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STORIA GRECA

PREMESSE
Spazi
La Grecia -propriamente detta-
corrisponde alla parte terminale della
penisola balcanica, divisa n
dall’antichità in numerose regioni:
• Peloponneso, penisola divisa in 6
regioni (Laconia, Messenia,
Arcadia, Argolide, Acaia, Elide)
• Istmo di Corinto
• Attica, penisola ad est
• Grecia centrale (Beozia, Focide,
Doride, Locridi, Etolia, Acarnania)
• Grecia settentrionale (Tessaglia,
Macedonia)

A queste si aggiungono numerose isole


tra Egeo e Ionio, tra cui ricordiamo:
• Egina, tra Attica e Peloponneso
• Eubea, grande isola in faccia
all’Attica
• Corcira (oggi Corfù, nello Ionio)
• Isole Cicladi (Delo, Nasso, Melo,…)

È una zona montagnosa, povera di risorse naturali e con umi brevi e poveri d’acque,
a cui si aggiunge un clima semiarido e pochi terreni fertili.
Lo spazio inerente alla storia greca è tuttavia il Mediterraneo, poichè questo elemento
comporta una tendenza necessaria alla mobilità e alla migrazione, così che i Greci si
muovono dalla loro patria verso il resto delle terre bagnate dal Mediterraneo,
entrando in contatto e in contrasto con molte altre civiltà mediterranee.
N.B. Tuttavia i Greci avevano un rapporto ambiguo con il mare, percepito come
pericolo e generalmente evitato da molte realtà lì orite, come Sparta

Dal punto di vista culturale, la cultura greca si è imposta come dominante


nell’interpretazione della storiogra a mediterranea, fornendo strumenti concettuali e
lessicali che gettano le basi della cultura occidentale in generale.
Il baricentro tuttavia cambia con la gura di Alessandro Magno e si sposterà
potentemente verso l’Oriente, attraverso le sue campagne di conquista dalla
Macedonia no all’attuale Pakistan.
Cambia così anche la nozione di grecità, che prescinde dalla Grecia intesa
geogra camente.
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Temp
Se lo spazio è calcolabile con un ampio margine di oggettività, per il tempo si attua una
periodizzazione convenzionale per de nizione, come in molte altre partizioni storiche.

La storia greca vede convenzionalmente il suo inizio con l’età micenea (II millennio
a.C.) se usiamo un criterio linguistico, ma se usiamo un criterio storico-politico allora
si attesta con la nascita della polis, tra XI e VIII sec. a.C.

La ne viene quindi ad assumere diverse datazioni:


• 338 a.C., se consideriamo la ne delle poleis greche con la battaglia di Cheronea
vinta da Filippo il Macedone
• 146 a.C., con la presa di Corinto da parte dei Romani e l’instaurazione della
provincia romana in Grecia
• 31 a.C., con la Battaglia di Azio e la ne dell’ultimo regno ellenistico con la morte di
Cleopatra
• 529 d.C., con la chiusura delle scuole loso che di Atene

Possiamo poi considerare l’esperienza bizantina come un continuum della cultura


greca, quindi si potrebbe postdatare la ne solo con la caduta di Costantinopoli.

La periodizzazione
‣ Età del Bronzo: III-II millennio a.C.
‣ Dark Ages: 1200-750/700 a.C.
‣ Età arcaica: 700-479 a.C.
‣ Età classica: 479-336/323 a.C.
‣ Età ellenistica: 336/323-31 a.C. (la prima è quando Alessandro sale al trono, la
seconda è la morte di Alessandro)

Per molti aspetti, queste periodizzazioni sono usate in omaggio ad una tradizione di
studi e sono tenute in considerazione per comodità.

Le font
Intendiamo come fonti quell’apparato di elementi che sostengono la ricostruzione
storica in generale.
Si intende quindi una serie di testimonianze riguardanti i Greci nell’accezione
evenemenziale della storia -ossia relativa agli avvenimenti-, ma in primis per quanto
riguarda la de nizione degli Hellenes stessi.
ES. Erodoto VIII 144.2
Per Erodoto, To hellenikon (la grecità, appartenere alla cultura greca), è la
comunità di sangue e di lingua dei Greci, accomunati altresì dalle usanze, i
costumi, le istituzioni, i santuari e i culti deistici simili.
La lingua è un punto cardine nella ricognizione della grecità, che può essere de nita
proprio a partire da questo sostrato linguistico comune dal quale si sono sviluppate
poi usanze, pratiche religiose e abitudini comuni.
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LE ORIGINI
L’Età del Bronz
Non vi sono prove archeologiche dell’arrivo di una popolazione de nibile come
Greci -di ceppo indoeuropeo, proveniente dall’Asia centrale- poichè la nascita
dell’identità greca è frutto di un processo sicuramente posteriore all’età arcaica.

L’Età del Bronzo (3200-1000 a.C.) è una lunga fase studiata sulla base di ritrovamenti
archeologici, con una partizione convenzionale istituita sulla cronologia di ceramiche.
Questo è comprensibile poichè le ceramiche hanno modalità, fatture, decorazioni
diverse in base al periodo.
N.B. L’argilla cotta è il materiale più comune, come il quale venivano fabbricati gli
utensili basilari e quotidiani ma anche vasi più decorati.
L’Età del Bronzo è quindi suddivisa in:
• Antico Bronzo (3200-2050 a.C.)
• Medio Bronzo (2050-1550 a.C.)
• Tardo Bronzo (1550-1050 a.C.)

L’Età del bronzo rappresenta il serbatoio culturale da cui poi nascerà la civiltà greca
vera e propria, sebbene i Greci avessero una conoscenza sporadica e limitata alle
rovine del proprio passato, sicuramente non profonda cronologicamente come la
conosciamo noi oggi.

Nell’Antico Bronzo si assiste a numerose innovazioni (nuovi insediamenti e crescita


demogra ca, metallurgia di rame e bronzo, introduzione delle ceramiche da tornio e di
utensili come l’aratro, intensi cazione degli scambi)
N.B. Questo è inquadrabile nel concetto della policoltura mediterranea,
elaborato da Renfrew nel 1972: l’aggiunta di vite e olivo ai cereali e ai legumi
causa una rivoluzione economica della regione, associata anche all’incremento
dell’allevamento.
Nel Tardo Bronzo, l’età più vicina alla nascita della Polis, il mondo greco ha come
elemento politico-istituzionale caratteristico il palazzo, sia per quanto riguarda la
civiltà minoica (di Creta) sia la civiltà micenea.

Creta e la civiltà palaziale


La civiltà minoica -dal nome del mitico re Minosse- sorge sull’isola di Creta nel Medio
Bronzo (1900 a.C. circa) ed è caratterizzata n dalle prime fasi dal palazzo come cuore
della società, con importanti testimonianze archeologiche a Festos, Mallia e Cnosso.
Con “palazzo” non intendiamo un edi cio puramente abitativo, ma una struttura
portante e polifunzionale in ambito sociale ed economico, organizzata come un
edi cio a più piani intorno ad una corte centrale, luogo di raduno.
In esso erano conservate le risorse e quindi si pensava consistesse nel nucleo di
un’organizzazione territoriale fondata sulla redistribuzione delle risorse.
Tuttavia, questa idea è stata ridimensionata: il palazzo consiste in primis al luogo dove
si attendevano eventi e cerimonie collettive, quindi con una funzionalità più
aggregativa/corporativa che amministrativa.
N.B. Sono stati inoltre ritrovati di recente degli edi ci di dimensioni minori che
probabilmente svolgevano anche’essi le funzioni sociali ed economiche ritenute
esclusivamente appannaggio del palazzo.
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Manca in questa fase protopalaziale un potere individuale di tipo dinastico, sostituito
da poteri diversi che avevano accesso a risorse di erenti. L’amministrazione palaziale
monitorava i beni -accumulati o prodotti- attraverso dei sigilli di controllo in argilla.
A Creta è stata constatata l’assenza di opere murarie poderose, a segnalare la
sostanziale unità tra le comunità dell’isola; è inoltre ben documentato il rapporto orido
che Creta intratteneva con il Vicino Oriente e l’Egitto.

Nel 1700 a.C. si entra nella fase neopalaziale, di erente dalla fase protopalaziale per
l’organizzazione politica, con una gura unica alla guida del palazzo -il re- che porta
su di sè tutti i poteri (giudiziario, religioso, militare).
In questa fase si assiste ad una massiccia opera di costruzione di edi ci
amministrativi, lo sviluppo della Lineare A e la partecipazione al commercio
internazionale.
L’isola di Creta vive un periodo di grande omogeneità culturale, spiegata inizialmente
dall’egemonia incipiente del palazzo di Cnosso, ma anche da una sorta di emulazione
tra entità politiche autonome, in grado di esportare la cultura minoica nel Mediterraneo.
N.B. Le fonti letterarie greche parlano di talassocrazia minoica, ma l’evidenza
archeologica non permette di stabilire se fosse semplice contatto o controllo
politico, quello esercitato da Creta sull’Egeo orientale

Verso la ne della fase neopalaziale si assesta la ne dello splendore minoico,


testimoniato dalla distruzione dei palazzi e della devastazione.
A ciò si legano in primis fattori umani, ma anche cause naturali come l’esplosione del
vulcano Santorino, preceduta da un grande terremoto che avrebbe indebolito le
comunità neopalaziali, portandole poi alla rovina.
Tra i fattori umani è invece innegabile -sebbene non sia veri cato- che alla rovina
cretese corrisponde un’ascesa dei Micenei, che modi cheranno anche Creta stessa
con la loro cultura.
Dal punto di vista cronologico quindi, si suppone che la civiltà minoica abbia avuto uno
sviluppo precedente a quella micenea, la quale, sviluppate delle competenze militari e
marittime più avanzate, l’avrebbe poi conquistata e inglobata.
N.B. Si ipotizza che i Micenei abbiano occupato Cnosso -unico palazzo superstite-
e sviluppato la Lineare B in quel periodo, sulla scorta della Lineare A

La Grecia micenea
La civiltà micenea viene convenzionalmente attestata a quel periodo di transizione tra
Medio e Tardo Bronzo, nel quale si collocano le tombe a fossa di Micene.
N.B. Forse un primo modello di tumulo così, poi emulato dalle èlites dell’Argolide,
è quello trovato a Kolonna, sull’isola di Egina

Con “miceneo” -da Micene, città simbolo di questa fase, nell’Argolide- si intende una
civiltà orita in Grecia tra il 1600 e il 1000 a.C.
Le tombe a fossa (shaft graves) sono l’atto di nascita della civiltà micenea stessa e sono
costituite da pozzi rettangolari scavati in cui erano riposti uno o più defunti, corredati
da ricchezze e ori, quindi sicuramente membri dell’èlite micenea.

La civiltà micenea si propone come una società guerriera e ricca, capace di plasmare
le materie prime in maniera eccezionale e di recepire da un vasto bacino geogra co
(dal Baltico all’Oriente) materiali preziosi e metalli.
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L’ipotesi più accreditata è che questa civiltà abbia sottomesso le comunità circostanti
acquisendo il dominio sul usso di materie prime che circolavano tra Occidente e
Oriente, espandendosi poi e imbastendo una serie di fortunati e fruttuosi rapporti
commerciali nel Mediterraneo.

È importante ricordare che si sta parlando di una realtà multiforme e plurale di palazzi,
dove però vige una sostanziale omogeneità culturale e un conservatorismo nelle
forme di scrittura e iconogra a.
! Esiste un mondo miceneo unitario?
Gli studiosi sono concordino ritenere che il mondo miceneo si esprime in una pluralità
di palazzi indipendenti, che controllano dei territori e condividono solamente le
strutture simili.
Questo è un elemento di continuità con la storia greca, poichè il mondo greco è
intrinsecamente plurale.
Il mondo minoico-miceneo condivide poi la struttura piramidale col Vicino Oriente e con
l’Egitto a loro coevi, tuttavia a di erenza delle grandi monarchie, unitarie e territorialmente
vaste, presenti in quest’ultime civiltà, il mondo minoico-miceneo è frammentato.

La struttura dei palazzi micenei -e del re miceneo- è simile a quella dei palazzi
minoici, tuttavia la di erenza sta nell’aggressività militare: i palazzi micenei sono più
modesti e più compatti, hanno strutture difensive più sviluppate, a di erenza
dell’assenza di mura dei palazzi minoici, per difendersi dagli altri micro-stati palaziali.

Per Finley, il palazzo miceneo è da considerarsi come centro di accumulo di beni


primari, redistribuiti in base a delle prestazioni lavorative; tuttavia questa ipotesi è
ancora discussa.
Oggi si è a ermata una visione opportunistica del palazzo, interessata ad incentivare
alcuni ma non tutti i settori produttivi, anche per la sua collocazione nodale lungo le
rotte commerciali.
Le èlites micenee si servirono di varie strategie per mantenere il controllo sulle risorse,
attraverso:
• Elargizione (banchetti, feste, razioni)
• Controllo delle o erte ad antenati e divinità
• Acquisizione e monopolio della distribuzione di beni di lusso

In epoca micenea abbiamo però una ulteriore struttura: oltre al palazzo, centro
amministrativo e residenza delle èlites, vi è anche la cittadella, sito forti cato e rialzato,
che presenta a volte un palazzo al suo interno.
Il palazzo si concentra nel suo megaron, ossia una struttura tripartita e isolata,
probabilmente la sede dell’autorità data la presenza di un trono.

Se a Creta in età minoica si scrive, la sua scrittura -la Lineare A- non è stata ancora
decifrata, a di erenza della Lineare B, la scrittura micenea su tavolette di argilla
cruda, che è stata soddisfacentemente decifrata e che permette di attingere a
testimonianze scritte.
N.B. L’argilla cruda è un materiale duttile e sempre riutilizzabile, in maniera che
le tavolette potessero essere riplasmate per una nuova registrazione scritta.
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Questo sistema di scrittura ssa una lingua che è stato possibile de nire come greco,
da cui di erisce per il sistema di scrittura ma a cui corrisponde dal punto di vista
linguistico.
Il palazzo miceneo infatti necessitava di un sistema di scrittura per registrare tutto ciò che
comportava la vita economico-politica del palazzo.

Le tavolette sono pervenute a noi tramite un incidente: in periodi ravvicinati molti


palazzi bruciano, ma in essi sopravvivono le tavolette di registrazione poichè
l’argilla si è cotta con le alte temperature degli incendi.
Tramite le tavolette e le loro registrazioni, si può dedurre che cosa fosse signi cativo
nella vita sociale ed economica del palazzo:
- Ruoli e strutture sociali, come ad esempio la gura del re (wa-na-ka,
corrispondente al vanax successivamente presente in Omero), o del capo generico
(qua-si-re-u, antenato del basileus)
- Organizzazione e distribuzione della proprietà terriera, come il termine geronsia,
antenato della gerusia greca
- Prelievi scali
- Tipi di produzione agricola
- Aspetti religiosi, come ad esempio molti nomi di divinità che saranno poi anche
proprie delle polis, come Apollo.
- Nomi di popoli e città
Ciò ci permette di dare un’immagine della società dei palazzi solo parziale: nessuna
informazione sulle istituzioni o su una possibile letteratura scritta.

La massima espansione micenea si ha nel XIV e XIII sec. quando l’in uenza micenea
investe il Mediterraneo: i Micenei esportano in anfore a sta a olio d’oliva, vino, olii
profumati; vendevano vasi di argilla, ceramica,…; tessuti di lana e lino; ma anche materiali
esotici come ambra (dal Baltico), lapislazzuli, spezie e resine.
Esistono due ipotesi riguardo al tipo di commercio miceneo:
- La prima vede un controllo delle èlites anche sul commercio
- La seconda vede un controllo delle rotte dovuto alla locazione naturale dei siti
micenei, più che al controllo delle èlites
A partire dal XIII sec., i rapporti commerciali però si riducono, no alla ne della civiltà
micenea.

A fronte quindi di alcune continuità nominalistiche di vario tipo, il mondo miceneo ha


una discontinuità con il mondo greco nell’organizzazione istituzionale: dal palazzo si
passa alla polis.
La storia greca quindi, dal punto di vista storico-politico, nasce solamente con la polis.
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IL PERIODO DI TRANSIZIONE
Fine della civiltà palaziale e Dark Ages
La ne della civiltà micenea corrisponde al crollo del sistema dei palazzi (XIII-XII sec.
a.C), per poi ri orire con la nascita della polis nell’VIII sec. a.C.
La fase intermedia a questi due grandi punti focali della storia è largamente ignota e
viene denominata “Dark Ages” (o Medioevo ellenico, con sfumatura connotata
negativamente), dove però l’accezione di oscurità non si riferisce tanto ad una
regressione sociale, bensì all’impossibilità di risalire e cacemente alla storia di
questo periodo.
N.B. Tuttavia è un termine che è stato giudicato negativamente, poichè
recentemente si è stabilito in primis l’eterogeneità delle esperienze di questo
periodo, e in secondo luogo è stato rivalutato il periodo stesso.

Il sistema dei palazzi miceneo crolla in maniera pressoché simultanea, al cui riguardo
sono state formulate diverse ipotesi causali:
‣ Invasioni dal nord (Dori, Popoli del mare,…), subite anche da altri popoli (crolla
l’Impero ittita, l’Egitto è danneggiato,…) e testimoniate anche dal tentativo di
costruire un muro sull’istmo di Corinto.
‣ Con itti interni tra società palaziali
‣ Cause climatiche, come un terremoto o una serie di terremoti, o una siccità.

Oggi si propende ad attribuire il crollo dei palazzi a cause diverse e combinate, in un


declino che procede per fasi, no alla totale ine cacia del sistema palazzo come
struttura organizzativa e alla riorganizzazione delle comunità in maniere di erenti.

Nell’Età del Ferro rimarrà intatta la coscienza che qualcosa di catastro co è successo in
questa fase, tanto che una svolta si avrà solo nel IX sec. con il miglioramento di
alcune abitudini (sepoltura individuale, incinerazione, economia pastorale).
La storiogra a scrive poi di un’invasione esterna nel IX sec. -dei Dori-, della quale però
non possediamo prove e ettive.
Possiamo però pensare plausibilmente che l’indebolimento del sistema dei palazzi
abbia portato a delle migrazioni interne al continente, forse enfatizzate letterariamente
con i panni del mito, delle guerre d’invasione e degli eroi.

In generale, gli aspetti socio-economici a noi noti delle Dark Ages sono:
• Fine del sistema palaziale: sopravvivono solo alcuni usi (sepoltura multipla rituale, la
caccia) ma sostanzialmente perdura una società strati cata retta da èlites di eroi e
guerrieri, molto a ne a quella che l’aveva preceduta.
• Abbandono del bronzo per mancanza di materie prime, sostituito
progressivamente dal ferro: a metà del XI sec. a.C. si scopre una nuova tecnologia
di lavorazione del ferro nello stato semiliquido
• Riduzione degli insediamenti, calo demogra co e rarefazione dei contatti nel
Mediterraneo: le popolazioni si stanziano in centri localizzati e limitati, lontani dalle
coste che sono percepite come un pericolo.
• Dismissione della Lineare B, che comporta la possibilità di basarsi solo su fonti
puramente archeologiche
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La ripresa del mondo greco è graduale e viene motivata attraverso un aumento
signi cativo della popolazione, a sua volta forse collegato ad uno sviluppo delle terre
coltivate.
La ripresa viene valutata secondo alcuni parametri relativi ad usi e costumi:
‣ Di usione degli insediamenti e superamento dell’isolamento
‣ Tecnologie e abilità tecniche (metalli, ceramiche,…)
‣ Modalità di sepoltura e nascita di santuari panellenici, come a Del per Apollo
-dove il dio parlava attraverso la Pizia, sacerdotessa dell’oracolo- e a Olimpia per
Zeus -dove furono fondati i Giochi olimpici-.
‣ Maggiore produttività agricola e attività di disboscamento
‣ Nascita di comunità cittadine
‣ Utilizzo di una scrittura alfabetica, sviluppata dal contatto con i Fenici; in
particolare, alcune lettere fenicie che rimanevano inutilizzate in greco, vennero
usate come segni per le vocali.
‣ Incipit della mobilità e del movimento coloniale

Gli esiti di questo processo sono visibili chiaramente dalla ne del XI sec. e l’inizio dell’VIII
sec. a.C.

Il sito di Lefkand
L’Eubea, ossia la regione insulare che si a accia sull’Attica, presenta un sito
archeologico interessante risalente alle Dark Ages, nella località di Lefkandi, nella
pianura Lelantina, a ridosso del mondo greco continentale e stretto tra le città di
Calcide ed Eretria.
N.B. Sono le due città più vicine al continente greco inteso come Attica e
Beozia, oltre che “regine” della pianura Lelantina, tanto da scontrarsi per il suo
controllo nella prima guerra attestata del mondo greco.

Il sito di Lefkandi è risalente al X sec. a.C.-nel bel mezzo della Dark Ages- ed è
composto da un edi cio in area necropolica, a pianta absidale con base in pietra ed un
alzato in legno, mattoni crudi e paglia.
È importante per le dimensioni mastodontiche che s orano i 25 metri di lunghezza.

Sono presenti delle fosse all’interno: una fossa presenta una sepoltura doppia
(maschile, con resti bruciati contenuti in un vaso cipriota; femminile, inumata con un
corredo di fattura cipriota), nell’altra fossa una sepoltura di 4 cavalli.

Le di coltà nello stabilire la funzione dell’edi cio e l’identità dei corpi in esso tumulati
aprono a molti interrogativi, anche riguardanti le ragioni della disposizione del tumulo, del
corredo e delle diverse modalità di tumulazione; è possibile quindi solo formulare alcune
ipotesi:

- Il corredo: esso è ricco di materiali di pregio, provenienti dal Vicino Oriente e


dall’Egitto.
Si può quindi supporre che il sito aveva buone connessioni con il Mediterraneo, tale
per cui era possibile acquisire una quantità di oggetti di pregio.
Si può presupporre che il corredo sia oggetto di una modalità di scambio particolare,
ossia lo scambio tra elitè: le società del II-I millennio a.C. sono caratterizzate proprio da
questo scambio di doni tra gli strati più alti della società, spesso mediati da dei mercanti.
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L’uomo di Lefkandi potrebbe quindi aver ricevuto questi doni in cambio di altri,
probabilmente oggetti di fatture metallurgica per via delle attestazioni storiche dell’Eubea.

- I cavalli: essi rappresentano un segno distintivo delle élite di molte società già in
età arcaica, essendo segno distintivo nelle pratiche militari ma anche celebrative.
A Lefkandi è stato possibile sacri care quattro cavalli per la celebrazione del rito
funerario, cosa che indica una potenza economica e un riconoscimento sociale
molto elevati.
N.B. L’aristocrazia dell’Eubea è storicamente conosciuta come “ippobotai”,
ossia letteralmente “coloro che allevano cavalli”.

- L’incenerazione: è la modalità di sepoltura alternativa all’inumazione nel mondo


antico.
L’incenerazione ha un altissimo valore simbolico, ricostruibile attraverso i poemi
omerici, dove le spoglie degli eroi sono sempre bruciate in maniera cerimoniale.
ES. il funerale di Patroclo dura quasi un libro dell’Odissea.
L’uomo di Lefklandi, cremato e accompagnato da un corredo di pregio e dal sacri cio
di cavalli, fa pensare ad una sepoltura monumentale che sancisce l’importanza di
questa gura nella sua comunità.

I poemi omeric
L’Eubea è un’area signi cativa anche per via dei poemi omerici, importanti testimonianze
dell’Età di transizione.
Parlando di poemi omerici si intendono due strutture poetiche -Iliade ed Odissea-
divise in 24 canti ciascuno, attribuite alla gura autoriale di Omero, gura controversa
dal punto di vista storiogra co, e messe per iscritto tra l’VIII e il VII sec. a.C. poichè
percepite come signi cative nella creazione dell’identità greca.

Negli anni ’50 i poemi omerici sono stati attribuiti alla cultura orale attraverso il
confronto con altre tracce di oralità della penisola balcanica.
Esistevano quindi gure -gli aedi o rapsòdi- che avendo capacità mnemoniche
eccezionali potevano tramandare queste storie, sia mandando a memoria sequenze
inventate da altri, sia inventandole lì per lì.
N.B. In società dove la scrittura non è una pratica condivisa, la memoria è
un’attitudine molto frequentata.

I rapsodi e aedi erano quindi chiamati ad eventi per raccontare in poesia dei versi
imparati a memoria o improvvisando la composizione orale.
N.B. Il verso epico dell’esametro si presta bene all’invenzione estemporanea.
Il contenuto dei poemi omerici stesso dimostra come questa fosse un’usanza
consolidata nella società greca, come ad esempio quando il padre di Nausicaa, Alcino,
chiede ad Odisseo di raccontare la sua storia, così come farebbe con un aedo.

I poemi sono quindi espressione di una cultura condivisa, e qualunque sia la loro
origine (prodotti comuni di cui sono sopravvissuti solo pochi esemplari o prodotti
eccezionali e uni cativi di più tradizioni orali) sono prodotti di grande qualità poetica.

Riguardo alla loro fruibilità a livello storico, l’aspetto propriamente narrativo sfuma in
secondo piano, mentre interessa la descrizione che viene riportata della società - e
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dei suoi personaggi- nelle sue implicazioni politiche e sociali, nei valori che si
propongono.
Per quanto riguarda la funzione politica, Finley e Carlier hanno presentato due ipotesi di
risposta simili e convincenti, ossia: i poemi omerici sono utili non per capire l’Età di
transizione nella sua concretezza storica, ma per capire una società simile e
comprensibile a quelli che ascoltavano la narrazione dei poemi stessi.
Essi descrivono quindi una società verosimile, né inventata astrattamente né
strettamente adiacente a quella micenea, ricca di anacronismi, in particolare:
• per Finley descrive la società della transizione, una società basata sul rango
individuale, strati cata e capeggiata da quegli eroi del mito omerico.
• per Carlier descrive una società più matura, tra il IX e l’VIII sec., con di erenza tra
le due società dei due poemi.

I poemi hanno una strati cazione storica al loro interno che rimanda a più fasi
storiche, ma dal punto di vista politico sono signi cativi poichè testimoniano una fase
di maturazione che porta alla polis.
A sostegno di ciò si potrebbero portare due esempi:

ES. 1: Iliade, La lite per Briseide


Nella discussione tra i capi degli Achei, emerge chiaramente che il capo non è
uno solo: tutti sono basileis, ossia “re” ed Agamennone è de nito
basileutatos/basileuteros, ossia “pù re di qualcun altro”, probabilmente poichè
egli è comandante in carico dei contingenti militari.
Nella società omerica non vi è già più quindi un solo uomo a detenere il potere, ma
esiste una dialettica di un potere che viene condiviso e negoziato tra pari.
ES. Odissea, ritorno di Odisseo
I Proci sono pretendenti della moglie Penelope, quindi Odisseo è un signore il cui
potere è oggetto di negoziazione e quindi può anche essere usurpato da
persone che ambiscono a sostituirlo.

ES. 2: Iliade, La morte di Patroclo


Patroclo va in battaglia con le armi di Achille e muore. Si organizza una cerimonia
funebre, ma Achille rimane senza armi, così Teti chiede ad Efesto di creare nuove
armi al glio. Vi è una lunga descrizione dello scudo che Efesto forgia.
Tra le varie scene ra gurate sullo scudo vi è una scena di giudizio: sono descritte
la città in pace e la città in guerra; in quella in pace ci sono anziani seduti in
cerchio che giudicano un uomo di fronte a dei testimoni.
Nella società omerica quindi vi è un richiamo all’amministrazione della giustizia di
tipo comunitario, gestita da una cerchia di anziani -in cerchio, che sottolinea una
pulsione all’eguaglianza, non più piramidale.
N.B. Per Domenico Musti, è una società piramidale senza vertice, quindi senza
un potere accentrato ad una persona sola.
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LA POLIS
Tratti e de nizione della poli
L’esito della frantumazione del potere regale sfocia nell’esperienza della polis
Per polis intendiamo “città”, “città-stato”, così che la polis sarà un’importante eredità
per la cultura occidentale, ma la parola greca contiene dei signi cati ulteriori a questi,
che possono essere de niti secondo due aspetti:
1. Fisico
2. Politico e astratto

1.
Nella sua accezione sica, la polis è de nita nella sua entità spaziale ridotta.
ES. Per Aristotele, la dimensione ideale della polis è quella di un territorio limitato
allo sguardo di un uomo che scruta dal punto più alto di essa.
Il mondo greco è quindi frammentato in una molteplicità di entità cittadine, strutturate
in un centro più urbanizzato e un territorio dove si svolgono le attività produttive.

Il centro urbano si riconosce dalla presenza di due elementi:


‣ Santuario cittadino, spesso nella parte più alta ed eminente della città, ossia
l’Acropoli
‣ Agorà, ossia il “posto dove si raccolgono gli uomini”, quindi uno spazio di riunione
e di decisione analogo a quello dedicato agli dei.
Lo spazio cittadino dedicato agli dei si monumentalizza progressivamente nel tempo,
mentre l’agorà è un luogo spoglio, così come lo sono i palazzi privati anche dei cittadini
più ricchi.

Già nella lettura visiva degli spazi della polis quindi, si può capire bene l’esito formidabile
dell’Età della transizione: da un palazzo regale, nucleo fondante e cuore della realtà
urbana nel suo sviluppo, si arriva alla polis, dove i centri nevralgici sono luoghi
comunitari dedicati alla religione o al dibattito, e dove quindi il singolo individuo non è
presente nella struttura topogra ca della polis e dove la strutturazione stessa è
comunitaria -non egualitaria però.

2.
La polis è un’organizzazione politico-sociale autonoma e indipendente da qualsiasi
potere interno ed esterno, così che i suoi cittadini possono rispondere in maniera
personale delle responsabilità sulla loro comunità e dove quindi i luoghi istituzionali
della decisione e della comunità sono chiaramente più importanti.
In particolare, due citazioni storiche esplicative di questo concetto:
- Erodoto VIII 61: [Temistocle ad Adimanto che non voleva farlo votare] “fece capire che
essi, gli Ateniesi, avevano una città e un territorio ben più grandi del loro, nché
possedevano 200 navi in pieno assetto”
Quindi la cifra della città è data dalle persone, dai cittadini.
- Tucidide VII 77: “[Nicia dice che] gli uomini sono la città, non le mura, né le navi vuote
d’uomini”
L’aspetto teorico della comunità prevale in quanto la polis acquista signi cato nella
partecipazione collettiva dei suoi cittadini,
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Il cittadino (in greco polites) è infatti riconoscibile poichè partecipa a tutti i momenti in
cui la polis dichiara la sua istanza comunitaria, ossia il processo decisionale, i rituali e
feste identitarie, le altre istituzioni.
Nel mondo della polis quindi l’individualità si perde rispetto all’identità collettiva,
questo anche come risposta ad una vita individuale breve e precaria, a itta da molteplici
rischi, che trova invece una migliore a ermazione di sè nella descrizione comunitaria
della polis e la partecipazione alle attività della polis stessa.

Il cittadino esercita la sua posizione ovviamente anche:


‣ nel momento della guerra: per Platone il polemos è un’attività naturale dell’uomo e i
cittadini devono partecipare alla difesa della città
Nel VII sec. si assiste alla cosiddetta riforma oplitica (da hoplon, lo scudo tondo dei
fanti): ciascun fante si dota di un’armatura in bronzo, uno scudo tondo, una lancia e
una spada corta, diventando di fatto quell’oplita che la falange oplitica renderà celebre
tra le milizie di tutto il mondo.
La falange politica trae la sua e cienza dalla protezione reciproca -lo scudo protegge
sul anco destro scoperto del vicino-, dalla compattezza e dalla conseguente forza
d’urto del battaglione.

‣ nel possesso esclusivo della terra -nel territorio della polis ovviamente- e di una
casa, a di erenza dei non-cittadini
N.B. Nelle società arcaiche l’attività economica più remunerativa -e di usa,
quasi il 90%- è l’attività agricola, così che il possesso della terra diventa
elemento di status sociale per eccellenza, a tal punto che il lavoro nei campi è
l’unico degno dell’uomo kaloskagathos -ossia bello e buono, aristocratico-
poichè segue il ritmo naturale e consente guadagni leciti

Rimane quindi un pregiudizio negativo nei confronti degli artigiani (vasai, bronzisti,
falegnami, ceramisti) per via della tendenza a rinchiudersi in bottega, al buio, ma
soprattutto dei commercianti.
Tuttavia, non esiste una classe mercantile: che si voglia riconoscere nei mercanti degli
impiegati di imprese marittime aristocratiche, o dei professionisti indipendenti, essi non
formarono mai una classe sociale contrapposta alla proprietà terriera.
Inoltre, le dimensioni dei commerci erano ridotte per via dei rischi e delle
imbarcazioni, e la mercatura veniva praticata per conto di più popoli, senza un
carattere esclusivo.

Bisogna sottolineare che la pienezza della cittadinanza non è garantita a tutti


ovviamente, così che, a seconda delle prerogative necessarie per de nire la
cittadinanza nella sua pienezza, avremo una di erenza tra poleis democratiche e
poleis oligarchiche.
Inoltre, vi è una tta schiera di abitanti della città -schiavi, stranieri, donne, bambini-
facenti parte della città ma non del corpo politico, quindi intrinsecamente ritenuti
inferiori.
Anche gli uomini liberi potevano non soddisfare alcuni parametri, come la nascita o il
censo,

Quindi la polis può essere descritta come organizzazione politica e sociale autonoma
in un territorio limitato, formata da un corpo politico di cittadini con potere
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decisionale e corpo sociale di abitanti comunque fondamentali e partecipanti alla
vita sociale cittadina.
ES. Le donne non hanno una funzione sul piano politico, ma la loro importanza e la
loro partecipazione è comunque esaltata in alcuni rituali
Il passaggio del mondo greco alla città è un’esperienza originale e segna una cesura
rispetto al vicino Oriente, poichè dal punto di vista politico-sociale, si passa da un
mondo autocratico organizzato attorno al palazzo a delle piccole comunità
amministrate da un’aristocrazia che possiede i poteri e le prerogative che prima erano
detenuti da una sola gura decisionale.

Nascita della polis e forme collateral


La polis nasce come esito del processo di transizione dalla ne del XI sec., con
testimonianze di poleis funzionanti in molte parti del mondo greco ma frutto di un
processo che ha avuto luogo autonomamente, forse accelerato dalla nascita della
scrittura e alfabetizzazione.
L’esperienza della polis è accomunata solo dalla transizione dalla regalità alla
comunità aristocratica, cioè dalla traslazione di alcuni settori (il potere politico, il
potere giuridico) da una dimensione elitaria a una dimensione pubblica, comunitaria,
che si è via via evoluta nell’VIII e VII sec. grazie anche alla necessità di ra orzare le
istituzioni delle nuove fondazioni.

Vi è stata anche un’alternativa alla polis, ossia l’ethnos (traducibile come “popolo” o
“stirpe”), di usosi soprattutto nella Grecia settentrionale.
Esso consisteva in una comunità di abitanti accomunati da un capostipite condiviso,
spesso privo di veridicità storica.

Con il termine an zionia si indica poi un sodalizio tra città vicine, la cui vicinanza è
stabilita sulla base di un santuario comune e importante per entrambe.
Le città sono quindi entità autonome ma che si riconoscono in queste forme di
solidarietà e reciprocità di tipo religioso, che sono complementari all’organizzazione
cittadina.
ES. Esempi di an zionie sono Calauria (Argolide) e Onchesto (Beozia); Delo e Del
sono realtà che portano avanti questa tradizione anche successivamente, in
particolare Delo è legata all’impero ateniese del V sec. mentre Del alla gura
di Filippo il Macedone.

! La religione dei Greci


L’impatto della religione sul mondo greco nella sua quotidianità è cruciale: ogni atto
pubblico veniva scandito da cerimonie religiose e prima di prendere una decisione
importante per lo sviluppo cittadino, si consultavano gli oracoli.

La religione greca era politeistica e pratica, ossia si manifestava in atti di culto, i


rituali: si praticavano spesso sacri ci animali per propiziare la buona riuscita o il buon
proseguimento di un’impresa, di una polis appena fondata o di un matrimonio, ad
esempio.
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Il caso di Aten
Intorno all’VIII sec. si assiste ad una fase di maturazione su 3 livelli:
• Nascita della città
• Colonizzazione
• Apprendimento dell’alfabeto

Riguardo la nascita della polis, possediamo documentazioni archeologiche su cienti


solo ad attestare il declino del palazzo e lo sviluppo cittadino, ma la documentazione
signi cativa è quella istituzionale, soprattutto quella ateniese.

Il caso di Atene è un’esempli cazione sensata e utile a capire lo svolgimento


esemplare di una polis in età arcaica, mentre nelle fasi successive il caso di Atene
diventerà invece un caso eccezionale.
La città di Atene ha avuto attenzione già in tempo antico, diventando in età classica il
centro culturale del mondo e venendo quindi documentata -e i testi preservati- come
caso esemplare e studiato in antichità.

Aristotele -vissuto nel IV sec. a.C.- è stato un grandissimo studioso di teoria politica e la
sua scuola di seguaci ha raccolto testimonianze delle politeie, ossia degli
ordinamenti comunitari, delle Costituzioni cittadine, ossia dell’impianto legislativo e di
funzionamento delle città greche.

Nella “Politica” è raccolta appunto in 8 libri la teorizzazione politica del losofo spiegata
ia suoi seguaci, anche grazie alle testimonianze raccolte da più di 150 costituzioni.
Le costituzioni erano divise in 2 parti:
• Una parte storica della comunità
• Una parte descrittiva sul funzionamento della comunità
Di queste opere si possiedono solamente dei frammenti, ma sul nire dell’800 sul retro di
due papiri conservati a Berlino è stata rinvenuta integralmente l’opera aristotelica della
Costituzione di Atene (Athenaion Politeia), contenente la storia costituzionale di
Atene dalle origini al V sec. e il funzionamento della polis.

L’opera è signi cativa per de nire la struttura generale di questo tipo di opere,
poichè infatti presenta la parte storica (dalle origini no alla guerra del Peloponneso)
e la parte descrittiva riguardante le istituzioni e i ministeri in atto.
N.B. La scuola aristotelica lavora sulla documentazione ed ha accesso alla
documentazione primaria di quell’epoca, quindi la ricostruzione è plausibile.
N.B. Fino alla nascita della democrazia, l’evoluzione di Atene è plausibilmente
esemplare anche rispetto ad altre città dell’epoca, ma dalla democrazia in poi
Atene diventa un caso eccezionale nel mondo greco.
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Il sinecismo
Con il toponimo “Atene” si intende non solo la realtà cittadina odierna, ma un
organismo strutturale che comprende tutta l’Attica.
Vi è quindi di erenza tra Atene come centro urbano e Attica come regione, ma se ci
riferisce agli Ateniesi ci si riferisce agli abitanti dell’intera Attica.

Questo poichè l’aspetto socio-politico prevale sulla mera descrizione geogra ca e


anche nel linguaggio il focus è sull’aspetto sociale e collettivo, indicando la polis con il
nome dei suoi cittadini, la comunità degli Ateniesi.
ES. Sulle monete come riconoscimento ci si riferisce sempre al termine etnico
-alla comunità degli Ateniesi come abitanti dell’Attica-, non ad Atene come realtà
urbana.
Il rispecchiamento tra città e territorio è ben rappresentato da Tucidide nel II libro, dove
si parla della riorganizzazione che re Teseo opera in Attica sui piccoli borghi: essi
vengono assimilati alla città mediante l’istituzione di un unico consiglio e di un unico
pritaneo -luogo del fuoco sacro.

Già la storiogra a antica ri ette sugli snodi fondamentali dell’evoluzione cittadina,


riconoscendo la precedente frantumazione del territorio e la successiva creazione di un
sinecismo -composto da syn+oikeo-, ossia l’abitare insieme, il vivere comunemente
dal punto di vista politico, considerandosi cittadino di un’unica città.
N.B. Vi sono state altre esperienze di sinecismo nel mondo greco, spesso per
convenienza, dato che un territorio organizzato in maniera omogenea è un utile
correttivo alla frammentazione, che invece indebolisce le comunità.
Con il sinecismo emerge quindi una doppia tensione: in primis vi è una ricerca
identitaria delle singole poleis, ma poi vi è anche una ricerca di correttivi a questa
situazione frammentata.

L’organizzazione istituzionale della polis


Il processo che porta dalla realtà autocratica alla realtà aristocratica è ben descritto
nel capitolo III della Costituzione ateniese: si passa da un potere vitalizio e monocratico
ad un potere annuale, collegiale ed elettivo soprattutto, sebbene incastrato in una
logica aristocratica -le cariche pescano solo dagli strati più abbienti della popolazione.

! La de nizione di aristocrazia
La classe sociale degli aristocratici comprendeva solitamente le famiglie più ricche,
solitamente legate tra loro da rapporti ra orzativi -legami di sangue- e rifacenti ad
un capostipite, un eroe spesso.
Tuttavia, anche in Grecia vi era una mobilità verticale, che permetteva l’ascesa di nuovi
aristocratici - cittadini arricchiti- e il declino di altri.

Nel mondo omerico, essi sono legati alla guerra e al combattimento -per questo
spesso fanno risalire le loro origini a eroi e combattenti-, ma manterranno sempre uno
status bellico -l’amore per la caccia, per le armi.
Inoltre, essi non lavorano direttamente le terre che possiedono e possono permettersi
di dilettarsi in attività culturali, pratiche e siche, come i Giochi Olimpici.
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In età arcaica vengono codi cate delle ricorrenze religiose dove venivano organizzati dei
giochi sportivi che attiravano spettatori da tutto il mondo, come ad esempio le
Olimpiadi, istituite dal 776 a.C. con cadenza quadriennale.

Per Burckhardt, l’aristocratico greco è l’uomo agonale, ossia un uomo che predilige
la competizione in quanto può dimostrare la sua superiorità e le sue abilità,
confrontandosi con gli altri, quindi sempre legato ad una logica bellica e di scontro.

Ad Atene, ad esempio, il potere massimo è dato ad un collegio di 9 arconti


(letteralmente “coloro che esercitano il potere”) e ciascun arconte ha le proprie
prerogative, tanto che il precedente sovrano -il basileus- mantiene un certo potere
diventando l’arconte basileus dedito alla religione.
Altri tipi di arconte sono l’arconte polemarco, che si occupa della guerra, e l’arconte
eponimo, che dà il nome all’anno corrente ed è fondamentale nella datazione.
N.B. Nel 682 a.C. inizia la registrazione e la scansione temporale degli arconti
eponimi. Atene ha -come anche ogni città, tra le varie peculiarità- poi un proprio
calendario istituzionale, che per convenzione inizia con il solstizio d’estate e
nisce nel solstizio d’estate successivo.
N.B. Tucidide per datare la guerra del Peloponneso utilizza riferimenti temporale
diversi e relativi a diverse realtà urbane della Grecia.

Gli altri arconti (i Tesmotiti) svolgono funzioni amministrative e giuridiche.


Gli ex-arconti formano poi l’Areopago, un consiglio di anziani arconti con sede sulla
collinetta di Ares, cruciale nell’amministrazione della città in età arcaica.
N.B. Probabilmente tutte le comunità arcaiche funzionavano così: un consiglio
deliberante e alcuni magistrati che esercitano i poteri e svolgono varie funzioni
amministratrivo-giuridiche.
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LA COLONIZZAZIONE
Lo sviluppo della polis però non
rimane con nato alla realtà
dell’Hellas, poichè si
accompagna ad altri due grandi
fenomeni:
• Colonizzazione
• Dotazione alfabetica

È solo con la polis che la storia


greca diventa anche storia del
Mediterraneo, poichè
l’espansione greca -intesa come
colonizzazione- riguarda
l’esportazione del modello polis.

! Colonizzazione: parola di matrice latina che esprime un modello espansionistico


diverso dall’e ettiva espansione greca.
L’esperienza greca è assolutamente opposta al colonialismo inteso come lo
intendiamo. Se infatti la polis è autonoma, allora le città fondate sono indipendenti
dalla madrepatria: si instaurano nuove polis a tutti gli e etti, nuove realtà a volte capaci
di esprimere relazioni istituzionali autonome o superiori alla madrepatria.

Il nesso tra madrepatria e colonie viene inteso solo come un rimando culturale,
religioso, di appartenenza simbolica e a volte di necessità pratica.
La colonizzazione greca è più compatibile con una migrazione, una mobilità
progressiva nel Mediterraneo, area percorsa e frequentata sin dal II millennio a.C.,
quindi le migrazioni sono dovute a più spinte propulsive e non riguardano solamente i
Greci.

L’Asia Minore e le
stirpi
Già nel XI/X sec. a.C.
probabilmente i Greci
avevano riallacciato
dei rapporti con l’Asia
Minore, grazie alla
possibilità di
attraversare il Mar Egeo
-chiuso tra coste
balcaniche, asiatiche e
cretesi- con una
navigazione di isola in
isola.
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Il mondo greco, attraverso le narrazioni orali ttizie, rispecchia la tradizione storica.
Spogliando quindi la narrazione della sua veste ttizia, rimane l’evidenza di comunità
elleniche -greche ma connotate come asiatiche- che abitano anche le coste
dell’Asia Minore e le isole che si a acciano sulla penisola balcanica meridionale.

L’antica colonizzazione greca dell’Asia Minore si mischia poi con il mito e in


particolare con il concetto di stirpi elleniche.
Era infatti ritenuto nella tradizione che al nord abitavano stirpi eoliche, al centro stirpi
ioniche e al sud stirpi doriche.

La suddivisione della grecità in stirpi di erenti è dibattuta ma cruciale per il ruolo


identititario che gioca nella cultura greca, poiché si parla di stirpe anche per comunità
esterne all’Hellas, ma ritenute in qualche modo vicine e appartenenti alla grecità
Una classi cazione possibile è quella che è stata attuata su base linguistica e sulla
variazione dei dialetti: si è riconosciuto che alcune zone della Grecia hanno un
particolare dialetto, e a questi dialetti si è dato il nome delle stirpi.
ES. Il dialetto dorico si parla nel Peloponneso, a Siracusa; il dialetto ionico si parla
ad Atene, in Eubea, a Catania; il dialetto eolico si parla nella Grecia settentrionale,
a Lesbo,…

Esiste quindi una diversi cazione dialettale nella lingua greca e la convenzione
attribuisce a questi dialetti i nomi utilizzati per di erenziare le stirpi.
La diversi cazione dialettale è veri cato nella realtà, mentre l’attribuzione di stirpe è
meramente una convenzione classi catoria.

Tuttavia, i Greci sentono molto questa appartenenza alla stirpe, così come
l’organizzazione sociale greca possiede diversi livelli di appartenenza, in particolare:
• Appartenenza alla famiglia di sangue: essa è speci cata attraverso il patronimico
• Appartenenza alla comunità cittadina: il legame con la polis
• Appartenenza agli Hellenes: sentimento di superiorità rispetto ad altre culture
L’appartenenza della stirpe si pone tra l’appartenenza cittadina e quella greca.

L’attivazione dell’appartenenza è relativa alla situazione in atto: ad esempio, nella


comunità è utile speci care il patronimico, in un santuario panellenico è utile speci care la
città, mentre l’appartenenza alla stirpe sarà cruciale in alcune precise situazioni
storiche.
Inoltre, appartenenze di erenti sono fondate anche sulla base di santuari comuni: le
città si riconoscono dall’appartenenza ad una stirpe, legata ad una di erenziazione
linguistica e di santuari comunitari.
ES. Il culto fondamentale del mondo ionico unisce 12 città ed è quello di
Poseidone, praticato vicino a Mileto.
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Le colonie in Magna
Grecia
La mobilità dei Greci nel
Mediterraneo occidentale
porta invece alla
creazione di circa 150
colonie, ritenute
fondamentali anche per
l’a ermazione dell’identità
greca.

I Greci chiamano queste


fondazioni con il termine
apoikia, ossia
insediamenti lontani e
separati dalla
madrepatria, come infatti
lo sono dal punto di vista
politico, indipendenti.
Altro termine è oikistes,
ossia la guida della
spedizione coloniale e il
fondatore della nuova
polis.

Il movimento coloniale aveva questo svolgimento: l’ecista -ossia l’oikistes- è quasi


sempre un aristocratico la cui permanenza in patria era diventata di coltosa; egli
organizza 2/3 navi con un massimo di 200 uomini
N.B. Nessuna donna: i Greci le reperiscono sul posto e anche per questo
avranno rapporti di cili con le popolazioni indigene, spesso sterminate,
asservite o anche solo disturbate da continue e violente intromissioni dei Greci.
In alcuni casi si può parlare di decolonizzazione, ossia una “barbarizzazione” delle
fondazioni greche, che in realtà segnala una commistione ben riuscita tra le
culture.
Il sito prescelto deve avere 3 requisiti: avere disponibilità idriche, avere un attracco ed
essere facilmente difendibile.

Tucidide dedica una trattazione (archeologia, nell’accezione propria del termine) alla
storia coloniale della Sicilia.
I principali protagonisti della colonizzazione greca nel Mediterraneo sono vari: città
euboiche, città dell’Istmo, Peloponneso, ma anche le isole e le città d’Asia Minore.
N.B. Molte colonie sono subcolonie, ossia la madrepatria diretta corrisponde in
realtà ad una colonia, anche vicina.
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Gli Eubei sono i primi fondatori di città greche in Occidente, nell’attuale isola di
Ischia, fondata nel 770 a.C. circa come emporio, col nome di Pitecusa, per poi fondare
sulla terraferma Cuma
N.B. Emporio dal greco emporie, ossia il luogo dove lavora l’emporos, il
viaggiatore commerciale, e viene usato come termine per indicare un centro di
scambi e di contatto fra culture.

Le città dell’Istmo (Corinto e Megara) si trovano in una posizione strategica che gli
permette di a acciarsi su due mari, rendendole quindi protagoniste del movimento
coloniale.
In particolare Corinto -dotato di 2 porti- fonda molte città sulla costa albanese e
soprattutto fonda la città di Siracusa nel 733 a.C..
In Calabria si trovano invece colonie achee come Sibari e Crotone, ossia città fondate
da popolazioni dell’Acaia, quest’ultime successivamente marginali nella storia greca; le
loro colonie invece avranno un periodo di splendore e ricchezza, tanto che Sibari sarà
per un periodo la città più potente della Magna Grecia, salvo poi venir scon tta da
Crotone stessa.
Nell’epoca di colonizzazione, vi sono anche grandi assenze: Atene ad esempio non è
una città coloniale, mentre Sparta fonda solamente una colonia, ossia Taranto.

Le cause della mobilit


Nel mondo antico la navigazione è pericolosa e il mare è motivo di grande paura
anche nella trattazione storiogra ca e letteraria.
La mobilità orizzontale che caratterizza il mondo greco è quindi motivata da un
bisogno e ettivo e pratico, da una necessità che a onda le sue cause nella
spropositata crescita demogra ca che accompagna l’evolversi del mondo greco, e che
sarebbe anche alla base della formazione di entità come le poleis.
Il territorio greco è montagnoso e poco fertile, così che la crescente richiesta di risorse
alimentari per sfamare la popolazione in aumento richiede di trovare nuove materie
prime e nuove terre coltivabili -spesso gestite iniquamente in madrepatria-,
inducendo quindi i Greci ad impiantare nuove comunità al di fuori del mondo greco.

La colonizzazione aveva anche poi motivazioni commerciali in luoghi strategici -come


Pitecusa- o serviva anche a sfogare e prevenire dei con itti sociali e politici nella
madrepatria, come ad esempio nel caso della fondazione di Taranto -unica colonia di
Sparta-, che è legata al con no dei Parteni, gli di donne che si erano unite con gli
iloti (schiavi) mentre gli uomini spartani erano occupati in guerra.

Questa somma di esperienze rimane segnante nella storia della grecità, tanto che sono i
Greci stessi in età classica a denominare il Sud Italia come Megale Hellas, ossia
Magna Grecia
Le poleis in questione -in particolare quelle di Sicilia- infatti avranno una oritura
artistica e urbanistica senza pari, cercando di porsi come centro della grecità,
mantenendo però un’ambiguità nelle forme istituzionali.
Saranno molto in voga le tirannidi in Sicilia, soprattutto nel V sec. Con il succedersi di
gure -Ippocrate, Gelone, che emergono dalla ristretta cerchia aristocratica -spesso
presunta discendente dei fondatori- e tentano di fondare anche uno stato tirannico
unitario, intervallando anche forme di partecipazione democratica più o meno
allargata, come a Siracusa.
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Il caso di Ciren
Il Giuramento dei fondatori è una fonte epigra ca, diretta e priva di tradizione-
mediazione, ritrovato a Cirene, nell’attuale Libia.
È composto di 2 parti e riporta il giuramento dei fondatori della città.
N.B. Secondo la tradizione, Cirene è stata fondata nel 630 a.C., ma questo
testo epigra co per varie ragioni è stato fatto risalire all’inizio del IV sec.,
avendo quindi circa 200 anni di distanza dall’e ettiva fondazione.

L’ipotesi più accreditata è che sia un testo verosimile, ossia un testo che corrisponde
nel senso generale ai punti salienti del patto fondativo della città.
Il valore del testo è dato dal fatto che permette di analizzare il modo in cui una città
greca ricostruisce la sua storia fondativa e la sua identità, segnalando alcuni punti
focali che è possibile pensare siano aspetti comuni a tutte le spedizioni coloniali:
• La madrepatria, Tera, isola delle Cicladi -oggi Santorini- poco produttiva che fonda
una colonia molto produttiva (3 raccolti l’anno secondo la storiogra a del tempo)
• Il fondatore, Batto
• Il ruolo di Del , poichè il santuario di Apollo svolge un ruolo importante attraverso
una benedizione del Dio stesso ai naviganti.
N.B. Del è un luogo fondamentale per la circolazione del sapere, anche
relativamente alle conoscenze commerciali, marittime, geogra che per muoversi
nel Mediterraneo.
I ritrovamenti archeologici certi cano quanto detto sulla gura del fondatore: le necropoli
nel mondo greco sono collocate al di fuori della cinta muraria, ad eccezione della
tomba del fondatore, l’heroon (luogo di sepoltura dedicato ad una gura meritevole di
culto eroico, di rimando al periodo omerico), tumulato nel cuore della città, nell’agorà.

La mobilità come esperimento e processo


Bisogna pensare la colonizzazione come un processo: le fonti antiche sottolineano
l’aspetto puntiforme ed eventuale della colonizzazione (una madrepatria che fonda
una città, poi un’altra,…) ma probabilmente le città fondate sono gli esiti positivi di
una serie di spedizioni, tra le quali gurerebbero però anche delle esperienze incompiute
o sviluppatesi diversamente.

Inoltre, questa rappresentazione puntiforme rischia di celare anche la suddivisione


areale di questa colonizzazione: ad esempio, le colonie calcidesi formano un’area
omogenea alle pendici dell’Etna, mentre le colonie achee sono quasi tutte sulla costa
ionica della Calabria.
Se infatti la spinta propulsiva è legata al controllo agrario, è ovvio che si tenda a
controllare il territorio in maniera omogenea, senza lasciarlo ad altre poleis in
espansione o addirittura alle popolazioni indigene.

Nella logica territoriale entrano anche i casi di subcolonie, ossia colonie di matrice
simile sono fondate nello stesso territorio della colonia primaria, che tende appunto ad
espandersi nel territorio stesso con insediamenti “di secondo grado”.
In ne, le fonti antiche presentano la colonizzazione come un processo paci co di
installazione dei coloni, senza attriti con le popolazioni già presenti sul luogo. Il
rapporto con le popolazioni locali è invece variegato, che si risolve sia con con itti
e imposizioni, sia con un’ibridazione naturale, ossia un contatto e un’interazione
reciproca tra le culture.
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LA SCRITTURA ALFABETICA
Quand
La scrittura Lineare B è stata decifrata negli anni ’50 da Ventris e Chadwick. La
scrittura è pittogra ca e numerale, ma ssa sostanzialmente un segno con una sillaba,
costruendo così parole. Questo sistema di scrittura è usato per scrivere il greco.

È una scrittura complessa con circa 90 segni sillabici, ma è accomunata ad altri


sistemi scrittorii complessi dell’epoca (Egitto, Mesopotamia) e comporta quindi la
formazione di una classe sociale di scribi, tramandata in famiglia, gli unici istruiti alla
scrittura e alle dipendenze del palazzo.
Il sistema alfabetico ha invece alcune di erenze: è semplice e facile, apprendibile da
tutti e quindi non necessita una classe sociale apposita.
Sono stati ritrovati degli esempi di esercitazione dell’alfabeto su tavolette.

I Greci apprendono il sistema alfabetico dai Fenici, che basano la scrittura alfabetica
sulla corrispondenza tra un fonema-suono e un segno.
Il Lineare B e l’alfabeto greco sono quindi sistemi diversi usati per segnare la stessa
lingua, mentre il sistema alfabetico è un sistema comune che segna due lingue di ceppi
di erenti, poichè il fenicio è una lingua semitica.
Nel fenicio non si segnano poi le vocali, mentre il greco segna le vocali perché la vocale
ha valore semantico. Quando i Greci imparano l’alfabeto, lo adattano anche alla loro
lingua e alle loro esigenze, utilizzando alcuni segni consonantici del fenicio -non
presenti nel loro inventario- per segnare le vocali.

In generale, l’apprendimento può essere inquadrato in una fase storica in cui il


mondo greco ritorna in contatto col Mediterraneo, appartenendo a tutta quella
fenomenologia dell’alto arcaismo di cui anche la nascita della polis fa parte.

Dov
I Greci derivano quindi questo sistema dai Fenici, ma è di cile collocare nello spazio e
nel tempo l’inizio di questo processo di alfabetizzazione.
Tutte le ipotesi hanno però in comune il contatto tra Greci e Fenici, da cercare quindi nel
Mediterraneo orientale.
ES. L’Eubea è un’area possibile poichè aveva contatti frequenti con l'Oriente
ES. Erodoto già è consapevole della liazione dall’alfabeto fenicio. Per lui, il
passaggio è avvenuto nella Beozia.
ES. Per altri l’apprendimento è situato a Creta, isola a cui i Greci associavano
molte tradizioni e usanze antiche.

Perché
La scrittura diventa con l’alfabeto una modalità molto semplice, duttile e trasmissibile.
La spiegazione dietro a questo sta forse nella necessità di ssare per iscritto i poemi,
oppure per necessità più pratiche e immediate -si potrebbe pensare ad esigenze
commerciali-mercantili- come la ricerca di un codice comune per segnare le cifre delle
merci.

La documentazione epigra ca dimostra la di usione estrema della scrittura in tutti gli


ambiti: pubblico, monumentale (leggi, decreti,…), privato.
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Ciò signi ca che la scrittura veicola molti aspetti informativi del mondo greco,
permettendoci di scorgere anche sfaccettature molto più rare: voci di schiavi, donne, di
religioni alternative o magiche.

Bisogna inoltre pensare che la capacità di leggere e comprendere testi complessi


fosse limitata, mentre vi fosse un’alfabetizzazione elementare di usa (comprendere il
proprio nome e poco altro).
Il grammateus è “colui che sa scrivere”, quindi la scrittura di testi complessi è a data
a gruppi specializzati di burocrati, che però non rappresentano più una classe
scribale e non sono alle dipendenze di un re.

È un dato rilevante della cultura greca l’esposizione di documenti scritti nei luoghi
deputati, poichè segnala un valore intrinseco della scrittura che viene trasmesso al
testo, attribuendogli autorevolezza; è quindi il supporto materiale stesso ad avere un
valore se viene scritto.

La di usione del grec


Il greco è stato un mezzo di espressione rapidamente acquisito dalle popolazioni del
Mediterraneo, anche da coloro che non parlavano greco, come le popolazioni
dell’Italia antica.
ES. Osteria dell’Osa, vaso in una tomba dell’VIII sec. a.C. nel Lazio
meridionale che presenta un’iscrizione in sistema alfabetico.

Per spiegare questa presenza, bisogna ricordare l’importanza della cultura degli Eubei,
che la tradizione vuole ricordare come fondatori di Pitecussa (Ischia) nel golfo di
Napoli, che rappresenta il limite settentrionale della colonizzazione greca in Italia
meridionale.
Nell’area di Napoli quindi si è imparato a scrivere in greco con alcune forme delle
lettere caratteristiche dei calcidesi -città di Calcide, in Eubea-, colonizzatori di
quest’area.

In particolare, Ischia è punto strategico per il controllo delle risorse del


Mediterraneo, come i giacimenti ferrosi delle isole toscane, interessanti per i Calcidesi
che erano famosi per la lavorazione del metallo; ad Ischia infatti erano presenti o cine
metallurgiche e -più importante- è attestata la presenza anche di Fenici lì stanziati.
ES. La coppa di Nestore di Pitecussa (Ischia)
Vaso risalente alla seconda metà del VIII sec. trovato in frammenti nella tomba
di un giovane adolescente aristocratico, che reca l’iscrizione poetica più antica
del mondo greco.
È importante poichè:
• La scrittura serve già per ssare la poesia a quell’altezza storica.
• Anche nell’Odissea si parla di una coppa di Nestore, re di Pilo che accoglie
Telemaco in cerca di Odisseo; si può però pensare forse ad una circolazione
dei poemi omerici di usa nel Mediterraneo
• La formula è tipica dell’epica
Questo vaso era una coppa tipicamente utilizzata durante il simposio, una
pratica sociale aristocratica in cui i partecipanti si ritrovavano per parlare, bere e
mangiare assieme, utile a cementi care l’identità sociale e comunitaria.
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ES. Monumento a Ramses II, Abu Simbel (Egitto)
Tra le esperienze della cosiddetta mobilità mediterranea, bisogna ricordare anche
l’attività mercenaria dei Greci, spesso assoldati come truppe scelte.
Questo monumento ne è una prova, poichè reca delle iscrizioni vandaliche
rmate con nome in greco, che parlano di una spedizione ad Elefantina, un
dettaglio che permette di datarle al VI sec. a.C.
È signi cativo inoltre poichè la parola per indicare “stranieri” è traducibile già
come “coloro che parlano un’altra lingua”.

ES. Lyttos (Creta, costa settentrionale)


È stata qui trovata una componente bronzea di un cinturone decorativo,
probabilmente parte di un regalo, poichè reca scritta una decisione della polis
nei confronti dello scriba Spensithios, ossia un privilegio pubblico.
Le istituzioni parlano direttamente nella scrittura, garantendo l’esenzione dalle
tasse e una sussistenza per Spensithios e i suoi discendenti, in cambio della sua
registrazione per iscritto delle cose pubbliche, profane e sacre.
Questo documento dimostra:
• Il legame tra sacro e profano nelle poleis, poichè la religione non è separata
dagli aspetti civici e istituzionali, quindi è dovere pubblico del cittadino anche
praticare la religione.
• Il compito della scrittura è specializzato, poichè è a dato a queste gure al
servizio della collettività, che devono “ricordare e scrivere”, esercitando la
memoria pubblica e mantenendo un rapporto di ducia con le istituzioni.
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I LEGISLATORI
Le comunità si formano attraverso una costruzione progressiva, dove è fondamentale
però il riconoscimento di norme comuni.
In questo passaggio di solidi cazione della società, la scrittura è fondamentale,
poichè essa si inserisce in comunità sostanzialmente orali ssando delle norme,
ra orzando le regole comunitarie.
La società arcaica passa da una tradizione di norme orali alla ssazione di norme
scritte, attuando un passaggio importante poichè le rende immutabili e non soggette al
libero arbitrio.

Il mondo arcaico è quindi un mondo di legislazione, che cerca di porre delle regole
comunitarie sugli aspetti basilari del vivere comune: dall’omicidio alla difesa della vita,
dall’eredità alla proprietà, cercando di evitare attraverso opportune legislazioni
qualsiasi possibile tensione interna, stabilendo però anche opportune punizioni e
ammende.

Nei confronti dei cittadini, le pene erano spesso pene pecuniarie o l’esilio, mentre non
vi sono attestazioni di pene siche o di pene capitali.

Le fonti (Aristotele nella Politica) indicano che i primi legislatori provenivano da città
nuove, sorte con l’espansione nel Mediterraneo occidentale, tra i quali gurano Caronda
a Catania e Zaleuco a Locri, poichè vi era necessità di porre una nuova legislazione per
le fondazioni.

Tra le prime testimonianze legislative nei documenti epigra ci gurano:


✤ Dreros, piccola comunità a nord di Creta
A Dreros è stato ritrovato un documento epigra co della seconda metà del VII sec.
a.C., una fase già avanzata nell’esperienza della polis.
Sulla base di un edi cio templare probabilmente dedicato ad Apollo è stato rinvenuto un
testo che contiene la prima attestazione del termine “polis” in ambito epigra co.
N.B. Religione e istituzioni politiche sono connesse dal punto di vista
decisionale, sottolineato dal fatto che la legge sia scritta sulla base del tempio.
Anche la contravvenzione alla norma chiama in causa la divinità con una
maledizione/punizione divina nei confronti di colui che non rispetta la norma.

L’iscrizione presenta una formula di sanzione -“così decise la polis”, formula che
dichiara ed evidenzia la decisione comunitaria all’interno delle iscrizioni epigra che.
Si parla inoltre di kosmos e l’iscrizione è relativa proprio alla non-iterabilitità della
carica del kosmos, ossia il nome del magistrato più importante delle città cretesi, con
funzione amministrativa il quale non può avere la stessa carica per i 10 anni successivi
a quando ne è investito, poichè altrimenti verrebbe colpito da una sanzione.
Il pericolo percepito e contrastato dalla norma è quindi la possibilità di una presa di
potere autocratico. La pena in caso di deriva autocratica è una pena pecuniaria, la
privazione dei diritti civili e l’abrogazione delle attività e delle decisioni compiute dal
kosmos no a quel momento.
Si evince inoltre che le norme pubbliche sono sancite da un giuramento religioso, a
cui partecipano: “il kosmos in carica, i damioi e i Venti della polis”, probabilmente altri
consigli istituzionale della polis.
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✤ Chio, isola al largo dell’Asia Minore
La stele -risalente al VI sec. a.C.- conserva un testo assai danneggiato su tre delle
quattro facce entro cui è distribuito, ma nel complesso ricco di elementi utili a mettere
in evidenza alcuni rilevanti aspetti storico-politici dell’isola, sebbene la stele forse non sia
proveniente da lì.
Emerge dal testo della stele il carattere singolare dell’insieme di istituzioni menzionate
nel testo: oltre ad un gruppo di basileis, l’iscrizione fa riferimento a un demarco e al
demo, dove quest’ultimo aveva il potere di emanare leggi, riunirsi in assemblea e
costituire una boulé.
Si è voluto istituire un parallelo con l’Atene di Solone che però si è rivelato
successivamente troppo forzato, così come la tesi della “democrazia in progresso” a
Chio; non solo perché nel testo non ne viene fatta alcuna menzione, ma anche perché il
documento si presta a essere piuttosto testimone della presenza di organi politici non
già democratici ma pubblici, come nel caso della boulé.
Si deduce quindi soltanto il carattere misto dell’ordinamento politico di Chio nel VI
secolo, che stando a Tucidide rimase tale anche nel secolo successivo (mentre secondo
Aristotele fu esempio di oligarchia dispotica).

La città greca comincia quindi a funzionare secondo uno schema strutturale


complesso, articolato ma spesso sovrapponibile tra diverse polis: cittadini, consiglio/i
minoritario/i, uno o più magistrati.
È inoltre ricorrente nelle legislazioni delle polis uno spettro di autocrazia, ossia di
personaggi che cercano di prendere il potere su di sè, dove questo pericolo è declinato
attraverso norme che impedissero questi tentativi sovversivi.
ATENE E SPARTA
Le due città più importanti del mondo greco hanno una di erenza sostanziale: il percorso
di Atene è mobile, intervallato da crisi e cambiamenti di legislature, che la portano
dall’essere una polis “tipica” ad essere una polis atipica, di spicco nella situazione politica
della Grecia; con Sparta invece ci troviamo di fronte ad una ssazione della
costituzione e delle istituzioni.

ATENE
La storia ateniese di età arcaica giunge a noi attraverso le testimonianze archeologiche,
che attestano come Atene fosse un centro evoluto già in età micenea e nelle Dark Ages.

Nell’VIII/VII sec. segue però un periodo di stagnazione e di ritardo nell’organizzazione


istituzionale, rispetto ad altre poleis.
La tradizione letteraria -ricchissima ma confusionaria- ha ricostruito l’evoluzione
istituzionale di Atene così: a una fase monarchica -avvolta nel mito- segue il periodo
degli arconti, prima eletti a vita, poi ogni 10 anni e in ne ogni anno dal 683 a.C.

L’unico dato storico certo è che Atene fosse dominata da un’oligarchia di famiglie
aristocratiche, riunite sotto il nome di Eupatridi (ossia i “bennati”).
Nel 632 a.C. circa Cilone cerca di instaurare una tirannide ad Atene, ma la congiura viene
sventata grazie all’intervento della potente famiglia aristocratica degli Alcmeonidi, che
stermina i congiuranti.

Le leggi di Dracone
Il primo legislatore che la storia riconosce per Atene è Dracone, la cui attestazione
storica è plausibile e le cui leggi sarebbero state durissime secondo la tradizione.
ES. Plutarco, Vita di Solone
Parlando di Solone, Plutarco accenna a Dracone e alla durezza delle sue norme.
L’opera legislativa di Dracone si lega alla questione dell’omicidio. L’omicidio per le città
greche è un’infrazione gravissima, poichè se commesso nei confronti di un
concittadino, va a contaminare la città stessa.
N.B. Polemos e stasis
Polemos è la guerra connotata positivamente, quella contro il barbaro,
l’aggressore, una guerra di difesa e di opposizione al nemico.
Stasis è la guerra intestina, tra fazioni di concittadini della polis e con esiti
sanguinosi.

Se quindi uccidere un nemico porta onore nei confronti degli dei, l’uccisione di un
membro della comunità causa “contaminazione” e una rottura del patto con gli dei,
rendendo l’omicidio non più un fatto singolare ma una colpa collettiva.
ES. A Selinunte (Sicilia) esiste una legge sacra che spiega il procedimento concreto
con cui la città poteva sciacquarsi delle sue colpe.

Nel 621 a.C. Dracone promulga quindi una legge sull’omicidio, giunta a noi grazie ad
un’iscrizione del V sec. a.C. (408 a.C), quindi posteriore all’epoca draconiana.
N.B. La norma ha un’instestazione che certi ca come Atene abbia trascritto su
pietra questa norma, recuperata ovviamente in maniera revisionata, ma
comunque assimilabile probabilmente a quella originale.
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N.B. Si decide di ripubblicare la norma se viene giudicata cruciale per le
istituzioni in quel preciso momento storico, cosa che diventa plausibile se
sovrapposta alla situazione di con ittualità civile di Atene nel periodo della
pubblicazione epigra ca.

Dracone è arconte basileus, quindi svolge solitamente mansioni religiose, ma questo


aiuta a capire come il rapporto con gli dei fosse collegato anche ad eventuali situazioni
sanguinose cittadine.

L’intestazione dimostra come fosse già in atto una classi cazione delle tipologie degli
omicidi, distinguendoli innanzitutto per l’intenzionalità.
Nel caso di omicidio senza premeditazione, si supera la logica della faida e
dell’omicidio riparatore del colpevole, decretando il con no come pena.
Inoltre, la faida è superata anche per quanto riguarda il coinvolgimento della
famiglia: anche la famiglia partecipa al giudizio, decidendo di perdonare in maniera
unanime, poiché anche una sola opposizione è decisiva nel decretare la colpevolezza
dell’accusato.
N.B. Le leggi venivano scritte su un axon, ossia un supporto ligneo e rotante
attorno ad un perno, su cui venivano applicate lamine di metallo iscritte, come ad
esempio la Lex Sacra di Selinunte in Sicilia

La riforma di Solon
Solone è un legislatore importante, arconte nel 594 a.C. e gura essenziale nello
sviluppo ateniese poichè mostra la deriva esemplare di Atene.

L’operato di Solone permette di seguire lo sviluppo evolutivo istituzionale di Atene. Il


fulcro legislativo delle sue azioni è dato da:
❖ l’importanza del meson, ossia la mediazione, in quanto Solone si propone come
arbitro tra le parti (aristocratici e popolo);
❖ la costruzione della responsabilità dei cittadini, poiché con Solone si propone
un’idea di responsabilità collettiva;
❖ l’equilibrio tra famiglia e comunità, tra oikos e polis;
❖ la centralità dell’azione antitirannica;

La città di Atene -e idealmente molte altre poleis- è quindi ancora attraversata nel VI
sec. da con itti, in particolare riguardo a due aspetti:
- De nizione del corpo cittadino: no a Solone, un cittadino poteva diventare schiavo
e perdere qualsiasi diritto, mentre dopo Solone un cittadino non potrà mai perdere
il suo statuto di uomo libero.
N.B. Non si interrompe la tradizione schiavista, bensì si tutela la comunità e si
preferisce utilizzare schiavi stranieri, ad esempio nei mercati del Mar Nero.

- Gestione e proprietà della terra: pochi proprietari terrieri avevano accentrato il


possesso terriero, cosa che sarà il primo motivo di con itto di Atene. Scompaiono la
piccola e media proprietà, che prima garantivano un equilibrio nella distribuzione
delle risorse.
N.B. I piccoli proprietari si trovano nella condizione di chiedere prestiti, mettendo
come pegno la propria terra o la propria persona; le ipoteche quindi esistevano
sulle persone. In particolare in età arcaica emerge anche la gura degli
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hektemoroi (letteralmente “quelli della sesta parte”), probabilmente riconducibili
a degli a ttuari terrieri, ripagati con parte del raccolto, forse proprio 1/6 del
raccolto.
N.B. La ricchezza terriera è connotata positivamente nella società greca -a
di erenza di quella mercantile- e il generico possesso di terra è strettamente
legato alle prerogative del cittadino.

Solone si presenta come colui che vuole risolvere la con ittualità sociale.
Egli viene percepito nella tradizione successiva e nella Costituzione degli Ateniesi come
“uomo della mediazione”, come “prostate tou demou” (letteralmente “capo del
popolo”, ma inteso come garante del popolo)

L’operato politico di Solone giunge a noi attraverso le sue parole, poichè egli è infatti
anche poeta, autore di elegie recitate nei simposi.
N.B. Dal contenuto delle sue elegie si capisce infatti che il simposio non è solo
luogo di convivialità e divertimento, ma anche di azione e propaganda
politica.
Solone descrive Atene come una città dilaniata dalla discordia civile, i cui capi del
popolo sono tracotanti e privi di misura, di equilibrio, mentre egli tiene come riferimento “i
venerandi fondamenti di Dike”, ossia i fondamenti della Giustizia, per giungere
all’eunomia, ossia al buon governo e alla giustizia sociale.

L’azione di Solone è volta alla costruzione di una comunità politica armonica, ossia di
una nozione di cittadinanza: ognuno è parte necessaria del funzionamento della
città.
In particolare, nel caso di una lotta civile -la stasis-, è necessario schierarsi e partecipare
alla vita politica.
N.B. Anche in caso di polemos, la neutralità viene sanzionata poichè sottolinea
un atteggiamento di opportunismo. Il mondo greco è una realtà agonale in tutti
gli ambiti, dove il confronto, la partecipazione diretta e dichiarata è vista come una
virtù.

Per superare il con itto sociale, Solone compie innanzitutto la cosiddetta seisachteia,
letteralmente “scuotimento dei pesi”: un appezzamento di terra dato in pegno era infatti
segnalato da dei cippi ipotecari, così che la cancellazione dei debiti ipotecari è
descritta come un vero e proprio sisma, una scossa che libera metaforicamente la terra
dai cippi, quindi c concretamente elimina e libera il popolo dal rischio della schiavitù
per debiti.
Questa riformulazione del patto civico fu attuata concretamente nel corso del decennio
successivo, avendo anche valore retroattivo ovviamente.

Inoltre, Solone riforma anche il corpo civico, suddividendolo in 4 classi per meglio
ordinare la comunità.
Il criterio secondo il quale viene attuata questa distinzione è il criterio censitario, basato
sulla ricchezza di terre.
N.B. La scelta del criterio ricade su un criterio mobile -diverso ad esempio al
criterio di nascita.
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Si distingue in:
‣ Pentacosiomedimni (letteralmente “quelli dei 500 medimni”, dove il medimno è
un’unità di misura di capacità corrispondente a 52 litri, utilizzato per misurare
quantità di cereali o olio), ossia coloro i quali producono una quantità abbondante di
raccolto.
N.B. La terra -e il valore ad essa legata- sono in realtà dipendenti dall’utilizzo e
dalla capacità produttiva della stessa.
‣ Cavalieri, ossia coloro che possiedono cavalli e producono 300 medimni
‣ Zeugiti (letteralmente “coppia di buoi”), ossia coloro che possiedono animali da
giogo e producono 200 medimni
‣ Teti, ossia coloro che producono lo stretto necessario per la loro sopravvivenza,
spesso essendo quindi lavoratori salariati di ceti più alti.
N.B. Lo spostamento del focus su questa grande classe porterà poi all’esperienza
della democrazia ateniese.

Questa divisione ha anche delle ricadute civiche e militari, poichè alle più alte cariche
dello Stato o dell’esercito possono accedere solo i cavalieri e i pentacosiomedimni.
Vi è quindi un rispecchiamento automatico e perfetto tra classi sociali, cariche
pubbliche e corpo militare.

Secondo la tradizione, Solone se ne va dopo la riforma -che viene scritta sopra a degli
axones, tavole lignee esposte- per evitare che qualcuno lo costringesse a modi carla.
Il processo attribuito a Solone è da una parte frutto di un’evoluzione della comunità, ma
allo stesso tempo non soddisfa nessuno, dal proprietari no al popolo.
N.B. Il popolo richiede una ridistribuzione equa della terra, proposta che perdurerà
per molto tempo nelle aspettative del popolo.
D’altra parte, se Solone recupera parte della società che era ingiustamente costretta
alla schiavitù, egli impone però la ricchezza come base fondante della distinzione
sociale.

La tradizione registra in maniera uniforme la reazione negativa di Atene rispetto alla


mediazione di Solone, poichè da un lato Solone abbandonerà la città e recupererà la
sua fama solo in epoche successive, tanto da essere eletto a modello nell’età classica,
mentre dall’altro lato delude le aspettative di tutte le classi sociali.

SPARTA
Sebbene Sparta sia passata alla storia per la sua alterigia, la sua impenetrabilità e il rigore
ferreo dei suoi cittadini, ricerche più recenti l’hanno assimilata nelle esperienze ad una
polis dai caratteri regolari.

Nel racconto omerico, Sparta era sede di un palazzo miceneo, retto da Menelao,
fratello di Agamennone; gli Spartani si fanno poi risalire ai Dori, secondo delle origini
mitiche
Tuttavia, all’origine di Sparta vi sono le guerre messianiche dell’VIII sec. a.C., ossia
dei con itti che interessarono la città e la vicina regione della Messenia.
La conquista della Messenia diede un grande impulso allo sviluppo spartano poichè
fornì:
- Un territorio da coltivare molto vasto
- Un popolo asservito, i Messeni
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Nel VI sec. si assiste a quel fenomeno di chiusura della società spartana su se
stessa, ma al contempo si sviluppa in senso esterno e meno bellicoso la sua
espansione: messa a bada la città rivale di Argo, Sparta crea una Lega del Peloponneso,
dove le città partecipanti mantenevano la loro autonomia in cambio del servizio
militare reso a Sparta, e dell’impegno ad avere amici e nemici in comune.

L’organizzazione socio-politic
Si parla di eunomia spartana, ossia buon governo spartano, poichè quella di Sparta
viene considerata la migliore costituzione del tempo da uomini politici e pensatori
contemporanei alla polis, ma anche nella ri essione politica dell’età moderna.
ES. Tucidide I, 18
Tucidide esalta il buon governo spartano, esente da tiranni e basato su una
costituzione solidissima, immutata in quanto funzionale.

L’origine di questa Costituzione è stata ricercata e successivamente è stato identi cato


Licurgo come fondatore e legislatore della Costituzione spartana.
N.B. Secondo il mito, Licurgo si sarebbe assicurato l’immutabilità delle sue
leggi attraverso un espediente: fece giurare ai concittadini di rispettare le leggi
no al suo ritorno, per poi partire per sempre da Sparta.
Tuttavia, l’immutabilità delle legge è comune a molte poleis: l’idea di
mutamento dei codici -scritti una volta e per sempre- è legata al pericolo
dell’interpretabilità e quindi al rischio di cambiare a piacere la legge.
Sulla gura storica di Licurgo ci sono molte remore, anche per la tendenza della
grecità a trovare l’origine delle cose e, nel caso non ci fosse, ad inventarla, tuttavia
l’origine della costituzione si colloca plausibilmente nell’età arcaica.

Secondo la tradizione, Licurgo sarebbe andato a studiare a Creta, che viene quindi
vista come esempio di legislazione.
N.B. Le leggi scritte avrebbero avuto origine in Grecia situazioni sociali miste,
dove erano presenti anche stranieri già abituati alle leggi scritte; è quindi
coerente pensare a Creta come ad un luogo adatto a questo sviluppo, poichè da
sempre crocevia di culture e popoli.
Sempre secondo la tradizione, Licurgo sarebbe stato ispirato per le sue norme da Del e
avrebbe trascritto il tutto nella cosiddetta Grande Rhetra (ossia “parola detta,
proclamata”, ad indicare la sua origine orale), il testo costituzionale che rimase in atto
a Sparta dalla ne dell’VII sec no al III sec. a.C.

L’ordinamento istituzionale spartano è quindi così formato:


• Sparta è una diarchia: esistono due re, a carica ereditaria -appartengono a due
famiglie aristocratiche- e soprattutto a vita, che costituiscono la guida istituzionale,
militare e religiosa.
N.B. In Grecia, solo 3 città sono governate da re: Sparta, Argo ( no al V. sec.
a.C.), Cirene ( no al V. sec. a.C.)
Tuttavia, non è una regalità assoluta, poichè accanto al re coesistono dei magistrati
e altri aspetti più moderni.

Il tema della diarchia riprende il mito di due gemelli (capostipiti delle famiglie)
discendenti da Eracle, eroe di riferimento della cultura dorica, riconducendo la
sostanza della regalità all’eroismo. Infatti, i due re avevano il ruolo di guide militari.
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• Presenza di due organismi:
- La Gherusia (traducibile come “senato”), un consiglio di anziani -oltre i 60
anni- costituito da 30 membri tra cui gli stessi re.
- L’Eforato, ossia una magistratura composta da 5 membri tra cui l’eponimo
che dava il nome all’anno.
A questa magistratura -probabilmente istituita più tardi con funzione di
controllo istituzionale- potevano accedere tutti i cittadini con più di 30 anni, i
quali rimanevano in carica per un anno e avevano poteri molto estesi.

Vi era poi un’assemblea popolare, che eleggeva gli efori e i componenti della Gherusia,
ma sembra che avesse un ruolo marginale e solo consultativo.

L’ordinamento sociale spartano è così formato:


๏ Spartiati, ossia la classe più abbiente, formata da coloro che detengono pieni
diritti civili e possiedono un kleros, ossia un appezzamento di terreno.
๏ Perieci (ossia “coloro che abitano intorno”), erano autonomi ma senza diritti civili,
svolgevano mansioni disparate, potevano combattere e abitavano in piccole comunità
๏ Iloti, ossia gli schiavi di proprietà dello Stato spartano, dediti alla coltivazione dei
terreni degli spartiati. Erano privi di diritti civili, spesso costretti all’umiliazione e
quindi spesso in rivolta
N.B. Molti iloti erano di etnia messenica, discendenti dei Messeni sottomessi

Esistono inoltre molti gradi intermedi, come quello degli spartiati decaduti, ed esiste
un’aristocrazia anche interno agli spartiati, sebbene la carica degli efori abbia
mantenuto una sorta di coe ciente democratico all’interno della classe spartiate.

L’educazione spartan
Il sistema educativo spartano -chiamato agoghè- era uno strumento
straordinariamente e ciente di controllo e formazione dei cittadini spartiati, che
erano tenuti a seguirlo n dai 7 anni.

Il bambino infatti, dopo aver superato i controlli eugenetici, veniva allevato in famiglia
no ai 7 anni; dopodiché venivano assegnati allo Stato, che li suddivideva in gruppi per
età e gli inculcava una disciplina ferrea, basata su privazioni e sacri ci, al ne di
creare dei soldati e cienti.
N.B. La famiglia aveva un ruolo marginale nella società spartana, ma al tempo
stesso la gura della donna aveva diritti e libertà molto rare nel restante mondo
greco.
A 18 anni erano previste delle prove di iniziazione -come la caccia all’ilota-, superate le
quali continuava la sua formazione no ai 30 anni, con il raggiungimento dei pieni
diritti civili.

Gli spartiati costituivano il fulcro dell’esercito spartano, dove vi militavano dai 18 ai 60


anni, incarnando lo spirito egualitario dell’oplitismo.
Era un esercito compatto, standardizzato negli equipaggiamenti poichè foraggiato
dallo Stato stesso, implacabile e cinico poichè formato da soldati professionisti, a
di erenza di quelli di altre poleis.
Tuttavia, era carente di spartiati: dai 10.000 iniziali, si arriva nel III sec. a.C. a poche
centinaia, anche per via della decadenza di molti di loro.
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LE TIRANNIDI E LA DEMOCRAZIA
Gli e etti positivi della gura di Solone ad Atene sono percepibili solo sulla lunga
distanza, poichè sul piano fattuale l’evoluzione di Atene si allinea a quella di altre
poleis, dove la con ittualità e le tensioni interne esacerba nel VI sec. nell’esperienza della
tirannide.
ES. Teognide di Megara parla della sua città come di una nave che rischia il
naufragio, come una donna gravida di uomini tracotanti, di discordia.

Con il termine “tirannide” e “tiranno” oggigiorno si connota un potere negativo,


incapace nella gestione sociale, opprimente rispetto alla società; questa accezione è
glia della rappresentazione attuata dal pensiero politico greco tra il V e il IV sec., che
ha tratteggiato un ritratto vizioso, perverso e abietto della tirannide, sia dal punto di
vista politico che dal punto di vista morale.
Tuttavia, la stessa rappresentazione storiogra ca tratteggia la tirannide come
un’occasione e una conseguenza dello sviluppo greco.

La nostra percezione di “tirannide” è quindi frutto ad esempio della rappresentazione che


fa Erodoto nel III libro, mettendo a confronto vari personaggi e varie costituzioni
possibili; il potere di un unico uomo -fosse anche il migliore del mondo- viene
connotato come negativo in quanto in lui maturano i vizi della protervia e dell’invidia,
scadendo poi negli altri vizi.

Di fatto, l’esperienza della tirannide è di usa e comune -sebbene non duratura- nelle
poleis greche e quindi è necessario de nirne i tratti dal punto di vista storiogra co,
esentandolo dal pro lo posteriore che è frutto di una presa di coscienza del
fallimento dello sviluppo ideale della polis, poichè innanzitutto il tiranno è colui che
prende il potere “con la forza e con l’inganno”, ossia una degenerazione della
monarchia al di fuori del normale svolgimento delle istituzioni.

Se quindi la tirannide corrisponde ad un momento di arresto dello sviluppo


istituzionale, è però comprovato dalla storiogra a che ad essa sia a anca anche uno
sviluppo socio-economico, di crescita e di apertura del mondo greco al mondo.
N.B. La tirannide ha luogo nelle poleis più avanzate, probabilmente poichè ad
uno sviluppo socio-.economico si a anca una crescita di ambizioni e di tensioni

L’ordinamento delle tirannid


Dal punto di vista politico-istituzionale il potere tirannico viene rappresentato come un
potere monarchico, di un unica gura reggente, che detiene in maniera illegittima
(con forza e con inganno) questo potere.
Nella rappresentazione antica è centrale l’illegittimità del potere assunto dal tiranno.
Le narrazioni sulla tirannide sottolineano due aspetti per molti di questi tiranni: sono
spesso persone di umili origini -o aristocratici decaduti- ma con buone capacità
militari.

La storiogra a ha creduto a lungo a questa rappresentazione, credendo i tiranni come


rappresentazione di un potere popolare all’interno di una città dilaniata dalla stasis, quindi
un tiranno come difensore del popolo; tuttavia, studi più accurati dimostrano come la
tirannide sia espressione del contrasto tra famiglie aristocratiche, una delle quali
riesce a prendere il potere e avere la meglio.
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Il tiranno quindi cerca probabilmente l’appoggio delle parti marginali delle
popolazione, con un atteggiamento strumentale e populista.
Nonostante la rappresentazione negativa della tirannide, il tiranno tuttavia non modi ca
mai radicalmente le istituzioni e le leggi in senso rivoluzionario, bensì interpreta il
potere secondo schemi propri dell’aristocrazia.
ES. Il tiranno cerca il successo militare, cercando di onorare le capacità militari
dimostrate in precedenza.
Oppure, il tiranno si esprime attraverso la logica della comunicazione e
dell’etica aristocratica, attraverso rapporti personali con altri tiranni (doni,
consigli, matrimoni…) che veicolano anche le relazioni interstatali e ne rinsaldano il
potere.
La prosperità e la crescita economica del VI sec. viene interpretata dai tiranni con
dei processi di crescita in varie direzioni -crescono i centri urbani in un mondo ancora
estremamente rurale- e quindi i tiranni hanno contribuito alla crescita delle città
ES. A Pisistrato tiranno di Atene sono attribuite grandi opere pubbliche, feste
religiose,…

Ad Atene: i Pisistratidi (560-511


La famiglia che controlla la tirannide ateniese è quella dei Pisistratidi, ossia i
discendenti di Pisistrato, che trasmettono questo potere all’interno del nucleo
famigliare.
N.B. Aristotele a erma però che nessuna tirannide è riuscita a durare per più di
3 generazioni
Sia Erodoto, sia la Costituzione di Atene descrivono l’ascesa di Pisistrato, inquadrandola
in una stasis nell’Attica tra 3 fazioni, de nite sulla base dei territori che coltivavano: i
paralii (vicino al mare), pediaci (pianura interna), diacrii (sulle montagne).

Questa suddisivione innanzitutto dice che l’Attica si presenta come una zona eterogenea
con vocazioni produttive diverse; inoltre ci dice che la stasis si svolge tra le fazioni
aristocratiche della città, e che ognuna delle famiglie controlla una di queste 3 zone
geogra che e quindi controlla una determinata sfera economica-produttiva.
Ogni famiglia instaura quindi un clientelismo con una certa zona ne di ottenerne il
consenso.
La montagna, controllata nel consenso da Pisistrato, rappresenta la zona più povera
economicamente parlando, popolata da persone liberate dai debiti ma in condizioni
comunque precarie, persone senza terra, persone di ritorno dall’esilio, quindi
potenzialmente una schiera di individui socialmente pericolosi e insoddisfatti.

In questo quadro di instabilità si instaura quindi la tirannide di Pisistrato, attraverso la


forza -nel 546 a.C. conquista nuovamente Atene con un esercito privato- e attraverso
l’inganno.
ES. Camu a una ragazza e la presenta al popolo come la dea Atena stessa; crea
un proprio corpo di guardia personale.
Tuttavia, Pisistrato viene presentato anche come un buon governatore, capace di
amministrare Atene secondo le istituzioni vigenti e di far crescere l’urbanità nel suo
sviluppo edilizio, ma anche di migliorare le vie di comunicazione, l’appianamento delle
di erenze tra città e campagna e concedendo aiuti ai piccoli proprietari.
N.B. La storiogra a descrive quindi la tirannide sia come un evento negativo, sia
però in maniera contraddittoria descrivendone il buon governo
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La ne della tirannide ad Aten
Il tema della liberazione dal tiranno diventa però un tema propagandistico di estrema
potenza, rispecchiando solamente la componente demoniaca della tirannide.
Tuttavia, l’omicidio di un cittadino -pur essendo un tiranno- crea un problema come un
qualsiasi altro omicidio.

Dopo la morte di Pisistrato, prendono il potere i due gli Ippia e Ipparco, i quali
esercitano il loro potere in maniera fortemente personale.
Nel 514 a.C., durante le feste panatenee, viene teso un agguato ai due fratelli tiranni,
che vengono assaliti alle porte dell’Agorà da una congiura guidata da Armodio e
Aristogitone.
Ippia viene ferito, Ipparco viene ucciso, così che non viene scal ta la tirannide.

Nel 511 a.C., gli Alcmeonidi chiedono aiuto al re di Sparta per cacciare Ippia, così che
Atene viene liberata dalla tirannide.
Sono quindi i Lacedemoni ad essere i responsabili della liberazione di Atene, ma
questa realtà è molto scomoda per la storiogra a ateniese, che cerca di ricostruire la
propria immagine di libertà, contendendo a Sparta questo primato di anti-tirannia.

La memoria collettiva viene manipolata da Atene attraverso la commissione di un


monumento per i tirannicidi, posto nell’Agorà, dove solitamente erano poste statue
solamente di eroi e dei.
Inoltre, i discendenti dei tirannicidi erano mantenuti a spese dello Stato ateniese e si
erano di usi dei canti orali a favore dei tirannicidi.

Tucidide racconta inoltre di come l’attentato fosse stato architettato per risolvere un
contenzioso erotico-amoroso, non per sovvertire la tirannide dei gli di Pisistrato.
Tucidide de-eroizza questo episodio e sconfessa la pretesa ateniese di voler esaltare i
propri tirannicidi.

In ne, nel 338 a.C. con la legge di Eucrate contro la tirannide, su decisione dei
nomoteti, si postula la “purezza” del tirannicida, risolvendo il problema della
contaminazione derivante dall’omicidio. Questo probabilmente perché il tiranno viene
inteso ormai come nemico della città, quindi esterno e pericoloso per essa, quindi
rientrante nell’ambito del polemos, della guerra contro l’altro, contro l’esterno.
N.B. Questa norma sottolinea una probabile stasis in corso nel 338 a.C., dove la
città era divisa tra i sostenitori della democrazia e i sostenitori della venuta di
Filippo il Macedone, descritto quindi come “tiranno”
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La riforma di Clisten
Atene si libera della tirannide e si apre ad uno sviluppo di erente rispetto alle altre
città, installandosi come eccezione all’interno della grecità del V sec. a.C.
Il processo democratico ateniese incomincia con Clistene, appartenente alla famiglia
degli Alcmeonidi.

Le notizie riguardanti Clistene sono relative alla riforma del 508 a.C., con la quale si
apre il processo democratico ateniese, in primis riorganizzando lo spazio sociale
dell’Attica.

Con Pisistrato vi era stato un grande sviluppo urbano, con il movimento in città di coloro
i quali abitavano le montagne e lo sostenevano, ma non vi era stata una vera e propria
risoluzione di questa situazione tripartita.
Clistene invece, per impradonirsi del potere, decide di promulgare una riforma che
smantella il fulcro del potere aristocratico, ossia quel rispecchiamento tra famiglia/
nucleo aristocratico e una certa parte del territorio.

Clistene a da quindi il potere al popolo, schierandosi come guida e dividendo gli


Ateniesi in 10 tribù, ognuna col nome di un eroe della tradizione.
Il territorio ateniese viene poi diviso in 3 parti: la costa, l’interno e l’area urbana di
Atene.
In ogni parte vengono individuate delle trittie, per un totale di 30 -10 in città, 10 in
campagna e 10 sulla costa-, assegnandone inoltre 3 ad ognuna tribù.

Egli attua quindi una mescolanza: ogni tribù è tripartita in una componente della
costa, una componente dell’interno e una componente della città propriamente
detta.
Così facendo, si creano tribù che nella loro dialettica interna sono rappresentative
però dell’intera Attica e di tutte le istanze in maniera omogenea.
Il nome della tribù quali ca il cittadino, così che la tribù non ha più una matrice
territoriale ma diventa un raggruppamento di cittadini di estrazione territoriale
diversa.

Inoltre, si amplia la possibilità di ottenere la cittadinanza, anche per coloro che


avevano un’origine dubbia, stabilendo quindi una volta per tutte il codice cittadino.
N.B. Paradossalmente, la fase di Clistene è l’inizio del processo democratico ma è
anche l’ultima possibilità di acquisizione della cittadinanza ateniese.

Alla divisione in tribù si sovrappone un’altra divisione, molto importante, ossia quella del
demos.
Con demos, innanzitutto ci si riferisce a cose diverse:
• Unità territoriale con con ni de niti, di piccole dimensioni, con le proprie istituzioni,
feste religiose,… ma comunque dipendenti dalla città di Atene
• Sinonimo di ekklesia, ossia l’assemblea di tutti i cittadini
• Parte politica connotata in senso democratico
Il cittadino si iscrive al registro del suo demos, e solo così acquisisce i suoi diritti
civili.
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Attraverso l’appartenenza ad una demos e al collegamento tra tribù e demos si va ad
associare automaticamente un cittadino ad una tribù.
Ciascuna famiglia e i suoi eredi detengono l’appartenenza ad un demos per via
ereditaria, così che lo spostamento di una famiglia da un luogo ad un altro non cambi
l’appartenenza della famigli stessa ad un demos.

Il demotico (ossia il nome del demos di appartenenza) avrà un grande valore,


sostituendo il patronimico, a sottolineare come questa suddivisione fosse sentita nella
cultura greca.
Attraverso il demotico si hanno delle informazioni anche sull’identità istituzionale,
ossia sul ruolo che un ateniese ricopre in quanto cittadino, ma si va a creare una massa
cittadina abbastanza omogenea, senza distinzioni di censo o valore.

Il prototipo di cittadino ateniese deve essere maschio, adulto e libero. Il cittadino


partecipa alla politeia, fa parte dell’esercito e possiede una terra e una casa.
Esclusi dalla democrazia ateniese sono gli schiavi, le donne e gli stranieri, senza
possibilità di accesso in un’ottica futura.

A livello istituzionale, Clistene non soppianta le istituzioni vigenti -come l’Areopago e


l’arcontato- poichè non vuole intaccare il potere aristocratico, ma tuttavia apre ad una
maggiore partecipazione della cittadinanza, con nuove istituzioni.
N.B. Un’ipotesi relativa all’operato di Clistene vuole che la sua riorganizzazione
territoriale sia stata attuata in funzione di uno sconvolgimento degli equilibri a
favore della sua famiglia, gli Alcmeonidi.
Nel periodo dal 508 al 461 a.C. si ha una democrazia moderata, quindi una
sovrapposizione dei sistemi, con la persistenza delle vecchie istituzioni

Tra le nuove istituzioni gurano invece:


✴ L’assemblea popolare, ossia l’ekklesia
A questo organismo partecipavano tutti i cittadini senza distinzione di censo o
discendenza.
Essa si riuniva 40 volte l’anno e discuteva con potere decisionale di tutte le maggiori
questioni dello Stato, a partire dalla guerra.
In questa sede si praticava inoltre l’ostracismo.

✴ Il Consiglio dei 500, ossia la boulé


Questa istituzione comprendeva 500 membri, con carica elettiva e annuale, estratti a
sorte.
Ad essa partecipavano 50 cittadini per tribù, e in maniera proporzionale rispetto al
demos.
La boulè aveva funzione programmatica -doveva preparare l’ordine del giorno
dell’assemblea popolare- e probuleumatica -doveva istituire le pratiche e i materiali-,
oltre che gestire l’amministrazione ordinaria e garantire quotidianamente la presenza dello
Stato; infatti, vi era un ricambio quasi mensile di 50 consiglieri che assicuravano la loro
presenza nella sede del consiglio.

Vi erano inoltre numerose magistrature, alcune già pre-esistenti come l’eliea, ossia il
tribunale popolare, accessibile per sorteggio e dopo i 30 anni.
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In generale, le magistrature erano annuali, collegiali (in numero di 10), sorteggiate e
sottoposte al controllo al termine del loro operato.
N.B. Aristotele sottolinea la modalità di selezione: nell’assemblea e nelle
istituzioni non vi è nessun criterio censitario per accedervi (quindi anche i Teti
possono partecipare ad esempio); per Aristotele la qualità di una costituzione è
valutabile in base al criterio di selezione.

Le due magistrature più importanti sono quella degli arconti, simbolo dell’aristocrazia,
e quella degli strateghi, eletti uno da ogni tribù.
Progressivamente si assiste ad una perdita di in uenza dell’arcontato, che perde in
primis la peculiarità aristocratica e via via cede anche poteri e prerogative ad altre
istituzioni, no al 461 a.C., anno in cui E alte priva l’arcontato di qualsiasi potere.

La carica più importante dello stato diventa quindi quella dello stratego che,
sebbene possa sembrare una carica puramente militare, con il tempo allarga sempre di
più le proprie competenze.

Attraverso l’appartenenza ad una demos e al collegamento tra tribù e demos si va ad


associare automaticamente un cittadino ad una tribù.
Ciascuna famiglia e i suoi eredi detengono l’appartenenza ad un demos per via
ereditaria, così che lo spostamento di una famiglia da un luogo ad un altro non cambi
l’appartenenza della famigli stessa ad un demos.

L’ostracism
L’ostracismo è un fenomeno democratico -documentato dal 488 al 418 a.C.-
attribuito a Clistene, sebbene il primo episodio di ostracismo documentato sia più tardo.
Questo fenomeno nasce come rimedio preventivo al pericolo della tirannide, per
allontanare coloro i quali miravano a prendere il potere; tuttavia, diventa uno strumento
meramente di lotta politica tra fazioni avverse, per intralciare il cammino politico di una
fazione o di un’altra.
In un’assemblea, si vota per l’esilio decennale di una persona dalla città, attraverso
una votazione che avviene scrivendo il nome della persona scelta su un coccio di
vaso, detto appunto ostrakon.
L’esiliato deve stare lontano dalla città per 10 anni, ma non gli vengono tolti i beni, che
saranno recuperati al rientro in città.
N.B. Si presume inoltre che almeno 6000 persone sapessero scrivere ad Atene,
in quanto le fonti riportano questo numero, probabilmente come numero minimo
di partecipanti dell’assemblea o di voti necessari per attuare l’ostracismo.
Tuttavia, siccome molti ostraka presentano una gra a simile, è probabile che
non tutti i partecipanti sapessero scrivere e che i cocci venissero distribuiti già
iscritti con la preferenza del cittadino, ma con l’eventualità quindi che l’evento
venisse pilotato.
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LE GUERRE PERSIANE
La centralità delle guerre persiane è dovuta al suo ruolo nel con itto tra Sparta e
Atene per il predominio della Grecia e nella volontà di potenza di Atene, oltre che alla
nascita di temi culturali importanti in epoche successive (come il problema della grecità
dell’Asia Minore o il tema della libertà contro il dispotismo) e alla grande ducia che
l’esito positivo diede alle poleis greche.

Con Impero persiano si intende un enorme agglomerato territoriale che va a formarsi


progressivamente dal VI sec. a.C. nella Mesopotamia, uni cando sotto i re Ciro il
Grande e Cambise i territori verso Oriente (Lidia, Babilonia, Media, Egitto) ma
soprattutto verso Occidente, come ad esempio nel caso dell’Asia Minore,
precedentemente frammentata in piccoli regni con relazioni non con ittuali con la Grecia.

Nella sua crescita, l’Impero persiano dimostra di volersi a acciare sempre di più sul
Mediterraneo, motivo di collisione con il mondo greco.
N.B. Nella prospettiva storiogra ca greca -descritta in maniera dettagliata da
Erodoto-, le guerre persiani sono guerre epocali di difesa, contro l’invasione
barbara, mentre nella prospettiva persiana sono guerre di con ne di poco
conto se paragonate all’estensione dell’Impero.
Nel 546 a.C. Ciro il Grande conquista la Lidia, regno a ne alla grecità per usi e costumi
e legato da rapporti economici e sociali.
I Greci d’Asia Minore inizialmente spaventati non subirono grossi contraccolpi dal
nuovo regime persiano in Lidia, almeno no al regno di Dario I.

Tra il 499 e il 494 a.C. si veri ca la rivolta ionica, raccontata da Erodoto tra il quinto e il
sesto libro.
Con questo termine si intende la rivolta delle città greche dell’Asia Minore, capitanata
dalla città di Mileto. Queste città si riconoscevano nella stirpe ionica e in tutte le sue
peculiarità, motivo per cui la rivolta prende questo nome.

La Persia era stata riorganizzata in maniera sistematica da re Dario I in satrapie (ossia


regioni), così che il funzionamento dell’Impero era basato essenzialmente su due
esigenze richieste ai popoli assoggettai in cambio del rispetto delle loro culture e
delle loro religioni:
• Tributi in denaro o beni
• Partecipazione militare

Le città greche dell’Asia Minore erano poleis, entità autonome, ma per il re persiano
esse erano comunque assoggettate al suo controllo in quanto territori dell’Asia
Minore, e quindi soggette alla tassazione e alla leva militare.
In particolare, l’esercito persiano contava sulle città greche asiatiche per quanto
riguarda la otta.
La Ionia era un mondo culturalmente avanzato e vivace dal punto di vista intellettuale
-con esempi di “ loso sici” illustri, come Talete; con storici illustri come lo stesso
Erodoto- tanto che la prima testimonianza di una carta geogra ca viene proprio dalla
narrazione di Erodoto relativamente ad un episodio della rivolta ionica.
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I due sistemi di governo, quello monarchico-imperiale e quello della polis, entrano in
collisione quando Aristagora di Mileto fomenta la rivolta contro il re per rivendicare
l’autonomia delle città greche.
N.B. Per Erodoto, Aristagora voleva costruire un proprio potere personale e
cavalca solamente l’onda del malcontento per favorire la propria ambizione di
potere.
Per Erodoto, Aristagora va a chiedere aiuto a Sparta portando con sè un pinax di
bronzo -ossia una tavola di bronzo- sul quale erano segnati i con ni, i umi e i popoli
del regno persiano, al ne di mostrare le ricchezze dell’eventuale conquista.
Sebbene quindi Sparta abbia ri utato l’alleanza con Mileto, questo è una prova della
profonda conoscenza e della dimestichezza dei Greci entro le coste del
Mediterraneo.

La rivolta ionica è un evento incastrato profondamente nei meccanismi che hanno poi
mosso le guerre persiane, tanto che lo stesso Erodoto ne scrive come “l’origine dei
mali”, il “principio delle sciagure”.
Questo poichè Aristagora, dopo aver ricevuto il ri uto di Sparta, si rivolge allora ad
Atene, che in quel momento stava vivendo un periodo orido e di espansione e che
decide di inviare 20 navi in soccorso alle città ioniche, -che verranno però poi
richiamate nel 498 a.C.
Atene presta aiuto per via della syngeneia, ossia un sentimento di comune
discendenza tra gli Ateniesi e gli Ioni -certi cato anche da un dialetto molto simile- che
emerge prepotentemente a difesa della stirpe ionica, di cui Atene si sente
madrepatria.

Le città greche dell’Asia Minore si coalizzano allora in una lega, riuscendo a penetrare
a Sardi (ex capitale della Lidia), tuttavia la macchina militare persiana lentamente
schiaccia le pretese greche e le so oca nel sangue nella battaglia navale di Lade.
Nel 494 a.C. Mileto viene distrutta e resa schiava, i suoi abitanti che vengono deportati
in Oriente e questo segna il fallimento della rivolta ionica.

Tuttavia il re Dario decide di organizzare una spedizione punitiva, al ne di solidi care i


con ni del regno e di rinfrancare con la violenza il dominio sull’Asia minore.
La scia vendicativa di Dario si rivolge però anche verso i soccorritori delle città
ioniche, ossia gli Ateniesi e gli Eubei.
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La prima guerra persian
Di fatto, questa spedizione consiste nella prima guerra persiana: la otta persiana si
rivolge prima verso Eubea, radendo al suolo Eretria, poi verso l’Attica, sbarcando a
Maratona nel 490 a.C. guidati dal vecchio tiranno ateniese Ippia.
La battaglia di Maratona viene vinta in maniera schiacciante dagli Ateniesi, che
a rontano in campo aperto i Persiani sotto la guida di Milziade, combattendo da soli.
N.B. Sparta aveva tardato a inviare le truppe perché stava celebrando dei rituali
religiosi

Nel 486 a.C. sale sul trono di Persia il glio di Dario, Serse, che viene dipinto dalla
storiogra a greca come un uomo sfrenato, tracotante e senza limiti.
N.B. Questi eventi sono raccontati nei libri VII-IX di Erodoto. In particolare,
Erodoto nel VII libro parla della di coltosa traversata dei Dardanelli da parte
dell’esercito persiano, ostacolato dal mare in tempesta. Serse ordina
assurdamente di frustare il mare, per far sì che gli obbedisca.
Se quindi il padre Dario si era spinto verso l’Europa solo per rimarcare il suo con ne
asiatico, Serse si pone n da subito come un conquistatore, organizzando nel 481/480
a.C. una spedizione per assoggettare la Grecia e le poleis.
La spedizione è composta da un corposo esercito di terra che transita dall’Asia
all’Europa passando per la Grecia settentrionale, accompagnato da una otta navale.

La seconda guerra persian


Il primo scontro terrestre signi cativo si veri ca alle Termopili -e in mare a Capo
Artemisio, alla stessa altezza-, che erano un valico montano che collegava la Grecia
settentrionale con quella meridionale, ossia l’area delle poleis.

Tra le città greche -non tutte- si era creata nel 481 a.C. una Lega panellenica capeggiata
militarmente da Sparta, che aveva proposto varie soluzioni per far fronte alle mire
espansionistiche di Serse.
Ad esempio, i Peloponnesiaci propongono di costruire un muro sull’istmo di Corinto,
abbandonando il resto della Grecia all’invasione persiana.
Si decide invece di schierare una linea di resistenza alle Termopili, che risulta però
ine cace e si smantella -eccezion fatta per Sparta- quando l’esito sembra essere a
favore dei Persiani.
L’esercito persiano vince la strenua resistenza degli Spartani (i 300) e riesce a
passare.

I primi a subire l’avanzata persiana furono gli Ateniesi, che si ritirano sull’isola di
Salamina mentre i Persiani radono al suolo la città.
Tuttavia, gli Ateniesi riescono ad organizzare una contro ensiva e una strategia contro
i persiani -ossia chiudere le loro pesanti navi nel golfo di Salamina- , che risulta essere
e cace nell’esito della battaglia di Salamina (480 a.C.).
Serse fugge in Persia con la otta, rati cando il successo della Lega di città greche.
Tuttavia l’esercito persiano di terra rimane stanziato in Beozia e nell’inverno
successivo si ha un ulteriore scontro, ossia la battaglia di Platea (479 a.C.), che però
vede trionfare ancora i Greci, ricompattai in un fronte militare unito.
Addirittura i Greci rincorrono l’esercito persiano in fuga, sbaragliandone
de nitivamente la otta navale a Capo Micale, presso Mileto, causando anche l’insorgere
delle città ioniche d’Asia Minore.
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L’e etto delle guerre persian
Malgrado lo scarno novero di fatti e battaglie e la breve durata del con itto, le guerre
persiane sono fondamentali per il ruolo che hanno avuto nel plasmare l’identità
culturale greca, attraverso alcuni temi:

‣ Lo scontro con i barbari


Se no al VI sec. questa di erenziazione tra Greci e Barbari non è così sentita, dopo le
guerre persiane diventerà un fondamento ideologico.
In primis, è barbaro chi è fuori dall’ellenikon, dall’etnicità dei Greci -senza dare valore
quindi allo spazio e alla distanza.
Inoltre, tutta la costruzione narrativa e storiogra ca pone come coppia oppositiva
fondante quella della libertà -dei Greci- e della schiavitù -dei barbari, dei persiani-,
cercando anche una giusti cazione sica.
ES. Trattatello di Ippocrate
Si cercava di teorizzare come le condizioni geogra che e climatiche della
Grecia portassero i Greci stessi ad essere una civiltà equilibrata, una civiltà
che rappresenta la medietà.

Anche nell’iconogra a è rimasta traccia di questa avversione al barbaro, con


l’immissione di tutte quelle rappresentazioni belliche e mitiche che esaltano la
vittoria della grecità; inoltre i Greci sono spesso rappresentati in schieramenti e
falangi che esaltano l’appartenenza al gruppo, l’unità , dove la forza dell’oplite è
proprio quella di essere protetto a destra -dov’è scoperto- dallo scudo del vicino.
Allo stesso modo, i barbari combattono con strategie e armi bizzarre, oltre che spesso in
maniera vile -ad esempio a distanza, con arco e frecce.

‣ I medizzanti
Nella gestione della seconda guerra persiana, si veri ca per la prima volta una
coalizione “panellenica” che viene immediatamente ricollegata a quella della guerra
di Troia nell’immaginario collettivo della grecità.
Tuttavia, Erodoto dimostra come il fronte greco non fosse così compatto, essendo
anzi costituito anche da:
- Poleis lopersiane o “medizzanti”: città ioniche e aree settentrionali (Tracia,
Tessaglia, Beozia con Tebe), probabilmente per via dell’invasione.
Verrano per sempre tacciate di medismo -da cui “medizzanti”- ossia di un
atteggiamento di simpatia verso il regno persiano
- Poleis neutrali: Argo, Creta, Siracusa.
A queste città la Lega panellenica invia ambasciatori, ma le città si ri utano di
partecipare. Anche queste città vengono poi tacciate di medismo per la loro
inazione, che sottintende una propensione per i Persiani.

La rappresentazione del con itto tra Greci e Persiani è quindi sempre in una logica
binaria, divisa nettamente in coppie oppositive.
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‣ La lega peloponnesiaca
Lo scontro con i Persiani è cruciale anche perché costituisce uno dei prodromi degli
eventi che segneranno la storia greca nel V sec. a.C.
Infatti, dal punto di vista militare la Lega panellenica aveva come leader la città di
Sparta, dotata di una società militare, organizzata e addestrata in maniera formidabile,
tutta focalizzata sulla guerra.
Inoltre, Sparta aveva già da tempo organizzato attorno a sè la cosiddetta lega
peloponnesica, ossia una coalizione della Laconia e la Messenia -ridotta in schiavitù.

Il valore degli Spartani -esaltato nella tradizione successiva- trova la sua espressione in
due occasioni:
- L’impresa delle Termopili, dove Leonida re di Sparta fronteggia con 300 spartiati
l’immenso contingente persiano, sacri candosi.
- La battaglia di Platea, dove gli Spartani dimostrano la loro eccellente strategia
militare portando i Greci alla vittoria.
Inoltre, dopo ogni battaglia i Greci erano soliti raccogliere il bottino -spesso le armi-,
o rendo la decima (parte) alle divinità a loro favorevoli.
In occasione delle guerre persiani, vengono ringraziati i santuari panellenici, ossia a
Del , a Olimpia e all’Istmo di Corinto.
A Del con il bottino viene eretto un monumento a ricordo delle guerre persiane ,
costituito da una colonna di tre serpenti avvinghiati -ora situata ad Istanbul- recante i
nomi di tutti i partecipanti -le città- allo scontro.
Questo è importante poichè il primo nome citato -seguito a ruota da Ateniesi e
Corinzi- è quello dei Lacedemoni, ossia gli Spartani

La storia successiva sarà proprio improntata sul tentativo di Atene di costruire una
forza militare egemone anche rispetto a Sparta, imbastendola in maniera originale
attraverso l’egemonia navale.
Inoltre è signi cativa anche la presenza dei Corinzi come terzo polo della grecità,
capace di schierare una discreta forza militare terrestre ma anche navale.

Nel V sec. nella guerra del Peloponneso si costituirà quindi questa opposizione binaria
interna alla grecità-in primis come approccio militare tra i Lacedemoni (società militare
di opliti, di stampo tradizionale e oligarchico) e gli Ateniesi (società aperta e democratica,
improntata all’innovazione), con l’elemento di disturbo di Corinto.
Se da un lato quindi le guerre persiane simboleggiano la vittoria della grecità sulla
barbarie, esse contengono anche il germe della dicotomia interna tra Sparta e Atene.
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La situazione ad Aten
Durante la battaglia di Maratona - a nord dell’Attica, gli Ateniesi avevano fronteggiato
da soli l’esercito persiano appena sbarcato, poichè Sparta non aveva risposto alla
chiamata alle armi per via di un festeggiamento.

Questa vittoria solitaria è la prima tappa della creazione del mito culturale di Atene,
venendo infatti celebrata in maniera enfatica, iperbolica, quindi stravolta e accresciuta
nella sua verità storica.
In particolare, nel discorso motivazionale -riportato da Erodoto a posteriori- tra lo
stratega Milziade e l’arconte polemico Callimaco, emergono dei temi che saranno
propri della cultura ateniese:
• L’idea di portare il vessillo della libertà, per sè e per la Grecia intera, con ad
esempio il riferimento ad Armodio e Aristogitone, eroi della tradizione ritenuti
liberatori dalla tirannide.
• Il tentativo di imporsi come prima dell’Ellade, superando Sparta.

Inoltre la storiogra a riporta come durante le guerre persiane, di pari passo all’evoluzione
istituzionale democratica, vi sia stato ad Atene un implemento e rinnovamento sociale,
economico e militare nella storia cittadina ateniese.
N.B. Questo è ben evidente nello stato di transizione che dimostra il racconto di
Erodoto, dove coesistono ancora gli strateghi delle tribù (Milziade) con gli
arconti, come l’arconte polemarco (Callimaco), i quali hanno maggiore rilevanza
a questo livello della storia.

Nel 483/482 a.C. infatti, dopo la scoperta di un lone di argento in Attica, su


sollecitazione di Temistocle -personaggio di spicco ad Atene- si decide che il denaro
ricavato dall’argento non sarebbe stato ridistribuito tra i cittadini, ma bensì investito per
costruire una otta, che segnerà la svolta:

- Dal punto di vista militare, in quanto sarà cruciale per il ruolo che avrà nella
battaglia di Salamina. Questa battaglia viene combattuta in uno specchio di mare
ristretto, conchiuso dall’isola di Salamina e dotato di due sbocchi, che furono però
bloccati dalla otta greca dopo avervi tratto le pesanti imbarcazioni persiane.

Inoltre, l’investimento reativo alla otta è lungimirante: Atene diventerà una potenza
navale e talassocratica, dominando la storia greca nel V/IV sec.
N.B. Erodoto scrive che questa scelta “costrinse gli Ateniesi a diventare marinai”
Dal punto di vista sociale, la otta costituì un’opportunità per impiegare la forza
lavoro della classe dei teti, che si erano progressivamente inurbati alla ricerca di
opportunità remunerative.

- Dal punto di vista sociale-politico, poichè l’abbandono della città e della


terraferma -deciso da Temistocle con decreto- proteggerà il popolo ateniese, che
rischiava di essere preso dalla calata persiana. I persiani infatti radono al suolo la città
e l’acroproli verrà ricostruita poi solamente nel periodo di Pericle, riempiendo
delle fosse della cosiddetta “colmata persiana”, ossia materiale sacro danneggiato,
accumulato e seppellito dagli Ateniesi nella fase di ricostruzione.
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Il decreto di Temistocle giunto a noi sembra riportare la testimonianza della decisione di
abbandonare la città di Atene per salvare il popolo ateniese, tuttavia l’epigrafe non è
databile al V sec. a.C. ma è successiva, risalente al IV sec.
È probabile che la lettera del testo corrisponda al vero, ma è più interessante veri care le
intenzioni che si celano dietro all’iscrizione: in questa maniera, Atene vuole dimostrare
il proprio sacri cio e dimostrare il proprio valore, enfatizzando il mito cittadino.

Dopo le guerre persiane quindi si apre l’esperienza del primato ateniese, nella realtà
tanto quanto nella rappresentazione ideologica, grazie all’insistenza sul valore
dimostrato negli scontri di Maratona e Salamina, per difendere la libertà.

La ne delle guerre persian


Dopo le vittorie di Platea e di Capo Micale, i Greci si dirigono compatti verso il nord, nella
zona degli stretti di collegamento al Mar Nero, per poi dividersi.
I Peloponnesiaci a quel punto si ritirano, mentre gli Ateniesi -guidati dallo stratega
Santippo- decidono di continuare la loro avanzata.

! Erodoto IX 114 è l’ultimo atto raccontato da Erodoto. Inoltre questo evento è l’unico
evento la cui narrazione è in accordo con quella di un altro storico, ossia Tucidide.
Per Luciano Canfora, si può ben spiegare il concetto di “catena storiogra ca”, ossia la
prospettiva degli storici antichi rispetto al loro lavoro, come se fosse un passaggio di
testimone dove uno comincia dove un altro inizia, per mappare tutto lo spazio
storiogra co.
Tucidide narra la guerra del Peloponneso perché è un periodo che prima non era stato
narrato, -o era stato narrato male.
Inoltre, il periodo di 50 anni che va dalla ne delle guerre persiane all’inizio della guerra
del Peloponneso è chiamato Pentekontetia (letteralmente “50 anni”).
N.B. Spesso le guerre in storiogra a sono uno spartiacque per misurare il tempo
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LA PENTEKONTETIA
Questo periodo di 50 anni trova la sua unità cronologica innanzitutto nei due estremi
segnati dalle guerre, ma soprattutto -leggendo Tucidide I 118.2- in questo periodo gli
Ateniesi ra orzano l’arche e quindi la loro potenza democratico-imperiale, oltre che
cresce il timore degli Spartani nei loro confronti.
N.B. L’uso della parola arche come “impero” è in realtà improprio e sarebbe
una traduzione migliore quella di “esercizio del comando”
Subito dopo la battaglia di Micale, il comando militare passa nelle mani degli Ateniesi,
che vivono un periodo di grande entusiasmo rispetto agli Spartani, vacillanti dal
punto di vista politico -il reggente Pausania verrà poi accusato di architettare un colpo di
stato, di essere colluso coi Persiani e nirà murato vivo- e soprattutto sempre più
timorosi del mondo esterno e delle possibili perdite nelle loro la.

La Lega delio-attic
Innanzitutto gli Ateniesi, trovandosi nella zona del Chersoneso -ossia il nord dell’Asia
minore- decidono di legarsi alle città ioniche in una lega basata sulla syngeneia -ossia
la parentela di stirpe- col pretesto di vendicarsi dell’attacco barbarico persiano.

Nel 478/477 viene quindi fondata la Lega delio-attica sotto l’egida di Aristide,
succeduto nelle gerarchie a Temistocle, con questa duplice accezione che riprende il
toponimo dell’Isola di Delo, sulla quale era presente un tempio di Apollo e di Artemide
e che diventa sede delle riunioni e del tesoro della Lega stessa.
N.B. Secondo la leggenda, Delo era il luogo natio dei gli di Latona, madre delle
due divinità in fuga da Era, quindi un luogo di culto panionico.
Tuttavia, questa lega non ha un’organizzazione tradizionale: Atene infatti stabilisce
quali città -400 totali- devono fornire denaro -e quanto-, e quali invece devono
fornire navi da guerra (in particolare le isole di Lesbo, Samo e Chio, de nite “guardiane
dell’impero”). Il denaro -phoros- viene riscosso dalla magistratura degli Ellenotamiai,
magistrati ateniesi.
È quindi una lega che dimostra n da subito la sua gerarchia, sottostante al dominio
di Atene e al suo potere decisionale.

Atene costruisce il suo dominio territoriale attraverso il mare e la otta, arrivando a


dominare tutte le coste e le isole in una progressiva espansione.
La Lega stessa subisce delle modi cazioni nel corso della pentekontetia:
‣ Nasce come symmachia, ossia una lega di città legate dalla stirpe, evolvendosi in
una forma di arche, dove gli alleati diventano sudditi dell’impero ateniese
‣ Fondata su una motivazione antipersiana, progredisce in una motivazione
imperialista e antispartana anche dopo la scon tta dei Persiani nel 469 a.C. a
Eurimedonte e il consolidamento del controllo sulle poleis asiatiche
‣ Da una prospettiva ionica, progredisce in maniera totalizzante e panellenica,
cercando di accorpare tutto il mondo greco a spese di Sparta e i suoi alleati.

Nel 454 a.C. gli Ateniesi scelgono di spostare il tesoro della lega da Delo ad Atene
stessa (conservato nell’Acropoli, nella parte retrostante del Partenone), con il pretesto di
alcuni con itti che si stavano svolgendo tra l’Egitto e Cipro, ma in realtà dimostrando
incoerentemente alle motivazioni originarie la loro supremazia sulla Lega e il
superamento della prospettiva ionica, scoprendo quindi il loro progetto egemone
panellenico.
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N.B. Plutarco commenta come le città ioniche diventano “da alleate che erano,
tributarie e schiave”

Il rapporto con gli alleati si irrigidisce per via dello strapotere ateniese, accompagnato
da una crescente esigenza e rigidità nella riscossione dei tributi.
Tuttavia, gli Ateniesi mantengono i loro appoggi grazie alle garanzie di sicurezza e alle
opportunità di mercato condiviso che o rono; vi è di contro la perdita di autonomia e di
autodeterminazione, ed inoltre lasciare la Lega era impossibile.
Sono giunte a noi le liste delle sessagesime dei tributi -sotto forma di stele,
conservate nell’Acropoli- istituite nel 454, quando Atene decide che 1/60 del tributo
deve passare dalla cassa della Lega a quella cittadina.
N.B. Ogni nome di contribuente è accompagnato dal corrispettivo tributo.
Gli Ellenotamiai erano i cassieri - eletti in numero di 10 ogni anno- incaricati di
riscuotere questo tributo, registrarlo e conteggiare la sessantesima parte sotto il
controllo della boule.

Grazie alle liste epigra che giunte no a noi, sappiamo che gli Ateniesi avevano diviso gli
alleati in 5 distretti e ogni 4 anni venivano inviati alle comunità dei magistrati che
controllavano l’ammontare del tributo in maniera in essibile; il tributo inoltre è in
crescita, arrivando a triplicarsi verso la ne del V sec.
Se qualcuno contestava un tributo, la causa passava per il tribunale ateniese,
organizzato già dal V sec. in maniera tale da essere composto da una giuria popolare
(6000 cittadini sorteggiati ogni anno), con scarsa probabilità quindi di essere favorevole
rispetto alla comunità alleata.

Fin dall’inizio della Pentekontetia Atene si avvia verso la sua storia imperialista, con un
controllo sempre più centralizzato e un depotenziamento delle identità locali (ad
esempio dal punto di vista del culto religioso, dell’uni cazione delle monete).

Verso la guerra del Peloponnes


L’operato di Atene segue in questo periodo precedente alla guerra del Peloponneso 3
direttive:
• Il rapporto con la Persia
• Il rapporto con gli alleati
• Il rapporto con Sparta
Se il rapporto con gli alleati è una sottotrama costantemente accesa da qualche tentativo
di defezione dalla Lega, il rapporto travagliato con la Persia va perdendosi e di pari
passo si accende invece lo scontro con Sparta.

‣ Atene e la Persia
Attraverso una serie di spedizioni guidate da Cimone - glio del vincitore di Maratona,
Milziade- nel nord dell’Egeo, gli Ateniesi ottengono progressivamente il controllo delle
città greche sulla costa dell’Asia Minore.

Dal punto di vista diplomatico, la fase con ittuale si conclude nel 449 a.C. con la pace di
Callia: gli Ateniesi impongono un accordo di massima per il quale il Gran re persiano
rinuncia alla fascia costiera dell’Asia minore per 3 giorni di cavallo, garantendosi un
territorio cruciale nella sua esperienza imperiale.
N.B. Callia è un ateniese, mediatore della pace
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Dopo la pace, la persistenza della Lega sarebbe immotivata per via delle ragioni
belliche che avevano spinto gli Ateniesi a crearla; tuttavia, cambia il suo assetto.
‣ Atene e gli alleati
Dopo la pace, la persistenza della Lega sarebbe immotivata per via delle ragioni
belliche che avevano spinto gli Ateniesi a crearla; tuttavia, cambia il rapporto con le
città alleate: esse non possono lasciare l’alleanza.

Tucidide narra di come quasi da subito (471 a.C., isola di Nasso; 465-63, isola di Taso) vi
siano stati tentativi di defezionare dalla Lega, ed egli stesso commenta l’avvenimento
storico sottolineando chiaramente come venisse a meno il principio di alleanza della
Lega, rovesciato in una schiavitù (doulos)

Atene non combatte solo gli alleati ribelli, ma annette territori con la forza (Caristo),
cerca di fondare delle nuove città (Brea, An poli) e delle colonie militari (chiamate
“cleruchie” e gestite da cittadini ateniesi) e dona acri di terreno straniero a cittadini
ateniesi, allo scopo di allargarsi al di fuori dall’Attica, sperimentando una
colonizzazione sui generis rispetto a quella che era stata praticata in Grecia.

L’atteggiamento di Atene si incrudelisce e peggiora progressivamente, sfociando nel


416 a.C. nell’evento dell’isola di Melo, sottoposta ad Atene ma legata a Sparta per
antica discendenza: a guerra già iniziata, gli Ateniesi chiedono agli isolani di
garantirgli un’alleanza.
N.B. Tucidide nel V libro inscena un dialogo vero e proprio tra i Meli e gli Ateniesi
Gli abitanti di Melo chiedono di rimanere neutrali per non doversi opporre alla loro
discendenza, ma gli Ateniesi teorizzano la necessità della forza nella logica
imperialista. Melo viene quindi rasa al suolo e le sue donne vengono fatte schiave da
Atene.

‣ Atene e Sparta
Nel 461 a.C. accade un avvenimento cruciale per lo sviluppo della politica ateniese, sia
interna che estera, ossia lo scoppio della “prima” guerra del Peloponneso, ossia di un
antecedente militare signi cativo che coinvolge le due poleis.

Ad Atene in quel periodo governava Cimone, glio di Milziade, che aveva guidato Atene
sul fronte Egeo, ottenendo molte vittorie e interpretando al meglio la prima fase
dell’esperienza ateniese con una politica antipersiana e lospartana, anche a livello
personale.
Tuttavia, nel 464 a.C. un terremoto colpisce Sparta e agevola una ribellione degli Iloti
e dei Messeni -schiavi degli Spartani- che si arroccano sul monte Itome.
Gli Spartani chiedono aiuto ad Atene e Cimone manda un contingente, a riprova dei buoni
rapporti che correvano tra le due città.

L’incrinatura che si veri ca è di tipo ideologico, non contingente: gli Spartani


percepiscono gli Ateniesi come pericolosi in quanto portatori della novità politica,
della democrazia, che era un tipo di governo totalmente all’opposto rispetto a quello
spartano.
Gli Spartani vedono quindi con sospetto questa tendenza e congedano Cimone e il suo
contingente.
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Al suo ritorno in patria nel 461 a.C. vi sono diverse reazioni, che coinvolgono Cimone
stesso in prima persona:
• Ostracismo di Cimone
Le tendenze politiche di Cimone vengono percepite come già superate ed egli viene
estromesso dalla scena politica -e da Atene- dai suoi avversari politici, tra cui E alte.
• Alleanze democratiche
Atene stringe alleanze con altre città come Argo, Tessali, Megara, il tutto con funzione
antispartana.
• Riforma di E alte
Questa riforma chiude l’esperienza della democrazia moderata di stampo clistenico,
aprendo ad una nuova democrazia ateniese.

Dal 461 (e no al 446) si assiste quindi a questa “prima guerra”, ossia una fase di
con ittualità crescente in cui Atene e Sparta si confrontano indirettamente
attraverso i loro alleati o attraverso azioni marginali (spedizioni navali nel
Peloponneso, con itti per il controllo della Beozia e di Tebe, piccole incursioni per
mare).
Nel 446 a.C. Atene vive un periodo di possibile crisi: perde contro Tebe, l’Eubea si
ribella e Sparta ne appro tta; tuttavia, grazie alla corruzione di Pericle nei confronti del re
spartano, l’esercito lacedemone si ritira.

La democrazia ad Aten
Nel V sec. la realtà ateniese è ambivalente: da un lato un impero in crescita, e erato,
inarrestabile e protetto economicamente da una serie di alleanze/sudditanze redditizie,
dall’altro una città democratica, progressista ed esemplare rispetto al pensiero
politico della storia dell’umanità; queste due valenze sono però in realtà molto
prossime, tanto che il loro coesistere è necessario alla sopravvivenza delle stesse.

La macchina democratica ateniese funziona in maniera lineare e leggibile attraverso i


prescritti dei decreti.
L’espressione u ciale della politica è il decreto (letteralmente “ciò che è stato votato), il
quale è strutturato secondo uno schema pre ssato e per essere tale incomincia con la
formula “Edoxe te boule kai to demo”, ossia “hanno deciso la boule e il demo”, ad
indicare l’iter istituzionale.

In primis, nel 461 a.C. con la riforma di E alte si attua una svolta verso una “democrazia
radicale”, massima espressione di se stessa.
Essa consiste in un totale depotenziamento dell’Areopago, che ancora coesisteva
con le nuove istituzioni clisteniche (Consiglio dei 500, assemblea popolare, tribunali), e
che ora assorbono le sue prerogative.
Agli arconti rimane solo la prerogativa di presiedere in tribunale, mentre l’Areopago
rimane funzionante come tribunale relativo a fatti di sangue.
N.B. La giustizia rimane un aspetto delicato nel mondo greco, assegnato
all’Areopago. Inoltre, il V sec. vede una grandissima produzione teatrale ad
Atene. Il teatro non è solo luogo di divertimento, ma ha anche infatti un livello
di fruizione politica; ad esempio negli anni ’60 viene rappresentata la tetralogia
“L’Orestiade” di Eschilo.
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L’età di Pericl
La democrazia quindi assume alcune caratteristiche teorizzate anche nella storiogra a; ad
esempio Erodoto scrive che:
‣ le magistrature erano estratte a sorte annualmente -secondo un criterio
estremamente egualitario e democratico
‣ le decisioni prese in collegio in assemblee mensili
‣ tutte le cariche dovevano rendere conto dell’operato attraverso esami iniziali e
nali.
! Il cambiamento annuale delle cariche e la collegialità sono preventivi di eccessivi
accumuli di potere, ma segnalano il basso grado di professionalizzazione, ossia non
sono necessarie delle qualità speci che per entrare nella sfera politica, inoltre, il ricambio
frequente corrisponde anche ad un rischio di instabilità politica.

La gura di Pericle emerge in questo periodo e spiega tuttavia questo pericolo in


maniera esemplare: l’unica carica elettiva, reiterabile e destinata ai ceti più alti è la
magistratura della strategia, che nei fatti era la magistratura che dava una
progettualità e una lungimiranza alla politica ateniese, permettendo di dare una
direzione e una continuità all’operato politico -ad esempio Pericle rimarrà in carica 15
anni.

Tucidide descrive Pericle come un uomo carismatico, potente per dignità e senno,
incorruttibile per denaro -apparteneva alla famiglia più abbiente di Atene, glio di
Santippo-, che conduceva il popolo e da esso era condotto con grande equilibrio,
interpretandone e modi candone gli umori.
Tucidide sottolinea inoltre il primo paradosso della democrazia ateniese, a ermando
come ci fosse una democrazia, ma di fatto anche un potere unico del primo
cittadino, Pericle.

Innanzitutto, Pericle promulga la norma dell’indennità: l’attività politica da semplice


prerogativa del cittadino, diventa una professione retribuita ed ambita (a partire dai
tribunali), tanto che di questa situazione ne appro ttano i teti e il demos urbano.
N.B. Aristotele scrive che Atene sotto Pericle vede un’espansione ulteriore della
democrazia e allo stesso tempo un’espansione territoriale sul mare, tuttavia
viene istituita anche una retribuzione per i giudici, che comporta una competizione
spietata e una corruzione crescente per accaparrarsi la magistratura.
Con questa riforma, cade l’impalcatura aristocratica per cui solo coloro che potevano
permettersi di non lavorare potevano invece dedicarsi alla politica.

Attraverso il phoros delle città alleate si nanzia quindi la politica ateniese, ma sotto
Pericle si assiste anche a quel grandioso periodo di migliorie pubbliche e di
costruzione di grandi monumenti e infrastrutture per la città di Atene e il suo porto, a
partire dall’Acropoli danneggiata dai Persiani.
Per Plutarco, sotto Pericle Atene era un cantiere continuo, continuamente in
miglioramento. Sempre per Plutarco, Pericle fu anche il primo a distribuire le terre
conquistate e permettere l’accesso agli spettacoli teatrali anche alle masse
popolari.
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! Tutte queste spese di mantenimento -di persone e strutture- sono gestibili solo
attraverso i fondi imperiali della Lega delio-attica, che era alla base della potenza
economica e dell’occupazione dei ceti bassi inurbati.
Il consenso popolare è quindi favorevole e propulsore dell’imperialismo, poiché
essere cittadino ateniese garantisce alcuni privilegi economici.

Per questo motivo nel 451 a.C. Pericle promulga una norma sulla cittadinanza (con
valore anche retroattivo): stabilisce come prerogativa del cittadino ateniese l’avere
due genitori cittadini ateniesi a loro volta, fatto che veniva veri cato oralmente se si
aspirava ad accedere ad una carica pubblica.
Vi è quindi un’evoluzione democratica anche in senso opposto, con una chiusura
rispetto alla platea di abitanti che ambivano la cittadinanza, quindi una maggiore
esclusività e aristocraticità del corpus cittadino, per via dell’aumento dei privilegi.

L’appartenenza al corpus cittadino o re quindi svariati privilegi, in cambio ovviamente di


altre mansioni.
Ad esempio, al Louvre di Parigi è conservata una stele che presenta la lista dei caduti
di un certo anno (forse il 458 a.C.) e che permette di capire varie cose:
- In primis, che Atene è impegnata permanentemente sui fronti militari, anche in
questo periodo di apparente pace.
- In secondo luogo, che ogni anno vengono stilate liste epigra che -una per tribù-
con i relativi caduti in battaglia
N.B. Atene inoltre istituisce una nuova modalità di sepoltura, secondo la quale i
resti dei caduti erano bruciati sul campo di battaglia ma poi riportati in patria
per fare parte di una grande cerimonia funebre.

Sulla stele della tribù Eretteide di quell’anno, i nomi dei caduti non presentano il
patronimico; questo per simboleggiare che i giovani caduti sono caduti per Atene, non
per la loro famiglia, e vengono quindi ricordati per l’appartenenza alla tribù, alla città.
Allo stesso modo, i resti dei caduti sono seppelliti in fosse comuni, una per tribù.

Per Tucidide quindi, la guerra del Peloponneso è inevitabile per via dell’inarrestabile
egemonia ateniese, che provoca la paura degli Spartani; allo stesso tempo però vi è
anche una spropositata capacità economica ateniese, sulla base della quale Atene
entra in guerra.
Nel II libro infatti Tucidide parla dell’opinione pubblica rispetto alla guerra e di come
Pericle tenga un discorso di fronte agli Ateniesi in cui enumera le entrate dell’Impero
ateniese per enfatizzarne l’immagine.
N.B. Per alcuni storici, il Partenone aveva anche la funzione di deposito delle
ricchezze, per via della mancanza dell’altare sacri cale.
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EXCURSUS
Il teatro del V sec.
Nell’età classica oriscono in maniera esponenziale le arti, in particolare il teatro, che
vede tra i suoi massimi esponenti in quel periodo Eschilo, Sofocle, Euripide e il
commediografo Aristofane.
Del loro operato ci rimane ben poco, anche per quanto riguardava rappresentazione
scenica e musicale: si sa che gli attori erano maschi e portavano maschere,
scandendo la dizione molto lentamente e con voce stentorea.

L’attività teatrale ad Atene era protetta dallo Stato e largamente sostenuta da esso,
così che le commedie e le tragedie inscenate erano sottoposte ad una selezione
cittadina e in ne inserite in celebrazioni religiose che erano però a tutti gli e etti
anche competizioni artistiche.

Le rappresentazioni -prima senza repliche poi replicate nella memoria dei fasti-
avevano una partecipazione popolare altissima -ad esempio il teatro di Dioniso aveva
no a 15 mila posti-, così che spesso era lo Stato stesso a sovvenzionare i biglietti
degli spettacoli.

L’importanza del teatro è sfaccettata:


• La commedia permette la ridicolizzazione di personaggi pubblici e politici, ma al
contempo permette delle ra nate e argute ri essioni sui temi caldi del momento,
oppure costruisce mondi alternativi che comunque richiamano alla realtà della polis
• La tragedia ripercorre le orme della mitologia, presentando storie già ben note
alla comunità, incentrando il suo signi cato nella modalità rappresentativa più che
nella trama, permettendo l’emergere diretto della democrazia sulla scena e
ponendo i cittadini in ri essione rispetto a tematiche sociali di grande respiro e
fondanti per la cultura comunitaria -il problema della giustizia, il rapporto con l’altro,
la giusta forma di governo, il rispetto della tradizione e delle usanze religiose-

La so stic
Nel corso del V sec. a.C. fanno la loro comparsa ad Atene anche dei “maestri di sapere”, i
so sti.
Essi provenivano da ogni parte del mondo greco e si impegnavano nella di usione e
nell’insegnamento delle discipline più disparate -tra cui spiccano la retorica e la
dialettica-, accomunati solo dall’atteggiamento critico verso il sapere tradizionale e
dai pagamenti che chiedevano in cambio del loro sapere.

Insegnando l’arte del parlare e del prevalere nel dibattito -centrali nella partecipazione
alla vita comunitaria e nella sfera politica della polis- essi permisero ad un notevole
numero di persone di s dare il predominio culturale aristocratico, democratizzando
-non in termini economici, ma concettualmente, demolendo l’idea di un sapere
associabile all’estrazione dell’individuo- la cultura.

Ritenuti pericolosi dalla comunità aristocratica e giudicati negativamente per la loro


richiesta di retribuzione, i so sti trovano il loro epilogo nella condanna a morte nel 501
a.C. del più famoso tra essi, Socrate, condannato per reati d’opinione con l’accusa di
corrompere le menti dei giovani.
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LA GUERRA DEL PELOPONNESO
Premess
La guerra del Peloponneso rappresenta l’evento di cesura tra un determinato mondo
greco e quello che si avrà poi nell’Ellenismo.
Questo con itto coinvolge tutto il mondo greco, sconvolgendolo nella sua interezza,
tanto che già storici antichi come Tucidide ne sottolineano l’importanza e la pregnanza
rispetto ad altri con itti.
N.B. La guerra è importante sia per l’interpretazione forte di Tucidide, sia grazie
alla sua e ettiva importanza.
È inoltre bene ricordare che Tucidide interrompe la narrazione al 411 a.C.,
sebbene la guerra copra un lasso di tempo dal 431 al 404 a.C.
Senofonte sarà colui che racconterà la ne della guerra.

La guerra si polarizza -nella visione di Tucidide- attraverso una crescente di erenza tra le
strutture politiche e istituzionali degli Ateniesi e degli Spartani, tanto che si arriva a
vedere il periodo di pace della Pentekontetia come in realtà una fase preparatoria e
di addestramento alla guerra.

La guerra viene narrata da Tucidide per estati e per inverni, ossia attraverso le modalità
militari tipiche.

Le cause e i prodromi
Tucidide dedica alle cause del con itto un libro intero tra gli 8 complessivi, cercando
di sovrapporre -almeno in maniera ttizia, nella convinzione dei lettori- l’inizio del con itto
con l’inizio della sua stesura.
N.B. Vari indizi (la durata complessiva,..) indicano che Tucidide ha vissuto oltre la
ne della guerra, ma non è stato in grado di dare una forma ai suoi appunti.
La prospettiva teleologica di Tucidide infatti emerge nella narrazione attraverso la
consapevolezza della rovina di Atene.

Il primo libro di Tucidide precede la narrazione e ettiva della guerra ed è sostenuto da


una sottotrama coerente legata alle cause della guerra, ponendosi come riferimento
esemplare rispetto alla ri essione della fenomenologia degli eventi.

A lungo si è sostenuto che Tucidide distinguesse tra cause e pretesti, quindi tra cause
e ettive e cause ttizie; tuttavia, oggi si preferisce includere nel sistema delle cause
anche quelle cause più super ciali ed evidenti.

In particolare il libro è così strutturato:


‣ Archaiologia (capitoli 2-19): ossia la narrazione degli eventi del passato,
raccontando la storia del mondo greco attraverso un focus sulle talassocrazie -le
grandi potenze marittime-, evidenziando come il controllo sul mare sia un fattore di
cambiamento e di dinamismo.
‣ Capitoli 24-55 e 56-66: ossia la narrazione delle cause vicine, i cosiddetti pretesti
come ad esempio lo scontro tra Corinto e la colonia Corcira.
‣ Capitoli 89-118: ossia la narrazione della pentekontetia e della creazione
dell’impero ateniese, in funzione della crescita dell’arche ateniese.
‣ Capitoli 119-125 e 139: incontro tra i rappresentanti dei due schieramenti e trattative
diplomatiche.
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Le cause manifeste: Corcira, Potidea, Megar
Le cause manifeste -subito precedenti allo scoppio del 431 a.C.- sono legate a tre luoghi
accomunati dalla presenza di Corinto: Corcira, Potidea e Megara.
Se le prime due sono colonie, la terza è una città posizionata nei pressi dell’Istmo.
N.B. Bisogna ricordare che Corinto aderisce alla Lega peloponnesiaca di
Sparta e soprattutto costituisce la forza militare navale della Lega stessa,
tradizionalmente abituata a combattere via terra.

Atene si inserisce nella politica di queste 3 città, disturbando l’operato di Corinto al


ne di rompere alcuni equilibri all’interno del controllo dell’Egeo:
‣ Corcira deteneva una delle otte più corpose della Grecia. Atene tenta di
stipulare un’alleanza ma il tutto sfocia in una battaglia in mare, vinta dai Corinzi.
‣ Potidea è nella Penisola calcidica e costituiva un punto strategico rispetto al
controllo della Tracia e delle rotte verso il Mar Nero. Era tuttavia membro della Lega
Delio-attica, e Atene forza la mano alzando i tributi e chiedendo l’espulsione
delle gure istituzionali corinzie, no ad assediare la città.
‣ Megara, alleata di Corinto e Sparta, vede Atene imporle dei divieti assurdi che ne
intaccano l’economia commerciale e marittima.
La posizione di Corinto e degli alleati di Sparta si instaura quindi n da subito in
antagonismo ad Atene e a favore del con itto, al ne di contrastare l’avanzata della
talassocrazia ateniese che li colpiva direttamente.

Lo scoppio della guerr


Alla ne il con itto scoppia nel 431 a.C. -nonostante la pace trentennale rmata tra
Atene e Sparta nel 446 a.C.-, nendo nel 404 a.C. attraverso alcune fasi:
✦ Guerra archidamica (431-421 a.C.), dal nome del re spartano Archidamo, conclusasi
con la Pace di Nicia del 421, dal nome del generale ateniese.
N.B. Tucidide precisa che questa pace è solo ttizia, poichè le condizioni di
con ittualità perdurano
✦ Spedizione ateniese in Sicilia (415-413 a.C.)
✦ Guerra deceleica o ionica (413/411-404 a.C.), dal nome degli alleati ionici che
defezionano dalla Lega

I due fronti militari-ideologici sono costituiti da:


‣ Sparta (oligarchica e dorica), coadiuvata dal Peloponneso e gran parte della Grecia
centrale
‣ Atene (democratica e ionica), coadiuvata da poche forze terrestri ma da quasi tutte
le isole Cicladi e le poleis della Tracia e dell’Asia Minore
‣ Un fronte neutrale, costituito da Argo, Megara e Tebe

Dal punto di vista bellico, la guerra fu una guerra totale e spesso di logoramento, con
poche battaglie campali e molti eventi episodici, rendendo il con itto molto complesso
anche in termini di equilibri e di alleanze.
Nel 404 a.C., con la scon tta ateniese si assiste inevitabilmente al crollo del sistema
talassocratico e quindi alla ne dell’Impero, l’abbattimento delle Lunghe Mura e un
periodo di profonda crisi anche delle istituzioni democratiche.
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La guerra archidamica
Questo con itto dura 10 anni dal 431 al 421 a.C. e presenta alcune conservazioni e
alcune novità rispetto al con itto.

Gli Spartani e i loro alleati combattevano in maniera tradizionale, potendo contare su


una forza militare terrestre senza eguali che trovava il suo cardine nella disciplina
ferrea degli opliti spartani. La modalità spartana fu quindi quella di invadere l’Attica
per ben 5 volte (431,430, 428,427,425 a.C.)
La risposta bellica ateniese fu invece frutto di una strategia originale, elaborata da
Pericle: barricarsi entro le Lunghe Mura, grandi mura di collegamento forti cato
costruite negli anni ‘40 tra Atene e il Pireo, abbandonando quindi le proprie terre e
fondando gli approvvigionamenti sulle rotte marine da loro controllate e
improvvisando gli attacchi con sbarchi a sorpresa.
N.B. Questo gesto susciterà non poche polemiche, tanto che i detrattori della
politica di Pericle saranno chiamati “Acarnesi”, dal nome degli abitanti di
Acarne, demos rurale di Atene, i quali volevano proteggere il territorio dell’Attica.
Vi è una commedia analoga di Aristofane, teatrante in opposizione rispetto alla
corrente democratica.

Atene diventa quindi una metropoli ammassata, racchiudendo in sè tutta la


popolazione dell’Attica anche in rifugi improvvisati.
N.B. L’abbandono della terra manifesta invece l’attaccamento di Atene
rispetto al sistema di valori dell’Impero e dell’urbanità; si abbandonano quindi i
valori legati alla terra.
Il fulcro di questa guerra è però rappresentato da un evento collaterale allo scontro
bellico, ossia un’epidemia di peste che colpisce Atene nel 429 a.C. e la massacra per
due anni.
Questo rappresenta una svolta in un con itto voluto fortemente da Pericle,
fermamente convinto delle potenzialità economiche, strategiche e belliche di Atene,
frutto di anni di investimento e di progettualità, tanto che per Tucidide essa sarà
l’imprevisto che segna l’inizio della ne di Atene, portandola rovinosamente su una
lunga scia di errori dalla quale uscirà al termine della guerra da scon tta.

Si discute sulla natura della peste, riconoscendone una malattia respiratoria con
contagio veloce e con sintomi sparsi.
L’epidemia però provoca alcune conseguenze rovinose, dovute anche alle scelte di
Pericle: la peste si di onde vertiginosamente tra gli accampamenti malsani e
improvvisati stretti tra le Lunghe Mura, provocando numerose perdite tra cui la morte
dello stesso Pericle, la quale spezza l’equilibrio ateniese e ha a sua volta numerose
conseguenze.

Tucidide -a sua volta contagiato e guarito- racconta la disgregazione del vivere civile
dall’interno, dovuta all’epidemia e alla rottura dell’equilibrio politico: la peste porta alla
ne della convivialità e dei valori comunitari, alla ne delle pratiche di inumazione -i
morti sono bruciati in maniera casuale- e quindi al crollo delle istituzioni democratiche
e dell’equilibrio tra demos e Impero, prima retto dalla gura catalizzatrice di Pericle.
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Con la morte di Pericle si arriva quindi al deterioramento della democrazia, poichè
Atene perde una guida di riferimento e vive un periodo di lotte intestine per il potere,
dove gli esponenti di spicco tentano di accaparrarsi il potere a dando le redini dello
Stato al demos, per ingraziarselo -rompendo quindi quella logica del conducente/
condotto che Pericle invece incarnava.

L’uomo che emerge fra i vari di questo periodo è Cleone, intereprete spregiudicato ma
progressista della democrazia imperiale ateniese, compromesso però
irrimediabilmente dalla ra gurazione che ne ha dato la tendenza conservatrice dello
Stato ateniese.
N.B. Viene ra gurato come un popolano rozzo e per niente istruito, quindi
ovviamente inviso all’aristocrazia cittadina poichè simbolo del potere al popolo.
Cleone deve gestire una fase cruciale del rapporto con gli alleati: negli anni ’20 si vota a
favore di un decreto di Tudippo -esponente della cerchia di Cleone- con il quale si
alza la somma del tributo dovuto dagli alleati e si alza anche la paga dei giudici.

I fatti di Sfacteri
Se quindi il progetto di Pericle era improntato al mantenimento e ra orzamento
dell’impero, con Cleone e i suoi successori si tenta di forzare i con ni dell’Impero,
spingendosi verso nord e verso ovest.
Questa nuova espansione ateniese trova un nodo nei fatti di Sfacteria, una lunga isola
in Messenia, nel cuore del Peloponneso, che racchiude una baia.

Gli Ateniesi mandano una prima spedizione nel 427 a.C. verso la Magna Grecia, sotto
il comando di Demostene. La spedizione, navigando sottocosta, si ferma
improvvisamente in Messenia, provocando la reazione dei Peloponnesiaci, che
circondano gli Ateniesi e cercano di costringerli alla resa.
Gli Ateniesi allora circondano dal fuori l’isola, controllandone anche le vicine coste
del Peloponneso, mentre gli Spartani occupano l’isola direttamente, instaurando quindi
un duplice assedio che non vede nessuno dei due fronti cedere.

Con l’arrivo dell’inverno e la necessità di svernare le truppe in patria, il dibattito ad


Atene tra le due correnti di pensiero di accende:
- Un lone, già contrario all’attacco contro gli Spartani, è favorevole al ritiro
- Un altro lone vede in questa situazione un’occasione per portare la guerra nel
territorio peloponnesiaco, ricambiando lo sgarro delle truppe spartane
N.B. Gli Spartani avevano invaso per più anni l’Attica, il che comportava una
perdita dei raccolti e di altre materie prime.

La corrente conservatrice decide di mandare Cleone a risolvere la situazione, fautore


della logica aggressiva, convinta del cattivo esito dell’impresa militare e quindi propensa
a sacri care lo scomodo personaggio. Cleone tuttavia riesce a conquistare l’isola di
Sfacteria e tiene ostaggio centinaia di spartiati, risolvendo la situazione a suo favore e
detenendo dei prigionieri politici di grande valore.
La strategia vincente e rivoluzionaria di Cleone gli è permessa dalla conformazione
di Sfacteria, isola lunga e boscosa, poco praticabile quindi per schierare le falangi
oplitiche spartane, mentre adatta a una guerra episodica, fatta di imboscate e attacchi
degli arcieri.
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Questo maniera di combattere è però totalmente all’opposto rispetto ai valori della
grecità (basti pensare che sono generalmente i barbari, i Persiani, ad essere ra gurati
come arcieri) e questo segna il crollo delle usanze belliche adottate n lì, ambo i lati.
ES. Generalmente erano i cittadini a combattere, mentre ora Sparta inizia a servirsi
anche dei perieci e di mercenari.

Cleone torna ad Atene da eroe e con un bottino, ma il con itto di sposta in Tracia, nel
nord della Grecia, precisamente ad An poli.
An poli, colonia ateniese, si trova nella penisola Calcidica, un’area molto cara ad
Atene in quanto vi si trovano numerosi possedimenti aristocratici e numerose risorse
(miniere d’argento, legname, vie d’accesso uviale verso l’interno, vie marittime verso il
Mar Nero).
N.B. Lo stesso Tucidide viene mandato come stratego in quell’area, poichè la
sua famiglia aveva dei possedimenti in questa zona. Tuttavia, egli contribuisce
alla disfatta ateniese, venendo poi punito con l’esilio.
I Peloponnesiaci quindi -sotto la guida di Brasida- si muovono verso la Tracia con
l’esercito, uscendo dai loro territori e abbandonando il Peloponneso.

Lo scontro avviene alle porte di An poli e rappresenta simbolicamente lo scontro tra le


due novità individuali delle città -Cleone e Brasida, entrambi morti in battaglia.
Gli Spartani vincono e svolgono un rito di rifondazione, per rendere la città spartana,
ma le due città si accordano per una pace, ossia la Pace di Nicia del 421 a.C. Nicia,
politico ateniese legato al modello di Pericle, stila questa pace ttizia e non risolutiva della
belligeranza.

La spedizione in Sicili
Tucidide dedica due libri alla spedizione e reputa questa spedizione fallimentare non
tanto nel calcolo, bensì per:
‣ Mancanza di mezzi su cienti alle truppe in partenza
‣ Dissidi interni nella politica ateniese

L’espansione ateniese verso Occidente si concretizza tra gli anni ’30 e gli anni ’20, ma
la prima spedizione (iniziata nel 427 e terminata nel 424 a.C.) non dà alcun esito
poichè gli Ateniesi arrivano con poche navi e trovano la resistenza degli abitanti
indigeni, riunitisi in congresso a Gela nel 424 a.C. per opporsi all’invasione ateniese.

Una seconda spedizione si ha nel 415 a.C., passando per Corcira, e comportava un
lungo viaggio (senza un ritorno invernale), un adeguato approvvigionamento e una
garanzia di alleanze e punti di appoggio per i rifornimenti.
N.B. Questo avrebbe segnato un’enorme espansione per Atene, che avrebbe
potuto inserirsi nei mercati occidentali e controllare mar Ionio e mar Tirreno, con
opportuni accordi con la potenza cartaginese.
Atene cerca quindi di appropriarsi di quel mondo greco di colonie -di cui Atene non
faceva parte, dato che non ne aveva fondata nemmeno una- che si era sviluppato
oridamente, per usarlo come trampolino di lancio verso ovest.

Atene cerca di sfruttare preventivamente i suoi mezzi diplomatici e militari per espandersi,
inserendosi nelle con ittualità locali al ne di trarne un vantaggio grazie ad una tta
tessitura di contatti nel Mediterraneo.
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Si cerca quindi di inserirsi in:
- In Sicilia occidentale, a Selinunte (colonia di Megara), in contrasto con Segesta
(città indigena) per alcuni con ni territoriali
- In Sicilia centro-meridionale, a Siracusa (colonia di Corinto), in contrasto con
Leontini per via dell’aggressività dei siracusani

Atene stipula allora dei trattati con Segesta, Leontini e Reggio, imbastendo questa
alleanza sempre sulla motivazione della stirpe ionica, in questa pratica
propagandistica riattivata al bisogno da Atene.
Allo stesso tempo, si pone una prospettiva ideologica antidorica: gli Spartani sono
nemici ateniesi, come i dori Siracusani sono nemici di Leontini.
N.B. Questi trattati sono risalenti al 433/432 a.C., quindi ancora nel periodo di
Pericle, e giungono a noi attraverso dei ritrovamenti epigra ci che sottolineano
l’intensità degli scambi e l’e cienza della macchina diplomatica ateniese.
Solo con Segesta si arriva ad un trattato posteriore, nel 418 a.C.

Nel 416 a.C. Atene invia degli ambasciatori a Segesta -una città indigena dall’aspetto
greco-, i quali vengono tratti in inganno dall’apparente ricchezza cittadina che i locali
propongono loro.
Nel 415 a.C. -come ricorda Tucidide- si fronteggiano in assemblea Nicia e Alcibiade:
• Nicia continua il lone di pensiero Pericle, prudente, volto al miglioramento dei
territori e delle istituzioni -e ad un maggior sfruttamento della Lega delio-attica-
piuttosto che a una nuova espansione.
• Alcibiade rappresenta la nuova corrente cittadina, audace e propositiva rispetto
all’espansione continua, a oltranza.

Vince la corrente di Alcibiade e cresce in città il fervore e l’aspettativa rivolta verso


questa campagna, che viene narrata da Tucidide con grande pathos.
La spedizione ateniese tuttavia deve fronteggiare n da subito vari fronti del suo
fallimento, dalla mancanza di alleanze pro cue e di risorse su cienti no agli scontri
con la potenza di Siracusa.

Siracusa, colonia di Corinto governata dai tiranni e dotata di una otta greca senza pari
nell’Occidente, era la città egemone in Sicilia e stava vivendo un periodo orido e di
espansione territoriale.
Siracusa, attraverso l’aiuto di Sparta e del generale spartano Gilippo, nel 413 a.C.
stermina Nicia e l’esercito ateniese inviato nella spedizione, vendendo o sfruttando i
restanti come schiavi.
Atene perde quindi la speranza e la prospettiva di crescita e di espansione, oltre che
moltissimi uomini e risorse, in una catastrofe prevedibile.

La guerra deceleica o ionica


L’ultima fase della guerra vede Alcibiade avere un ruolo principale: l’ex stratego
ateniese era stato accusato di blasfemia ed era fuggito, rifugiandosi a Sparta, dove
aveva tradito Atene e consigliato l’invio di forze armate a Siracusa e di occupare
l’Attica in un luogo strategico, Decelea, per osteggiare i rifornimenti agrari di Atene e le
sue vie di comunicazione.
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! Alcibiade ritorna poi ad Atene, per poi ritornare tra le la degli Spartani e in ne morire in
Persia.
La sua gura controversa è stata cruciale nella guerra, ma a livello ideologico
simboleggia anche una predisposizione del mondo greco verso l’emergere delle
individualità eccezionale, del condottiero, verso la perdita della collettività e della
comunità cittadina, e quindi verso le fortune di grandi gure come Filippo il Macedone e
Alessandro Magno.

Il con itto si apre nel 413 a.C. con la presa di Decelea, località tra l’Attica e la Beozia,
dove si trovava una fortezza fondamentale per il collegamento con l’Eubea e quindi
fondamentale in fatto di uomini -cleruchi, coloni militari- e grano.
Simultaneamente alla disfatta siciliana quindi, gli Ateniesi ricevono un’altra dura
scon tta a Decelea da parte degli Spartani.

Le ultime fasi della guerra sono sintetizzate da Tucidide e raccontate in maniera più
puntuale da Senofonte, che ne continua l’operato secondo sempre quella logica della
catena storiogra ca.
In questa fase, Sparta esce dal suo isolamento, dotandosi di una otta e di una
moneta propria, decidendo di combattere Atene sullo stesso piano.
Allo stesso tempo, la Persia ricompare sullo scenario per appro ttare della
debolezza di Atene, aiutando Sparta -grazie ad Alcibiade, doppiogiochista e
informatore dei Persiani- per recuperare i territori dell’Asia Minore; al contempo si assiste
ad una rapido defezionamento degli alleati ionici di Atene, non più repressi dalla
potenza imperiale.

Atene, assediata su più fronti, indebolita nelle alleanze e nelle risorse, riesce
comunque a contrastare gli Spartani, marinai inesperti, e restaurare la democrazia,
reinserendo addirittura la gura di Alcibiade nelle istituzioni.
Tuttavia nel 405 a.C., Lisandro guida gli Spartani e distrugge la otta ateniese,
rati cando la vittoria spartana del con itto con la presa di Atene del 404 a.C., ultimo
evento del con itto, demolendo le Lunghe Mura ma risparmiando Atene per il suo
ruolo nelle guerre persiane.

La guerra del Peloponneso è quindi una svolta da ogni punto di vista:


‣ Dal punto di vista militare, poichè entra in crisi la gura del cittadino-oplita e si
apre all’esperienza della otta e dei mercenari
‣ Dal punto di vista socio-economico, poichè la Grecia subisce un calo
demogra co, un impoverimento generale; a Sparta inoltre cambia il rapporto tra
cittadini e ricchezze.
‣ Dal punto di vista dei rapporti intestatali, poichè Atene perde il suo impero,
mentre Sparta diventa la potenza egemone in Grecia per i successivi 30 anni, oltre
ad un signi cativo inserimento della Persia nelle con ittualità tra Greci.
‣ Dal punto di vista della politica interna, poichè dopo la fase dei Trenta tiranni, Atene
tenta di rifondare una democrazia moderata. Nel 411 a.C. vi era stata una prima
rivoluzione oligarchica, giudicata positivamente e quindi primo propulsore del
recupero della democrazia precedente alla fase radicale. Atene mette quindi in
discussione il suo assetto politico, prima con il periodo dei Trenta tiranni e poi con
quella politeia tipica del IV sec.
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Contro la democrazia ad Aten
L’opposizione oligarchica alla democrazia ateniese -poco fruttuosa per gli interessi dei
più ricchi- rimane indirettamente espressa dall’abbandono della vita politica e della
vita pubblica, mentre il malcontento cresce nelle eterìe (esclusivi club di aristocratici);
tuttavia, solo in due occasioni questa opposizione si manifesta dichiaratamente nei fatti:

✤ Rivoluzione del 411


Dopo la disfatta della spedizione in Sicilia, gli esponenti dell’oligarchia e i fautori di un
ritorno alla democrazia “oplitica” si uniscono per organizzare un colpo di stato, guidato
dall’oligarca Antifonte.
Nel 411 a.C. l’assemblea popolare viene quindi costretta con la forza a votare la sua
stessa cessazione dei poteri, facendo passare il governo nelle mani di 400 cittadini
scelti dall’oligarchia.
Inoltre, furono abolite le retribuzioni delle cariche pubbliche e la cittadinanza fu
limitata a 5000 cittadini -come sarà anche dopo; tuttavia dopo soli 4 mesi il governo
oligarchico fu rovesciato e fu istituito nuovamente un regime democratico moderato.

✤ I Trenta Tiranni
Dopo la ne della guerra del Peloponneso, sebbene il trattato di pace non ne parli,
Atene è indotta ad adottare un sistema di governo oligarchico, in linea con quello della
vincitrice Sparta.
Nel 404 a.C. quindi furono scelti 30 oligarchi -tra cui Crizia e Teramene- per redigere
una nuova costituzione.
Se però Teramene è favorevole ad una democrazia oplitica e allargata, Crizia è invece
profondamente avverso all’esperienza democratica e limita la cerchia dei cittadini a
3000 unità circa, perseguitando i restanti esclusi e anche i ricchi meteci -ossia gli
stranieri che vivevano e facevano fortuna ad Atene.
N.B. Anche Teramene è costretto al suicidio
Si instaura quindi un potere tirannico -dei Trenta Tiranni appunto- retto da Crizia e i
suoi sostenitori.
Tuttavia, Trasibulo torna dell’esilio tebano e ripristina la democrazia, anche per via del
mancato appoggio spartano nei confronti del regime tirannico.
Viene concessa un’amnistia a tutti coloro che avevano partecipato al regime, tranne
ovviamente ai Trenta e a pochi altri stretti, che vengono uccisi sul campo -come Crizia-
o giudicati a posteriori.
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IL PRECARIO DOMINIO SPARTANO


Negli anni successivi alla disfatta ateniese e all’instaurarsi dell’egemonia spartana, non si
placarono gli scontri tra le poleis, intervallati da periodi di tregua non risolutivi.
N.B. Il ricorso continuo alla guerra era una pratica comune alle poleis, che la
utilizzavano come strumento risolutivo di controversie interstatali -e spesso anche
intrastatali, tra fazioni.

L’egemonia spartana era tuttavia pericolante e instabile per una serie di motivi:
✴ Mancanza di uomini e tensioni intestine: gli spartiti erano pochi (circa 3000) e non
potevano assolvere -psicologicamente e culturalmente, da sempre chiusi- il
compito egemonico che gli era a dato; inoltre, la compattezza della classe
dirigente spartana, fondata sul rispetto dei valori, era stata intaccata dalla
necessità di sparpagliarne i comandanti per l’Egeo e dall’improvviso a usso di
denaro, mezzo di corruzione dello spirito.
N.B. Tuttavia, Lisandro, vincitore degli Ateniesi, fu in grado di organizzare
l’egemonia spartana, installando nelle città delle guarnigioni capeggiate da
armosti a sostegno di governi oligarchici

✴ Tensioni sociali e dinastiche: in primis, un tentativo di rivolta -sventato- capeggiato


da Cinadone, spartiata decaduto; poi, instaurazione del regno di Agesilao, re
tradizionalista e incapace di sventare la decadenza spartana.

✴ Tensioni estere: con la Persia, la quale aveva fornito aiuto in cambio dell’Asia Minore,
che tuttavia Sparta non poteva garantirle; con gli alleati Corinto e Tebe, insoddisfatti
dell’esito e del trattamento riservato ad Atene.
N.B. Queste due poleis si alleeranno poi con Argo, storica rivale di Sparta che si
era mantenuta neutrale durante il con itto del Peloponneso.

Atene intanto aveva vissuto una rapida ripresa, ricostituendo le Lunghe Mura e la
otta, ma soprattutto superando la fase dei Trenta tiranni e ricostituendo una
democrazia sempre più moderata e compatta, riunita nell’odio e nella demonizzazione
del governo autocratico che era seguito alla scon tta.
Tuttavia, Atene rimaneva sotto il controllo di uomini mediocri, quindi impossibilitata a
ricostruire l’Impero perduto

La guerra in Asia Minor


Un ruolo di spicco era quello giocato invece dalla Persia, che aveva burattinato le sorti
del con itto nel Peloponneso e che, pur sempre minacciata da usurpatori e guerre
intestine, gravava pesantemente sugli equilibri politici della Grecia.

Nel 404 a.C. sale al trono Artaserse II, ma si scatena una guerra dinastica: il fratello
Ciro, amico di Sparta e di Lisandro, recluta un imperioso esercito di mercenari.
N.B. Lo stesso Senofonte partecipa, raccogliendo le sue memorie nelle Anabasi
Nel 401 a.C. Ciro viene scon tto e l’insuccesso si ripercuote anche sui rapporti già
tesi tra Spartani -che avevano inviato truppe a rinforzo- e Persiani.
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Negli anni a seguire (400-395 a.C.), la politica spartana segue due linee:
- Posiziona un esercito in Asia Minore, fallendo però progressivamente in un tentativo
di riconquistare le poleis ioniche e venendo scon tta anche per mare a Cnido (394
a.C.) dalla otta persiana.
- Allontana Lisandro, generale capace e formidabile ma politico scomodo, troppo
ambizioso e desideroso di costruire un impero spartano sul modello ateniese.

La guerra di Corint
Questo con itto interessa le principali poleis greche (Corinto, Tebe, Argo, Atene),
foraggiate dall’Impero persiano contro Sparta in uno scontro dal 395 al 386 a.C.

Morto Lisandro, Sparta si a da al suo re Agesilao che riesce a contrastare in due


di erenti battaglie la coalizione delle poleis.
Queste battaglie hanno due conseguenze interessanti, una politica e una militare:
๏ Le due poleis di Corinto e Argo, dopo aver eliminato l’aristocrazia lospartana e
retrograda che ancora le governava, si fondono in un’unica polis, ossia un’unica
assemblea decisionale e un unico governo.
N.B. Fu Argo, democratica, ad assorbire Corinto e smantellarne le istituzioni;
questo evento è signi cativo perché apre per la prima volta ad un superamento
del particolarismo delle poleis.
๏ Di usione dei mercenari: il protrarsi delle guerre a oltranza fa sì che non possano
essere combattute solo dai cittadini, che devono adempiere anche alle loro mansioni
istituzionali; si passa quindi ad un intenso sfruttamento dei mercenari

Tuttavia, i progetti di conquista delle poleis alleate non sono in linea con l’e ettiva forza
militare da esse posseduta, non su ciente per sottomettere Sparta.
Sparta, assediate sulle coste della Laconia, trova una soluzione nella gura di
Antalcida, capace di negoziare con il Gran Re di Persia.
Dal 392 al 386 a.C., anno di conclusione della guerra, vi è un intenso scambio
diplomatico tra Sparta e la Persia per perfezionare la proposta di Antalcida -che
accoglieva tutte le richieste persiane- e placare la belligeranza delle poleis greche.

Nel 386 a.C., in un congresso di tutte le poleis tenuto a Sparta, si rati cò il passaggio
dell’Asia Minore alla Persia -eccezion fatta per alcune sotto il controllo ateniese- , il
divieto di costituire qualsiasi tipo di lega o alleanza e il compito di Sparta di vigilare
sul rispetto delle condizioni stipulate.
Solo all’interno del recinto di prescrizioni persiane si manifesta allora l’egemonia spartana,
che tuttavia rompe la pace del Re quando nel 382 a.C. il comandante spartano Febida
occupa e massacra Tebe, che viene poi assorbita entro i domini spartani.
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LA BREVE ASCESA DI TEBE
Il ventennio dal 379 al 356 a.C. vede una tanto breve quanto precaria egemonia della
polis di Tebe, intervallata da frequenti scontri, cambi di alleanze e trattati di pace non
rispettati fra le poleis e interrotta dalla realizzazione dell’impossibilità di una polis di
prevalere sulle altre.

Il progetto federale di Teb


Nel 379 a.C., 3 anni dopo l’occupazione spartana di Tebe, un gruppo di esuli guidato da
Pelopida riconquista la città.

Il nuovo progetto politico tebano si propone di operare su due fronti:


- Instaurare delle nuove istituzioni democratiche, in contrasto con la tradizione
oligarchica della città
- Creare una federazione in Beozia, inglobando altri centri come Tespie, Orcomeno e
Platea
Le altre città avevano una grande autonomia interna e avevano un ruolo sussidiario
nella composizione dell’esercito federato e del consiglio della federazione, a cui
spettava il compito di eleggere i Beotarchi, le massime cariche.

Nel progetto dei due uomini politici la Federazione avrebbe dovuto conformarsi
naturalmente e paci camente, tuttavia anche questa associazione di poleis si instaura
sulla sottomissione di altre da parte di Tebe.
ES. Nel 373 a.C. Platea viene rasa al suolo per la terza volta in un secolo

Altre realtà: Fere e Aten


Nel frattempo, la Tessaglia -regione settentrionale ai margini delle storia greca-
conosceva un importante sviluppo dopo l’uni cazione attuata da Giasone della città
di Fere, un tago (ossia un re confederato a carica elettiva).

Giasone fu in grado di costituire un esercito di cavalleria ben equipaggiato, in grado


di sottomettere gli altri centri della Tessaglia (Farsalo e Larisa), tuttavia la regione tornò
presto in uno stato di frammentazione e disordine politico dopo il suo assassinio nel
370 a.C.
N.B. Il modello monarchico accentrativo di Giasone, in grado di riuni care un’intera
regione, sarà poi quello sviluppato con successo da Filippo il Macedone.

Atene intanto aveva ripreso le proprie forze e tenta di dispiegare la sua potenza militare,
innanzitutto nel tipico antagonismo con Sparta.
Nel 378 a.C. un comandante spartano tenta una sortita da Tespie -allora sotto il
controllo di Sparta- no al Pireo, venendo però intercettato nell’Attica e potendo solo
danneggiare i campi.

Nel 377 a.C. viene fondata la II lega ateniese, alla quale aderiscono circa 15 città
dell’Egeo tra cui Tebe, no ad arrivare anni più tardi a 70 città.
La lega era dichiaratamente antispartana, ma nel pieno rispetto delle autonomie delle
singole poleis, senza quindi quella componente oppressiva che aveva caratterizzato la
precedente Lega Delio-attica. Pur raccogliendo dei successi militari, la politica ateniese
è tentata di rifondare la propria potenza, pur non avendone i mezzi, sottovalutando
invece la disponibilità di Tebe prima e di Filippo poi.
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Il fallimento della pace comun
La pace del Re del 386 a.C. aveva avuto un carattere comunitario (koinè), ossia esteso a
tutti i Greci, anche quelli che non avevano partecipato alla guerra di Corinto.
Tuttavia nessuna poleis rispetta questa prerogativa, a partire da Tebe a cui viene
contestata la pretesa di controllo sulla Confederazione beotica.
N.B. I Tebani rispondono che allora anche la Lega peloponnesiaca di Sparta
sarebbe una violazione.

Nel 371 a.C. un tentativo di pace ri utato da Tebe -che non cede alle sue pretese-
provoca l’intervento di Sparta, tuttavia l’esercito spartano viene umiliato da Epaminonda
nella battaglia di Leuttra, dove perdono la vita il re spartano e la metà degli spartiati,
cancellando quindi una volta per tutte il mito militare spartano.
N.B. La buona riuscita è dovuta anche alle migliore tattiche di Epaminonda, che
dispone l’esercito su più linee e sposta la cavalleria sull’ala sinistra

Si instaura quindi l’egemonia tebana, che agisce su più fronti:


- Interno: si cerca di consolidare la Lega
- Settentrionale: a dato a Pelopida, che muore nel tentativo di conquistare la
Tessaglia
- Meridionale: si portano avanti delle incursioni nel Peloponneso
- Marittimo: si crea una otta dal valore più dimostrativo-preventivo che in realtà
funzionante
Tuttavia, Tebe e la sua regione sono entità troppo povere e limitate per costituire un
primato di potenza durevole, disponendo di un esercito limitato e di scarsi rapporti
commerciali via mare.
Inoltre, la città porta eternamente l’onta del medismo n dalle guerre persiane e il suo
sbocciare permette una strana alleanza tra Sparta e Atene.
Sebbene gli Ateniesi avessero valutato la possibilità di un’alleanza con Tebe per
schiacciare Sparta, prevale la consuetudine di una divisione bipolare del mondo
greco.

Tebe riscuote successo solo nel Peloponneso, riuscendo ad intaccare i rapporti di


alleanza di Sparta:
• Si permette il orire della neonata Lega arcadica, con al centro la nuova polis di
Megalopoli, nata dall’accorpamento di più centri urbani
• Epaminonda libera la Messenia dopo 3 secoli, foraggiando la creazione di una
nuova polis, Messene; giunge poi con l’esercito alle porte di Sparta
La perdita psicologica della forza lavoro degli Iloti costituisce un duro colpo per
Sparta, che tuttavia perdura, mantenendosi ai margini della storia greca per il secolo
successivo.

Tuttavia, la Lega arcadica gioca un ruolo chiave nella ne della “dominazione” tebana:
dopo essere stata scon tta da Sparta nel 368 a.C., la Lega dimostra una duplice
tendenza al suo interno, da un lato lospartana e dall’altro antispartana.
Nel 362 a.C. quindi, nella battaglia di Mantinea, il mondo greco combatte su due fronti:
‣ Atene e Sparta, ala guida di altri contingenti peloponnesiaci
‣ Tebe -guidata da Epaminonda-, a ancata da arcadi, messeni e da Argo
N.B. Epaminonda tenta di conquistare Sparta prima dello scontro ma viene
fermato
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La battaglia trova il suo momento di svolta nella morte di Epaminonda, che demoralizza
l’esercito tebano e porta al termine della battaglia che stavano vincendo, senza
vincitori né vinti.
N.B. Senofonte racconta che entrambi gli schieramenti dichiarano la vittoria,
ma a livello politico e territoriale non vi sono modi che.

La ne del sistema della poli


La pace conseguente a Mantinea certi ca lo stato di confusione delle poleis greche,
incapaci di accettare la ne del funzionamento degli schemi della polis nei nuovi
equilibri, ma soprattutto frammentate in piccoli poteri regionali, privi di una gura o di
una dinamica di egemonia (Sparta in Laconia, Tebe in Beozia, Lega arcadica nel
Peloponneso)

A peggiorare questa situazione vi è la guerra sociale (357-355 a.C.) che coinvolge Atene
e i suoi alleati della Lega navale, che prima defezionano e poi si ribellano al
comportamento prevaricatore di Atene.
Atene viene scon tta con la otta ad Embata e a Chio, ma il contraccolpo sociale è
maggiore: Atene perde la sua prospettiva di espansionismo aggressivo, cercando
invece un ra orzamento paci co delle istituzioni.

Tuttavia, scoppia una nuova guerra ed emerge una nuova gura: Filippo il Macedone
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FILIPPO IL MACEDONE
La storia di Filippo il Macedone è stata in parte oscurata dalle girevoli imprese di cui si
farà arte ce il glio, Alessandro.
La sua gura però spicca in quanto eccezionale: salito al trono a 22 anni, egli controlla
un regno marginale e arretrato, ma in un ventennio sarà in grado di conquistare
l’intera penisola greca, ponendo le basi per la conquista dell’Oriente che interesserà
invece il glio Alessandro.
N.B. Le fonti a nostra disposizione riguardano i due ateniesi Demostene ed
Eschine, i quali inevitabilmente hanno deformato la narrazione, propendendo per la
polis di Atene tra tutte le altre forze in campo

Il regno di Macedoni
In Grecia con il termine “Macedoni” non si indicava un popolo unitario, ma gli abitanti
che vivevano nel nord della penisola greca, in un territorio perlopiù montuoso.
N.B. Makednos in greco signi ca “alto”, quindi “colui che vive in alto, montanaro”
Questo territorio era sottoposto alla dominazione della dinastia degli Argeadi, che
fornivano un sovrano che primeggiava in un gruppo di pari, circa 100 proprietari
terrieri di matrice guerriera, che vivevano a corte ed acclamavano il sovrano.

Questo regno aveva una dubbia appartenenza alla grecità -come si vedrà anche poi
con il lellenismo di Alessandro-, comunque garantita da un’incerta derivazione dalla
polis di Argo, che le permetteva quindi di partecipare ai Giochi olimpici.
Era stato oggetto di interesse delle poleis per due motivi:
‣ Il legname, di cui la zona è ricca, per costruire le otte
‣ Il ruolo negli equilibri del nord della Grecia, da sempre zona di di cile controllo
Tuttavia, non aveva mai avuto grandi sovrani e aveva attraversato tra il V e il IV sec. una
crisi dinastica, motivo per cui verrà dipinto nella narrazione ateniese come un regno
barbaro e rozzo, trattato inizialmente con supponenza.

Questa di erenza tra Greci e Macedoni emerge non solo nella questione delle origini
ellenistiche, ma anche in altri parametri, che però dimostrano la sostanziale grecità degli
usi dei Macedoni:
- La lingua: manca una documentazione, ma si è propensi a vedere il macedone come
un dialetto greco settentrionale
- La cultura: l’èlite macedone aveva una cultura greca -favorita anche dal
mecenatismo del V sec., che aveva attirato alla corte della capitale Pella molti artisti
e letterati; inoltre adoravano lo stesso pantheon di dei.

L’ascesa di Filipp
Nel 359 a.C. Filippo sale al trono, prima come reggente poi come sovrano e ettivo.
L’operato di Filippo fu inizialmente diretto verso il consolidamento dei con ni
settentrionali, attaccati da altre popolazioni (Traci, Illici,…) per poi spostare la sua azione
riformatrice su una riorganizzazione dell’esercito.

In particolare, vi fu un aumento del numero di soldati -dovuto all’allargamento dei


territori-; una professionalizzazione militare dei piccoli proprietari; un alleggerimento
della falange oplitica, dotata di una sarissa -una lancia lunga, no a 6 metri- e basata
sulla cavalleria.
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Nel 357 a.C. Filippo conquista la città di An poli (Tracia), che gli garantisce il controllo
di risorse auree inestimabili, a cui segue una conquista della Tracia
N.B. La città era stata fondata dagli Ateniesi, che avevano cercato di conquistarla
per lungo tempo, ma che erano al momento impegnati nella guerra sociale.

Filippo decide poi di inserisce nelle dinamiche con ittuali della Grecia, intervenendo
nella III guerra sacra (356-346 a.C.), ossia una guerra per il controllo dell’An zionia di
Del , un organismo che deteneva il controllo del santuario del no di Apollo.
La guerra era nata da una disputa tra Tebe e la popolazione della Focide, accusata dai
Tebani di aver coltivato le terre sacre e successivamente arroccata nel santuario
stesso.
I Focidesi, comandati da Onomarco, dispongono delle ricchezze del santuario e
ingaggiano dei mercenari, assicurandosi in poco tempo il controllo della Grecia
centrale.
Tuttavia, la Tessaglia è divisa: se Fere era schierata con i Focidesi, Larisa chiede invece
l’intervento di Filippo, che in poco tempo arresta i Focidesi e le loro ambizioni con la
battaglia dei Campi di Croco del 352 a.C.

L’avanzata macedone si rivolge poi verso l’ultimo centro di potere della Grecia
settentrionale, ossia la Confederazione calcidica, con sede a Olinto, rasa al suolo nel
351 a.C.
Nello stesso periodo, ad Atene emerge la gura di Demostene, abile oratore e uomo
politico che si accorge del pericolo macedone, come emerge dalle sue famigerate
Filippiche.
Nel 346 a.C. Filippo apre alla pace: si conclude la guerra sacra con un inserimento della
Macedonia nelle logiche dell’An zionia di Del e si stipula un’alleanza precaria tra
Atene e il regno di Filippo.

La morte di Filipp
Gli anni successivi vedono una tensione sempre più crescente nei rapporti tra Atene e
Filippo.
Ad Atene prende il sopravvento la corrente antimacedone, guidata da Demostene, e il
terreno dove oriscono i con itti si sposta nel Chersoneso, sulla costa settentrionale
dell’Egeo, territorio fondamentale per gli approvvigionamenti di Atene.
Tra il 340 e il 339 a.C. Filippo assedia le città della zona -anche Bisanzio- senza
riuscire a conquistare, ma con scando le navi da trasporto granario di Atene,
innescando irrimediabilmente il con itto.

Intanto, si innesca la guerra di An ssa nella Grecia continentale, un’ulteriore guerra


sacra: gli abitanti di An ssa (Focide) vengono accusati di aver coltivato le terre
sacre e Filippo sfrutta il pretesto di punirli per invadere la Grecia centrale,
minacciando l’Attica.
Atene si coalizza con Tebe e nel 338 a.C. nella battaglia di Cheronea emerge anche il
giovane Alessandro, che sbaraglia le forze tebane mentre il padre si occupa di quelle
ateniesi.

Atene è risparmiata grazie alla sua corrente lomacedone, che si occupa di trattare la
pace, mentre Tebe viene estromessa dal controllo della Confederazione beotica.
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Inoltre nel 337 a.C. Filippo, ormai egemone anche sulla Grecia delle poleis, organizza la
Lega di Corinto, una lega panellenica che si propone di contrastare il comune nemico
persiano.
Tuttavia nel 336. a.C. Filippo viene ucciso durante dei festeggiamenti, forse in un
complotto familiare.

IL IV SECOLO (404-336 a.C.)


Nel IV sec. a.C. (secolo breve, dalla ne della guerra del Peloponneso alla morte di
Filippo di Macedonia) si assiste ad una profonda rivoluzione dell’assetto delle poleis,
che tuttavia non corrisponde ad una crisi culturale o economica, ma solo ad un nuovo
bilanciamento delle istituzioni e degli equilibri, intervallato da momenti di stasis,
motivate da una volontà di ridistribuzione terriera o di azzeramento dei debiti.

Atene come esempi


Atene, dopo la scon tta nella guerra del Peloponneso, vede una rapida ripresa,
mantenendo il suo ruolo egemone a livello culturale, con una professionalizzazione
della classe politica: gli uomini politici vengono chiamati rhetores, termine con cui si
indica appunto la loro funzione di parlare e convincere con discorsi, organizzando il
consenso all’interno delle assemblee.

Anche gli strateghi si specializzano, scindendosi dalla componente politica di Atene,


tanto da partecipare alle assemblee solamente attraverso dei rappresentanti.
Tuttavia, non cala la partecipazione politica e militare degli Ateniesi, come spesso si è
creduto, sebben questo’ultima abbia avuto un implemento nell’uso sempre più
frequente di contingenti mercenari.

Anche dal punto di vista economico, data la mancanza di cifre, è necessario basarsi
sulla folta documentazione relativa ad Atene per ricostruire una possibile
interpretazione del periodo conseguente alla guerra del Peloponneso.
Nulla sembra propendere per una crisi: la campagna dell’Attica si riprende quasi
subito dalle devastazioni degli eserciti nemici; le altre attività subiscono una essione in
positivo, con lo sviluppo dell’imprenditoria e del commercio a lungo raggio; nascono
delle banche, gestite spesso da ex-schiavi come Pasione; intenso sfruttamento delle
miniere.
Gli unici accenni di crisi provengono dalle orazioni di Demostene, probabilmente
motivate da una prospettiva imperialista-aggressiva, che però era ovviamente
insostenibile senza i proventi del vecchio impero.

Dal punto di vista culturale, il IV sec. è cruciale ad Atene per la fondazione di due scuole
loso che -riservate ai ricchi- importantissime per lo sviluppo culturale di tutto
l’Occidente:
• Nel 387. a.C. Platone, allievo di Socrate, fonda l’Accademia
• Nel 335 a.C. Aristotele, allievo di Platone, onda il Liceo
Entrambe le scuole sono critiche nei confronti della democrazia ateniese, tanto che
Aristotele fu precettore dello stesso Alessandro Magno, e entrambe le scuole permettono
la creazione dell’egemonia culturale e universitaria che investirà Atene nei secoli
successivi.
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