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1^ LEZIONE – 31/01

La parola storia deriva dal greco historìa e significa “indagine”; si tratta


dunque un’indagine critica finalizzata a delle conoscenze razionalmente
fondate e non nel senso di racconto. Nel mondo antico e medievale è
prevalso comunque il concetto di racconto finalizzato all’educazione.
Quintiliano, scrittore romano del I secolo d.C., sosteneva che la storia
fosse opus oratorium maxime, un’opera massimamente oratoria
finalizzata all’educazione dei nobili. Questo concetto dura fino al 1600, ad
eccezione di Lorenzo Valla.
Nel 1600, secolo della rivoluzione scientifica, si introduce un approccio
critico e razionale allo studio della storia; ci si basa sull’analisi critica delle
fonti, ossia tutti quei documenti scritti e testimonianze non scritte che ci
aiutano a ricostruire il passato (testi, opere d’arte, scavi…).
Questo concetto inizia ad opera di Mabillon e suoi collaboratori, monaci
benedettini della congregazione di san Mauro, in Francia, che iniziano ad
avere alcuni dubbi suoi diplomi regi del medioevo, ossia documenti
emanati dai re francesi. Mabillon è anche fondatore della diplomatica (la
scienza che studia i diplomi, cioè i vari documenti emanati dalle figure
importanti nel Medioevo) e della paleografia (la scienza che studia le
scritture antiche); nel 1681 Mabillon scrive il De re diplomatica.
In Italia si ha Ludovico Antonio Muratori, un intellettuale modenese al
servizio degli Este che si dedica alla ricostruzione storica. Fonda, assieme
ai suoi collaboratori, una collezione di fonti importante, i Rerum
Italicarum Scriptores (Scrittori di cose italiane - RIS), decine di volumi
dedicati soprattutto alle cronache cittadine. Muratori muore nel 1750.
Giosuè Carducci ha promosso una seconda edizione dei RIS.
Un’altra grossa collezione di fonti sono i Monumenta Germaniae
Historica (MGH), nata in Germania nel 1829 e che continua tuttora.
Tutti questi studiosi si dedicavano comunque alla storia dei grandi: re,
papi, imperatori. Nel ‘900 si è ampliato l’orizzonte degli storici: in Francia,
a partire dal 1929, viene pubblicata la rivista Annales che tra i
protagonisti vede Marc Bloch, con la quale ci si dedica allo studio di un
sacco di aspetti finora trascurati.

Le fonti si dividono in:


- narrative (o intenzionali): storie o biografie, dedicate ad un popolo
o ad un soggetto in particolare. Prendono il nome di “intenzionali”
perché nascono con un fine preciso, non neutrale;
- documentarie (o preterintenzionali): fonti di natura giuridica o
economica, che a differenza di quelle narrative, non sono scritte per
essere tramandate ai posteri ma solamente per esigenze pratiche.
Prendono il nome di “preterintenzionali” poiché gli storici le
utilizzano per scopi che vanno al di là di quelle per cui sono state
concepite;
- materiali (o resti): risultati di uno scavo archeologico, indagini su
uno scheletro, fonti non scritte.
Esistono anche fonti che sono un po’ un mix: ad esempio le epigrafi, testi
scritti su fonti materiali.

Non esiste un Medioevo oggettivo, esiste il bisogno di periodizzare, di


ordinare il passato.
Il concetto di Medioevo è stato coniato dagli uomini del Rinascimento ed
è stato ripreso dagli illuministi, in entrambi i casi con un’accezione
negativa. Quando all’inizio del ‘400 gli umanisti vogliono riportare alla
luce la cultura classica, percepiscono il medioevo come una parentesi di
barbarie, superstizione e decadenza. Il Romanticismo rivaluta fortemente
il Medioevo come un periodo di grande fede religiosa e spirito
cavalleresco o quello in cui nascono le nazioni; si sviluppa il
medievalismo.
Si è visto come fattore di un cambiamento epocale l’arrivo dei popoli
nomadi. Sotto Traiano, che muore nel 117 d.C. e aveva conquistato
Mesopotamia e Dacia (attuale Romania), l’Impero Romano aveva
raggiunto la sua massima espansione. In seguito, Adriano ha
abbandonato la Mesopotamia e ha raggiunto l’attuale confine tra
Inghilterra e Scozia col suo celebre vallo.
Nel III secolo d.C. si ha un susseguirsi di imperatori che viene concluso con
Diocleziano, che sale al potere tra la fine del III e l’inizio del IV secolo. Con
l’editto di Milano, emanato da Costantino nel 313, il cristianesimo diventa
religione lecita e terminano le persecuzioni. Con Teodosio nel 381 il
cristianesimo diviene religione ufficiale ed è bandito il culto pagano.
Riprendono le ondate di invasioni dei popoli germanici nella metà del IV
secolo. Nel 378, nella battaglia di Adrianopoli, l’imperatore Valente viene
ucciso dai Goti.
Nell’Impero Romano si ha una contrazione demografica per via del
mancato afflusso di schiavi e le nascite sempre in decrescita: l’imperatore
Teodosio, quindi, ammette l’inserimento di gruppi di popoli nomadi
all’interno dell’impero. Per qualche anno questa politica funziona, dato
che Teodosio mette a capo dell’impero un generale vandalo, Stilicone,
che però Onorio (figlio di Teodosio) ne sospetta e lo fa ammazzare: si ha
dunque il sacco di Roma ad opera dei Goti nel 410.
Alla morte di Teodosio, nel 395, la parte occidentale va ad Onorio e quella
orientale va ad Arcadio. Tra il 402 e il 404 Onorio trasferisce la capitale da
Roma a Ravenna, poiché questa è facilmente difendibile, dato che su un
lato c’era il mare e su altri due le paludi.
Morto Onorio il potere passa al figlio di Galla Placidia, Valentiniano III, che
muore alla metà del V secolo. Dopo la sua morte c’è un susseguirsi di
imperatori che durano pochissimo al potere e che sono molte volte
guidati da generali che non sono nemmeno romani.
Tra tutti i barbari, i Visigoti sono i meno barbari: Galla Placidia, sorella di
Onorio, sposa Ataulfo, re dei Visigoti, nel 414.
Si arriva, nel 476, alla deposizione di Romolo Augustolo: se prima,
formalmente, vi era un imperatore romano, in questo caso Odoacre, re
degli Eruli, depone Romolo Augustolo e si fa incoronare re. L’imperatore
Zenone, non avendo le forze necessarie, manda quindi Teoderico, re degli
Ostrogoti, a combattere Odoacre.

Henri Pirenne, storico belga, ha contestato la periodizzazione tipica del


Medioevo. Secondo lui, le invasioni barbariche non sono state così
distruttive: i barbari si sono convertiti al cristianesimo, pur passando per
l’arianesimo (dottrina teorizzata da Ario, secondo la quale il Figlio non
sarebbe della stessa natura del Padre, e condannata durante il Concilio di
Nicea del 325) ed hanno imparato la lingua latina, abbandonando una
tradizione orale in favore di una cultura scritta. Allo stesso tempo,
nonostante una contrazione dei commerci, continua lo scambio di merci
preziose. Pirenne sostiene quindi che siano le incursioni arabe a segnare
l’inizio del Medioevo, il quale andrebbe quindi spostato al VII secolo, al
tempo di Maometto; questo anche perché gli Arabi, a differenza delle
popolazioni germaniche, non si fanno assimilare.
Alcuni storici individuano una fascia cui danno il nome di tardoantico, il
quale andrebbe dal III/IV secolo al VII, come periodo di transizione
dall’antichità classica al Medioevo.
Anche per quanto riguarda la fine del Medioevo ci sono opinioni diverse:
alcuni propongono il 1453, anno della caduta dell’impero bizantino, come
termine; altri ancora la peste del ‘300.

Nel momento in cui arrivano i popoli germanici, il limes romano,


composto da una serie di postazioni che servivano a controllare il confine,
passava lungo il Reno e il Danubio e a nord arrivava fino al vallo di
Adriano, al confine tra Inghilterra e Scozia. Il limes era già stato superato
nel 378 dai Goti, i quali si dividono in Visigoti (Goti dell’ovest) ed
Ostrogoti (Goti dell’est).

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