La parola storia deriva dal greco historìa e significa “indagine”; si tratta
dunque un’indagine critica finalizzata a delle conoscenze razionalmente fondate e non nel senso di racconto. Nel mondo antico e medievale è prevalso comunque il concetto di racconto finalizzato all’educazione. Quintiliano, scrittore romano del I secolo d.C., sosteneva che la storia fosse opus oratorium maxime, un’opera massimamente oratoria finalizzata all’educazione dei nobili. Questo concetto dura fino al 1600, ad eccezione di Lorenzo Valla. Nel 1600, secolo della rivoluzione scientifica, si introduce un approccio critico e razionale allo studio della storia; ci si basa sull’analisi critica delle fonti, ossia tutti quei documenti scritti e testimonianze non scritte che ci aiutano a ricostruire il passato (testi, opere d’arte, scavi…). Questo concetto inizia ad opera di Mabillon e suoi collaboratori, monaci benedettini della congregazione di san Mauro, in Francia, che iniziano ad avere alcuni dubbi suoi diplomi regi del medioevo, ossia documenti emanati dai re francesi. Mabillon è anche fondatore della diplomatica (la scienza che studia i diplomi, cioè i vari documenti emanati dalle figure importanti nel Medioevo) e della paleografia (la scienza che studia le scritture antiche); nel 1681 Mabillon scrive il De re diplomatica. In Italia si ha Ludovico Antonio Muratori, un intellettuale modenese al servizio degli Este che si dedica alla ricostruzione storica. Fonda, assieme ai suoi collaboratori, una collezione di fonti importante, i Rerum Italicarum Scriptores (Scrittori di cose italiane - RIS), decine di volumi dedicati soprattutto alle cronache cittadine. Muratori muore nel 1750. Giosuè Carducci ha promosso una seconda edizione dei RIS. Un’altra grossa collezione di fonti sono i Monumenta Germaniae Historica (MGH), nata in Germania nel 1829 e che continua tuttora. Tutti questi studiosi si dedicavano comunque alla storia dei grandi: re, papi, imperatori. Nel ‘900 si è ampliato l’orizzonte degli storici: in Francia, a partire dal 1929, viene pubblicata la rivista Annales che tra i protagonisti vede Marc Bloch, con la quale ci si dedica allo studio di un sacco di aspetti finora trascurati.
Le fonti si dividono in:
- narrative (o intenzionali): storie o biografie, dedicate ad un popolo o ad un soggetto in particolare. Prendono il nome di “intenzionali” perché nascono con un fine preciso, non neutrale; - documentarie (o preterintenzionali): fonti di natura giuridica o economica, che a differenza di quelle narrative, non sono scritte per essere tramandate ai posteri ma solamente per esigenze pratiche. Prendono il nome di “preterintenzionali” poiché gli storici le utilizzano per scopi che vanno al di là di quelle per cui sono state concepite; - materiali (o resti): risultati di uno scavo archeologico, indagini su uno scheletro, fonti non scritte. Esistono anche fonti che sono un po’ un mix: ad esempio le epigrafi, testi scritti su fonti materiali.
Non esiste un Medioevo oggettivo, esiste il bisogno di periodizzare, di
ordinare il passato. Il concetto di Medioevo è stato coniato dagli uomini del Rinascimento ed è stato ripreso dagli illuministi, in entrambi i casi con un’accezione negativa. Quando all’inizio del ‘400 gli umanisti vogliono riportare alla luce la cultura classica, percepiscono il medioevo come una parentesi di barbarie, superstizione e decadenza. Il Romanticismo rivaluta fortemente il Medioevo come un periodo di grande fede religiosa e spirito cavalleresco o quello in cui nascono le nazioni; si sviluppa il medievalismo. Si è visto come fattore di un cambiamento epocale l’arrivo dei popoli nomadi. Sotto Traiano, che muore nel 117 d.C. e aveva conquistato Mesopotamia e Dacia (attuale Romania), l’Impero Romano aveva raggiunto la sua massima espansione. In seguito, Adriano ha abbandonato la Mesopotamia e ha raggiunto l’attuale confine tra Inghilterra e Scozia col suo celebre vallo. Nel III secolo d.C. si ha un susseguirsi di imperatori che viene concluso con Diocleziano, che sale al potere tra la fine del III e l’inizio del IV secolo. Con l’editto di Milano, emanato da Costantino nel 313, il cristianesimo diventa religione lecita e terminano le persecuzioni. Con Teodosio nel 381 il cristianesimo diviene religione ufficiale ed è bandito il culto pagano. Riprendono le ondate di invasioni dei popoli germanici nella metà del IV secolo. Nel 378, nella battaglia di Adrianopoli, l’imperatore Valente viene ucciso dai Goti. Nell’Impero Romano si ha una contrazione demografica per via del mancato afflusso di schiavi e le nascite sempre in decrescita: l’imperatore Teodosio, quindi, ammette l’inserimento di gruppi di popoli nomadi all’interno dell’impero. Per qualche anno questa politica funziona, dato che Teodosio mette a capo dell’impero un generale vandalo, Stilicone, che però Onorio (figlio di Teodosio) ne sospetta e lo fa ammazzare: si ha dunque il sacco di Roma ad opera dei Goti nel 410. Alla morte di Teodosio, nel 395, la parte occidentale va ad Onorio e quella orientale va ad Arcadio. Tra il 402 e il 404 Onorio trasferisce la capitale da Roma a Ravenna, poiché questa è facilmente difendibile, dato che su un lato c’era il mare e su altri due le paludi. Morto Onorio il potere passa al figlio di Galla Placidia, Valentiniano III, che muore alla metà del V secolo. Dopo la sua morte c’è un susseguirsi di imperatori che durano pochissimo al potere e che sono molte volte guidati da generali che non sono nemmeno romani. Tra tutti i barbari, i Visigoti sono i meno barbari: Galla Placidia, sorella di Onorio, sposa Ataulfo, re dei Visigoti, nel 414. Si arriva, nel 476, alla deposizione di Romolo Augustolo: se prima, formalmente, vi era un imperatore romano, in questo caso Odoacre, re degli Eruli, depone Romolo Augustolo e si fa incoronare re. L’imperatore Zenone, non avendo le forze necessarie, manda quindi Teoderico, re degli Ostrogoti, a combattere Odoacre.
Henri Pirenne, storico belga, ha contestato la periodizzazione tipica del
Medioevo. Secondo lui, le invasioni barbariche non sono state così distruttive: i barbari si sono convertiti al cristianesimo, pur passando per l’arianesimo (dottrina teorizzata da Ario, secondo la quale il Figlio non sarebbe della stessa natura del Padre, e condannata durante il Concilio di Nicea del 325) ed hanno imparato la lingua latina, abbandonando una tradizione orale in favore di una cultura scritta. Allo stesso tempo, nonostante una contrazione dei commerci, continua lo scambio di merci preziose. Pirenne sostiene quindi che siano le incursioni arabe a segnare l’inizio del Medioevo, il quale andrebbe quindi spostato al VII secolo, al tempo di Maometto; questo anche perché gli Arabi, a differenza delle popolazioni germaniche, non si fanno assimilare. Alcuni storici individuano una fascia cui danno il nome di tardoantico, il quale andrebbe dal III/IV secolo al VII, come periodo di transizione dall’antichità classica al Medioevo. Anche per quanto riguarda la fine del Medioevo ci sono opinioni diverse: alcuni propongono il 1453, anno della caduta dell’impero bizantino, come termine; altri ancora la peste del ‘300.
Nel momento in cui arrivano i popoli germanici, il limes romano,
composto da una serie di postazioni che servivano a controllare il confine, passava lungo il Reno e il Danubio e a nord arrivava fino al vallo di Adriano, al confine tra Inghilterra e Scozia. Il limes era già stato superato nel 378 dai Goti, i quali si dividono in Visigoti (Goti dell’ovest) ed Ostrogoti (Goti dell’est).