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21 Morris 1987.
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I Messapi nel basso Salento: fonti letterarie ed archeologiche
zato da un fitto addensarsi di cippi (alcuni dei quali iscritti), e una pic-
cola necropoli con tombe a cassa. Dal momento che l'impianto a cippi
non ha restituito tracce di resti archeologici di carattere `tombale' nel
senso formale del termine, è lecito chiedersi se i cippi stessi non vadano
considerati come i 'residui' archeologici di rituali funerari 'non conven-
zionali', praticati entro l'orizzonte cronologico immediatamente prece-
dente l'impianto delle tombe vere e proprie nella prima metà del V sec.
a C..
E' ovvio che, se questa ipotesi cogliesse nel vero, il contesto delle
Melliche, così come gli altri, verrebbe a documentare una trasformazio-
ne estremamente interessante nelle pratiche funerarie locali: il passag-
gio, cioè databile qui entro i primi decenni del V sec. a.C., da un rituale
non precisatile, che lasciava tuttavia di sé una traccia materiale e dura-
tura in cippi, e impianti a cippi, oggetto di pratiche 'cultuali', ad uno che
invece lasciava traccia di sé, in modo archeologicamente più convenzio-
nale, anche se non privo di aspetti peculiari, in vere e proprie tombe a
inumazione. 22
Un elemento di disarticolazione e di crisi del sistema insediativo ia-
pigio come si era andato costituendo nella II metà dell'VIII sec. a.C. fu
l'impianto della colonia di Taranto che avvenne nel 708 a.C. ad opera di
un gruppo di Spartani, e che, secondo la profezia resa a Falanto dall'o-
racolo delfico, doveva costituire un flagello per gli Iapigi. 23 Dopo l'arri-
vo dei coloni laconici i modi dell'insediamento e, più in generale, tutte
le manifestazioni cultuali, appaiono caratterizzate dalla bipolarità del
rapporto greci-indigeni per tutto il periodo successivo, sino alla conqui-
sta romana. 24 La fondazione di una colonia greca nell'Italia meridionale
di solito segnava profondamente la storia dei popoli già insediati sul luo-
go: alcune fonti letterarie 25 ci prospettano il quadro degli sconvolgimen-
ti seguiti spesso alla fondazione di una colonia greca in un sito sino ad
allora abitato da genti indigene di civiltà e cultura differenti. La connes-
sione tra l'installazione di una colonia greca e la scomparsa dei centri in-
digeni vicini non può essere considerata un fatto casuale. A fare le spese
dell'occupazione del territorio sono gli indigeni, spinti dalla paura ad ar-
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retrare e ad arroccarsi sulle alture interne lontane dalle coste e perciò più
sicure. Come in altri contesti indigeni dell'Italia meridionale nelle aree a
contatto con la colonia di Taranto l'impianto greco fa registrare l'abban-
dono improvviso e violento degli insediamenti indigeni del Tardo Geo-
metrico Iapigio.
Tuttavia, se è vero che l'incidenza delle fondazioni coloniali greche
sulla vita delle popolazioni indigene fu notevole quanto drammatica per
queste ultime all'indomani stesso della colonizzazione, è anche vero che
questo stato di cose non durò a lungo. Per quanto riguarda la Iapigia, la
tradizione letteraria unanime ci descrive i rapporti tra Greci e indigeni
come improntati ad una tenace conflittualità. Questa proverbiale bellico-
sità degli Iapigi nonché la mancanza in Puglia di un requisito indispen-
sabile per la riuscita della colonizzazione, quello di una plaga fertile nel-
l'immediato entroterra necessaria per il sostentamento autonomo della
colonia, dovettero evidentemente scoraggiare l'occupazione e suggerire
altri tipi di rapporto tra la cultura esterna e quella indigena.
La recente scoperta di un monumento tipicamente greco — É6Xót.pa un
grande focolare databile verso la fine dell'VIII sec. a.C. 26 — in un am-
biente indigeno, riveste una grande importanza nella valutazione del dia-
logo stabilitosi tra i due mondi già nel VII sec. a.C.: alla punta dell'Ita-
lia si stabilisce quindi un santuario espresso attraverso un monumento di
tipo greco in un ambiente nettamente messapico: il che conferma piena-
mente che l'elemento indigeno non si è allontanato dalla costa al mo-
mento dell'arrivo dei Greci. Questo ha continuato anzi a vivere sullo
stesso sito su cui erano approdati i Greci, in transito per le altre colonie
della Magna Grecia.
Nelle prime fasi, dunque, sembra che Taranto non sia andata oltre
l'occupazione del territorio strettamente necessario alla vita della colo-
nia.
3. Con il VI sec. a.C. passiamo dall'età del Ferro alla 'fase arcaica
(VI-V sec. a.C.) della civiltà messapica: durante questo periodo, la civil-
tà messapica appare caratterizzata da una ricchezza di fermenti culturali
e dall'introduzione di importanti innovazioni in varie sfere della vita as-
sociata: dall'organizzazione degli insediamenti e del modo di abitare, al-
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pesta e sbattuti sulla costa della Iapigia: in un luogo non meglio precisa-
to avrebbero fondato prima la città di Yria e successivamente altre città.
In merito alla identificazione di Ouep -Trov si sono scatenate sin dall'an-
tichità accese polemiche e ipotesi contrastanti. Di tutto ciò il dubbio di
Strabone 32 è il segno più tangibile: "Quando Erodoto dice che nella Ia-
pigia v'è la città di Yria fondata da alcuni Cretesi staccatisi dalla flotta
che Minosse conduceva in Sicilia, bisogna identificarla sia con Uria sia
con Vereto". 33 Secondo il Ribezzo 34 , dal momento che Hyria figurava
nei più antichi itinerari marinari di età omerica e postomerica, non può
essere stata la continentale Uria, ma solo Veretum. Se il dubbio poteva
nascere intorno alla valutazione delle reali intenzioni di Erodoto, ben di-
versamente si presentava per Strabone la conoscenza dei luoghi presi in
esame: descrivendoci la parte della Iapigia che andava da Taranto fino al
Capo Iapigio, dopo aver documentato che sin dai tempi più remoti tale
regione era occupata da 13 città di cui soltanto Taranto e Brindisi ave-
vano al suo tempo conservato una grande importanza, nel mentre tutte le
altre si erano ridotte ad autentiche borgate, costeggiando idealmente tut-
to il tratto di litorale compreso fra le due grosse città sopra menzionate
per la distanza di 600 stadi, ci trasporta "fino alla piccola città di Bari ...,
denominata oggigiorno Vereto. Bari è situata all'estrema punta del terri-
torio dei Salentini e da Taranto la si raggiunge molto più facilmente per
terra che per mare. La distanza da qui a Leuca è pari a 80 stadi" 35 .
Dunque, si può ipotizzare che Vereto sia stata per almeno 4-5 secoli
prima di Cristo una grande potenza, una fra le 13 città che avevano re-
gnato su tutto il territorio della Messapia sul modello greco della polis-
Stato e sicuramente all'occorrenza tra loro confederate: per incontrare
una città-Stato del livello di Vereto occorreva spostarsi fino a Uzentum.
Queste notizie risalgono in buona parte a Strabone; in mancanza, però,
di dati completi e definitivi si sono avute da parte degli storici diverse
elencazioni riguardo le famose 13 città messapiche. Una proposta ag-
giornata potrebbe essere la seguente: Caelium (l'odierna Ceglie Messa-
pica), Carbina (l'odierna Carovigno), Uria, Manduriae, Tarentum, Brin-
disium, Rudiae, Buste, Neretum, Aletium, Uzentum„Soletum, Veretum.
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Per tutti i centri prima descritti si può far riferimento a piccoli agglo-
merati che confermano l'importanza e la persistenza, nell'occupazione e
nello sfruttamento del territorio, dell'insediamento sparso di tradizione
protostorica. Questi dati permettono di postulare la distinzione nel mon-
do messapico tra l'acquisizione di tecniche "urbanistiche" elleniche, ri-
ferite all'intero impianto insediativo e frutto di radicali trasformazioni
socio-economiche, e quella delle semplici tecniche costruttive. Per que-
ste ultime l'acquisizione in area messapica sembra essere piuttosto ge-
neralizzata; l'uso delle strutture con fondazioni in pietra a pianta qua-
drata, coperte da tegole fittili, tende a sostituire la capanna tradizionale.
L'adozione di impianti urbanistici di tipo greco al contrario interessa
in modo discontinuo solo alcuni centri "dominanti"; nei processi di ag-
gregazione territoriale che portano alla definizione di realtà cantonali,
questi centri conoscono un particolare sviluppo, favoriti dall'orienta-
mento in senso filoellenico di gruppi aristocratici indigeni e forse anche
dalla presenza di nuclei di greci trasferitisi in Messapia. I tre centri mag-
giori, infatti, appaiono strettamente collegati alle grandi città del Golfo,
in particolare Taranto e Metaponto. 43
E' un dato di fatto ormai che già molto tempo prima della fondazio-
ne delle prime colonie magnogreche i nostri mari erano attraversati da
uomini i cui interessi erano legati alla ricerca di terre da coltivare, al-
l'approvvigionamento dei metalli, all'acquisto di materiali preziosi dif-
ficilmente reperibili, come l'ambra, ecc.. Tutto ciò ha fatto sì che fin da
epoca remota si mettesse in moto un meccanismo di scambi e di interes-
si commerciali tra l'Oriente e l'Occidente del Mediterraneo che faceva
perno sulle ultime propaggini della penisola italica.
I rapporti tra Greci e indigeni sulle coste della futura Magna Grecia
sono proseguiti per tutta l'epoca antica. Per la Puglia più che di coloniz-
zazione, si parla in termini di reciproca influenza, di penetrazione gra-
duale. Si tratta di acquisizione di fatti e di cose che alla lunga incidono
profondamente sulla cultura stessa che li adotta; si tratta di un fenomeno
indicato col termine di "acculturazione", vale a dire l'insieme dei feno-
meni risultanti dai contatti continui e diretti tra due popoli differenti e dei
cambiamenti che ne conseguono. Per l'Italia meridionale si è trattato di
una acculturazione graduale, nota sotto il nome di "ellenizzazione", che
si è intensificata con la fondazione della colonia di Taranto.
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