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Arte Preistorica

Lettere, arti e archeologia (Università degli Studi di Ferrara)

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PREISTORIA
Con il termine preistoria si è soliti indicare un lasso di tempo vastissimo, lungo circa un milione di anni, fino alla
comparsa della scrittura. L’inizio della produzione figurativa, tuttavia, è relativamente recente e risale a non
oltre il 40 000-30 000 a.C. Le prime testimonianze in nostro possesso si collocano nel periodo paleolitico (che
si estende fino ad 8000 anni fa, in cui l’uomo caccia, è nomade e si ripara nelle grotte), nel neolitico (protrattosi
fino a 6000 anni fa, quando l’uomo, diventato sedentario, conosce l’agricoltura e l’allevamento) e nell’età del
bronzo (che inizia col terzo millennio a.C., quando l’uomo scopre la tecnica di fusione del bronzo, decisiva per
la creazione di manufatti ed armi più resistenti ed efficaci). Con quest’ultimo periodo si conclude la preistoria,
giacché si ha poi la nascita delle grandi civiltà del Medio Oriente (Egitto e Mesopotamia) a cui risalgono le
prime testimonianze scritte. Rimane, però, importante segnalare che non si ha una vera e propria data
spartiacque, poiché presso alcune popolazioni, questo periodo si protrasse maggiormente (es. in Sardegna
durò fin tutto il IV sec. a.C., mentre in Grecia si era già concluso agli inizi dell’XI sec. a.C.).

Produzione artistica
L’arte, essendo sempre strettamente connessa all’ambiente entro la quale viene creata, per l’uomo preistorico
è legata alla vita quotidiana ed è inserita nell’esperienza pratica. Nel paleolitico, colui che attua la pittura
all’interno delle caverne è considerato uno stregone, le immagini vengono realizzate a scopo propiziatorio
durante rituali magici per favorire il buon esito, della caccia o la nascita di figli. Nel neolitico questo compito
viene affidato ad un nuovo personaggio: il sacerdote. Ora l’immagine diventa rappresentazione ed
interpretazione del mondo reale, si inserisce nella vita quotidiana come decorazione e completamento
dell’ambiente.

Il paleolitico
Le scoperte più significative compiute sull’arte di questo periodo riguardano i dipinti delle caverne (effettuati con
le dita, penne di uccelli o rudimentali pennelli e colori di origine vegetale ed animale) e piccole sculture di figure
femminili tondeggianti (scolpite ed incise con punte acuminate su pietra, osso, avorio e corno). Studiando le
pitture parietali, raffiguranti per lo più animali e scene di caccia, ci si è accorti che esse sono sempre ben
celate, all’interno delle grotte, nelle parti più buie e nascoste. Ciò rivela che il loro fine non doveva essere
decorativo, ma legato a rituali propiziatori. Per quanto riguarda le figure femminili scolpite, si nota
un’accentuazione, spesso esasperata, dei seni, del ventre e dei fianchi, tutte caratteristiche strettamente
connesse alla fertilità.

Il neolitico
Al periodo neolitico si deve la comparsa delle prime c ostruzioni, realizzate con grandi blocchi di pietra, dette
appunto megalitiche (dal greco mega = grande e litos = pietra).
Le costruzioni più note sono i menhir, i dolmen ed i cromlech. I menhir, grandi massi oblunghi conficcati a terra,
dovevano, con tutta probabilità essere dei monumenti funebri, particolarmente diffusi in Francia e nelle isole
britanniche, ma anche in altri paesi del mediterraneo. I dolmen, formati da tre pietre impiantate nel terreno e
sovrastate da una grande lastra di copertura, si presentano anch’essi come tombe di uomini eroici. I dolmen
sono stati ritrovati in molte regioni d’Europa, del Nord-Africa e del medio Oriente. Il cromlech , infine, grandioso
assembramento di massi disposti in cerchi concentrici, veniva forse utilizzato per osservare le varie posizioni
del sole con scopi astronomici, presente nei paesi dell’Europa occidentale e dell’Africa settentrionale (il più
famoso è quello di Stonehenge, in Gran Bretagna).

L’età del bronzo


A quest’epoca risalgono le prime testimonianze di oggetti ottenuti mediante la fusione dei metalli, come piccole
figure di guerrieri a tutto tondo. Sempre in questo periodo vediamo la fioritura della civiltà nuragica in Sardegna.
Il nuraghe, abitazione circolare con piccole finestre a feritoia, è costruito a secco, sovrapponendo pietre
squadrate in cerchi via via più stretti, fino a terminare la costruzione come una specie di cupola. Esso costituiva
la casa del capo del villaggio, ma in caso di necessità poteva essere sfruttato come rifugio collettivo.

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La civiltà mesopotamica sorse in seguito a un lungo processo di sedentarizzazione di popolazioni nomadi


(Sumeri, Accadi, Assiri ecc.) stabilitesi nella regione storica che comprende la pianura alluvionale tra i fiumi Tigri
ed Eufrate tra il Mediterraneo e il Golfo Persico. Durante il Neolitico in questa regione, che verosimilmente fu
luogo di scoperta dell'agricoltura, nacquero le prime culture protostoriche di Tell Hassuna e Samarra e,
successivamente, di Tell Halaf. A partire dal 3500 a.C. vi si svilupparono i regni e le civiltà dei Sumeri, degli
Accadi, degli Assiri e dei Babilonesi. La storia di questa regione fu quindi contrassegnata da un continuo
alternarsi di stirpi diverse e da una precaria unità politica.

SUMERI
Il periodo predinastico e i Sumeri
La cultura delle popolazioni sumeriche, che ebbe il suo centro a Tell al-Ubaid nella bassa Mesopotamia, si
diffuse su tutta l'area mesopotamica. A essa risalgono i primi edifici in mattoni crudi, destinati ad avere pieno
sviluppo nel periodo di Uruk (predinastico), tra la fine del IV e l'inizio del III millennio a.C. In quest'epoca si
ebbero le prime manifestazioni dell'arte dei Sumeri, popolazione che coesisteva con gli Accadi, dai quali finì per
essere parzialmente assimilata; a questo periodo risalgono i primi esempi di architettura monumentale religiosa
(tempio di Eridu e tempio Bianco di Uruk). Tra il 2900-2400 a.C.ca il predominio era ancora del Sud, dove fiorì
la città di Ur; l'influenza dell'arte sumerica si ritrova a Tell Asmar, Tell Brak, Mari e Hafagah. In questa fase il
tempio divenne anche importante centro di attività economica. Solo al tempo della III dinastia di Ur (2112-2004
a.C.) apparve anche il palazzo reale e nello stesso tempo si fissò la tipologia classica della ziqqurat:
monumento a forma di monte costituito da una serie di terrazze sovrapposte sulla cui sommità si trova una
cella templare, vero e proprio sacrario (templi di Ur, Ur-Nammu, Larsa).

Notevoli durante il periodo protodinastico anche i documenti dell'arte figurativa sui sigilli, vasi di alabastro, tazze
e vasi rituali di pietra; comparvero inoltre le prime statue in marmo e gesso e si diffuse una pregevole arte
dell'intarsio su metalli preziosi.

BABILONESI
Il periodo babilonese
L'arte che si sviluppò dalla fondazione di Babilonia (1894 a.C.) all'invasione hurrita (1550 ca a.C.) è nota solo
da resti di città fondate dai Babilonesi e a essi soggette dopo il regno di Hammurabi (1792-1750 a.C.).
L'architettura è testimoniata soprattutto dai templi: i templi babilonesi sono articolati in vani su un asse
longitudinale con la presenza di un vestibolo, una corte a cielo aperto, un'antecella e una cella.

L'arte figurativa ha come tema fondamentale nella statuaria l'immagine votiva del re e nel rilievo la stele
monumentale. Al tempo di Hammurabi si raggiunsero importanti conquiste nella rappresentazione delle figure
su una superficie piana, con la visione dell'immagine umana di profilo e con accenni di scorcio.

Il periodo neobabilonese
I brevi ma gloriosi anni dell'impero neobabilonese (626-539 a.C.), creato da Nabopolassar (625-605 a.C.) e da
suo figlio Nabucodonosor II (605-562 a.C.), portarono a un'originale rielaborazione culturale, colma di
reminiscenze e di riferimenti al passato. In questo periodo Babilona divenne il "centro del mondo", non solo
della regione. Fu innalzata la torre che ambiva a salire fino al cielo (la biblica Torre di Babele) e furono costruiti
templi dedicati alle varie divinità, il viale delle processioni con la porta di Istar, le residenze dei sovrani.

ASSIRI
L'architettura e la plastica assira
Agli inizi del sec. XIII a.C. si affermò la potenza assira, che espresse un'arte nuova, laica.

Al periodo protoassiro (1244-1078 a.C.) corrispose un'intensa attività edilizia. Imponenti palazzi sorsero nella
capitale Assur; si ampliarono strutture esistenti, si ricostruirono ampliandoli edifici distrutti. Fu portato a

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compimento il palazzo iniziato da Salmanassar I (1274-1245 a.C.).

Nel periodo neoassiro (935-625 a.C.) l'attività edilizia ebbe un ulteriore incremento: complessi sistemi idraulici
portarono l'acqua del fiume Zab alla nuova capitale Kalakl (Nimrud), cinta da mura con torri e porte. Vi furono
costruiti la grande torre (ziqqurat), templi e la superba reggia, le cui stanze erano decorate da serie di
bassorilievi con scene di guerra e di caccia.
L'ambizione costruttiva si accentuò sotto il regno di Salmanassar III (858-824 a.C.), con una fioritura della
scultura e del bassorilievo, che registravano con estremo realismo avvenimenti di guerra. Nuovo vigore di
modellato venne espresso anche nel metallo lavorato a sbalzo, con il quale il re faceva rivestire le porte del suo
palazzo di Imgur-Bel (Balawat). Improntate a un nuovo ordine urbanistico furono le progettazioni realizzate da
Sennacherib (705-681 a.C.) nella nuova capitale Ninive, munita di mura possenti, con acropoli, che
racchiudevano palazzi reali, edifici amministrativi e templi. Con Assurbanipal (668-627 a.C.) si conclusero il
regno assiro e la sua attività artistica, in cui una nuova e più sciolta libertà d'ispirazione aveva portato la ricerca
estetica al piacere del particolare pittoresco.

EGIZI
Fin dal 3200 ca a.C. il paese fu diviso in due regni: il Basso Egitto, economicamente più progredito, e l'Alto
Egitto, caratterizzato da un'agricoltura povera per la scarsità di terreno coltivabile. Dopo l'unificazione dei due
regni, operata dall'Alto Egitto. La storia dell'Egitto, è caratterizzata dall'alternanza di periodi di grande splendore
e periodi di crisi e viene divisa in Antico Regno, Medio Regno e Nuovo Regno.

Le prime testimonianze d'arte nella regione dell'attuale Egitto sono le incisioni rupestri preistoriche dell'Alto Nilo,
fino alla Nubia, e oggetti vari (vasi di terra, alabastro e basalto; statuette di terracotta e d'avorio; suppellettili
d'oro, d'argento e di rame; ecc.) rinvenuti nelle prime necropoli, localizzate nell'Alto Egitto e più tardi anche nel
Delta.

L'arte degli egizi, evolutasi per tre millenni circa, è strettamente connessa con le loro peculiari concezioni
magico-religiose legate al culto dei morti; fu quindi fortemente condizionata dalle costruzioni funerarie, che
dovevano fungere da abitazioni e riproduzione dell'aldilà per il defunto, che così poteva agevolmente
continuare a "vivere" dopo la morte. All'inizio dell'epoca storica le più importanti testimonianze figurative sono
fornite da teste di mazza e tavolozze in scisto, aventi funzione di offerta rituale (mazza del Re Scorpione e
tavolozza di Narmer, forse da identificare con Menes).

Dell'architettura (costruzioni in mattoni crudi) di quest'epoca arcaica è rimasto poco. Le tombe e i cenotafi
(Menfi e necropoli di Abido) dei sovrani e dei grandi funzionari erano già chiaramente scandite nei due elementi
caratteristici della sepoltura egizia: l'infrastruttura, destinata a contenere il cadavere e il suo corredo e a essere
definitivamente chiusa dopo il funerale, e la sovrastruttura con il luogo per l'offerta, accessibile ai vivi.

L'arte dell'Antico Regno (2700-2195 a.C.)


Il periodo più florido dell'arte egizia è quello compreso tra il III e il II millennio a.C. Con le prime due dinastie
dette thinite (dal nome della capitale Thinis), cominciò a definirsi l'organizzazione burocratica della civiltà egizia.

Nel complesso funerario del faraone Gioser (2680-2660 a.C.) a Saqqara, la cosiddetta piramide a gradoni, per
la prima volta la tomba reale è nettamente differenziata da quella dei funzionari, adottando una sovrastruttura
composta da più mastabe sovrapposte (tombe a tumulo rettangolare, a pareti rastremate), l'antecedente
tipologico della piramide.

Nell'età menfita (dal nome della nuova capitale Menfi), soprattutto durante la IV dinastia (2630-2510 a.C.),
l'impulso accentratore del faraone, assimilato a un dio, trovò riscontro anche nell'arte. Il monumento tipico
dell'epoca fu la piramide (di cui gli esempi più famosi sono quelle di Cheope, Chefren e Micerino a Giza)
affiancata dalla Sfinge (guardiana degli accessi ai templi o alle tombe).

Grande rigore stilistico si osserva nella scultura a tutto tondo e nel rilievo. Le statue dei sovrani e dei funzionari
sono quasi sempre astratte idealizzazioni, più che dei veri ritratti.

Durante la V e la VI dinastia (2510-2195 a.C.) la rappresentazione più realistica degli individui produsse nella
statuaria alcuni capolavori, quali lo Scriba del Louvre e lo Scekh el-Balad, e diede origine ai rilievi che ornano gli

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ambienti interni delle mastabe (le tombe private dei dignitari): scene di caccia, pesca, allevamento del
bestiame, offerte funerarie.
Nel Primo Periodo Intermedio (2195-2064 a.C.) il processo di disgregazione del regno unitario per opera degli
ambienti provinciali giunse alle sue estreme conseguenze. In campo artistico si abbandonò la rigida
composizione a registri per una visione dello spazio più personale e istintiva (decorazioni nelle tombe del Medio
Egitto a Beni Hasan, e, sul confine meridionale, vicino ad Assuan).

L'arte nel Medio Regno (2064-1797 a.C)


Fu solo con l'inizio del Medio Regno, con la riconquista dell'unità nazionale e con l'assoggettamento della
Nubia, che il nuovo potere faraonico diede vita a un nuovo linguaggio artistico. Il primo importante monumento
risale al riunificatore dell'Egitto, Mentuhotep I, ed è suo il tempio funerario a Deir el-Bahari.

I sovrani della XII dinastia (1994-1797 a.C.) adottarono di nuovo la piramide come sepoltura. Per il resto, poco
si conserva dei templi divini; la statuaria ricalca i modelli menfiti, ma i ritratti sono resi più realisticamente; nel
rilievo e nella pittura prevale l'interesse narrativo.

L'arte del Nuovo Regno (1543-1078 a.C.)


Dopo il lungo Secondo Periodo Intermedio (1797-1543 a.C.), in cui il paese subì la dominazione degli Hyksos,
l'Egitto ristabilì la sua indipendenza con la XVIII dinastia in Asia. La capitale fu trasferita a Tebe, luogo di origine
della dinastia e sede di culto del dio nazionale Ammone, al quale i sovrani dedicarono templi grandiosi. Sulla
riva orientale del Nilo, dove sorgeva Tebela città, furono eretti i due templi monumentali di Karnak e di Luxor
che, iniziati dai primi sovrani della XVIII dinastia, vennero ampliati in tutte le epoche successive. Sulla riva
occidentale, invece, sorsero le necropoli in cui le tombe reali, per maggiore sicurezza, erano nascoste nelle
viscere della montagna (Valle dei Re e Valle delle Regine), mentre i templi funerari, un tempo connessi col
sepolcro e ora totalmente separati, sorsero nella parte pianeggiante al di qua della catena libica.

Capolavoro dell'epoca è il tempio della regina Hatscepsut, edificato dall'architetto Senmut in forma di livelli
successivi di terrazze porticate innalzati fino all'alta parete rocciosa.

Con l'epoca di Ramesse II (1279-1212 a.C.) e Ramesse III (1185-1153 a.C.) si sviluppò la pianta del tempio
divenuta canonica: l'esterno era un nudo muraglione, animato sulla facciata dalla presenza del pilone, costituito
da due alte torri rastremate ai due lati della porta, da cui si accedeva a un cortile porticato e, in successione,
una sala a colonne (ipostilo). Uno straordinario gusto del colossale nella scultura e nell'architettura è visibile nei
due templi di Abu Simbel, nel Ramesseo e nella grande sala ipostila di Karnak, risalenti a Ramesse II, e nel
tempio-fortezza di Medinet Habu (tempio funerario cinto da un muro con torri e ornato da monumentali
figurazioni a rilievo) dell'epoca di Ramesse III.

L'epoca tolemaica
L'ultimo periodo della storia egizia, quello della dinastia tolemaica (304-30 a.C.), vide coesistere due culture:
Alessandria diventò centro brillantissimo di cultura ellenistica, mentre nel resto del paese continuò la cultura
egizia. Tentativi di compromesso tra le due arti sono la tomba di Petosiri a Ermopoli, statue di Tolomei o di
imperatori romani in costume egizio e alcuni ritratti in cui le esperienze della precedente età saitica (664-525
a.C, dal nome della città Sais) si fondono con quelle dell'ellenismo. Risalgono a quest'epoca gli straordinari
templi di Dendera ed Edfu.

CRETESI-MICENEI
Arte cretese
Mentre in Egitto si sviluppava una delle più grandi civiltà del mondo antico, nel Mediterraneo orientale una
diversa cultura artistica sorgeva in alcune isole e in alcuni territori della penisola greca.

Fu soprattutto dall’isola di Creta che vennero le più originali novità, ed è qui che si sviluppa quella cultura
figurativa definita anche «minoica» dal nome del mitico re Minosse.

Le prime manifestazioni si datano al 2.500 a.C., quando in Egitto sono già sorte le grandi piramidi. Da questa

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data, la periodizzazione più diffusa dell’arte cretese individua tre principali periodi:

• periodo prepalaziale (o minoico antico): dal 2.500 al 2.000 a.C.

• periodo dei primi palazzi (o minoico medio): dal 2.000 al 1.700 a.C.

• periodo dei secondi palazzi (o minoico tardo): dal 1.700 al 1.350 a.C.

La periodizzazione, come si desume anche dai nomi, viene riferita alla datazione dei grandi palazzi che
caratterizzavano la vita civile dell’isola. In pratica, a partire dal 2.000 a.C., nell’isola sorsero grandi complessi
architettonici, la cui morfologia era molto varia e articolata: essi si componevano di centinaia di ambienti tra loro
connessi da passaggi, corridoi e cortili che dovevano avere l’aspetto di un labirinto. Da questi palazzi, così
complessi, nacque forse il mito del labirinto di Creta, costruito da Dedalo, e nel quale Minosse nascose il
Minotauro, mostro metà toro e metà uomo.

Oltre a quello di Cnosso (il più famoso) altri palazzi sorsero nell’isola: quelli di Festo, di Haghia Triada, di
Mallia. I primi palazzi furono probabilmente distrutti da un terremoto che avvenne intorno al 1.700 a.C. La loro
ricostruzione dà l’avvio al periodo del minoico tardo che finisce con la conquista dell’isola da parte delle
popolazioni micenee.

Rispetto all’antico Egitto, a Creta si sviluppò una civiltà dai caratteri più liberi e fantasiosi, meno condizionata
da poteri forti, e, forse, data la sua condizione insulare, meno angosciata da guerre e da saccheggi, e quindi
meno oppressa dalla militarizzazione della propria società. La vita si svolgeva nei grandi palazzi, che avevano
la dimensione di un intero villaggio. Qui l’architettura aveva innanzitutto il compito di plasmare l’habitat di vita. E
lo faceva senza forzature eccessive. La composizione dell’edificio avveniva adattandosi al luogo, con varietà
planimetrica ed altimetrica, sconosciuta, ad esempio, all’architettura egizia o sumera.

Le costruzioni egizie erano improntate ad un criterio compositivo che ebbe alterna fortuna nella storia
dell’architettura: la simmetria. Una costruzione simmetrica ha un asse verticale che divide l’edificio in due parti
esattamente uguali. Al pari del corpo umano, un edificio simmetrico ha la parte destra uguale a quella sinistra.

Gli edifici egizi si impongono sul paesaggio circostante. Essi sono un segno ben visibile dell’intervento umano,
teso a modificare l’aspetto del territorio. A differenza degli edifici egizi le costruzioni cretesi presentano tutt’altra
concezione: evitando qualsiasi imposizione di simmetria – che costringerebbe a fare una metà dell’edificio
uguale all’altra – i palazzi cretesi si inseriscono nel paesaggio con naturalezza ed organicità. Di dimensioni mai
eccessive, ma proporzionate alle funzioni che devono svolgere, questi palazzi hanno una immagine varia e
movimentata.

La loro decorazione presenta poi un carattere di assoluta novità: non si affida alla decorazione plastica di
sculture a tutto tondo o a basso rilievo inserite in parti dell’edificio, ma al colore delle superfici. Non solo le
pareti interne sono decorate con affreschi dai toni vivaci, ma anche le parti esterne dell’edificio, quali le
colonne, sono arricchite di colorazioni intense. A differenza dell’architettura egizia, che cerca di impressionare
per la maestà e la grandiosità delle proporzioni, l’architettura cretese si presenta con caratteristiche di maggior
intimità a dimensione di una serena e quasi gioiosa fruibilità.

In questi palazzi, l’arte figurativa giocava un ruolo, fino ad allora, inedito: quello della decorazione. Le immagini,
cioè, non venivano utilizzate per rappresentare concetti da comunicare, come nell’arte egiziana, ma venivano
utilizzate per abbellire i luoghi di vita. E, quindi, il carattere richiesto ad un’arte così intesa, è, ovviamente, la
bellezza. Il fine è quello del godimento estetico. Fu proprio in questo momento, che nacque il concetto che arte
è sinonimo di bello. Concetto poi trasmesso all’arte greca, e di qui, giunto fino a noi, anche se più come
preconcetto, visto che, oggi, non coincide, se non a livello popolare, con in nostro giudizio sull’arte.

L’arte cretese, rispetto a quella egiziana, appare più libera e spontanea. Ha caratteri di freschezza
rappresentativa, che riescono a cogliere la realtà con immediatezza e felice sintesi. È un arte, quindi, di tipo
naturalistico, anche se non esente da qualche tecnica antinaturalistica. Le figure si affidano soprattutto al
disegno della linea di contorno; i colori sono stesi senza effetti chiaroscurali, ma con campiture uniformi e
vivaci, che finivano per esaltare il valore decorativo, rispetto a quello mimetico, di queste immagini.

L’arte, sia come architettura che come pittura, nella cultura cretese, appare come un’unica attività tesa al bello.

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Nel suo caso, arte e artificio tendono a coincidere, in quanto tutta la produzione umana viene a soddisfare la
identità domanda di qualità.

Arte micenea

Mentre sull’isola di Creta di sviluppa il tardo minoico, sulla penisola greca una nuova civiltà acquista
importanza in campo artistico: è quella «micenea», così definita dalla città di Micene che per prima fu
riscoperta nel 1874 dal famoso archeologo Heinrich Schliemann. In questo centro, come in quello di Tirinto e di
altre città del Peloponneso, si sviluppò quella civiltà che diede i natali agli eroi omerici protagonisti della guerra
contro Troia.

La civiltà micenea, come quella cretese, viene suddivisa in tre periodi principali:

• miceneo antico: dal 1.800 al 1.500 a.C.

• miceneo medio: dal 1.500 al 1.400 a.C.

• miceneo tardo: dal 1.400 al 1.100 a.C.

La cultura artistica micenea subì grandi influenze da quella cretese, ma notevoli sono anche le differenze.

Nell’architettura, il carattere aperto e disordinato dei palazzi cretesi, a Micene, non si ritrova. I centri
continentali non hanno le naturali difese che ha un’isola, così che le città devono avere strutture più solide e
adatte alla difesa. Pur non ricorrendo alla grandiosità dell’architettura egizia, le costruzioni micenee sono
improntate ad un severo senso di robustezza e gravità. Gli edifici, realizzati con conci di pietra a vista di grosse
dimensioni, denunciano già nel loro aspetto il carattere di forza e inaccessibilità.

I palazzi micenei, posti in posizione dominante su alture circondate da mura, hanno quindi un aspetto più
regolare ed ordinato rispetto a quelli cretesi. Al loro interno sorgeva un ambiente, chiamato megaron, che
aveva una conformazione singolare. Al centro sorgeva un grande camino circondato da un quadrato di quattro
colonne. L’ambiente era preceduto da due vestiboli, il primo dei quali era aperto sul lato anteriore presentando
due colonne in facciata. Dalla forma del megaron miceneo deriva probabilmente la tipologia del tempio greco
classico.

Ma l’architettura micenea mostra altri caratteri di novità: essa comincia a sperimentare la resistenza delle
strutture curve, ma lo fa in modo ancora incerto. Gli archi e le volte di alcuni suoi edifici sono in realtà pseudo-
archi e pseudo-volte in quanto gli elementi costruttivi non si sorreggono per mutuo contrasto, ma sono
leggermente aggettanti uno rispetto all’altro, e scaricano il peso secondo linee di forze verticali. Di particolare
interesse è soprattutto la famosa Tomba di Agamennone, anche chiamata Tesoro di Atreo, costituita da un
tholos a pseudo-cupola.

In campo figurativo poche sono le differenze rispetto alla civiltà cretese, anche se manca spesso il carattere di
gioiosa libertà creativa di quest’ultima. Notevole è soprattutto la lavorazione dell’oro, utilizzato spesso per un
insolito uso: ricoprire di una lamina dorata i volti dei defunti.

Ma la civiltà micenea, rispetto a quella minoica, è maggiormente influenzata dagli «eroi»: quei principi achei
che, tra l’altro, hanno combattuto la guerra contro Troia. L’esaltazione dell’eroe guerriero, trovò la sua forma di
rappresentazione preferita nei canti poetici. In quella lenta elaborazione delle forme di scrittura e recitazione,
da parte di aedi e rapsodi, che portò, alcuni secoli dopo, ai poemi omerici. Inizia, in questa fase, l’uso della
parola in forma artistica. L’espressione verbale, rispetto ad altre, rimane più legata ad una immediata
percezione del contenuto. L’elaborazione dei carmi eroici, portò invece a perfezionare quelle tecniche di
scrittura, in particolare la metrica, dando alla poesia il suo valore di forma estetica.

In questo momento, in una cultura occidentale, le parole, anche nell’arte e non solo nella comunicazione,
acquisirono maggior importanza rispetto alle immagini. La successiva cultura greca, erede delle civiltà minoico-
micenea, sviluppando la filosofia ha di fatto ulteriormente accentuato la distanza tra immagini e parole,
tramandandola a tutta la cultura occidentale.

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