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Introduzione

Contemporaneamente a quella dei popoli della Mesopotamia e dell’Egitto, si manifestò una grande civiltà anche
nell’isola di Creta, incrocio di importanti rotte commerciali del Mediterraneo. A un periodo di grande fioritura segui
un’improvvisa e forse fine. Già dal 1600 a.C. la società cretese (detta anche minoica dal re Minosse) era venuta a
contatto con le popolazioni achee del continente, quelle che poi l’avrebbero soggiogata. I Cretesi, però, influenzarono
profondamente i loro stessi invasori. Dalla civiltà cretese dunque ebbe origine quella micenea chiamata cosi dal nome
della città Micene, nel Peloponneso.

CIVILTA’ CRETESE
6000 3000
L’isola di creta fu abitata sin dal Neolitico, tra il 300 e il 1400 a.C. vi si sviluppò la città minoica.

Essa fiori grazie alla sua posizione geografica, poiché vi erano traffici marittimi del Mar Mediterraneo orientale. Le
principali fonti della sua ricchezza furono: metallurgia, l’oreficeria, l’artigianato tessile e della ceramica. La civiltà cretese
inoltre si suddivide in quattro periodi:

1.
Periodo Prepalaziale 2500-2000 a.C.: cioè antecedente alla costruzione dei palazzi. Gli edifici erano costruiti
con mattoni e i cretesi avevano sviluppato la tecnica della ceramica che si avvicinava allo stile Kamares
(stile pittorico per la produzione fittile che prende il nome da una località dell’isola di creta, caratterizzato da
un vivace policroma su sfondo nero con motivi geometrici).
2.
Periodo Protopalaziale 2000-1700 a.C.: ovvero dove vennero costruiti i primi palazzi nelle città di Cnosso, Festo
e Mallia. I palazzi erano organizzati attorno ad uno spazio centrale e la pianta rettangolare, gli ambienti erano
situati in diversi livelli. Questo periodo è meglio rappresentato dalla ceramica, soprattutto in stile Kamares, le
ceramiche a guscio d’uovo chiamate cosi per via delle pareti sottilissime, i colori utilizzati erano il rosso, giallo
e il bianco su uno sfondo nero. Le decorazioni principali sono dei motivi geometrici costituiti da linee curve,
spirali, cerchi ecc.
3.
Periodo Neopalaziale 1700-1400 a.C.: Nonostante i gravi danni causati dal forte terremoto del 1700 a.C., i
palazzi vengono ripristinati. È l’epoca del periodo detto Neopalaziale, che rappresenta gli anni più fiorenti della
civiltà minoica. Il palazzo diventa il centro della vita economica e sociale. Intorno al palazzo, vi erano altri edifici,
laboratori, abitazioni di sacerdoti e di soldati di alto grado.
4.
Periodo Postpalaziale: è caratterizzato da una fase di decadenza, e va dal 1450 al 900 a.C. e vede Creta
sottoposta all’egemonia dei micenei e poi invasa dai Dori. Dunque rappresenta l’ultima fase della civiltà cretese
che si svolse dopo l’espansione delle popolazioni achee e di conseguenza la creazione di manufatti non fu più
creativa ma un ripetersi delle tecniche già apprese nel tempo.

Cnosso è il più importante sito archeologico dell’età del bronzo di creta. Abitato già nel neolitico divenne un
florido centro della civiltà minoica verso il 2000 a.C. ed era
E privo di mura difensive. In questo periodo gli abitanti
cominciarono ad avere rapporti con la civiltà egizia e addirittura vennero dipinti straordinari affreschi prodotti
con le tradizionali tecniche degli abitanti del Nilo. Verso il 1700 a.C. un terremoto distrusse tutti i palazzi
dell’isola, incluso quello di Cnosso. Durante il periodo neopalaziale venne ricostruito ancora più sontuoso di
quello dell’epoca palaziale, ancora una volta privo di difese. Verso il 1450 a.C. Cnosso fu devastata dai micenei,
una popolazione proveniente dal Peloponneso. Tutta via il palazzo costituiva il centro politico religioso ed
economico, a più piani per un totale di 1300 stanze. Il secondo palazzo costruito all’inizio del XVI secolo era
costruito intorno a un cortile ed era così grande che venne menzionato come labirinto nel mito del Minotauro
e del filo di Arianna. Inoltre all’interno del palazzo vi erano presenti molti affreschi, i cretesi dipingevano sulle
pareti del palazzo con la classica visione di profilo tipica dell’arte egizia la scelta di questa tecnica fu per via
dell’interazione che i cretesi avevano con gli egizi per via degli scambi commerciali e culturali.
Gli affreschi rappresentavano scene di giochi con i tori, processioni ecc. i muri erano ricoperti da intonaci
affrescati con soggetti marini, combattimenti e anche motivi geometrici. Il rapporto dei cretesi con la natura
specie quella marina era legata alla religione infatti attribuivano caratteri divini ad alcuni animali come il toro
e il serpente.
ARTE MICENEA

Mentre sull’isola di Creta si sviluppa il tardo minoico sulla penisola greca vi è una nuova civiltà che acquista
importanza in campo artistico: è quella micenea definita cosi dalla città Micene.

La civiltà micenea, come quella cretese, viene suddivisa in tre periodi principali:

1. Miceneo antico: dal 1880 al 1500 a.C.:


in questo periodo gli influssi cretesi sono molto evidenti, la stessa produzione artistica minoica si sovrappone
a quella micenea. Scarsa documentazione. Una tra le poche documentazione è la tazza d’ro di Vafio in Laconia.
2. Miceneo medio: 1500 al 1400 a.C.
il carattere distintivo di questo periodo di mezzo è la realizzazione delle tombe a tholos, sala circolare costituita
da una pseudocupola formata da un diverso numero di anelli disposti l’uno sull’altro.

3. Miceneo tardo: dal 1400 al 1100 a.C.:


quest’ultima si conclude con la distruzione dei grandi edifici ad opera dei Dori. La caratteristica di questo
periodo è la formazione delle immense mura che circondano il palazzo reale.

La cultura artistica micenea subì grandi influenze da quella cretese ma sono anche notevoli le differenze.
Nell’architettura il carattere aperto e disordinato dei palazzi cretesi a Micene non si ritrova, inoltre le città
erano circondate da alte mura adatte alla difesa. La civiltà Micenea inoltre presenta delle innovazioni, comincia
a sperimentare la resistenza delle strutture curve. In campo figurativo sono poche le differenze rispetto alla
civiltà cretese, anche se manca spesso il carattere di gioiosa libertà creativa di quest’ultima. Notevole è
soprattutto la lavorazione dell’oro utilizzato spesso per ricoprire il volto dei defunti con una lamina d’oro.
Un monumento importante attribuito ai micenei è la Porta Dei Leoni rappresenta l’entrata monumentale della
rocca di Micene in Argolide. La porta dei leoni era l’accesso principale alla città chiamata cosi per via delle
decorazioni di due leoni disposti ai lati di una colonna, risale al 1300 a.C. e fa parte del sistema di fortificazioni
delle mura ciclopiche. chiamte così per la loro grandezza

Arte Greca

s dalla magia e dalla religione e diviene libera espressione


L’arte presso i greci perde i condizionamenti importi
dell’intelletto umano e ricerca razionale degli ideali assoluti di bellezza, equilibrio e di perfezione. La storia
dell’arte greca si può suddividere in quattro periodi:
1 Periodo di Formazione o Geometrico la calata dei dori e la fondazione delle prime città, primissime
espressioni di arte greca, invasione dorica del Peloponneso, si abbandona il concetto miceneo di città fortezza
e si afferma una nuova organizzazione del territorio e del potere, le POLEIS.
2 Periodo Arcaico arco di tempo in cui la civiltà greca inizia a maturare le caratteristiche che la
contraddistinguono (architettura dei templi e rappresentazione della figura umana) nascono le colonie, i templi
dimora terrena degli dei, i greci erano politeisti,

Templi: Gli elementi che caratterizzano i templi sono 3: Naos (cella) custodia della statua del dio a cui il templio
era dedicato, la cella è a pianta rettangolare e ci si accede attraverso una porta sul lato minore del templio,
Pronao (spazio antistante della cella) ha la funzione simbolica tra l’esterno (realtà umana) e la cella (realtà
divina) e le Colonne. Il numero delle colonne varia in relazione alle dimensioni e tipologia del templio: in base
al numero delle colonne il templio assume una diversa denominazione.
Tempio tholos: circolare cosi chiamato per la pseudocupola micenea.

Il naos assume una forma cilindrica e la peristasi è un porticato circolare.

Tempio Pseudodiptero: è un edificio diptero semplificato, l’unico colonnato che lo

Circonda ha una distanza doppia dalla cella, potrebbe ospitare un secondo colonnato

Interno.

Ordini Architettonici

Un ordine architettonico è uno degli stili sviluppatasi a partire dall’architettura classica, ognuno di esso è riconoscibile
dal tipo di colonna o dall’insieme di elementi. I più famosi ordini architettonici sono tre:

1 Dorico: è il primo e il più antico degli ordini architettonici greci, nacque nel Peloponneso. Esso viene impiegato
principalmente per la costruzione di templi. Le caratteristiche principali sono che la colonna non ha una vera e propria
base e appoggia direttamente sullo stilobate. La colonna presenta un fusto che si assottiglia man mano che si sale vero
l’alto e ha delle scanalature molto larghe. Il capitello che funge da corona è molto semplice ed è costituito da due
elementi chiamati echino (tronco) e abaco (lastra quadrangolare). L’architrave risulta liscio, e in esso vi è un fregio
costituito da triglifi che sono lastre con tre scanalature verticali.

2 Ordine Ionico: nacque e si diffuse intorno al VI secolo a.C. soprattutto nelle zone di influenza ionica, quindi Asia
minore. Esso è più raffinato, slanciato ed elegante di quello dorico. La colonna non appoggia direttamente sullo
stilobate ma ha una propria base costituita da sporgenze e rientranze. Il fusto presenta delle scanalature strette ed è
sormontato da un capitello decorato ai lati da due volute. L’architrave liscio è sormontato da un fregio continuo
decorato senza interruzioni.

STILOBBATE

Ordine Corinzio: Questo tipo di ordine viene elaborato un po’ più tardi, alla fine del V secolo a.C. e incomincia ad
affermarsi e diffondersi ovunque. La colonna poggia su una propria base ed è più sottile di quella ionica. Il capitello è
riccamente decorato con foglie d’acanto e il fregio è continuo come nel tempio ionico.
Scultura arcaica

Nel periodo di formazione abbiamo avuto testimonianza di sculture votive lignee, ma sarà nell’età arcaica (VII-VI) che la
statuaria greca inizierà il suo cammino verso la perfezione e l’equilibrio dell’età classica. Parallelamente allo sviluppo
architettonico, anche nella scultura arcaica si è soliti individuare tre correnti:

1 Dorica: (VII- VI Peloponneso): predilezione per la figura umana soprattutto maschile, forme semplici e squadrate,
proporzioni massicce.

2 Attica (seconda metà del VI Atene): maggior cura nella rappresentazione nel proporzionare i particolari anatomici.

3 Ionica (seconda meta del VI contemporanea a quella attica): attinge dalla tradizione orientale, maggior raffinatezza,
uso di proporzioni più slanciate e dolci, figure meno rigide e spigolose.

La caratteristica principale che distingue questi tre periodi è l’evolversi della forma della statua che andando avanti nel
tempo diventa più snella e più vicina alle sembianze umane

Scultura dorica:

il Kouros: giovane uomo nudo, in posizione stante raffigurato con la testa eretta, le braccia stese lungo i fianchi, i pugni
chiusi e la gamba sinistra avanza leggermente.

La Kore: giovane donna vestita con tunica e mantello anch’essa in posizione stante, testa eretta, piedi uniti, solitamente
un braccio steso lungo il fianco a reggere la veste e l’altro ripiegato sul petto.

Scultura attica:

Moschophoros: è uno dei più noti e significativi esempi di scultura attica (portatore d’agnello) sorriso arcaico
chiastica
Scultura ionica:

kouros di Milo il viso senza barba e i capelli corti sulla fronte.


himation
L’hera di Samo: è acefala e si presenta vestita con un chitone che definisce le sue forme, il braccio disteso sul fianco che
tiene la veste l’altro invece ormai inesistente si presume tenesse un melograno simbolo dell’abbondanza.

Pittura vascolare

L’arte della ceramica e della pittura vascolare raggiunse nella Grecia antica un alto livello di qualità artistica, e si divide
in due categorie:

1 pittura a figure nere si ottiene impiegando una particolare vernice che una volta cotta diventa lucida e si staglia con
grande contrasto sullo sfondo del vaso. Lo sfondo del vaso resta del color rosso-brunastro ovvero il colore stesso della
terracotta. Le decorazioni e i particolari sono ottenuti prima della cottura grazie ad uno stilo che graffiando la vernice
nera scopre un negativo rosso del fondo sottostante che dà vita alla decorazione.

2 pittura a figure rosse: viene realizzata in maniera diversa, viene dipinto di nero tutto lo sfondo, tralasciando le figure
in rosso che successivamente vengono sistemate attraverso l’uso di un pennellino e dipingendo di rosso e di nero le
varie sfumature dei dettagli.

Il maggior artista della tecnica a figure nere è il vasaio Exechias che ha firmato la famosissima anfora a profilo continuo
“Achille e Aiace che giocano ai dadi”.

Il vaso Francois anch’esso a figure nere 270 figure, 121 iscrizioni e racconta le storie mitologiche arcaiche.
stile dorico “Il frontone oaccidentale del tempio di Artemide” a Corfù (VII-VI secolo a.C.) è una delle prima delle grandi costruzioni
in pietra. La porzione centrale occupata dalla rappresentazione della medusa, la sua funzione era quella di allontanare
influssi malefici (apotropaica). E’ rappresentata in volo ed è affiancata, senza alcun rispetto per le proporzioni, dei suoi
figli a destra da Crisaore e a sinistra quasi del tutto perduto Pegaso. Due gigantesche pantere accovacciate affiancano
meduse che era considerata la signora delle belve feroci; altre piccole scenette affiancano la scena principale.
fidia Il frontone orientale dell’antico tempio di Athena sull’Acropoli (560-550 a.C.) è il primo a raccontare una storia; è
possibile vedere a sinistra del timpano Eracle che strangola Tritone, a destra un essere mostruoso con tre torsi umani e
con la coda di serpente assiste alla scena e mentre i volti dei due busti più interni osservano la lotta mortale, quello più
esterno si volge verso l’eventuale spettatore. Anche in questo caso le sculture sono colorate.

Il frontone del tempio di Athena Aphaia ad Egina la dea viene rappresentata frontalmente e in posizione eretta risulta
di maggiori dimensioni rispetto alle altre sculture che l’affiancano. Essi sono disposti in modo tale da adattarsi alle forme
del frontone.

La statuaria prima del Doriforo

Nel periodo compreso tra la fine del VII secolo a.C. è la conclusione delle guerre Persiane, si avvia un processo che
conduce ad un mutamento dello stile nella statuaria e si è soliti chiamarlo stile severo. Tale aggettivo stava ad indicare
la scomparsa del sorriso caratteristico della scultura arcaica. La testa non è più schiacciata ne appiattita in alto. Il volto
diventa tondeggiante e di conseguenza gli occhi e la bocca trovano il giusto posto. Le labbra si fanno più carnose e le
palpebre più consistenti, i capelli si trasformano in morbide ciocche e la massa muscolare si distribuisce più
armoniosamente nella struttura corporea. Tale mutamento fa prendere in considerazione maggiormente l’importanza
della statua che mano a mano va assumendo posizioni diverse in modo tale da dare più vitalità al soggetto
rappresentato.

L’Efebo” di Kritios

L’Efebo, dal greco giovanotto, che l’ateniese Kritios creò intorno al 480 a.C., esso presentava alcune delle soluzioni che
poi saranno proposte da Policleto. La statua è mutilata, è caratterizzato dalla rotazione leggera della testa e anche il
bacino ruotato verso sinistra. A questo punto si pone il problema dell’equilibrio e della gravitazione, quindi se per il
periodo arcaico il marmo era il materiale preferito dagli scultori, il bronzo era quello del periodo severo.

Cronide Zeus o Poseidon di Capo Artemisio

Risalente circa al 460 a.C. Attribuito a Calamide, il dio è colto nell’atto di lanciare una saetta o il tridente le gambe
divaricate hanno trovato la posizione di bilanciamento infatti il piede sinistro poggia completamente a terra mentre per
il destro solo la punta. Le braccia sono rivolte nella posizione di lancio e di conseguente muscoli e busto sono in tensione.

L’Auriga di Delfi

Fu realizzato intorno al 475 a.C. da Sotade di Tespie ed è l’unico reperto che c’è arrivato quasi del tutto intatto rispetto
al gruppo scultorio di Sotade mancano i cavalli, il carro, uno schiavo e il principe. Ha il corpo racchiuso in un chitone ben
lavorato, ma lasciano nudi i piedi e il busto è leggermente spostato all’indietro per rendere al meglio la presa delle redini
per i cavalli. La testa è cinta da una fascia unico simbolo della vittoria di una gara agonistica.

I bronzi di Riace (450 a.C.): Nel 1972 il mar Ionio restituì due sculture bronzee di eccezionale qualità che ancora oggi
vengono indicati come bronzo a e bronzo b, il bronzo a si presenta come un giovane uomo con barba e capelli lunghi
manca lo scudo e l’arma e si presenta con le spalle larghe e una muscolatura ben definita; il bronzo B si presenta con la
stessa muscolatura e proporzione del bronzo A, solo che ha una capigliatura e una barba più corta. Ambe due i bronzi
hanno gli occhi in pietra e avorio mentre le labbra e i capezzoli sono in rame rosso. Il bronzo a è la prima statua ad avere
i denti realizzati in argento. Si pensa che siano stati costruiti per l’Agorà di Argo. Policleto prende ispirazione dai bronzi
per il Doriforo
statua romana appoggio
Il Discobolo fu realizzato verso il 460-450 a.C. è colto nel momento del massimo sforzo precedente al lancio, posizione
dinamica che ricorda i momenti precedenti e successivi all’azione. Abbiamo solo una copia romana in marmo l’originale
non è mai stata trovata quella vera era in bronzo.

Policleteo e il Doriforo. Con Policleteo parte l’arte classica. Egli partii dallo studio della natura, le idee sulle perfette
proporzioni del corpo umano le raccolse in un trattato chiamato il “Canone”. Secondo quanto scritto in questo Canone
Policleteo ogni elemento del corpo umano doveva essere rappresentato proporzionalmente a tutti gli altri, la testa
doveva essere 1/8 dell’intero corpo, il busto doveva corrispondere a 3 teste e le gambe a 4. La rigidezza della frontalità
viene accantonata, la divinità, o l’eroe quel che sia viene colto durante il movimento. Il peso è distribuito sulla gamba
destra detta anche “gamba portante”. La gamba non portante invece è quella flessa all’ indietro, il bacino della parte
destra si alza, mentre la spalla si abbassa inclinando il busto di lato. Le parti in tensione e quelle di riposo compiono uno
schema incrociato chiamato chiasmo.

Diadumeno e Capitolino: Il Diadumeno (dal greco colui che si cinge con una benda), il giovane è colto nel momento in
cui si cinge la testa con la benda della vittoria, pertanto ha le braccia sollevate. La posa è la medesima del Doriforo.
Un’altra statua di Policleteo molto famosa di cui ora abbiamo solo la copia è Capitolina. Si racconta che sia stata fatta
intorno il 440-430 a.C. è un’amazzone ferita ed era in gara con altre statue come Fidia perché la più bella potesse essere
esposta nel tempio di Artemide a Efeso.

Fidia: Fidia fu il maggior rappresentante dell’arte classica greca, la sua attività è dedicata alla decorazione del Partenone,
mentre per quanto riguarda la scultura molte delle statue non ci sono pervenute, per esempio le gigantesche statue
Crisoelenfantine (fatte di oro e avorio) di Athena Parthenos realizzate per il grande tempio di Atene alta 12 m e di Zeus
sedente al trono per il tempio di Olimpia. Le sculture non erano interamente di oro e avorio ma aveva una struttura
lignea all’interno. Fidia creava una forma scultorea dotata di grande libertà espressiva e libera da ogni canone imposto
dalla tradizione. periptero:una fila di colonne intorno alla cella
Il Partenone: Nel 447 a.C. gli architetti Ictino e Callicrate iniziano la costruzione del Partenone con la supervisione di
Fidia, il tempio è dedicato ad Athena Parthenos (Athena vergine) il tempio è di ordine dorico, periptero octastilo. La
ocastilo:otto colonne sul fronte
cella è divisa a tre navate da due file di colonne doriche. Ciascuna fila è affermata dalla sovrapposizione di colonne di
due diverse dimensioni. La cella È dotata all'esterno di un fregio Ionico continuo, dorizzato con l'aggiunta delle regole,
sul lato tergale della cella si apre un altro locale largo quanto il Naos e lungo poco meno della metà, coperto da un
soffitto a cassettoni tratto da quattro colonne ioniche accessibile dall’opistodomo. Che prende il nome di parthenon
(Stanza delle vergini). il Partenone fu edificato modificando è ampliando un precedente tempio già in costruzione, si
tratta di un edificio periptero esastilo E fu danneggiato dall'esplosione del 1947 A.C. Causata Dalle cannonate veneziane,
I due frontoni erano decorati con rappresentazioni statuarie, così come le 92 metope intercalate dai triglifi. I temi trattati
nella metope sono- la gigantomachia nel lato est, la tauromachia nel lato sud, la meglio conservata, l'Amazonomachia
sul lato ovest e l’ilioupersis nell' 1010 nord. I temi si essi simboleggiano la vittoria della civiltà sulle barbarie, ad esempio
la vittoria della lapita vita sul centauro. La composizione È basata sullo schema triangolare di cui un lato È disegnato dal
nudo corpo obliquo dell’uomo. Questo puntando a terra una sola gamba tiene l'altra piegata premuta contro il centauro
dal busto compresso tra il proprio corpo equino e la forte presa dell’avversario. La porzione superiore della metopa È
un saldo pieno intreccio dei due corpi quasi fusi, il fregio ionico lungo circa 160 m È alto circa 1 m, rappresenta sia la
processione delle panatene’ che si tenevano ogni quattro anni, nel giorno del compleanno di Atena, Sia le gare dei
cavalli, Che si svolgevano nei giorni successivi, nei due frontoni È possibile constatare la grande concentrazione artistica
di Fidia. Nel fronte occidentale, Prima delle distruzioni veneziane era rappresentata la mitica gara fra Atene e Poseidone,
Per il possesso dell’attica. Dallo spazio centrale del timpano le due grandi figure incrociate di Atene e Poseidone
divergono verso gli angoli posti. I cavalli di Atena tenuti a freno da Hermès si impennano, Mentre una folla di eroi attici
assiste all'evento. Le statue assumono pose ed espressioni l’une diverse dalle altre. Sono finite anche nella loro parte
posteriore non vista nonostante il progressivo diminuire delle altezze delle figure. La costruzione imposta dalla forma
del frontone diventa del tutto irrilevante, anzi sia ha quasi l'impressione di una riduzione prospettica delle figure, nel
frontone orientale meglio conservato era rappresentato la nascita di Atena dalla testa di Zeus. Il carro del sole illumina
il corpo di Dionisio mentre Demetra e Kore accolgono l'annuncio di Artemide. Dal lato opposto Hestia Dione E Afrodite
sono orientate verso la notte e il carro di Selene, già si volgono lentamente verso il centro. Una dea è distesa e si
appoggia a una delle due che è seduta. Tale movimento È sottolineato dal panneggio velato che mostra la fine anatomia
con l'effetto di stoffa bagnata. un identico trattamento si verifica anche nell’Iris nel frontone occidentale la veste
aderisce al suo corpo come una seconda pelle.
Prassitele e Skopas a rappresentare divinità e figure mitologiche in atteggiamenti di svago.
Prassitele e Skopas: Prassitele scultore ateniese, È colui che incarna I modi di sentire del tempo, Benché lavorasse anche
il bronzo. Una delle sue prime opere È l'Afrodite Cnidia. Affinché tutti potessero notare la bellezza di questa statua, la
collocarono in un tempietto il cui naos era dotato di due aperture lungo lo stesso asse. Il corpo sinuoso a S mostra tutti
gli attributi della femminilità, proprio per articolarsi delle membra la linea curva è necessaria a fini statici e la presenza
dell’anfora con il soprastante drappeggio serve per fornire un adeguato appoggio. Il gesto pudico avvicina la divinità alla
figura umana, nella stessa composizione armoniosa di Afrodite troviamo Apollo Sauroctonos. la statua apollo, ancora
fanciullo, si poggia ad un tronco d’albero, il piede sinistro accostato al tallone destro fa si che la gamba sinistra,
totalmente rilassata, accresca il senso di cedevolezza del corpo. il giovane dio è colto nel momento in cui sta per
trafiggere con uno stilo una lucertola, un’attività che nessuno avrebbe mai pensato che un dio potesse commettere
certe azioni. Prassitele, nell’hermes, con il piccolo dionisio, raffigura un momento del mito della nascita del signore
dell’ebrezza. Prassitele mostra Hermes mentre si riposa si diletta con il fanciullo. Le divinità sono rappresentate in un
momento molto dolce e confidenziale. Anche in questo gruppo scultoreo, la grazia e la dolcezza dipendono dalla
sinuosità del corpo di Hermes, poggiato in un tronco. l’accurata levigatezza del marmo e la morbidezza dei particolari
anatomici, consentono di parlare di effetto pittorico. Skopas porta all’estreme conseguenze alla ricerca formale di
prassitele e lo fa con la statua pothos, dove la divinità è totalmente inclinata su di un lato, ha le gambe incrociate, il
busto abbandonato e le braccia sollevate appoggiate ad un sostegno esterno costituito da un mantello riccamente
pieghettato. Skopas è capace anche di pathos, come nella Menade danzante di Dresda; il capo rilanciato all’indietro,
trascinato dalla lunga massa di capelli a ciocche ondulate. La veste della baccante si apre lasciando nudo l’intero lato
del corpo.

Lisippo e il suo apoxyomenos: Per lisippo, chiunque, anche un essere brutto, poteva costituire un modello degno da
rappresentare. poneva il ritratto come raffigurazione realistica di un soggetto, è conseguenza diretta di tale
atteggiamento, furono proprio i ritratti da Lisippo ad Alessandro Magno e la sua corte. La decorazione più celebre è il
suo Apoxyomenes (colui che si deterge). il giovane non sta effettuando nessuna gara, non è neppure un vincitore, è un
atleta che, dopo la fatica dell’azione, si toglie di dosso l’olio e il sudore con le striglie. La gamba destra non è più tesa,
come nelle opere di policleto, ma flessa e con uno scarto laterale, il bacino è ruotato mentre i fianchi sono stretti e il
torace allungato e sinuoso. le spalle sono quasi su di una linea orizzontale, le braccia sono sollevate, mentre la testa,
rialzata e lievemente inclinata, si presenta piccola e con i capelli non più solo cesellati, ma corposi e mossi. la scultura
quindi si arricchisce di valori di dinamicità.

l'arte ellenistica:La potenza e la fama raggiunta fecero sì che i contrasti con la Sparta si riaccendessero, ciò portò una
lunga guerra che compose importanti città detta guerra del Peloponneso. La guerra ebbe conseguenze molto pesanti
per gli ateniesi ma non appena si resero conto dell'inutilità di tutto ciò, provarono un forte senso di sfiducia essi
abbandonarono. La guerra si concluse con la vittoria di Sparta, che tuttavia non fu capace di mantenere l'egemonia
ereditata da Atene nel 333 a.C. Filippo II di macedonia sconfisse le forze elleniche e, nel tentativo di offrire ai greci un
motivo di unione, decise una spedizione contro l'impero persiano ma morì prima che la campagna cominciasse. alla sua
morte avvenuta nel 323 a.C. Fu sostituito da Alessandro magno.

Alessandro magno e l’ellenismo: per ellenismo intendiamo l’ellenizzazione dei territori conquistati, l’integrazione di
diverse culture, dà vita ad un nuovo linguaggio artistico, carattere distintivo sarà la celebrazione del singolo.
turchia isola greca
Pergamo e Rodi: tra il 166-156 a.c. venne edificato il grande altare. questo fu costruito sui terrazzamenti nell’acropoli,
ha una forma quadrangolare, con un lato per la quasi totalità riempita da un’ampia gradinata inserita in un altro zoccolo.
è costituito da un duplice porticato con colonne di ordine ionico. Nella parte di fondo del porticato interno si svolge un
fregio continuo con le storie di telefo, il mitico figlio di ercole. su tutti i lati dello zoccolo vi sono delle gigantomachie
dominate dalle grandi figure combattenti e vittoriose di zeus e di atena. i giganti assalirono l’Olimpo e potevano essere
uccisi solo se colpiti contemporaneamente da una divinità e da un uomo. In questa lotta fu Eracle che portò aiuto agli
dei. Le sculture in alto rilievo, sono realizzate con il massimo naturalismo, specie nell modellazione anatomica e nella
caratterizzazione delle forti emozioni belligeranti: dolore, fierezza, vittoria, sgomento. Le sculture rappresentanti esseri
divini e semidivini si stagliano non solo nel loro spazio ma anche in quello riservato agli uomini, personaggi mitici e
serpentiformi si mescolano con le figure degli esseri umani, nella grandiosa lotta sovrumana che si svolge nelle scalinate.

Epigono: Le opere di questo scultore, operante soprattutto per committenze di corte, come le statue del Galata morente
e del Galata suicida erano poste su un alto basamento circolare quasi al centro della terrazza. I volti dei personaggi
maschili mostrano grazia e fierezza forza e coraggio pur nel momento della morte, invece quello della giovane donna
appare completamente rilassato. La Galata morente indossa il torques, un collare di metallo ritorto tipico dei Galli, giace
sul proprio scudo (veduta frontale). La gamba destra è piegata ed è portata dietro la sinistra distesa; il braccio destro è
tirato indietro, perché la mano poggiata a terra fa leva, in un ultimo tentativo di sollevarsi. La mano sinistra sul ginocchio
destro è quasi un puntello per il busto. Infine la testa, dalla fronte aggrottata, tesa dallo sforzo e reclinata. Più ricco di
movimento è il gruppo del Galata suicida, le gambe del giovane guerriero, consente di dare maggiore equilibrio al corpo.
Soggetto a un moto di avvitamento con busto e gambe protesi verso destra, mentre il braccio destro sorregge il corpo
della compagna morente. Il gruppo del Laocoonte illustra una dei capitoli di maggior partecipazione emotiva della guerra
di Troia. Laocoonte, sacerdote troiano di Apollo, aveva cercato invano di impedire che il cavallo di legno fosse introdotto
a Troia. Atena come terribile punizione fece uscire dal mare due serpenti, che stritolarono i due figli del sacerdote e
Laocoonte stesso che era accorso in loro aiuto. Laocoonte è colto nel momento di maggior tensione muscolare, mentre
cerca di liberare sé stesso dai pazzeschi grovigli di serpenti.

La pittura ellenistica: Purtroppo nessuna creazione originale di grandi pittori greci che dipingevano su tavola è arrivata
fino a noi, soltanto delle copie di altri pittori. Da un originale dipinto su tavola tra la fine del IV e l’inizio del III sec a.C.
deriva il mosaico pavimentale pompeiano rappresentante la battaglia di Alessandro. Per l’opera di riferimento è stata
riproposta l’attribuzione ad Apelle di Colofone (380-300 a.C.) I personaggi principali della battaglia sono Alessandro e il
re persiano Dario III. Un solo elemento paesaggistico, le ombre sul terreno, le poche armi abbondanti e le lance tenute
dai combattenti inclinate, sono i lineamenti di cui l’artista si è servito per costruire lo spazio nelle sue tre dimensioni:
Alessandro ben saldo sul suo cavallo impennato trafigge il nemico con la propria cavalcature, questo si attacca all’arma
in un disperato tentativo di salvezza. Dario si volge con un gesto di protezione, mentre il suo Auriga frusta i cavalli,
incurante che il carro in fuga travolga un guerriero caduto. L’artista si mostra totalmente padrone dello spazio e ci
suggerisce la posizione ideale per osservare l’opera.

Gli Etruschi: L'origine del popolo etrusco è incerto, gli archeologi hanno formato due ipotesi. La prima afferma la
provenienza dell'Asia invece la seconda che il popolo etrusco è originario dell’Etruria. Le regioni comprese nell'antica
Etruria erano l'Emilia-Romagna, una parte della Liguria, una parte della Lombardia, la Toscana, parte delle Marche e
dell'Umbria e dell'alto a Lazio. Nella civiltà etrusca il tempio non ha una grande importanza: questo popolo faceva i suoi
templi di legno e di argilla che si sono deteriorati con il tempo, alcuni esempi possiamo osservarli nelle urne fittili a
forma di tempio. Il tempio etrusco era costruito su un alto basamento con tozze e basse colonne. Mancava
lontanamente le forme di quello dorico, più largo che lungo, ed era diviso in due parti: la parte anteriore era aperta è
porticata mentre l'altra conteneva una triplice cella. Le colonne non avevano scanalatura il capitello era costituito da un
anello (echino) sovrapposizione di decorazioni fitti lì vivacemente colorate, Decorate con antefisse (elemento
ornamentale generalmente in terracotta).

Nelle mura e nelle porte si rivelava il genio costruttivo degli etruschi. Tra le porte urbane etrusche sono da ricordare
quelle di Perugia e di Volterra. Le principali necropoli etrusche si trovano a Tarquinia e Cerveteri. Le tombe sono perlopiù
ipogeo sotterranee rupestri. Constano generalmente di vari vani coperti con soffitto piano o a spioventi, qualche volta
a tholos, spesso le pareti sono coperte di figurazioni dipinte. Lo scopo delle figurazioni è quello di circondare il morto
con le immagini della vita sostituendo lo spettacolo del mondo, perciò prevalgono le scene di costume. Non mancano
tuttavia le figurazioni mitologiche derivate da pittura vascolare greca. La qualità artistica di importanza secondaria: è
importante che le figure spiccano nette sullo sfondo che i loro contorni siano fortemente segnati e che i colori siano
rafforzati.

La scultura etrusca

Le funzioni della plastica non sono tutte relative al culto dei morti: vi è una grande scultura decorativa collegata
all'arredamento della casa e vi è la scultura funeraria dei canopi(urna cineraria con l'apparecchio a forma di testa umana)
e quella dei sarcofagi. I canopi risalgono al settimo secolo: il corpo del vaso evoca il busto umano, I manici le braccia, la
testa sul coperchio ritratto del defunto. Con il sesto secolo comincia a farsi sentire l'influenza della scultura arcaica
ionica.

Nella lupa capitolina in bronzo evidente l'influenza ionica: la modulazione della luce sul corpo dell'animale e la
stilizzazione del pelo sul collo, il nuovo il modo con cui è accennata la tensione dei muscoli sotto la pelle. Uno dei massimi
capolavori dell'antica arte del bronzo e la chimera d'Arezzo Dove i motivi della stilizzazione ionica sono più intensi: il
corpo e mercato, la coda-serpente è flesso come una molla. Essa era un mostro della mitologia greca che univa corpo
del leone, una capra, un serpente ed era la personificazione della tempesta. I sarcofagi perlopiù in terracotta sono la
creazione più originale della scultura etrusca. Il coperchio della cassa ha la forma del letto per il simposio: su di esso
appoggiandosi sul gomito è il defunto spesso accanto la moglie. Le Figure sono acutamente caratterizzate con una
fedeltà ritrattistica che va facendosi sempre più insistente. La ritrattistica etrusca è la prima ritrattistica non celebrativa
né commemorativa per questo può dirsi veramente realistica. Perciò l'arte etrusca è nettamente anticlassica. Lo si vede
in uno dei capolavori più tardi, la statua bronzea dell'arringatore con una dignità già romana ma con l'ansia e la
malinconia della cultura etrusca. Il corpo leggermente proteso in avanti, le pieghe della toga sfuggono nella direzione
opposta come se la figura fosse attirata all'indietro da una forza misteriosa.
I Romani

I Romani ebbero con l’arte un rapporto che oggi definiremo molto problematico. Essi, infatti, erano più interessati alle
questioni concrete pertanto le care discussioni artistiche e filosofiche tanto amate dai greci erano ritenute perdita di
tempo e oziosità. Considerando l’architettura greca e quella romana, un fatto ci colpisce in modo particolare: le forme
stesse dell’architettura e la conseguente differenza della concezione dello spazio. L’architettura romana basa i propri
schemi costruttivi sul principio dell’arco e della volta. Questo tipo di architettura ha esigenze politiche: rappresenta
infatti l’impero che è retto dal potere centrale, la capitale. Per questo motivo i romani fanno largo uso di archi cupole e
volte. Quest’ultime servono per coprire vasti spazi. Per poter razionalizzare e semplificare i rapporti con le regioni
circostanti, i romani si danno alla costruzione delle strade. La strada romana è perfetta sia come solidità del sottofondo
sia per il rivestimento superiore, fatto con poligoni di pietra. La tecnica dell’arco viene utilizzata anche per le fognature,
come la celebre Cloaca Massima, nonché per gli acquedotti. Perché l’acqua avesse sempre pressione necessaria per il
tragitto voluto, le condotte erano costruite uniformemente discendenti.

A Roma costruire ponti era un’attività sacra.

La città romana”

L’organizzazione della città richiedeva molta cura. Le strade erano disposte a scacchiera, parallelamente ai pilastri
principali si trovano a loro volta in corrispondenza delle quattro porte principali della città. Questa struttura,tipica delle
città romane, non si trova però a Roma che nacque in seguito ai vari inseguimenti sui suoi colli. Gli esempi più significativi
di città romana sono per esempio Pompei ed Ercolano: l’una fu coperta da cenere e lapilli, l’altra da una colata di fango
durante l’eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 a.C.

I templi romani

l’architettura templare romana si muove tra le forme della tradizione etrusca e greca. Tra gli schemi greci gli esempi più
notevoli a cui si fece riferimento, in particolare a Roma, furono:

-il circolare periptero, es. tempio di Vesta

-il prostilo, es. Foro romano

-lo pseudo periptero, es. tempio di Portuno

-il periptero su un alto podio, es. tempio dei Dioscuri nel foro romano

-il periptero su crepidoma, es. tempio di Venere a Roma

-il periptero senza postigum, tempio privo di opistodomo e colonnato posteriore, es. templi di Venere genitrice nel foro
di Cesare

La costruzione di edifici destinati al culto subì notevoli cambiamenti a partire dalla seconda metà del I secoli a.C. Il
tempio infatti cominciò a dotarsi di un’abside di uno spazio, cioè, a pianta semicircolare che si colloca in corrispondenza
del lato opposto all’ingresso, configurandosi come dilatazione della cella.

Tempio di Vesta

Sorge nel foro boario, e ha una pianta circolare, secondo l’uso greco. In origine probabilmente dedicato ad Ercole
vincitore. Anche se l’impostazione greca, il tempio ha caratteristiche romane, come per esempio la continua variazione
di rapporti prospettici dovuta alla disposizione circolare delle colonne. E’ circondato da una peristasi di 20 colonne (12
sostituite in età Agustea) corinzie scanalate. La scanalatura è profonda e genera rilevanti chiaroscuri, conferendo una
maestosità romana alla costruzione. Secondo l’uso ellenico, si accede al tempio per uso di scale. All’interno si apre una
favissa, una fossa a pozzo riservata agli oggetti votivi.

Tempio della Fortuna virile o Portuno

Questo tempio mostra sia derivazioni greche dove è presente pronao e colonne, sia derivazione etrusche, è presente
un podio da cui si innalza la scalinata di accesso. Il tempio è di ordine ionico e pseudoperiptero, di tipo tetrastilo perché
le colonne laterali sono addossate alle pareti. In epoca romana infatti le colonne perdono la loro funzione di sostegno e
diventano puramente ornamentali. E’ presente un profondo timpano ornato da dentelli decorativi (motivo decorativo
della cornice classica costituita dalla sequenza di piccoli parallelepipedi sporgenti).

Pantheon: Il più importante esempio di architettura templare verrà creato sotto il regno di Adriano quando venne
costruito il Pantheon (118-128 d.C.). Questo tempio è stato costruito sulle ceneri di un precedente tempio dedicato a
tutti gli dei che andò distrutto da un incendio. Mentre oggi l’architettura del Pantheon è immediato, essendo il
monumento isolato al centro di uno spazio libero, l’antico visitatore raggiungeva l’edificio attraversando una stretta
piazza porticata. Il suo aspetto esteriore era quello di un tradizionale tempio octastilo, ma oltrepassando il profondo
pronao il senso dello spazio mutava all’improvviso e in modo del tutto pazzesco. L’antico visitatore, infatti, veniva
assalito da un senso di smarrimento trovandosi in un ambiente circolare di dimensioni quasi soprannaturali.

I romani attribuivano più importanza allo spazio interno rispetto a quello esterno. Il pronao è composto da tre file di
colonne corinzie monolitiche (formate da un solo rocco di pietra), non scanalate di granito egizio: le otto frontali sono
grigie, le altre otto rosse e disposte su due file di quattro colonne ciascuna. Il pronao è unito alla rotonda retrostante da
un elemento intermedio a forma di parallelepipedo. Due grandi nicchie in asse con le colonne del pronao fanno risultare
il fronte diviso in tre navate. Il portale è introdotto da un vano coperto da una volta a botte con cinque lacunari
(elemento che viene ripetuto più volte nell’intradosso di un arco, di una volta o cupola; è costituito da uno spazio che
rientra nella muratura) impostate da un architrave sostenuto da due gruppi di lesene. La rotonda si compone di una
struttura cilindrica e di una cupola emisferica (mezza sfera). L’altezza del cilindro e quella della semi sfera sono identiche:
cioè vuol dire che all’interno dell’edificio si iscrive idealmente una sfera. Il cilindro o tamburo è profondamente scavato
all’interno da sette nicchie. Queste, alternativamente a forma quadrangolare e semicircolare, sono inquadrate da
pilastri e schermate da due colonne corinzie che costituiscono il passaggio da un buio profondo della nicchia alla
luminosità del grande vano cupolato. Al di sopra di esse corre una trabeazione anulare. Le lesene angolari sottolineano
gli spigoli interni delle nicchie quadrangolari. Nello spazio tra le nicchie sono introdotte delle edicole timpanate che un
tempo accoglievano statue di divinità. Le nicchi, le cavità interne e gli archi di scarico alleggerivano la massa muraria
rendendo il Pantheon asismico. La cupola emisferica è fortemente rinfiancata, tanto che, esternamente, il suo profilo
appare ribassato cioè meno di mezza sfera. E’ realizzato in calcestruzzo avvicinandosi alla sommità si impiegheranno
materiali sempre più leggeri. Un oculo posto alla sommità della cupola rappresenta l’unica fonte di luce per il grande
vano rotondo. All’interno la cupola ha cinque anelli concentrici di 28 cassettoni quadrangolari ciascuno, che hanno lo
scopo sia di alleggerire la struttura sia di renderla più resistente. L’edificio venne consacrato alla vergine, Santa Maria a
Martyres, nel 609 d.C.

Il teatro romano

I romani utilizzarono il modello del teatro greco portandovi alcune modifiche essenziali. Il primo più antico teatro
romano in muratura è quello costruito verso l’88 a.C. con un emiciclo di circa 75 metri di diametro e gradinate in laterizio.
La novità architettonica di questo teatro era nell’avere una struttura totalmente autonoma e autoportante, con data su
una fitta rete di muratura radiali e concentriche.

A Roma il primo teatro ad essere costruito interamente in muratura fu quello di Pompeo del 55 a.C. La sommità della
cavea reca solitamente un porticato e i vari livelli, divisi in settori, cunei corrispondono alle grandi arcate esterne e
prendono il nome di Maeniana. Ciascuno Maenianum è servito da corridoi di disimpegno. Gli accessi laterali, gli
Itinere, sono in muratura. L’orchestra si riduce ad un semicerchio perdendo importanza rispetto a quella dei teatri
greci e classici. La scena diventa architettonica facendosi sempre più complessa è meglio adattandosi alle necessità
delle rappresentazioni teatrali romane. Il teatro Marcello”. Fu il secondo, in ordine di tempo, ad essere costruito in
muratura. Esso venne iniziato da Cesare e compiuto da Augusto che, nel 13 a.C. lo dedicò al nipote Marco Claudio
Marcello. Poco sappiamo dell’interno, tuttavia le due aule che si concludono con delle esedre e che affiancano la
Scaenae Frons, sono il prototipo delle Basiliche che diventeranno uno dei motivi tradizionali dei teatri. La facciata
curvilinea, che è la meglio conservata dell’intero complesso, si caratterizza per il ricorso agli archi sostenuti da pilastri
contro i quali si addossano delle semi colonne trabeate, dorica a piano terra e ionica a piano mediano. Non
conosciamo l’aspetto del terzo ordine, ma studi recenti suggeriscono la presenza di un attico piuttosto che un terzo
ordine di archi con semi colonne corinzie.
L’anfiteatro

è un edificio di forma circolare o ellittica usato per spettacoli pubblici. Nell’antichità classica veniva usato per i giochi
gladiatori e per le Venatronies (scontri tra gladiatori e animali). Questa nuova tipologia di costruzioni ha potuto avere
luogo grazie alle tecniche costruttive basate sull’impiego dell’arco a tutto sesto, delle volte e del calcestruzzo.
L’anfiteatro infatti si fonda sull’omogeneità della facciata curvilinea.

“Il Colosseo”

Uno degli anfiteatri romani, più grande al mondo è l’Anfiteatro Flavio a Roma, meglio conosciuto come Colosseo,
termine con i quale lo si identifica sia per le sue dimensioni colossali sia perché nei suoi pressi era collocato il Colosso di
Nerone, una statua di grandi dimensioni rappresentante l’Imperatore. La costruzione iniziata sotto Vespasiano nel 70
d.C. fu conclusa da Domiziano negli anni immediatamente successivi (dopo 80 d.C.). L’edificio, di forma ellittica, è in
massima parte costruito di tufo e laterizi, è rivestito in travertino (pietra bianca porosa vagamente diffusa a Roma). La
faccia esterna si compone di 4 piani. I tre piani inferiori sono costituiti da una successione di 80 arcate su pilastri per
ciascun livello. Per la prima volta gli ordini architettonici si sovrappongono secondo la loro completa successione
“dorico-ionico-corinzio”, anche se l’ordine dorico del pian terreno è sostituito dal tuscanico. Al di sopra del terzo livello
è situato un attico in muratura continua, dove le lesene corinzie ne spartiscono la superficie in spazi alternativamente
occupati da finestroni squadrati. Le mensole ancora dritte costituivano la base di appoggio per le antenne (lungo palo
di legno) lignee che avevano la funzione di sorreggere il velario, che consisteva in una grand coperta di stoffa che
all’occorrenza veniva spiegata allo scopo di proteggere gli spettatori dal sole e dalla pioggia. Il pubblico accedeva alle
gradinate tramite i vomitoria e la vasta cavea era divisa in senso orizzontale in tre gallerie come nei teatri; l’ultimo di
esse aveva le gradinate in legno per ridurre la spinta delle volte contro la parete dell’attico, la meno spessa e quindi la
meno resistente. Mentre nei teatri si portavano in scena recite, negli anfiteatri avevano, luogo spettacoli grandiosi, ad
esempio, le battaglie navali o naumachie e anche combattimenti cruenti tra gladiatori e tra uomini e animali feroci.

La casa romana: Domus

La Domus si articola attorno ad una corte centrale, l’ATRIO. Al centro dell’atrio si trova l’IMPLUVIUM, una vasca
quadrangolare per raccogliere l’acqua piovana. L’apertura sul tetto da cui entrano queste acque si chiama
COMPLUVIUM. Intorno all’atrio vi sono i CUBICOLI, le stanze d’alloggio. In fondo all’atrio vi è invece il TABLINUM, il
luogo di riunione della famiglia e di ricevimento degli ospiti. Accanto al tablinium si trova la sala da pranzo, il TRICLINIUM,
con tre letti accostati ai tre lati del tavolo. Oltre queste stanze si trova l’HORTUS, un giardino circondato da colonne.
Oltre, era possibile trovare un loggiato. Dalla parte opposta, prima di poter accedere all’atrio della casa dalla strada, era
necessario attraversare un VESTIBULUM. Quello appena descritto è il modello delle case patrizie. Poiché a Roma gli
abitanti erano tanti, esistevano anche palazzi a più piani divisi in appartamenti, case plebee sono solitamente costruite
non con la tecnica muraria, ma di costruzioni multipiano in muratura, con piccoli cortili interni di uso comune. Venivano
abitualmente costruiti addossati l’uno all’altro, in modo da avere un muro in comune.

Questi palazzi erano chiamati INSULAE, ed erano molto rumorosi. Le domus erano invece silenziose, perché isolate
dall’ambiente esterno. Ma per magnificenza, dimensioni e ricchezza, sopra tutti gli edifici destinati alla residenza si
collocano i palazzi imperiali. I più smisurato di essi fu certamente la Domus Aurea, costruita per Nerone per gli architetti
Severo e Cerere tra il 64 e il 68. Il complesso era organizzato attorno a un lago che si componeva di edifici, padiglioni,
giardini, boschi, pascoli, terrazze, viali, ville, orti, campi coltivati, vigneti, terme, templi, porticati, bacini d’acqua e ninfei.
Un cortile poligonale fonde i due organismi il primo dei quali doveva costituire gli appartamenti provati dell’imperatore.
Centro del complesso orientale, la grande sala ottagono si pone come ambiente dell’elevato valore tecnico e
architettonico, prototipo di tutti gli edifici a pianta ottagonale. Coperta da una cupola a padiglione forata da un oculo in
sommità e attorniata da un ninfeo e da quattro cubicoli.

E in questo vasto ambiente cipollato che si è voluto riconoscere la spettacolare sala di banchetti dove, gli architetti
avevano collocato una struttura lignea che ruotava lentamente, grazie a complessi meccanismi idraulici e che come il
mondo compiva un giro completo in ventiquattro ore e Nerone, identificato con il sole, sedeva al suo centro.
La pittura romana

il primo genere di pittura che si sviluppò a Roma fu quella trionfale destinata a illustrare le festa vittoriose dei suoi
condottieri. Molti dei dipinti non sono arrivati a noi e sono andati perduti. Tutto ciò che conosciamo della pittura romana
lo dobbiamo a quei pochi pezzi frammentari conservati a Roma e a Pompei Ercolano. La pittura pompeiana superstite è
a affresco. Era il Pictor Pariearus a occuparsi del disegno sulle pareti e a realizzare quasi tutto il dipinto. Il Pictor
Imaginarius dipingeva sul posto un quadro d’affresco nello spazio appositamente lasciato Siamo soliti distinguere la
pittura paritaria romana e pompeiana in quattro stili. Il termine Stile è improprio perché si tratta soltanto di differenti
tipi o schemi di decorazioni. Il primo stile è detto strutturale o incrostazione e imita un rivestimento in lastre di marmo
pregiato di specie diverse. Le lastre sono simulate modellando dello stucco che veniva in seguito colorato. Esso viene
impiegato in abitazioni modeste proprio per evitare l’elevata stesa dei marmi preziosi che erano in uso nelle case dei
ricchi. Esempi notevoli di tale tipo di decorazione si trovano nella casa di San Lustio a Pompei dove ornano le pareti
dell’atrio tuscanico e di tutti gli ambienti intorno ad esso. Il secondo stile, detto anche dell’architettura in prospettiva o
architettonico, simula nelle pareti delle architetture prospettiche che dilatano lo spazio tramite le colonne, lesene,
trabeazioni, archi, frontoni, porte, muri di cinta e parapetti. Si tratta a volte di visioni parziali di città, di porticati e di
paesaggi. Quasi sempre vi è uno zoccolo inferiore con dipinti e incrostazione nel primo stile. Caratteristiche ulteriore di
questo tipo di decorazione è che l’architettura son sempre credibili. Fra gli esempi più spettacolari si collocano quelli
della cosiddetta Villa di Poppea a Oplontis (odierna Torre Annunziata). Gli affreschi del Cubiculum mostrano una parete
caratterizzata da un basamento al di sopra del quale insistono delle colonne tuscaniche e corinzie. Queste sono coronate
da un capitello a restie femminili che sostituiscono il fiore d’Abaco. Le colonne inquadrano un doppio porticato esterno
illuministicamente spinto in profondità. Al centro della veduta troneggia un tempesto monoptero che ospita la statua
di una divinità femminile. Anfore argentee sono disposte fra le colonne e cliptei lucenti sono appesi agli architravi. Gli
affreschi del triclinio della villa dei Listeni sono tra i meglio conservati di tutta la pittura antica. Essi con pochi elementi
architettonici in prospettiva rappresentano, con numerose figure monumentali ad altezza naturale, un rito di iniziazione
a emisteri dionisiaci. I personaggi raffigurati, in parte reale, in parte mitologiche sono raccolte in gruppi disposte contro
il rosso dei pannelli in corniciaie dalle lesene e da un fregio a meandri.

Il terzo stile è detto anche “della parete reale o ornamentale. Le architetture diventano simili a giocattoli delicati: esili
semi colonne sorreggono improbabili timpani vegetali, mentre i fiocchi, nastri ed elementi naturalistici sono impiegati
in grande quantità. Talvolta le pareti perdono ogni realtà strutturale diventando giardini fioriti. Il tablino nella casa di
Marco Lucrezio Frontone, a Pompei è un raffinato esempio di tale tipo di pittura.

Il quarto stile, o fantastico o dell’illusionismo prospettico si serve di prospettive architettoniche e di decorazioni del tipo
di quello del terzo stile, ma in maniera del tutto fantasiosa. Inoltre le architetture sono estremamente teatrali: la
prospettiva è virtuosistica, complessa e moltiplicata in

profondità. Le vedute sono sempre più difficili da dipingere e la decorazione è sovrabbondante. Uno degli esempi più
significativi è costituito da un frammento di affresco proveniente da Ercolano e presenta un complesso di architetture,
tale moltiplicazione è ottenuta con un solo colore che, aumentando o diminuendo l’intensità stabilisce la vicinanza o
lontananza degli edifici raffigurati. Il frammento, la cui architettura in primo piano si regge sulla combinazione del rosso
e giallo oro, è incorniciata in alto da un tendaggio verde-azzurro come fosse il sipario di un teatro moderno.

La scultura romana

tra i generi artistici quello più legato alla mentalità romana è senza dubbio il ritratto. Contrariamente alla statuaria greca,
la statuaria romana cerca soprattutto la rassomiglianza. Infatti tutte le famiglie patrizie erano solite conservare nell’atrio
delle proprie Domus le maschere di cera di defunti. Dalla maschera funebre proviene in certa misura la particolarità di
limitare il ritratto al solo volto e al collo dando così origine alla tipologia del busto.

statua Barberini

Il patrizio (la testa non è quella originale ma un’antica adattata), dal ricco panneggio della toga sembra in posa davanti
all’artista che lo ritrae e reca con se le immagini di due suoi antenati. La statua Barberini quindi sta a testimoniare tre
diverse generazioni di una stessa famiglia.

Due i ritratti, uno virile e l’altro femminile si possono leggere le stesse caratteristiche di una perfetta rassomiglianza. IL
primo mostra un patrizio romano dall’età avanzata, il quale ha il naso forte e gibboso e i capelli sono radi. Gli occhi
stanchi ma ancora acutamente indagatori appaiono infossati entro orbite sottolineate dalle palpebre inferiori. Il labbro
inferiore è portato in fuori, mentre la bocca assume una piega verso il basso. Le rughe attraversano il volto del vecchio
conferendogli un aspetto pensoso, grave e autorevole. Il ritratto dell’anziana rispecchia un’attenzione particolare della
persona ritratta nei confronti del proprio corpo e della propria femminilità. I pochi capelli accuratamente pettinati
formano un ciuffo al disopra della fronte mentre una treccia si arrotola a crocchia. L’andamento conico dell’acconciatura
definisce un naturale equilibrio per il volto proteso in avanti. Gli zigomi sono prominenti, le guance incavate, la bocca
grande dalle labbra sottili, e gli occhi un po’ sporgenti che non cancellano ancora l’impressione di un volto che un tempo
doveva essere piacente.

Augusto di prima porta

questa statua riprende l’atteggiamento equilibrato del Doriforo Policleteo. Ma Augusto, l’imperatore protettore della
tradizione, non poteva essere nudo come un generico eroe greco, fu così che al corpo del Princes venne apposta una
corazza, però aderente in modo da rilevare comunque il disegno anatomico del busto con pettorali pronunciati. La figura
dell’uomo viene mostrata nella posizione di immobilità con il bracci sollevato in un gesto solenne di comando. Il volto
dell’imperatore venne modificato per dare l’impressione di un uomo che senza dubbio avrebbe eretto le sorti
dell’imperio con fermezza e giustizia.

Tutta l’arte romana quindi è come se avesse due anime: quella aulica e quella plebea.

corteo funebre

una lastra con certe funebre proveniente da Amiternum aiuta a capire quale fossero alcune caratteristiche dell’arte
plebea. Il funerale doveva essere quello di un ricco infatti il corpo del defunto è adagiato sul lettucio coperto da un
baldacchino. I portatori poggiano tutti sullo stesso piano a differenza dei musici che sono collocati su due livelli
differenti, l’uno sopra l’altro. Per le figure espose nella parte superiore della lastra esistono delle strisce di appoggio
simulanti dei piani onde evitare che potessero apparire come sospesi nel vuoto. Il baldacchino è dimostrato ribaltato
cosicché possiamo vederne la decorazione con una falce di luna e cielo stellato.

arco di Augusto

Il fregio dell’arco di Augusto a Susa mostra invece una processione sacrificale. Gli animali per il sacrificio sono di
dimensioni abnormi, ciò sta a simboleggiare il gran numero, ma soprattutto è indice che l’evento importante
rappresentato è sacrificio e non altro. L’arte plebea dunque è simbolica. Le proporzioni sono naturalistiche ma
gerarchiche, nel senso che maggiore è l’importanza attribuita al soggetto maggiore è la sua dimensione. Tutta via il
fregio è una parte poco significativa in un monumento con poca veduta dal basso.

Il rilievo storico celebrativo: Un’altra caratteristica dell’arte romana è la funzione di ricordare un avvenimento storico
o di celebrare le gesta di un personaggio. Fra i più importanti significativi rilievi storico celebrativi sono da ricordare
l’Arapacis Agugustae (Altare della pace Augusta) e la colonna Traiana.

Ara pacis

attualmente in prossimità del Tevere, l’Ara pacis si trovava originariamente in Campo Marzio. La costruzione dell’Ara
pacis venne decretata dal Senato nel 13 a.C. per celebrare il ritorno vittorioso di Augusto dalla Spagna e dalla Gallia che
aveva avuto come esito la pace nell’Impero. Realizzato in marmo lunenze, originariamente dipinto, l’altare è costituito
da un recinto pressoché quadrato posto su un basso podio e avente due accessi, uno solo dei quali dotato di gradinata.
Sulle pareti, sia all’interno che all’esterno, pochi sono gli elementi architettonici. Lesene corinzie affiancano i portali e
una trabeazione con un architrave a tre fasce corona il piccolo edificio. Il sobrio interno, che racchiude la mensa
sacrificale, imita nella porzione inferiore una staccionata in legno. Un fregio decoratore, a palmette, introduce alla
porzione superiore. In questa festoni, con all’ estremità coppie di nastri ondulati, sono appesi a dei bucrani (crani o teste
di buoi, un rinvio simbolico al sacrificio). Al di sopra dei festoni sono collocate delle patere, coppie usate per versare
liquidi durante i sacrifici. La mensa, alla quale si accede salendo dei gradini, ha le sponde naturali a volute contrapposte
con girali, leoni alati e rilievi raffiguranti processioni sacrificali. L’esterno presenta un fregio vegetale (nella fascia
inferiore), eseguito con un’raffinata tecnica di rilievo dove è presente una decorazione costituita da girali che si
originano da un grande cespo centrale di foglie d’acanto dal quale si allontanano simmetricamente, alludendo alle
piante che si era abbarbicate alla primitiva staccionata di legno. Le foglie e i tralci sono anche il ricovero per un insieme
numeroso di uccelli e piccoli animali. il fregio vegetale è, dunque, una sorta di grande enciclopedia naturalistica. I portali
sono affiancati da quattro rilievi dove presentano il Lurpercale (il ritrovamento dei due gemelli Romolo e Remo allattati
dalla lupa), Enea che sacrifica i Penati, la personificazione della Terra fra i venti di terra e mare e la Dea Roma seduta su
un cumulo di armi. Il Lupercale alludeva alle origini di Roma e quindi ad Augusto fondatore della nuova potenza romana.
Enea alludeva, invece, al capostipite mitologico della Genz Yulia a cui Augusto apparteneva. Le altre due scene
simboleggiavano la terra abbondante di frutti, nutrita dalle acque portata dai venti di terra e di mare e in pace sotto la
protezione di Augusto, mentre Roma era destinata a governare sui popoli pacificati. Il fregio storico occupa per intero
la porzione superiore dei due lati maggiori del recinto sacro e può rappresentare sia la processione del giorno
dell’inaugurazione sia quelle che si svolse quando ne venne decretata la costruzione. Ma la presenza di Agrippa, il genero
di Augusto e la raffigurazione di Augusto nei panni di pontefice massimo, fanno di questo rilievo storico la glorificazione
della famiglia imperiale. Lungo i due lati sud e nord le persone procedono verso l’ingresso occidentale e si pongono
come un’unica processione disposta su due file. I maggiori rappresentati dei collegi sacerdotali precedono; seguono i
membri della famiglia imperiale. Augusto con la testa pelata è circondato dai littori e dai flamini. Attorno a lui si forma
un gruppo dove la processione sembra arrestarsi, poco distante da lui Agrippa segue i flamini e introduce il gruppo dei
familiari. A lui si aggrappa con estrema tenerezza il figlio il piccolo Gaio Cesare. Ogni personaggio è raffigurato in una
posa particolare ed è dimensionato in modo da occupare tutta l’altezza del fregio mentre una seconda fila di partecipanti
e più arretrata per dare un senso di profondità.

La colonna Traiana: venne eretta 110-113 d.C., nel foro Traiano, per celebrare le due campagne vittoriose
dell’Imperatore Indacia. Un tempo la colonna era posta tra la biblioteca latina e quella greca, aveva alle spalle la basilica
Ulpia ed era fronteggiata dal tempio del Divo Traiano. La circondava la stretta peristasi di colonne corinzie che avevano
un’altezza tale da consentire la visione della sola parte basamentale e di un breve tratto del fusto. La colonna, di ordine,
tuscanico è composto da un toro formato da foglie di alloro, da un fusto formato da 17 rocchi di marmo. Il piedistallo
ha una base liscia terminante a gola, 4 facce recanti un fregio con composizioni di armi e armature conquistate dai
nemici, infine una cornice ornata da festoni sostenute da quattro aquile disposte sui spigoli del plinto sovrastante. Essa
conduce una rampa di scale introduttiva alla scala a chiocciola che percorre il fusto cavo della colonna, nonché a tre
piccole stanze. Di esse la più interna custodiva due urne d’oro con le cenere di Traiano e della consorte Plotina. Quindi
il monumento è allo stesso tempo storico celebrativo e funerario. Essa è interamente fasciata da un lungo nastro
figurato che narra i fatti più importanti accaduti nelle due guerre di Dacia. Avvolgendosi, il nastro forma una spirale e la
colonna è detta Coclide. L’altezza del nastro varia via via che ci si avvicina alla sommità del fusto perché, in tal modo,
visto dal basso l’effetto prospettico lo fa apparire di dimensioni costante. Una linea di contorno, ottenuta con l'impiego
del trapano, delimita spesso le figure che risaltano maggiormente contro il fondo. Infatti il solco ombreggiato rinforza
conferendo al rilievo la qualità e le caratteristiche del disegno. La porzione inferiore della colonna mostra episodi
inerenti alla prima campagna di Dacia, che prende l'avvio con il passaggio del Danubio, mentre la seconda è destinata
la restante parte, che incomincia con l’imbarco dal porto di Ancona. Le due campagne sono separate dalla figura della
Vittoria alata che scrive le imprese di Traiano su uno scudo. La Vittoria ha le braccia che attraversano in senso diagonale
il busto, il piede sinistro è poggiato dietro e pertanto il ginocchio è piegato. Il busto è ruotato verso destra e la figura,
mentre trattiene lo scudo con la sinistra, con l’altra mano scrive. Alla fine della seconda campagna militare si colloca la
porzione di nastro con la rappresentazione del suicidio di Decebalo, il re dei daci. Egli muore accanto a un albero ricurvo
circondato dai suoi nemici e volgendo loro uno sguardo fiero.

Verso l’era cristiana: nasce il Sacro romano impero: Gli anni che vanno dalla fine del II sec d.C. fino al 476 furono
ingloriosi per Roma che si trovò a dover difendere un territorio troppo vasto ed esposto continuamente alle incursioni
dei barbari. Gli eserciti che combattevano lungo i confini settentrionali dell’impero divennero sempre più violenti. Fu
così che si ebbe, per tutto il corso del III sec, un susseguirsi di imperatori. Si arrivò persino al punto di avere più imperatori
eletti contemporaneamente da eserciti diversi. La situazione è molto critica e la popolazione del suo impero viveva in
uno stato di povertà sempre più gravoso. Fu anche per sottrarsi ad una situazione così penosa che molte persone
accolsero le idee diffuse da religioni e riti orientali che facevano sperare ad una vita felice dopo la morte. Un grande
imperatore che cercò di risollevare le sorti dell’impero fu Diocleziano. Egli capì che era necessario eleggere
contemporaneamente due imperatori, uno per l’Oriente ed uno per l’Occidente. L’immenso Impero venne così diviso
in quattro aree e come conseguenza tale condizione ebbe la perdita d’importanza della città di Roma. Diocleziano cercò
di migliorare la situazione economica dell’impero con varie misure, tra le quali vi fu anche quella di obbligare i figli a
scegliere lo stesso mestiere del padre, per evitare che scomparissero soprattutto contadini e soldati. Come segno di
unificazione culturale impose l’uso della lingua latina a tutte le province dell’impero.
L’arte della tarda romanità

Per arte della tarda romanità o arte tardo-antica intendiamo le forme artistiche che caratterizzarono gli anni compresi
tra la fine del II e il IV-V secolo. I problemi sociali, politici ed economici erano ben avvertiti. Nonostante ciò, le
architetture a Roma e nelle maggiori città dell’impero continuavano ad aumentare di numero e, se possibile, diventare
più maestose delle precedenti. A quasi dieci anni dalla sua elezione Diocleziano cominciò a farsi costruire un immenso
Palazzo a Spalato, in Dalmazia. Il Palazzo ha un impianto che rispecchia quello dell’accampamento romano ed è
circondato da fortificazioni. La metà settentrionale del Palazzo era occupata da caserme, invece, nella metà meridionale,
destinata a residenza, un cortile immetteva da una parte in un’area sacra, con il tempio di Giove, e dall’altra al mausoleo
ottagonale dell’imperatore. Il Palazzo ha dimensioni talmente grandi che nel Medioevo divenne il nucleo centrale della
cittadina di Spalato e il mausoleo fu trasformato nell’attuale Duomo. A pianta ottagonale, è circondato esternamente
da un colonnato tràbéato. Una cupola in muratura copre l’edificio che, all’estradosso, rivela una forma piramidale.
All’interno la struttura è cilindrica e si presenta scavata da nicchie, alternativamente rettangolari e semicircolari. Il
tamburo è diviso in due registri orizzontalmente da un doppio ordine di colonne corinzie. Alte trabeazioni di marmo
concludono i due ordini sporgendo in corrispondenza delle colonne. Un fregio con putti, maschere e festoni al di sotto
dell’architrave dell’ordine superiore e i colori sottolineano il puro valore ornamentale dell’ insieme, formato da colonne
e trabeazioni. Di grande effetto è il peristilio con portici formati da colonne corinzie che sorreggono direttamente archi.
Nella porzione centrale del lato minore meridionale l’architrave si incurva, dando luogo ad un motivo architettonico che
avrà grande diffusione nell’edilizia monumentale fino ai nostri giorni. Un frontone decorato a mensole, infine, conclude
il portico sud che si caratterizza per l’arco inferiore della sua cornice.

La Basilica di Massenzio: Con Massenzio inizia la costruzione delle Basilica romana. Nelle basiliche si amministrava la
giustizia e si trattavano gli affari. Solitamente esse erano composte da un grande ambiente rettangolare, divino in tre o
più navate da due o più file di colonne, con ingresso posto su uno dei lati maggiori. Al centro di una dei lati maggiori,
opposto all’ingresso, si apriva un’abside, a pianta rettangolare o semi circolare, al cui interno era situato il seggio del
magistrato che amministrava la giustizia. La copertura dell’ambiente poteva essere costituita da capriate lignee che
reggevano il tetto. L’illuminazione proveniva da grandi finestre che si aprivano in alto nelle pareti della navata centrale.
La basilica si presentava sobria esternamente e sfarzosa all’interno. La basilica di Massenzio era divisa in tre navate.
Quella centrale aveva una copertura costituita da volte a crociera e otto altissime colonne di marmo l’ornavano. Le due
navate laterali erano coperte da volte a botte. Tali volte erano ornate da cassettoni il cui disegno era basato
sull’alternanza di ottagoni e quadrati. All’origine all’accesso veniva sul lato orientale. In età costantiniana venne aperto
un ulteriore accesso sul lato meridionale e quindi la parte difronte venne forata per permettere l’inclusione di una nuova
abside. Grandi finestre si aprivano in alto sui muri della navata centrale, mentre l’apertura ad arco illuminavano
direttamente le due navate laterali.

la colonna di Marco Aurelio: Questa scultura mostra più chiaramente dell’architettura il mutare dei tempi. La colonna
di Marco Aurelio fu realizzata per celebrare le campagne militari dell’Imperatore Marco Aurelio contro le popolazioni
germaniche. Il fusto si compone di diciannove rocchi. Rispetto alla colonna Traiana le bande del nastro spiraliforme si
riducono di numero, le figure che compongono le scene sono più alte e meno numerose, il rilievo è più marcato e più
profondo così da avere magioni contrasti chiaroscurali. L’aspetto della colonna, cilindrica, quindi priva dell’entasi, è
deformato e ondeggiante. La rappresentazione di Marco Aurelio che parla alle truppe determina una sosta nella
narrazione e nello stesso fluire continuo delle scene. La storia non è narrata seguendo lo svolgersi degli eventi, ma
facendo in modo che gli avvenimenti più famosi e significativi si trovino in basso in modo tale da poter essere ben visti
da chiunque. Non è possibile riconoscere un singolo artista poiché più di uno furono i maestri che vi operavano e tutti
erano molto legati all’arte che abbiamo definito plebea. Non vi è più, come nella colonna Traiana, rispetto per la dignità
dei vinti. Qui lo sconfitto è sempre trattato con durezza, lo notiamo nella porzione con l’arrivo dell’Imperatore in un
villaggio barbaro saccheggiato, la grandezza del bellicoso soldato romano è accentuata e accresciuta. Ci sono due scene,
che colpiscono per la novità dei soggetti rappresentati: quella del miracolo del fulmine e quella del miracolo della
pioggia. Nella seconda Pluvio è raffigurato come un vecchio alato dalla cui persona gronda una pioggia ristoratrice, per
le legioni romane, per la prima volta, nella storia artistica romana, viene rappresentato un evento miracoloso. Tale fatto
è dimostrativo della mentalità romana che cambia e che si trova ad accogliere fatti irrazionali, inspiegabili e
soprannaturali.
l’Arco di Costantino

fra il 312 e 315-316 il senato romano decreta la costruzione di un arco trionfale. Con la realizzazione dell’arco di
Costantino si conclude quel processo consistente nel progressivo passaggio dell’arte plebea da un ruolo secondario a
un ruolo primario. In questo monumento, il rilievo storico celebrativo rientra in pieno titolo nella corrente dell’arte
plebea. L’arco ha tre fornici, un’attico e le colonne libere su alti piedistalli addossate ai pilastri. Le colonne sostengono
la trabeazione mentre difronte all’attico sono collocate statue di prigionieri e Daci. L’arco ingloba rilievi e strutture, la
sua stessa struttura non è completamente di età costantiniana. Infatti i recenti studi hanno dimostrato che le fondazioni
incorporano murature riferibili alla Domus Aurea di Nerone.

L’intera porzione inferiore dell’arco risulta essere quella di un arco di trionfo dedicato ad Adriano. Tale costruzione fu
trasformata per l’occasione con l’’inserimenti dei rilievi, la sostituzione delle semi colonne, l’aumento di spessore dei
piedistalli, l’abbattimento dell’attico e la sua ricostruzione con differente tecnica muraria. Dall’apparato scultore il
rilievo storico fu eseguito appositamente in eta costantiniana, studiandone una porzione, ad esempio quella con la
Liberalias, vi ritroviamo tutti i caratteri specifici dell’arte plebea. L’imperatore è al centro seduto in trono, in posizione
frontale e immobile.

Egli è l’unico personaggio ad essere rappresentato in questo modo. Nella raffigurazione non c’è alcun naturalismo, in
quanto le figure sono trattate in maniera gerarchica: le loro dimensioni infatti, aumentano in relazione alla loro
importanza. Operando in questo modo ogni riferimento prospettico è scomparso e dato che le figure convergono tutte
verso l’imperatore si può dire che la prospettiva è ribaltata. Con questo rilievo storico si può pertanto, dire che la strada
per l’arte medievale è ormai preparata.

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