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PREMESSE
Spazi
La Grecia -propriamente detta-
corrisponde alla parte terminale della
penisola balcanica, divisa n
dall’antichità in numerose regioni:
• Peloponneso, penisola divisa in 6
regioni (Laconia, Messenia,
Arcadia, Argolide, Acaia, Elide)
• Istmo di Corinto
• Attica, penisola ad est
• Grecia centrale (Beozia, Focide,
Doride, Locridi, Etolia, Acarnania)
• Grecia settentrionale (Tessaglia,
Macedonia)
È una zona montagnosa, povera di risorse naturali e con umi brevi e poveri d’acque,
a cui si aggiunge un clima semiarido e pochi terreni fertili.
Lo spazio inerente alla storia greca è tuttavia il Mediterraneo, poichè questo elemento
comporta una tendenza necessaria alla mobilità e alla migrazione, così che i Greci si
muovono dalla loro patria verso il resto delle terre bagnate dal Mediterraneo,
entrando in contatto e in contrasto con molte altre civiltà mediterranee.
N.B. Tuttavia i Greci avevano un rapporto ambiguo con il mare, percepito come
pericolo e generalmente evitato da molte realtà lì orite, come Sparta
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Temp
Se lo spazio è calcolabile con un ampio margine di oggettività, per il tempo si attua una
periodizzazione convenzionale per de nizione, come in molte altre partizioni storiche.
La storia greca vede convenzionalmente il suo inizio con l’età micenea (II millennio
a.C.) se usiamo un criterio linguistico, ma se usiamo un criterio storico-politico allora
si attesta con la nascita della polis, tra XI e VIII sec. a.C.
La periodizzazione
‣ Età del Bronzo: III-II millennio a.C.
‣ Dark Ages: 1200-750/700 a.C.
‣ Età arcaica: 700-479 a.C.
‣ Età classica: 479-336/323 a.C.
‣ Età ellenistica: 336/323-31 a.C. (la prima è quando Alessandro sale al trono, la
seconda è la morte di Alessandro)
Per molti aspetti, queste periodizzazioni sono usate in omaggio ad una tradizione di
studi e sono tenute in considerazione per comodità.
Le font
Intendiamo come fonti quell’apparato di elementi che sostengono la ricostruzione
storica in generale.
Si intende quindi una serie di testimonianze riguardanti i Greci nell’accezione
evenemenziale della storia -ossia relativa agli avvenimenti-, ma in primis per quanto
riguarda la de nizione degli Hellenes stessi.
ES. Erodoto VIII 144.2
Per Erodoto, To hellenikon (la grecità, appartenere alla cultura greca), è la
comunità di sangue e di lingua dei Greci, accomunati altresì dalle usanze, i
costumi, le istituzioni, i santuari e i culti deistici simili.
La lingua è un punto cardine nella ricognizione della grecità, che può essere de nita
proprio a partire da questo sostrato linguistico comune dal quale si sono sviluppate
poi usanze, pratiche religiose e abitudini comuni.
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LE ORIGINI
L’Età del Bronz
Non vi sono prove archeologiche dell’arrivo di una popolazione de nibile come
Greci -di ceppo indoeuropeo, proveniente dall’Asia centrale- poichè la nascita
dell’identità greca è frutto di un processo sicuramente posteriore all’età arcaica.
L’Età del Bronzo (3200-1000 a.C.) è una lunga fase studiata sulla base di ritrovamenti
archeologici, con una partizione convenzionale istituita sulla cronologia di ceramiche.
Questo è comprensibile poichè le ceramiche hanno modalità, fatture, decorazioni
diverse in base al periodo.
N.B. L’argilla cotta è il materiale più comune, come il quale venivano fabbricati gli
utensili basilari e quotidiani ma anche vasi più decorati.
L’Età del Bronzo è quindi suddivisa in:
• Antico Bronzo (3200-2050 a.C.)
• Medio Bronzo (2050-1550 a.C.)
• Tardo Bronzo (1550-1050 a.C.)
L’Età del bronzo rappresenta il serbatoio culturale da cui poi nascerà la civiltà greca
vera e propria, sebbene i Greci avessero una conoscenza sporadica e limitata alle
rovine del proprio passato, sicuramente non profonda cronologicamente come la
conosciamo noi oggi.
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Manca in questa fase protopalaziale un potere individuale di tipo dinastico, sostituito
da poteri diversi che avevano accesso a risorse di erenti. L’amministrazione palaziale
monitorava i beni -accumulati o prodotti- attraverso dei sigilli di controllo in argilla.
A Creta è stata constatata l’assenza di opere murarie poderose, a segnalare la
sostanziale unità tra le comunità dell’isola; è inoltre ben documentato il rapporto orido
che Creta intratteneva con il Vicino Oriente e l’Egitto.
Nel 1700 a.C. si entra nella fase neopalaziale, di erente dalla fase protopalaziale per
l’organizzazione politica, con una gura unica alla guida del palazzo -il re- che porta
su di sè tutti i poteri (giudiziario, religioso, militare).
In questa fase si assiste ad una massiccia opera di costruzione di edi ci
amministrativi, lo sviluppo della Lineare A e la partecipazione al commercio
internazionale.
L’isola di Creta vive un periodo di grande omogeneità culturale, spiegata inizialmente
dall’egemonia incipiente del palazzo di Cnosso, ma anche da una sorta di emulazione
tra entità politiche autonome, in grado di esportare la cultura minoica nel Mediterraneo.
N.B. Le fonti letterarie greche parlano di talassocrazia minoica, ma l’evidenza
archeologica non permette di stabilire se fosse semplice contatto o controllo
politico, quello esercitato da Creta sull’Egeo orientale
La Grecia micenea
La civiltà micenea viene convenzionalmente attestata a quel periodo di transizione tra
Medio e Tardo Bronzo, nel quale si collocano le tombe a fossa di Micene.
N.B. Forse un primo modello di tumulo così, poi emulato dalle èlites dell’Argolide,
è quello trovato a Kolonna, sull’isola di Egina
Con “miceneo” -da Micene, città simbolo di questa fase, nell’Argolide- si intende una
civiltà orita in Grecia tra il 1600 e il 1000 a.C.
Le tombe a fossa (shaft graves) sono l’atto di nascita della civiltà micenea stessa e sono
costituite da pozzi rettangolari scavati in cui erano riposti uno o più defunti, corredati
da ricchezze e ori, quindi sicuramente membri dell’èlite micenea.
La civiltà micenea si propone come una società guerriera e ricca, capace di plasmare
le materie prime in maniera eccezionale e di recepire da un vasto bacino geogra co
(dal Baltico all’Oriente) materiali preziosi e metalli.
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L’ipotesi più accreditata è che questa civiltà abbia sottomesso le comunità circostanti
acquisendo il dominio sul usso di materie prime che circolavano tra Occidente e
Oriente, espandendosi poi e imbastendo una serie di fortunati e fruttuosi rapporti
commerciali nel Mediterraneo.
È importante ricordare che si sta parlando di una realtà multiforme e plurale di palazzi,
dove però vige una sostanziale omogeneità culturale e un conservatorismo nelle
forme di scrittura e iconogra a.
! Esiste un mondo miceneo unitario?
Gli studiosi sono concordino ritenere che il mondo miceneo si esprime in una pluralità
di palazzi indipendenti, che controllano dei territori e condividono solamente le
strutture simili.
Questo è un elemento di continuità con la storia greca, poichè il mondo greco è
intrinsecamente plurale.
Il mondo minoico-miceneo condivide poi la struttura piramidale col Vicino Oriente e con
l’Egitto a loro coevi, tuttavia a di erenza delle grandi monarchie, unitarie e territorialmente
vaste, presenti in quest’ultime civiltà, il mondo minoico-miceneo è frammentato.
La struttura dei palazzi micenei -e del re miceneo- è simile a quella dei palazzi
minoici, tuttavia la di erenza sta nell’aggressività militare: i palazzi micenei sono più
modesti e più compatti, hanno strutture difensive più sviluppate, a di erenza
dell’assenza di mura dei palazzi minoici, per difendersi dagli altri micro-stati palaziali.
In epoca micenea abbiamo però una ulteriore struttura: oltre al palazzo, centro
amministrativo e residenza delle èlites, vi è anche la cittadella, sito forti cato e rialzato,
che presenta a volte un palazzo al suo interno.
Il palazzo si concentra nel suo megaron, ossia una struttura tripartita e isolata,
probabilmente la sede dell’autorità data la presenza di un trono.
Se a Creta in età minoica si scrive, la sua scrittura -la Lineare A- non è stata ancora
decifrata, a di erenza della Lineare B, la scrittura micenea su tavolette di argilla
cruda, che è stata soddisfacentemente decifrata e che permette di attingere a
testimonianze scritte.
N.B. L’argilla cruda è un materiale duttile e sempre riutilizzabile, in maniera che
le tavolette potessero essere riplasmate per una nuova registrazione scritta.
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Questo sistema di scrittura ssa una lingua che è stato possibile de nire come greco,
da cui di erisce per il sistema di scrittura ma a cui corrisponde dal punto di vista
linguistico.
Il palazzo miceneo infatti necessitava di un sistema di scrittura per registrare tutto ciò che
comportava la vita economico-politica del palazzo.
La massima espansione micenea si ha nel XIV e XIII sec. quando l’in uenza micenea
investe il Mediterraneo: i Micenei esportano in anfore a sta a olio d’oliva, vino, olii
profumati; vendevano vasi di argilla, ceramica,…; tessuti di lana e lino; ma anche materiali
esotici come ambra (dal Baltico), lapislazzuli, spezie e resine.
Esistono due ipotesi riguardo al tipo di commercio miceneo:
- La prima vede un controllo delle èlites anche sul commercio
- La seconda vede un controllo delle rotte dovuto alla locazione naturale dei siti
micenei, più che al controllo delle èlites
A partire dal XIII sec., i rapporti commerciali però si riducono, no alla ne della civiltà
micenea.
Il sistema dei palazzi miceneo crolla in maniera pressoché simultanea, al cui riguardo
sono state formulate diverse ipotesi causali:
‣ Invasioni dal nord (Dori, Popoli del mare,…), subite anche da altri popoli (crolla
l’Impero ittita, l’Egitto è danneggiato,…) e testimoniate anche dal tentativo di
costruire un muro sull’istmo di Corinto.
‣ Con itti interni tra società palaziali
‣ Cause climatiche, come un terremoto o una serie di terremoti, o una siccità.
Nell’Età del Ferro rimarrà intatta la coscienza che qualcosa di catastro co è successo in
questa fase, tanto che una svolta si avrà solo nel IX sec. con il miglioramento di
alcune abitudini (sepoltura individuale, incinerazione, economia pastorale).
La storiogra a scrive poi di un’invasione esterna nel IX sec. -dei Dori-, della quale però
non possediamo prove e ettive.
Possiamo però pensare plausibilmente che l’indebolimento del sistema dei palazzi
abbia portato a delle migrazioni interne al continente, forse enfatizzate letterariamente
con i panni del mito, delle guerre d’invasione e degli eroi.
In generale, gli aspetti socio-economici a noi noti delle Dark Ages sono:
• Fine del sistema palaziale: sopravvivono solo alcuni usi (sepoltura multipla rituale, la
caccia) ma sostanzialmente perdura una società strati cata retta da èlites di eroi e
guerrieri, molto a ne a quella che l’aveva preceduta.
• Abbandono del bronzo per mancanza di materie prime, sostituito
progressivamente dal ferro: a metà del XI sec. a.C. si scopre una nuova tecnologia
di lavorazione del ferro nello stato semiliquido
• Riduzione degli insediamenti, calo demogra co e rarefazione dei contatti nel
Mediterraneo: le popolazioni si stanziano in centri localizzati e limitati, lontani dalle
coste che sono percepite come un pericolo.
• Dismissione della Lineare B, che comporta la possibilità di basarsi solo su fonti
puramente archeologiche
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La ripresa del mondo greco è graduale e viene motivata attraverso un aumento
signi cativo della popolazione, a sua volta forse collegato ad uno sviluppo delle terre
coltivate.
La ripresa viene valutata secondo alcuni parametri relativi ad usi e costumi:
‣ Di usione degli insediamenti e superamento dell’isolamento
‣ Tecnologie e abilità tecniche (metalli, ceramiche,…)
‣ Modalità di sepoltura e nascita di santuari panellenici, come a Del per Apollo
-dove il dio parlava attraverso la Pizia, sacerdotessa dell’oracolo- e a Olimpia per
Zeus -dove furono fondati i Giochi olimpici-.
‣ Maggiore produttività agricola e attività di disboscamento
‣ Nascita di comunità cittadine
‣ Utilizzo di una scrittura alfabetica, sviluppata dal contatto con i Fenici; in
particolare, alcune lettere fenicie che rimanevano inutilizzate in greco, vennero
usate come segni per le vocali.
‣ Incipit della mobilità e del movimento coloniale
Gli esiti di questo processo sono visibili chiaramente dalla ne del XI sec. e l’inizio dell’VIII
sec. a.C.
Il sito di Lefkand
L’Eubea, ossia la regione insulare che si a accia sull’Attica, presenta un sito
archeologico interessante risalente alle Dark Ages, nella località di Lefkandi, nella
pianura Lelantina, a ridosso del mondo greco continentale e stretto tra le città di
Calcide ed Eretria.
N.B. Sono le due città più vicine al continente greco inteso come Attica e
Beozia, oltre che “regine” della pianura Lelantina, tanto da scontrarsi per il suo
controllo nella prima guerra attestata del mondo greco.
Il sito di Lefkandi è risalente al X sec. a.C.-nel bel mezzo della Dark Ages- ed è
composto da un edi cio in area necropolica, a pianta absidale con base in pietra ed un
alzato in legno, mattoni crudi e paglia.
È importante per le dimensioni mastodontiche che s orano i 25 metri di lunghezza.
Sono presenti delle fosse all’interno: una fossa presenta una sepoltura doppia
(maschile, con resti bruciati contenuti in un vaso cipriota; femminile, inumata con un
corredo di fattura cipriota), nell’altra fossa una sepoltura di 4 cavalli.
Le di coltà nello stabilire la funzione dell’edi cio e l’identità dei corpi in esso tumulati
aprono a molti interrogativi, anche riguardanti le ragioni della disposizione del tumulo, del
corredo e delle diverse modalità di tumulazione; è possibile quindi solo formulare alcune
ipotesi:
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L’uomo di Lefkandi potrebbe quindi aver ricevuto questi doni in cambio di altri,
probabilmente oggetti di fatture metallurgica per via delle attestazioni storiche dell’Eubea.
- I cavalli: essi rappresentano un segno distintivo delle élite di molte società già in
età arcaica, essendo segno distintivo nelle pratiche militari ma anche celebrative.
A Lefkandi è stato possibile sacri care quattro cavalli per la celebrazione del rito
funerario, cosa che indica una potenza economica e un riconoscimento sociale
molto elevati.
N.B. L’aristocrazia dell’Eubea è storicamente conosciuta come “ippobotai”,
ossia letteralmente “coloro che allevano cavalli”.
I poemi omeric
L’Eubea è un’area signi cativa anche per via dei poemi omerici, importanti testimonianze
dell’Età di transizione.
Parlando di poemi omerici si intendono due strutture poetiche -Iliade ed Odissea-
divise in 24 canti ciascuno, attribuite alla gura autoriale di Omero, gura controversa
dal punto di vista storiogra co, e messe per iscritto tra l’VIII e il VII sec. a.C. poichè
percepite come signi cative nella creazione dell’identità greca.
Negli anni ’50 i poemi omerici sono stati attribuiti alla cultura orale attraverso il
confronto con altre tracce di oralità della penisola balcanica.
Esistevano quindi gure -gli aedi o rapsòdi- che avendo capacità mnemoniche
eccezionali potevano tramandare queste storie, sia mandando a memoria sequenze
inventate da altri, sia inventandole lì per lì.
N.B. In società dove la scrittura non è una pratica condivisa, la memoria è
un’attitudine molto frequentata.
I rapsodi e aedi erano quindi chiamati ad eventi per raccontare in poesia dei versi
imparati a memoria o improvvisando la composizione orale.
N.B. Il verso epico dell’esametro si presta bene all’invenzione estemporanea.
Il contenuto dei poemi omerici stesso dimostra come questa fosse un’usanza
consolidata nella società greca, come ad esempio quando il padre di Nausicaa, Alcino,
chiede ad Odisseo di raccontare la sua storia, così come farebbe con un aedo.
I poemi sono quindi espressione di una cultura condivisa, e qualunque sia la loro
origine (prodotti comuni di cui sono sopravvissuti solo pochi esemplari o prodotti
eccezionali e uni cativi di più tradizioni orali) sono prodotti di grande qualità poetica.
Riguardo alla loro fruibilità a livello storico, l’aspetto propriamente narrativo sfuma in
secondo piano, mentre interessa la descrizione che viene riportata della società - e
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dei suoi personaggi- nelle sue implicazioni politiche e sociali, nei valori che si
propongono.
Per quanto riguarda la funzione politica, Finley e Carlier hanno presentato due ipotesi di
risposta simili e convincenti, ossia: i poemi omerici sono utili non per capire l’Età di
transizione nella sua concretezza storica, ma per capire una società simile e
comprensibile a quelli che ascoltavano la narrazione dei poemi stessi.
Essi descrivono quindi una società verosimile, né inventata astrattamente né
strettamente adiacente a quella micenea, ricca di anacronismi, in particolare:
• per Finley descrive la società della transizione, una società basata sul rango
individuale, strati cata e capeggiata da quegli eroi del mito omerico.
• per Carlier descrive una società più matura, tra il IX e l’VIII sec., con di erenza tra
le due società dei due poemi.
I poemi hanno una strati cazione storica al loro interno che rimanda a più fasi
storiche, ma dal punto di vista politico sono signi cativi poichè testimoniano una fase
di maturazione che porta alla polis.
A sostegno di ciò si potrebbero portare due esempi:
1.
Nella sua accezione sica, la polis è de nita nella sua entità spaziale ridotta.
ES. Per Aristotele, la dimensione ideale della polis è quella di un territorio limitato
allo sguardo di un uomo che scruta dal punto più alto di essa.
Il mondo greco è quindi frammentato in una molteplicità di entità cittadine, strutturate
in un centro più urbanizzato e un territorio dove si svolgono le attività produttive.
Già nella lettura visiva degli spazi della polis quindi, si può capire bene l’esito formidabile
dell’Età della transizione: da un palazzo regale, nucleo fondante e cuore della realtà
urbana nel suo sviluppo, si arriva alla polis, dove i centri nevralgici sono luoghi
comunitari dedicati alla religione o al dibattito, e dove quindi il singolo individuo non è
presente nella struttura topogra ca della polis e dove la strutturazione stessa è
comunitaria -non egualitaria però.
2.
La polis è un’organizzazione politico-sociale autonoma e indipendente da qualsiasi
potere interno ed esterno, così che i suoi cittadini possono rispondere in maniera
personale delle responsabilità sulla loro comunità e dove quindi i luoghi istituzionali
della decisione e della comunità sono chiaramente più importanti.
In particolare, due citazioni storiche esplicative di questo concetto:
- Erodoto VIII 61: [Temistocle ad Adimanto che non voleva farlo votare] “fece capire che
essi, gli Ateniesi, avevano una città e un territorio ben più grandi del loro, nché
possedevano 200 navi in pieno assetto”
Quindi la cifra della città è data dalle persone, dai cittadini.
- Tucidide VII 77: “[Nicia dice che] gli uomini sono la città, non le mura, né le navi vuote
d’uomini”
L’aspetto teorico della comunità prevale in quanto la polis acquista signi cato nella
partecipazione collettiva dei suoi cittadini,
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Il cittadino (in greco polites) è infatti riconoscibile poichè partecipa a tutti i momenti in
cui la polis dichiara la sua istanza comunitaria, ossia il processo decisionale, i rituali e
feste identitarie, le altre istituzioni.
Nel mondo della polis quindi l’individualità si perde rispetto all’identità collettiva,
questo anche come risposta ad una vita individuale breve e precaria, a itta da molteplici
rischi, che trova invece una migliore a ermazione di sè nella descrizione comunitaria
della polis e la partecipazione alle attività della polis stessa.
‣ nel possesso esclusivo della terra -nel territorio della polis ovviamente- e di una
casa, a di erenza dei non-cittadini
N.B. Nelle società arcaiche l’attività economica più remunerativa -e di usa,
quasi il 90%- è l’attività agricola, così che il possesso della terra diventa
elemento di status sociale per eccellenza, a tal punto che il lavoro nei campi è
l’unico degno dell’uomo kaloskagathos -ossia bello e buono, aristocratico-
poichè segue il ritmo naturale e consente guadagni leciti
Rimane quindi un pregiudizio negativo nei confronti degli artigiani (vasai, bronzisti,
falegnami, ceramisti) per via della tendenza a rinchiudersi in bottega, al buio, ma
soprattutto dei commercianti.
Tuttavia, non esiste una classe mercantile: che si voglia riconoscere nei mercanti degli
impiegati di imprese marittime aristocratiche, o dei professionisti indipendenti, essi non
formarono mai una classe sociale contrapposta alla proprietà terriera.
Inoltre, le dimensioni dei commerci erano ridotte per via dei rischi e delle
imbarcazioni, e la mercatura veniva praticata per conto di più popoli, senza un
carattere esclusivo.
Quindi la polis può essere descritta come organizzazione politica e sociale autonoma
in un territorio limitato, formata da un corpo politico di cittadini con potere
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decisionale e corpo sociale di abitanti comunque fondamentali e partecipanti alla
vita sociale cittadina.
ES. Le donne non hanno una funzione sul piano politico, ma la loro importanza e la
loro partecipazione è comunque esaltata in alcuni rituali
Il passaggio del mondo greco alla città è un’esperienza originale e segna una cesura
rispetto al vicino Oriente, poichè dal punto di vista politico-sociale, si passa da un
mondo autocratico organizzato attorno al palazzo a delle piccole comunità
amministrate da un’aristocrazia che possiede i poteri e le prerogative che prima erano
detenuti da una sola gura decisionale.
Vi è stata anche un’alternativa alla polis, ossia l’ethnos (traducibile come “popolo” o
“stirpe”), di usosi soprattutto nella Grecia settentrionale.
Esso consisteva in una comunità di abitanti accomunati da un capostipite condiviso,
spesso privo di veridicità storica.
Con il termine an zionia si indica poi un sodalizio tra città vicine, la cui vicinanza è
stabilita sulla base di un santuario comune e importante per entrambe.
Le città sono quindi entità autonome ma che si riconoscono in queste forme di
solidarietà e reciprocità di tipo religioso, che sono complementari all’organizzazione
cittadina.
ES. Esempi di an zionie sono Calauria (Argolide) e Onchesto (Beozia); Delo e Del
sono realtà che portano avanti questa tradizione anche successivamente, in
particolare Delo è legata all’impero ateniese del V sec. mentre Del alla gura
di Filippo il Macedone.
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Il caso di Aten
Intorno all’VIII sec. si assiste ad una fase di maturazione su 3 livelli:
• Nascita della città
• Colonizzazione
• Apprendimento dell’alfabeto
Aristotele -vissuto nel IV sec. a.C.- è stato un grandissimo studioso di teoria politica e la
sua scuola di seguaci ha raccolto testimonianze delle politeie, ossia degli
ordinamenti comunitari, delle Costituzioni cittadine, ossia dell’impianto legislativo e di
funzionamento delle città greche.
Nella “Politica” è raccolta appunto in 8 libri la teorizzazione politica del losofo spiegata
ia suoi seguaci, anche grazie alle testimonianze raccolte da più di 150 costituzioni.
Le costituzioni erano divise in 2 parti:
• Una parte storica della comunità
• Una parte descrittiva sul funzionamento della comunità
Di queste opere si possiedono solamente dei frammenti, ma sul nire dell’800 sul retro di
due papiri conservati a Berlino è stata rinvenuta integralmente l’opera aristotelica della
Costituzione di Atene (Athenaion Politeia), contenente la storia costituzionale di
Atene dalle origini al V sec. e il funzionamento della polis.
L’opera è signi cativa per de nire la struttura generale di questo tipo di opere,
poichè infatti presenta la parte storica (dalle origini no alla guerra del Peloponneso)
e la parte descrittiva riguardante le istituzioni e i ministeri in atto.
N.B. La scuola aristotelica lavora sulla documentazione ed ha accesso alla
documentazione primaria di quell’epoca, quindi la ricostruzione è plausibile.
N.B. Fino alla nascita della democrazia, l’evoluzione di Atene è plausibilmente
esemplare anche rispetto ad altre città dell’epoca, ma dalla democrazia in poi
Atene diventa un caso eccezionale nel mondo greco.
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Il sinecismo
Con il toponimo “Atene” si intende non solo la realtà cittadina odierna, ma un
organismo strutturale che comprende tutta l’Attica.
Vi è quindi di erenza tra Atene come centro urbano e Attica come regione, ma se ci
riferisce agli Ateniesi ci si riferisce agli abitanti dell’intera Attica.
! La de nizione di aristocrazia
La classe sociale degli aristocratici comprendeva solitamente le famiglie più ricche,
solitamente legate tra loro da rapporti ra orzativi -legami di sangue- e rifacenti ad
un capostipite, un eroe spesso.
Tuttavia, anche in Grecia vi era una mobilità verticale, che permetteva l’ascesa di nuovi
aristocratici - cittadini arricchiti- e il declino di altri.
Nel mondo omerico, essi sono legati alla guerra e al combattimento -per questo
spesso fanno risalire le loro origini a eroi e combattenti-, ma manterranno sempre uno
status bellico -l’amore per la caccia, per le armi.
Inoltre, essi non lavorano direttamente le terre che possiedono e possono permettersi
di dilettarsi in attività culturali, pratiche e siche, come i Giochi Olimpici.
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In età arcaica vengono codi cate delle ricorrenze religiose dove venivano organizzati dei
giochi sportivi che attiravano spettatori da tutto il mondo, come ad esempio le
Olimpiadi, istituite dal 776 a.C. con cadenza quadriennale.
Per Burckhardt, l’aristocratico greco è l’uomo agonale, ossia un uomo che predilige
la competizione in quanto può dimostrare la sua superiorità e le sue abilità,
confrontandosi con gli altri, quindi sempre legato ad una logica bellica e di scontro.
Il nesso tra madrepatria e colonie viene inteso solo come un rimando culturale,
religioso, di appartenenza simbolica e a volte di necessità pratica.
La colonizzazione greca è più compatibile con una migrazione, una mobilità
progressiva nel Mediterraneo, area percorsa e frequentata sin dal II millennio a.C.,
quindi le migrazioni sono dovute a più spinte propulsive e non riguardano solamente i
Greci.
L’Asia Minore e le
stirpi
Già nel XI/X sec. a.C.
probabilmente i Greci
avevano riallacciato
dei rapporti con l’Asia
Minore, grazie alla
possibilità di
attraversare il Mar Egeo
-chiuso tra coste
balcaniche, asiatiche e
cretesi- con una
navigazione di isola in
isola.
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Il mondo greco, attraverso le narrazioni orali ttizie, rispecchia la tradizione storica.
Spogliando quindi la narrazione della sua veste ttizia, rimane l’evidenza di comunità
elleniche -greche ma connotate come asiatiche- che abitano anche le coste
dell’Asia Minore e le isole che si a acciano sulla penisola balcanica meridionale.
Esiste quindi una diversi cazione dialettale nella lingua greca e la convenzione
attribuisce a questi dialetti i nomi utilizzati per di erenziare le stirpi.
La diversi cazione dialettale è veri cato nella realtà, mentre l’attribuzione di stirpe è
meramente una convenzione classi catoria.
Tuttavia, i Greci sentono molto questa appartenenza alla stirpe, così come
l’organizzazione sociale greca possiede diversi livelli di appartenenza, in particolare:
• Appartenenza alla famiglia di sangue: essa è speci cata attraverso il patronimico
• Appartenenza alla comunità cittadina: il legame con la polis
• Appartenenza agli Hellenes: sentimento di superiorità rispetto ad altre culture
L’appartenenza della stirpe si pone tra l’appartenenza cittadina e quella greca.
Tucidide dedica una trattazione (archeologia, nell’accezione propria del termine) alla
storia coloniale della Sicilia.
I principali protagonisti della colonizzazione greca nel Mediterraneo sono vari: città
euboiche, città dell’Istmo, Peloponneso, ma anche le isole e le città d’Asia Minore.
N.B. Molte colonie sono subcolonie, ossia la madrepatria diretta corrisponde in
realtà ad una colonia, anche vicina.
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Gli Eubei sono i primi fondatori di città greche in Occidente, nell’attuale isola di
Ischia, fondata nel 770 a.C. circa come emporio, col nome di Pitecusa, per poi fondare
sulla terraferma Cuma
N.B. Emporio dal greco emporie, ossia il luogo dove lavora l’emporos, il
viaggiatore commerciale, e viene usato come termine per indicare un centro di
scambi e di contatto fra culture.
Le città dell’Istmo (Corinto e Megara) si trovano in una posizione strategica che gli
permette di a acciarsi su due mari, rendendole quindi protagoniste del movimento
coloniale.
In particolare Corinto -dotato di 2 porti- fonda molte città sulla costa albanese e
soprattutto fonda la città di Siracusa nel 733 a.C..
In Calabria si trovano invece colonie achee come Sibari e Crotone, ossia città fondate
da popolazioni dell’Acaia, quest’ultime successivamente marginali nella storia greca; le
loro colonie invece avranno un periodo di splendore e ricchezza, tanto che Sibari sarà
per un periodo la città più potente della Magna Grecia, salvo poi venir scon tta da
Crotone stessa.
Nell’epoca di colonizzazione, vi sono anche grandi assenze: Atene ad esempio non è
una città coloniale, mentre Sparta fonda solamente una colonia, ossia Taranto.
Questa somma di esperienze rimane segnante nella storia della grecità, tanto che sono i
Greci stessi in età classica a denominare il Sud Italia come Megale Hellas, ossia
Magna Grecia
Le poleis in questione -in particolare quelle di Sicilia- infatti avranno una oritura
artistica e urbanistica senza pari, cercando di porsi come centro della grecità,
mantenendo però un’ambiguità nelle forme istituzionali.
Saranno molto in voga le tirannidi in Sicilia, soprattutto nel V sec. Con il succedersi di
gure -Ippocrate, Gelone, che emergono dalla ristretta cerchia aristocratica -spesso
presunta discendente dei fondatori- e tentano di fondare anche uno stato tirannico
unitario, intervallando anche forme di partecipazione democratica più o meno
allargata, come a Siracusa.
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Il caso di Ciren
Il Giuramento dei fondatori è una fonte epigra ca, diretta e priva di tradizione-
mediazione, ritrovato a Cirene, nell’attuale Libia.
È composto di 2 parti e riporta il giuramento dei fondatori della città.
N.B. Secondo la tradizione, Cirene è stata fondata nel 630 a.C., ma questo
testo epigra co per varie ragioni è stato fatto risalire all’inizio del IV sec.,
avendo quindi circa 200 anni di distanza dall’e ettiva fondazione.
L’ipotesi più accreditata è che sia un testo verosimile, ossia un testo che corrisponde
nel senso generale ai punti salienti del patto fondativo della città.
Il valore del testo è dato dal fatto che permette di analizzare il modo in cui una città
greca ricostruisce la sua storia fondativa e la sua identità, segnalando alcuni punti
focali che è possibile pensare siano aspetti comuni a tutte le spedizioni coloniali:
• La madrepatria, Tera, isola delle Cicladi -oggi Santorini- poco produttiva che fonda
una colonia molto produttiva (3 raccolti l’anno secondo la storiogra a del tempo)
• Il fondatore, Batto
• Il ruolo di Del , poichè il santuario di Apollo svolge un ruolo importante attraverso
una benedizione del Dio stesso ai naviganti.
N.B. Del è un luogo fondamentale per la circolazione del sapere, anche
relativamente alle conoscenze commerciali, marittime, geogra che per muoversi
nel Mediterraneo.
I ritrovamenti archeologici certi cano quanto detto sulla gura del fondatore: le necropoli
nel mondo greco sono collocate al di fuori della cinta muraria, ad eccezione della
tomba del fondatore, l’heroon (luogo di sepoltura dedicato ad una gura meritevole di
culto eroico, di rimando al periodo omerico), tumulato nel cuore della città, nell’agorà.
Nella logica territoriale entrano anche i casi di subcolonie, ossia colonie di matrice
simile sono fondate nello stesso territorio della colonia primaria, che tende appunto ad
espandersi nel territorio stesso con insediamenti “di secondo grado”.
In ne, le fonti antiche presentano la colonizzazione come un processo paci co di
installazione dei coloni, senza attriti con le popolazioni già presenti sul luogo. Il
rapporto con le popolazioni locali è invece variegato, che si risolve sia con con itti
e imposizioni, sia con un’ibridazione naturale, ossia un contatto e un’interazione
reciproca tra le culture.
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LA SCRITTURA ALFABETICA
Quand
La scrittura Lineare B è stata decifrata negli anni ’50 da Ventris e Chadwick. La
scrittura è pittogra ca e numerale, ma ssa sostanzialmente un segno con una sillaba,
costruendo così parole. Questo sistema di scrittura è usato per scrivere il greco.
I Greci apprendono il sistema alfabetico dai Fenici, che basano la scrittura alfabetica
sulla corrispondenza tra un fonema-suono e un segno.
Il Lineare B e l’alfabeto greco sono quindi sistemi diversi usati per segnare la stessa
lingua, mentre il sistema alfabetico è un sistema comune che segna due lingue di ceppi
di erenti, poichè il fenicio è una lingua semitica.
Nel fenicio non si segnano poi le vocali, mentre il greco segna le vocali perché la vocale
ha valore semantico. Quando i Greci imparano l’alfabeto, lo adattano anche alla loro
lingua e alle loro esigenze, utilizzando alcuni segni consonantici del fenicio -non
presenti nel loro inventario- per segnare le vocali.
Dov
I Greci derivano quindi questo sistema dai Fenici, ma è di cile collocare nello spazio e
nel tempo l’inizio di questo processo di alfabetizzazione.
Tutte le ipotesi hanno però in comune il contatto tra Greci e Fenici, da cercare quindi nel
Mediterraneo orientale.
ES. L’Eubea è un’area possibile poichè aveva contatti frequenti con l'Oriente
ES. Erodoto già è consapevole della liazione dall’alfabeto fenicio. Per lui, il
passaggio è avvenuto nella Beozia.
ES. Per altri l’apprendimento è situato a Creta, isola a cui i Greci associavano
molte tradizioni e usanze antiche.
Perché
La scrittura diventa con l’alfabeto una modalità molto semplice, duttile e trasmissibile.
La spiegazione dietro a questo sta forse nella necessità di ssare per iscritto i poemi,
oppure per necessità più pratiche e immediate -si potrebbe pensare ad esigenze
commerciali-mercantili- come la ricerca di un codice comune per segnare le cifre delle
merci.
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Ciò signi ca che la scrittura veicola molti aspetti informativi del mondo greco,
permettendoci di scorgere anche sfaccettature molto più rare: voci di schiavi, donne, di
religioni alternative o magiche.
È un dato rilevante della cultura greca l’esposizione di documenti scritti nei luoghi
deputati, poichè segnala un valore intrinseco della scrittura che viene trasmesso al
testo, attribuendogli autorevolezza; è quindi il supporto materiale stesso ad avere un
valore se viene scritto.
Per spiegare questa presenza, bisogna ricordare l’importanza della cultura degli Eubei,
che la tradizione vuole ricordare come fondatori di Pitecussa (Ischia) nel golfo di
Napoli, che rappresenta il limite settentrionale della colonizzazione greca in Italia
meridionale.
Nell’area di Napoli quindi si è imparato a scrivere in greco con alcune forme delle
lettere caratteristiche dei calcidesi -città di Calcide, in Eubea-, colonizzatori di
quest’area.
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ES. Monumento a Ramses II, Abu Simbel (Egitto)
Tra le esperienze della cosiddetta mobilità mediterranea, bisogna ricordare anche
l’attività mercenaria dei Greci, spesso assoldati come truppe scelte.
Questo monumento ne è una prova, poichè reca delle iscrizioni vandaliche
rmate con nome in greco, che parlano di una spedizione ad Elefantina, un
dettaglio che permette di datarle al VI sec. a.C.
È signi cativo inoltre poichè la parola per indicare “stranieri” è traducibile già
come “coloro che parlano un’altra lingua”.
Il mondo arcaico è quindi un mondo di legislazione, che cerca di porre delle regole
comunitarie sugli aspetti basilari del vivere comune: dall’omicidio alla difesa della vita,
dall’eredità alla proprietà, cercando di evitare attraverso opportune legislazioni
qualsiasi possibile tensione interna, stabilendo però anche opportune punizioni e
ammende.
Nei confronti dei cittadini, le pene erano spesso pene pecuniarie o l’esilio, mentre non
vi sono attestazioni di pene siche o di pene capitali.
Le fonti (Aristotele nella Politica) indicano che i primi legislatori provenivano da città
nuove, sorte con l’espansione nel Mediterraneo occidentale, tra i quali gurano Caronda
a Catania e Zaleuco a Locri, poichè vi era necessità di porre una nuova legislazione per
le fondazioni.
L’iscrizione presenta una formula di sanzione -“così decise la polis”, formula che
dichiara ed evidenzia la decisione comunitaria all’interno delle iscrizioni epigra che.
Si parla inoltre di kosmos e l’iscrizione è relativa proprio alla non-iterabilitità della
carica del kosmos, ossia il nome del magistrato più importante delle città cretesi, con
funzione amministrativa il quale non può avere la stessa carica per i 10 anni successivi
a quando ne è investito, poichè altrimenti verrebbe colpito da una sanzione.
Il pericolo percepito e contrastato dalla norma è quindi la possibilità di una presa di
potere autocratico. La pena in caso di deriva autocratica è una pena pecuniaria, la
privazione dei diritti civili e l’abrogazione delle attività e delle decisioni compiute dal
kosmos no a quel momento.
Si evince inoltre che le norme pubbliche sono sancite da un giuramento religioso, a
cui partecipano: “il kosmos in carica, i damioi e i Venti della polis”, probabilmente altri
consigli istituzionale della polis.
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✤ Chio, isola al largo dell’Asia Minore
La stele -risalente al VI sec. a.C.- conserva un testo assai danneggiato su tre delle
quattro facce entro cui è distribuito, ma nel complesso ricco di elementi utili a mettere
in evidenza alcuni rilevanti aspetti storico-politici dell’isola, sebbene la stele forse non sia
proveniente da lì.
Emerge dal testo della stele il carattere singolare dell’insieme di istituzioni menzionate
nel testo: oltre ad un gruppo di basileis, l’iscrizione fa riferimento a un demarco e al
demo, dove quest’ultimo aveva il potere di emanare leggi, riunirsi in assemblea e
costituire una boulé.
Si è voluto istituire un parallelo con l’Atene di Solone che però si è rivelato
successivamente troppo forzato, così come la tesi della “democrazia in progresso” a
Chio; non solo perché nel testo non ne viene fatta alcuna menzione, ma anche perché il
documento si presta a essere piuttosto testimone della presenza di organi politici non
già democratici ma pubblici, come nel caso della boulé.
Si deduce quindi soltanto il carattere misto dell’ordinamento politico di Chio nel VI
secolo, che stando a Tucidide rimase tale anche nel secolo successivo (mentre secondo
Aristotele fu esempio di oligarchia dispotica).
ATENE
La storia ateniese di età arcaica giunge a noi attraverso le testimonianze archeologiche,
che attestano come Atene fosse un centro evoluto già in età micenea e nelle Dark Ages.
L’unico dato storico certo è che Atene fosse dominata da un’oligarchia di famiglie
aristocratiche, riunite sotto il nome di Eupatridi (ossia i “bennati”).
Nel 632 a.C. circa Cilone cerca di instaurare una tirannide ad Atene, ma la congiura viene
sventata grazie all’intervento della potente famiglia aristocratica degli Alcmeonidi, che
stermina i congiuranti.
Le leggi di Dracone
Il primo legislatore che la storia riconosce per Atene è Dracone, la cui attestazione
storica è plausibile e le cui leggi sarebbero state durissime secondo la tradizione.
ES. Plutarco, Vita di Solone
Parlando di Solone, Plutarco accenna a Dracone e alla durezza delle sue norme.
L’opera legislativa di Dracone si lega alla questione dell’omicidio. L’omicidio per le città
greche è un’infrazione gravissima, poichè se commesso nei confronti di un
concittadino, va a contaminare la città stessa.
N.B. Polemos e stasis
Polemos è la guerra connotata positivamente, quella contro il barbaro,
l’aggressore, una guerra di difesa e di opposizione al nemico.
Stasis è la guerra intestina, tra fazioni di concittadini della polis e con esiti
sanguinosi.
Se quindi uccidere un nemico porta onore nei confronti degli dei, l’uccisione di un
membro della comunità causa “contaminazione” e una rottura del patto con gli dei,
rendendo l’omicidio non più un fatto singolare ma una colpa collettiva.
ES. A Selinunte (Sicilia) esiste una legge sacra che spiega il procedimento concreto
con cui la città poteva sciacquarsi delle sue colpe.
Nel 621 a.C. Dracone promulga quindi una legge sull’omicidio, giunta a noi grazie ad
un’iscrizione del V sec. a.C. (408 a.C), quindi posteriore all’epoca draconiana.
N.B. La norma ha un’instestazione che certi ca come Atene abbia trascritto su
pietra questa norma, recuperata ovviamente in maniera revisionata, ma
comunque assimilabile probabilmente a quella originale.
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N.B. Si decide di ripubblicare la norma se viene giudicata cruciale per le
istituzioni in quel preciso momento storico, cosa che diventa plausibile se
sovrapposta alla situazione di con ittualità civile di Atene nel periodo della
pubblicazione epigra ca.
L’intestazione dimostra come fosse già in atto una classi cazione delle tipologie degli
omicidi, distinguendoli innanzitutto per l’intenzionalità.
Nel caso di omicidio senza premeditazione, si supera la logica della faida e
dell’omicidio riparatore del colpevole, decretando il con no come pena.
Inoltre, la faida è superata anche per quanto riguarda il coinvolgimento della
famiglia: anche la famiglia partecipa al giudizio, decidendo di perdonare in maniera
unanime, poiché anche una sola opposizione è decisiva nel decretare la colpevolezza
dell’accusato.
N.B. Le leggi venivano scritte su un axon, ossia un supporto ligneo e rotante
attorno ad un perno, su cui venivano applicate lamine di metallo iscritte, come ad
esempio la Lex Sacra di Selinunte in Sicilia
La riforma di Solon
Solone è un legislatore importante, arconte nel 594 a.C. e gura essenziale nello
sviluppo ateniese poichè mostra la deriva esemplare di Atene.
La città di Atene -e idealmente molte altre poleis- è quindi ancora attraversata nel VI
sec. da con itti, in particolare riguardo a due aspetti:
- De nizione del corpo cittadino: no a Solone, un cittadino poteva diventare schiavo
e perdere qualsiasi diritto, mentre dopo Solone un cittadino non potrà mai perdere
il suo statuto di uomo libero.
N.B. Non si interrompe la tradizione schiavista, bensì si tutela la comunità e si
preferisce utilizzare schiavi stranieri, ad esempio nei mercati del Mar Nero.
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hektemoroi (letteralmente “quelli della sesta parte”), probabilmente riconducibili
a degli a ttuari terrieri, ripagati con parte del raccolto, forse proprio 1/6 del
raccolto.
N.B. La ricchezza terriera è connotata positivamente nella società greca -a
di erenza di quella mercantile- e il generico possesso di terra è strettamente
legato alle prerogative del cittadino.
Solone si presenta come colui che vuole risolvere la con ittualità sociale.
Egli viene percepito nella tradizione successiva e nella Costituzione degli Ateniesi come
“uomo della mediazione”, come “prostate tou demou” (letteralmente “capo del
popolo”, ma inteso come garante del popolo)
L’operato politico di Solone giunge a noi attraverso le sue parole, poichè egli è infatti
anche poeta, autore di elegie recitate nei simposi.
N.B. Dal contenuto delle sue elegie si capisce infatti che il simposio non è solo
luogo di convivialità e divertimento, ma anche di azione e propaganda
politica.
Solone descrive Atene come una città dilaniata dalla discordia civile, i cui capi del
popolo sono tracotanti e privi di misura, di equilibrio, mentre egli tiene come riferimento “i
venerandi fondamenti di Dike”, ossia i fondamenti della Giustizia, per giungere
all’eunomia, ossia al buon governo e alla giustizia sociale.
L’azione di Solone è volta alla costruzione di una comunità politica armonica, ossia di
una nozione di cittadinanza: ognuno è parte necessaria del funzionamento della
città.
In particolare, nel caso di una lotta civile -la stasis-, è necessario schierarsi e partecipare
alla vita politica.
N.B. Anche in caso di polemos, la neutralità viene sanzionata poichè sottolinea
un atteggiamento di opportunismo. Il mondo greco è una realtà agonale in tutti
gli ambiti, dove il confronto, la partecipazione diretta e dichiarata è vista come una
virtù.
Per superare il con itto sociale, Solone compie innanzitutto la cosiddetta seisachteia,
letteralmente “scuotimento dei pesi”: un appezzamento di terra dato in pegno era infatti
segnalato da dei cippi ipotecari, così che la cancellazione dei debiti ipotecari è
descritta come un vero e proprio sisma, una scossa che libera metaforicamente la terra
dai cippi, quindi c concretamente elimina e libera il popolo dal rischio della schiavitù
per debiti.
Questa riformulazione del patto civico fu attuata concretamente nel corso del decennio
successivo, avendo anche valore retroattivo ovviamente.
Inoltre, Solone riforma anche il corpo civico, suddividendolo in 4 classi per meglio
ordinare la comunità.
Il criterio secondo il quale viene attuata questa distinzione è il criterio censitario, basato
sulla ricchezza di terre.
N.B. La scelta del criterio ricade su un criterio mobile -diverso ad esempio al
criterio di nascita.
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Si distingue in:
‣ Pentacosiomedimni (letteralmente “quelli dei 500 medimni”, dove il medimno è
un’unità di misura di capacità corrispondente a 52 litri, utilizzato per misurare
quantità di cereali o olio), ossia coloro i quali producono una quantità abbondante di
raccolto.
N.B. La terra -e il valore ad essa legata- sono in realtà dipendenti dall’utilizzo e
dalla capacità produttiva della stessa.
‣ Cavalieri, ossia coloro che possiedono cavalli e producono 300 medimni
‣ Zeugiti (letteralmente “coppia di buoi”), ossia coloro che possiedono animali da
giogo e producono 200 medimni
‣ Teti, ossia coloro che producono lo stretto necessario per la loro sopravvivenza,
spesso essendo quindi lavoratori salariati di ceti più alti.
N.B. Lo spostamento del focus su questa grande classe porterà poi all’esperienza
della democrazia ateniese.
Questa divisione ha anche delle ricadute civiche e militari, poichè alle più alte cariche
dello Stato o dell’esercito possono accedere solo i cavalieri e i pentacosiomedimni.
Vi è quindi un rispecchiamento automatico e perfetto tra classi sociali, cariche
pubbliche e corpo militare.
Secondo la tradizione, Solone se ne va dopo la riforma -che viene scritta sopra a degli
axones, tavole lignee esposte- per evitare che qualcuno lo costringesse a modi carla.
Il processo attribuito a Solone è da una parte frutto di un’evoluzione della comunità, ma
allo stesso tempo non soddisfa nessuno, dal proprietari no al popolo.
N.B. Il popolo richiede una ridistribuzione equa della terra, proposta che perdurerà
per molto tempo nelle aspettative del popolo.
D’altra parte, se Solone recupera parte della società che era ingiustamente costretta
alla schiavitù, egli impone però la ricchezza come base fondante della distinzione
sociale.
SPARTA
Sebbene Sparta sia passata alla storia per la sua alterigia, la sua impenetrabilità e il rigore
ferreo dei suoi cittadini, ricerche più recenti l’hanno assimilata nelle esperienze ad una
polis dai caratteri regolari.
Nel racconto omerico, Sparta era sede di un palazzo miceneo, retto da Menelao,
fratello di Agamennone; gli Spartani si fanno poi risalire ai Dori, secondo delle origini
mitiche
Tuttavia, all’origine di Sparta vi sono le guerre messianiche dell’VIII sec. a.C., ossia
dei con itti che interessarono la città e la vicina regione della Messenia.
La conquista della Messenia diede un grande impulso allo sviluppo spartano poichè
fornì:
- Un territorio da coltivare molto vasto
- Un popolo asservito, i Messeni
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Nel VI sec. si assiste a quel fenomeno di chiusura della società spartana su se
stessa, ma al contempo si sviluppa in senso esterno e meno bellicoso la sua
espansione: messa a bada la città rivale di Argo, Sparta crea una Lega del Peloponneso,
dove le città partecipanti mantenevano la loro autonomia in cambio del servizio
militare reso a Sparta, e dell’impegno ad avere amici e nemici in comune.
L’organizzazione socio-politic
Si parla di eunomia spartana, ossia buon governo spartano, poichè quella di Sparta
viene considerata la migliore costituzione del tempo da uomini politici e pensatori
contemporanei alla polis, ma anche nella ri essione politica dell’età moderna.
ES. Tucidide I, 18
Tucidide esalta il buon governo spartano, esente da tiranni e basato su una
costituzione solidissima, immutata in quanto funzionale.
Secondo la tradizione, Licurgo sarebbe andato a studiare a Creta, che viene quindi
vista come esempio di legislazione.
N.B. Le leggi scritte avrebbero avuto origine in Grecia situazioni sociali miste,
dove erano presenti anche stranieri già abituati alle leggi scritte; è quindi
coerente pensare a Creta come ad un luogo adatto a questo sviluppo, poichè da
sempre crocevia di culture e popoli.
Sempre secondo la tradizione, Licurgo sarebbe stato ispirato per le sue norme da Del e
avrebbe trascritto il tutto nella cosiddetta Grande Rhetra (ossia “parola detta,
proclamata”, ad indicare la sua origine orale), il testo costituzionale che rimase in atto
a Sparta dalla ne dell’VII sec no al III sec. a.C.
Il tema della diarchia riprende il mito di due gemelli (capostipiti delle famiglie)
discendenti da Eracle, eroe di riferimento della cultura dorica, riconducendo la
sostanza della regalità all’eroismo. Infatti, i due re avevano il ruolo di guide militari.
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• Presenza di due organismi:
- La Gherusia (traducibile come “senato”), un consiglio di anziani -oltre i 60
anni- costituito da 30 membri tra cui gli stessi re.
- L’Eforato, ossia una magistratura composta da 5 membri tra cui l’eponimo
che dava il nome all’anno.
A questa magistratura -probabilmente istituita più tardi con funzione di
controllo istituzionale- potevano accedere tutti i cittadini con più di 30 anni, i
quali rimanevano in carica per un anno e avevano poteri molto estesi.
Vi era poi un’assemblea popolare, che eleggeva gli efori e i componenti della Gherusia,
ma sembra che avesse un ruolo marginale e solo consultativo.
Esistono inoltre molti gradi intermedi, come quello degli spartiati decaduti, ed esiste
un’aristocrazia anche interno agli spartiati, sebbene la carica degli efori abbia
mantenuto una sorta di coe ciente democratico all’interno della classe spartiate.
L’educazione spartan
Il sistema educativo spartano -chiamato agoghè- era uno strumento
straordinariamente e ciente di controllo e formazione dei cittadini spartiati, che
erano tenuti a seguirlo n dai 7 anni.
Il bambino infatti, dopo aver superato i controlli eugenetici, veniva allevato in famiglia
no ai 7 anni; dopodiché venivano assegnati allo Stato, che li suddivideva in gruppi per
età e gli inculcava una disciplina ferrea, basata su privazioni e sacri ci, al ne di
creare dei soldati e cienti.
N.B. La famiglia aveva un ruolo marginale nella società spartana, ma al tempo
stesso la gura della donna aveva diritti e libertà molto rare nel restante mondo
greco.
A 18 anni erano previste delle prove di iniziazione -come la caccia all’ilota-, superate le
quali continuava la sua formazione no ai 30 anni, con il raggiungimento dei pieni
diritti civili.
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LE TIRANNIDI E LA DEMOCRAZIA
Gli e etti positivi della gura di Solone ad Atene sono percepibili solo sulla lunga
distanza, poichè sul piano fattuale l’evoluzione di Atene si allinea a quella di altre
poleis, dove la con ittualità e le tensioni interne esacerba nel VI sec. nell’esperienza della
tirannide.
ES. Teognide di Megara parla della sua città come di una nave che rischia il
naufragio, come una donna gravida di uomini tracotanti, di discordia.
Di fatto, l’esperienza della tirannide è di usa e comune -sebbene non duratura- nelle
poleis greche e quindi è necessario de nirne i tratti dal punto di vista storiogra co,
esentandolo dal pro lo posteriore che è frutto di una presa di coscienza del
fallimento dello sviluppo ideale della polis, poichè innanzitutto il tiranno è colui che
prende il potere “con la forza e con l’inganno”, ossia una degenerazione della
monarchia al di fuori del normale svolgimento delle istituzioni.
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Il tiranno quindi cerca probabilmente l’appoggio delle parti marginali delle
popolazione, con un atteggiamento strumentale e populista.
Nonostante la rappresentazione negativa della tirannide, il tiranno tuttavia non modi ca
mai radicalmente le istituzioni e le leggi in senso rivoluzionario, bensì interpreta il
potere secondo schemi propri dell’aristocrazia.
ES. Il tiranno cerca il successo militare, cercando di onorare le capacità militari
dimostrate in precedenza.
Oppure, il tiranno si esprime attraverso la logica della comunicazione e
dell’etica aristocratica, attraverso rapporti personali con altri tiranni (doni,
consigli, matrimoni…) che veicolano anche le relazioni interstatali e ne rinsaldano il
potere.
La prosperità e la crescita economica del VI sec. viene interpretata dai tiranni con
dei processi di crescita in varie direzioni -crescono i centri urbani in un mondo ancora
estremamente rurale- e quindi i tiranni hanno contribuito alla crescita delle città
ES. A Pisistrato tiranno di Atene sono attribuite grandi opere pubbliche, feste
religiose,…
Questa suddisivione innanzitutto dice che l’Attica si presenta come una zona eterogenea
con vocazioni produttive diverse; inoltre ci dice che la stasis si svolge tra le fazioni
aristocratiche della città, e che ognuna delle famiglie controlla una di queste 3 zone
geogra che e quindi controlla una determinata sfera economica-produttiva.
Ogni famiglia instaura quindi un clientelismo con una certa zona ne di ottenerne il
consenso.
La montagna, controllata nel consenso da Pisistrato, rappresenta la zona più povera
economicamente parlando, popolata da persone liberate dai debiti ma in condizioni
comunque precarie, persone senza terra, persone di ritorno dall’esilio, quindi
potenzialmente una schiera di individui socialmente pericolosi e insoddisfatti.
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La ne della tirannide ad Aten
Il tema della liberazione dal tiranno diventa però un tema propagandistico di estrema
potenza, rispecchiando solamente la componente demoniaca della tirannide.
Tuttavia, l’omicidio di un cittadino -pur essendo un tiranno- crea un problema come un
qualsiasi altro omicidio.
Dopo la morte di Pisistrato, prendono il potere i due gli Ippia e Ipparco, i quali
esercitano il loro potere in maniera fortemente personale.
Nel 514 a.C., durante le feste panatenee, viene teso un agguato ai due fratelli tiranni,
che vengono assaliti alle porte dell’Agorà da una congiura guidata da Armodio e
Aristogitone.
Ippia viene ferito, Ipparco viene ucciso, così che non viene scal ta la tirannide.
Nel 511 a.C., gli Alcmeonidi chiedono aiuto al re di Sparta per cacciare Ippia, così che
Atene viene liberata dalla tirannide.
Sono quindi i Lacedemoni ad essere i responsabili della liberazione di Atene, ma
questa realtà è molto scomoda per la storiogra a ateniese, che cerca di ricostruire la
propria immagine di libertà, contendendo a Sparta questo primato di anti-tirannia.
Tucidide racconta inoltre di come l’attentato fosse stato architettato per risolvere un
contenzioso erotico-amoroso, non per sovvertire la tirannide dei gli di Pisistrato.
Tucidide de-eroizza questo episodio e sconfessa la pretesa ateniese di voler esaltare i
propri tirannicidi.
In ne, nel 338 a.C. con la legge di Eucrate contro la tirannide, su decisione dei
nomoteti, si postula la “purezza” del tirannicida, risolvendo il problema della
contaminazione derivante dall’omicidio. Questo probabilmente perché il tiranno viene
inteso ormai come nemico della città, quindi esterno e pericoloso per essa, quindi
rientrante nell’ambito del polemos, della guerra contro l’altro, contro l’esterno.
N.B. Questa norma sottolinea una probabile stasis in corso nel 338 a.C., dove la
città era divisa tra i sostenitori della democrazia e i sostenitori della venuta di
Filippo il Macedone, descritto quindi come “tiranno”
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La riforma di Clisten
Atene si libera della tirannide e si apre ad uno sviluppo di erente rispetto alle altre
città, installandosi come eccezione all’interno della grecità del V sec. a.C.
Il processo democratico ateniese incomincia con Clistene, appartenente alla famiglia
degli Alcmeonidi.
Le notizie riguardanti Clistene sono relative alla riforma del 508 a.C., con la quale si
apre il processo democratico ateniese, in primis riorganizzando lo spazio sociale
dell’Attica.
Con Pisistrato vi era stato un grande sviluppo urbano, con il movimento in città di coloro
i quali abitavano le montagne e lo sostenevano, ma non vi era stata una vera e propria
risoluzione di questa situazione tripartita.
Clistene invece, per impradonirsi del potere, decide di promulgare una riforma che
smantella il fulcro del potere aristocratico, ossia quel rispecchiamento tra famiglia/
nucleo aristocratico e una certa parte del territorio.
Egli attua quindi una mescolanza: ogni tribù è tripartita in una componente della
costa, una componente dell’interno e una componente della città propriamente
detta.
Così facendo, si creano tribù che nella loro dialettica interna sono rappresentative
però dell’intera Attica e di tutte le istanze in maniera omogenea.
Il nome della tribù quali ca il cittadino, così che la tribù non ha più una matrice
territoriale ma diventa un raggruppamento di cittadini di estrazione territoriale
diversa.
Alla divisione in tribù si sovrappone un’altra divisione, molto importante, ossia quella del
demos.
Con demos, innanzitutto ci si riferisce a cose diverse:
• Unità territoriale con con ni de niti, di piccole dimensioni, con le proprie istituzioni,
feste religiose,… ma comunque dipendenti dalla città di Atene
• Sinonimo di ekklesia, ossia l’assemblea di tutti i cittadini
• Parte politica connotata in senso democratico
Il cittadino si iscrive al registro del suo demos, e solo così acquisisce i suoi diritti
civili.
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Attraverso l’appartenenza ad una demos e al collegamento tra tribù e demos si va ad
associare automaticamente un cittadino ad una tribù.
Ciascuna famiglia e i suoi eredi detengono l’appartenenza ad un demos per via
ereditaria, così che lo spostamento di una famiglia da un luogo ad un altro non cambi
l’appartenenza della famigli stessa ad un demos.
Vi erano inoltre numerose magistrature, alcune già pre-esistenti come l’eliea, ossia il
tribunale popolare, accessibile per sorteggio e dopo i 30 anni.
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In generale, le magistrature erano annuali, collegiali (in numero di 10), sorteggiate e
sottoposte al controllo al termine del loro operato.
N.B. Aristotele sottolinea la modalità di selezione: nell’assemblea e nelle
istituzioni non vi è nessun criterio censitario per accedervi (quindi anche i Teti
possono partecipare ad esempio); per Aristotele la qualità di una costituzione è
valutabile in base al criterio di selezione.
Le due magistrature più importanti sono quella degli arconti, simbolo dell’aristocrazia,
e quella degli strateghi, eletti uno da ogni tribù.
Progressivamente si assiste ad una perdita di in uenza dell’arcontato, che perde in
primis la peculiarità aristocratica e via via cede anche poteri e prerogative ad altre
istituzioni, no al 461 a.C., anno in cui E alte priva l’arcontato di qualsiasi potere.
La carica più importante dello stato diventa quindi quella dello stratego che,
sebbene possa sembrare una carica puramente militare, con il tempo allarga sempre di
più le proprie competenze.
L’ostracism
L’ostracismo è un fenomeno democratico -documentato dal 488 al 418 a.C.-
attribuito a Clistene, sebbene il primo episodio di ostracismo documentato sia più tardo.
Questo fenomeno nasce come rimedio preventivo al pericolo della tirannide, per
allontanare coloro i quali miravano a prendere il potere; tuttavia, diventa uno strumento
meramente di lotta politica tra fazioni avverse, per intralciare il cammino politico di una
fazione o di un’altra.
In un’assemblea, si vota per l’esilio decennale di una persona dalla città, attraverso
una votazione che avviene scrivendo il nome della persona scelta su un coccio di
vaso, detto appunto ostrakon.
L’esiliato deve stare lontano dalla città per 10 anni, ma non gli vengono tolti i beni, che
saranno recuperati al rientro in città.
N.B. Si presume inoltre che almeno 6000 persone sapessero scrivere ad Atene,
in quanto le fonti riportano questo numero, probabilmente come numero minimo
di partecipanti dell’assemblea o di voti necessari per attuare l’ostracismo.
Tuttavia, siccome molti ostraka presentano una gra a simile, è probabile che
non tutti i partecipanti sapessero scrivere e che i cocci venissero distribuiti già
iscritti con la preferenza del cittadino, ma con l’eventualità quindi che l’evento
venisse pilotato.
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LE GUERRE PERSIANE
La centralità delle guerre persiane è dovuta al suo ruolo nel con itto tra Sparta e
Atene per il predominio della Grecia e nella volontà di potenza di Atene, oltre che alla
nascita di temi culturali importanti in epoche successive (come il problema della grecità
dell’Asia Minore o il tema della libertà contro il dispotismo) e alla grande ducia che
l’esito positivo diede alle poleis greche.
Nella sua crescita, l’Impero persiano dimostra di volersi a acciare sempre di più sul
Mediterraneo, motivo di collisione con il mondo greco.
N.B. Nella prospettiva storiogra ca greca -descritta in maniera dettagliata da
Erodoto-, le guerre persiani sono guerre epocali di difesa, contro l’invasione
barbara, mentre nella prospettiva persiana sono guerre di con ne di poco
conto se paragonate all’estensione dell’Impero.
Nel 546 a.C. Ciro il Grande conquista la Lidia, regno a ne alla grecità per usi e costumi
e legato da rapporti economici e sociali.
I Greci d’Asia Minore inizialmente spaventati non subirono grossi contraccolpi dal
nuovo regime persiano in Lidia, almeno no al regno di Dario I.
Tra il 499 e il 494 a.C. si veri ca la rivolta ionica, raccontata da Erodoto tra il quinto e il
sesto libro.
Con questo termine si intende la rivolta delle città greche dell’Asia Minore, capitanata
dalla città di Mileto. Queste città si riconoscevano nella stirpe ionica e in tutte le sue
peculiarità, motivo per cui la rivolta prende questo nome.
Le città greche dell’Asia Minore erano poleis, entità autonome, ma per il re persiano
esse erano comunque assoggettate al suo controllo in quanto territori dell’Asia
Minore, e quindi soggette alla tassazione e alla leva militare.
In particolare, l’esercito persiano contava sulle città greche asiatiche per quanto
riguarda la otta.
La Ionia era un mondo culturalmente avanzato e vivace dal punto di vista intellettuale
-con esempi di “ loso sici” illustri, come Talete; con storici illustri come lo stesso
Erodoto- tanto che la prima testimonianza di una carta geogra ca viene proprio dalla
narrazione di Erodoto relativamente ad un episodio della rivolta ionica.
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I due sistemi di governo, quello monarchico-imperiale e quello della polis, entrano in
collisione quando Aristagora di Mileto fomenta la rivolta contro il re per rivendicare
l’autonomia delle città greche.
N.B. Per Erodoto, Aristagora voleva costruire un proprio potere personale e
cavalca solamente l’onda del malcontento per favorire la propria ambizione di
potere.
Per Erodoto, Aristagora va a chiedere aiuto a Sparta portando con sè un pinax di
bronzo -ossia una tavola di bronzo- sul quale erano segnati i con ni, i umi e i popoli
del regno persiano, al ne di mostrare le ricchezze dell’eventuale conquista.
Sebbene quindi Sparta abbia ri utato l’alleanza con Mileto, questo è una prova della
profonda conoscenza e della dimestichezza dei Greci entro le coste del
Mediterraneo.
La rivolta ionica è un evento incastrato profondamente nei meccanismi che hanno poi
mosso le guerre persiane, tanto che lo stesso Erodoto ne scrive come “l’origine dei
mali”, il “principio delle sciagure”.
Questo poichè Aristagora, dopo aver ricevuto il ri uto di Sparta, si rivolge allora ad
Atene, che in quel momento stava vivendo un periodo orido e di espansione e che
decide di inviare 20 navi in soccorso alle città ioniche, -che verranno però poi
richiamate nel 498 a.C.
Atene presta aiuto per via della syngeneia, ossia un sentimento di comune
discendenza tra gli Ateniesi e gli Ioni -certi cato anche da un dialetto molto simile- che
emerge prepotentemente a difesa della stirpe ionica, di cui Atene si sente
madrepatria.
Le città greche dell’Asia Minore si coalizzano allora in una lega, riuscendo a penetrare
a Sardi (ex capitale della Lidia), tuttavia la macchina militare persiana lentamente
schiaccia le pretese greche e le so oca nel sangue nella battaglia navale di Lade.
Nel 494 a.C. Mileto viene distrutta e resa schiava, i suoi abitanti che vengono deportati
in Oriente e questo segna il fallimento della rivolta ionica.
Nel 486 a.C. sale sul trono di Persia il glio di Dario, Serse, che viene dipinto dalla
storiogra a greca come un uomo sfrenato, tracotante e senza limiti.
N.B. Questi eventi sono raccontati nei libri VII-IX di Erodoto. In particolare,
Erodoto nel VII libro parla della di coltosa traversata dei Dardanelli da parte
dell’esercito persiano, ostacolato dal mare in tempesta. Serse ordina
assurdamente di frustare il mare, per far sì che gli obbedisca.
Se quindi il padre Dario si era spinto verso l’Europa solo per rimarcare il suo con ne
asiatico, Serse si pone n da subito come un conquistatore, organizzando nel 481/480
a.C. una spedizione per assoggettare la Grecia e le poleis.
La spedizione è composta da un corposo esercito di terra che transita dall’Asia
all’Europa passando per la Grecia settentrionale, accompagnato da una otta navale.
Tra le città greche -non tutte- si era creata nel 481 a.C. una Lega panellenica capeggiata
militarmente da Sparta, che aveva proposto varie soluzioni per far fronte alle mire
espansionistiche di Serse.
Ad esempio, i Peloponnesiaci propongono di costruire un muro sull’istmo di Corinto,
abbandonando il resto della Grecia all’invasione persiana.
Si decide invece di schierare una linea di resistenza alle Termopili, che risulta però
ine cace e si smantella -eccezion fatta per Sparta- quando l’esito sembra essere a
favore dei Persiani.
L’esercito persiano vince la strenua resistenza degli Spartani (i 300) e riesce a
passare.
I primi a subire l’avanzata persiana furono gli Ateniesi, che si ritirano sull’isola di
Salamina mentre i Persiani radono al suolo la città.
Tuttavia, gli Ateniesi riescono ad organizzare una contro ensiva e una strategia contro
i persiani -ossia chiudere le loro pesanti navi nel golfo di Salamina- , che risulta essere
e cace nell’esito della battaglia di Salamina (480 a.C.).
Serse fugge in Persia con la otta, rati cando il successo della Lega di città greche.
Tuttavia l’esercito persiano di terra rimane stanziato in Beozia e nell’inverno
successivo si ha un ulteriore scontro, ossia la battaglia di Platea (479 a.C.), che però
vede trionfare ancora i Greci, ricompattai in un fronte militare unito.
Addirittura i Greci rincorrono l’esercito persiano in fuga, sbaragliandone
de nitivamente la otta navale a Capo Micale, presso Mileto, causando anche l’insorgere
delle città ioniche d’Asia Minore.
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L’e etto delle guerre persian
Malgrado lo scarno novero di fatti e battaglie e la breve durata del con itto, le guerre
persiane sono fondamentali per il ruolo che hanno avuto nel plasmare l’identità
culturale greca, attraverso alcuni temi:
‣ I medizzanti
Nella gestione della seconda guerra persiana, si veri ca per la prima volta una
coalizione “panellenica” che viene immediatamente ricollegata a quella della guerra
di Troia nell’immaginario collettivo della grecità.
Tuttavia, Erodoto dimostra come il fronte greco non fosse così compatto, essendo
anzi costituito anche da:
- Poleis lopersiane o “medizzanti”: città ioniche e aree settentrionali (Tracia,
Tessaglia, Beozia con Tebe), probabilmente per via dell’invasione.
Verrano per sempre tacciate di medismo -da cui “medizzanti”- ossia di un
atteggiamento di simpatia verso il regno persiano
- Poleis neutrali: Argo, Creta, Siracusa.
A queste città la Lega panellenica invia ambasciatori, ma le città si ri utano di
partecipare. Anche queste città vengono poi tacciate di medismo per la loro
inazione, che sottintende una propensione per i Persiani.
La rappresentazione del con itto tra Greci e Persiani è quindi sempre in una logica
binaria, divisa nettamente in coppie oppositive.
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‣ La lega peloponnesiaca
Lo scontro con i Persiani è cruciale anche perché costituisce uno dei prodromi degli
eventi che segneranno la storia greca nel V sec. a.C.
Infatti, dal punto di vista militare la Lega panellenica aveva come leader la città di
Sparta, dotata di una società militare, organizzata e addestrata in maniera formidabile,
tutta focalizzata sulla guerra.
Inoltre, Sparta aveva già da tempo organizzato attorno a sè la cosiddetta lega
peloponnesica, ossia una coalizione della Laconia e la Messenia -ridotta in schiavitù.
Il valore degli Spartani -esaltato nella tradizione successiva- trova la sua espressione in
due occasioni:
- L’impresa delle Termopili, dove Leonida re di Sparta fronteggia con 300 spartiati
l’immenso contingente persiano, sacri candosi.
- La battaglia di Platea, dove gli Spartani dimostrano la loro eccellente strategia
militare portando i Greci alla vittoria.
Inoltre, dopo ogni battaglia i Greci erano soliti raccogliere il bottino -spesso le armi-,
o rendo la decima (parte) alle divinità a loro favorevoli.
In occasione delle guerre persiani, vengono ringraziati i santuari panellenici, ossia a
Del , a Olimpia e all’Istmo di Corinto.
A Del con il bottino viene eretto un monumento a ricordo delle guerre persiane ,
costituito da una colonna di tre serpenti avvinghiati -ora situata ad Istanbul- recante i
nomi di tutti i partecipanti -le città- allo scontro.
Questo è importante poichè il primo nome citato -seguito a ruota da Ateniesi e
Corinzi- è quello dei Lacedemoni, ossia gli Spartani
La storia successiva sarà proprio improntata sul tentativo di Atene di costruire una
forza militare egemone anche rispetto a Sparta, imbastendola in maniera originale
attraverso l’egemonia navale.
Inoltre è signi cativa anche la presenza dei Corinzi come terzo polo della grecità,
capace di schierare una discreta forza militare terrestre ma anche navale.
Nel V sec. nella guerra del Peloponneso si costituirà quindi questa opposizione binaria
interna alla grecità-in primis come approccio militare tra i Lacedemoni (società militare
di opliti, di stampo tradizionale e oligarchico) e gli Ateniesi (società aperta e democratica,
improntata all’innovazione), con l’elemento di disturbo di Corinto.
Se da un lato quindi le guerre persiane simboleggiano la vittoria della grecità sulla
barbarie, esse contengono anche il germe della dicotomia interna tra Sparta e Atene.
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La situazione ad Aten
Durante la battaglia di Maratona - a nord dell’Attica, gli Ateniesi avevano fronteggiato
da soli l’esercito persiano appena sbarcato, poichè Sparta non aveva risposto alla
chiamata alle armi per via di un festeggiamento.
Questa vittoria solitaria è la prima tappa della creazione del mito culturale di Atene,
venendo infatti celebrata in maniera enfatica, iperbolica, quindi stravolta e accresciuta
nella sua verità storica.
In particolare, nel discorso motivazionale -riportato da Erodoto a posteriori- tra lo
stratega Milziade e l’arconte polemico Callimaco, emergono dei temi che saranno
propri della cultura ateniese:
• L’idea di portare il vessillo della libertà, per sè e per la Grecia intera, con ad
esempio il riferimento ad Armodio e Aristogitone, eroi della tradizione ritenuti
liberatori dalla tirannide.
• Il tentativo di imporsi come prima dell’Ellade, superando Sparta.
Inoltre la storiogra a riporta come durante le guerre persiane, di pari passo all’evoluzione
istituzionale democratica, vi sia stato ad Atene un implemento e rinnovamento sociale,
economico e militare nella storia cittadina ateniese.
N.B. Questo è ben evidente nello stato di transizione che dimostra il racconto di
Erodoto, dove coesistono ancora gli strateghi delle tribù (Milziade) con gli
arconti, come l’arconte polemarco (Callimaco), i quali hanno maggiore rilevanza
a questo livello della storia.
- Dal punto di vista militare, in quanto sarà cruciale per il ruolo che avrà nella
battaglia di Salamina. Questa battaglia viene combattuta in uno specchio di mare
ristretto, conchiuso dall’isola di Salamina e dotato di due sbocchi, che furono però
bloccati dalla otta greca dopo avervi tratto le pesanti imbarcazioni persiane.
Inoltre, l’investimento reativo alla otta è lungimirante: Atene diventerà una potenza
navale e talassocratica, dominando la storia greca nel V/IV sec.
N.B. Erodoto scrive che questa scelta “costrinse gli Ateniesi a diventare marinai”
Dal punto di vista sociale, la otta costituì un’opportunità per impiegare la forza
lavoro della classe dei teti, che si erano progressivamente inurbati alla ricerca di
opportunità remunerative.
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Il decreto di Temistocle giunto a noi sembra riportare la testimonianza della decisione di
abbandonare la città di Atene per salvare il popolo ateniese, tuttavia l’epigrafe non è
databile al V sec. a.C. ma è successiva, risalente al IV sec.
È probabile che la lettera del testo corrisponda al vero, ma è più interessante veri care le
intenzioni che si celano dietro all’iscrizione: in questa maniera, Atene vuole dimostrare
il proprio sacri cio e dimostrare il proprio valore, enfatizzando il mito cittadino.
Dopo le guerre persiane quindi si apre l’esperienza del primato ateniese, nella realtà
tanto quanto nella rappresentazione ideologica, grazie all’insistenza sul valore
dimostrato negli scontri di Maratona e Salamina, per difendere la libertà.
! Erodoto IX 114 è l’ultimo atto raccontato da Erodoto. Inoltre questo evento è l’unico
evento la cui narrazione è in accordo con quella di un altro storico, ossia Tucidide.
Per Luciano Canfora, si può ben spiegare il concetto di “catena storiogra ca”, ossia la
prospettiva degli storici antichi rispetto al loro lavoro, come se fosse un passaggio di
testimone dove uno comincia dove un altro inizia, per mappare tutto lo spazio
storiogra co.
Tucidide narra la guerra del Peloponneso perché è un periodo che prima non era stato
narrato, -o era stato narrato male.
Inoltre, il periodo di 50 anni che va dalla ne delle guerre persiane all’inizio della guerra
del Peloponneso è chiamato Pentekontetia (letteralmente “50 anni”).
N.B. Spesso le guerre in storiogra a sono uno spartiacque per misurare il tempo
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LA PENTEKONTETIA
Questo periodo di 50 anni trova la sua unità cronologica innanzitutto nei due estremi
segnati dalle guerre, ma soprattutto -leggendo Tucidide I 118.2- in questo periodo gli
Ateniesi ra orzano l’arche e quindi la loro potenza democratico-imperiale, oltre che
cresce il timore degli Spartani nei loro confronti.
N.B. L’uso della parola arche come “impero” è in realtà improprio e sarebbe
una traduzione migliore quella di “esercizio del comando”
Subito dopo la battaglia di Micale, il comando militare passa nelle mani degli Ateniesi,
che vivono un periodo di grande entusiasmo rispetto agli Spartani, vacillanti dal
punto di vista politico -il reggente Pausania verrà poi accusato di architettare un colpo di
stato, di essere colluso coi Persiani e nirà murato vivo- e soprattutto sempre più
timorosi del mondo esterno e delle possibili perdite nelle loro la.
La Lega delio-attic
Innanzitutto gli Ateniesi, trovandosi nella zona del Chersoneso -ossia il nord dell’Asia
minore- decidono di legarsi alle città ioniche in una lega basata sulla syngeneia -ossia
la parentela di stirpe- col pretesto di vendicarsi dell’attacco barbarico persiano.
Nel 478/477 viene quindi fondata la Lega delio-attica sotto l’egida di Aristide,
succeduto nelle gerarchie a Temistocle, con questa duplice accezione che riprende il
toponimo dell’Isola di Delo, sulla quale era presente un tempio di Apollo e di Artemide
e che diventa sede delle riunioni e del tesoro della Lega stessa.
N.B. Secondo la leggenda, Delo era il luogo natio dei gli di Latona, madre delle
due divinità in fuga da Era, quindi un luogo di culto panionico.
Tuttavia, questa lega non ha un’organizzazione tradizionale: Atene infatti stabilisce
quali città -400 totali- devono fornire denaro -e quanto-, e quali invece devono
fornire navi da guerra (in particolare le isole di Lesbo, Samo e Chio, de nite “guardiane
dell’impero”). Il denaro -phoros- viene riscosso dalla magistratura degli Ellenotamiai,
magistrati ateniesi.
È quindi una lega che dimostra n da subito la sua gerarchia, sottostante al dominio
di Atene e al suo potere decisionale.
Nel 454 a.C. gli Ateniesi scelgono di spostare il tesoro della lega da Delo ad Atene
stessa (conservato nell’Acropoli, nella parte retrostante del Partenone), con il pretesto di
alcuni con itti che si stavano svolgendo tra l’Egitto e Cipro, ma in realtà dimostrando
incoerentemente alle motivazioni originarie la loro supremazia sulla Lega e il
superamento della prospettiva ionica, scoprendo quindi il loro progetto egemone
panellenico.
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N.B. Plutarco commenta come le città ioniche diventano “da alleate che erano,
tributarie e schiave”
Il rapporto con gli alleati si irrigidisce per via dello strapotere ateniese, accompagnato
da una crescente esigenza e rigidità nella riscossione dei tributi.
Tuttavia, gli Ateniesi mantengono i loro appoggi grazie alle garanzie di sicurezza e alle
opportunità di mercato condiviso che o rono; vi è di contro la perdita di autonomia e di
autodeterminazione, ed inoltre lasciare la Lega era impossibile.
Sono giunte a noi le liste delle sessagesime dei tributi -sotto forma di stele,
conservate nell’Acropoli- istituite nel 454, quando Atene decide che 1/60 del tributo
deve passare dalla cassa della Lega a quella cittadina.
N.B. Ogni nome di contribuente è accompagnato dal corrispettivo tributo.
Gli Ellenotamiai erano i cassieri - eletti in numero di 10 ogni anno- incaricati di
riscuotere questo tributo, registrarlo e conteggiare la sessantesima parte sotto il
controllo della boule.
Grazie alle liste epigra che giunte no a noi, sappiamo che gli Ateniesi avevano diviso gli
alleati in 5 distretti e ogni 4 anni venivano inviati alle comunità dei magistrati che
controllavano l’ammontare del tributo in maniera in essibile; il tributo inoltre è in
crescita, arrivando a triplicarsi verso la ne del V sec.
Se qualcuno contestava un tributo, la causa passava per il tribunale ateniese,
organizzato già dal V sec. in maniera tale da essere composto da una giuria popolare
(6000 cittadini sorteggiati ogni anno), con scarsa probabilità quindi di essere favorevole
rispetto alla comunità alleata.
Fin dall’inizio della Pentekontetia Atene si avvia verso la sua storia imperialista, con un
controllo sempre più centralizzato e un depotenziamento delle identità locali (ad
esempio dal punto di vista del culto religioso, dell’uni cazione delle monete).
‣ Atene e la Persia
Attraverso una serie di spedizioni guidate da Cimone - glio del vincitore di Maratona,
Milziade- nel nord dell’Egeo, gli Ateniesi ottengono progressivamente il controllo delle
città greche sulla costa dell’Asia Minore.
Dal punto di vista diplomatico, la fase con ittuale si conclude nel 449 a.C. con la pace di
Callia: gli Ateniesi impongono un accordo di massima per il quale il Gran re persiano
rinuncia alla fascia costiera dell’Asia minore per 3 giorni di cavallo, garantendosi un
territorio cruciale nella sua esperienza imperiale.
N.B. Callia è un ateniese, mediatore della pace
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Dopo la pace, la persistenza della Lega sarebbe immotivata per via delle ragioni
belliche che avevano spinto gli Ateniesi a crearla; tuttavia, cambia il suo assetto.
‣ Atene e gli alleati
Dopo la pace, la persistenza della Lega sarebbe immotivata per via delle ragioni
belliche che avevano spinto gli Ateniesi a crearla; tuttavia, cambia il rapporto con le
città alleate: esse non possono lasciare l’alleanza.
Tucidide narra di come quasi da subito (471 a.C., isola di Nasso; 465-63, isola di Taso) vi
siano stati tentativi di defezionare dalla Lega, ed egli stesso commenta l’avvenimento
storico sottolineando chiaramente come venisse a meno il principio di alleanza della
Lega, rovesciato in una schiavitù (doulos)
Atene non combatte solo gli alleati ribelli, ma annette territori con la forza (Caristo),
cerca di fondare delle nuove città (Brea, An poli) e delle colonie militari (chiamate
“cleruchie” e gestite da cittadini ateniesi) e dona acri di terreno straniero a cittadini
ateniesi, allo scopo di allargarsi al di fuori dall’Attica, sperimentando una
colonizzazione sui generis rispetto a quella che era stata praticata in Grecia.
‣ Atene e Sparta
Nel 461 a.C. accade un avvenimento cruciale per lo sviluppo della politica ateniese, sia
interna che estera, ossia lo scoppio della “prima” guerra del Peloponneso, ossia di un
antecedente militare signi cativo che coinvolge le due poleis.
Ad Atene in quel periodo governava Cimone, glio di Milziade, che aveva guidato Atene
sul fronte Egeo, ottenendo molte vittorie e interpretando al meglio la prima fase
dell’esperienza ateniese con una politica antipersiana e lospartana, anche a livello
personale.
Tuttavia, nel 464 a.C. un terremoto colpisce Sparta e agevola una ribellione degli Iloti
e dei Messeni -schiavi degli Spartani- che si arroccano sul monte Itome.
Gli Spartani chiedono aiuto ad Atene e Cimone manda un contingente, a riprova dei buoni
rapporti che correvano tra le due città.
Dal 461 (e no al 446) si assiste quindi a questa “prima guerra”, ossia una fase di
con ittualità crescente in cui Atene e Sparta si confrontano indirettamente
attraverso i loro alleati o attraverso azioni marginali (spedizioni navali nel
Peloponneso, con itti per il controllo della Beozia e di Tebe, piccole incursioni per
mare).
Nel 446 a.C. Atene vive un periodo di possibile crisi: perde contro Tebe, l’Eubea si
ribella e Sparta ne appro tta; tuttavia, grazie alla corruzione di Pericle nei confronti del re
spartano, l’esercito lacedemone si ritira.
La democrazia ad Aten
Nel V sec. la realtà ateniese è ambivalente: da un lato un impero in crescita, e erato,
inarrestabile e protetto economicamente da una serie di alleanze/sudditanze redditizie,
dall’altro una città democratica, progressista ed esemplare rispetto al pensiero
politico della storia dell’umanità; queste due valenze sono però in realtà molto
prossime, tanto che il loro coesistere è necessario alla sopravvivenza delle stesse.
In primis, nel 461 a.C. con la riforma di E alte si attua una svolta verso una “democrazia
radicale”, massima espressione di se stessa.
Essa consiste in un totale depotenziamento dell’Areopago, che ancora coesisteva
con le nuove istituzioni clisteniche (Consiglio dei 500, assemblea popolare, tribunali), e
che ora assorbono le sue prerogative.
Agli arconti rimane solo la prerogativa di presiedere in tribunale, mentre l’Areopago
rimane funzionante come tribunale relativo a fatti di sangue.
N.B. La giustizia rimane un aspetto delicato nel mondo greco, assegnato
all’Areopago. Inoltre, il V sec. vede una grandissima produzione teatrale ad
Atene. Il teatro non è solo luogo di divertimento, ma ha anche infatti un livello
di fruizione politica; ad esempio negli anni ’60 viene rappresentata la tetralogia
“L’Orestiade” di Eschilo.
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L’età di Pericl
La democrazia quindi assume alcune caratteristiche teorizzate anche nella storiogra a; ad
esempio Erodoto scrive che:
‣ le magistrature erano estratte a sorte annualmente -secondo un criterio
estremamente egualitario e democratico
‣ le decisioni prese in collegio in assemblee mensili
‣ tutte le cariche dovevano rendere conto dell’operato attraverso esami iniziali e
nali.
! Il cambiamento annuale delle cariche e la collegialità sono preventivi di eccessivi
accumuli di potere, ma segnalano il basso grado di professionalizzazione, ossia non
sono necessarie delle qualità speci che per entrare nella sfera politica, inoltre, il ricambio
frequente corrisponde anche ad un rischio di instabilità politica.
Tucidide descrive Pericle come un uomo carismatico, potente per dignità e senno,
incorruttibile per denaro -apparteneva alla famiglia più abbiente di Atene, glio di
Santippo-, che conduceva il popolo e da esso era condotto con grande equilibrio,
interpretandone e modi candone gli umori.
Tucidide sottolinea inoltre il primo paradosso della democrazia ateniese, a ermando
come ci fosse una democrazia, ma di fatto anche un potere unico del primo
cittadino, Pericle.
Attraverso il phoros delle città alleate si nanzia quindi la politica ateniese, ma sotto
Pericle si assiste anche a quel grandioso periodo di migliorie pubbliche e di
costruzione di grandi monumenti e infrastrutture per la città di Atene e il suo porto, a
partire dall’Acropoli danneggiata dai Persiani.
Per Plutarco, sotto Pericle Atene era un cantiere continuo, continuamente in
miglioramento. Sempre per Plutarco, Pericle fu anche il primo a distribuire le terre
conquistate e permettere l’accesso agli spettacoli teatrali anche alle masse
popolari.
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! Tutte queste spese di mantenimento -di persone e strutture- sono gestibili solo
attraverso i fondi imperiali della Lega delio-attica, che era alla base della potenza
economica e dell’occupazione dei ceti bassi inurbati.
Il consenso popolare è quindi favorevole e propulsore dell’imperialismo, poiché
essere cittadino ateniese garantisce alcuni privilegi economici.
Per questo motivo nel 451 a.C. Pericle promulga una norma sulla cittadinanza (con
valore anche retroattivo): stabilisce come prerogativa del cittadino ateniese l’avere
due genitori cittadini ateniesi a loro volta, fatto che veniva veri cato oralmente se si
aspirava ad accedere ad una carica pubblica.
Vi è quindi un’evoluzione democratica anche in senso opposto, con una chiusura
rispetto alla platea di abitanti che ambivano la cittadinanza, quindi una maggiore
esclusività e aristocraticità del corpus cittadino, per via dell’aumento dei privilegi.
Sulla stele della tribù Eretteide di quell’anno, i nomi dei caduti non presentano il
patronimico; questo per simboleggiare che i giovani caduti sono caduti per Atene, non
per la loro famiglia, e vengono quindi ricordati per l’appartenenza alla tribù, alla città.
Allo stesso modo, i resti dei caduti sono seppelliti in fosse comuni, una per tribù.
Per Tucidide quindi, la guerra del Peloponneso è inevitabile per via dell’inarrestabile
egemonia ateniese, che provoca la paura degli Spartani; allo stesso tempo però vi è
anche una spropositata capacità economica ateniese, sulla base della quale Atene
entra in guerra.
Nel II libro infatti Tucidide parla dell’opinione pubblica rispetto alla guerra e di come
Pericle tenga un discorso di fronte agli Ateniesi in cui enumera le entrate dell’Impero
ateniese per enfatizzarne l’immagine.
N.B. Per alcuni storici, il Partenone aveva anche la funzione di deposito delle
ricchezze, per via della mancanza dell’altare sacri cale.
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EXCURSUS
Il teatro del V sec.
Nell’età classica oriscono in maniera esponenziale le arti, in particolare il teatro, che
vede tra i suoi massimi esponenti in quel periodo Eschilo, Sofocle, Euripide e il
commediografo Aristofane.
Del loro operato ci rimane ben poco, anche per quanto riguardava rappresentazione
scenica e musicale: si sa che gli attori erano maschi e portavano maschere,
scandendo la dizione molto lentamente e con voce stentorea.
L’attività teatrale ad Atene era protetta dallo Stato e largamente sostenuta da esso,
così che le commedie e le tragedie inscenate erano sottoposte ad una selezione
cittadina e in ne inserite in celebrazioni religiose che erano però a tutti gli e etti
anche competizioni artistiche.
Le rappresentazioni -prima senza repliche poi replicate nella memoria dei fasti-
avevano una partecipazione popolare altissima -ad esempio il teatro di Dioniso aveva
no a 15 mila posti-, così che spesso era lo Stato stesso a sovvenzionare i biglietti
degli spettacoli.
La so stic
Nel corso del V sec. a.C. fanno la loro comparsa ad Atene anche dei “maestri di sapere”, i
so sti.
Essi provenivano da ogni parte del mondo greco e si impegnavano nella di usione e
nell’insegnamento delle discipline più disparate -tra cui spiccano la retorica e la
dialettica-, accomunati solo dall’atteggiamento critico verso il sapere tradizionale e
dai pagamenti che chiedevano in cambio del loro sapere.
Insegnando l’arte del parlare e del prevalere nel dibattito -centrali nella partecipazione
alla vita comunitaria e nella sfera politica della polis- essi permisero ad un notevole
numero di persone di s dare il predominio culturale aristocratico, democratizzando
-non in termini economici, ma concettualmente, demolendo l’idea di un sapere
associabile all’estrazione dell’individuo- la cultura.
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LA GUERRA DEL PELOPONNESO
Premess
La guerra del Peloponneso rappresenta l’evento di cesura tra un determinato mondo
greco e quello che si avrà poi nell’Ellenismo.
Questo con itto coinvolge tutto il mondo greco, sconvolgendolo nella sua interezza,
tanto che già storici antichi come Tucidide ne sottolineano l’importanza e la pregnanza
rispetto ad altri con itti.
N.B. La guerra è importante sia per l’interpretazione forte di Tucidide, sia grazie
alla sua e ettiva importanza.
È inoltre bene ricordare che Tucidide interrompe la narrazione al 411 a.C.,
sebbene la guerra copra un lasso di tempo dal 431 al 404 a.C.
Senofonte sarà colui che racconterà la ne della guerra.
La guerra si polarizza -nella visione di Tucidide- attraverso una crescente di erenza tra le
strutture politiche e istituzionali degli Ateniesi e degli Spartani, tanto che si arriva a
vedere il periodo di pace della Pentekontetia come in realtà una fase preparatoria e
di addestramento alla guerra.
La guerra viene narrata da Tucidide per estati e per inverni, ossia attraverso le modalità
militari tipiche.
Le cause e i prodromi
Tucidide dedica alle cause del con itto un libro intero tra gli 8 complessivi, cercando
di sovrapporre -almeno in maniera ttizia, nella convinzione dei lettori- l’inizio del con itto
con l’inizio della sua stesura.
N.B. Vari indizi (la durata complessiva,..) indicano che Tucidide ha vissuto oltre la
ne della guerra, ma non è stato in grado di dare una forma ai suoi appunti.
La prospettiva teleologica di Tucidide infatti emerge nella narrazione attraverso la
consapevolezza della rovina di Atene.
A lungo si è sostenuto che Tucidide distinguesse tra cause e pretesti, quindi tra cause
e ettive e cause ttizie; tuttavia, oggi si preferisce includere nel sistema delle cause
anche quelle cause più super ciali ed evidenti.
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Le cause manifeste: Corcira, Potidea, Megar
Le cause manifeste -subito precedenti allo scoppio del 431 a.C.- sono legate a tre luoghi
accomunati dalla presenza di Corinto: Corcira, Potidea e Megara.
Se le prime due sono colonie, la terza è una città posizionata nei pressi dell’Istmo.
N.B. Bisogna ricordare che Corinto aderisce alla Lega peloponnesiaca di
Sparta e soprattutto costituisce la forza militare navale della Lega stessa,
tradizionalmente abituata a combattere via terra.
Dal punto di vista bellico, la guerra fu una guerra totale e spesso di logoramento, con
poche battaglie campali e molti eventi episodici, rendendo il con itto molto complesso
anche in termini di equilibri e di alleanze.
Nel 404 a.C., con la scon tta ateniese si assiste inevitabilmente al crollo del sistema
talassocratico e quindi alla ne dell’Impero, l’abbattimento delle Lunghe Mura e un
periodo di profonda crisi anche delle istituzioni democratiche.
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La guerra archidamica
Questo con itto dura 10 anni dal 431 al 421 a.C. e presenta alcune conservazioni e
alcune novità rispetto al con itto.
Si discute sulla natura della peste, riconoscendone una malattia respiratoria con
contagio veloce e con sintomi sparsi.
L’epidemia però provoca alcune conseguenze rovinose, dovute anche alle scelte di
Pericle: la peste si di onde vertiginosamente tra gli accampamenti malsani e
improvvisati stretti tra le Lunghe Mura, provocando numerose perdite tra cui la morte
dello stesso Pericle, la quale spezza l’equilibrio ateniese e ha a sua volta numerose
conseguenze.
Tucidide -a sua volta contagiato e guarito- racconta la disgregazione del vivere civile
dall’interno, dovuta all’epidemia e alla rottura dell’equilibrio politico: la peste porta alla
ne della convivialità e dei valori comunitari, alla ne delle pratiche di inumazione -i
morti sono bruciati in maniera casuale- e quindi al crollo delle istituzioni democratiche
e dell’equilibrio tra demos e Impero, prima retto dalla gura catalizzatrice di Pericle.
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Con la morte di Pericle si arriva quindi al deterioramento della democrazia, poichè
Atene perde una guida di riferimento e vive un periodo di lotte intestine per il potere,
dove gli esponenti di spicco tentano di accaparrarsi il potere a dando le redini dello
Stato al demos, per ingraziarselo -rompendo quindi quella logica del conducente/
condotto che Pericle invece incarnava.
L’uomo che emerge fra i vari di questo periodo è Cleone, intereprete spregiudicato ma
progressista della democrazia imperiale ateniese, compromesso però
irrimediabilmente dalla ra gurazione che ne ha dato la tendenza conservatrice dello
Stato ateniese.
N.B. Viene ra gurato come un popolano rozzo e per niente istruito, quindi
ovviamente inviso all’aristocrazia cittadina poichè simbolo del potere al popolo.
Cleone deve gestire una fase cruciale del rapporto con gli alleati: negli anni ’20 si vota a
favore di un decreto di Tudippo -esponente della cerchia di Cleone- con il quale si
alza la somma del tributo dovuto dagli alleati e si alza anche la paga dei giudici.
I fatti di Sfacteri
Se quindi il progetto di Pericle era improntato al mantenimento e ra orzamento
dell’impero, con Cleone e i suoi successori si tenta di forzare i con ni dell’Impero,
spingendosi verso nord e verso ovest.
Questa nuova espansione ateniese trova un nodo nei fatti di Sfacteria, una lunga isola
in Messenia, nel cuore del Peloponneso, che racchiude una baia.
Gli Ateniesi mandano una prima spedizione nel 427 a.C. verso la Magna Grecia, sotto
il comando di Demostene. La spedizione, navigando sottocosta, si ferma
improvvisamente in Messenia, provocando la reazione dei Peloponnesiaci, che
circondano gli Ateniesi e cercano di costringerli alla resa.
Gli Ateniesi allora circondano dal fuori l’isola, controllandone anche le vicine coste
del Peloponneso, mentre gli Spartani occupano l’isola direttamente, instaurando quindi
un duplice assedio che non vede nessuno dei due fronti cedere.
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Questo maniera di combattere è però totalmente all’opposto rispetto ai valori della
grecità (basti pensare che sono generalmente i barbari, i Persiani, ad essere ra gurati
come arcieri) e questo segna il crollo delle usanze belliche adottate n lì, ambo i lati.
ES. Generalmente erano i cittadini a combattere, mentre ora Sparta inizia a servirsi
anche dei perieci e di mercenari.
Cleone torna ad Atene da eroe e con un bottino, ma il con itto di sposta in Tracia, nel
nord della Grecia, precisamente ad An poli.
An poli, colonia ateniese, si trova nella penisola Calcidica, un’area molto cara ad
Atene in quanto vi si trovano numerosi possedimenti aristocratici e numerose risorse
(miniere d’argento, legname, vie d’accesso uviale verso l’interno, vie marittime verso il
Mar Nero).
N.B. Lo stesso Tucidide viene mandato come stratego in quell’area, poichè la
sua famiglia aveva dei possedimenti in questa zona. Tuttavia, egli contribuisce
alla disfatta ateniese, venendo poi punito con l’esilio.
I Peloponnesiaci quindi -sotto la guida di Brasida- si muovono verso la Tracia con
l’esercito, uscendo dai loro territori e abbandonando il Peloponneso.
La spedizione in Sicili
Tucidide dedica due libri alla spedizione e reputa questa spedizione fallimentare non
tanto nel calcolo, bensì per:
‣ Mancanza di mezzi su cienti alle truppe in partenza
‣ Dissidi interni nella politica ateniese
L’espansione ateniese verso Occidente si concretizza tra gli anni ’30 e gli anni ’20, ma
la prima spedizione (iniziata nel 427 e terminata nel 424 a.C.) non dà alcun esito
poichè gli Ateniesi arrivano con poche navi e trovano la resistenza degli abitanti
indigeni, riunitisi in congresso a Gela nel 424 a.C. per opporsi all’invasione ateniese.
Una seconda spedizione si ha nel 415 a.C., passando per Corcira, e comportava un
lungo viaggio (senza un ritorno invernale), un adeguato approvvigionamento e una
garanzia di alleanze e punti di appoggio per i rifornimenti.
N.B. Questo avrebbe segnato un’enorme espansione per Atene, che avrebbe
potuto inserirsi nei mercati occidentali e controllare mar Ionio e mar Tirreno, con
opportuni accordi con la potenza cartaginese.
Atene cerca quindi di appropriarsi di quel mondo greco di colonie -di cui Atene non
faceva parte, dato che non ne aveva fondata nemmeno una- che si era sviluppato
oridamente, per usarlo come trampolino di lancio verso ovest.
Atene cerca di sfruttare preventivamente i suoi mezzi diplomatici e militari per espandersi,
inserendosi nelle con ittualità locali al ne di trarne un vantaggio grazie ad una tta
tessitura di contatti nel Mediterraneo.
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Si cerca quindi di inserirsi in:
- In Sicilia occidentale, a Selinunte (colonia di Megara), in contrasto con Segesta
(città indigena) per alcuni con ni territoriali
- In Sicilia centro-meridionale, a Siracusa (colonia di Corinto), in contrasto con
Leontini per via dell’aggressività dei siracusani
Atene stipula allora dei trattati con Segesta, Leontini e Reggio, imbastendo questa
alleanza sempre sulla motivazione della stirpe ionica, in questa pratica
propagandistica riattivata al bisogno da Atene.
Allo stesso tempo, si pone una prospettiva ideologica antidorica: gli Spartani sono
nemici ateniesi, come i dori Siracusani sono nemici di Leontini.
N.B. Questi trattati sono risalenti al 433/432 a.C., quindi ancora nel periodo di
Pericle, e giungono a noi attraverso dei ritrovamenti epigra ci che sottolineano
l’intensità degli scambi e l’e cienza della macchina diplomatica ateniese.
Solo con Segesta si arriva ad un trattato posteriore, nel 418 a.C.
Nel 416 a.C. Atene invia degli ambasciatori a Segesta -una città indigena dall’aspetto
greco-, i quali vengono tratti in inganno dall’apparente ricchezza cittadina che i locali
propongono loro.
Nel 415 a.C. -come ricorda Tucidide- si fronteggiano in assemblea Nicia e Alcibiade:
• Nicia continua il lone di pensiero Pericle, prudente, volto al miglioramento dei
territori e delle istituzioni -e ad un maggior sfruttamento della Lega delio-attica-
piuttosto che a una nuova espansione.
• Alcibiade rappresenta la nuova corrente cittadina, audace e propositiva rispetto
all’espansione continua, a oltranza.
Siracusa, colonia di Corinto governata dai tiranni e dotata di una otta greca senza pari
nell’Occidente, era la città egemone in Sicilia e stava vivendo un periodo orido e di
espansione territoriale.
Siracusa, attraverso l’aiuto di Sparta e del generale spartano Gilippo, nel 413 a.C.
stermina Nicia e l’esercito ateniese inviato nella spedizione, vendendo o sfruttando i
restanti come schiavi.
Atene perde quindi la speranza e la prospettiva di crescita e di espansione, oltre che
moltissimi uomini e risorse, in una catastrofe prevedibile.
Il con itto si apre nel 413 a.C. con la presa di Decelea, località tra l’Attica e la Beozia,
dove si trovava una fortezza fondamentale per il collegamento con l’Eubea e quindi
fondamentale in fatto di uomini -cleruchi, coloni militari- e grano.
Simultaneamente alla disfatta siciliana quindi, gli Ateniesi ricevono un’altra dura
scon tta a Decelea da parte degli Spartani.
Le ultime fasi della guerra sono sintetizzate da Tucidide e raccontate in maniera più
puntuale da Senofonte, che ne continua l’operato secondo sempre quella logica della
catena storiogra ca.
In questa fase, Sparta esce dal suo isolamento, dotandosi di una otta e di una
moneta propria, decidendo di combattere Atene sullo stesso piano.
Allo stesso tempo, la Persia ricompare sullo scenario per appro ttare della
debolezza di Atene, aiutando Sparta -grazie ad Alcibiade, doppiogiochista e
informatore dei Persiani- per recuperare i territori dell’Asia Minore; al contempo si assiste
ad una rapido defezionamento degli alleati ionici di Atene, non più repressi dalla
potenza imperiale.
Atene, assediata su più fronti, indebolita nelle alleanze e nelle risorse, riesce
comunque a contrastare gli Spartani, marinai inesperti, e restaurare la democrazia,
reinserendo addirittura la gura di Alcibiade nelle istituzioni.
Tuttavia nel 405 a.C., Lisandro guida gli Spartani e distrugge la otta ateniese,
rati cando la vittoria spartana del con itto con la presa di Atene del 404 a.C., ultimo
evento del con itto, demolendo le Lunghe Mura ma risparmiando Atene per il suo
ruolo nelle guerre persiane.
✤ I Trenta Tiranni
Dopo la ne della guerra del Peloponneso, sebbene il trattato di pace non ne parli,
Atene è indotta ad adottare un sistema di governo oligarchico, in linea con quello della
vincitrice Sparta.
Nel 404 a.C. quindi furono scelti 30 oligarchi -tra cui Crizia e Teramene- per redigere
una nuova costituzione.
Se però Teramene è favorevole ad una democrazia oplitica e allargata, Crizia è invece
profondamente avverso all’esperienza democratica e limita la cerchia dei cittadini a
3000 unità circa, perseguitando i restanti esclusi e anche i ricchi meteci -ossia gli
stranieri che vivevano e facevano fortuna ad Atene.
N.B. Anche Teramene è costretto al suicidio
Si instaura quindi un potere tirannico -dei Trenta Tiranni appunto- retto da Crizia e i
suoi sostenitori.
Tuttavia, Trasibulo torna dell’esilio tebano e ripristina la democrazia, anche per via del
mancato appoggio spartano nei confronti del regime tirannico.
Viene concessa un’amnistia a tutti coloro che avevano partecipato al regime, tranne
ovviamente ai Trenta e a pochi altri stretti, che vengono uccisi sul campo -come Crizia-
o giudicati a posteriori.
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L’egemonia spartana era tuttavia pericolante e instabile per una serie di motivi:
✴ Mancanza di uomini e tensioni intestine: gli spartiti erano pochi (circa 3000) e non
potevano assolvere -psicologicamente e culturalmente, da sempre chiusi- il
compito egemonico che gli era a dato; inoltre, la compattezza della classe
dirigente spartana, fondata sul rispetto dei valori, era stata intaccata dalla
necessità di sparpagliarne i comandanti per l’Egeo e dall’improvviso a usso di
denaro, mezzo di corruzione dello spirito.
N.B. Tuttavia, Lisandro, vincitore degli Ateniesi, fu in grado di organizzare
l’egemonia spartana, installando nelle città delle guarnigioni capeggiate da
armosti a sostegno di governi oligarchici
✴ Tensioni estere: con la Persia, la quale aveva fornito aiuto in cambio dell’Asia Minore,
che tuttavia Sparta non poteva garantirle; con gli alleati Corinto e Tebe, insoddisfatti
dell’esito e del trattamento riservato ad Atene.
N.B. Queste due poleis si alleeranno poi con Argo, storica rivale di Sparta che si
era mantenuta neutrale durante il con itto del Peloponneso.
Atene intanto aveva vissuto una rapida ripresa, ricostituendo le Lunghe Mura e la
otta, ma soprattutto superando la fase dei Trenta tiranni e ricostituendo una
democrazia sempre più moderata e compatta, riunita nell’odio e nella demonizzazione
del governo autocratico che era seguito alla scon tta.
Tuttavia, Atene rimaneva sotto il controllo di uomini mediocri, quindi impossibilitata a
ricostruire l’Impero perduto
Nel 404 a.C. sale al trono Artaserse II, ma si scatena una guerra dinastica: il fratello
Ciro, amico di Sparta e di Lisandro, recluta un imperioso esercito di mercenari.
N.B. Lo stesso Senofonte partecipa, raccogliendo le sue memorie nelle Anabasi
Nel 401 a.C. Ciro viene scon tto e l’insuccesso si ripercuote anche sui rapporti già
tesi tra Spartani -che avevano inviato truppe a rinforzo- e Persiani.
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Negli anni a seguire (400-395 a.C.), la politica spartana segue due linee:
- Posiziona un esercito in Asia Minore, fallendo però progressivamente in un tentativo
di riconquistare le poleis ioniche e venendo scon tta anche per mare a Cnido (394
a.C.) dalla otta persiana.
- Allontana Lisandro, generale capace e formidabile ma politico scomodo, troppo
ambizioso e desideroso di costruire un impero spartano sul modello ateniese.
La guerra di Corint
Questo con itto interessa le principali poleis greche (Corinto, Tebe, Argo, Atene),
foraggiate dall’Impero persiano contro Sparta in uno scontro dal 395 al 386 a.C.
Tuttavia, i progetti di conquista delle poleis alleate non sono in linea con l’e ettiva forza
militare da esse posseduta, non su ciente per sottomettere Sparta.
Sparta, assediate sulle coste della Laconia, trova una soluzione nella gura di
Antalcida, capace di negoziare con il Gran Re di Persia.
Dal 392 al 386 a.C., anno di conclusione della guerra, vi è un intenso scambio
diplomatico tra Sparta e la Persia per perfezionare la proposta di Antalcida -che
accoglieva tutte le richieste persiane- e placare la belligeranza delle poleis greche.
Nel 386 a.C., in un congresso di tutte le poleis tenuto a Sparta, si rati cò il passaggio
dell’Asia Minore alla Persia -eccezion fatta per alcune sotto il controllo ateniese- , il
divieto di costituire qualsiasi tipo di lega o alleanza e il compito di Sparta di vigilare
sul rispetto delle condizioni stipulate.
Solo all’interno del recinto di prescrizioni persiane si manifesta allora l’egemonia spartana,
che tuttavia rompe la pace del Re quando nel 382 a.C. il comandante spartano Febida
occupa e massacra Tebe, che viene poi assorbita entro i domini spartani.
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LA BREVE ASCESA DI TEBE
Il ventennio dal 379 al 356 a.C. vede una tanto breve quanto precaria egemonia della
polis di Tebe, intervallata da frequenti scontri, cambi di alleanze e trattati di pace non
rispettati fra le poleis e interrotta dalla realizzazione dell’impossibilità di una polis di
prevalere sulle altre.
Nel progetto dei due uomini politici la Federazione avrebbe dovuto conformarsi
naturalmente e paci camente, tuttavia anche questa associazione di poleis si instaura
sulla sottomissione di altre da parte di Tebe.
ES. Nel 373 a.C. Platea viene rasa al suolo per la terza volta in un secolo
Atene intanto aveva ripreso le proprie forze e tenta di dispiegare la sua potenza militare,
innanzitutto nel tipico antagonismo con Sparta.
Nel 378 a.C. un comandante spartano tenta una sortita da Tespie -allora sotto il
controllo di Sparta- no al Pireo, venendo però intercettato nell’Attica e potendo solo
danneggiare i campi.
Nel 377 a.C. viene fondata la II lega ateniese, alla quale aderiscono circa 15 città
dell’Egeo tra cui Tebe, no ad arrivare anni più tardi a 70 città.
La lega era dichiaratamente antispartana, ma nel pieno rispetto delle autonomie delle
singole poleis, senza quindi quella componente oppressiva che aveva caratterizzato la
precedente Lega Delio-attica. Pur raccogliendo dei successi militari, la politica ateniese
è tentata di rifondare la propria potenza, pur non avendone i mezzi, sottovalutando
invece la disponibilità di Tebe prima e di Filippo poi.
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Il fallimento della pace comun
La pace del Re del 386 a.C. aveva avuto un carattere comunitario (koinè), ossia esteso a
tutti i Greci, anche quelli che non avevano partecipato alla guerra di Corinto.
Tuttavia nessuna poleis rispetta questa prerogativa, a partire da Tebe a cui viene
contestata la pretesa di controllo sulla Confederazione beotica.
N.B. I Tebani rispondono che allora anche la Lega peloponnesiaca di Sparta
sarebbe una violazione.
Nel 371 a.C. un tentativo di pace ri utato da Tebe -che non cede alle sue pretese-
provoca l’intervento di Sparta, tuttavia l’esercito spartano viene umiliato da Epaminonda
nella battaglia di Leuttra, dove perdono la vita il re spartano e la metà degli spartiati,
cancellando quindi una volta per tutte il mito militare spartano.
N.B. La buona riuscita è dovuta anche alle migliore tattiche di Epaminonda, che
dispone l’esercito su più linee e sposta la cavalleria sull’ala sinistra
Tuttavia, la Lega arcadica gioca un ruolo chiave nella ne della “dominazione” tebana:
dopo essere stata scon tta da Sparta nel 368 a.C., la Lega dimostra una duplice
tendenza al suo interno, da un lato lospartana e dall’altro antispartana.
Nel 362 a.C. quindi, nella battaglia di Mantinea, il mondo greco combatte su due fronti:
‣ Atene e Sparta, ala guida di altri contingenti peloponnesiaci
‣ Tebe -guidata da Epaminonda-, a ancata da arcadi, messeni e da Argo
N.B. Epaminonda tenta di conquistare Sparta prima dello scontro ma viene
fermato
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La battaglia trova il suo momento di svolta nella morte di Epaminonda, che demoralizza
l’esercito tebano e porta al termine della battaglia che stavano vincendo, senza
vincitori né vinti.
N.B. Senofonte racconta che entrambi gli schieramenti dichiarano la vittoria,
ma a livello politico e territoriale non vi sono modi che.
A peggiorare questa situazione vi è la guerra sociale (357-355 a.C.) che coinvolge Atene
e i suoi alleati della Lega navale, che prima defezionano e poi si ribellano al
comportamento prevaricatore di Atene.
Atene viene scon tta con la otta ad Embata e a Chio, ma il contraccolpo sociale è
maggiore: Atene perde la sua prospettiva di espansionismo aggressivo, cercando
invece un ra orzamento paci co delle istituzioni.
Tuttavia, scoppia una nuova guerra ed emerge una nuova gura: Filippo il Macedone
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FILIPPO IL MACEDONE
La storia di Filippo il Macedone è stata in parte oscurata dalle girevoli imprese di cui si
farà arte ce il glio, Alessandro.
La sua gura però spicca in quanto eccezionale: salito al trono a 22 anni, egli controlla
un regno marginale e arretrato, ma in un ventennio sarà in grado di conquistare
l’intera penisola greca, ponendo le basi per la conquista dell’Oriente che interesserà
invece il glio Alessandro.
N.B. Le fonti a nostra disposizione riguardano i due ateniesi Demostene ed
Eschine, i quali inevitabilmente hanno deformato la narrazione, propendendo per la
polis di Atene tra tutte le altre forze in campo
Il regno di Macedoni
In Grecia con il termine “Macedoni” non si indicava un popolo unitario, ma gli abitanti
che vivevano nel nord della penisola greca, in un territorio perlopiù montuoso.
N.B. Makednos in greco signi ca “alto”, quindi “colui che vive in alto, montanaro”
Questo territorio era sottoposto alla dominazione della dinastia degli Argeadi, che
fornivano un sovrano che primeggiava in un gruppo di pari, circa 100 proprietari
terrieri di matrice guerriera, che vivevano a corte ed acclamavano il sovrano.
Questo regno aveva una dubbia appartenenza alla grecità -come si vedrà anche poi
con il lellenismo di Alessandro-, comunque garantita da un’incerta derivazione dalla
polis di Argo, che le permetteva quindi di partecipare ai Giochi olimpici.
Era stato oggetto di interesse delle poleis per due motivi:
‣ Il legname, di cui la zona è ricca, per costruire le otte
‣ Il ruolo negli equilibri del nord della Grecia, da sempre zona di di cile controllo
Tuttavia, non aveva mai avuto grandi sovrani e aveva attraversato tra il V e il IV sec. una
crisi dinastica, motivo per cui verrà dipinto nella narrazione ateniese come un regno
barbaro e rozzo, trattato inizialmente con supponenza.
Questa di erenza tra Greci e Macedoni emerge non solo nella questione delle origini
ellenistiche, ma anche in altri parametri, che però dimostrano la sostanziale grecità degli
usi dei Macedoni:
- La lingua: manca una documentazione, ma si è propensi a vedere il macedone come
un dialetto greco settentrionale
- La cultura: l’èlite macedone aveva una cultura greca -favorita anche dal
mecenatismo del V sec., che aveva attirato alla corte della capitale Pella molti artisti
e letterati; inoltre adoravano lo stesso pantheon di dei.
L’ascesa di Filipp
Nel 359 a.C. Filippo sale al trono, prima come reggente poi come sovrano e ettivo.
L’operato di Filippo fu inizialmente diretto verso il consolidamento dei con ni
settentrionali, attaccati da altre popolazioni (Traci, Illici,…) per poi spostare la sua azione
riformatrice su una riorganizzazione dell’esercito.
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Nel 357 a.C. Filippo conquista la città di An poli (Tracia), che gli garantisce il controllo
di risorse auree inestimabili, a cui segue una conquista della Tracia
N.B. La città era stata fondata dagli Ateniesi, che avevano cercato di conquistarla
per lungo tempo, ma che erano al momento impegnati nella guerra sociale.
Filippo decide poi di inserisce nelle dinamiche con ittuali della Grecia, intervenendo
nella III guerra sacra (356-346 a.C.), ossia una guerra per il controllo dell’An zionia di
Del , un organismo che deteneva il controllo del santuario del no di Apollo.
La guerra era nata da una disputa tra Tebe e la popolazione della Focide, accusata dai
Tebani di aver coltivato le terre sacre e successivamente arroccata nel santuario
stesso.
I Focidesi, comandati da Onomarco, dispongono delle ricchezze del santuario e
ingaggiano dei mercenari, assicurandosi in poco tempo il controllo della Grecia
centrale.
Tuttavia, la Tessaglia è divisa: se Fere era schierata con i Focidesi, Larisa chiede invece
l’intervento di Filippo, che in poco tempo arresta i Focidesi e le loro ambizioni con la
battaglia dei Campi di Croco del 352 a.C.
L’avanzata macedone si rivolge poi verso l’ultimo centro di potere della Grecia
settentrionale, ossia la Confederazione calcidica, con sede a Olinto, rasa al suolo nel
351 a.C.
Nello stesso periodo, ad Atene emerge la gura di Demostene, abile oratore e uomo
politico che si accorge del pericolo macedone, come emerge dalle sue famigerate
Filippiche.
Nel 346 a.C. Filippo apre alla pace: si conclude la guerra sacra con un inserimento della
Macedonia nelle logiche dell’An zionia di Del e si stipula un’alleanza precaria tra
Atene e il regno di Filippo.
La morte di Filipp
Gli anni successivi vedono una tensione sempre più crescente nei rapporti tra Atene e
Filippo.
Ad Atene prende il sopravvento la corrente antimacedone, guidata da Demostene, e il
terreno dove oriscono i con itti si sposta nel Chersoneso, sulla costa settentrionale
dell’Egeo, territorio fondamentale per gli approvvigionamenti di Atene.
Tra il 340 e il 339 a.C. Filippo assedia le città della zona -anche Bisanzio- senza
riuscire a conquistare, ma con scando le navi da trasporto granario di Atene,
innescando irrimediabilmente il con itto.
Atene è risparmiata grazie alla sua corrente lomacedone, che si occupa di trattare la
pace, mentre Tebe viene estromessa dal controllo della Confederazione beotica.
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Inoltre nel 337 a.C. Filippo, ormai egemone anche sulla Grecia delle poleis, organizza la
Lega di Corinto, una lega panellenica che si propone di contrastare il comune nemico
persiano.
Tuttavia nel 336. a.C. Filippo viene ucciso durante dei festeggiamenti, forse in un
complotto familiare.
Anche dal punto di vista economico, data la mancanza di cifre, è necessario basarsi
sulla folta documentazione relativa ad Atene per ricostruire una possibile
interpretazione del periodo conseguente alla guerra del Peloponneso.
Nulla sembra propendere per una crisi: la campagna dell’Attica si riprende quasi
subito dalle devastazioni degli eserciti nemici; le altre attività subiscono una essione in
positivo, con lo sviluppo dell’imprenditoria e del commercio a lungo raggio; nascono
delle banche, gestite spesso da ex-schiavi come Pasione; intenso sfruttamento delle
miniere.
Gli unici accenni di crisi provengono dalle orazioni di Demostene, probabilmente
motivate da una prospettiva imperialista-aggressiva, che però era ovviamente
insostenibile senza i proventi del vecchio impero.
Dal punto di vista culturale, il IV sec. è cruciale ad Atene per la fondazione di due scuole
loso che -riservate ai ricchi- importantissime per lo sviluppo culturale di tutto
l’Occidente:
• Nel 387. a.C. Platone, allievo di Socrate, fonda l’Accademia
• Nel 335 a.C. Aristotele, allievo di Platone, onda il Liceo
Entrambe le scuole sono critiche nei confronti della democrazia ateniese, tanto che
Aristotele fu precettore dello stesso Alessandro Magno, e entrambe le scuole permettono
la creazione dell’egemonia culturale e universitaria che investirà Atene nei secoli
successivi.
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