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La Traduzione
La storia della traduzione inizia simbolicamente con la distruzione della mitica Torre di
Babele, che rappresenta la fine dell’unità linguistica universale.
Varie leggende giunte fino ai giorni nostri narrano dell’esistenza della professione di
traduttore nella civiltà egizia e in quelle mesopotamiche già a partire dal 3000 a.C.
I primissimi traduttori furono gli scribi, figure di alto spessore intellettuale che
rivestivano importanti funzioni ufficiali e amministrative e per questo motivo
occupavano posizioni di spicco all’interno delle suddette civiltà.
Il testo di Girolamo è stato la base per molte delle successive traduzioni della Bibbia, fino al
XX secolo.
Verso la fine del XVI secolo in Inghilterra si sentiva l’esigenza di avere una versione biblica
valida per tutti e soprattutto in linea con la chiesa d’Inghilterra,, fondata da Enrico VIII dopo
l’atto di supremazia del 1543. Fu il re Giacomo che, in termini traduttologici diete vita ad
un’impresa colossale: una nuova traduzione della bibbia nota come Authorized Version. Il
lavoro fu commissionato nel 1603 e concluso nel 1611. Questa riscrittura in lingua inglese
della Bibbia fu compiuta da un gruppo di 47 traduttori che erano i più esperti e riconosciuti
biblisti dell’Inghilterra.
Perché è tanto importante questa versione che tuttora viene usata? È importante perché la
lingua inglese di questa versione può essere considerata un punto di riferimento per tutto il
mondo anglofono dall’inizio del 770 fino ai giorni nostri.
Il contributo degli arabi
Alla morte di Maometto, nel 632, gli arabi si espansero in tutta Europa.
Grazie a loro, il sapere degli antichi non scomparse con le invasioni barbariche.
Nel dodicesimo secolo, Cordoba e Toledo ritornarono nelle mani dei cristiani e quest’ultima
divenne sede di una prestigiosa scuola di traduzione, iniziando ad attirare studiosi ed eruditi
da tutto il mondo.
In questa fase della storia, il ruolo dei monaci e degli amanuensi nel continuare
l’importantissima opera svolta dagli arabi nei secoli precedenti è di assoluta importanza.
La riscoperta degli antichi greci in concomitanza con gli inizi della stampa genera un’attività
senza precedenti nel campo della traduzione.
I testi classici di Omero, Aristotele, Virgilio e molti altri vengono tradotti a più riprese.
È l’epoca delle “belle infedeli”: cioè traduzioni riviste e corrette per risultare più adatte al
gusto del lettore del tempo.
I traduttori invece di limitarsi alla mera traduzione cercano infatti di rendere più bello il
testo, ad esempio depurandolo da espressioni considerate troppo volgari.
Per esempio PLUTARCO (Plutarch's Lives of the Noble Greeks and Romans, commonly called
Parallel Lives or Plutarch's Lives) tradotto da Sir Thomas NORTH (1579) non si raccomanda
per il suo prestigio.
La traduzione di Plutarco è famosa solo perché da essa Shakespeare trasse ispirazione per
alcune delle sue tragedie più celebrate (Julius Caesar, Coriolanus, and Antony and
Cleopatra).
Il secolo dei lumi
Il secolo dell’Illuminismo e poi quello della Rivoluzione industriale, furono segnati da una
proliferazione di traduzioni che toccò tutti i settori, in particolare quelli tecnici e scientifici.
Vennero dati alle stampe molti dizionari, monolingui e bilingui, generali o specialistici. Tali
opere vengono attualmente considerate il fondamento della moderna terminologia.
Di straordinaria importanza fu poi l’opera di Champollion che nel 1822 svelò i misteri della
Stele di Rosetta permettendo da lì in poi di decifrare tutti i geroglifici egiziani.
Nel ‘700 la cultura comincia a dare più importanza alla traduzione come risposta alla moda
del GRAND TOUR. Infatti, la facilità con cui si trasmettono le conoscenze e la migliore rete di
comunicazioni rendono le traduzioni dei testi classici e libri di viaggi importanti ai fini
culturali. In questo senso assumono un ruolo rilevante le traduzioni compiute da una serie di
figure femminili di grande importanza nella storia della cultura: scrittrici come Charlotte
Lennox, Mary Shelley e Aphra Behn affermano la loro presenza con il lavoro di traduttrici. Ed
è in questi decenni che l’attività traduttiva comincia a caratterizzarsi anche come attività
commerciale: per queste donne tradurre significa al tempo stesso cultura e indipendenza
economica. E nel ‘700 che per la prima volta viene riconosciuto il valore professionale del
tradurre; e in questa attività di diffusione di testi provenienti da culture diverse molte donne,
come scrittrici e intellettuali sono in primo piano.
LA TRADUZIONE E IL PERIODO VITTORIANO
ALFABETIZZAZIONE DELLE MASSE come risultato di una serie di riforme che sono la
conseguenza delle ripetute agitazioni sociali, della nascita del movimento sindacale e del
Cartismo (la rivendicazione di una rappresentanza parlamentare da parte della classe
operaia);
Sul tema della traduzione, esiste una linea femminile che vede le donne in primo piano in
questa attività, in parte come eredità settecentesca, in parte come un modo per
conquistarsi uno spazio di indipendenza economica.
Sarah AUSTIN (1793-1867) è una figura molto importante perché traduce una serie di
opere dal tedesco, fra le quali le lettere del principe Hermann Pückler-Muskau, che le
diedero una certa notorietà. Sarah Austin, non solo era parte degli ambienti più
progressisti della cultura londinese, ma aveva anche una personalità forte e determinata.
Tale carattere le consentì di superare enormi difficoltà in termini di pregiudizio per via
della sua amicizia con il principe di cui tradusse le lettere – Briefe che, in realtà, erano
descrizioni del suo tour nel Regno Unito.
George ELIOT (pseudonimo di Mary Ann Evans, 1819-1880), prima di diventare la più
grande scrittrice del periodo vittoriano, era stata traduttrice. Austen ed Eliot sono legate
dal fatto che entrambe tradussero dal tedesco, contro l’opinione che la lingua tedesca
fosse troppo difficile perché potesse essere affrontata da una mente femminile. Oltre a
Das Leben Jesu (1836) di David Friedrich Strauss, apparsa in traduzione nel 1846, George
Eliot lavorò come traduttrice su Feuerbach e Spinoza, mostrando sempre un impegno di
alto livello e, inoltre, partecipando ai dibattiti sul tradurre di quegli anni.
[Dialoghi Traduttologici]
Eleanor MARX (1855-1898), figlia del filosofo Karl Marx, segna una tappa importante
nella storia della traduzione perché unisce impegno politico e traduzione. Per lei tradurre
è un atto socialmente rilevante e, per questa ragione, traduce dal francese Madame
Bovary di Gustave Flaubert.
Questo classico era stato messo all’indice in Francia tanto che l’autore aveva subito un
processo per immoralità. Fu questa la ragione per cui Eleanor Marx decise di tradurre il
romanzo in inglese. Inoltre, per la sua forza innovativa, Eleanor tradusse direttamente
dal norvegese, Casa di bambola di Henrik Ibsen, un grande drammaturgo che parla
della donna in termini di liberazione dalle angustie del pensiero borghese.
Come abbiamo visto l’Ottocento non è solo il secolo della traduzione, ma anche il secolo
in cui l’attività del tradurre mostra tutta la sua incidenza nella società e nelle
trasformazioni socioeconomiche in atto, soprattutto nella seconda metà del periodo
vittoriano.
Quindi, lo studio del tradurre nel periodo vittoriano ci insegna che questo tipo di attività
ha a che fare con lo sviluppo della cultura e il cambiamento della società molto più di
quanto non si creda.
Dal Modernismo ai nostri giorni.
Il progresso informatico è stato senza dubbio quello che ha influenzato più direttamente
il mondo dell’editoria e della traduzione.
Il computer si è imposto fin dalla sua nascita come il principale strumento di lavoro del
traduttore.
Sono Gli Scandali della Traduzione che hanno luogo proprio perché i traduttori (salvo poche
eccezioni) diventano un segmento della commercializzazione del prodotto LIBRO.
Il fenomeno della globalizzazione sta generando una crescente domanda di traduzioni, in
particolare nei settori amministrativi e specialistici.
Dal lat. traducĕre ‘trasportare’, der. di ducĕre ‘portare’, col pref. trans- ‘tra’ •sec. XIV.
(dal latino, letteralmente “portare o condurre attraverso, far passare da un luogo ad un
altro”): si prende un testo da una lingua e lo si porta ad un’altra.
LA TRADUZIONE LETTERARIA E LA TRADUZIONE SPECIALISTICA
LITERARY TRANSLATION AND SPECIALIZED TRANSLATION
•IL TESTO SPECIALISTICO è tradotto una sola volta (raro che sia tradotto due o
più volte). Le ragioni sono ovvie: un libro scientifico o un articolo tecnico sono
tradotti in funzione dell’utilizzo. Vale a dire, in vista delle informazioni che essi
forniscono. Si tratta di un USO FUNZIONALE.
Un’altra caratteristica del testo letterario è che esso è progettato per stimolare
nuove traduzioni. Ogni epoca produce la sua o le sue traduzioni. Questo
aspetto è ancora più evidente nei Classici che continuano nei decenni a parlare
alle nuove generazioni di lettori.
PETER NEWMARK paragona il lavoro del traduttore ad un ICEBERG.
LA METACOGNIZIONE E LA COGNIZIONE.
La cognizione (cognitivity) - si riferisce alla conoscenza da parte dell’autore
dell’argomento che il testo di partenza tratta.
Più lungo è il testo, più è facile commettere errori per questo motivo i
manuali e i testi medici richiedono più attenzione.
TESTO DI PARTENZA E TESTO DI ARRIVO
Testo di partenza (Source Text) è il testo che un traduttore viene dato per tradurre in un'altra
lingua (in altre parole, il testo originale o il testo con cui inizi).
Testo di arrivo (Target Text) è la traduzione del testo originale (in altre parole, il testo finale o il
testo con cui si finisce).
Parte della difficoltà nella traduzione nasce a causa del divario lessicale che esiste tra la lingua di
partenza e la lingua di arrivo.
La necessità della traduzione nasce da questo divario; più le lingue sono diverse (fanno parte di
gruppi linguistici differenti) più è difficile tradurre e rispettare l’originale.
Per esempio una traduzione dal francese all’italiano (si tratta di due lingue appartenenti allo
stesso gruppo cioè due lingue romanze – quindi due lingue che derivano dal latino) sarà più
semplice di una traduzione dal finlandese all’italiano (lingua del gruppo ugrofinnico e l’italiano è
una Lingua romanza).
Nel tradurre un testo è sempre importante rispettare il REGISTRO:
Il registro è il livello di formalità o forma del linguaggio utilizzato per una situazione
particolare.
Una buona traduzione dovrebbe avere lo stesso registro del testo di partenza.
George Steiner, Dopo Babele. Aspetti del linguaggio e della traduzione (1975),
Garzanti
In questo testo Steiner difende la dimensione culturale della lingua contro ogni
forma di riduzione meramente tecnica del processo traduttologico. Ogni
popolo difende gelosamente la propria identità: questa difesa chiama in causa
la difesa anche della lingua. Tuttavia l’esigenza della comunicazione implica
giocoforza la traduzione. Tradurre vuol dire interpretare, ma interpretare vuol
dire anche interpretare tutti i segni della quotidianità e non solo le parole
dell’Altro.
Susan Bassnett, Translation Studies, Routledge, 1980
Con questo libro nasce il movimento dei “translation studies”, una vera e
propria disciplina che reclama un suo spazio culturale nel più ampio
dibattito linguistico-letterario.
“Una buona traduzione è come una lastra di vetro. Si nota che c’è
solamente quando ci sono delle imperfezioni: graffi, bolle. L’ideale è che non
ce ne siano affatto. Non dovrebbe mai richiamare l’attenzione su di sé.”
Ciò permette di fermare quella che egli arriva a definire una "violenza
etnocentrica della traduzione" addomesticante ed è anche una
occasione per il traduttore di dismettere la sua invisibilità, in quanto
partecipatore attivo della comunicazione.
Lawrence Venuti, Gli scandali della traduzione. Per un'etica della
differenza (traduzione di Annalisa Crea, Roberta Fabbri, Sonia Sanviti,
Guaraldi, Rimini, 2005; titolo originale: The Scandals of Translation:
Towards an Ethics of Difference: Routledge, London, 1998)
Nel testo è anche inclusa una traduzione ad opera di Venuti dei Racconti
fantastici dello scapigliato Igino Ugo Tarchetti, scelto in quanto autore
minore del diciannovesimo secolo. Il traduttore utilizza una strategia
“stranierificante”, impiegando per esempio slang americano mescolato ad
uno stile più arcaico per rendere le particolarità del testo e per palesare al
lettore la presenza attiva del traduttore.
La visione dicotomica
In breve, la dicotomia è
Che cosa vuole dire tradurre? La prima e consolante risposta vorrebbe essere: dire la
stessa cosa in un’altra lingua. Se non fosse che, in primo luogo, noi abbiamo molti
problemi a stabilire che cosa significhi “dire la stessa cosa”, e non lo sappiamo bene per
tutte quelle operazioni che chiamiamo parafrasi, definizione, spiegazione,
riformulazione, per non parlare delle pretese sostituzioni sinonimiche. In secondo luogo
perché, davanti a un testo da tradurre, non sappiamo quale sia la cosa. Infine, in certi
casi, è persino dubbio che cosa voglia dire dire. (Umberto Eco)
È compito del traduttore rilasciare nella sua lingua quel linguaggio puro che è sotto
l’incantesimo di un’altra lingua, tocca a lui liberare il linguaggio imprigionato in un’opera
attraverso la ri-creazione di quell’opera. (Walter Benjamin)