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Calascibetta

Calascibetta Ma chi poteva pensare a godere tale spettacolo! Johann Wolfgang von Goethe

Lunga, affascinante e storicamente articolata risulta la storia della citt di Calascibetta, malgrado scarsa sia la documentazione che si pu trovare in forma scritta. Il documento pi importante il Cenno Storico della

Vittrice e Fedele Citt di Calascibetta, scritto dal sacerdote


Carlo Maria Borghese, il cui titolo si riferisce ad alcuni significativi episodi risalenti al periodo della dominazione spagnola. Poi quasi pi nulla se non sporadici accenni come delle generiche indicazioni fornite dal Fazello, da Rocco Pirro che in Sicilia Sacra cita per l'anno 1094 un Odoaldus Baro de Calataxibet e dall'Houel, che visitando il paese, attesta la presenza di una grande quantit di tombe abbandonate. Alcuni studiosi hanno voluto leggere un riferimento a Calascibetta nella citazione fatta dallo storico agirino Diodoro Siculo di una non ben identificata citt di Ennaterrina, vista la centralit e la facilit di accesso del territorio xibetano in epoche dense di incontri e scontri tra Siculi, Sicani, Greci, Punici e Romani. Quel che risulta certo che le tracce di frequentazione da parte dell'uomo nel territorio di Calascibetta, si perdono tra le nebbie del tempo, del resto basta osservare le numerose grotte che si aprono alle pendici dell'odierno centro abitato per immaginare una continuit insediativa che persiste da millenni. Ci dovuto certamente al fatto che coloro che nel corso dei secoli sono giunti in tale luogo, si sono trovati al cospetto di un ambiente che offriva loro le condizioni ideali per insediarvisi, caratterizzato da boschi, terreni fertili, ampi pascoli e quelli che nell'antichit dovevano essere corsi d'acqua di discreta portata.

Tutti elementi questi, che consentivano naturalmente varie attivit di sussistenza come la caccia, l'agricoltura e l'allevamento. Un altro motivo per cui questa specifica zona stata frequentata fin dai tempi pi antichi, da ricercarsi nell'importanza che rivestiva come nodo della viabilit in Sicilia. La regia trazzera Calascibetta-Palagonia, ad esempio, passa a soli 7,5 km dall'antica citt di Morgantina, con la quale era collegata, e ricalca l'antica strada greca SiracusaThermai (Termini Imerese). La Calascibetta-Licata congiungeva, invece, la citt xibetana con il porto del Mediterraneo, da cui partiva il caricatore dove erano imbarcate le merci provenienti dal centro dell'isola. Diverse le ipotesi relative all'etimologia del nome della citt e alla sua fondazione. Per quel che riguarda il nome, l'opinione pi ricorrente evidenzia la chiara origine araba del toponimo Calascibetta da Qalat (castello o fortezza) e Xibet (il nome del monte su cui sorge labitato). Incerta l'ubicazione del primo vero e proprio centro urbano della citt. Alcuni studiosi sostengono che sia individuabile nell'aggrottato di Via Carcere, un agglomerato di numerosissimi ambienti sito in pieno centro storico; altri lo individuano nelle numerose caverne che circondano quasi per intero le pendici della citt. Tuttavia ultimamente si fatta largo un'altra ipotesi che vorrebbe il primo nucleo abitativo non sul monte su cui sorge l'attuale centro abitato, ma nelle campagne circostanti, precisamente in Contrada Sottafora, a circa 2 km dalla citt. Qui sono state rinvenute numerose monete ed oggetti fittili greci, mentre nella vicina Contrada San Giovanni sono state individuate le rovine di un tempio gotico a tre navate, al cui interno stato rinvenuto un fonte battesimale ed una sepoltura, a testimonianza della frequentazione di una comunit cristiana nella zona. La stessa denominazione della contrada citata poc'anzi (Sottafora, dal latino subtus forum, ovvero sotto la piazza del villaggio) suscita degli interrogativi, cos come la credenza popolare, forse non del tutto infondata, che vuole si trovi in questa zona una citt sepolta. Tralasciando la possibile veridicit di ipotesi e credenze popolari, gli unici dati certi in merito a datazioni ed ubicazioni dei siti presenti nel territorio di Calascibetta, provengono dalle testimonianze archeologiche. La maggior parte di questi dati ci vengono forniti dalla preziosa opera di un illustre archeologo come Luigi Bernab

Brea, responsabile delleffettivo inizio della ricerca archeologica su questo territorio verso la fine della seconda guerra mondiale. Una sua ricognizione nel 1944 costitu infatti la premessa per l'avvio di una campagna di scavo sistematica, effettuata alcuni anni pi tardi dallo stesso insigne studioso e che dur dal 1949 al 1951. Durante gli scavi l'archeologo ligure mise in luce quattro necropoli, la pi antica delle quali inquadrabile alla fine dell'eneolitico. Si tratta della necropoli di Malpasso, caratterizzata in parte dalle cosiddette tombe a grappolo, grotticelle artificiali a pianta approssimativamente circolare, comunicanti tra loro. Grazie all'omogeneit dei corredi funerari rinvenuti, la necropoli stata scelta per definire l'orizzonte culturale della tarda et del rame in Sicilia, la facies di Malpasso, databile tra il 2700 ed il 2300 a.C. La forma pi tipica di tale facies il bicchiere semiovoide, che ne costituisce una sorta di fossile guida. Il territorio xibetano stato frequentato anche durante il bronzo antico, periodo testimoniato da alcune tombe a forno rinvenute in localit Tre Croci. Cronologicamente posteriore la necropoli di Vallone Calcarella databile in base alla tipologia dei corredi, a due fasi cronologiche distinte: l'una pi antica (fase I), relativa all'et del bronzo finale, l'altra, pi recente (fase II), relativa all'et del ferro. Tuttavia, il rinvenimento di alcuni frammenti ceramici castellucciani, associati a resti di industria litica, sposta indietro di circa seicento anni la data della frequentazione umana di Calcarella. Inoltre, l'individuazione di un edificio di culto di epoca bizantina, dimostrerebbe la straordinaria continuit insediativa di questa zona, testimoniata anche da una piccola edicola votiva con la raffigurazione di una Madonna con Bambino (tempera su tavola), ubicata sull'antica strada di accesso alla citt.

Pressoch coeva alla necropoli di Vallone Calcarella la necropoli di Cozzo San Giuseppe in Contrada Realmese, dove durante gli scavi, vennero messe in luce duecentottantotto tombe a grotticella. In base alla tipologia delle sepolture e dei corredi funerari recuperati, si dedotto che l'utilizzo della necropoli copre un arco temporale molto esteso, di cui stata proposta una suddivisione in due fasi principali: la prima di et protostorica (dalla met del IX sec. alla prima met del VII sec. a.C.), seguita da una seconda di et arcaica (met VII sec. - secondo quarto VI sec.). La necropoli di Valle Coniglio rappresenta, a livello cronologico, la pi recente tra le quattro indagate da Bernab Brea, essendo inquadrabile in et arcaica, tra la met del VI e la met del V sec. a.C. Tale sito riveste una particolare importanza, in quanto il rinvenimento di crateri in alcune sepolture, indicherebbe un processo di ellenizzazione in atto tra gli indigeni, attraverso il rito del banchetto-simposio di tipo greco, caratterizzato dal consumo di vino. Alla medesima epoca della necropoli in questione, possono essere associate le due tombe a camera di Contrada Quattrocchi, una delle quali ha restituito un ricco corredo funerario composto in gran parte da ceramiche d'importazione e da due reperti bronzei. Altre testimonianze della presenza umana nel territorio xibetano ci vengono fornite da interessanti luoghi poco documentati, come l'insediamento di Contrada Gazzana e gli aggrottati di Contrada Buonriposo. Per quanto riguarda il primo, in base alla tipologia di sepolture a grotticella artificiale che ne compongono la necropoli, stato ipotizzato un utilizzo dallepoca del bronzo finale - et del ferro; sulla base dei numerosi simboli cristiani incisi sulle pareti di alcune delle grotte, oltre alla presenza di una cappella che reca tracce di affreschi, appare invece piuttosto evidente che in et bizantina le grotte e parte delle tombe vennero riutilizzate come abitazioni e luoghi di preghiera. Anche gli aggrottati di Contrada Buonriposo presentano tracce evidenti di frequentazione in epoca greco-arcaica e bizantina. Il primo periodo testimoniato dalla presenza di numerose tombe a camera; il secondo da simboli cristiani incisi sulle pareti

di alcuni ambienti e da un palmento di notevoli dimensioni ricavato nella roccia, probabilmente in uso presso la comunit monastica che abitava quest'area e quella del vicino Vallone Canalotto, che rappresenta l'esempio pi importante della presenza bizantina nel territorio di Calascibetta. Come si pu notare, latitano i dati in merito al periodo greco e a quello romano. Causa di ci fu principalmente la continuit abitativa nei diversi nuclei di aggrottati, proseguita fino al periodo alto-medioevale, che ha reso difficile la lettura delle testimonianze greche e romane, le quali hanno subto un riutilizzo, iniziato in epoca bizantina, che ha di fatto rimaneggiato la loro struttura originaria. Esigue sono anche le tracce della dominazione saracena, che inizia probabilmente nell'851, anno della nascita del borgo arabo, e continua fino al 1061 quando i Normanni, capeggiati dal Conte Ruggero d'Altavilla, scacciarono i saraceni dalla sommit del monte in cui si erano insediati. Di quel periodo, sotto i nostri occhi rimane il tessuto urbano della parte alta della citt, fatto di tortuose stradine che convergono nel cortile dell'attuale Via Soprana. Qui ancor oggi visibile quello che a prima vista sembra un semplice pozzo, si tratta in realt di una cisterna, dove convergeva l'acqua raccolta grazie all'ingegnoso sistema sotterraneo di canalizzazione inventato dagli arabi, il qanat. Come accennato poc'anzi, si narra che nell'anno 1061, cacciati i saraceni dalla sommit del monte, vi si insediarono i Normanni con il Conte Ruggero d'Altavilla il quale scelse questo luogo per il trentennale assedio alla roccaforte dell'allora Castrogiovanni, che era ancora in mano agli arabi. Gli storici filo-aragonesi, confutando l'ipotesi della fondazione della citt per opera di questi ultimi, attribuiscono tale merito al Conte Ruggero e tramandano che sulla sommit del monte egli costru una cittadella militare ed un castello da lui chiamato Marco, cinse di mura la citt e fece edificare una chiesa-fortezza dedicata all'Apostolo Pietro. La costruzione di queste monumentali opere testimoniata dall'iscrizione esistente ai piedi di un ritratto del Conte conservato nella sagrestia dell'attuale Chiesa Madre, cos come nel nastro fra gli artigli di un aquila incisa nella pietra e sita nel lato sinistro della porta d'ingresso della Chiesa di San Pietro: in entrambe le iscrizioni si legge Rogerius comes et templi fundator et urbis, ossia Ruggero fondatore del tempio e della citt. La Chiesa appena citata, nella nuova forma che le venne data nel 1800, anche se sconsacrata ed in stato di totale abbandono, ancor oggi visibile cos come lo sono alcune delle altre testimonianze della presenza normanna. La pi evidente di queste la Torre Normanna, conosciuta anche come Torre campanaria di S. Pietro, che rappresenta quel che rimane di visibile dell'antica cittadella militare. Il resto infatti stato inglobato o sovrastato da strade, abitazioni, ma soprattutto dalla Regia Cappella Palatina, oggi conosciuta come Chiesa Madre. Durante questo lungo periodo, laccesso alla citt avveniva per mezzo di due porte, la

Porta dell'aquila e la Porta dei Longobardi, che separavano il nucleo medievale dalla
campagna. Ai Normanni seguirono gli Aragonesi con il re Pietro II d'Aragona e si assistette allo sviluppo urbanistico della citt medievale, all'introduzione di usi e costumi della cultura iberica, ma soprattutto di unarte legata indissolubilmente alla religione. Durante la dominazione spagnola, infatti, fiorirono nuove chiese e monasteri di notevoli valenze architettoniche e culturali, influenzate inevitabilmente da un gusto tipicamente catalano. Il pi importante esempio dell'unione fra arte, architettura e religione risalente a questo periodo, senza dubbio la sopracitata Regia Cappella Palatina, fatta edificare da Pietro II dAragona, intitolata a Santa Maria Maggiore e dichiarata Regia dallo stesso sovrano. In quello sviluppo urbanistico sopracitato che caratterizz questo periodo, si inserisce la costruzione del Monastero dei Carmelitani con annessa chiesa. La prima, pi piccola dell'attuale e ad essa adiacente, risaliva all'anno 1371 ed era intitolata allAnnunziata. L'attuale Chiesa del Carmelo fu invece ultimata nel 1771 ed ospita al suo interno il gruppo marmoreo de LAnnunciazione, realizzato da Antonello Gagini nel XVI secolo. Al 1347 risale invece la nascita dellOspedale di S.Barbara, con annessa chiesa, che dipendeva come succursale dallOspedale di Santo Spirito di Roma in Saxia. Calascibetta era a quel tempo conosciuta anche come una delle 57 comunit ebraiche della Sicilia; gli ebrei, dediti ai commerci e all'artigianato, abitavano in una giudecca oggi individuabile nelle Vie Faranna, Roma e Giudea. Allora, tale centro, era esterno al nucleo cristiano in quanto un proclama, emanato nel 1324 da Federico II d'Aragona, imponeva alle comunit ebraiche di abitare in luoghi siffatti distinti e separati dalle case dei cristiani. In seguito nel 1428, re Alfonso il Magnanimo cedette agli ebrei la zona dell'abitato detta Borgo, in cui abitarono fino al 1492, anno in cui vi fu la cacciata degli ebrei dai domini spagnoli e da tutta la Sicilia, sotto il regno di Ferdinando il Cattolico. Dopo la loro espulsione il Borgo mantenne il nome di quartiere della Giudea, ed proprio l che si trova un bevaio, composto da una vasca circolare monolitica, che quasi certamente rappresentava la fontana per le rituali abluzioni prima di entrare nella Sinagoga, che doveva quindi trovarsi nelle vicinanze.

Durante il XV secolo fu costruita la chiesa dedicata a S. Antonio Abate e fu fondata la Compagnia dei Bianchi ad essa aggregata, istituita dal S. Uffizio Spagnolo. La chiesa fu eretta per la precisione nel 1409, mentre ai secoli successivi risalgono le opere che la abbelliscono. Nel 1535, sotto il governo di Carlo V, Calascibetta, citt demaniale, fu data in pegno a Ludovico Vernagallo per la somma di 27.000 fiorini, ma i cittadini offrirono la somma del riscatto all'imperatore, che come ricompensa concesse alla citt i privilegi delle citt libere e il glorioso titolo di Urbs Victoriosa. Due anni dopo il documento di riscatto, il 21 aprile 1537, l'imperatore aggiunse ai precedenti privilegi il decreto che gli abitanti di Calascibetta fossero rispettati e onorati e che nessuno osasse esigere da essi diritti di gabelle e dogana. In questo secolo vennero istituiti anche due nuovi ordini monastici, l'ordine dei Domenicani e quello dei Francescani, che si aggiunsero a quello gi esistente dei Frati Carmelitani. L'istituzione dei due ordini implic la costruzione di due nuovi monasteri, con annesse chiese. Il primo dei due, il Monastero dei Domenicani e la relativa Chiesa di S. Domenico (oggi convertita al culto greco ortodosso), furono edificati nel 1573. Probabilmente questa fu anche la sede della locale Inquisizione. Il Monastero dei Frati Minori dell'Ordine Francescano, nacque invece nel 1589; la chiesa fu edificata nella stessa data ed ospita al suo interno quella che forse l'opera di maggior prestigio presente a Calascibetta, ovvero una tela del pittore fiorentino Filippo Paladini, L'adorazione dei Magi, datata 1610. Nel 1629 sulla citt incombe nuovamente la minaccia della servit feudale. Calascibetta venne infatti data in pegno per 12.000 scudi al mercante genovese Ottaviano Centurione, ma ancora una volta i suoi cittadini pagarono la somma per il riscatto preservando la loro libert. Per questo nobile atto la citt ottenne il titolo di Urbs Fidelissima dal re Carlo II di Spagna e dalla regina Madre Maria Anna. Sul finire del secolo, il terribile terremoto che colp la Sicilia l'11 gennaio 1693, fece sentire i suoi effetti anche a Calascibetta, dove cadde il tempio di S. Pietro in seguito ricostruito. Questo secolo diede i natali ad una delle personalit celebri della citt, Agatino Daidone, matematico, architetto e cartografo, conosciuto e apprezzato alla Sorbonne di Parigi e successivamente chiamato alla corte d'Austria per le sue doti di

architetto. Dopo il Congresso di Vienna del 1815, la citt fu governata, da un sindaco e da quattro giurati con il titolo di Rispettabili. Nel 1818 con la nuova divisione del Regno delle Due Sicilie, Calascibetta fu spodestata dal ruolo di leader della comarca, che le apparteneva dal XVII secolo e che consisteva nel detenere il comando e l'autorit su sette paesi. Con i moti del 1848 si ridest il grande entusiasmo del popolo xibetano. Ansioso di liberarsi dal giogo della tirannide e in perenne rivolta contro i dazi sul macino, i cittadini parteciparono con orgoglio e spirito risorgimentale all'insurrezione popolare e all'epopea garibaldina per l'indipendenza e l'unit nazionale.

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