La storia della Sicilia greca (in greco antico: Σικελία) si fa risalire convenzionalmente alla fondazione delle
prime colonie, intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. Il tentativo di una Sicilia dominata interamente da stirpi
greche tramonterà definitivamente intorno al 276 a.C., con la cacciata dall'isola di Pirro, re dell'Epiro, che era
riuscito a conquistare tutta l'isola tranne la cartaginese Lilibeo. Di lì a poco l'isola cadrà in mano dei Romani.[1]
Indice
Territorio
Città
Popolazioni
I rapporti e le relazioni con i popoli indigeni
Storia
Le motivazioni della colonizzazione
Il periodo dei primi tiranni
Il periodo democratico (466-405 a.C.)
Dionisio il Vecchio
Timoleonte
L'età ellenistica
Agatocle
Ierone II
Note
Bibliografia
Voci correlate
Territorio
Città
Le poleis della Sicilia si configurano come apoikìai (città di nuova fondazione che si distaccano dalla propria
città di origine, con a capo un ecista), frutto della seconda colonizzazione greca.
Le prime colonie sorsero nella Sicilia orientale: nell'VIII secolo a.C. i greci calcidesi fondarono Zancle, Naxos,
Leontinoi e Katane; nella parte sud-orientale i corinzi e i megaresi fondarono, rispettivamente, Syrakousai e
Megara Hyblaea, mentre nella costa meridionale, nel 689 a.C., cretesi e rodii fondarono Ghelas, con cui si
concluse la prima fase della colonizzazione greca in Sicilia.
Popolazioni
L'acropoli di Selinunte
Tutto ciò significa che i rapporti tra Fenici e Greci erano agli inizi pacifici, improntati soprattutto sul
commercio. Sicuramente una comunità di Greci dovette vivere stabilmente nella stessa città, come ci viene
attestato dagli storici antichi che, parlando della distruzione di Mozia da parte di Dionisio di Siracusa, ci dicono
che il tiranno, prima di ritirarsi dall'isola devastata e saccheggiata, non mancò di giustiziare i cittadini Greci di
Mozia che durante l'assedio, nell'ultima strenua difesa della città, si erano schierati invece dalla parte dei
Fenici.
Anche presso Grammichele (nel sito dell'antica Occhiolà abbandonato dopo il terremoto del 1693), e a
Morgantina sembra esservi insediato un nucleo greco, probabilmente calcidese, sin dalla metà del VI secolo
a.C. Dalle attuali conoscenze sembra che entro il 500 a.C. fosse già stata ellenizzata l'area sicula fino ad Enna.
Tuttavia ben presto i Siculi si trovarono in una posizione di schiavitù simile a quella degli Iloti a Sparta: erano
legati al loro territorio senza essere proprietà vera e propria di qualcuno. Secondo Erodoto erano definiti
killichirioi.
La pressione delle nuove popolazioni greche determinò lo spostamento delle preesistenti popolazioni dei Siculi
e dei Sicani, sempre più all'interno; costrette ad abbandonare la costa, divennero spesso un problema per le
nuove colonie. Non di rado infatti avvennero scontri per la contesa dei territori e, in seguito, vere e proprie
rivolte.
Storia
Secondo lo storico greco Tucidide, le prime fondazioni coloniali furono opera di aristoi, aristocratici esclusi
dalle città dopo le lotte intestine seguite al ritorno dalla guerra di Troia; era infatti difficile armare una nave
anche piccola senza capitali. Tuttavia la scelta dei primi siti evidenzia soprattutto una strategia di tipo
commerciale: Messina, Naxos, Reggio, Catania, Siracusa sono tutti porti che si trovano lungo una delle rotte
commerciali più importanti del tempo ed assumono una funzione sia di base che di controllo.
Il VI secolo a.C. fu per la Sicilia un periodo di prosperità e di incremento demografico, ma con essi anche di
conflitti sociali nelle città e tra popolazioni locali e i Sicelioti. Alcuni individui approfittarono di ciò e presero il
potere attuando politiche espansionistiche con metodi dispotici e anche brutali. Nel 570 a.C. Falaride divenne
tiranno di Akragas; nel 505 a.C. Cleandro assunse la tirannia a Gela; a lui seguì il fratello Ippocrate. Questi,
assicuratosi il potere, si imbarcò in una campagna di conquista della Sicilia orientale: assoggettò Zancle, Naxos
e Leontini, ponendovi dei tiranni suoi fedeli. Il suo tentativo di conquista di Siracusa non riuscì. Ippocrate
concentrò poi le sue truppe contro Ibla (sito non identificato), ma vi trovò la morte. Gli succedette Gelone nel
491 o nel 490 a.C.: dopo sei anni, questi trasferì la sua sede a Siracusa, conquistata senza opporre resistenza
(485 o 484 a.C.); lì assunse la tirannia, lasciando il fratello Ierone a capo di Gela.
L'ascesa al potere di Gelone a Siracusa determinò un rafforzamento della presenza grecofona in Sicilia. Egli
infatti condusse una serie di battaglie atte ad allontanare le crescenti pressioni delle popolazioni dei Siculi e dei
Sicani. Inoltre trasformò Siracusa in una città potente, con una marina e un esercito agguerriti, ripopolandola
con il trasferimento della popolazione di Gela ed incorporando una parte dei megaresi sconfitti. In soli dieci
anni Gelone divenne l'uomo più ricco e potente del mondo greco e con la sua alleanza con Terone ebbe il
controllo della maggior parte della Sicilia Siceliota, eccetto Selinunte e Messina (che era sotto il controllo di
Anassila di Reggio).
Nel 476 a.C. alla sua morte gli successe il fratello Ierone; nello stesso
anno, vinte Catania e Naxos, ne deportò gli abitanti a Leontini e
rifondò Catania con il nome di Aitna, affidandola al figlio Dinomene
Ricostruzione del Tempio della e ripopolandola con coloni del Peloponneso. Nel 474 a.C. in risposta
Vittoria, eretto dai Greci in ricordo del ad un appello della città greca di Cuma, o forse per contrastare le mire
successo militare di Imera espansionistiche degli Etruschi, egli armò una potente flotta e li
sconfisse nella battaglia al largo della città campana.
I resoconti di Diodoro Siculo presentano un quadro fosco degli ultimi tiranni: sia Trasibulo di Siracusa,
succeduto a Ierone a Siracusa, che Trasideo ad Akragas vengono definiti "violenti e assassini". Sarà infatti la
loro dispotica crudeltà a spingere alle rivolte che metteranno fine al primo periodo della tirannia in Sicilia.
Secondo Aristotele tuttavia, furono soprattutto le lotte all'interno delle famiglie a determinare la caduta delle
tirannidi.
Il primo ad essere rovesciato fu Trasideo di Akragas, che dopo una pesante sconfitta da parte di Ierone di
Siracusa fu cacciato e sostituito da un governo democratico.
Toccò poi a Trasibulo sconfitto da una coalizione di insorti siracusani e truppe sicule e di Akragas, Gela,
Selinunte e Imera.
Rimarrà al potere solo Dinomene ad Aitna (Catania), fino a quando una coalizione siculo-siracusana
costringerà la popolazione a fuggire, rifugiandosi sui monti ad est di Centuripe ad Inessa ribattezzata Etna. Di
conseguenza Catania riprese il suo antico nome e venne ripopolata dagli esuli cacciati ai tempi di Ierone e con
coloni siracusani e siculi. Nello stesso periodo Messina si liberò dalla tirannide dei figli di Anassilao.
Nel 452 a.C. un siculo ellenizzato, di nome Ducezio, che aveva partecipato all'assedio di Etna a fianco dei
Siracusani, sollevò un vasto movimento di rivolta nazionalistica, una vera e propria lega sicula. Partendo dalla
nativa Mineo attaccò e distrusse Inessa-Etna e Morgantina e fondò alcune colonie in punti strategici per
controllare il territorio; tra queste Palikè nei pressi dell'antico santuario dei Palici. Verso il 450 a.C. però,
attaccato dai Siracusani, venne pesantemente sconfitto e costretto ad andare in esilio a Corinto. Non vi rimase
molto tempo: con un piccolo gruppo di Greci del Peloponneso sbarcò in Sicilia e vi fondò una città, Kale Akte
ove rimase fino alla morte nel 440 a.C. Negli anni che seguirono Siracusa tornò a sottomettere quasi tutti i
territori da lui "liberati".
Intanto in Grecia (nel 431 a.C.) era scoppiata la guerra del Peloponneso che coinvolse pesantemente le colonie
di Sicilia. Nel 427 a.C., nella guerra tra Leontini e Siracusa, erano di nuovo coinvolti anche gruppi di Siculi,
oltre Catania, Naxos, Camarina (dalla parte di Leontini), e Imera e Gela dalla parte di Siracusa. Dopo tre anni,
nel 424 a.C. venne siglato un accordo di pace con il patrocinio del siracusano Ermocrate, preoccupato per la
presenza delle truppe ateniesi. Queste, a seguito di ciò, ritornarono in patria. Nel 422 a.C. scoppiò la guerra
civile a Leontini e questo fornì il pretesto per un nuovo intervento di Siracusa; la città venne rasa al suolo e il
partito oligarchico vincente si trasferì a Siracusa.
Il conflitto intanto si spostava nella zona occidentale; nel 416 a.C. erano Selinunte (appoggiata da Siracusa) e
Segesta (che dopo il rifiuto di aiuto da parte di Cartagine si era rivolta ad Atene) a lottare tra loro. Atene nel
415 a.C. inviò Alcibiade con una flotta di 250 navi e 25.000 uomini in aiuto, ma la spedizione ateniese in
Sicilia finì in un disastro. Ulteriori aiuti nel 414 a.C. e nel 413 a.C., con un esercito guidato da Demostene, non
riuscirono a piegare la coalizione che intanto si era raccolta attorno a Siracusa. Alla fine del 413 a.C. gli
Ateniesi erano in rotta; 7000 di loro fatti prigionieri furono rinchiusi nelle cave di pietra dove la maggior parte
di essi morì; i sopravvissuti, marchiati come cavalli, vennero venduti come schiavi, mentre i comandanti
Demostene e Nicia furono giustiziati. Siracusa festeggiò la vittoria, ma la vittoria non assicurò la pace interna.
Il governo guidato da uno dei generali, Diocle, attuò una serie di riforme sul modello ateniese ed un codice di
leggi, favorito in ciò dall'assenza di Ermocrate, impegnato al comando di una flotta in aiuto di Sparta.
Nel 410 a.C. si riaccese il conflitto e Selinunte attaccò Segesta. In aiuto di questa giunse un piccolo esercito di
mercenari cartaginesi. L'anno successivo sbarcò anche Annibale Magone con un ulteriore esercito e in sette
giorni espugnò Selinunte, distruggendola e massacrandone gli abitanti. Annibale marciò poi verso Imera, ma
qui trovò Diocle con l'esercito siracusano. Dopo pesanti scontri i Siracusani si ritirarono, gli Imeresi fuggirono
via ma la metà di loro venne uccisa. Annibale fece quindi ritorno in patria e sciolse il suo esercito. Intanto
Ermocrate, che era stato destituito dal comando della flotta dell'Egeo, con un piccolo esercito di profughi e
mercenari e una flotta di cinque navi si insediò a capo di quel che rimaneva di Selinunte e attaccò le città
tributarie di Cartagine. Siracusa in quel periodo era in pieno caos, Diocle venne mandato in esilio ed
Ermocrate rientrato con la speranza di reinsediarsi venne invece ucciso.
Nella primavera del 406 a.C. i Cartaginesi tornarono con un potentissimo esercito, espugnarono Akragas che
venne saccheggiata e depredata delle sue opere d'arte; per sette mesi i Siracusani si difesero valorosamente, al
comando del giovane Dionisio, nominato comandante supremo. Intanto cadeva Gela e poi anche Kamarina. A
questo punto delle ostilità Dionisio riuscì a stipulare un trattato che metteva fine alla guerra, delimitando le
rispettive zone di influenza. Gli insediamenti punici,
elimi e sicani sarebbero appartenuti a Cartagine. Le
popolazioni di Selinunte, Akragas, Imera, Gela e
Camarina sarebbero ritornate alle loro città pagando un
tributo a Cartagine con la condizione di non erigere
mura. Leontini, Messina e i Siculi sarebbero stati liberi
e Dionisio avrebbe governato Siracusa. Era così finita
di fatto la parentesi democratica.
Nel 398 a.C. iniziò le ostilità contro Cartagine. Erice si arrese, mentre Motia dopo un anno di assedio fu
distrutta e gli abitanti trucidati. L'anno dopo, il 396 a.C., i Cartaginesi ritornarono in forze, invasero quasi tutta
la Sicilia e distrussero Messina, minacciando anche Siracusa. Tuttavia, sembra a causa della peste, dovettero
fare la pace con Dionisio e tornarsene dopo aver pagato un grosso indennizzo. Messina venne ripopolata. Vi
furono ancora guerre con Cartagine con alterne fortune e spargimenti di sangue fino alla sua morte avvenuta
nel 367 a.C.
Timoleonte
Nel 346 a.C. Dionisio II ritornò a Siracusa, ma del periodo si hanno notizie frammentarie. Intanto ad Apollonia
e ad Eugione, forse Troina aveva preso il potere Leptine, a Catania si era insediato Mamerco, a Centuripe
Nicodemo, Apolloniade ad Agirio, Ippone a Zancle e Andromaco a Taormina.
Il disordine politico però rendeva precario ogni equilibrio. Iceta esiliato a Leontini richiese aiuto a Corinto, la
quale inviò un piccolo esercito agli ordini di Timoleonte. Questi, sbarcato a Taormina nel 344 a.C., avviò una
campagna militare vittoriosa: in sei anni si impossessò di tutta l'isola; vennero destituiti tutti i tiranni e quasi tutti
vennero uccisi, tranne Andromaco di Taormina che gli era amico. Nel 339 a.C. sbaragliò i Cartaginesi al fiume
Crimiso (forse il fiume Caldo, affluente del S.Bartolomeo, nei pressi di Segesta) e si procurò un immenso
bottino. Nello stesso anno, già avanti in età e forse cieco, si ritirò. Aveva ottenuto tuttavia il grande risultato di
rendere più sicuro il futuro della Sicilia restaurando la democrazia a Siracusa (secondo Diodoro e Plutarco)
anche se il potere reale era nelle mani del Consiglio dei 600. Siracusa e la Sicilia conobbero una nuova era di
sviluppo e prosperità. Rifiorirono Akragas e Gela, l'entroterra e Kamarina, Megara Iblea, Segesta e
Morgantina.
L'età ellenistica
Agatocle
Il ritiro di Timoleonte dalla scena politica condusse ben presto ad un altro periodo di instabilità. Erano
soprattutto conflitti di classe interni tra l'oligarchia al potere e il popolo di Siracusa. Scoppiarono anche guerre
tra le città e ciò spianò la strada nel 317 a.C. al lungo regno di Agatocle che in queste guerre ebbe una parte
rilevante. Era finita, sia in Grecia che in Sicilia, la lunga stagione di autonomia ed autogoverno delle città ed
erano nate le monarchie ellenistiche.
La sua presa del potere a Siracusa avvenne con l'aiuto di veterani di Morgantina e di altre città dell'interno,
durante due giorni di insurrezione popolare. Vennero uccise 4.000 persone di rango elevato ed esiliate altre
6.000 (secondo Diodoro); al termine, Agatocle venne eletto comandante unico e con pieni poteri. Come tutti i
demagoghi promise la cancellazione dei debiti e la divisione delle terre. Nonostante le scarse notizie a
disposizione, sembra che Agatocle abbia mantenuto le promesse. Le crudeltà a lui attribuite sembrano dirette
infatti solo verso la classe degli oligarchi e mai verso il popolo e comunque sembrerebbero limitate ai primi
tempi (secondo Polibio).
La Sicilia prosperò di nuovo; tuttavia il suo primo decennio fu segnato da conflitti con le oligarchie di
Akragas, Gela e Messina appoggiate da Cartagine che nel 311 a.C. invase nuovamente la Sicilia. Agatocle
assediato a Siracusa, a metà agosto del 310 a.C., affidata la difesa della città al fratello Antandro, salpò con
14.000 uomini e 60 navi per invadere il Nordafrica. Bruciate le navi all'arrivo, stabilì la sua base a Tunisi,
minacciando direttamente Cartagine. Amilcare, costretto a rimandare una parte degli uomini indietro, subì una
pesante sconfitta, venne catturato e torturato a morte, poi la sua testa fu inviata ad Agatocle in Africa. Per
attaccare, tuttavia, Agatocle aveva bisogno di altre truppe; alleatosi con Ofella, vecchio ufficiale di Alessandro
Magno che governava la Cirenaica, ebbe disponibili ulteriori 10.000 fanti e cavalieri, di cui prese il comando
dopo aver fatto assassinare, per motivi non noti, lo stesso Ofella. Con queste forze espugnò Utica e Hippon
Akra, catturando una grande forza navale con i suoi cantieri e le sue basi; ma non gli riuscì di espugnare
Cartagine. Notizie di insurrezioni in Sicilia nel 307 a.C. lo costrinsero a ritornare per domarle; ritornato in
Africa, a causa dell'esaurimento delle risorse e del deterioramento del morale delle truppe, nel 306 a.C. trattò la
pace. Cartagine manteneva Eraclea Minoa, Termini, Solunto, Selinunte e Segesta, ma rinunciava ai programmi
di espansione.
Fu a questo punto che assunse per sé il titolo di re di Sicilia adeguandosi al nuovo uso ellenistico; nulla mutava
di fatto, ma cambiavava la sua immagine nei rapporti di "politica estera". Si dedicò a questo punto ad estendere
il suo regno in Italia, conquistò Leucade e Corcira, dandola poi in dote alla figlia quando questa sposò Pirro, il
re dell'Epiro. Prese poi per terza moglie una figlia di Tolomeo d'Egitto. Sotto il suo lungo regno la Sicilia
prosperò e le tracce archeologiche lo confermano. A settantadue anni, nel 289 a.C. venne assassinato per
rivalità familiari di successione, ma dopo la sua morte tutto si dissolse rapidamente a causa dell'anarchia e delle
lotte che seguirono.
Tra le tante lotte, è da ricordare quella tra i cittadini di Siracusa e un gruppo di mercenari italici chiamati
Mamertini. Per convincerli ad andarsene, venne loro offerto il porto di Messina, di cui si impadronirono
massacrandone la popolazione maschile e spartendosi donne e bambini. Si resero subito protagonisti di razzie
anche nel territorio e divennero un pericolo costante. Attaccarono anche Camarina e Gela. Nel 282 a.C.,
approfittando di ciò, Finzia tiranno di Akragas distrusse definitivamente Gela e ne deportò la popolazione a
Licata, che ricostruì in puro stile greco con mura, agorà e templi. Due anni dopo Siracusa attaccò e sconfisse
Akragas, facendo scorrerie nel territorio ma questo provocò una nuova invasione cartaginese. È a questo punto
che si inserisce nella storia di Sicilia Pirro il re dei Molossi dell'Epiro. Intervenuto nel 280 su richiesta di
Taranto minacciata dai Romani, dopo averli sconfitti (con molte perdite però), rispose agli appelli che
provenivano dalle città siciliane. Nel 278 a.C. sbarcò a Taormina, accolto dal tiranno Tindarione: armate 200
navi e un grosso esercito in due anni cacciò i Mamertini e ripulì l'isola dai Cartaginesi. Non riuscì nell'assedio
di Lilibeo, la piazzaforte marittima dei punici, ma presto dovette ritornarsene in Italia.
Ierone II
Nel 269 a.C. Ierone II prese il potere a Siracusa e, fatto un accordo con i Cartaginesi, sferrò un nuovo attacco
ai Mamertini; non poté tuttavia prendere Messina perché Cartagine, attenta a non far troppo crescere la potenza
siracusana, non glielo consentì.
Il passo successivo di Ierone fu quello di proclamarsi re e lo fu per 54 anni fino alla morte avvenuta nel 215
a.C. Stabilì la sua residenza nel palazzo fortificato di Ortigia e governò in maniera differente dai precedenti
sovrani. Non proseguì nelle mire espansionistiche, né nelle avventure militari, ma curò specialmente le
relazioni commerciali con i mercati mediterranei e l'Egitto. La massima estensione del suo regno abbracciava la
Sicilia orientale da Taormina a Noto. La sua politica estera previde prima un'alleanza con Cartagine; ma presto
si accorse che l'astro emergente era Roma così nel 263 a.C. firmò un trattato con quest'ultima e vi rimase fedele
fino all'ultimo, risparmiando ai sudditi ed agli alleati il coinvolgimento nelle terribili conseguenze della Prima
Guerra Punica. Infatti già da alcuni anni le truppe romane avevano inferto duri colpi alle città della Sicilia
occidentale.
Note
1. ^ Braccesi e Millino, op. cit., p. 184.
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Voci correlate
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