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LEZIONE 5.6.
Gli effetti della “rivoluzione della stampa”
Qualunque manuale di storia economica individua nella stampa un punto di svolta,
interrogandosi sugli effetti profondi e duraturi di essa. Si trattò di una rivoluzione sia per la
letteratura che per la comunicazione. Secondo MacLuhan → il mezzo non è indifferente ai
contenuti, che ne sono influenzati. Inoltre, intorno al nuovo medium girano nuove strategie e
figure professionali.
- Effetti orizzontali
Diffusione spaziale delle conoscenze, accesso ad esse da parte di un pubblico più
ampio (a condizione dell’alfabetizzazione), nascita di nuovi lettori e nuovi generi
letterari. Nascita di una “cultura della stampa” basata su testo e immagine piuttosto
che sul suono (diversamente dalla tradizione orale)
Condizione sine qua non resta l’alfabetizzazione (il saper leggere e scrivere)
Si assiste nell’Europa tra Tardo Medioevo ed Età moderna ad un allargamento della cerchia
degli alfabeti, al di fuori delle élite intellettuali (clero, filosofi e scienziati).
Già nel Medioevo nelle città più dinamiche, come Firenze, i commercianti dovevano leggere
e contare, quindi nacquero scuole di abaco e trattatistica di tipo matematico. Poi si diffuse
una cultura notarile → scrittura e registrazione di testi. Si diffusero diari e cronache che
mostrano un interesse verso la scrittura, attuata principalmente nelle attività di governo.
In ambito ecclesiastico → le chiese protestanti monitorano i livelli di cultura e promossero
massicce campagne di alfabetizzazione; le chiese cattoliche attuarono un processo analogo
con il reclutamento del clero, che richiedeva un percorso di acculturazione (seminario), e
l’apertura di scuole di dottrina cristiana.
Anche la stessa industria del libro stimolava l’alfabetizzazione.
La rivoluzione della stampa fu una delle maggiori rivoluzioni culturali e favorì le altre
(Umanesimo, Rinascimento, riforma protestante, rivoluzione scientifica e industriale inglese)
La cultura scritta ha avuto un ruolo nella formazione della respublica litteraria di pensatori
europei che, pur non conoscendosi direttamente, scambiavano idee.
LEZIONE 5.7.
Le proprietà del sapere. Le origini del “diritto d’autore”
Negli ultimi due secoli si sono sviluppate tecnologie che hanno facilitato la diffusione di
immagini, suoni e scritti, ed è sorta ancora di più la necessità di proteggere e tutelare
l’originale. La società moderna è tale che la proprietà privata anche dei prodotti culturali si è
molto dilatata.
Il diritto d’autore (copyright) trova la sua fonte nella giusta volontà degli autori di essere
remunerati per il proprio ingegno → provento che arriva all’autore nel momento della vendita
del prodotto, fonte di reddito che gli dà autonomia.
Nel Basso Medioevo emerse l’individualità della stessa produzione intellettuale, sia gli autori
che le altre figure della filiera rivendicavano ognuno il suo ruolo.
Nel Rinascimento:
- ci furono dispute tra autori che si accusavano di plagio e furto di idee e parole
- venne declinata la nozione di autorità, mentre nacque l’autore e si affermò l’idea del
genio, con enfasi sul concetto di originalità, mentre tutto quello che si ispirava ad
esso era considerato copia
- nella produzione agronomica sparirono le raccolte collettanee e si moltiplicarono le
opere individuali
- sorsero contrasti tra stampatori e autori sulla proprietà di un testo, iniziò la
contraffazione e la pirateria libraria
L’Illuminismo del 1700 non ignorò l’editoria, ma si avvalse di essa per diffondere le sue idee
con la carta stampata. Gli illuministi si ersero contro l’istituzione dell’università come centro
del sapere, mentre esaltarono la stampa come luogo di condivisione di idee.
La produzione stampata crebbe enormenente, con anche innovazioni legislative:
- richiesta limitazione della corporazione parigina per incentivare altre città
- idea della libertà del commercio e dell’eliminazione delle corporazioni, con decreti del
1777 che distinsero tra:
proprietà letteraria → diritto che spetta all’autore di far stampare la propria opera,
perpetuo e trasmissibile
privilegio di stampa →diritto più limitato
→ concorrenza libraria
Copyright Act (statuto della regina Anna) del 1710 → parlare del diritto d'autore che però
vige per tempo limitato (di solito 14-21 anni), e resta comunque importante la figura
dell’editore perché l’opera va registrata nello Stationers’ Register.
Per decenni tuttavia l’Act non fu applicato e l’editoria inglese si basò sull’ordinamento
preesistente, ovvero gli autori continuavano a vendere il diritto librario allo stampatore, e gli
stampatori londinesi stipularono tra loro patti → nacque un monopolio gestito dalla
Stationers’ Company, stampatori acquisivano diritti illimitati
L’editoria è diventata una vera industria, con:
- attenzione a prezzi e tirature, pubblico, rapporti con la distribuzione (booksellers)
- produzione opere grandi e costose per biblioteche private
- alti margini di profitto
Nell’ultima parte del 1700 emersero quelle tendenze in materia di concorrenza editoriale,
dietro la pressione di forze come la concorrenza del contrabbando librario e la richiesta degli
stampatori scozzesi di entrare nel mercato inglese, con opere a prezzi più vantaggiosi dopo
la scadenza del copyright (la Scozia ormai era parte della Gran Bretagna).
Liberismo → Smith attaccò concorrenza e monopoli.
Sviluppo di un regime effettivo di concorrenza:
- edizioni più economiche
- ristampa di testi liberi dal copyright
- riduzione prezzi di vendita