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Corso di Laurea in Lingue e Culture Moderne (L11)

Lingua e Traduzione Inglese II (10 cfu)

La Traduzione

Prof.ssa Michela Marroni


Breve storia della Traduzione

La preistoria della traduzione

La storia della traduzione inizia simbolicamente con la distruzione della mitica Torre di
Babele, che rappresenta la fine dell’unità linguistica universale.

Non vi è alcun dubbio che la traduzione abbia origini molto antiche.

La traduzione entrava in gioco ogni qualvolta si rendesse necessario stabilire una


comunicazione tra due popoli.

L’epoca degli scribi

Varie leggende giunte fino ai giorni nostri narrano dell’esistenza della professione di
traduttore nella civiltà egizia e in quelle mesopotamiche già a partire dal 3000 a.C.

I primissimi traduttori furono gli scribi, figure di alto spessore intellettuale che
rivestivano importanti funzioni ufficiali e amministrative e per questo motivo
occupavano posizioni di spicco all’interno delle suddette civiltà.

Ad avvalorare tali leggende hanno concretamente contribuito i ritrovamenti


archeologici avvenuti nel corso del tempo. Si tratta per lo più di tavole facenti
riferimento a grammatiche e a primitivi glossari multilingue.
La traduzione Biblica di S. Girolamo (Stridone, 347 – Betlemme, 30
settembre 419/420)

È considerato padre e dottore della Chiesa. Tradusse la Bibbia dal greco e


dall'ebraico al latino.

Nel 382, su incarico di papa Damaso I, affrontò il compito di rivedere la


traduzione dei Vangeli e successivamente, nel 390, passò all'antico
testamento in ebraico, concludendo l'opera dopo ben 23 anni.

Prima di cominciare la propria opera San Girolamo si trasferì a Betlemme


per perfezionare la sua conoscenza dell’ebraico.

Grande conoscitore della lingua greca, lavorò instancabilmente alla sua


opera traducendo testi ebraici e greci per gran parte della sua vita.
La Vulgata, prima traduzione completa in lingua latina della Bibbia, rappresenta lo sforzo
più impegnativo affrontato da Girolamo.

Il testo di Girolamo è stato la base per molte delle successive traduzioni della Bibbia, fino al
XX secolo.

La Vulgata è ancora oggi il testo liturgico della messa in latino.


Per questo motivo San Girolamo è considerato il santo patrono dei traduttori.
Sempre per quanto riguarda le traduzioni bibliche, un altro momento storico fondamentale
nella storia della traduzione sarà la versione della Bibbia in tedesco ad opera di Martin
Lutero nel XV secolo.

Verso la fine del XVI secolo in Inghilterra si sentiva l’esigenza di avere una versione biblica
valida per tutti e soprattutto in linea con la chiesa d’Inghilterra,, fondata da Enrico VIII dopo
l’atto di supremazia del 1543. Fu il re Giacomo che, in termini traduttologici diete vita ad
un’impresa colossale: una nuova traduzione della bibbia nota come Authorized Version. Il
lavoro fu commissionato nel 1603 e concluso nel 1611. Questa riscrittura in lingua inglese
della Bibbia fu compiuta da un gruppo di 47 traduttori che erano i più esperti e riconosciuti
biblisti dell’Inghilterra.
Perché è tanto importante questa versione che tuttora viene usata? È importante perché la
lingua inglese di questa versione può essere considerata un punto di riferimento per tutto il
mondo anglofono dall’inizio del 770 fino ai giorni nostri.
Il contributo degli arabi

Alla morte di Maometto, nel 632, gli arabi si espansero in tutta Europa.

Essi si prodigarono nella traduzione di moltissimi scritti greci e romani e vi aggiunsero le


proprie conoscenze in campo scientifico. Fondarono molteplici scuole di traduzione a
Baghdad e a Cordoba.

Grazie a loro, il sapere degli antichi non scomparse con le invasioni barbariche.

Copisti e monaci all’opera

Nel dodicesimo secolo, Cordoba e Toledo ritornarono nelle mani dei cristiani e quest’ultima
divenne sede di una prestigiosa scuola di traduzione, iniziando ad attirare studiosi ed eruditi
da tutto il mondo.

In questa fase della storia, il ruolo dei monaci e degli amanuensi nel continuare
l’importantissima opera svolta dagli arabi nei secoli precedenti è di assoluta importanza.

I testi vennero tradotti dall’arabo e dagli originali greci verso il latino.


La fase che va dall’Umanesimo a i primi del ‘700 è caratterizzata da una concezione della
traduzione come attività minore.

La riscoperta degli antichi greci in concomitanza con gli inizi della stampa genera un’attività
senza precedenti nel campo della traduzione.

I testi classici di Omero, Aristotele, Virgilio e molti altri vengono tradotti a più riprese.

È l’epoca delle “belle infedeli”: cioè traduzioni riviste e corrette per risultare più adatte al
gusto del lettore del tempo.

I traduttori invece di limitarsi alla mera traduzione cercano infatti di rendere più bello il
testo, ad esempio depurandolo da espressioni considerate troppo volgari.

Per esempio PLUTARCO (Plutarch's Lives of the Noble Greeks and Romans, commonly called
Parallel Lives or Plutarch's Lives) tradotto da Sir Thomas NORTH (1579) non si raccomanda
per il suo prestigio.

La traduzione di Plutarco è famosa solo perché da essa Shakespeare trasse ispirazione per
alcune delle sue tragedie più celebrate (Julius Caesar, Coriolanus, and Antony and
Cleopatra).
Il secolo dei lumi

Il secolo dell’Illuminismo e poi quello della Rivoluzione industriale, furono segnati da una
proliferazione di traduzioni che toccò tutti i settori, in particolare quelli tecnici e scientifici.

Vennero dati alle stampe molti dizionari, monolingui e bilingui, generali o specialistici. Tali
opere vengono attualmente considerate il fondamento della moderna terminologia.

Di straordinaria importanza fu poi l’opera di Champollion che nel 1822 svelò i misteri della
Stele di Rosetta permettendo da lì in poi di decifrare tutti i geroglifici egiziani.

Nel ‘700 la cultura comincia a dare più importanza alla traduzione come risposta alla moda
del GRAND TOUR. Infatti, la facilità con cui si trasmettono le conoscenze e la migliore rete di
comunicazioni rendono le traduzioni dei testi classici e libri di viaggi importanti ai fini
culturali. In questo senso assumono un ruolo rilevante le traduzioni compiute da una serie di
figure femminili di grande importanza nella storia della cultura: scrittrici come Charlotte
Lennox, Mary Shelley e Aphra Behn affermano la loro presenza con il lavoro di traduttrici. Ed
è in questi decenni che l’attività traduttiva comincia a caratterizzarsi anche come attività
commerciale: per queste donne tradurre significa al tempo stesso cultura e indipendenza
economica. E nel ‘700 che per la prima volta viene riconosciuto il valore professionale del
tradurre; e in questa attività di diffusione di testi provenienti da culture diverse molte donne,
come scrittrici e intellettuali sono in primo piano.
LA TRADUZIONE E IL PERIODO VITTORIANO

Per epoca vittoriana (o età vittoriana) si intende comunemente il periodo della


storia inglese compreso nel lungo regno della regina Vittoria, esattamente dal
1837 al 1901. Tuttavia, alla luce della più recente storiografia, vi è una coincidenza
tra Ottocento e periodo vittoriano che, in questo modo, include anche i quattro
decenni che precedono l’avvento della regina Vittoria.

Una definizione del periodo non è facile, ma indubbiamente dopo la fase di


agitazione sociale e di scontro politico – periodo che va dagli anni Trenta fino al
1851 (anno della Grande Esposizione Universale di Londra) – assistiamo a una fase
di assestamento e di crescita economica e di espansione commerciale e coloniale,
culminata con l’incoronazione di Vittoria come Imperatrice delle Indie il 1° marzo
1876. L’industrializzazione fece del Regno Unito “the workshop of the world” (la
fucina del mondo) ma al tempo stesso, come conseguenza dello spostamento di
enormi masse dalle campagne ai centri industriali, diede origine a un vertiginoso
aumento demografico con i conseguenti problemi igienico-sanitari, per non dire
della criminalità e della diffusione della prostituzione fra le classi più povere.
Nel periodo vittoriano la traduzione raggiunge un livello di importanza che non aveva mai
toccato prima. Sia come fenomeno culturale sia come mercato editoriale l’attività
traduttiva assume un rilievo notevole. Potremmo definire l’Ottocento come il secolo della
traduzione. Questo perché, per la prima volta, emergono tre elementi che ne favoriscono
la pratica e la diffusione:

ALFABETIZZAZIONE DELLE MASSE come risultato di una serie di riforme che sono la
conseguenza delle ripetute agitazioni sociali, della nascita del movimento sindacale e del
Cartismo (la rivendicazione di una rappresentanza parlamentare da parte della classe
operaia);

IL LETTORE E LA DIFFUSIONE DELLA CARTA STAMPATA, con svariate pubblicazioni e la


crescita del giornalismo, implica anche la diffusione del libro come effetto di un mercato
che vede sempre più espandersi la platea dei lettori: nel periodo vittoriano nasce l’idea di
lettore come la immaginiamo noi. Prima dei Vittoriani, la lettura era il privilegio di una
ristretta schiera;

PROFESSIONALIZZAZIONE - L’espansione geopolitica del Regno Unito pone l’esigenza di


conoscere le altre culture e di avere un ampio quadro del pensiero e dei gusti di
popolazioni diverse. Tutto questo fa sì che in Inghilterra si traducano testi del presente e
del passato in un frenetico desiderio di conoscenza che risulta parallelo al frenetico
desiderio di conquista coloniale di nuove terre. Di qui consegue la professionalizzazione
dell’attività traduttiva che segna una svolta fondamentale nella storia della traduzione.
Chi sono i traduttori vittoriani?

Sul tema della traduzione, esiste una linea femminile che vede le donne in primo piano in
questa attività, in parte come eredità settecentesca, in parte come un modo per
conquistarsi uno spazio di indipendenza economica.

In generale, anche nell’Ottocento si continua a pensare che, diversamente da altre più


impegnative professioni, il tradurre sia una attività idonea al talento femminile. Tuttavia, un
simile pregiudizio antifemminista viene gradualmente superato grazie all’importanza
assunta dalle donne impegnate in ambito traduttologico.
Fra le figure di traduttrici che vanno ricordate:

Sarah AUSTIN (1793-1867) è una figura molto importante perché traduce una serie di
opere dal tedesco, fra le quali le lettere del principe Hermann Pückler-Muskau, che le
diedero una certa notorietà. Sarah Austin, non solo era parte degli ambienti più
progressisti della cultura londinese, ma aveva anche una personalità forte e determinata.
Tale carattere le consentì di superare enormi difficoltà in termini di pregiudizio per via
della sua amicizia con il principe di cui tradusse le lettere – Briefe che, in realtà, erano
descrizioni del suo tour nel Regno Unito.

George ELIOT (pseudonimo di Mary Ann Evans, 1819-1880), prima di diventare la più
grande scrittrice del periodo vittoriano, era stata traduttrice. Austen ed Eliot sono legate
dal fatto che entrambe tradussero dal tedesco, contro l’opinione che la lingua tedesca
fosse troppo difficile perché potesse essere affrontata da una mente femminile. Oltre a
Das Leben Jesu (1836) di David Friedrich Strauss, apparsa in traduzione nel 1846, George
Eliot lavorò come traduttrice su Feuerbach e Spinoza, mostrando sempre un impegno di
alto livello e, inoltre, partecipando ai dibattiti sul tradurre di quegli anni.

[Dialoghi Traduttologici]
Eleanor MARX (1855-1898), figlia del filosofo Karl Marx, segna una tappa importante
nella storia della traduzione perché unisce impegno politico e traduzione. Per lei tradurre
è un atto socialmente rilevante e, per questa ragione, traduce dal francese Madame
Bovary di Gustave Flaubert.
Questo classico era stato messo all’indice in Francia tanto che l’autore aveva subito un
processo per immoralità. Fu questa la ragione per cui Eleanor Marx decise di tradurre il
romanzo in inglese. Inoltre, per la sua forza innovativa, Eleanor tradusse direttamente
dal norvegese, Casa di bambola di Henrik Ibsen, un grande drammaturgo che parla
della donna in termini di liberazione dalle angustie del pensiero borghese.

[Eleonor Marx - Traduttrice vittoriana e militante ribelle]

Come abbiamo visto l’Ottocento non è solo il secolo della traduzione, ma anche il secolo
in cui l’attività del tradurre mostra tutta la sua incidenza nella società e nelle
trasformazioni socioeconomiche in atto, soprattutto nella seconda metà del periodo
vittoriano.

Quindi, lo studio del tradurre nel periodo vittoriano ci insegna che questo tipo di attività
ha a che fare con lo sviluppo della cultura e il cambiamento della società molto più di
quanto non si creda.
Dal Modernismo ai nostri giorni.

Il 1900 è contraddistinto da un generale quanto prodigioso progresso tecnologico.

Il progresso informatico è stato senza dubbio quello che ha influenzato più direttamente
il mondo dell’editoria e della traduzione.

Il computer si è imposto fin dalla sua nascita come il principale strumento di lavoro del
traduttore.

Negli anni successivi la digitalizzazione, le banche dati e soprattutto internet hanno


consentito l’accesso immediato a nuove risorse terminologiche, le quali, unite allo sviluppo
di software di traduzione assistita, hanno rivoluzionato completamente la professione del
traduttore.

Il Novecento segna anche il momento di massima consapevolezza sull’importanza del


tradurre e al tempo stesso, sotto la pressione del mercato, la traduzione diventa puramente
commerciale, spesso compiuta sotto pressione e quindi anche oggetto di grandi critiche
riguardanti la valenza scientifica del lavoro - cioè il grado di fedeltà all’originale.

Sono Gli Scandali della Traduzione che hanno luogo proprio perché i traduttori (salvo poche
eccezioni) diventano un segmento della commercializzazione del prodotto LIBRO.
Il fenomeno della globalizzazione sta generando una crescente domanda di traduzioni, in
particolare nei settori amministrativi e specialistici.

In un mercato in cui le frontiere tendono a scomparire, la professione del traduttore è


sempre più vista come un lavoro importantissimo depositario di cultura e di informazioni.

La traduzione letteraria è sempre più attenta ad offrire ai lettori un testo di arrivo di


qualità, fedele ed accurato. E, quando possibile, il traduttore cerca di avvicinarsi il più
possibile all’idioletto dell’autore.

L’origine del verbo TRADURRE:

Dal lat. traducĕre ‘trasportare’, der. di ducĕre ‘portare’, col pref. trans- ‘tra’ •sec. XIV.
(dal latino, letteralmente “portare o condurre attraverso, far passare da un luogo ad un
altro”): si prende un testo da una lingua e lo si porta ad un’altra.
LA TRADUZIONE LETTERARIA E LA TRADUZIONE SPECIALISTICA
LITERARY TRANSLATION AND SPECIALIZED TRANSLATION

•IL TESTO SPECIALISTICO è tradotto una sola volta (raro che sia tradotto due o
più volte). Le ragioni sono ovvie: un libro scientifico o un articolo tecnico sono
tradotti in funzione dell’utilizzo. Vale a dire, in vista delle informazioni che essi
forniscono. Si tratta di un USO FUNZIONALE.

•LA TRADUZIONE LETTERARIA: Per quanto riguarda la traduzione letteraria è


chiaro che il traduttore deve possedere una lunga lista di competenze come:
conoscenza base dell’opera, dell’autore e dell’idioletto dell’autore.
[IDIOLETTO: il complesso delle strutture linguistiche che una persona possiede e adopera]

Un’altra caratteristica del testo letterario è che esso è progettato per stimolare
nuove traduzioni. Ogni epoca produce la sua o le sue traduzioni. Questo
aspetto è ancora più evidente nei Classici che continuano nei decenni a parlare
alle nuove generazioni di lettori.
PETER NEWMARK paragona il lavoro del traduttore ad un ICEBERG.

“You can compare the translating activity to


an iceberg: the tip is the translation – what is
visible, what is written on the page – the
iceberg, the activity, is all the work you do,
often ten times as much again, much of which
you do not even use” (Peter Newmark)

Peter Newmark, uno dei fondatori della scienza


della traduzione, paragona tale attività a un
iceberg, in cui la traduzione rappresenta
solamente la punta, mentre la parte sommersa
consiste in tutto il lavoro che si trova dietro,
tutti i ragionamenti e le motivazioni che hanno
portato a quel determinato risultato finale.
LA TRADUZIONE SPECIALISTICA/SCIENTIFICA

Ne consegue che in un testo scientifico il tasso di ambiguità è molto più basso


rispetto al testo letterario.
Mentre il testo letterario è caratterizzato da una voluta (e necessaria)
ambiguità (processo interpretativo di espressioni, immagini e dialoghi), il testo
scientifico deve evitare parole e frasi ambigue. La disambiguazione deve essere
sempre lineare e diretta, senza margini di equivoco.

TRADURRE un testo specialistico coinvolge molti livelli di competenze come: la


conoscenza generale dell’argomento, la conoscenza endolinguistica così come
la preparazione interlinguistica (endolinguistic and interlinguistic preparation).

Senza possedere queste competenze è davvero difficile realizzare una buona


traduzione.
Dobbiamo considerare due fasi della traduzione scientifica:

LA METACOGNIZIONE E LA COGNIZIONE.
La cognizione (cognitivity) - si riferisce alla conoscenza da parte dell’autore
dell’argomento che il testo di partenza tratta.

La metacognizione (Metacognitivity) - coinvolge almeno tre tipi di attività:

1. Lo studio dell’argomento per raggiungere un alto livello di conoscenza del


testo che sta per tradurre. MOMENTO CONTESTUALE.

2. Lo studio approfondito del lessico tecnico o della terminologia scientifica


che sono utilizzati dall’autore del testo. MOMENTO TESTUALE.

3. Il campo di lavoro – momento fondamentale della traduzione – può


essere caratterizzato dal contatto diretto con l’autore dell’articolo
scientifico o con uno specialista del campo ai fini di una focalizzazione più
puntuale. MOMENTO COMPARATIVO o di CONFRONTO.

Metacognitivity è, secondo PETER NEWMARK, la parte invisibile dell’iceberg.


La traduzione Medica – Medical Translation

La medicina, come scienza, è formata da una vasta gamma di tipi di testo:

•La prescrizione medica (medical prescription)


•Il foglietto illustrativo o bugiardino (information leaflet)
•L’articolo scientifico
•Libri di testo per studenti, manuali scientifici destinate agli specialisti.

Il traduttore di testi medici può non essere laureato in medicina, ma è


fondamentale che abbia acquisito le conoscenze per poter comprendere il
testo di partenza.

L’unico scopo del traduttore di testi scientifici è l’alto grado di fedeltà.

Più lungo è il testo, più è facile commettere errori per questo motivo i
manuali e i testi medici richiedono più attenzione.
TESTO DI PARTENZA E TESTO DI ARRIVO

Testo di partenza (Source Text) è il testo che un traduttore viene dato per tradurre in un'altra
lingua (in altre parole, il testo originale o il testo con cui inizi).
Testo di arrivo (Target Text) è la traduzione del testo originale (in altre parole, il testo finale o il
testo con cui si finisce).

Equivalenza (Equivalent effect): quando il testo di arrivo ha lo stesso significato e lo stesso


impatto sul lettore del testo di partenza. Ad esempio, se il testo di origine è persuasivo, anche il
testo di destinazione dovrebbe essere persuasivo. Oppure, se il testo sorgente fa ridere il lettore,
anche il testo di destinazione dovrebbe far ridere il lettore.

Lingua di partenza (Source language) =lingua del testo originale/di partenza;


Lingua di arrivo (Target Language) = lingua usata nel testo di arrivo.

Parte della difficoltà nella traduzione nasce a causa del divario lessicale che esiste tra la lingua di
partenza e la lingua di arrivo.

La necessità della traduzione nasce da questo divario; più le lingue sono diverse (fanno parte di
gruppi linguistici differenti) più è difficile tradurre e rispettare l’originale.

Per esempio una traduzione dal francese all’italiano (si tratta di due lingue appartenenti allo
stesso gruppo cioè due lingue romanze – quindi due lingue che derivano dal latino) sarà più
semplice di una traduzione dal finlandese all’italiano (lingua del gruppo ugrofinnico e l’italiano è
una Lingua romanza).
Nel tradurre un testo è sempre importante rispettare il REGISTRO:

Il registro è il livello di formalità o forma del linguaggio utilizzato per una situazione
particolare.

Una buona traduzione dovrebbe avere lo stesso registro del testo di partenza.

Esempi di diversi registri sono:

•Registro aulico o solenne = è estremamente formale, utilizza parole ed


espressioni il più possibile eleganti, ricercate e affettate ed è di uso piuttosto
raro; alla persona con cui si parla, in italiano, si dà del "voi" (desueta ma
ancora rinvenibile nello scritto la forma allocutiva "Vostra Signoria", spesso
abbreviata in "V.S."; mentre solo nel linguaggio burocratico è possibile ritrovare
regolarmente "Vostro Onore").
•Registro alto o formale = utilizza parole ed espressioni molto eleganti, anche di
uso non comune, ma non esageratamente ricercate, si usa quando ci si rivolge a
persone molto importanti o comunque completamente estranee; alla persona con cui
si parla, in italiano, si dà sempre del "lei" (in registri ancor più formali, è possibile
riscontrare il pronome allocutivo "Ella", usato esclusivamente in funzione di
soggetto).

•Registro medio o comune = utilizza parole ed espressioni cortesi, abbastanza


eleganti, di uso comune, ma con poco ricorso a termini troppo familiari, e si usa con
persone con cui si ha un rapporto di semplice conoscenza; come per il registro alto
in italiano si tende a usare il "lei", anche se il "tu" non è precluso.

•Registro basso o informale = utilizza parole ed espressioni di tipo dialettale,


familiare, colloquiale e si usa con persone amiche o all'interno della famiglia; alla
persona con cui si parla, in italiano, si dà sempre del "tu".

•Registro intimo, volgare o triviale = utilizza parole ed espressioni di livello infimo,


per niente cortesi ed eleganti e talvolta offensive; viene usato spesso, ma non
esclusivamente, tra adolescenti e giovani adulti; in italiano ci si dà rigorosamente del
"tu".
FORME DI TRADUZIONE SECONDO ROMAN JAKOBSON

“Noi distinguiamo tre modi di interpretazione di un segno linguistico, secondo che lo si


traduca in altri segni della stessa lingua, in un’altra lingua, o in un sistema di simboli non
linguistici.

Queste tre forme di traduzione debbono essere designate in maniera diversa:

1) la traduzione endolinguistica o riformulazione consiste nell’interpretazione dei segni


linguistici per mezzo di altri segni della stessa lingua; Parafrasi poetica.

2) la traduzione interlinguistica o traduzione propriamente detta consiste


nell’interpretazione dei segni linguistici per mezzo di un’altra lingua;

3) la traduzione intersemiotica o trasmutazione consiste nell’interpretazione dei segni


linguistici per mezzo di sistemi di segni non linguistici.” romanzo – cinema anche le
incisioni di Dorè relative alla Divina Commedia sono segmenti intersemiotici. Testi
mitologici – dipinti.

[RIMEDIAZIONE: un media in un altro media: radio in tv – strisce fumetto su youtube etc]

[Roman JAKOBSON, Aspetti linguistici della traduzione, in Saggi di linguistica generale,


Milano, Feltrinelli, 1966, p. 57].
Testi fondamentali sulla traduzione:

Georges Mounin, Teoria e storia della traduzione, Einaudi, 1965.

Si tratta di un libro che ha avuto grande diffusione perché stabilisce in modo


molto accurato l’ambito della traduzione, il dibattito e soprattutto la sua storia.
Il libro di Mounin rimane un testo di riferimento per gli studiosi della
traduzione e per quanti si interessano di traduttologia.

George Steiner, Dopo Babele. Aspetti del linguaggio e della traduzione (1975),
Garzanti

In questo testo Steiner difende la dimensione culturale della lingua contro ogni
forma di riduzione meramente tecnica del processo traduttologico. Ogni
popolo difende gelosamente la propria identità: questa difesa chiama in causa
la difesa anche della lingua. Tuttavia l’esigenza della comunicazione implica
giocoforza la traduzione. Tradurre vuol dire interpretare, ma interpretare vuol
dire anche interpretare tutti i segni della quotidianità e non solo le parole
dell’Altro.
Susan Bassnett, Translation Studies, Routledge, 1980

Con questo libro nasce il movimento dei “translation studies”, una vera e
propria disciplina che reclama un suo spazio culturale nel più ampio
dibattito linguistico-letterario.

Umberto Eco, Dire quasi la stessa cosa, Bompiani.

Si tratta di una raccolta di interventi che problematizzano il ruolo del


traduttore mentre esplorano il significato della traduzione nella società
contemporanea. In pratica, Eco dimostra come non esistano formule o
teorie che possano dar conto compiutamente del significato del tradurre.

Tim Parks, Tradurre L’inglese, Bompiani, 1996.

Un libro che offre una serie di esempi e modalità di risoluzione. Non ha


un’impostazione teorica ma porta solo esempi pratici presi dalla
letteratura inglese.
Lawrence Venuti, L'invisibilità del traduttore. Una storia della traduzione
(traduzione di Marina Guglielmi, Roma, Armando, 1999; titolo originale: The
Translator's Invisibility: A History of Translation: Routledge, London, 1995)

Venuti traccia la storia della traduzione nel mondo angloamericano dal


Seicento fino ai nostri giorni, mostrando come l’idea dominante sia
stata sempre quella di non lasciare mai trasparire l’immagine del traduttore:

“Una buona traduzione è come una lastra di vetro. Si nota che c’è
solamente quando ci sono delle imperfezioni: graffi, bolle. L’ideale è che non
ce ne siano affatto. Non dovrebbe mai richiamare l’attenzione su di sé.”

La strategia traduttiva che ha prevalso era quella della scorrevolezza nella


lingua di arrivo, e dell'eliminazione di particolarità e riferimenti culturali del
testo e della cultura di partenza al fine di far sembrare il testo tradotto un
originale.
Questa pratica in qualche modo "tradisce" il testo di partenza
eliminando e appianando le differenze e referenze culturali che secondo
lo studioso dovrebbero invece essere trasmesse e comunicate.

Per questo egli introduce i concetti di traduzione addomesticante


(Domestication) e stranierificante/estraniante (Foreignzation), due
strategie che riguardano principalmente quanto si adatti il testo alla
cultura di arrivo, causando una perdita di informazione dal testo di
partenza.

Nell'ottica di Venuti si dovrebbe favorire la stranierificazione che


"scomodi" in qualche modo il lettore in lingua di arrivo, utilizzando calchi
e prestiti per non sacrificare elementi culturali e il carattere originario
della traduzione.

Ciò permette di fermare quella che egli arriva a definire una "violenza
etnocentrica della traduzione" addomesticante ed è anche una
occasione per il traduttore di dismettere la sua invisibilità, in quanto
partecipatore attivo della comunicazione.
Lawrence Venuti, Gli scandali della traduzione. Per un'etica della
differenza (traduzione di Annalisa Crea, Roberta Fabbri, Sonia Sanviti,
Guaraldi, Rimini, 2005; titolo originale: The Scandals of Translation:
Towards an Ethics of Difference: Routledge, London, 1998)

Venuti riprende ed espande alcuni dei contenuti del precedente saggio ed


analizza il panorama della traduzione nel mondo angloamericano
evidenziandone diversi nodi spinosi, quali il mancato riconoscimento
dell'apporto creativo del traduttore ad un testo, i problemi posti dalle leggi
di copyright, le politiche traduttive e le relative implicazioni attraverso
l'analisi di diversi testi tradotti in inglese.

Nel testo è anche inclusa una traduzione ad opera di Venuti dei Racconti
fantastici dello scapigliato Igino Ugo Tarchetti, scelto in quanto autore
minore del diciannovesimo secolo. Il traduttore utilizza una strategia
“stranierificante”, impiegando per esempio slang americano mescolato ad
uno stile più arcaico per rendere le particolarità del testo e per palesare al
lettore la presenza attiva del traduttore.
La visione dicotomica

Tendenza naturalizzante (target-oriented) per cui il testo verrebbe orientato in


modo tale da renderlo vicino al lettore straniero, rendendoglielo familiare.

Tendenza estraniante (source-oriented) attraverso la quale il testo rimarrebbe


vicino all’originale, con l’intento di sospingere il lettore straniero verso la fonte,
verso l’originale.

In breve, la dicotomia è

addomesticamento vs. straniamento (domestication/foreignization), come


scrive Lawrence Venuti.

Che aggiunge un’altra coppia: visibilità vs. invisibilità.


La traduzione non è un fenomeno della modernità: gli uomini hanno cercato
sempre di comunicare fra loro, pur essendo di paesi, lingue e culture diverse.
Indubbiamente, la traduzione dei testi scritti divenne uno degli strumenti
fondamentali della trasmissione delle culture e dei dialoghi fra i popoli. Quando
parliamo di testi scritti dell’antichità è chiaro che ci riferiamo a una élite che aveva
il privilegio non solo di conoscere la lingua del testo di arrivo (TA), ma anche di
avere una cultura e quindi una preparazione filologica da consentirli un lavoro così
difficile come la versione da una lingua all’altra.

Come e perché si traduce?

Prima ho accennato che si traduce per la cultura. Ma, se guardiamo il fenomeno


con gli occhi del terzo millennio, vale la pena considerare come si diventa
traduttore. Ebbene, molti, quasi tutti (direi), cominciano a tradurre prima di sapere
come si fa – cioè prima di avere il pieno possesso teorico e pratico
dell’armamentario del mestiere. Quasi sempre i traduttori hanno imparato da soli.
Masolino d’Amico – uno dei più grandi traduttori dall’inglese – candidamente
ammetteva alcuni anni fa di avere imparato da solo.
OVERTRANSLATION vs. UNDERTRANSLATION

Da ultimo vorrei soffermarmi su questi due concetti che furono


introdotti nel 1976 da Peter Newmark nel suo libro seminale
Approaches to Translation.

Overtranslation: il traduttore usa più parole nel testo di arrivo


rispetto al testo di partenza/originale.

Undertranslation: il traduttore usa meno parole rispetto al testo


originale; vengono omesse parole e strutture che sono presenti nel
testo originale.
Possiamo dire che ogni traduzione oscilla fra questi due poli –
l’esigenza di chiarezza impone a volte di aggiungere termini non
presenti nel testo da tradurre, mentre esigenze di espressività a
volte costringono il traduttore ad omettere parole o sintagmi.

Per un traduttore si tratta sempre di trovare, in ogni istante del


suo lavoro traduttivo, il giusto equilibrio fra OVERTRANSLATION e
UNDERTRANSLATION. Ed è questa la regola aurea su cui
bisognerebbe sempre attenersi.
SULLA TRADUZIONE….

Che cosa vuole dire tradurre? La prima e consolante risposta vorrebbe essere: dire la
stessa cosa in un’altra lingua. Se non fosse che, in primo luogo, noi abbiamo molti
problemi a stabilire che cosa significhi “dire la stessa cosa”, e non lo sappiamo bene per
tutte quelle operazioni che chiamiamo parafrasi, definizione, spiegazione,
riformulazione, per non parlare delle pretese sostituzioni sinonimiche. In secondo luogo
perché, davanti a un testo da tradurre, non sappiamo quale sia la cosa. Infine, in certi
casi, è persino dubbio che cosa voglia dire dire. (Umberto Eco)

Senza la traduzione abiteremmo province confinanti con il silenzio.


(George Steiner)

Gli scrittori creano la letteratura nazionale, mentre i traduttori rendono universale la


letteratura. (José Saramago)

Tradurre vuol dire provare e fallire, riprovare e fallire sempre meglio.


(Samuel Beckett)

È compito del traduttore rilasciare nella sua lingua quel linguaggio puro che è sotto
l’incantesimo di un’altra lingua, tocca a lui liberare il linguaggio imprigionato in un’opera
attraverso la ri-creazione di quell’opera. (Walter Benjamin)

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