrebbero occuparsi di questioni
secolari quando ricoprono una posizione di potere all'interno della Chiesa, poiché ciò costituisce un conflitto
di interessi tra le questioni dello spirito e le questioni dello Stato;
4. l'ottava Conclusione sottolinea il ridicolo, nella mente dei Lollardi, del rispetto che è diretto verso le
immagini della sofferenza di Cristo;
5. credendo in un sacerdozio universale, i Lollardi sfidavano l'autorità della Chiesa per investire o negare
l'autorità divina di fare sacerdote un uomo. Negando qualsiasi status speciale al sacerdozio, i Lollardi
ritenevano che la confessione a un sacerdote non fosse necessaria poiché secondo loro i sacerdoti non
avevano la capacità di perdonare i peccati;
6. contestarono anche la pratica del celibato clericale.

Inizialmente Wycliffe e i Lollardi furono protetti da Giovanni di Gaunt e altra nobiltà anticlericale, che
potrebbe aver voluto utilizzare la riforma clericale sostenuta da Lollard per acquisire nuove fonti di reddito dai
monasteri inglesi. L'Università di Oxford ha anche protetto Wycliffe e accademici simili sulla base della libertà
accademica e, inizialmente, ha consentito a tali persone di mantenere le loro posizioni nonostante le loro opinioni
controverse. I lollardi affrontarono per la prima volta gravi persecuzioni dopo la rivolta dei contadini del
1381. Mentre Wycliffe e altri lollardi si opposero alla rivolta, uno dei leader dei contadini, John Ball, predicò la
lollardia.
Prima del 1382, le convinzioni dei Lollardi erano tollerate dal governo poiché credevano nella superiorità reale.
Tuttavia, il governo e i reali erano titubanti, poiché non volevano incoraggiare i sudditi a criticare i poteri religiosi.
Anche se i lollardi hanno origine dagli scritti di John Wycliffe, non ebbero una dottrina centrale: essendo un
movimento decentralizzato, i lollardi non ebbero né proposero una singola autorità. Il movimento si associava
a molte idee diverse, e i singoli lollardi non dovevano concordare necessariamente con ogni principio.
Fondamentalmente i lollardi erano anticlericali: ritenevano che la Chiesa romana fosse corrotta in molti modi e
guardavano alle scritture come unica base della loro religione. Per fornire un'autorità alla religione al di fuori
della chiesa, i lollardi diedero il via al movimento andando verso una traduzione della Bibbia in vernacolo; lo stesso
Wycliffe nelle sue opere ne tradusse molti passaggi.

La rivolta dei contadini


Durante il Trecento, nascono nuovi rappresentanti con una mentalità diversa incentrata sul commercio e lo
scambio con altri Paesi. Per esempio, Chaucer è venuto in Italia sia per scambi commerciali con il ducato di
Milano sia perché lavorava a servizio del re.
La rivolta ha coinvolto gli abitanti delle campagne i quali, a causa di una crisi generale dell'economia inglese che
perdurava ormai da anni dovuta alla politica feudale di sfruttamento delle terre coltivate impiegando
lavoratori sottopagati e spesso ridotti nella condizione di servi della gleba e da riforme agrarie fallimentari,
cercavano in qualche modo di cambiare tale situazione soprattutto con le convinzioni maturate a seguito
dell'imperversare della peste nera, secondo le quali presto si sarebbe verificata la "seconda venuta di Cristo", che
avrebbe eliminato tutte le distinzioni sociali e portato maggiore equità. Ad aggravare la situazione contribuì lo
"Statuto dei Lavoratori" del 1351, il quale impediva ai contadini e agli abitanti delle città di ricevere un
aumento dei salari, causato dalla diminuzione della manodopera in seguito alla pestilenza, nonché di
allontanarsi dai loro luoghi di residenza in cerca di condizioni di lavoro più favorevoli. L'ultimo fattore
scatenante della rivolta fu l'intervento di un funzionario reale, John Bampton, nell'Essex il 30 maggio 1381. I suoi
tentativi di riscuotere le tasse elettorali non pagate a Brentwood si conclusero con uno scontro violento, che si
diffuse rapidamente nel sud-est del Paese.
Questi fatti sfociarono quindi nella rivolta del 1381, quando, verso la fine di maggio dello stesso anno, un gruppo
di contadini si raccolse nella valle del Tamigi e cominciò a marciare su Londra, bruciando e devastando varie
abitazioni, dopo aver catturato e assassinato Simon Sudbury, l'Arcivescovo di Canterbury. A Londra una
delegazione di rivoltosi, capeggiati da Wat Tyler e John Ball, incontrarono il re Riccardo II affinché apportasse
miglioramenti per quanto riguardava la loro condizione.
I ribelli chiesero una riduzione delle tasse, la fine della servitù e la rimozione degli alti funzionari e dei tribunali
di re Riccardo II. Ispirato dai sermoni del religioso radicale John Ball e guidato da Wat Tyler, un contingente di
ribelli del Kent avanzò su Londra. Furono accolti a Blackheath da rappresentanti del governo reale, che tentarono
senza successo di convincerli a tornare a casa. Re Riccardo, allora quattordicenne, si ritirò al sicuro nella Torre
di Londra, ma la maggior parte delle forze reali si trovava all'estero o nel nord dell'Inghilterra. Il 13 giugno i ribelli
entrarono a Londra e, raggiunti da molti cittadini locali, attaccarono le carceri, distrussero il Palazzo Savoia,
diedero fuoco ai libri di legge e agli edifici del Tempio e uccisero chiunque fosse associato al governo reale. Il
giorno seguente, Richard incontrò i ribelli a Mile End e acconsentì alla maggior parte delle loro richieste, inclusa
l'abolizione della servitù. Nel frattempo, i ribelli sono entrati nella Torre di Londra, uccidendo Simon Sudbury,
Lord Cancelliere, e Robert Hales, Lord High Treasurer, che hanno trovato all'interno.Il 15 giugno Richard
lasciò la città per incontrare Tyler e i ribelli a Smithfield. La violenza è scoppiata e la festa di Richard ha ucciso
Tyler. Richard ha disinnescato la situazione di tensione abbastanza a lungo da consentire al sindaco di Londra,
William Walworth, di radunare una milizia dalla città e disperdere le forze ribelli. Richard iniziò immediatamente a
ristabilire l'ordine a Londra e revocò le sue precedenti sovvenzioni ai ribelli.

Scrittori, lettori, lingua e cicli letterari nel Medioevo


(17/04) Il medievalismo è un sentimento che nasce dall’impossibilità di tornare al Medioevo.
San Bonaventura (1217?-1274), nel Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo afferma che ci sono quattro
maniere per fare un libro:
1. “a volte un uomo scrive le parole di altri, senza aggiungere né togliere nulla; ed è semplicemente
chiamato copista”, scriptor;
2. “a volte un uomo scrive le parole di altri, mettendo insieme brani che non sono suoi; ed è chiamato
compilatore”, compilator;
3. “a volte un uomo scrive sia le parole di altri che le proprie, ma mettendo al primo posto le parole degli
altri e aggiungendo le sue solo con lo scopo di chiarificazione; ed è chiamato non autore ma commentatore”,
commentator;
4. “a volte un uomo scrive le sue parole e quelle di altri, ma mettendo le sue al primo posto e utilizzando
quelle degli altri solo per rafforzare le sue idee; e dovrebbe essere chiamato autore”, auctor. Questo è ciò
che si avvicina di più all’idea di scrittore che abbiamo oggi.

Ciò che manca è l’originalità, come elemento positivo: per noi un’opera d’arte deve essere originale. Nel
Medioevo c’era una mentalità opposta, ogni testo era legato a un testo precedente, che magari veniva
riadattato. Shakespeare, per esempio, riprende storie dal passato: la storia di Romeo e Giulietta è stata raccontata
in mille modi diversi. Nel 1800 questa mentalità inizia a decadere.
Anche le traduzioni sono un elemento fondamentale. La questione era socialmente importante soprattutto a livello
religioso. Nello schema di Bonaventura manca il “translator”, non c’è la possibilità di un autore che utilizzi
solo parole proprie, la composizione e la riproduzione di copie sono messe sullo stesso piano. I ruoli potevano
facilmente cambiare.
Layamon, scrittore il cui nome sta per laico, scrive in Middle English e in versi il Brut (ca. 1190-1215), una
riscrittura del Roman de Brut di Robert Wace e della Historia Regum Britanniae di Geoffrey di Monmouth,
diventando così un’opera di traduzione e riscrittura. Nel prologo dice che, pensando di scrivere una storia dei
Britanni, viaggiò e si procurò dei libri nobili che prese come modelli. Secondo lo schema di San Bonaventura,
Layamon sarebbe un compilator, se non addirittura un copista.
Anche le opere di Chaucer sono tutte scopiazzate con dei cambiamenti non secondari.
A volte, però, gli autori mentono: si fingono compilators quando invece non lo sono. Per esempio, dei tre libri citati
da Layamon, egli ne usa sostanzialmente uno solo.

C’era una visione pessimistica del presente, che portava inevitabilmente a un sentimento di nostalgia per il
passato. Per esempio, scriveva John of Salisbury a proposito di Bernardo di Chartres: “Diceva Bernardo di
Chartres che noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane,
non certo per l'acume della vista o l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura
dei giganti”. Oppure Chaucer, nella Legend of good women, datato circa alla fine del XIV secolo scriveva: “Perché
so bene che della gente ha prima di me // Mietuto il raccolto della poesia e portato via il grano; // Io vengo dopo,
spigolando qui e là, // E sono pienamente felice se posso trovare una spiga // Di ogni buona parola che hanno
lasciato.
L’idea del passato glorioso da imitare viene portata avanti fino al Post-modernismo; per esempio si ritrova in
The Wasteland di T.S. Eliot e, in particolar modo, in questi versi:

I sat upon the shore


Fishing, with the arid plain behind me
Shall I at least set my lands in order?
London Bridge is falling down falling down falling down
Poi s’ascose nel foco che gli affina
Quando fiam uti chelidon—O swallow swallow
Le Prince d’Aquitaine à la tour abolie
These fragments I have shored against my ruins
Why then Ile fit you. Hieronymo’s mad againe.
Datta. Dayadhvam. Damyata.
Shantih shantih shantih

Il caso del Brut è tipico. In questa grande età del manoscritto, le condizioni favorivano una certa intertestualità o
interdipendenza fra i testi. Poche opere hanno quell’indipendenza totale a cui aspirano in genere gli scrittori
moderni; la maggior parte sono collegate ad altri testi da un certo grado di compilazione, traduzione o anche
semplice trascrizione. Eppure questa dipendenza da altri testi si rivela in parte illusoria. Lo scrittore stesso
contribuirà a creare quest’illusione di dipendenza assumendo il ruolo di compilatore quando invece sta usando le
sue parole in prima persona. L’atto creativo dell’autore è nascosto al lettore, come per proteggerlo o per scusarlo (J.
Burrow).

Nel Medioevo la figura del menestrello era fondamentale. I menestrelli andavano a corte ed intrattenevano per
lavoro, recitavano dei lunghi poemi, cantavano, facevano acrobazie. Nelle loro esibizioni si aggiungevano o
toglievano delle parti e per questo la performance era sempre diversa. Un cambiamento nella moda che avrebbe
avuto un enorme effetto sul panorama intellettuale della fine del XIV secolo fu il declino del menestrello
professionista. Gli intrattenitori a tutto tondo che combinavano canto, recitazione, musicalità e talvolta anche
acrobazie ebbero il loro periodo di massimo splendore nel XIII secolo; dal XIV secolo, a corte, il termine
“menestrello” doveva “perdere i suoi connotati letterari e assumere il senso di un mero intrattenitore popolare,
generalmente un musicista” (R.F. Green). Artisti come musicisti, cantanti e acrobati sono diventati più
specializzati e più di fascia bassa. Allo stesso tempo, poeti e autori si sono spostati verso l'alto. Il menestrello
che recitava o cantava a memoria una nota poesia divenne fuori moda nella nuova cultura di corte. Il monarca
moderno desiderava affermare i propri gusti e la propria reputazione di letterato
Lo stesso Chaucer prende in giro i romanzi popolari memorizzati dai menestrelli: nella sua veste di pellegrino
Geoffrey in The Canterbury Tales, confessa a Harry Bailey, il padrone di casa, di conoscere solo un racconto, The
Tale of Sir Thopas, ed è una poesia che ha affidato alla memoria molto tempo fa, ma non va oltre l'inizio del terzo
"attacco" prima che Harry Bailey lo interrompa e fornisca quella che potrebbe essere la stima personale di Chaucer
dell'arte del menestrello professionista.

(18/04) Il concetto di originalità delle opere non c’era. Spesso le storie che raccontavano erano già in circolazione,
ma non in quella forma. Quando leggiamo Chaucer vediamo che prende storie da altri autori o dal folklore. C’era
anche riferimento alla cultura classica: c’è la sensazione di essere in un momento di decadenza quindi bisogna
prendere ispirazione dalla classicità.
Secondo la teoria di Bloom, gli scrittori non vanno d’accordo gli uni con gli altri, ma si odiano; quando uno
scrittore entra nella scena ci sono dei modelli e si scatena una sorta di lotta per la supremazia, che si chiama
ansia dell’influenza, per cui ogni autore cerca di trovarsi il proprio spazio di originalità.
I menestrelli erano gli intrattenitori medievali. Tramandavano le opere oralmente, che venivano cambiate di volta in
volta. Rimaneva l’idea di fondo che la letteratura fosse intrattenimento. Questa concezione si ritrova anche nella
letteratura latina: la letteratura ha un doppio scopo, insegnare e dilettare. Il teatro era invece considerato appena
sopra alle lotte tra animali. La visione del teatro cambia, perché inizialmente per Shakespeare è solo
intrattenimento.
Nel Medioevo l’alfabetizzazione era bassissima e chi sapeva leggere era perché serviva per lavoro. La maggior
parte delle opere letterarie era quindi orale. Negli anni di Chaucer si vede un innalzamento dell’alfabetizzazione
con l’ascesa della borghesia.

Le persone nel Medioevo trattavano i libri nella maniera in cui oggi sono trattati gli spartiti musicali. Infatti, la cosa
normale da fare con un testo letterario scritto era di rappresentarlo, leggendolo o cantandolo ad alta voce. Leggere
equivaleva a recitare. Anche il lettore solitario molto spesso leggeva ad alta voce, o almeno sottovoce, le
parole del suo testo e la maggior parte delle letture non era solitaria.
Ma gli scritti inglesi di questo periodo in Middle English non erano composti esclusivamente per l’orecchio. Gli
anni fra il 1100 e il 1500 videro un grande aumento dell’alfabetizzazione e questo significava non solo che più
persone sapevano leggere e scrivere, ma anche che queste persone cominciarono a dipendere in misura sempre
maggiore da quelle attività. Uno stadio importante di questo processo è raggiunto quando il lettore solitario si
libera dalla sua dipendenza dal suono. Chaucer mostra di aver raggiunto quel livello avanzato di alfabetismo:
frequentava ambienti in cui la lettura silenziosa doveva essere insolitamente comune.
La tradizione poetica che Chaucer, Gower e i loro successori ereditarono era adattata in vari modi alla consuetudine
della divulgazione orale, e quella consuetudine era ancora diffusa al loro tempo, negli ambienti popolari ma anche
nella buona società. Ma uomini come Chaucer o Gower non erano certo menestrelli: si avvicinavano piuttosto
a quelli che in tempi moderni sarebbero stati chiamati uomini di lettere (J. Burrow).
Chaucer stesso si descrive come un lettore silenzioso in The House of Fame:

For whan thy labour doon al is,


And hast mad alle thy rekeninges,
In stede of reste and newe thinges,
Thou gost hom to thy hous anoon;
And, also domb as any stoon,
Thou sittest at another boke,
Til fully daswed is thy loke, [...]

La poesia più antica della letteratura inglese è il Caedmon’s Hymn (ca. 658-680) scritta in Old English. La
caratteristica principale sono le allitterazioni: le parole iniziano con lo stesso suono, cosa che aiuta chi deve
imparare a memoria i versi. Nel momento in cui la gente non sapeva leggere e scrivere la memoria era molto più
sviluppata.
Molto simile è il primo passo del Sir Gawain and the Green Knight (ca. 1370). Non sappiamo autore o data ma è
stato ritrovato un unico manoscritto. Nonostante la lingua sia più comprensibile, l’allitterazione è rimasta. Ci sono
anche segni che indicano che la lingua letteraria è principalmente orale come Þ e ȝ. Il Sir Gawain è una delle prime
opere che usano forme di anglosassone e lingua francese, per esempio mischiando la rima della tradizione
francese e l’allitterazione inglese.
In realtà, qui si tratta di un revival allitterativo: nessuno utilizzava più l’allitterazione nel 1300, ma alcuni
autori iniziano a riutilizzarla; il Sir Gawain è uno di questi casi.

SIÞEN þe sege and þe assaut watz sesed at Troye,


Þe borȝ brittened and brent to brondeȝ and askez,
Þe tulk þat þe trammes of tresoun þer wroȝt
Watz tried for his tricherie, þe trewest on erthe:
Hit watz Ennias þe athel, and his highe kynde,
Þat siþen depreced prouinces, and patrounes bicome
Welneȝe of al þe wele in þe west iles.
Fro riche Romulus to Rome ricchis hym swyþe,
With gret bobbaunce þat burȝe he biges vpon fyrst,
And neuenes hit his aune nome, as hit now hat;
Tirius to Tuskan and teldes bigynnes,
Langaberde in Lumbardie lyftes vp homes,
And fer ouer þe French flod Felix Brutus
On mony bonkkes ful brode Bretayn he settez
wyth wynne,
Where werre and wrake and wonder
Bi syþez hatz wont þerinne,
And oft boþe blysse and blunder
Ful skete hatz skyfted synne.

La lingua di Chaucer è ancora più comprensibile e fa ancora più affidamento sulla rima, che nel Prologo è
l’elemento centrale.

(19/04) Fino alla scoperta della stampa alla fine del 1400 i testi erano manoscritti su carta o pergamena e il
numero di manoscritti che ci rimangono è significativo perché vediamo quanto era diffusa. Per esempio, le
Canterbury Tales hanno tantissimi manoscritti, anche con un certo valore, perché avevano diversi disegni. Il Sir
Gawain si trova invece in un unico manoscritto, quindi era meno diffuso. Comunque non è detto che ci siano
arrivati tutti i manoscritti. Quando prende piede la stampa gran parte delle opere non hanno più forma
manoscritta.
Non c’è concordanza piena tra i manoscritti, che avevano differenze significative: è importante vedere in che
edizione si leggono queste opere. Un esempio è la ritrazione che Chaucer fa alla fine delle Canterbury Tales. Alcuni
editori inseriscono alla fine dei versi dove l’autore rinnega le Canterbury Tales in quanto “testo lussurioso”, mentre
altri no.

Nella letteratura medievale esistono delle liriche dedicate alla natura che derivano dal mondo celtico. Le
radici celtiche erano forti soprattutto in aree periferiche della Gran Bretagna, come il Galles, la Cornovaglia e la
Scozia.
Alcuni aspetti della cultura celtica, che non c’entra niente con la lingua germanica, si vedono nel Sir Gawain e non
si mischia quasi mai con l’Old-Middle English. Questo non significa che le opere celtiche tradotte in inglese non
abbiano una certa risonanza. Per esempio, il cavaliere verde è verde forse per un errore: poiché in gaelico green
significa grigio, il cavaliere era grigio, riferendosi alla morte, dando un’immagine negativa.
Nella poesia anglosassone ci sono tantissime liriche per la natura, liriche religiose e poemi epici che
raccontano battaglie contro i Vichinghi. Nella letteratura medievale dopo il 1100, in seguito all’invasione
normanna, non funziona l’idea di letteratura nazionale, poiché le lingue che venivano parlate in Inghilterra
erano tre, il francese normanno a corte, l’anglosassone dal popolo e il latino come lingua della cultura. È
difficile definire le opere nazionali. Ci sono delle opere in francese scritte in Inghilterra, oppure Beowulf è scritto in
Old English, ma senza alcun riferimento alla cultura anglosassone.

Jean Bodel, poeta francese del XII secolo, scrive un distico in rima, in cui spiega che ci sono tre cicli narrativi:

Ne sont que III matières à nul homme atandant,


De France et de Bretaigne, et de Rome la grant.
"Not but with three matters no man should attend:
Of France, and of Britain, and of Rome the grand."

I cicli narrativi sono:


1. la materia di Britannia (Matter of Britain o Matière de Bretagne) è l'insieme delle leggende sui Celti e la
storia mitologica delle Isole britanniche e della Bretagna, in particolar modo quelle riguardanti re
Artù e i suoi cavalieri della Tavola Rotonda;
2. la materia di Francia (Matter of France o Matière de France), noto anche come ciclo carolingio, è
l’insieme delle leggende associate con la storia di Francia, in particolare quelle riguardanti Carlo
Magno;
3. la materia di Roma (Matter of Rome o Matière de Rome) è un insieme di opere letterarie riguardanti la
mitologia greca e romana e le figure storiche dell'antichità classica. Tutti i protagonisti vengono visti
come cavalieri e all'interno della narrazione sono presenti i tipici tratti della società cortese. Vengono
quindi introdotti altri elementi, come storie d'amore e tornei militari, totalmente mancanti nelle fonti
originali. un esempio è King Orfeo, oppure la Knight’s tale delle Canterbury Tales.

Sir Gawain and the Green Knight


Sir Gawain fa parte della materia di Britannia. È un’opera ambientata nella corte di re Artù. Non sappiamo se re
Artù sia esistito davvero, potrebbe essere stato un personaggio della storia romana, comunque lo si trova nelle
leggende gallesi. Lo si cita come grande guerriero, non come re, e, secondo alcune fonti, era un cristiano contro i
pagani. Le fonti celtiche non spiegavano chi fosse perché era un modello di valore.
La prima narrazione seria di Artù ce l’abbiamo nell’Historia Regum Britanniae di Geoffrey of Monmouth (1138),
in cui per metà della sua opera parla dei re britannici, di cui alcuni inventati, e poi la seconda parte è basata
su Mago Merlino e re Artù. Il problema dei traduttori arriva quando le opere venivano tradotte dal latino (ex. il
nome del mago era Myrdin → Myrdinus → Merdino → viene cambiato in Merlino). Merlino nei cicli arturiani si
invaghisce di una fanciulla e lei lo obbliga a rivelargli i suoi segreti magici, quindi lei lo imprigiona in eterno in una
roccia. Nell’Historia Regum Britanniae Artù è un re potente, che conquista l’Inghilterra e la Francia, ma prima di
conquistare Roma viene a sapere che in Inghilterra, dove aveva lasciato il trono e la moglie Ginevra, il figlio ha
fatto un colpo di Stato autoincorosnandosi re, quindi abbandona Roma e combatte il figlio, poi se ne va dicendo che
tornerà nel caso di altre invasioni. È un re giovane, forte.
Questa storia viene trasformata in un poema. La versione della storia diventa in anglosassone grazie a Wace, che
riscrive la storia di Artù in versi. Poi viene scritta anche in Middle English. Ci sono differenze nelle varie edizioni:
in Geoffrey of Monmouth non è citata la tavola rotonda e quindi Lancillotto e Sir Gawain, che vengono introdotti
con l’edizione in Middle English.
Dal Galles questa storia passa attraverso la corte inglese, in Bretagna e poi compare nel sud della Francia.
Chrétien de Troyes impone questa leggenda in ambito francese e dà sempre più importanza ai cavalieri e Artù si
trasforma in un vecchio re, cornificato con Lancillotto che ha una relazione con Ginevra. Lancillotto è il
cavaliere migliore per la Francia, Galvano per l'Inghilterra. La differenza è che mentre Gawain cerca l’amore fuori
dalla corte, Lancillotto si innamora della moglie di Artù. In Francia queste opere che sono in versi diventano
romanzi in prosa e comincia la stagione del romanzo francese, in cui si raccontano queste storie che si
intrecciano, come nel caso di Tristano, che nel XIII secolo diventa a tutti gli effetti un cavaliere della corte di Artù.
Questi romanzi poi ritornano in Inghilterra, nonostante la diffusione maggiore sia in Francia. Nella storia arturiana
viene introdotto un altro elemento, la storia del Graal, altro esempio di fallimento della corte arturiana.
Anche in Inferno V, quando si parla dell’amore di Paolo e Francesca, si cita Lancillotto e le sue storie. Non c’è
bisogno da parte di Dante di dire che storia è perché è già conosciuta. In realtà, la diffusione della storia di Artù è
più antica: nella cattedrale di Otranto del 1160 si vede una raffigurazione di Re Artù; sulla porta della pescheria
della cattedrale di Modena, risalente a metà del XII secolo, si racconta la storia di Artù di Geoffrey di Monmouth.
Sono i crociati verso la Terra Santa che raccontavano queste storie e che le diffondono dal Galles in tutta Europa.
Questo significa che queste opere colpivano l’immaginario dell’epoca.

In Sir Gawain and the Green Knight, prima di arrivare alla corte di Artù, nell’opera c’è un frame narrativo che
descrive lo scenario da lontano, e occupa le prime due stanze. A partire dalla terza stanza inizia la narrazione vera e
propria presso la corte di Re Artù a Camelot durante le feste natalizie. I cavalieri sono a tavola (non la tavola
rotonda, non si segue la linea di Wace), i migliori cavalieri sono in alto, mentre i peggiori in basso nella tavola,
quindi non c’è l’idea di parità che c’era con la tavola rotonda. Artù non vuole però iniziare a mangiare al
banchetto, sta aspettando qualcosa: l’avventura. Artù vuole o un’avventura o che qualcuno racconti un’avventura:
per lui, raccontare l’avventura o viverla è la stessa cosa.
In effetti l’avventura si presenta, prima che si inizi a mangiare arriva a corte un cavaliere verde ed è un
gigante, che dice di essere lì per sfidare i cavalieri di Artù per vedere se sono davvero così forti come si dice,
lancia quindi questo beheading game, senza indicare il posto dove effettivamente si sarebbe trovato. Nessuno si
muove, i cavalieri di Artù capiscono che c’è qualcosa sotto, a quel punto il cavaliere verde li provoca e rilancia la
sfida, al ché Artù non ne può più e si offre volontario. Viene bloccato da Galvano, che si offre al suo posto e così
fa, prende la scure e taglia la testa al cavaliere verde, la testa rotola fra i piedi di Artù, il cavaliere gigante la
segue, la recupera e questa parla, invitando Galvano a raggiungerlo nella sua green chapel dopo un anno.
Ancora non si sa dove sia questa cappella verde. Il cavaliere se ne va, Artù è soddisfatto e annuncia che si può
tornare a mangiare poiché l’avventura c’è stata, Galvano invece non è così contento in quanto capisce di essere
caduto in una trappola che avrebbe dovuto scontare dopo un anno.
Dopo un anno, appunto, Galvano parte a inizio novembre. Il giorno prima di Natale Galvano inizia a disperarsi
perché non trova il cavaliere verde, prega la Madonna e, immediatamente gli appare davanti un castello
bellissimo in un paesaggio gelato e freddo. Lo fanno entrare subito in quanto lo riconoscono come grande
cavaliere di Artù, tutti lo accolgono come una celebrità. Sir Bertilak lo accoglie e lo invita a restare. Passato Natale
sa di dover ripartire alla ricerca del cavaliere verde e lo comunica a Bertilak, il quale esprime la sua sorpresa, in
quanto il posto che Galvano cercava era a poche miglia dal castello, quindi lo invita a fermarsi da loro qualche altro
giorno (fino a capodanno). Nel frattempo gli propone una gara, l’exchange of winnings: Bertilak sarebbe andato
a caccia ogni giorno e gli avrebbe portato quel che aveva cacciato, in cambio voleva quello che Galvano
aveva vinto ogni giorno. Galvano però è rimasto nel castello, ma non guadagna. Però ogni mattina viene
svegliato dalla moglie di Bertilak, che lo tenta, il primo giorno gli dà solo un bacio, la sera quando Bertilak torna
dalla caccia, in cambio Galvano gli dà un bacio sulla guancia. Il terzo giorno la moglie arriva con intenzioni serie,
vestita in un certo modo, è molto esplicita e non vuole andarsene, Galvano, a costo di non essere cortese per non
tradire la fiducia di Bertilak, diventa rude, c’è comunque un terzo bacio, vuole però un dono, lui non ha nulla,
tuttavia allora è lei a proporgli qualcosa, vuole dargli un anello. Lui rifiuta, lei dice “siccome sei così rude ti
regalerò un’altra cosa” gli dà una cintura con la quale se si ha non si può rimanere feriti o morire. Siccome
avrebbe dovuto affrontare il cavaliere verde, accetta questo dono. La sera, quando c’è lo scambio dei doni, scambia
il terzo bacio ma non dà a Bertilak la cintura. Il giorno dopo, nella quarta parte dell’opera, Galvano si reca con uno
scudiero offerto da Bertilak a cercare il cavaliere verde, lo scudiero dice che è molto cattivo il cavaliere, è il più
cattivo di tutti e uccide chiunque incontri. Galvano procede comunque, va a cercare la cappella del cavaliere verde,
ma non lo trova. Sente un rumore fastidioso, è il cavaliere verde che sta affilando la sua ascia. Galvano, cavaliere
valente, dice “sono pronto, sono qui per rispettare il patto”, il cavaliere verde tira su la sua ascia, sta per colpirlo,
ma Galvano si muove, il cavaliere gli dà del vigliacco, Galvano gli chiede di riprovare, il cavaliere verde si ferma e
dice “volevo vedere se ti muovevi”, al terzo cavaliere lo colpisce ma lo ferisce appena. Alla fine il cavaliere verde
è Bertilak, gli dice di tornare a banchettare, Galvano si colpevolezza sentendosi poco valoroso e torna alla
corte di Artù. Tutto questo è causa della Fata Morgana, la sorellastra di Artù.
Galvano torna alla corte di Artù, tutti lo credono morto, ma triste, non si sente un vero cavaliere. Tutti lo
rassicurano, dicendo che tutti avrebbero indossato la cintura verde in suo onore. Galvano è un vero cavaliere, con
un piccolo peccato, ma che lo rende umano. Ha indossato la cintura perché ama la vita e non la morte.

(26/04) Il ciclo arturiano inizia intorno al 1600, con le storie gallesi. È una storia che si colloca sia in Galles sia
in Francia e poi in Inghilterra. Le storie che circolano non sono mai originali. Intorno al 1600 un certo Gododdin
cita il ciclo di Artù per la prima volta. Il nome di Artù è di derivazione latina. Nelle cronache gallesi è un guerriero
della battaglia di Maldon. Geoffrey of Monmouth racconta la storia di Artù come se fosse una storia vera e propria,
non una fiction, mostrandolo come re. Nel 1155 viene tradotto in anglonormanno da Wace introducendo
l’elemento della Tavola rotonda, che indica che il re non è superiore agli altri, bensì uguale. Nel 1160-80
Chrétien de Troyes in Francia scrive romanzi arturiani in versi. In Inghilterra alla fine 1190 vengono trovate le
supposte ossa di Artù. A inizio del 1200 diventa un romanzo in prosa che diventa tutta la storia di Artù, con
stile di interlace, un modo di raccontare in cui tutte le storie si intrecciano. Alla fine del 1300 esce Sir Gawain,
il più grande cavaliere della Tavola rotonda secondo il ciclo arturiano inglese. Sir Thomas Malory, in carcere, scrive
la Morte Darthur, che dovrebbe essere il romanzo francese senza l’interlace; è considerato uno dei primi
romanzi inglesi. È una delle prime opere che vengono stampate in Inghilterra, dopo le Canterbury Tales. Il Graal è
l’elemento che entra nella leggenda arturiana in Francia, manca completamente di tutto quello che sono le opere
arturiane precedenti e rappresenta il fallimento della cavalleria arturiana. Come secondo l’immagine della ruota
della fortuna, quando Artù è all’apice succede qualcosa, la morte di Mordred, che porta al fallimento. Nessuno
riesce a prendere il Graal, potenziando l’idea del decadimento della corte di Artù.

Eleonora d'Aquitania (Bordeaux, 1122 – Fontevrault, 1º aprile 1204) fu duchessa d'Aquitania e Guascogna e
contessa di Poitiers dal 1137 alla sua morte, regina consorte di Francia dal 1137 al 1152 e poi d'Inghilterra dal 1154
al 1189. In quanto erede della casata dei Poitiers, governanti nella Francia sud-occidentale, fu una delle donne più
ricche e potenti dell'Europa occidentale durante il Basso medioevo. Fu mecenate di importanti letterati come Robert
Wace, Benoît de Sainte-Maure e Bernart de Ventadorn. Guidò gli eserciti più volte nella sua vita e fu una dei
condottieri della Seconda crociata. Crebbe alla corte d'Aquitania, una delle più raffinate del XII secolo, che, per
merito di suo nonno Guglielmo IX duca d'Aquitania, detto il Trovatore (1071 – 1127), meglio conosciuto come il
primo dei trovatori di cui ci resta l'opera, alla fine del secolo precedente aveva visto nascere l'estetica dell'amor
cortese nelle diverse residenze dei duchi d'Aquitania, soprattutto Poitiers e Bordeaux; Eleonora ricevette
l'educazione di una giovane nobile del suo tempo: imparò a leggere e scrivere in latino, la musica, la matematica e
la letteratura dell'epoca, ma apprese anche a cavalcare e a cacciare.
Non si conosce l'anno esatto, ma tra il 1130 e il 1137 Eleonora ereditò i ducati d'Aquitania e di Guascogna, fra i più
importanti domini del regno di Francia, senza però essere feudi della corona. Nel 1137 sposa Luigi, figlio del re di
Francia e lo stesso anno, alla morte del re di Francia, diventa regina di Francia. Nel 1152 il matrimonio viene
annullato per consanguineità.
Sei settimane dopo l'annullamento del precedente matrimonio, il 18 maggio 1152, nel giorno di Pentecoste,
Eleonora ed Enrico si sposarono. Nel frattempo alcuni nobili avevano tentato di rapirla per impadronirsi dei suoi
possedimenti in Aquitania, ed Eleonora aveva chiesto aiuto a Enrico, re d’Inghilterra.
Il 19 dicembre 1154 Eleonora divenne regina d'Inghilterra, incoronata nell'abbazia di Westminster assieme al
marito, che prese il nome di Enrico II di Inghilterra.
Quando la regina si trovava in Francia, teneva corte a Poitiers. La corte fu ritrovo d'artisti e trovatori, tra cui Bernart
de Ventadorn, con il quale Eleonora ebbe una fugace ma intensa relazione, e i normanni Benoît de Sainte-Maure e
Robert Wace. Secondo il chierico Andrea Cappellano, Eleonora creò una corte letteraria con la figlia Maria,
protettrice del troviero Chrétien de Troyes, verso il 1170; nella corte si predicavano e si praticavano gli ideali
dell’amor cortese.
Accusata di ribellione contro il re d’Inghilterra nel 1176 insieme a tre dei suoi figli, venne imprigionata in
Inghilterra per circa quindici anni. Nel 1189, alla morte del marito, Eleonora, che nel frattempo era tornata in
libertà, divenne reggente per lunghi periodi mentre suo figlio Riccardo I Cuor di Leone era all’estero, in Terrasanta
o in prigione. Nelle lotte per il trono, cercò sempre di far scendere a patti i figli, come nel caso di Riccardo e di
Giovanni Senza Terra, suo ultimogenito.
Nel 1202 prese il velo e nel 1204 morì.

L’amor cortese nasce dai trobadori di Aquitania e si diffonde a Poitiers. L’amore cortese, o in occitano
fin'amor, nel senso di raffinato, era un concetto letterario europeo medievale, che metteva al centro la nobiltà e la
cavalleria. La letteratura medievale è piena di esempi di cavalieri che intraprendono avventure e compiono varie
azioni o servizi per le donne a causa del loro "amor cortese". Questo tipo di amore era originariamente una
finzione letteraria creata per l'intrattenimento della nobiltà, ma con il passare del tempo queste idee
sull'amore sono cambiate e hanno attirato un pubblico più vasto. Nell'Alto Medioevo, attorno a queste idee si
sviluppò un "gioco d'amore" come insieme di pratiche sociali. "Amare nobilmente" era considerata una pratica
arricchente e migliorativa.
Il termine fu creato dal critico francese Gaston Paris nel 1883 per indicare la concezione filosofica, letteraria e
sentimentale dell'amore, all'epoca dei trovatori delle corti provenzali, basata sull'idea che solo chi ama possiede un
cuore nobile. Secondo Paris, “l’amore cortese era un'idolatria e una disciplina nobilitante. L'innamorato accetta
l'indipendenza della sua amante e cerca di rendersi degno di lei agendo nobilmente e compiendo tutte le azioni che
lei potrebbe desiderare, sottoponendosi a una serie di prove per provarle il suo ardore e il suo impegno. La
soddisfazione sessuale può non essere stata un obiettivo o addirittura un risultato, ma nemmeno l'amore era del
tutto platonico, poiché era basato sull'attrazione sessuale”.
Nel 1936 C. S. Lewis scrive The Allegory of Love in cui parla dell'amor cortese come amore di un genere “le cui
caratteristiche definibili possono essere: umiltà, cortesia, adulterio e religione dell'amore”.
Un tipico elemento dell’amore cortese è la lontananza e l’adulterio. Quest’idea dell’amore adultero ha segnato
l’idea occidentale.
Barbara Tuchman identifica le diverse fasi dell’amor cortese:
1. l’attrazione per la donna, di solito tramite sguardi;
2. il culto della signora da lontano;
3. la dichiarazione di appassionata devozione;
4. il rifiuto virtuoso da parte della signora;
5. un rinnovato corteggiamento con giuramenti di virtù ed eterna fedeltà;
6. dei gemiti di avvicinarsi alla morte dal desiderio insoddisfatto ee altre manifestazioni fisiche di mal d'amore;
7. gesta eroiche di valore che conquistano il cuore della dama;
8. la consumazione dell'amore segreto,
9. avventure senza fine e sotterfugi che evitano di essere scoperti.
Inoltre, spesso la donna chiede al cavaliere di fare cose stupide per vedere il suo valore.
Il trovatore Jaufré Rudel (1110/1130-1148/1170) introduce nell’ambito dell’amor cortese la variante dell’amor de
lonh, un amore che può esistere solo a distanza e non si concretizza mai in un incontro erotico. La tensione
amorosa diventa elemento centrale del sentimento d’amore. Finché c’è la tensione l’amore vale, ma quando si
realizza è destinato a finire.
Marie di Champagne unisce amore cortese e amor de lonh.

Erich Köhler afferma che, con la diffusione dell’edizione di Wace, ad Artù vengono aggiunte delle
caratteristiche cortesi per rendere evidentemente omaggio alla casata reale inglese. Così Wace presenta Artù:
Molto amò il valore, molto amò la gloria
È molto utile, pertanto, rammentare le sue gesta;
Si fece servire con cortesia
e si comportò sempre con estrema nobiltà.
Fino a che visse e regnò,
Superò tutti gli altri principi
Per cortesia e prodezza,
Per valore e generosità.

Nell’Erec (circa 1170) di Chrétien, Artù dichiara:


Io sono re, e perciò non devo mentire,
Né consentire a villania
Falsità o arroganza.
Devo essere custode della ragione e del diritto,
Poiché è compito di un re leale
Mantenere la legge, la parola data e la giustizia.
(…)
E non voglio che siano abbandonati
I costumi e le usanze
che la mia schiatta seppe conservare.
Questo dovrebbe spiacervi:
Se io volessi istituire un costume
O una legge diversi da quelli che osserva
Il re mio padre.
Qualunque cosa me ne possa derivare,
Io voglio mantenere e rispettare
Gli usi di mio padre Pendragon,
Che fu re e imperatore.

L’Artù francese, di fronte alla potenza di Lancillotto, diventa improvvisamente più vecchio e tradizionalista.
Kohler afferma che “in quest’epoca, come anche successivamente, nella figura di Artù il romanzo cortese rimane
fedele all’immagine di un principe che nega la trasformazione che in quel periodo subisce la monarchia nazionale,
passando dalla semplice supremazia alla sovranità”.
Nelle corti periferiche si sviluppa il ciclo bretone perché volevano che il potere fosse nelle mani dei vassalli
del re e quindi un re nobile. Artù diventa infatti un eroe gallese, non francese: da quando trovano le ossa, Artù
diventa un re inglese. Alcuni elementi del Sir Gawain vengono collegati con le leggende celtiche; significa che in
Inghilterra ha tutt’altra risonanza, che ci si impadronisce delle leggende locali.
La data del Sir Gawain è molto tarda. Nasce nel Galles, in una corte di periferia.
Filippo Augusto o Filippo II di Francia (1165-1223) contribuì a rafforzare l’idea di stato e si servì in questo di un
nuovo diritto pubblico fondato sul diritto romano, sulla leggenda, sulla storiografia e su tutti i mezzi politici che gli
venivano offerti dallo stesso diritto feudale, compresa l’alleanza fra monarchia e clero e l’adozione di una serie di
funzionari che costituisse un apparato amministrativo al servizio del centralismo antifeudale. Un contributo
decisivo nella lotta di Filippo II per la restaurazione della sovranità monarchica contro la nobiltà feudale fu dato
anche dalla borghesia cittadina.

(2/05) I manoscritti ci danno un’informazione sicura:


la diffusione dell’opera. Il Sir Gawain si trova in un
unico manoscritto, il Cotton Nero, cosi chiamato dal
nome di uno dei suoi proprietari cinquecenteschi, Sir
Robert Bruce Cotton. Quindi l’opera era poco
diffusa probabilmente. Oggi il manoscritto si trova
alla British Library di Londra. Comprende altre tre
opere, oltre al Gawain: Pearl, Patience e Cleanness o
Purity. Nel manoscritto ci sono delle illustrazioni,
alcune delle quali si riferiscono al Gawain: la prima
(←) rappresenta l’arrivo a corte del Cavaliere verde; la
seconda (→) la moglie di Bertilak che sveglia Gawain.
Delle altre opere presenti nel manoscritto, la più interessante è Pearl, che è un’opera tipica di un genere molto
diffuso nel Medioevo, il dream-poem, usato spesso anche da Geoffrey Chaucer. Il genere ha una struttura
tipica: il narratore racconta di essersi addormentato e di aver sognato. Il sogno incorpora eventi della sua vita reale
e nel sogno, spesso con l’aiuto di una guida, il sognatore comprende che il sogno riguarda in modo allegorico un
problema o una questione della sua vita a cui viene data una possibile risposta.
Ci sono delle somiglianze tra Pearl e Sir Gawain; per esempio, hanno lo stesso numero di stanze. Comunque non
abbiamo la certezza che l'autore sia lo stesso.
In Pearl, un uomo che ha perduto la figlia di due anni si addormenta in un giardino dopo aver lamentato la perdita
di una perla. Nel sogno vede una fanciulla bellissima e angelica, definita “pearl-maiden”, sulla sponda opposta di
un ruscello. L’uomo la interroga e lei risponde dicendole che è una sposa di Cristo e mostrandogli un’immagine del
Paradiso. Quando l’uomo cerca di attraversare il ruscello, si risveglia e riflette sul senso del sogno, che comunque
non ci viene comunicato pienamente. Comprendiamo comunque che la perla perduta è un’allegoria della figlia
morta e che la bambina è ora in Paradiso.

Le quattro opere potrebbero essere opera di un unico poeta, noto come Gawain Poet. Di recente si è fatto il nome
di un tale John Massey, autore anche del poema St. Erkenwald. Tolkien e Gordon ci dicono che probabilmente
l’autore conosceva sia il latino sia il francese, pur proveniendo dalle Midlands occidentali.

Il poema è formato da 2530 versi divisi in 101 stanze e in quattro fitts, sezioni poetiche tipiche della poesia in Old
English, rispettivamente di 21, 24, 34 e 22 stanze. È scritto in uno stile chiamato revival allitterativo, tipico della
seconda metà del Trecento. Nel sud dell’Inghilterra la poesia usava già un metro sillabico e la rima, ma le opere
appartenenti al revival allitterativo presentavano un verso con più parole allitteranti sui quali cadeva l’accento.
Ogni verso era diviso in due parti da una pausa.
Ogni stanza termina con una sezione in rima, composta da cinque righe, chiamata bob and wheel, dove "bob"
identifica una riga molto breve, spesso di sole due sillabe, e "wheel" è composta da più versi rimati.

I stanza
and fer ouer þe french flod felix brutus → And far over the French flood Felix Brutus
on mony bonkkes ful brode Bretayn he settez → On many spacious slopes set Britain
wyth wynne [bob] → With joy
where werre and wrake and wonder → Where war and distress and wonder
bi syþez hatz wont þerinne → At times have remained there
and oft boþe blysse and blunder → And after, bliss and blunder
ful skete hatz skyfted synne [wheel] → Swiftly have alternated since then.

Quest’opera è più raffinata di quanto appaia: riprende del materiale inglese ma con una struttura anche francese.

I due personaggi principali sono Gawain e il cavaliere verde, ovvero sir Bertilak.
Anche qui c’era la necessità di una vita interiore dei personaggi, nonostante non ci fosse la consapevolezza che c’è
ora. La vita interiore viene descritta attraverso l’aspetto fisico, perché è l’unico modo che si ha. Un altro modo è
lo scorrere del tempo. Nel Medioevo il tempo è ciclico, non c’è uno sviluppo e sembra che si torni sempre al punto
di partenza. L’autore in una strofa mostra come passa un anno.
Attraverso una specie di montaggio, l’autore mette insieme due scene di caccia e due scene al castello. È una
soluzione molto moderna per mettere insieme le diverse scene.
Un altro esempio è il monologo interiore di Shakespeare, per esempio in Hamlet.

Gawain è il protagonista, è un cavaliere di re Artù, è suo nipote: i legami familiari nel Medioevo sono forti.
Gawain, solitamente figlio del re Lot delle Orcadi e della sorella di Artù, Morgause, è una delle figure più pervasive
della tradizione arturiana. Appare in quasi tutte le principali storie arturiane, medievali e moderne, e svolge un
ruolo centrale in molte. Ci sono, infatti, più romanzi medievali dedicati alle imprese di Gawain che a quelle di
qualsiasi altro cavaliere di Artù, inclusi Lancillotto, Tristano e Galahad. Anche nei romanzi non specificamente
dedicati alle sue avventure, Gawain svolge spesso un forte ruolo di supporto. In Perceval di Chrétien, ad esempio,
più della metà della narrazione si concentra su Gawain piuttosto che sul personaggio del titolo, e in Malory, Gawain
ha un posto di rilievo ovunque e svolge ruoli chiave di supporto sia nella ricerca del Graal che in Morte Arthur. Il
suo comportamento e la sua personalità variano leggermente da una storia all'altra, ma anche se Gawain non è
sempre considerato il migliore dei cavalieri di Artù, è comunque uno dei più importanti. L'importanza di Gawain
nel mondo arturiano deriva in parte dalla sua relazione familiare con Artù, che è stabilita nella Storia dei re
d'Inghilterra di Geoffrey di Monmouth. Sebbene Gawain possa effettivamente apparire in precedenti racconti
arturiani, è nella Storia che Gawain viene presentato per la prima volta come il figlio di Loth di Lothian e la sorella
di Artù, Anna. Sebbene i nomi dei genitori di Gawain possano cambiare nelle opere successive, questa connessione
nipote-zio generalmente rimane. In quanto figlio maggiore della sorella di Arthur, Gawain è il parente più stretto
del re e gode quindi di un rapporto particolarmente stretto e privilegiato con Arthur, solitamente senza figli.
Tuttavia, non è il principe e non ha responsabilità principesche, il che significa che, sebbene Gawain faccia parte
della cerchia ristretta della corte, non è vincolato alla corte stessa e può quindi esercitare una significativa libertà di
azione. Nella Storia, dove Artù è una figura molto attiva e marziale, questa libertà d'azione è un po' meno evidente,
ma nei romanzi successivi, dove Artù è maggiormente legato al trono e alla corte e le narrazioni stesse si
concentrano maggiormente sul cavaliere errante, Gawain sembra a suo agio in una ricerca come in tribunale. In
quanto nipote di Artù, può essere, senza apparente contraddizione, sia il consigliere e guerriero della
tradizione cronaca che il cavaliere errante dei romanzi, ed è proprio questa elasticità di carattere che sembra
aver reso Gawain un soggetto così attraente per così tanto tempo. molti narratori.
Con così tanti narratori che lo mettono alla prova, non dovrebbe sorprendere che Gawain non sia il personaggio più
coerente: in romanzi come Sir Gawain e il cavaliere verde e Sir Gawain e il Carlo di Carlisle, per esempio, è
l'incarnazione di virtù cortese, mentre nelle Queste del saint graal è spiritualmente inadatto a partecipare alla ricerca
del Graal.
Gawain è dentro il sistema di corte, ma non è il principe. La sua caratteristica principale è quella di essere un
insider-outsider nella corte, ma non è un personaggio coerente.
Le traduzioni gallesi della Historia Regum Britanniae di Geoffrey di Monmouth confermano l'unione di Walwanus
(Gawain) e Gwalchmai mab Gwyar, un uomo d'azione attorno al quale turbinavano le avventure. All'inizio del XII
secolo la sua fama sembra essersi diffusa ben oltre il pubblico per le tradizionali narrazioni orali, rendendolo una
figura familiare nella cultura ecclesiastica e dotta europea.

La crescente celebrità di Galvano come eroe letterario coincide con lo sfogo senza precedenti di
romanticismo in francese e anglo-normanno, dal 1155 al 1225 circa. Il suo ruolo in Yvain (c. 1180) di Chrétien
de Troyes stabilisce la sua preminenza come il cavaliere arturiano più dedicato all'avventura maschile e alla
competizione. In Lancillotto e Perceval di Chrétien, e specialmente in Yvain, Gawain fa da contraltare agli eroi
motivati ​dal consumo di pulsioni erotiche o religiose. In contrasto con questi personaggi del titolo, le cui identità
uniche emergono dalle trame che definiscono e dalle particolarità delle loro storie, Gawain persiste come il
cavaliere prototipo, incarnando l'atmosfera cavalleresca e arturiana mentre persegue, da una storia d'amore all'altra,
le attrattive dell'aperto erranza opportunistica.
La centralità di Gawain nella storia arturiana lo elevò a chevalier exemplaire, il modello rispetto al quale viene
misurata la virilità, ma anche, e inevitabilmente, l'esempio principale con cui viene illustrata l'impossibilità
umana della cavalleria ideale. L'apertura carismatica di Gawain agli exploit seriali forse lo ha reso il bersaglio
naturale per gli attacchi alla volatilità e al solipsismo della cavalleria.

(3/05) La maggior parte delle avventure cavalleresche avvengono fuori dalla corte, poi le storie vengono
raccontate a corte. Gawain appare nelle sue vesti cortesi anche nella letteratura parodica. Galvano cerca di
mantenere l’equilibrio tra amore corte e avventure, a differenza di Lancillotto che ha puramente l’aspetto
sessuale. Il ciclo arturiano ci presenta il cavaliere perfetto, sempre maschio. Gawain incarna il cavaliere e quindi
l’uomo ideale. Gawain rappresenta anche l’impossibilità dei cavalieri di raggiungere valori alti. C’è anche un
altro elemento: l’interpretazione mitica a partire dagli anni ‘50, che legge questi personaggi legati a dei miti
celtici, che derivano dalle antiche leggende indoeuropee. Per esempio, Gawain è identificato come il Dio Sole,
perché la potenza aumenta di giorno e decade con la notte.

Il primo fitt è ambientato a corte di Artù. Lui è a Camelot e sta organizzando un banchetto. Ha una tavola rotonda
un po’ strana: rimane comunque l’idea di uguaglianza: se tutti non erano a tavola non voleva mangiare.

Thus þer stondes in stale þe stif kyng hisseluen, → Thus the king sat before the high tables,
Talkkande bifore þe hyȝe table of trifles ful hende. → and spake of many things;
There gode Gawan watz grayþed Gwenore bisyde, → and there good Sir Gawain was seated by Guinevere the
queen,
And Agrauayn a la dure mayn on þat oþer syde sittes, → and on her other side sat Agravain, à la dure main;
Boþe þe kynges sistersunes and ful siker kniȝtes; → both were the king's sister's sons and full gallant knights.

La prima apparizione di Gawain è vicino a Ginevra, ovvero in una posizione privilegiata.

Gawan, þat sate bi þe quene,


To þe kyng he can enclyne:
'I beseche now with saȝez sene
Þis melly mot be myne.
'Wolde ȝe, worþilych lorde,' quoþ Wawan to þe kyng,
'Bid me boȝe fro þis benche, and stonde by yow þere,
Þat I wythoute vylanye myȝt voyde þis table,
And þat my legge lady lyked not ille,
I wolde com to your counseyl bifore your cort ryche.
For me þink hit not semly, as hit is soþ knawen,
Þer such an askyng is heuened so hyȝe in your sale,
Þaȝ ȝe ȝourself be talenttyf, to take hit to yourseluen,
Whil mony so bolde yow aboute vpon bench sytten,
Þat vnder heuen I hope non haȝerer of wylle,
Ne better bodyes on bent þer baret is rered.
I am þe wakkest, I wot, and of wyt feblest,
And lest lur of my lyf, quo laytes þe soþe--Page 11
Bot for as much as ȝe ar myn em I am only to prayse,
No bounté bot your blod I in my bodé knowe;
And syþen þis note is so nys þat noȝt hit yow falles,
And I haue frayned hit at yow fyrst, foldez hit to me;
And if I carp not comlyly, let alle þis cort rych

Il Cavaliere Verde pone la spada a re Artù, lui la accetta, ma interviene Gawain. Artù, a differenza della versione
francese, è rappresentato come un giovane. Il Cavaliere Verde appare in maniera anomala.

Þer hales in at þe halle dor an aghlich mayster,


On þe most on þe molde on mesure hyghe;
Fro þe swyre to þe swange so sware and so þik,
And his lyndes and his lymes so longe and so grete, [folio 93r]
Half etayn in erde I hope þat he were,
Bot mon most I algate mynn hym to bene,
And þat þe myriest in his muckel þat myȝt ride;
For of bak and of brest al were his bodi sturne,
Both his wombe and his wast were worthily smale,
And alle his fetures folȝande, in forme þat he hade,
ful clene;
For wonder of his hwe men hade,
Set in his semblaunt sene;
He ferde as freke were fade,
And oueral enker-grene.

Gawain non accetta la sfida con arroganza. È cosciente di sé, ammette la sua debolezza in maniera cortese.
Gawain gli taglia la testa.

Ande al grayþed in grene þis gome and his wedes:


A strayte cote ful streȝt, þat stek on his sides,
A meré mantile abof, mensked withinne
With pelure pured apert, þe pane ful clene
With blyþe blaunner ful bryȝt, and his hod boþe,
Þat watz laȝt fro his lokkez and layde on his schulderes;
Heme wel-haled hose of þat same,
Þat spenet on his sparlyr, and clene spures vnder
Of bryȝt golde, vpon silk bordes barred ful ryche,
And scholes vnder schankes þere þe schalk rides;
And alle his vesture uerayly watz clene verdure,
Boþe þe barres of his belt and oþer blyþe stones,
Þat were richely rayled in his aray clene
Aboutte hymself and his sadel, vpon silk werkez.
Þat were to tor for to telle of tryfles þe halue
Þat were enbrauded abof, wyth bryddes and flyȝes,
With gay gaudi of grene, þe golde ay inmyddes.
Þe pendauntes of his payttrure, þe proude cropure,
His molaynes, and alle þe metail anamayld was þenne,
Þe steropes þat he stod on stayned of þe same,
And his arsounz al after and his aþel skyrtes,
Þat euer glemered and glent al of grene stones;
Þe fole þat he ferkkes on fyn of þat ilke,
sertayn,
A grene hors gret and þikke,
A stede ful stif to strayne,
In brawden brydel quik--

To þe gome he watz ful gayn.


Wel gay watz þis gome gered in grene,
And þe here of his hed of his hors swete.
Fayre fannand fax vmbefoldes his schulderes;
A much berd as a busk ouer his brest henges,
Þat wyth his hiȝlich here þat of his hed reches
Watz euesed al vmbetorne abof his elbowes,
Þat half his armes þer-vnder were halched in þe wyse
Of a kyngez capados þat closes his swyre;
Þe mane of þat mayn hors much to hit lyke,
Wel cresped and cemmed, wyth knottes ful mony
Folden in wyth fildore aboute þe fayre grene,
Ay a herle of þe here, an oþer of golde;

Il Cavaliere Verde ha un aspetto selvaggio: è verde, scalzo, con i capelli lunghi.

Þe tayl and his toppyng twynnen of a sute,


And bounden boþe wyth a bande of a bryȝt grene,
Dubbed wyth ful dere stonez, as þe dok lasted,
Syþen þrawen wyth a þwong a þwarle knot alofte,
Þer mony bellez ful bryȝt of brende golde rungen.
Such a fole vpon folde, ne freke þat hym rydes,
Watz neuer sene in þat sale wyth syȝt er þat tyme,
with yȝe.
He loked as layt so lyȝt,
So sayd al þat hym syȝe;
Hit semed as no mon myȝt
Vnder his dynttez dryȝe.

Wheþer hade he no helme ne hawbergh nauþer,


Ne no pysan ne no plate þat pented to armes,
Ne no schafte ne no schelde to schwue ne to smyte,
Bot in his on honde he hade a holyn bobbe,Page 7
Þat is grattest in grene when greuez ar bare,
And an ax in his oþer, a hoge and vnmete,
A spetos sparþe to expoun in spelle, quoso myȝt.

Ha un’ascia e un ramo di agrifoglio, non classica la spada o lo scudo, non è vestito da cavaliere. Ciò richiama il
fatto che è visto come selvaggio. Sono elementi incongruenti: è un cavaliere, ma è scalzo e nella nostra mente
non ha senso. È una figura perturbante, che confonde. La perturbabilità è data da unione tra familiare e non
familiare.
Gli studiosi si sono interrogati sul simbolismo del Cavaliere Verde sin dalla scoperta del poema. J.R.R.
Tolkien ha detto che era il "personaggio più difficile" da interpretare in Sir Gawain. Il suo ruolo principale nella
letteratura arturiana è quello di giudice e tester di cavalieri, quindi è allo stesso tempo terrificante, amichevole e
misterioso.

Secondo C.S. Lewis, è “una coincidentia oppositorum vivente; mezzo gigante, ma interamente un "adorabile
cavaliere"; pieno di energia demoniaca come il vecchio Karamazov, eppure, a casa sua, allegro come un ospite
natalizio dickensiano; ora esibendo una ferocia così gioiosa da essere quasi geniale, e ora una genialità così
oltraggiosa da rasentare la ferocia; mezzo ragazzo o buffone nelle sue grida e risate e salti; eppure alla fine giudica
Gawain con la tranquilla superiorità di un essere angelico”.

Secondo Benson, il Cavaliere Verde è meglio inteso come una miscela di due figure tradizionali del romanticismo e
di altre narrazioni medievali, "l'uomo verde letterario" e "l'uomo selvaggio letterario". Dal primo derivano gli
aspetti belli o allegri della figura, a significare la giovinezza, la vitalità naturale e l'amore; e da quest'ultimo
derivano i suoi aspetti grotteschi, a significare l'ostilità al cavalierato e suggerendo il suo legame con il demoniaco e
con la morte. La sua pelle verde, "che si trova al centro esatto [della sua descrizione, al verso 149], permette al
poeta di unire le due figure antitetiche in un unico ritratto. Porta il verde del costume nel verde dei capelli e il barba,
e trasferisce così alcune delle spaventose grottesche dell'uomo selvaggio all'uomo verde nello stesso momento in
cui porta alcune delle piacevoli implicazioni dell'uomo verde all'uomo selvaggio.
L’uomo verde letterario e l’uomo selvaggio letterario sono due personaggi del folklore. Il cavaliere verde mette
in discussione il mondo della civiltà, il mondo arturiano.

Esiste la possibilità, come ha sostenuto Alice Buchanan, che il colore verde sia erroneamente attribuito al Cavaliere
Verde a causa dell'errata traduzione o incomprensione da parte del poeta della parola irlandese glas, che potrebbe
significare grigio o verde, o dell'identica parola glas in cornovagliese. Glas è stato utilizzato per indicare una
gamma di colori: azzurri, grigi e verdi del mare e dell'erba.
Verde potrebbe essere il colore che indicava la morte a causa della putrefazione.

Una particolare interpretazione del Cavaliere Verde offerta da E. K. Chambers suggerisce che il Cavaliere Verde sia
un dio della vegetazione o della natura.
Chambers interpreta SGGK come una festa della fertilità, ma suggerisce anche che con la diffusione del
cristianesimo in Inghilterra il significato di queste feste sembra essere cambiato. Con l'influenza del cristianesimo,
queste feste iniziarono a raffigurare la morte e la risurrezione di Cristo invece del contadino "uomo verde" vestito
di verde. Se infatti il ​poeta Gawain usava l'"uomo verde" delle feste della fertilità, potrebbe aver usato o meno il
colore verde per il Cavaliere Verde come simbolo pagano della fertilità naturale. Il punto cruciale
dell'interpretazione di Chambers è che il poeta Gawain ha collocato il Cavaliere Verde nelle vesti di un dio della
natura come si vede nelle feste o come rappresentazione della morte di Cristo e della successiva vittoria sulla
morte con la Resurrezione.
Con le festività primaverili rinasceva e, grazie all’influsso del cristianesimo, ciò viene reinterpretato. Comunque,
non può essere la figura di cristo perché non ha niente in comune.

Secondo William Goldhurst, «il tema principale di Gawain and the Green Knight è l'idea che le forze primitive e
talvolta brutali della natura facciano conoscere le loro esigenze a tutti gli uomini, anche a coloro che vorrebbero
rifugiarsi dietro le comodità civili della vita di corte». Di conseguenza «il suo nome, il Cavaliere Verde, mostra la
sua opposizione alla natura: il colore verde rappresenta le forze della natura, e la parola "cavaliere" lo collega alla
società e alla civiltà».

Brian Stone lo definisce «the common enemy of man» che è il nome dato in Macbeth al diavolo, e lo collega al
significato della parola ebrea «satana» che significava «avversario». Ma, si chiede Stone, se è certamente un
nemico di Gawain, non è neppure identificabile con un demone. Assomiglia piuttosto al «jovial demon of old
popular tradition, and also resembles the kind of devil who tempts within the system and on behalf of God, like
Satan in the Book of Job: he knows what good and evil are».
Se il tema principale di Sir Gawain è il mondo della civiltà e il mondo naturale, allora il cavaliere verde rappresenta
qualcosa di legato alla natura nel suo green e qualcosa di civile nel suo essere knight.

Secondo un’altra interpretazione, il Cavaliere verde sarebbe un fantasma dal Regno delle fate, che sono molto
pericolose perché sono invidiose degli umani. Sono angeli rimasti neutrali nella disputa tra Dio e Lucifero:

Forþi for fantoum and fayryȝe þe folk þere hit demed (v. 240)

(8/05) Sir Galvano e il Cavaliere Verde è composto da 2.530 versi suddivisi in 101 stanze scritto secondo lo stile
che i critici chiamano "revival allitterativo" molto di moda nel XIV secolo. Questo stile non si focalizza su un
metro sillabico o sulla conta delle rime, ma si concentra sull'uso della ripetizione di un paio di sillabe poste
all'inizio del verso, le quali terminano successivamente il verso stesso. Ogni verso include sempre una pausa,
chiamata caesura, la quale suddivide il verso stesso in due sotto-versi. Sebbene il poeta che ha composto Galvano
segua le regole di composizione vigenti a quel tempo, spesso ha un comportamento più "libero" nello scrivere la
storia del cavaliere; infatti le pause utilizzate in questa opera non dividono sempre il verso in due parti uguali, ma
spesso sono poste in posizioni variabili e ogni stanza termina con una sezione in rima composta da cinque righe,
chiamata bob and wheel, ove "bob" identifica una riga molto breve, spesso di sole due sillabe, e "wheel" composta
da più righe con all'interno delle rime.

Molti critici trovano due nuclei centrali nella storia: il beheading game e la tentazione, uniti dall’exchange of
gifts. È molto presente la ripetizione degli eventi (due natali, due capodanni, due beheading, due tentazioni ed
exchanges), scandendo la storia in ritmi binari.

Secondo una formula molto diffusa al tempo, la storia è presentata come una storia che girava nelle città,
propria della tradizione popolare da lungo tempo, che già veniva tramandata: non è vero, non ci sono opere che
mettano insieme tutti gli elementi di Sir Gawain, esistono sicuramente delle fonti:
1. Bricriu's Feast, opera in medio irlandese dell’VIII secolo nel quale l’eroe Cúchulainn riceve tre colpi
d’ascia che lo sfiorano e ne esce indenne.
2. Life of Caradoc, opera del XII secolo in medio francese. Il padre di Caradoc, per mettere alla prova il figlio,
cela la sua identità lo sfida a un beheading game.
3. Perlesvaus, opera francese dell’inizio del Duecento, Lancillotto accetta di partecipare a un beheading game e
decapita un cavaliere che l'aveva sfidato. Dopo un anno, Lancillotto ritorna nel luogo in cui aveva decapitato
l'uomo e il popolo della città lo festeggia, annunciando di aver finalmente trovato un vero cavaliere.
In Hunbaut e The Girl with the Mule, Gawain partecipa a dei beheading games. Nel primo decapita un uomo e
prima che questo possa recuperare la sua testa, gli sfila il mantello magico che lo mantiene ancora in vita,
causandone la morte.

Molte opere presentano cavalieri che cercano di mantenersi puri e tenere lontane delle donne voluttuose, inviate per
metterli alla prova. Alcune di queste opere riguardano specificamente Galvano. Di solito la tentatrice è la figlia o
moglie di un signore al quale il cavaliere deve portare rispetto e il cavaliere viene tentato per vedere se rimarrà o
meno casto.

Tutta la storia è stata ordita da Morgana, che nel testo è chiamata addirittura una dea: è stata lei a trasformare il
Cavaliere Verde per mettere alla prova la Tavola Rotonda. C’è un’antica rivalità tra Ginevra e Morgana, per
la bellezza e per la presunta relazione incestuosa di Morgana con Artù. Morgana sarebbe anche la donna che ha
sedotto Merlino, facendosi rivelare tutto il suo sapere magico e intrappolandolo grazie a ciò.
Morgana era già stata descritta all’arrivo nel castello di Bertilak: più anziana di Lady Bertilak, corpo basso e tozzo,
pelle cadente, ecc. È brutta. Risulta un personaggio perturbante.
La spiegazione di Morgana come artefice degli eventi è stata messa da parte perché significherebbe
riconoscere ad un personaggio femminile il potere. Si è preferito associare invece il potere alle figure maschili,
come Gawain che viene interpretato come un dio. Morgana viene esplicitamente definita una dea, che è diverso da
“fata” (termine con cui ci si riferisce a lei precedentemente). Solo dopo 500 anni di interpretazioni si è finalmente
giunti alla spiegazione che vede come artefice “Morgana la dea”, grazie alla critica femminista [Nonostante i
riferimenti espliciti, ma tutto okay signori interpreti?]: nel mondo prevalentemente maschile dei cavalieri, si
muovono una serie di figure femminili legate alla magia/natura, regolano dietro le quinte il mondo arturiano.

Il cavaliere verde mette alla prova Gawain anche nel suo privato per quanto riguarda la sua eterosessualità, molto
importante nel contesto cavalleresco.

Quando viene ritrovata la tomba di Re Artù, si prende un eroe gallese, locale, e si trasforma in un eroe nazionale, si
sposta la sua corte in Inghilterra. Quando Gawain va alla corte di Bertilak, viaggia molto, quindi parte
probabilmente dall’Inghilterra meridionale. Inoltre la scoperta della tomba significa che Artù non tornerà mai come
profetizzato.

Geoffrey Chaucer e le Canterbury Tales


(10/05) Chaucer è nato circa nel 1340 e morto nel
1400. Conosciamo molte più informazioni su
Chaucer che sull'autore di Sir Gawain. Abbiamo
anche molti ritratti di Chaucer, anche se non si sa
quanto siano affidabili. Chaucer vive in contesto
molto diverso rispetto all'autore del Sir Gawain.
Collezionava manoscritti quindi era uno che leggeva
in solitaria, non solo in occasione delle letture
pubbliche. Una delle rappresentazioni più simili al
suo vero aspetto era il disegno sul manoscritto
Ellesmere (←), oppure del manoscritto di Thomas
Hoccleve (1412). Per la prima volta nella letteratura
inglese conosciamo i dettagli della vita dell’autore. Ciò si deve grazie al fatto che
nasce a Londra e vive a stretto contatto con la corte, dove lavora.
In un documento del 1381 Chaucer dice di essere figlio di John Chaucer di Londra, commerciante di vini.
Forse studia nella scuola di St. Paul (famosa per gli studi classici) e alle Inns of Court. A Londra c’erano molte
scuole di legge, quindi i testi erano frequentemente copiati e questo spiega la diffusione dei manoscritti.
Nel 1357 il suo nome compare in un libro contabile della casa della contessa di Ulster, moglie di Lionel, figlio
terzogenito del re Edoardo III, si registra l’acquisto di una giacca e di scarpe per Chaucer. Nel 1366 Sposa Philippa
de Roet, dama al servizio della regina, sorella della futura terza moglie di John of Gaunt, uno dei veri regnanti
perché era una delle figure più importanti durante i regni di suo padre e nipote (quartogenito del re Edoardo III). La
coppia ha tre o quattro figli per uno dei quali, Lowys, Chaucer compone Treatise on the Astrolabe.
Viaggia per conto del re nelle Fiandre, in Francia e in Italia (1368, 1372-4, 1378). In Italia va a Genova, Firenze e
a Milano.
Nel 1367 entra a servizio del re come valletto, e a partire dal 1374 riceve rendite annuale da parte del re e di John of
Gaunt. Il re gli concede anche un gallone di birra (o vino) al giorno (poi convertito in una somma di denaro da
Riccardo II). Fino al 1600 la storia inglese è caratterizzata da scontri tra nobili e re per il potere e i terreni.
Nel 1374 diventa ispettore del dazio presso il porto di londra. Nel 1378 abita a Aldgate. Nel 1385 diventa membro
di una corte di giustizia del Kent e quindi membro del Parlamento. Ne 1387 muore Philippa e si interrompe la sua
carriera diplomatica. Nel 1389 responsabile dei lavori di costruzione e restauro di alcuni edifici importanti come la
Torre di Londra. Nel 1399 Affitta una casa a Westminster, dove c’è il poets’ corner, è il primo che viene poi
sepolto lì. Nel 1400 Muore (forse il 25 ottobre) e viene sepolto nell’abbazia di Westminster in quello che poi
diventerà il Poet’s Corner.

Londra è nata da una città romana, che ora è il nucleo


detto City of London. Nel 1666 scoppia il grande
incendio di Londra nelle mura, quindi inizia
l’espansione di Londra fuori dalle mura. Ai tempi di
Chaucer c’era un solo ponte sul Tamigi, il London
Bridge, che non è quello di oggi. Chaucer compra casa
ad Aldgate (gate = c’era la porta romana), dove avviene
la rivolta dei contadini; di ciò ne risentono anche le
Canterbury Tales. Si trasferisce poi a Westminster, il
centro reale, dove c’era la corte. Era segno del potere
reale fuori dalla city. Il fatto che restaura la torre di
Londra è un segno di vicinanza con la corte. Sappiamo
che gran parte degli spostamenti avvenivano per acqua.

Secondo la critica nella produzione di Chaucer ci sono tre periodi:


1. il periodo francese (fino al 1372);
2. il periodo italiano (1372-1380), durante il quale conosce l’opera di Boccaccio, Dante e Petrarca;
3. il periodo inglese (dopo il 1380).
Contribuisce a sprovincializzare la letteratura inglese, mettendola a contatto con quella continentale. Porta alla
cultura inglese quello che c’era di meglio in Europa.

Le sue opere principali sono:


1. The Book of the Duchess, scritto dopo il 1368, probabilmente per la morte di Blanche, prima moglie di John
of Gaunt (1300 versi);
2. The House of Fame, scritto dopo il 1374 (circa 2000 versi) (distici ottosillabici);
3. The Parliament of Fowles, scritto intorno al 1381-82 (rima reale);
4. Legend of Good Women (1386-88) (distici rimati decasillabici, come nei Canterbury Tales);
5. Troilus and Cryseide (1382-86), riscrittura in versi di un’opera di Boccaccio (rima reale).
Inoltre, Chaucer traduce anche diverse opere, tra cui il De consolatione philosophiae di Boezio e il Roman de la
Rose.

Le Canterbury Tales è la storia di alcuni pellegrini che vanno alla tomba di Thomas Beckett e si fermano a una
locanda, Tabard Inn, e l’oste si unisce proponendo la sfida di raccontarsi delle storie, due all’andata e due al ritorno
per ciascuno. L'opera è molto lontana da ciò che era previsto da Chaucer. Il prologo descrive tutti i pellegrini, ma
non tutti raccontano delle storie; inoltre, c’è una sola storia per personaggio. Spesso le storie non ci dicono quello
che pensava Chaucer, ma quello che ci dicono i personaggi. Per esempio, viene accusato di antisemitismo a causa
di una storia antisemita che narrava di un martire cristiano ucciso dagli ebrei.

A differenza del Decameron, raccontato da nobili che si ritrovano perché non sanno come passare il tempo durante
la peste, i personaggi delle Canterbury Tales sono tutti diversi, in movimento: ci indica che siamo in una
società in evoluzione. Chaucer prende anche in giro se stesso: la storia che racconta il Chaucer pellegrino non è
conclusa perché l’oste lo zittisce perché troppo noiosa.

Chaucer sperimenta con la scrittura. Introduce la rima reale. La rima reale è una tipologia di stanza (o strofa) che
consiste in sette versi, solitamente pentametri giambici, che rimano secondo uno schema ABABBCC,
costruito mediante l'utilizzo di una terzina e due distici o da una quartina e una terzina.
Il Troilo e Criseide di Geoffrey Chaucer è un esempio di terzina e doppio distico:

The double sorwe of Troilus to tellen,


That was the king Priamus sone of Troye,
In lovinge, how his aventures fellen
Fro wo to wele, and after out of Ioye,
My purpos is, er that I parte fro ye,
Thesiphone, thou help me for tendyte
Thise woful vers, that wepen as I wryt

Chaucer usa la rima reale anche nel Parliament of Fowles e in quattro dei Canterbury Tales. Nelle Canterbury Tales
usa spesso distico: ampia gamma di possibilità, coerente con il mondo in continuo cambiamento.
A fine 1800 scoprono un altro documento su Chaucer. Tra il 1380-90 c’è un processo in cui Cecile Champaugne
dichiara di liberare Chaucer da ogni accusa di stupro o rapimento (da rape → raptus) in cambio di una certa
cifra. Nessuno lo considera nel 1800, ma si sono create delle ipotesi fantasiose. Forse ha avuto un figlio dopo la
morte della moglie e potrebbe essere di questa donna? Addirittura un numero della Chaucer Review viene
dedicato alla critica femminista su Chaucer, che si chiede se ha senso studiarlo se è razzista e stupratore.
Nella storia della wife of Bath si parte proprio di uno stupro di una fanciulla da parte di un cavaliere, che viene
arrestato e condannato a morte. Nell'ultimo numero della Chaucer Review si scopre che non era vero: questa era
una formula di assolvenza e i due erano d’accordo per dare soldi a una persona per il suo bene.

(16/05) Con Chaucer la letteratura inglese raggiunge il livello di quella francese, italiana e spagnola. Prima guarda
a quella francese e poi a quella italiana e, tramite questa conoscenza, allarga e sprovincializza la letteratura
inglese e come Dante che usa la lingua volgare come lingua letteraria, anche Chaucer lo fa. Le Canterbury
Tales sono infatti formati da una serie di racconti in versi o pochi in prosa è una lingua che cambia a seconda di chi
sta raccontando; è un’operazione molto vicina a quella di Dante. Alla fine delle Canterbury Tales non arriva mai a
delle conclusioni, anche nel Parlamento dei Volatili, come se avesse dei problemi nel concludere le sue opere e non
c’è un aspetto trascendentale rispetto a Dante. Non perché non sia religioso, infatti probabilmente non finisce di
comporre perché si vuole dedicare a opere religiose. Come nella Divina Commedia, c’è una molteplicità di
personaggi, mentre la cornice è boccaccesca. All’interno della gamma dei personaggi che ritrae ci sono molti
personaggi popolari come il mugnaio a personaggi più nobili come il cavaliere e il clero.

General prologue
L’inizio è molto diverso da quello del Sir Gawain: il verso di Chaucer è più delicato probabilmente per l’effetto
della rima, però non c’è quel ritmo militaresco del Sir Gawain. È un verso che va avanti per distici, un verso più
melodioso.

Here bygynneth the Book of the tales of Caunterbury


Whan that Aprille with his shoures soote, → Aprile è il momento della rinascita che porterà i pellegrini
ad andare in pellegrinaggio verso Canterbury. Anche la
rinascita allegorica di Cristo avviene ad aprile, quindi si tratta
di una rinascita spirituale.
The droghte of March hath perced to the roote,
And bathed every veyne in swich licóur
Of which vertú engendred is the flour;
Whan Zephirus eek with his swete breeth
Inspired hath in every holt and heeth
The tendre croppes, and the yonge sonne
Hath in the Ram his halfe cours y-ronne,
And smale foweles maken melodye,
That slepen al the nyght with open ye,
So priketh hem Natúre in hir corages,
Thanne longen folk to goon on pilgrimages,
And palmeres for to seken straunge strondes,
To ferne halwes, kowthe in sondry londes;
And specially, from every shires ende
Of Engelond, to Caunterbury they wende,
The hooly blisful martir for to seke,
That hem hath holpen whan that they were seeke.

È un quadro di movimento che rispecchia il Trecento, con tutta una serie di elementi, cambiamenti e contrasti,
come ad esempio la rivolta dei contadini, sulla scena sociale emergono classi sociali nuove. Chaucer si pone al
centro del mondo che descrive e dice che anche lui è pronto ad andare in pellegrinaggio, ma con un atteggiamento
ironico e distaccato. Lascia parlare i suoi personaggi. I tre elementi del prologo che danno l’idea del progresso
sono la rinascita della natura, spirituale e degli uomini.

But nathelees, whil I have tyme and space,


Er that I ferther in this tale pace,
Me thynketh it acordaunt to resoun
To telle yow al the condicioun
Of ech of hem, so as it semed me,
And whiche they weren and of what degree,
And eek in what array that they were inne;
And at a Knyght than wol I first bigynne.

A Knyght ther was, and that a worthy man, → Il primo che descrive è un cavaliere: non era vestito in
maniera molto elegante (≠ Sir Gawain). La cavalleria non è più
quella del Sir Gawain, è un poveraccio che si guadagna da
vivere andando a combattere.
That fro the tyme that he first bigan
To riden out, he loved chivalrie,
Trouthe and honóur, fredom and curteisie.
Ful worthy was he in his lordes werre,
And thereto hadde he riden, no man ferre,
As wel in cristendom as in hethenesse,
And evere honóured for his worthynesse.
At Alisaundre he was whan it was wonne;
Ful ofte tyme he hadde the bord bigonne
Aboven alle nacions in Pruce.
In Lettow hadde he reysed and in Ruce,—
No cristen man so ofte of his degree.
In Gernade at the seege eek hadde he be
Of Algezir, and riden in Belmarye.
At Lyeys was he, and at Satalye,
Whan they were wonne; and in the Grete See
At many a noble armee hadde he be.
[...]
Ther was also a Nonne, a Prioresse, → La suora viene descritta che parlava il francese alla maniera
dell’inglese, indicando, con una contraddizione, che è colta ma
lo parla male. Mangiava seguendo le buoni maniere, piangeva
quando vedeva un topino in una trappola, aveva dei cagnolini e
li trattava come essere umani. Compiangeva i topi e gli animali
ma non i poveri. Chaucer usa l’ironia soprattutto nei confronti
del clero per criticarlo.
That of hir smylyng was ful symple and coy;
Hire gretteste ooth was but by seinte Loy,
And she was cleped madame Eglentyne.
Ful weel she soong the service dyvyne,
Entuned in hir nose ful semely;
And Frenssh she spak ful faire and fetisly,
After the scole of Stratford atte Bowe,
For Frenssh of Parys was to hire unknowe.
At mete wel y-taught was she with-alle:
She leet no morsel from hir lippes falle,
Ne wette hir fyngres in hir sauce depe.
Wel koude she carie a morsel and wel kepe
Thát no drope ne fille upon hire brist;
In curteisie was set ful muchel hir list.
Hire over-lippe wyped she so clene
That in hir coppe ther was no ferthyng sene
Of grece, whan she dronken hadde hir draughte.
Ful semely after hir mete she raughte.
And sikerly she was of greet desport,
And ful plesáunt and amyable of port,
And peyned hire to countrefete cheere
Of court, and been estatlich of manere,
And to ben holden digne of reverence.
But for to speken of hire conscience,
She was so charitable and so pitous
She wolde wepe if that she saugh a mous
Kaught in a trappe, if it were deed or bledde.
Of smale houndes hadde she, that she fedde
With rosted flessh, or milk and wastel breed;
But soore wepte she if oon of hem were deed,
Or if men smoot it with a yerde smerte;
And al was conscience and tendre herte.

Wife of Bath
(17/05) Uno dei personaggi più importanti di questa sfilata è la wife of Bath, che indica un ordine sociale che si è
scardinato. Nel prologo è tutto regolare, è rappresentata la borghesia in modo ordinato. I personaggi poveri si
affacciano sulla scena sociale, smettono di rispettare l'ordine presentato nel prologo. La wife of Bath è descritta
come sorda. Ha avuto cinque mariti, tutti più anziani tranne l'ultimo che è giovane. Quando anche questi muore,
progetta già un nuovo matrimonio.

A Good Wif was ther of biside Bathe,


But she was som-del deef, and that was scathe.
Of clooth-makyng she hadde swich an haunt
She passed hem of Ypres and of Gaunt.
In al the parisshe wif ne was ther noon
That to the offrynge bifore hire sholde goon;
And if ther dide, certeyn so wrooth was she
That she was out of alle charitee.
Hir coverchiefs ful fyne weren of ground;
I dorste swere they weyeden ten pound
That on a Sonday weren upon hir heed.
Hir hosen weren of fyn scarlet reed,
Ful streite y-teyd, and shoes ful moyste and newe.
Boold was hir face, and fair, and reed of hewe.
She was a worthy womman al hir lyve;
Housbondes at chirche dore she hadde fyve,
Withouten oother compaignye in youthe;
But ther-of nedeth nat to speke as nowthe.
And thries hadde she been at Jérusalem;
She hadde passed many a straunge strem;
At Rome she hadde been, and at Boloigne,
In Galice at Seint Jame, and at Coloigne.
She koude muchel of wandrynge by the weye.
Gat-tothed was she, soothly for to seye.
Upon an amblere esily she sat,
Y-wympled wel, and on hir heed an hat
As brood as is a bokeler or a targe;
A foot-mantel aboute hir hipes large,
And on hire feet a paire of spores sharpe.
In felaweshipe wel koude she laughe and carpe;
Of remedies of love she knew per chauncé,
For she koude of that art the olde daunce.

Inizia la sua storia giustificando lo sposarsi più volte, perché è scritto nella Bibbia, ma non è vero. Parla del
dolore che c’è nel matrimonio, ma l’esperienza è molto più importante rispetto all’autorità. La propria vita ha più
valore di quello che dicono le autorità (la Chiesa) in materia. Questo atteggiamento iniziava a farsi strada in
Inghilterra con i lollardi e le interpretazioni nuove dei testi biblici. La wife of Bath è stata letta come un
personaggio estremamente positivo fino agli anni ‘60-70. Chaucer in alcuni casi la prende in giro. Usa un’ironia
sottile che applica anche a se stesso. Esiste la possibilità di far esprimere idee a questa persona: secondo la
funzione delle Canterbury Tales, è il personaggio che parla apertamente senza filtro.
Se si accentua l’aspetto della socialità, quello che viene fuori dalla vita e dal racconto della wife of Bath è che le
donne dovrebbero essere superiori all’uomo. Probabilmente non è l’opinione di Chaucer. Ha stupito che il cavaliere
che ha violentato se la cava: non viene eseguita la condanna, ma viene quasi ricompensato sposando una
donna bella e fedele. Molti hanno visto questo come se fosse una ricompensa, altri pensano che abbia preso
coscienza dell'errore. La storia ha tante sfaccettature. potrebbe essere il mondo maschilista in cui aprile bagna le
piante portando primavera e quindi il femminile. La critica chauceriana ha subito un cambiamento radicale: si passa
a vedere Chaucer come sessista, razzista e antisemita per la sua vita. Si scontra con le critiche femministe odierne e
i vari movimenti. Addirittura all’università di Lester viene tolto dalle materie obbligatorie, considerato come un
autore minore: è una posizione su cui convergono le femministe radicali.

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