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Civiltà di origine indoeuropea, fiorita a Grecia nella tarda età del bronzo. Parlavano lingua micenea, la
lingua greca.
I micenei sono stati il primo popolo sviluppato della Grecia continentale con i suoi palazzi, organizzazione
urbana, opere d’arte e il loro sistema di scrittura.
Micene era posta in altura. La città viene fortificata in 3 fasi per difendersi delle popolazioni vicine. Le
fortificazioni erano accessibili dal lato occidentale, a differenza dei cretesi, che non erano abituati a fare
fortificazioni in torno alle città.
La civiltà minoica nacque in Creta durante il terzo millennio a.C., e sono stati il primo popolo in essere
alfabetizzati. I minoici furono mediatori tra i micenei e altre culture, como gli egizi, a traverso le rede
commerciali.
I micenei non formarono mai un unico stato. Avevano ogni uno una città, tutte governate da uno stesso re.
Il loro potere era centralizzato in una economia di palazzo. Al centro del palazzo del re si trovava il
Megaron, costituito da un’ampia sala, sede del trono e luogo di ricevimento (di solito accanto al patio del
palazzo).
La Porta dei Leoni, eretta nel XIV a.C., rappresenta l’ingresso all’acropoli di Micene. Costituita da 4 enormi
blocchi di pietra calcarea locale; 2 stipiti ai lati; la soglia sottostante; e l’architrave sopra che forma un
sistema trilitico; e in alto un monolito a forma triangolare, ai lati di una colonna centrale di tipo minoico, ci
sono due leoni perfettamente simmetrici sulle due zampe di indietro, di cui si sono perdute le teste. La
porta esprime severità e rigore. È la più grande scultura greca in l’età di bronzo.
Non ostante, le civiltà di Creta e Micene, entrambe risalenti all’età del bronzo, erano collassate verso il
1200 a.C. a causa di sconvolgimenti e di migrazioni in vasta misura.
Durante il protogeometrico iniziarono alcune delle distinzioni funerarie. Il rito diviene alla cremazione,
mentre la forma tradizionale della inumazione viene riservata per i bambini; allo stesso tempo si
cominciano a vedere le differenze funerarie secondo il sesso e le classi sociali, per quanto riguarda alle
ceramiche. In questo contesto, il villaggio di Lefkandi prende più rilevanza per gli artigiani che abitavano
dell’isola.
Viene chiamato geometrico per le sue caratteristiche forme rigide e stilizzate. L’arte geometrica si
concentra più sulla funzione che sulla bellezza.
di piccole dimensioni,
con forme e linee molto marcate.
Nell’VIII a.C., con la nascita delle Olimpiadi, la vendita dei Bronzetti Olimpici (piccole statue di bronzo,
argilla o avorio) risale come punto principale sul mercato.
Lefkandi
Un villaggio che si trova dell’Euripos. La sua occupazione rissale, infatti, all’inizio dell’età del bronzo. La sua
importanza per l’archeologia classica si deve alla produzione di ceramiche di età geometrica, visto che
l’insediamento è stato considerato centro di produzione durante questo periodo.
Heroon
Si tratta di un grande tumulo che contiene i resti di un uomo e di una donna all’interno di una grande
struttura chiamata Heroon, o “tomba dell’eroe”. La costruzione di questo monumento era in legno e argilla
cruda, risalente intorno al 950 a.C., lungo 50 metri e largo quasi 14. Costituita da un portico, vestibolo,
megaron di rappresentanza e un’area domestica destinata alla conservazione di alimenti od oggetti di
maggior valore. In essa c’era la sepoltura della coppia proprietaria dell’edificio, che viene abbattuto e
trasformato in un grande tumulo funerario e attorno al quale si sviluppo successivamente una necropoli.
Uno dei corpi era stato cremato, e le sue ceneri erano state poste in un telo di lino e inserito in un’anfora in
bronzo con scene di caccia proveniente di Cipro. Una spada si è trovata alle vicinanze.
Il Megaron era un edificio rettangolare che terminava in un’abside. Questa era la casa del signore
che molto spesso diventava anche una tomba celebrativa.
L’Oikos, invece, era un modesto edificio quadrangolare che qualche volta aveva anche un’abside,
trovato in funzione di abitazione comune o sacro.
L’Heraion di Samo è un edificio sacro di forma rettangolare con l’entrata situata sul lato corto che aveva tre
colonne tra le ante. L’edificio fu costruito in mattoni di argilla su una base di pietre. Pilastri lignei che
sostenevano il tetto e, probabilmente, la statua della dea Era, situata dal lato opposto dall’entrata.
Si ipotizza che a partire di questo tempio, i greci presero un canone architettonico sul contenimento del
culto religioso.
Al centro del vaso, più specificamente nella parte superiore della pancia, si divisa una decorazione,
chiamata pròthesis, con il cadavere sotto una coperta ai motivi tipo scacchi e sostenuto da due donne
inginocchiate che indossano vestiti. 2 figure nell’estremo sinistro che portano delle spade, e che quindi
sono uomini. In questa rappresentazione viene evitata la sovrapposizione delle figure.
Questo vaso ha un’altezza (155 cm) doppia alla larghezza e maniglie doppie.
Si ipotizza che questo vaso sia stato costruito in sezioni separate per alla fine riunirle in un secondo
momento, proprio per le dimensioni della ceramica. La pittura è stata fatta con una soluzione di argilla e
acqua.
Rich Lady
Si tratta della tomba di una donna che fu stata cremata e deposta in un’anfora con cerchi e meandri, e con un
motivo a linee sul collo. Nella tomba c’erano altri 34 vasi di motivi geometrici, tra i quali anelli in bronzo e
oro, orecchini d’oro, una collana e altri gioielli.
La Dama di Auxerre
Scultura greca in calcare conchiglifero del VII a.C. La sua provenienza è sconosciuta però è attribuita tra il
650 e il 625 a.C.
Raffigurata in piedi, uniti, e con la mano destra sul petto in un gesto di preghiera e la sinistra
lungi il fianco. Indossa un piplo (abito greco femminile). Tracce di colore rosso sono
visibili ancora sul busto.
La scultura segue una tendenza dedalica, cioè orientalizzante, presente nel volto, che c’ha
una forma retta e triangolare, grandi occhi con forma di mandorla, e i capelli che ricordano
alle sculture egizie.
In questo tempo, la capitale delle ceramiche diventa ad essere Corinto. Mentre ad Atene si andava ancora
ripetendo senza innovazioni lo stile geometrico. Corinto infatti si vede avvantaggiata dalla
commercializzazione con l’Oriente, realizzando decorazioni sempre più progressiste.
Una delle conseguenze più importanti di questo periodo è stata l’introduzione della mitologia orientale
macabra, piena di mostri come grifoni, centauri e chimere.
L’Acryballos di Bellerofonte
Racconta un mito molto caro a Corinto, Bellerofonte, che affronta la Chimera, ma lo fa
riempiendo la scena con decorazioni cha nulla hanno a che fare con l’azione: due sfingi
ai lati, una caccia alle lepre, in basso e nello sfondo varie decorazioni. Si notta però
come il tutto non perde significato e senza diventare molto carico, mantenendo la sua
fluidità che non appesantisce l’occhio.
Heraion di Olimpia
Esiste una grande evoluzione per quanto riguarda all’architettura greca orientalizzata con la sostituzione del
legno con la pietra e la definitiva affermazione
della peristasi (le file di colonne che circolano il
tempio), della trabeazione (la membratura
orizzontale sovrapposta sulle colonne e che
serve come supporto per la struttura
sovrastante) e delle tegole.
Nell VIII a.C. la civiltà greca conosce una rivoluzione culturale poiché vi fu un incremento della produzione e
del consumo, la stabilizzazione di un modello religioso e la comparsa della scrittura. Si parla però di
un’origine risalente al processo di affermazione dei culti religiosi, visto che essi propongono un’unità e
identità collettiva.
Si tratta di un’aggregazione sociale che si basa sul legame di partecipazione e che tende ad articolarsi
progressivamente distinguendo i gruppi con le loro capacità sociali, culturali, economiche e politiche
diverse; a differenza delle civiltà micenee o del Vicino Oriente, in cui c’era un solo centro di autorità.
Tuttavia, non esiste un solo modello di polis. Aristotele, ad esempio, parlava di 150 costituzioni
diverse. Nelle fasi più antiche il termine viene applicato a tutte le comunità indipendenti, mentre in seguito
passa a definire solo a quelle che hanno raggiunto una forma organizzativa complessa.
Dorico,
Ionico,
Corinzio,
Un altro importante fenomeno è la diffusione della tecnica delle figure nere, tipica nei vasi sui miti e
leggende omeriche e sulla religione dell’antica Grecia. Le figure nere furono introdotte a Corinto all’inizio
del VII secolo a.C., ad Atene però la nuova tecnica non viene adoperata almeno fino all’ultimo quarto del
secolo. A partire del 530 a.C., fu gradualmente sostituita dalla tecnica a figure rosse.
In questo contesto, in cui Atene affrontò una profonda crisi sociale in cui è stata evidente la mancanza di
opere a primo piano, vengono conosciuti il Pittore di Nesso e il Pittore della Gorgone. Essi, durante il VI
a.C., comportano un’influenza nella produzione dei vasi precedenti.
Il Pittore di Nesso (attivo tra il 620 e 600 a.C.) è il nome convenzionale per cui è
riconosciuto ceramografo del primo periodo della ceramica a figure nere. Lui è stato
il primo ceramografo (o pittore) dal quale si conosce la sua identità. Dipinse grandi
vasi con un gusto particolare per le figure di animali e per la sintesi narrativa
attraverso accenni e simboli. Prende il suo nome da una grande anfora funeraria,
detta Anfora del Nesso sulla quale viene raffigurata la lotta tra Eracle e il centauro
Nesso.
Sul corpo sono raffigurate le Gorgoni alate in fuga, conosciuta come “corsa in ginocchio”, che diverrà tipica
durante questo periodo; sotto vi un fregio di delfini che simboleggiano il mare e che nuotano alla direzione
opposta rispetto a quelle delle Gorgoni, aumentando il senso di movimento. Sulle maniglie si trovano cigni
e la civetta ateniese e sull’orlo (bordi superiori del vaso) una fila di oche. Ci sono tracce di rosso e bianco.
Il Pittore della Gorgone fu stato attivo dal 600 fino 580 a.C. ad Atene, circa. Aveva una particolare tendenza
verso le composizioni semplici e simmetriche che preludono ad autori successivi come Kleitas.
Il Dinos, datato dal 580 a.C., che era una forma vascolare che si adoperava per mescolare acqua e vino, è
stato il capolavoro del Pittore della Gorgone. Ha un’altezza di 93 ed è costituito da un recipiente e da un
piedistallo modanato.
L’argilla ha un colore giallastro ed è decorata a figure nere con dettagli a color porpora di cui restano poche
tracce.
La piatta presenta dei fiori di loto intrecciati, stesso motivo nei fregi del
vaso.
Il corpo del dinos è diviso in sei fasce, con fregi a motivi con gli animali.
Exekias
Attivo tra il 550/530 a.C., circa, fu un ceramografo ad Atene. Conosciuto da molti come il maggior
esponente delle ceramiche a figure nere per le sue innovazioni. I lavori di Exekias si distinguono per le sue
grandiosità della composizione, la padronanza del disegno e la caratterizzazione. Uno dei suoi capolavori,
Achille e Aiace, ha una sua iscrizione: Exekias mi fece e mi dipinse.
Vaso Francois
Ergòtimos mi fesse, Kletias mi dipinse.
Si tratta del cratere a volute a figure nere più antico, datato intorno al 570/565 a.C. Ha una altezza di 66cm
e un diametro massimo di 57cm. La sua attribuzione appartiene al ceramista Ergotimos e il ceramografo
Kleitias. C’è un uso del porpora sulle figure.
La decorazione comprende 270 figure e 131 iscrizioni esplicative, i cui temi sono centrati sul ciclo
narrativo di Achille e di suo padre Peleo.
Collo: Teseo fa da collegamento tra la scena con la danza degli ateniesi a Creta, nella fascia superiore, e la
Centauromachia sotto di essa.
Registro superiore:
Registro inferiore:
Sulla Spalla si trova la decorazione principale, le nozze di Peleo e Teti, che corre lungo l’intera
circonferenza del vaso. Teti si affaccia da una porta semiaperta Peleo è in piedi di fronte all’edificio mentre
accoglie agli invitati. La lunga processione è guidata da Chirone, chi stringe mani con Peleo. Seguono 3
figure femminili seguite da Dioniso, chi è rappresentato con il passo allungato e un’anfora piena di vino
sulla spalla, il viso e frontale, cosa mai usata (durante il periodo arcaico) a caso.
Nel ventre, sotto il matrimonio, sono rappresentati l’agguato tra Achille e Troilo sotto le mura di Troia.
Olpe Chigi
L’olpe è un tipo di vaso utilizzato per versare vino. Ha
un’altezza di 26cm e risale al a.C. La sua straordinarietà è
nella policromia sulle figure nere. Letto in sequenza, il
vaso ha la capacità di raccontare una storia:
Per quanto riguarda alla scultura arcaica, troviamo che essa si è sviluppata in 2 tipologie statuarie: la grande
statuaria e le strutture frontali.
Venivano rappresentati come giovani, nudi e belli, come un simbolo di perfezione per i greci. Le braccia
lungo il corpo (cosi la statua aveva più stabilizzazione) e i pugni chiusi. Anche la gamba sinistra si mostrava
un paso più avanti, come se la scultura stasi camminando.
Avevano una altezza di 2 metri, circa, e perciò venivano considerati quasi monumenti.
I Kouroi sono stati una conseguenza appunto della Orientalizzazione del secolo scorso. Le loro
caratteristiche ricordano molto ai monumenti egizi, che contavano anche questo con una tendenza
geometrica e simmetrica riguardo alla forma dei corpi; i capelli e anche gli occhi a forma di mandorla sono
risultato di una influenza orientale.
Possiamo appunto visualizzare le diverse tipologie di produzione del Kouros secondo le regioni.
Sono una coppia di sculture in marmo pario, hanno una altezza di 216cm
e risalgono al 585 a.C. Questi Kouroi sono completamente nudi tranne
per le scarpe, fatto che ricorda appunto ai partecipanti delle gare
olimpiche.
Secondo la mitologia, Kleobis e Biton erano 2 fratelli che si sono offerti
appunto come volontari per trainare il carro della sacerdotessa (la loro
madre) dall’agorà fino all’acropoli per 8 chilometri. Una volta aggiunti al
tempo, la loro madre chiese alla dea Era un premio per i 2 figli. Era decise
di ricompensargli con un sonno eterno, cioè la morte, in un tentativo di
renderli immortali.
Moscoforo, che significa portatore del vitello, è una scultura arcaica del
570/560 a.C. Alto 162cm e conservato nel Museo dell’Acropoli ad Atene.
Non è da meno il dettaglio della “X” delle braccia del ragazzo con le zampe del
vitello.
Kore (Korai, in plurale) significa “ragazza”. Le Korai presentavano i piedi uniti e indossavano il peplo,
un abito tipico femminile greco. Non rappresentavano la perfezione come le statue maschili (che
erano nude), ma ancora esisteva una tendenza geometrica e appunto simmetrica.
La statuaria classica si allontana dello stile severo del periodo precedente, per, alla fine, poter avvicinarsi ad
uno stile sempre più naturalistico. Il primo passaggio è stato il periodo severo, chiamato cosi per la
scomparsa del classico sorriso arcaico, e mostra una anatomia più accurata e morbida in confronto alla
statuaria arcaica.
Grandi avanzamenti, non soltanto nel pensiero filosofico, nella poesia o nel teatro, ma anche nello studio
dell’anatomia e della chirurgia portarono dei cambiamenti nell’arte. Si comportò una nuova
rappresentazione dell’umanità, più concentrata e meditava.
Adesso le statue abbandonano la forma frontale e statica tipica del periodo arcaico; ora le sculture si
possono osservare da qualsiasi punto di vista. Scompaiono il sorriso arcaico e i capelli lunghi. Le braccia non
sono accanto al corpo.
L’Auriga di Delfi
È una scultura bronzea di 184cm d’altezza, databile al 474 a.C. Era collocata su un
carro trainato da cavalli, adesso perduti insieme al braccio sinistro. La statua è di
bronzo spesso, con applicazioni d’argento per la benda (la quale contava con le
piegature molto dettagliate), rame per le ciglia e pietra dura per gli occhi. Nella mano
destra sosteneva le redini, il volto leggermente rivolto a destra e uno sguardo intenso.
I piedi mostrano una naturalezza precisa in contrasto con il periodo precedente, visto che
questi sono separati tra loro.
Un dato che non è da meno sapere è la posizione delle gambe in rapporto con le
braccia, le quale formano una “X”.
Si ipotizza che nel posto degli occhi ci fossero inserti d’avorio, che le sopracciglia fossero
d’argento e che le labbra e i capezzoli fossero di rame, proprio come i Bronzi di Riace.
Bronzi di Riace
Risalgono nel 450 a.C., circa., alte 198cm. Come il Cronide di Capo Artemiso, furono
protetti dal mare, visto che il bronzo ha la tendenza ad ossidarsi.
Vengono a chiamarsi “Bronzo A” e “Bronzo B”, perché i nomi sono incerti. Si sa, però, che si
tratta di guerrieri. Si ipotizza che il “A” sia un guerriero della fanteria pesante, mentre il “B” sia
un re guerriero.
Il “Bronzo A” sembra più nervoso e vitale, mentre il “Bronzo B” sembra più calmo e
rilassato.
Si ipotizza che il “Bronzo A” sia più giovane.
Il “Bronzo B” mostrava una muscolatura meno tonica e i capelli più corti. Indossava
una sorta di cuffia che, all’epoca, serviva per proteggere la testa durante le battaglie.
Si ipotizza che il “Bronzo B” fosse più recente rispetto al “Bronzo A”.
La gamba sinistra sopporta il peso del corpo e il braccio destro è in azione, mentre la gamba
destra e il braccio sinistro sono a riposo. Cosi come il vero corpo umano.
Il Discobolo
Fu realizzato da Mirone tra il 460 e il 450 a.C. L’originale in bronzo è andato
perso ma la statua è nato grazie alle copie romane in marmo e in bronzo, oggi
disperse per tutto il mondo. La più nota tra le copie e quella di Lancellotti, chiamata cosi
perché apparteneva al principe Lancellotti, ed è considerata come la più bella.
L’atleta impugna un disco con la mano destra mentre gira lentamente la testo verso
quella direzione, mentre la versione del Discobolo di Londra guarda verso a terra. Il
volto, in tutte le versioni, presenta una espressione di serenità e concentrazione.
Nonostante sia una statua a tuttotondo, è stata pensata per essere vista di
maniera frontale.
Fidia è stato uno scultore e architetto ateniese, attivo dal 470 a.C. ad Atene, Pellene, Platea, Tebe e
Olimpia.
Zeus Crisoelefantino
Dopo la sua invenzione del monumento di Atena Parthenos nel Partenone, Fidia fu chiamato ad Olimpia per
l’elaborazione di una statua della stessa grandiosità: lo Zeus Crisoelefantino.
I materiali impiegati per questa statua furono l’avorio, ceramica, ossidiana, oro, e altri.
È datata dal 436 a.C., circa, e contava con 12 metri d’altezza. La base della statua occupava una superficie di
6 per 10 metri. Purtroppo per noi non rimangono copie.
La statua rimasse nel tempio per 800 anni, nonostante, nel 476 d.C. fu stata bruciata insieme ad altri
monumenti pagani in una galleria a Constantinopoli.
Zeus reggeva nella mano destra una Nike, di misure umane, d’oro e avorio; mentre nella sinistra teneva uno
scettro su qui c’era un’aquila d’oro, simbolo della divinità. Il dio indossava scandali e un mantello di lamina
d’oro ch’era decorato con fiori. Il trono, decorato con ebano, aveva numerose rappresentazioni mitologiche
collegate ai motivi del tempio.
Atena Parthenos
Fu scolpita da Fidia nel 438 a.C. Alta 12 metri, era collocata nel nàos del Partenone, tempio
principale dell’Acropoli di Atene. Della statua rimangono ad oggi delle coppie in una
dimensione molto ridotta. Fu stata realizzata con gli stessi materiali dello Zeus a Olimpia.
Si pensa che sia stata elaborata con una tonnellata d’oro.
In piedi, vestita come una guerriera, indossava un elmo e una corazza in cui c’era la
testa di Medusa. Sul braccio destro si trovava la dea Nike, mentre il sinistro teneva
una lancia e poggiava su uno scudo (diametro di 4 metri nascondeva il serpente,
sacro ad Atena), che sul lato esterno aveva delle scene di amazzonomachia e su quello
interno la gigantomachia. I sandali rappresentavano scene della centauromachia.
Partenone
È considerato la massima espressione architettura e la cultura greca.
Distrutto un primo tempio tra il 480 e 479 dopo di un’invasione persiana. Fu costruito sotto il mandato di
Pericle e dalla mano di Fidia. Edificato tra il 447 e il 438 modificando e ampliando il tempio precedente.
Dentro il Partenone si trovava anche il Parthenon, in cui all’interno le vergine ateniesi tessevano il peplo da
offrire alla statua di Atena durante le festività della dea.
1. Il Fregio,
2. Le Sculture dei Frontoni.
3. Le Metope, esistevano originalmente 92, 32 nei lati lunghi e 14 su delle due fronti. Erano disposte
all’intorno d tutto l’edificio, sopra la fila esterna di colonne, e raffiguravano varie battaglie
mitologiche:
Sul lato nord era rappresentato l’Ilioupersis, scene della guerra di Troia;
Interessante considerando che solo una delle facciate rappresenta un fatto storico, mentre le altre sono
soltanto scene mitologiche, ma i greci non facevano distinzioni su questo.
Le statue del Partenone non sono distaccate una dall’altra, ma interagiscono tra loro.
Il frontone orientale raffigurava la nascita di Atena dal cranio di Zeus; questo mito, che si trovava nella zona
centrale, è andato perduto. Ai lati stavano altre divinità che assistevano il momento. Le figure femminili
sono vestite dal tipico panneggio fidiaco a effetto bagnato, che si aderiscono al corpo rispettando
l’anatomia.
Il frontone occidentale mostra la disputa tra Atena e Poseidone per il possesso dell’Attica, vinto dalla dea
col suo dono dell’olivo.
Al centro le due figure perdute degli dei, a sinistra Hermes e Nike che accompagnavano ad Atena, e a destra
Iris e Anfitrite con Poseidone.
Policleto
È stato uno scultore greco attivo tra il 460 e 420. Fu una delle massime figure della scultura
greca del periodo classico. Nessuna delle sue opere ci è aggiunta, ma le sue copie romane.
Policleto lasciò una testimonianza scritta, chiamata “Canone”, in cui rendeva le proporzioni e
i rapporti numerici con il corpo umano. È considerato il primo scritto che teorizza il “tutto”
della anatomia, della bellezza e della armonia tra tutti i membri.
Doriforo è un giovane che avanza mentre alza il braccio sinistro, col quale doveva avere
una lancia appoggiata sulla spalla.
Secondo Policleto, l’immagine del Doriforo era la rappresentazione della perfezione per
eccellenza.
Discoforo, del quale esistono numerose repliche e varianti, è stato attribuito a Policleto
in base in base al suo stile, non perché sia stato menzionato da lui. Datato al 465 a.C.,
circa, è andato anche questo perduto. Si visualizza a un giovane portando un disco,
alcuni ipotizzano però che la scultura originale avesse una lancia al posto di un
disco.
Diadumeno è stato realizzato verso il 420 a.C., oggi nota dalle copie marmoree
romane; la migliore tra loro quella di Diadumeno di Delo nel Museo archeologico
nazionale di Atene.
Si tratta di un giovane atleta nudo che solleva le braccia per levarsi dalla testa la venda della
vittoria.
Prassitele
È stato uno scultore greco attivo dal 375 fino alla sua forte. Fu considerato uno dei maestri della
scultura classica del IV a.C., insieme a Lissippo e Skopas. Era uno scultore che lavorava di solito su
marmo.
Visse ad Atene durante un periodo di crisi politica dopo delle guerre del Peloponneso. I greci
cominciassero ad isolarsi e ad avere una percezione talmente diverse dal periodo di Pericle.
L’Afrodite di Cnidia
Databile al 360, è il primo nudo femminile del mondo greco. Chiamata Cnidia perché
furono gli abitanti di questa città ad acquistare la statua, per essere disposta nel
tempio di Afrodite Euplea.
Dionisio, che viene affidato alla cura di suo fratello Hermes, comparte un
momento insieme a lui. La figura più grande, nuda e appoggiandosi sulla gamba
destra, cerca di distrarre al bambino con, probabilmente, un grappolo di uva
mentre lo prende con la mano sinistra. Siccome la figura è sbilanciata,
anche questa ne ha bisogno di un sopporto a sinistra.
Skopas
Fu, tra i grandi maestri della scultura greca classica, chi ebbe il merito di lavorare con la
emotività umana, che fino a quel momento fu vagamente esplorata. Skopas aveva la
volontà di creare un rapporto più stretto tra l’opera e l’osservatore. Le sculture di Skopas non erano mai
completamente sgrezzate, ma mantenevano un forte contrasto fi luce e ombra.
La Menade Danzante fu ben conosciuta per essere l’opera che rivoluzionò l’arte greca, specificamente
per il suo pathos, elemento al quale Skopas ricorreva spesso. Databile al 330 a.C. e conosciuta da un piccolo
frammento rimasto di una copia di 45 cm, la statua rappresenta una delle menadi, seguaci di Dionisio di cui
celebravano il culto con danze e ceremonie.
È molto danneggiata, presenta un volto pieno, con la bocca, nasso e occhi rovinati. Il corpo è
sottolineato dai cappelli. Le braccia, ormai scomparse, dovevano seguire il la torsione del
corpo. Per la prima volta vediamo il PATHOS (sofferenza) in una scultura.
Il Pothos è una scultura databile al 330 a.C. conosciuta da una serie di repliche
marmoree romane, la migliore c’ha 180cm di altezza ed è quella nella Centrale
Montemartini. La statua rappresenta a Photos, una divinità minore del desiderio amoroso.
Sulla base si trova il ragazzo nudo con forme delicate, appoggiato su qualcosa a sinistra;
‘anca sinistra è soprapposta a quella destra, formando una linea curva con la coscia. Il
braccio sinistro (perduto) era disteso lateralmente, mentre quello destro doveva sostenere
una sorta di bastone. Ha una espressione trasognata e guarda verso l’alto, simboleggiando il
desiderio per un amore lontano. La figura è inclinata verso il lato sinistro.
Lisippo fu stato attivo dal 372 a.C. fino alla fine del IV a.C. Lavorò per Alessandro Magno, a chi ritrasse
numerose volte. Si formò sulle opere di Policleto e sulle sculture peloponnesiache. Mori in data non
precisata.
In una occasione Lisippo si trovò con Aristotele, entrambi per insegnare ed educare a un giovane
Alessandro Magno.
Lisippo motivò la riduzione delle teste nelle sculture rispetto a quella di 1/8 di Policleto e accentuando la
longitudine dei corpi.
La copia più antica è fedele e probabilmente il torso conservato alla Centrale Montemartini, datato dal I
a.C. L’originale doveva presentare la gamba più avanzata rispetto alla sinistra, leggermente inclinata e con il
tallone leggermente sollevato. Il braccio sinistro doveva presentarsi aderente al torso nell’area dei
pettorali, differente delle copie romane. La mano sinistra tendeva la corda per vedere la flessibilità
dell’arma con un movimento apposto a quella destra, alla quale corrispondeva la parte media dell’arco.
Questa statua fini per rompere con la tradizionale frontalità delle figure greche, adesso,
per godersi tutta la struttura ci si doveva girare e guardarla dai tutti gli angoli.
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Ellenismo, di Hellenismos, significa “imitazione dei greci”, termine usato per parlare del periodo di massima
diffusione della cultura greca.
Durante questo periodo, Grecia, insieme alle sue poleis decadono politicamente ma la sua cultura si diffuse
in tutto l’Oriente unificato da Alessandro Magno.
Le migrazioni, le moltiplicazioni dei centri urbani e la scomparsa della attiva e decisiva partecipazione
politica dei cittadini significò la perdita dell’identità e dell’individualità dei greci. I cittadini già non erano
cittadini delle poleis, ma del mondo.
Nike di Samotacia
È una scultura in marmo pario di 245 cm d’altezza, databile al 200-180 a.C. e
oggi conservata al Museo del Louvre di Parigi.
La statua, rinvenuta acefala e senza braccia, raffigura la giovane dea alata, figli del titano
Pallante e della ninfa Stige, adorata dai Greci come personificazione della vittoria sportiva
e bellica. Indossa un leggero vestito e nell’atto di posarsi sulla prua di una nave di
battaglia. In vento impetuoso colpisce la figura, muovendo i teli che aderiscono
strettamente al corpo, creando un gioco di luci e ombre di pieghette.
Scolpita in marmo pario, la dea posa con leggerezza il piede destro sulla nave, mentre il
petto guarda verso in avanti e la gamba sinistra rimane indietro. Le braccia sono
perdute, ma alcuni frammenti mostrano che il braccio destro era abbassato, mentre il
braccio sinistro era sollevato, con la mano aperta: un gesto di saluto.
Si tratta di una scultura di marmo pario, alta 202cm, priva delle sue braccia e del basamento
originale. È conservata al Louvre di Parigi.
Sulla base della iscrizione che è andato perduto si ritiene che sia un’opera di
Alessandro di Antiorchia, anche se in passato alcuni lo attribuirono a Prassitele. Risale al
130 a.C., circa.
Mostra al sacerdote troiano Laocoonte con i suoi figli (Antifate e Timbreo) essendo assaltati da serpenti
marini, la fine di loro, com’è narrato nel ciclo epico della guerra di Troia.
La posizione è innestabile perché, nel tentativo di liberarsi dalla stretta dei serpenti, Laocoonte richiama
tutta la sua forza, manifestando della maniera più drammatica tutta la sua sofferenza fisica e spirituale,
tutto mentre i ragazzi cercano l’aiuto del loro padre. Il corpo in una posa di torsione. L’espressione del suo
viso insieme al contesto danno alla scena una carica teatrale, come le tipiche opere del “barocco
ellenistico”.
Vecchia Ubriaca
È una scultura in marmo databile al 300-280 a.C., e solo conosciuta dalle copie romane, 92cm.
Si tratta di una donna ubriaca, che tiene tra le braccia un oggetto ripieno di vino. Il volto disperato, quasi
grottesco, è caratterizzato dalla bocca aperta e dallo sguardo vuoto. Si ipotizza che possa essere stata un
dono per il dio Dionisio.
Galata Suicida
È una copia marmorea romana di 211cm d’altezza del I a.C. di una statua in bronzo del III
a.C.
Come la statua del Galata Morente, questa era simbolo di celebrazione della vittoria
contro i celti.
La scultura mostra un guerriero nell’atto di suicidarsi conficcandosi una spada corta tra le cavicole. Il corpo
nudo, la testa rivolta verso all’indietro, le gambe e il busto rivolte verso a destra. Con la mano destra si
trova ad impugnare l’arma già penetrata tra le clavicole. La moglie è abbandonata sulle ginocchia, anche lei
a un passo del suo “sonno eterno”.
La scultura evoca profonde sensazioni di eroismo e pateticità, a evidenziare il valore dei vincitori.
Ritrattistica
Il ritratto ellenistico è uno dei maggiori traguardi dell’arte greca, la quale riuscì a fare ritratti dipendenti alle
reali caratteristiche delle persone, dotati anche di valori psicologici.
Nonostante, Lisippo, al realizzare il ritratto di Alessandro Magno, trasformò i difetti fisici in caratteristiche
proprie e individuali dell’opera. La testa nel ritratto sembra essere leggermente rivolta in alto, come se il
soggetto si comunicassi con le divinità. A Lisippo fu assegnato anche il ritratto di Aristotele, chi fu
dimostrato con la fronte alta e le rughe su di essa; e una rappresentazione dell’ercole farnese, del quale
abbiamo una copia del III a.C.
Questa tipologia ebbe una influenza di grande durata nei ritratti ufficiali d’età ellenistica.
Dopo Filippo, tra i secoli II e I a.C., si ebbe uno sviluppo del ritratto fisiognomico greco, e non riguardo agli
uomini illustri, ma anche i semplici privati: nell’ellenismo l’arte era disposizione dell’individuo, non della
comunità. Si diffusero anche il ritratto onorario e funerario.
Nei ritratti però si cercava si dare un’espressione più serena al volto, che lasciassi evidente la ascendenza
divina dei soggetti, come quelli di Tolomeo III e Tolomeo IV.
Demostene
Deriva da un progetto creato intorno al 280 a.C. per l’agorà di Atene. La statua
rappresentava Demostene in piedi, avvolto in un ampio panneggio che
lasciava scoperta parte della spalla. Lo sguardo rivolto verso il basso e le mani
davanti al corpo, in un atteggiamento di intensa concentrazione.
Templi
Acropoli di Atene
Si può considerare come l’acropoli più
rappresentativa del mondo greco.
Pulaios: “cancello”;
Pericle, che voleva far ritornare la grandezza alla città, nel 437 a.C. fesse costruire dalla mano dell’architetto
Mnesicle un monumentale ingresso per l’Acropoli. Opera mai finita perché nel 432 a.C. scoppia la guerra
del Peloponneso. Infatti, il porticato sud, da dove si accede al tempio di Atena Nike, è rimasto incompiuto.
La pianta dei Propilei si compone da un portale a 5 passaggi, quello centrale più largo. Le colonne di ordine
dorico. Il vestibolo occidentale, rivolto alla città, era più grande, ed era suddiviso in 3 navate separate da
una doppia fila di colonne ioniche.
La scelta delle colonne miste è stata fatta in conseguenza all’irregolarità del terreno. E per compensare lo
squilibro l’architetto decise giocare con le proporzioni delle diverse colonne, creando un capolavoro
armonico.
Eretteo
Si trova sulla piana nella cima della collina dell’Acropoli di Atene, specificamente nel posto in cui
precedentemente riposava il tempio dedicato ad Atena Polias (visibili i resti), di fianco al Partenone.
Fu iniziato nel 421 a.C. e finito nel 406 a.C. Costruito dall’architetto Filocle.
Ha la funzione di ospitare i culti legati ai miti degli eroi e delle divinità che fondarono la città.
L’Eretteo è un tempio di ordine ionico suddiviso in 2 celle, dedicate alle divinità protettrici, e 2 santuari
(tombe), dedicati ai culti della mitologia classica.
La Nike dal Sandalo è un rilievo in marmo pentelico facente parte della balaustra che
circondava il tempio di Atena Nike sull'Acropoli. Raffigura una Nike alata che si
aggiusta il sandalo per poter camminare a piedi nudi nell'area sacra del tempio di
Atena. Fu trovato nel 1835 vicino al tempio. Indossa un chitone aderente, ad effetto
"bagnato", che lascia scoperta la spalla destra e copre le gambe in un ampio
panneggio.
Tempio di Zeus ad Olimpia, il più famoso santuario del mondo antico.
Costruito in stile dorico tra il 472 e il 456 a.C. Molti studiosi affermano che questo abbia iniziato un canone
dentro la scultura greca classica. Si attribuisce il lavoro architettonico a Libone, mentre si ritiene che
l’invenzione dei frontoni sia stata dalla mano dell’ignoto Maestro di Olimpia.
Presenta un crepidoma di 3 metri dal piano e con rampa di accesso sulla fronte. L’interno ha 2 colonne in
antis sul pronao e sull’opistodomo. Quasi tutta la struttura fu stata fatta di calcare conchifero, ma il manto
di copertura del tetto, come la statuaria,
era stato fatto in marmo. All’interno, dalla
galleria, era possibile ammirare la statua
crisoelefantina di Zeus, opera di Fidia, posta
nella cella, trai i 2 colonnati.
Metope
Le 12 metope narrano le fatiche di Eracle come un graduale passaggio dalla giovinezza alla maturità,
esaltando nell’eroe le virtù etiche: la lotta solitaria di Eracle contro i nemici dell’intera umanità simboleggia
la progressiva maturazione lungo il camino della vita, e la presenza di Atena presagisce la premiazione della
virtù con la vittoria e l’immortalità.
Frontoni
La scena sul frontone orientale raffigura i preparativi per la gara di corsa su carri tra Pelope ed Enomao (re
di Pisa), le qui statue affiancano quella centrale di Zeus. Pelope e sua moglie, Ippodamia, a sinistra, ed
Enomao con sua sposa, Stèrope, a destra.
Il frontone occidentale aveva come figura centrale al dio Apollo, di dimensioni maggiori rispetto al resto
delle figure, mentre stende il braccio. Piritoo alla sua sinistra, impegnato nel duello contro il centauro che
ha rapito la sua moglie il giorno delle sue nozze. Dalla parte opposta, Teseo affronta un centauro che ha
rapito un'altra donna. In entrambi le parti seguono scene di lotta e rapimento e, nelle parti terminali, alcuni
personaggi sdraiati.
Philippeion, un monumento celebrativo in ordine ionico. Fu stato fatto in modo di festeggio delle
vittorie eseguite. Edificato intorno al 335 a.C.
Stadio di Olimpia all’est del Tempio di Zeus, nel quale a partire dal 776 a.C. si svolgevano ogni 4
anni la maggior parte dei giochi e gare olimpiche.
Tempio di Era, la struttura più antica del sito.
L’edificio era ornato da almeno 300 sculture poste tutte intorno alla struttura, di cui circa 60 erano leoni, 36
statue ritratto poste le colonne, 56 figure colossali e 88 figure nel basso che rappresentavano le guerre tra
greci e persiani.
Della decorazione scultorea sono solo rimaste alcune lastre di un fregio con l’amazzonomachia.
Tale era la magnificenza e l’impotenza della tomba che il termine mausoleo venne poi usato per indicare
tutte le grandi tombe monumentali.
In ordine dorico e periptero, venne edificato sui resti del tempio anteriore, eretto nel VI a.C., che a sua volta
venne eretto nella stessa posizione di un altro del VII a.C.
Il nuovo edificio (373 a.C.) era di 6 colonne frontali e 15 laterali. Dentro vi stava l’adyton, il centro
dell’oracolo.
Sopravvisse fino al 390 d.C., anno in cui l’imperatore cristiano Teodosio decise la distruzione del tempio e la
maggior parte delle statue e opere in nome del cristianesimo.
Tesoro dei Sifni
È un edificio ionico, distilo in antis con 2
cariatidi in sostituzione delle colonne poste
tra i muri laterali del pronao, costruito
intorno al 530- 525 a.C., donato nel
santuario di Apollo a Delfi della città di Sifno.
Altare di Pergamo
Fu iniziato durante il regno di Eumene II (197 – 159
a.C.) e finalizzato da suo fratello. L’opera poneva
come conferma definitiva della vittoria di Pergamo
sui rivali, i Galati nel 166 a.C. La struttura fu
quasi completata nel 156.
L’Altare si levava imponentemente, con una struttura molto originale e una altezza di 25 metri. In pianta,
l’Altare ha la forma quadrangolare (34x37 m), con la facciata larga quasi 20 metri, e da 2 avancorpi, creanti
una sorta di forma a “U”.
Contava con un’ampia scalinata dalla quale si accede al portico ionico, elevato su un lato basamento lungo
4 metri, sul quale si sviluppava il “grande fregio” continuo con la Gigantomachia. Si accedeva al livello
superiore tramite la scalinata centrale, raggiungendo il vano (alto 6 metri), circondato dal colonnato ionio
continuo. All’interno un altro colonnato. L’altare vero e proprio si trovava al centro, e su di esso un “piccolo
fregio”, con le storie di Telefo, figlio di Eracle e mitico fondatore della città.
Il “grande fregio”, lungo 120 metri, rappresenta la mitica battaglia condotta dalle divinità olimpiche contro i
Giganti. Nelle scene c’erano anche piccoli frammenti accaduti durante le guerre contro i galati.
La decorazione suggeriva un programma erudito, elaborato probabilmente dai filologi della Biblioteca di
Pergamo. Se nella parte orientale i Giganti lottano contro le classiche divinità olimpiche, a nord gli dei della
notte, a sud gli dei della luce, a ovest le divinità marine e Dionisio.
Il “grande fregio” riprende alcune caratteristiche dei grandi maestri dei decenni precedenti, come la
possanza dei nudi di Fidia, o la dinamicità delle figure di Skopas. In generale però il senso di movimento è
portato alle estreme conseguenze, ricorrendo spesso a linee oblique e divergenti, che generano azioni
confuse. C’è una padronanza nell’uso del chiaroscuro.
Il “piccolo fregio”, o il fregio di Telefo, appare con un rilievo non molto pronunciato, con personaggi
disposti su più piani e un fondo riempito da elementi paesaggistici: sembra un dipinto scolpito in marmo. Si
narra la vicenda che vide Telefo a fare pace con i greci, creando un patto di sangue. La storia insiste su gli
origini del popolo romano, direttamente discendenti di Zeus.
Il fregio di Telefo, rimasto incompiuto dopo la morte di Eumene II, oltre ad essere un capolavoro di età
ellenistica, vuole essere una celebrazione assoluta del regno di Pergamo e un messaggio per i romani.