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Prima lezione

Civiltà minoica e micenea


Origini della storia greca
Le origini della storia greca sono più difficili da individuare rispetto a quelle della storia romana
(che ha inizio con la fondazione della città, secondo la leggenda avvenuta il 21 aprile del 753 a.C.,
secondo gli archeologi la città vera e propria è stata costruita un paio di secoli dopo).
Per la storia greca non c’è una data di inizio così precisa perché non è la storia di una città, ma di un
popolo diviso in varie città. Il popolo inizialmente era stanziato nella penisola greca e poi si è
espanso nel mediterraneo nel corso dei secoli. Tradizionalmente facciamo iniziare la storia greca
quando la facevano iniziare gli antichi greci, ovvero nel II millennio a.C.
Non vi erano però testimonianze scritte perché tutta la storia veniva tramandata oralmente. Il
personaggio più antico della loro storia era secondo i greci il leggendario re di Creta Minosse. Il
filosofo Platone diceva che Minosse fosse stato il primo re legislatore a dare delle leggi agli uomini
e a creare una società civilizzata. Secondo Tucidide ed Erodoto è stato il primo re ad esercitare
egemonia navale nell’Egeo (dominatore del mare). Immaginavano che fosse vissuto alcuni secoli
prima della guerra di Troia. Noi moderni chiamiamo questa età iniziale della storia greca come età
del bronzo. Gli archeologi dividono le età successive alla preistoria sulla base dei nomi dei materiali
usati per costruire utensili e armi:
- preistoria = ossa, legno e pietra. Alla fine della preistoria inizia a essere lavorato il metallo,
partendo dal rame.
- età del rame che in Grecia non corrisponde all’esistenza di una civiltà organizzata che potesse
distinguersi dalle altre.
- rame + stagno = bronzo. Il bronzo è il metallo che tra il 3000 e il 1500 veniva usato per produrre
strumenti. È questo il periodo in cui compare la civiltà greca e inizia a distinguersi dalle altre.
Nell’età del bronzo possiamo distinguere il primo periodo (terzo millennio in cui non esiste ancora
la civiltà greca) e il secondo millennio (in quest’ultimo si può iniziare a parlare di civiltà greca). Per
molto tempo l’unico riferimento per le origini della storia greca è stato il poeta Omero, che
dovrebbe essere vissuto nel I millennio a.C. (IX sec a.C. circa). In realtà potrebbe trattarsi di più
poeti uniti sotto un unico nome. Egli racconta nei suoi poemi episodi che appartenevano al secolo
precedente, ovvero quello dell’età del bronzo. I primi studiosi che hanno scoperto le tracce di questa
civiltà greca del II millennio sono vissuti uno nell’800 e l’altro nel 900. Essi, suggestionati da
Omero, sono andati alla ricerca dei luoghi che aveva descritto nelle sue opere.
Heinrich Schliemann, archeologo dilettante tedesco che negli anni 70 dell’800 ha trovato i resti
della città di troia descritta da omero e la città di Micene. Gli archeologi successivi hanno
continuato a scavare nella stessa zona. Hanno rivenuto vari strati di città che sono sorte nel corso di
più di mille anni nello stesso sito. Hanno trovato in particolare uno strato che faceva pensare a una
città distrutta dal fuoco, risalente circa al 1200 a.C. (periodo in cui si pensa ci fosse stata la guerra di
troia, Eratostene, filosofo greco del 300 a.C. aveva datato la caduta di troia nel 1184 a.C.).
Nello stesso strato sono state trovate anche delle armi, indice di assedio e distruzione violenta della
città. Il ritrovamento della città ha dato un primo fondamento storico ai poemi omerici.
Schliemann ha poi cercato le tracce delle città da dove erano partiti i greci per l’assedio di troia. Il
capo della spedizione, secondo Omero, era Agamennone re di Micene, e quindi si è cercato il luogo
in cui sorgeva Micene. Nel 1876 è stata trovata con le sue mura, le tombe ecc. Ha dato quindi alla
civiltà che aveva assediato troia il nome di Micenei (secondo lui Micene era il sito, la città più
importante della Grecia in quel periodo). In realtà non sappiamo come si chiamassero i primi proto-
greci: micenei è il nome moderno che noi diamo sulla base di ciò che aveva detto Schliemann.
Alcuni anni dopo un archeologo inglese professionista chiamato Evans è andato a cercare tracce
storiche del mito di Minosse (primo re secondo gli antichi greci). Nel 1901 ha rinvenuto a Creta i
resti di un grosso palazzo, quello di Cnosso. Come il palazzo di Micene era quello di Agamennone,
quello di creta doveva essere la reggia di minosse. Ha dato a quella civiltà vissuta nel II millennio
a.C. a creta il nome di ‘minoica’, ovvero civiltà di minosse.
Gli studiosi moderni parlano quindi di civiltà minoica (non- greca) e micenea (greca). Quella
minoica è cronologicamente un po' anteriore a quella micenea, sebbene sia stata scoperta più tardi.
Nel II millennio non abbiamo narrazioni storiche contemporanee, non sappiamo cosa sia successo.
Abbiamo i resti delle città, ma non sappiamo esattamente quali fatti si siano susseguiti. Stabilire una
cronologia dei fatti è molto difficile, i resti archeologici non possono raccontare cosa sia successo in
quei luoghi. Gli storici stanno cercando di far combaciare e di integrare la cronologia relativa con
quella assoluta.
- Cronologia relativa: stabilisce dei rapporti di anteriorità e posteriorità con un luogo, un oggetto
ecc. Ad esempio; guardando come sono costruite le tombe si può stabilire a che periodo
appartengano (le sepolture si modificavano a seconda dei secoli e dei millenni). Si può dire quando
una tomba è precedente a un’altra. Non possiamo però stabilire un preciso momento nel tempo in
cui la tomba è stata creata e quando sono morte le persone all’interno.
- Cronologia assoluta: si stabilisce un preciso momento nel tempo in cui è avvenuto un fatto o un
personaggio è vissuto. Per questo periodo siamo costretti a ragionare per cronologia relativa
(stabilire solo quale insediamento sia più antico dell’altro ecc., confronto tra resti).
Periodizzazione dell’età del Bronzo (3100-1100 a.C.)
Cronologia relativa e cronologia assoluta
L’età del bronzo è un concetto che fa parte della cronologia relativa: viene dopo l’età del rame e
prima dell’età del ferro. Quando definiamo invece le date entro cui si sviluppa questa età del
bronzo, allora ci riferiamo alla cronologia assoluta. Le datazioni assolute possono variare a seconda
dei vari studiosi.
Minoico = età del bronzo a Creta secondo Evans; Elladico = età del bronzo in Grecia continentale,
dove c’erano i micenei (Ellas era la Grecia).
- Minoico antico – elladico antico = bronzo antico, cronologia relativa (3100-2000 a.C., cronologia
assoluta) - Minoico medio - elladico medio = bronzo medio, cronologia relativa (2000-1600 a.C.,
cronologia assoluta) - Minoico tardo – elladico tardo = bronzo tardo, cronologia relativa (1600-
1100 a.C., cronologia assoluta).
Evans ha coniato il termine ‘minoico’. Egli aveva una cronologia assoluta più alta della nostra:
poneva delle date come più lontane. La cronologia bassa indica delle date più vicine alla
contemporaneità. Quando le date sono incerte: se lo studioso pone le date più lontane da noi,
cronologia alta, se le pone più vicine, cronologia bassa.
Evans poneva l’esordio della civiltà minoica a creta molto prima del 2000 a.C. (quasi nel 3000
a.C.). Il concetto di minoico è rimasto, ma è cambiata la datazione assoluta. Quando si studia creta,
si parla di fasi palaziali, perché il palazzo che Evans ha scoperto a Cnosso non è solo un edificio,
ma il centro del potere. Non era solo la residenza del sovrano. A creta non esisteva solo Cnosso,
questo è stato solo il primo a essere rinvenuto.
Creta aveva vari centri del potere; sulla base di come sono stati articolati si suddivide la storia di
creta in:
- Fase pre-palaziale (3100-1900 a.C.) = prima che si formasse il palazzo come centro di potere. La
civiltà minoica è ancora in gestazione. (assenza di palazzi).
- Fase proto- palaziale (1900-1700 a.C.) = fase in cui si cominciano a costruire i primi palazzi. I
palazzi sono meno articolati ed evoluti di come saranno in seguito. Sono palazzi polifunzionali:
hanno ancora un’articolazione elementare, gli stessi ambienti vengono usati per scopi diversi
(politici, religiosi, sociali ecc.). Si può già iniziare a parlare di civiltà minoica.
- Fase neo-palaziale (1700-1425 a.C.) = verso il 1700 a.C. i palazzi vengono tutti distrutti
probabilmente per cause naturali (eruzioni vulcaniche, inondazioni, terremoti ecc.). I palazzi sono
poi stati ricostruiti e si entra in questa fase. I palazzi sono sempre il centro del potere a creta, ma
sono più articolati e sviluppati. Iniziano ad avere aree monofunzionali (dedicate solo ad attività
politica/religiosa/economica ecc.). Il palazzo di Cnosso era formato da un insieme di ambienti
molto articolati, da cui probabilmente ha avuto origine la leggenda del labirinto dove Minosse
avrebbe nascosto suo figlio deforme (minotauro). In questo complesso era facile entrare e difficile
uscire. Il minotauro sarebbe poi stato ucciso da Teseo. Il mito nasce appunto probabilmente da
questa complessa costruzione politico/amministrativa di cui i greci avevano un millennio dopo
qualche vago ricordo. Il palazzo di Cnosso non aveva fortificazioni, questo fa pensare che nella
civiltà minoica non si temessero incursioni dall’esterno perché esercitavano un vasto potere sul
mare. I conflitti dovevano comunque esistere internamente all’isola, tra le varie famiglie nei palazzi.
Non sappiamo se creta fosse sottomessa in questo periodo a un’unica autorità politica,
probabilmente ogni palazzo era un centro di potere autonomo. Non sono state rinvenute tracce
conflittualità nell’isola. Nei palazzi minoici non è stata trovata traccia della figura del monarca. Un
tempo Evans riteneva che creta avesse un re a Cnosso, non c’era traccia di regalità. Non ci sono
stanze che potessero essere la sede del sovrano, negli affreschi non c’è un’iconografia che rimandi
alla figura del re e non ci sono tombe che rivelino la sua presenza. Sono state trovate tombe di
famiglie aristocratiche molto numerose, con corredi molto ricchi. L’idea che si ha oggi della civiltà
minoica è quella che fosse senza un re.
Nel 1425 a.C. si assiste a una nuova distruzione dei palazzi minoici, questa volta per mano
dell’uomo. Vengono distrutti tutti tranne il palazzo di Cnosso che funziona come centro di potere.
Cambiano però le sepolture: ci sono solo più tombe che appartenevano a famiglie aristocratiche più
ristrette. Questo fa pensare che Creta abbia subito in questo periodo delle invasioni da nemici
esterni. Probabilmente gli invasori erano micenei, che arrivavano dalla Grecia continentale. Il
palazzo di Cnosso è diventato l’insediamento della nuova élite dominante. Cnosso è stato distrutto
verso il 1370 a.C. probabilmente da altri micenei. Creta entra quindi nell’area culturale micenea,
perdendo i tratti caratteristici minoici.

Resti e scrittura
Così come non sappiamo come si chiamassero realmente gli abitanti di creta, allo stesso modo non
sappiamo quale fosse il nome degli abitanti di Micene. I nomi di Minoici e micenei sono stati
assegnati arbitrariamente dagli storici. I micenei vivevano in vari centri organizzati intorno a un
palazzo. Non sappiamo se ci fosse uno stato miceneo unitario, con una capitale. Schliemann
pensava questo facendo riferimento alla figura di Agamennone come capo della spedizione greca a
troia. Più probabilmente i centri erano più di uno: Tebe, Sparta, Atene, Micene. Ognuno doveva
essere autonomo. A differenza del palazzo minoico, quello miceneo è un po' meno sviluppato, è un
po' più piccolo e meno articolato. Era accompagnato dal centro abitato ed era fortificato.
A creta non c’era questo tipo di fortificazioni. I centri micenei potevano essere dunque autonomi e
anche in conflitto fra di loro. Il palazzo miceneo ha al suo vertice un re: il re miceneo esisteva. Il
fantasioso re Minosse (di cui non si è trovata traccia) poteva essere null’altro che la proiezione a
Creta di un re miceneo.
I greci, nel primo millennio avanti cristo (mille anni dopo questi fatti) avevano un vago ricordo di
com’era stata prima la Grecia e chiamavano il re Minosse. Probabilmente non avevano percezione
di una differenza tra minoici e micenei. Schliemann aveva rinvenuto le tombe a Micene, con i corpi
dei sovrani del 1600 a.C. (periodo molto anteriore a quella della guerra di troia). Schliemann ha
trovato su questi corpi delle maschere d’oro che coprivano i volti. All’inizio si pensava che queste
maschere raffigurassero i tratti somatici dei volti dei morti, ma oggi non è più così. Si tratta solo di
maschere rituali. La maschera più famosa è quella di Agamennone, l’ha definita così perché era
abituato a leggere tutto con gli occhi di Omero. Queste tombe risalgono al 1550-1600 a.C., quindi
Schliemann ha attribuito a questo oggetto l’appartenenza a un personaggio collocato da omero nel
XIII secolo a.C. (3 secoli prima). Sicuramente il proprietario di questa maschera non era
Agamennone. Questa maschera è stata ritenuta da alcuni un falso creato da Schliemann per rendere
più sensazionale la sua scoperta. Oggi si ritiene un ritrovamento autentico che tuttavia appartiene ad
un’altra epoca rispetto a quella ritenuta da Schliemann. Appartiene a un periodo neo-palaziale, in
cui la civiltà micenea era già sviluppata (le tombe sono molto ricche e trasmettono l’idea di una
famiglia reale potente). Risalgono a prima della conquista micenea di creta. Le due civiltà
procedevano ancora in parallelo. La porta dei leoni è un altro elemento famoso di Micene, era
l’ingresso principale alla città. Superata la porta, sulla destra, si trovavano le tombe. Dà l’idea delle
massicce fortificazioni che circondavano la città. Il palazzo aveva funzione politica ed economica.
Serviva a coordinare l’attività lavorativa  prelevava delle tasse alla popolazione e permetteva la
coesistenza di artigiani, sacerdoti, soldati ecc. Questo lo sappiamo perché abbiamo alcuni
documenti scritti risalenti a questo periodo. Il problema è che non sono narrazioni storiche o testi
poetici. Non raccontano i fatti di quel periodo, ma si tratta di registrazioni d’archivio su transazioni.
Il palazzo prelevava quote dalla produzione agricola e dall’allevamento. Da questi documenti
possiamo avere idea di come era strutturata la civiltà micenea, ma non possiamo sapere nulla sulla
storia (i personaggi più importanti, i nomi dei re ecc.). In questo periodo non esisteva ancora la
scrittura alfabetica, che compare solo a partire dal I millennio a.C. Nella scrittura alfabetica ogni
segno scritto corrisponde a un suono; in quella sillabica ogni segno corrisponde a una sillaba, quindi
a due suoni. Ci vogliono molti più segni sillabici per scrivere un testo. Questi documenti si
presentano sotto due forme di scrittura. Si tratta di scritture sillabiche, che utilizzavano un sistema
di linee: - Lineare A: è quella più antica, attestata a partire da poco dopo il 1800 a.C. È stata trovata
soprattutto a Creta e nelle isole adiacenti dove i cretesi avevano affermato la loro egemonia
culturale. Qualcosa si trova anche nella Grecia continentale ma poco. Abbiamo poche testimonianze
di questa scrittura e non è mai stata decifrata. Non sappiamo cosa ci sia scritto sopra alle tavolette
rinvenute. - Lineare B: è leggermente più recente rispetto al lineare A ed è attestata per un periodo
più ampio di tempo. Le prime testimonianze risalgono al 1500 a.C., più o meno quando si
interrompono quelle della lineare A, e vanno avanti fino alla fine del XIII secolo a.C. È stata trovata
nella Grecia continentale (Micene, pilo, Tebe) ma anche a Cnosso (Creta). Il passaggio dal lineare
A a quello B è un indizio che, insieme ai palazzi cretesi distrutti e le sepolture che sono cambiate, ci
dice che Creta fu conquistata dai micenei, i quali hanno portato con loro la loro scrittura. Abbiamo
più testimonianze di questa scrittura (soprattutto a Cnosso e pilo) ed è stata decifrata nel 1953 da
Chadwick e Ventris. Le tavolette erano ancora testi d’archivio e non testi storici. Le scritture di
Cnosso sono quelle più antiche (fine XV/inizio XIV secolo a.C. e arrivano fino al 1370 a.C.),
mentre quelle di pilo sono vicine al 1200 a.C. Si sono conservate perché gli incendi che hanno
distrutto gli archivi dei palazzi hanno creato temperature tali da cuocere le tavolette. Esse sono state
rese indistruttibili. La lineare B esprime una lingua proto-greca. I termini sono greci ma primitivi.
Possiamo dire che i micenei erano proto-greci perché parlavano una lingua greca anche se non
venivano definiti greci (omero li chiamava achei, danai ecc.). I minoici quasi certamente non erano
greci  non parlavano una lingua greca (non ne siamo certi perché la lineare A non è ancora stata
decifrata). Gli studiosi sono convinti che sia una lingua appartenente all’area orientale del
mediterraneo antico oppure una lingua indoeuropea imparentata col greco ma legata all’ittito. Gli
ittiti erano una popolazione indoeuropea che agli inizi del II millennio a.C. si era instaurata in asia
minore (zona dell’odierna Turchia). I cretesi potrebbero appartenere a questa cultura. Il lineare B dà
delle informazioni sull’organizzazione, amministrativa e sociale della civiltà micenea. Non
possiamo conoscere gli eventi della storia micenea se non per ciò che ci raccontano i poemi omerici
(la guerra di troia è però solo l’ultimo evento in ordine cronologico).
Organizzazione burocratica e gerarchia della civiltà micenea
1. Wanax = re 2. Lawaghetas = comandante militare 3. Telestai = dignitari di corte (sacerdoti o
funzionari) 4. Lawoi = aristocrazia militare e fondiaria, esercitavano anche la funzione di guerrieri
per la difesa del palazzo 5. Damos = popolo (contadini e artigiani) 6. Doero = schiavi. In greco
classico il re era l’anax, mentre il popolo era il demos. Da questo possiamo capire che si trattava di
un proto-greco. La civiltà micenea è finita nel 1200 a.C. circa con la guerra di troia. Invasione di un
popolo proveniente dai balcani: i dori. Sono arrivati da nord e hanno attaccato e distrutto i palazzi
micenei, sostituendosi alla popolazione micenea. Infatti intorno al 1200 a.C. possiamo vedere tracce
di distruzione violenta dei palazzi micenei (Micene, Tebe, pilo ecc.). Si nota una continuità solo ad
Atene, non sembra ci sia stata una distruzione violenta. Questo potrebbe aver contribuito ad
alimentare il mito degli ateniesi di essere gli unici abitanti sempre rimasti in attica. Tutti gli altri
greci erano frutto di migrazioni di popolazioni arrivate da fuori, mentre gli ateniesi erano convinti di
essere autonomi. Questo è un mito, ma dietro a questo potrebbe nascondersi il fatto che la regione
dell’attica è stata risparmiata dalla distruzione. Gli studiosi moderni non sono convinti che
l’invasione dorica sia attendibile perché a livello archeologico non c’è traccia di popoli estranei a
quello miceneo, di solito quando un popolo si sostituisce a un altro porta la propria cultura. A
livello archeologico dovrebbe essere visibile nelle tombe, nei corredi funerari ecc. Invece non ci
sono segni di un cambiamento radicale di popolazione. L’ipotesi più probabile è quella di rivolte
interne: i damos/sudditi durante una ribellione avrebbero distrutto i palazzi e si sarebbero sostituiti
alla classe dominante micenea. Questo spiegherebbe perché a livello archeologico non abbiamo
cambiamenti (i damos erano già micenei). Per spiegare le rivolte interne si è fatta un’altra ipotesi,
ovvero quella del cambiamento climatico violento che avrebbe portato siccità, carestie, mancanza di
cibo e poi le rivolte. Altri studiosi hanno negato la presenza di tracce di cambiamenti climatici in
questo periodo. Un ulteriore ipotesi fatta negli ultimi decenni prende in considerazione tutte le
precedenti  i Dori non arrivavano dall’esterno, ma erano un popolo minore già presente in Grecia
nel 2° millennio. Si trattava di un popolo forse escluso dall’elitè dominante e che quindi non ha
lasciato grandi segni di cambiamento nell’archeologia in quanto essa trasmetteva soprattutto le
immagini della società dominante, che aveva risorse per costruire palazzi e tombe ricche, oltre che
per gestire il potere. I dori si sono ribellati e hanno spazzato via la classe dominante micenea.
Questo spiegherebbe l’assenza di tracce di un popolo esterno e anche la distruzione violenta dei
palazzi micenei. Quello che possiamo dire con certezza è che il periodo tra il XIII e il XII secolo
a.C. è stato caratterizzato da forte instabilità nel mediterraneo orientale. È il periodo che
conosciamo come “periodo delle invasioni dei popoli del mare”.
La definizione di ‘popoli del mare’ è stata coniata dal faraone egiziano Ramesse III, che all’inizio
del 12esimo secolo ha affrontato e sconfitto gli invasori che cercavano di attaccare l’Egitto dal
mare. Ha poi inciso su una parete di un tempio un’iscrizione in cui racconta di questa vittoria. I
popoli del mare erano un insieme di popoli che potevano parlare lingue diverse e provenire da
diversi luoghi. Avevano la caratteristica di essere in movimento in tutto il mediterraneo orientale e
di attaccare le civiltà che lo popolavano. In quest’epoca, sotto l’urto di questi popoli, sono
scomparsi gli ittiti. Anche la città stato di Ugarit (nell’odierna Siria) è stata distrutta da queste
invasioni. Abbiamo traccia di questa città grazie a delle tavolette di comunicazione epistolare tra il
sovrano di Ugarit e altri sovrani in quanto erano richieste di aiuto contro i popoli del mare. L’Egitto
è riuscito a sconfiggere i popoli del mare, ma non senza perdite: ha perso il controllo della
Palestina. In Palestina si instaurano in questo periodo i filistei. Secondo la Bibbia erano i
discendenti degli ebrei, che in questo periodo sarebbero scappati dall’Egitto sotto la guida di Mosè
per giungere in Palestina.
I filistei secondo la bibbia venivano dall’isola di Cafto, che era Creta. Quindi è probabile che i
filistei fossero in realtà micenei. Nell’iscrizione del faraone Ramesse III, dove menziona
chiaramente alcuni popoli che hanno partecipato all’invasione dell’Egitto, vengono citati anche i
Danunu. Gli studiosi sono convinti che i danunu siano i danai (nome usato da omero per definire i
greci). Molto probabilmente i greci parteciparono a queste invasioni dei popoli del mare
(attaccarono Egitto, Palestina e la città di troia). La città di troia apparteneva all’area culturale degli
ittiti, che vengono appunto travolti da queste invasioni. La guerra di troia si colloca quindi quasi
certamente in un periodo di instabilità per l’egeo. Si trattava di un’epoca di invasioni, rivolte interne
e distruzione delle città. Non esistono popoli sempre invasori e altri sempre invasi: i micenei
possono aver partecipato a queste invasioni e poi essere invasi a loro volta. Questo periodo di
instabilità può aver portato a una situazione di incertezza all’interno della società micenea, fino a
provocare ribellioni. L’iliade racconta la guerra di troia; l’odissea racconta il ritorno a casa di
Ulisse. Quando torna trova casa sua invasa dai proci (pretendenti che vogliono sposare sua moglie).
Nel mito potrebbe nascondersi una realtà storica: i micenei hanno partecipato a queste invasioni
distruggendo troia, ma a casa loro la situazione si è deteriorata e il potere era minacciato. Nessuna
civiltà del mediterraneo è uscita da questo periodo rafforzata, sono state tutte in qualche modo
travolte. L’invasione dorica come motivo del crollo della civiltà micenea non è più accettata dagli
storici perché non ci sono tracce dell’arrivo di una popolazione nuova. Con la scomparsa della
civiltà micenea scompare la scrittura lineare B che aveva un collegamento con il palazzo, serviva
per l’amministrazione, a gestire le entrate e le uscite (dopo il 1200 a.C. non è più attestata). Quando
il palazzo viene distrutto e si disarticola il centro di potere dell’amministrazione, la scrittura non
serve più per gli scopi per cui è stata creata. Scompare anche la pittura monumentale. I
sopravvissuti vanno a vivere in centri minori, che non hanno più la monumentalità di prima, che
sono difficili da individuare a livello archeologico e non si interessano di tutto questo  città stato.
Scompare l’artigianato di pregio, che ha a che fare con i gioielli, gli oggetti pregiati ecc. che
venivano usati nelle sepolture. Era tutto legato all’amministrazione palaziale. Quando i greci re-
costituiscono la civiltà organizzata, lo fanno su basi totalmente diverse. La città stato sarà un nuovo
inizio per la civiltà greca, con una scrittura alfabetica e non più sillabica, senza sovrano.
La formazione della civiltà greca nel primo millennio a.C.
Periodizzazione della storia greca:
1) Età minoico-micenea (XX-XII sec a.C.)
2) Età oscura -alto arcaismo (XI-IX sec a.C.)  dark age: è un periodo di alcuni secoli in cui non
abbiamo documenti scritti e neanche fonti letterarie che raccontino i fatti di questo periodo. Le fonti
archeologiche diminuiscono perché viene meno la società palaziale che era costituita dalla civiltà
micenea. I centri abitati diventano più piccoli e quindi più difficili da individuare. Gli studiosi sono
convinti che sia un periodo di vivacità in cui si andava formando la civiltà greca del primo
millennio a.C. Il termine età oscura è oggi scartato da alcuni studiosi, ma ancora non si sono
accordati per raggiungere un nuovo nome. Domenico Musti in Italia ha proposto di definire questo
periodo come Alto arcaismo. Alto = cronologia più lontana da noi Basso = cronologia più vicina a
noi
3) Età arcaica (VIII-VI sec a.C.)  sono maturati dei fenomeni sicuramente a partire dall’età
oscura. È un’epoca visibile, conosciamo dei personaggi che l’hanno caratterizzata. È un periodo di
sviluppo.
4) Età classica (V-IV sec a.C.); la civiltà greca raggiunge il massimo sviluppo con le polis (città
stato) e a livello culturale.
5) Età ellenistica che nasce con Alessandro magno che conquista molti territori e si chiude con la
conquista romana, quando l’impero di Magno viene conquistato dai romani.

ALTO ARCAISMO – età oscura.


La polis nasce dopo il collasso della civiltà palaziale micenea. Nascono i centri abitati anche lontani
dalla costa. È un periodo di trasformazione e sviluppo:
- Introduzione del ferro = prima gli uomini usavano il bronzo. Dopo il collasso della civiltà micenea
(passaggio da età micenea ad età oscura). i greci iniziano a usare il ferro, richiede temperature molto
alte per essere lavorato. (in generale in tutto il mediterraneo orientale) per costruire spade, forbici
ecc.
- Passaggio dalla sepoltura collettiva a quella individuale perché non ci sono più le famiglie reali
che si facevano seppellire insieme nella tomba di famiglia.
- Cremazione funeraria: i micenei seppellivano in tombe sottoterra, adesso di applica la cremazione.
Questo rivela una mutazione nelle credenze religiose della comunità. I micenei veneravano divinità
terrestri (sottoterra  sepoltura), mentre adesso vengono venerate divinità olimpiche (in cielo 
cremazione). Anche i romani cremavano i morti (per motivi anche sanitari). Con il cristianesimo
invece rifiuta la cremazione dei corpi.
- Formazione della polis: noi iniziamo a conoscere dopo la fine dell’età oscura, ma la polis esisteva
già. La polis intesa come comunità di cittadini che si auto- governa.
- Introduzione dell’alfabeto:
prima si avevano scritture sillabiche (ogni segno rappresentava una sillaba, un insieme di suoni,
quindi ci volevano più simboli per scrivere rispetto a quelli della scrittura alfabetica). A inventare
l’alfabeto sono stati i fenici, popolazione costiera della Siria e Palestina, che non si è potuta
espandere in terra perché bloccati da altre popolazioni. Hanno colonizzato molti terreni grazie alla
navigazione e sono giunti fino a Gibilterra. Hanno avuto sicuramente dei contatti con i greci. I
fenici hanno inventato l’alfabeto perché in quanto mercanti dovevano registrare le transazioni. I
greci hanno colto l’utilità dell’alfabeto e lo hanno adattato alla loro lingua semitica. I fenici
scrivevano solo le consonanti (lingue consonantiche), mentre le vocali venivano inserite dal lettore,
mentre parlavano. Hai greci non andava bene infatti, hanno adattato alcuni simboli consonantici
dell’alfabeto fenicio in vocale per poter scrivere la loro lingua (ad esempio quella specie di
apostrofo è diventata alfa, la specie di Y è diventa I). I Greci scrivevano da destra verso sinistra.
Probabilmente hanno adottato questo alfabeto con gli scambi commerciali.
Le prime forme di scrittura si trovano nel VIII secolo a.C. le prime forme di scrittura greca si
trovano in Italia, i Greci avevano colonizzato l’Italia meridionale. E sono state trovate quasi tutte in
contesti funerari.
Scritture elementari su coppe (nomi, frasi che esprimevano il possesso di oggetti). A volte si
trovano brevi componimenti poetici o i nomi degli artisti che hanno dipinto, scritto ecc. Non
abbiamo ancora testi storici che raccontano la storia di questo periodo, conosciamo qualcosa del
periodo grazie ai racconti che vengono fatti secoli dopo mescolando verità, mito ecc. il nostro
alfabeto deriva da quello Greco. Nell’Iliade compare per la prima volta il verbo scrivere.
La coppa di Nestore equivale alla prima testimonianza, risale al 725 a.C., sulla quale è incisa una
scritta.
Più recentemente è stata scoperta una coppa, localizzata in un luogo nell’Lazio, sempre in una
tomba. Che ha delle lettere, ma non si sa cosa ci sia scritto, la datazione è difficile ottavo/ nono
secolo. È molto difficile che questa sia la prima forma di scrittura.
I fenici scrivevano da destra verso sinistra (scrittura retrograda), i greci adottarono prima questo
modello. Ci sono però anche scritture arcaiche da sinistra verso destra (scrittura progressiva). C’è
anche una scrittura detta bustrofedica, ovvero alternata una riga da destra a sinistra e l’altra riga da
sinistra a destra.
Alla fine, dell’8 secolo è stata trovata la coppa di Rodi, con una scritta retrograda.
Un altro documento più tardo è il codice di Dortina (una città greca), una descrizione sulle pareti di
un edificio che descrive il codice delle leggi, con una descrizione bustrofedica. Quindi ancora nel
470/450 a. C si scriveva con una scrittura buscofelica.
Il codice di Dortina ci permette di conoscere quindi le leggi. Dortina ha istituito un codice di leggi
di una cittadina abbastanza anonima, che non fosse Atene (una delle poche eccezioni).
Il diritto romano e greco differenti. (istituto epiclerato), nel diritto romano se uno muore e non ha
figli maschi l’eredità passava un parente laterale maschio. In Grecia no, le figlie femmine
ereditavano il patrimonio del padre che lo trasmetteva al suo figlio maschio, questo per evitare che
passasse al genero.
Ad Atene la donna non era libera di sposare chi voleva a Dortina si.
Poi i greci si sono accordati di scrivere da sinistra verso destra.
L’alfabeto greco che si impara a scuola è uno solo, formato in età ellenistica. Maiuscole e
minuscole (inventate dai Bizantini). I greci antichi scrivevano solo con le maiuscole. I greci hanno
aggiunto segni che ai fenici non servivano. Ad esempio i segni complementari. Prima i Greci si fi pi
e xi li scrivevano tramite la combinazione di simboli. Li hanno scritti poi successivamente. In età
arcaica i Greci avevano almeno quattro alfabeti. Alcuni avevano i segni complementari altri no,
oppure erano scritti in modo diverso. Alla fine, dell’800 Kirchhoff li ha divisi per colori (verde,
rosso, azzurro chiaro e azzurro scuro, quello più completo e quello che conosciamo oggi). Ogni città
era gelosa delle proprie tradizioni e del proprio stile, ecco perché adottare alfabeti differenti. Quello
azzurro scuro dopo il 403 a.C. è diventato il modello standard perché Atene ha deciso di rigenerarsi
ed una di queste è stato l’alfabeto, da azzurro chiaro ad azzurro scuro.
Quando parliamo di storia greca, parliamo di tante città e la conosciamo in base a quello che ci
raccontano gli Ateniesi (testimonianze scritte), conosciamo la storia greca quindi con gli occhi degli
ateniesi. Atene = centro di gravità della storia greca, molto autoritaria dal punto di vista culturale.
Nell’alfabeto ad ogni simbolo corrispondo un suono, in quella sillabica ad ogni simbolo corrisponde
una sillaba quindi più suoni. L’alfabeto è più semplice. L’alfabeto è un sistema per scrivere, una o
più lingue. Serve a mettere per insieme una o più lingue. Lo stesso alfabeto può essere utilizzato per
scrivere più lingue. Ad esempio, le lingue lave sono scritte in cirillico e ha bisogno di altri simboli.
Concetto di mondo omerico:
I poemi omerici (iliade e odissea), risalgono alla fine dell’età oscura, non si sa con esattezza. Non
sappiamo se omero sia davvero esistito o se sia un nome dato a un insieme di poeti che hanno
scritto le opere. Oggi si pensa che Omero sia un nome collettivo, che gli hanno dato i Greci,
probabilmente i poemi sono stati scritti da più persone, si pensa che all’interno dei poemi ci sia una
distanza temporale. I poemi si sono formati oralmente e sono stati tramandati oralmente e solo nel
VI sec. A.C. sono stati scritti ad Atene. Circolavano già a partire dal IX sec. La società che viene
descritta nei poemi è ibrida, non è mai esistita: nasce dalla mescolanza dei ricordi che omero aveva
dell’età micenea, però descrivono la società e i costumi sulla base dell’età oscura. Si descrivono i
carri da guerra, ma poi in campo di battaglia non si usano, si combatte a piedi (come se omero
sapesse della loro esistenza, ma non come si usassero). Usi e costumi sono dell’età del ferro (ci
sono armi in ferro). Quando si indicano gli eroi con metafore, si parla del ferro (Achille cuor di
ferro).
Omero vive in un’epoca in cui c’era il ferro, ma lo colloca in un periodo antecedente. Cita anche la
cremazione di Ettore, che prima non era praticata. Nell’Odissea vi è l’assemblea popolare, nei testi
micenei non era documentata, prima vi era infatti il regnante assoluto (Vanax). Nell’Odissea è
anche presente l’assemblea dei re dei feaci, la società è diversa da quella micenea: la monarchia è
crollata e c’è un insieme di aristocratici al potere.
Tuttavia, c’è un elemento propriamente Miceneo che è quello dell’elmo fatto di denti di cinghiale.
Armatura che non c’era più nell’età oscura.
Ulisse e Proci = metafora del passaggio da monarchia assoluta ad aristocrazia che contende il
potere. La società che si trova in omero non è mai storicamente esistita, nasce dai ricordi della
società micenea e da quella contemporanea a omero. Il confine tra alto arcaismo (età oscura) e età
arcaica è dalla nascita della grecità in poi: - Nell’età oscura nasce la grecità, ovvero l’appartenenza
dei greci ad uno stesso popolo. Il sentimento di appartenenza alla stessa civiltà, oltre le divisioni per
regioni e città stato si inizia a vedere solo a partire dall’ VIII secolo. Omero non parla mai di Greci,
ma di Achei, Danai, argivi (da argo). Il termine greci nasce possibilmente dopo omero, ovvero dopo
il IX secolo. Lo scrittore che descrive gli elementi di comunanza tra i greci è Erodoto (vissuto nel V
secolo).
Hellenikon = grecità, senso di appartenenza al popolo: - Comunanza di sangue - Di lingua, forte
identità culturale (parlavano tutti il greco) - elaborazione del concetto di barbari (tutti coloro che
non parlano greco). Omero non parla neanche dei barbari, come osservato da Tucidide (altro storico
vissuto nel V secolo). Condivisione degli stessi luoghi sacri  nasce il santuario/tempio. Vi erano
dei palazzi per il culto religioso anche prima ma diversi. Erano anche santuari panellenici (che
riguardavano tutti i greci e non solo una città). Condivisione degli stessi costumi: stesse istituzioni
politiche e giuridiche. Non vivevano sotto il comando di un re. I greci si governavano da soli nelle
loro città stato. - Iniziano a essere festeggiate delle celebrazioni religiose accompagnate anche da
giochi sportivi, come le olimpiadi. La prima olimpiade viene svolta nel 776 a.C. nel santuario di
olimpia (in onore di Zeus). Quando muore Patroclo nell’iliade, in onore della sua morte vengono
organizzati dei giochi sportivi. Altri santuari che sono diventati luoghi di festività panelleniche
sono: Delfi, dove del 582 a.C. si tengono i giochi pitici (perché pizia era la sacerdotessa che
interagiva con apollo) in onore di apollo; Corinto, dove dal 582 a.C. si celebrano i giochi in onore di
Poseidone. Principali dialetti greci: 1. Ionico parlato dagli ioni 2. Dorico parlato dai dori: i dori
avevano invaso la Grecia calandosi dai Balcani e avevano avuto il sopravvento sui micenei. 3.
Eolico parlato dagli eoli nella parte della Tessaglia 4. Arcadico parlato dagli arcadi a Cipro e nel
centro del Peloponneso, probabilmente parlavano il dialetto più antico. La grande diversità è quella
tra Ioni (ateniesi) e Dori (Spartani, attaccati alle armi).
Questa suddivisione è importante per il conflitto tra Atene e sparta.
Gli Iori preferivano la E, i Dori la A. se ci fossero stati gli Spartani a prevalere avremmo detto
dAmocrazia, invece da Atene dEmocrazia.
Funerali accompagnati da giochi sportivi, solo i greci erano ammessi ai giochi olimpici.
Erodoto non usa mai la parola Elleni.
Formazione della polis
Per i greci indica la comunità di cittadini e non le mura delle città. I cittadini vengono chiamati
politai. Come si arrivava ad essere parte della polis? Quelli che erano in grado di armarsi da sé
potevano essere cittadini, chi non era abbastanza ricco non combatteva e veniva escluso dalla polis.
È quindi una comunità di liberi cittadini che si autogoverna. Per i greci era più importante
individuare i cittadini che la città fisica.
Il termine città stato non è una traduzione fedele. La parola stato indica una sovrastruttura che si
contrappone ai cittadini. Ci sono città stato anche in Mesopotamia, dove però vi era anche il re. Le
polis sono comunità di cittadini che si uniscono, decidono la forma di governo e prendono decisioni
sulla vita collettiva senza un sovrano. Questa divisione nasce dalla scomparsa della civiltà micenea
e palaziale. Gli abitanti della polis erano liberi (se avevano un reddito sufficiente) di andarsene. I
cittadini della polis erano i politai. Si tratta di una comunità allargata, più ampia di quella delle
civiltà omerica. La comunità è ancora ristretta, non coinvolge l’intera popolazione. In certe polis poi
la comunità si allarga fino a comprendere tutti (come ad Atene, dove si sviluppa la democrazia in
età classica). Molte città rimangono ancora oligarchiche = un numero limitato di persone fa parte
della comunità e prende decisioni per tutti. Sparta non attraversa mai la fase democratica,
l’evoluzione non era obbligata. Gli autori parlano di polis degli ateniesi, degli spartani ecc. La polis
greca era diversa dai comuni medievali: nei comuni i cittadini erano gli abitanti della città con
potere politico, fuori dalla città vi erano i contadini che erano esclusi dalla vita politica. Nella polis
greca i membri della comunità potevano vivere dove volevano, sia in campagna che in città. Non ne
faceva parte solo che non aveva un reddito tale da poter contribuire alla difesa della città. Nella
polis potevano vivere anche coloro che non facevano parte della comunità (artigiani, contadini
ecc.). Si forma una stratificazione sociale. La formazione della polis interessa soprattutto i guerrieri
inizialmente  i combattimenti sotto le mura di troia erano individuali (ciascun guerriero ne
affronta un altro). Questo è un modo di combattere tipico di quando vi era la famiglia reale. Nel VII
sec i soldati combattono insieme per rendere più efficace la forza d’urto; la società è quella della
prima polis (non conta più il valore individuale ma la collettività). Omero mescolava combattimenti
individuali con quelli di massa perché viveva in un’epoca in cui l’aristocrazia contendeva il potere
con il re.

Colonizzazione
Queste colonie non hanno niente a che fare con il colonialismo dell’800-900 (in questo periodo le
colonie erano governate direttamente dalla madrepatria). La colonia greca è una fondazione di esuli
partiti da una polis, che vanno a fondare una nuova polis indipendente da quella di partenza. I nuovi
territori non sono sotto il controllo politico della polis di prima. La prima colonizzazione greca è
quella dell’asia minore e risale all’età oscura. Non sappiamo quasi nulla di preciso (motivi, anni
precisi, quali zone). I greci avevano ricordi tramandati oralmente di questa colonizzazione. È
avvenuta troppo indietro nel tempo.
COLONIZZAZIONE DEL VIII-VI sec a.C. - Provocata dalle tensioni sociali all’interno delle
nascenti poleis in seguito a un aumento della popolazione nell’ VIII sec. Ce lo dice anche Platone. I
possedimenti dei genitori devono essere divisi tra tanti figli; dai contrasti c’è una parte che vince e
una che perde. Chi perde deve abbandonare la polis e cercare terra in altri luoghi e quindi nascono
le colonie. - Le aree principali di partenza sono Eubea, Acaia, Corinto, Rodi, Creta… - Le zone di
arrivo sono Italia meridionale (magna Grecia) che non va confusa con la Sicilia, egeo settentrionale,
mar Nero, Libia, Francia meridionale, catalogna. Apoikia = nome delle colonie che significa
‘allontanamento da casa’. I rapporti tra le colonie e la patria non sono buoni, perché i coloni sono
stati cacciati dalla patria e i rancori sono forti. I coloni hanno però gli stessi tratti culturali dei
concittadini che sono rimasti a casa. Vi è quindi un’estensione culturale, e nel corso dei secoli le
colonie riallacciano i rapporti con la madrepatria: con il passare delle generazioni si sopiscono i
rancori e rimangono le somiglianze culturali. Molto spesso le colonie chiederanno l’aiuto della
patria in caso di bisogno. Rapporti conflittuali con gli indigeni (siculi, sicani, lucani ecc.). I corinzi
sbarcano in Sicilia e fondano Siracusa, cacciando poi i siculi. A volte ci sono anche dei rapporti
amichevoli con gli indigeni  re iblone che ha concesso la terra per costruire la colonia (megara
iblea). In Sicilia c’erano i fenici mentre in centro Italia c’erano gli etruschi; quindi, i greci non
riescono a colonizzare tutto. Lasciano il centro Italia agli indigeni e si interessano alle coste (sono
come rane attorno a uno stagno). Subcolonie = colonie fondate da altre colonie.
TIRANNIDE (metà VII- inizio V sec a.C.) Fenomeno che nasce dalla crisi dell’aristocrazia,
lacerata da lotte interne. Il potere è fondato sulla forza, ed è conquistato da un aristocratico con
l’appoggio dei soldati (opliti) e del popolo contro altri aristocratici. È un potere difficile da
trasmettere agli eredi per più di una generazione (i figli non hanno il merito di aver portato pace o di
aver preso il potere, solitamente i figli non vengono accettati al potere. Spesso sono più violenti dei
padri perché devono farsi accettare, rispettare, devono fronteggiare una maggiore opposizione. Ci
sono alleanze matrimoniali tra tiranni per rafforzare il loro potere. Solitamente la popolazione
accetta di sottostare al tiranno perché il tiranno garantisce la pace. Il suo potere ha messo fine a un
periodo di guerra, e quindi è anche benvisto dal popolo. Il tiranno non è un sovrano legittimo,
quindi è diverso da un re. Solitamente i tiranni non modificano l’organizzazione della città. I tiranni
al massimo resistono per 3 generazioni. - Corinto era governata da famiglie aristocratiche che si
sposavano tra di loro. Uno di questi personaggi, cipselo, si oppose a sposare una donna e con la
forza riuscì a cacciare gli oligarchi (tra cui la sua stessa famiglia). Cipselo ha fatto cose buone e non
ha usato la violenza. Ha trasmesso il suo potere al figlio Periandro, che è descritto come sanguinario
ed è riuscito a trasmettere nuovamente il potere al figlio Psammetico (cacciato perché senza
carisma). - Samo: Policrate (537-522 a.C.) - Mittilene: nel 600 a.C. circa vi era tensione
nell’aristocrazia, che ha deciso di eleggere un tiranno a tempo per porre fine agli screzi che c’erano
per evitare un conflitto. Non tutta l’aristocrazia ha accettato questa soluzione e quindi ha
combattuto per stare al potere. La parte aristocratica contro di lui ha perso e quindi è stata cacciata.
SPARTA E ATENE
Conosciamo la storia greca sulla base dei racconti che ci hanno trasmesso gli ateniesi, autori
stranieri vissuti ad Atene o autori non ateniesi vissuti anche dopo (Plutarco). Su sparta tutto quello
che sappiamo è di derivazione ateniese; perciò, i racconti sono per forza di cosa distorti. Nell’età
arcaica esisteva già la scrittura, ma non esistevano ancora gli storici. Gli scrittori che narrano
dell’età arcaica vivono nel IV/V secolo a.C. Tutto quello che si legge sull’età arcaica può essere sia
realtà storica sia deformazione/falsificazione. Alcuni autori per ignoranza o per modificare i fatti
hanno raccontato cose non vere. È un periodo documentato certamente più rispetto all’età oscura,
ma non ancora ai livelli delle età successive. Sia sparta che Atene hanno partecipato poco al
fenomeno della colonizzazione. La figura di Licurgo domina la sparta arcaica = semi-leggendario
primo legislatore della città. Già gli autori antichi erano incerti sul periodo in cui sarebbe vissuto
Licurgo. Senofonte, vissuto nel IV secolo a.C. lo colloca nel 1100 a.C. circa. Erodoto lo colloca
poco dopo il 1000; Plutarco ha scritto le vite parallele di molti personaggi e dice che su Licurgo non
c’era nulla di certo  tutto quello che si sapeva era frutto di elaborazione successiva. Egli riteneva
che Licurgo avesse conosciuto omero e lo colloca nel 870. Tucidide, Aristotele e Eratostene lo
collocano nell’800, mentre Platone e nel 650. Abbiamo dei motivi per credere che sia vissuto
realmente. Licurgo aveva elaborato la costituzione di sparta = insieme di norme che stabilivano
l’organizzazione politica e sociale della città. Si tratta di una costituzione oligarchica ispirata
dall’oracolo di Delfi. La costituzione, detta Rhetra ha stabilito per prima cosa la tripartizione della
popolazione:
- Spartiati = cittadini di pieno diritto. Erano gli unici che costituivano la polis. Gli unici autentici
cittadini spartani.
Vivevano a Sparta anche persone che non facevano parte della polis come:
- Perieci = abitanti liberi della Laconia, ma non cittadini (sono esclusi dalla vita politica). Non
facevano parte della polis, ma dividevano solo il territorio con gli spartiati.
- Iloti = schiavi autoctoni della Laconia. Costituivano una comunità compatta e per questo erano
diversi dagli schiavi provenienti dall’esterno. Gli iloti erano una minaccia perché, potendo
comunicare, potevano formare alleanze e ribellarsi. Non erano liberi e non erano cittadini. Non si
sa bene da dove provenissero, si pensa abitassero la Loconia e poi fossero stati sottomessi dai Dori.
Quando Omero descrive Sparta nell’odissea non c’è traccia degli Spartani, dei Perieci e degli Iloti.
Oligarchia= governo di pochi. Sparta rimarrà sempre oligarchica. È l’unica città ad avere due re. (si
usava spesso il termine basileia).
Il basileio era il sovrano o il re di Sparta.
Sparta aveva due re (diarchia) appartenenti a due case reali diverse; euripontidi e agiadi. Avevano
dei ruoli di comandanti militari; se uno fosse andato in guerra, l’altro sarebbe rimasto a esercitare il
potere. Non erano re assoluti, ma semplicemente pari agli altri cittadini con più prestigio. Vi era un
consiglio degli anziani (28 spartiati con + di 60 anni e i 2 re); prendeva decisioni riguardanti la
comunità e sottoponevano le decisioni all’assemblea dei cittadini (apella = insieme degli spartiati).
L’apella poteva solo accettare o negare una decisione. Non poteva modificare i provvedimenti o
discuterli. Magistratura degli efori che erano 5 e dovevano sorvegliare sul rispetto della
costituzione. Nessun spartiata doveva elevarsi sugli altri o ispirare alla tirannide. Sparta non ha mai
conosciuto la tirannide.
Nella Rhetra erano previste norme rigide che regolavano la vita degli spartiati dalla culla alla morte.
La collettività era molto forte e l’individuo era costretto dentro rigide norme. Per gli ateniesi che
raccontano queste norme, sparta era misteriosa e ce ne lasciano descrizioni pittoresche. Sparta era
una città molto chiusa che non accetta la figura dello straniero. Non vi erano stranieri residenti a
sparta. Questo ha favorito l’elaborazione di racconti molto coloriti sugli spartani.
Educazione spartana:
- Esposizione dei neonati fisicamente più delicati. Venivano abbandonati - Plutarco racconta che i
bambini venissero lavati dalle madri nel vino perché crescessero più forti. Se un neonato fosse
apparito debole sarebbe stato abbandonato perché Sparta non voleva farsi carico di cittadini fragili.
- Educazione militare a partire dai 7 anni (unica forma di educazione). I bambini venivano prelevati
dalle famiglie. Non si dedicavano alle altre attività, che venivano lasciate agli iloti solitamente
(agricoltura, artigianato, allevamento ecc.).
- Gli spartiati dovevano mangiare tutti assieme, con pasti in comune (sissizi).
- guerra rituale agli Iloti. Tra i compiti degli spartiati c’era, durante il servizio militare, quello di
fare una guerra rituale agli iloti. Ogni spartiata doveva uccidere almeno una volta nella vita un ilota.
Questo serviva per mantenere il timore negli iloti, ma anche per far coalizzare gli iloti e farli
ribellare.
Sparta aveva un’oligarchia perché gli spartiati erano pochi, dopo oligantropia (carenza di uomini).
All’epoca di Licurgo erano circa 9000; nel 480 erano 5000 e nel 371 erano 1000. Questa scesa degli
spartiati ha avuto incidenza sulla rilevanza della città e sulla sua possibilità di scendere in guerra
con un vasto esercito. Sparta è rimasta un’oligarchia ma con un numero di cittadini di molto minore.
- A sparta i soldati lo erano di professione; nelle altre città, come ad Atene, i cittadini avevano altre
professioni e diventavano soldati in tempo di guerra. Sparta aveva una società militaristica.
Nell’età arcaica sparta ha combattuto contro gli iloti ma anche contro altre polis per i territori:
 Guerre messeniche: sparta ha combattuto per sottomettere la Messenia (zona confinante con
la Laconia, che è la regione tipica di sparta). La guerra messenica (VIII sec a.C.); II guerra
messenica (VII sec a.C.); dopo queste due guerre la Messenia fu conquistata. Sparta era la
polis con il più ampio territorio sotto il suo controllo. Anche Atene aveva un vasto territorio,
il più grande dopo sparta.
 Guerre contro la città di Argo (sempre la più importante rivale di Sparta nel Peloponneso),
che dominava la regione Pargolide. Fu l’unica città che riuscì a tenere abbastanza testa a
sparta. Guerra tra il VII e il V sec a.C. Gli uomini d queste due zone conquistate
diventavano iloti. Nelle altre zone invece mantenevano le loro posizioni, vivendo però in
zone sottomesse a sparta. Erano gli spartani a pensare che Licurgo fosse l’artefice della
costituzione. La costituzione spartana deve essersi però creata nei secoli. Abbiamo notizie di
una sparta più aperta. Da scrittori e poeti spartani. Probabilmente era una polis normale, poi
combattendo queste guerre ha dovuto assumere un carattere ostile verso l’esterno e
refrattario rispetto alle manifestazioni culturali.
 Formazione della Lega Peloponnesiaca (metà del VI secolo a.C.).
Atene
Nel VII secolo a.C. vi era un’aristocrazia terriera (eupatridi) e il popolo, formato soprattutto da
contadini. Essi sono descritti con due nomi: hektemoroi e pelatai. Si trattava di contadini liberi, ma
alle dipendenze degli eupatridi. Dovevano coltivare i loro terreni ma anche alcuni per conto degli
aristocratici. Hektemoroi (sesta parte) = dovevano 1/6 del raccolto agli aristocratici; Pelatai =
significa vicino, fanno parte della cittadinanza ma subordinati agli aristocratici. I contadini avevano
un debito nei confronti dell’aristocrazia, se non riuscivano a versare quanto dovuto pagavano col
corpo, diventando schiavi degli aristocratici.
Attica = regione di Atene.
In questo periodo abbiamo le prime leggi scritte (prima erano tramandate oralmente) attribuite a
Draconte (624 a.C.) = erano leggi severissime e si diceva che Draconte le avesse scritte col sangue,
da qui l’aggettivo Draconiano ovvero molto severe.
Gli arconti erano supremi magistrati ateniesi. Gli anni venivano contati sulla base dell’arconte. Ogni
città aveva il modo per numerare gli anni, il proprio dialetto, la sua moneta ecc. erano refrattarie
all’omologazione. A sparta invece gli anni venivano calcolati in base all’eforo. - Arconte eponimo
= dava il nome all’anno, nelle adozioni era colui che verificava - Arconte re = si occupava di
questioni religiose - Arconte polemarco = comandava l’esercito, comanda in guerra. Con il tempo il
polemarco iniziò ad occuparsi degli stranieri (nemico= straniero) - 6 tesmoteti = aggiuntisi
successivamente con funzioni giudiziarie.
La tirannide era un fenomeno tipico dell’età arcaica ed è stata conosciuta da Atene anche se un po'
dopo rispetto alle altre città. All’inizio del VI secolo hanno deciso di eleggere Solone per fare da
mediatore tra aristocratici e popolo. Doveva smussare le varie tensioni e scongiurare un conflitto.
Le riforme di Solone risalgono al 594/593 a.C. Solone era anche un poeta. Ci ha lasciato delle
poesie in cui racconta i provvedimenti che ha preso. Altri provvedimenti sono attribuiti da storici
successivi o da Plutarco. I provvedimenti più tardi possono appartenere davvero a solone o essere
frutto di altri (poi attribuiti dai greci successivi a solone). Solone abolisce la schiavitù per debiti
(quello che accadeva ai contadini) e di conseguenza ha demolito anche i debiti, non si poteva
estinguere il debito col proprio corpo (seisachtheia, liberati dai pesi).
Questo ha gettato le basi per la democrazia che nasce un secolo dopo solone. Egli ha aperto la via
agli schiavi importati dall’estero (non vi erano più gli autoctoni). Atene non conobbe ribellioni di
schiavi  difficoltà di comunicazione. Solone ha abolito i debiti (scuotimento dei pesi = ceppi di
pietra con cui gli aristocratici indicavano che la terra non era più dei proprietari, ma loro)  ha
restituito le terre confiscate al popolo, dopo che erano state prese dall’aristocrazia. Libera le terre.
Questi sono i provvedimenti che sicuro furono attuati da solone. Non sono così attendibili:
- Istituzione delle classi censitarie = divisione della popolazione sulla base della ricchezza:
pentacosiomedimmi (produzione di più di 500 medimni di grano); cavalieri (più di 300 medimni di
grano  sfamare un cavallo); zeugiti (più di 200 medimni di grano  due buoi); teti (nullatenenti).
Si pagavano i contributi sulla base del reddito e poi la divisione serviva per regolare la vita politica
= solo le prime due classi potevano diventare arconte e quindi accedere alle massime cariche.
Questo serviva a mantenere intatta l’oligarchia.
- Istituzione della boulè dei 400 = un consiglio con 100 consiglieri per ognuna delle 4 tribù in cui si
dividevano gli ateniesi. Tutte le poleis greche erano divise in tribù. Ad Atene erano divise in gruppi
di famiglie imparentate tra di loro. La boule era un organo politico. Le tribù erano ripartizioni
ufficiali della polis. Gli ioni erano abituati a suddividere la popolazione in quattro tribù, i dori in tre.
- Istituzione del tribunale popolare (eliea) = il popolo sedeva a giudicare i casi. Gli arconti si
occupavano di raccogliere denunce, si verificare gli estremi per fare un processo, indagavano ecc.
(furti, violenza)
- Riforme legislative = Solone avrebbe modificato tutte le leggi Draconte rendendole più flessibili
(tranne quelle sull’omicidio). In età classica gli ateniesi attribuivano quasi tutte le loro leggi a
Solone. L’anno attico iniziava col solstizio d’estate e andava avanti fino al solstizio estivo
successivo  nostro anno solare. Ecco il perché delle doppie date.
Nonostante ciò, le tensioni continuarono a persistere… ed è quindi che Atene conosce la tirannide.
Solo a metà del VI secolo arriva il tiranno Pisistrato che prende il potere, ma lo fa a più fasi perché
non gli riesce subito semplice. Le riforme di solone non hanno raggiunto lo scopo di mantenere la
pace internamente. Ad Atene la tirannide si afferma con difficoltà perché è una città che si ribella.
Nelle altre città i tiranni hanno preso il potere con più facilità, mentre Atene resiste. Pisitrato era un
aristocratico e comandante militare che prevale sugli altri grazie all’aiuto dei soldati e del popolo.
Aveva acquisito prestigio e stima conquistando l’isola di salamina di fronte all’attica, allora contesa
tra Atene e Megara. A metà del VI secolo esistevano 3 gruppi di potere informali ad Atene (non
normati dalla costituzione). Sono legati alla localizzazione geografica, ripartizioni di fatto, non
ufficiali:
1. Pediaci: abitanti della pianura capeggiati dall’aristocratico Licurgo (omonimo del legislatore
spartano). I pediaci erano aristocratici latifondisti che fondavano il loro potere sulla proprietà
terriera estesa.
2. Parali: abitanti della costa capeggiati da Megacle (capo della famiglia aristocratica degli
alcmeonidi).
3. Diacri: abitanti della montagna capeggiati da Pisistrato. In montagna non c’era una grande
proprietà terriera, ma boscaioli, tagliapietre ecc.
Pisistrato prevale sugli altri e dopo tre tentativi si è fatto tiranno: Erodoto ci racconta un secolo
dopo che un giorno Pisistrato si è presentato all’assemblea pieno di ferite autoinflitte, facendo finta
che gliele avessero fatte i suoi nemici fino quasi a ucciderlo. Chiese ai cittadini che gli dessero una
scorta armata per proteggerlo. I cittadini gli concessero 300 guardie armate, che pisistrato usò per
occupare l’acropoli di Atene e prendere il potere, perché era l’unico ad avere così tante persone al
suo servizio. Durò poco perché gli aristocratici si coalizzarono e in poco tempo lo cacciarono da
Atene. Dopo pochi anni pisistrato stringe un’alleanza con megacle per tornare al potere. Insieme
riuscirono a cacciare i loro nemici e presero il potere. L’accordo era che pisistrato dovesse andare al
potere come tiranno con l’appoggio di megacle. L’accordo si ruppe dopo poco tempo e megacle
cacciò pisistrato. Pisistrato viene mandato in esilio e riesce a stringere alleanze con altri tiranni
greci. Ottiene l’appoggio di personaggi che in seguito, grazie al suo aiuto, sarebbero diventati a loro
volta tiranni (policrato di Samo, principi della Tessaglia, gorgilo di argo). Crea un’alleanza militare
con cui nel 546 a.C. sbarca in attica, sconfigge l’esercito ateniese, caccia in esilio gli aristocratici
suoi nemici e si instaura come tiranno fino al 528 a.C.
I tiranni, soprattutto quelli di prima generazione non sono ricordati come comandanti crudeli, come
vorrebbe il cliche del tiranno. Sono ricordati come buoni governanti che solitamente prendono il
potere ponendo fine a una guerra civile. Parte della comunità, in particolare il popolo, era
riconoscente verso il tiranno per aver portato la pace. Anche parte dell’aristocrazia si schierava con
il tiranno vincitore. Solo gli aristocratici irriducibili venivano cacciati in esilio. È ricordato come un
buon comandante e non ha alterato la vita politica di Atene, che ha continuato ad eleggere gli
arconti. Semplicemente pisistrato, grazie alle guardie armate di cui disponeva poteva imporre il suo
volere, e far eleggere come arconte persone di fiducia. È ricordato anche per aver promosso
l’agricoltura che crea un fondo per sovvenzionare i contadini, per dissodare i terreni. Egli crea la
figura dei giudici itineranti, che andavano in giro per le campagne a giudicare le diatribe tra i
contadini. In questo modo i contadini non dovevano spostarsi fino al centro urbano. Questo aveva lo
scopo di tenere lontano la popolazione dal centro urbano/di potere in modo tale che fosse più
difficile per la gente comunicare, organizzarsi per eventuali ribellioni e cospirazioni. Tenendoli
lontani dal centro di potere rafforzava la propria posizione. Pisistrato è rimasto al governo per 18
anni e ha trasmesso il potere ai suoi figli Ippia e Ipparco (528-510 a.C.).
La tirannide greca difficilmente riusciva a superare la II generazione. Vi è un inasprimento della
tirannide nel passaggio alla seconda generazione. Non si ereditava con il potere anche il carisma, il
prestigio e l’appoggio della comunità. Il tiranno solitamente arrivava al potere per meriti suoi e gli
si riconosceva per questo il diritto di governare. L’alternativa al tiranno era la ripresa della guerra
civile. Ma quando subentrano i figli, essi non hanno i meriti del padre. Governavano solo per
parentela, il loro carisma era anche minore. La loro legittimità messa in discussione, e questo faceva
aumentare le congiure per rovesciarli dal potere. Aumentava quindi per loro l’esigenza di reprimere
le congiure anche con il sangue. Questo inaspriva la tirannide, che nelle seconde generazioni
diventava più violenta.
Ippia e ipparco nel corso degli anni devono affrontare un’opposizione crescente al loro governo,
finché 2 cittadini ateniesi, Armodio e Aristogitone nel 514 a.C. (data certa, perché Erodoto che ce lo
racconta è nato 30 anni dopo quel fatto, la distanza temporale è breve), tentano di uccidere i due
tiranni. Muore solo Ipparco. I due vengono messi a morte e Ippia da quel momento governa
guardandosi continuamente le spalle
Questo fatto rappresenta un po' una svolta.
Il governo diventa dispotico e iniziano anche i tentativi dall’esterno di rovesciarlo. Gli alcmeonidi
(famiglia di megacle) tentano di rientrare con la forza in attica ma vengono sconfitti nella battaglia
di lipsidrio (513 a.C.).
A quel punto si cerca di chiedere l’aiuto di Sparta attraverso l’oracolo di Delfi, che era molto legato
alla città. Sparta spesso seguiva le indicazioni dell’oracolo. Il tempio di Delfi era stato bruciato in
un incendio accidentale alcuni anni prima e gli alcmeonidi finanziarono la sua ricostruzione. Per
riconoscenza chiesero all’oracolo di convincere gli spartani a tornare ad Atene per rovesciare la
tirannide.
Gli spartani intervennero nel 510 a.C. con il re Cleomene I, Ippia fugge in esilio. Ippia tenterà in
seguito di tornare senza successo. La tirannide della famiglia di pisistrato termina non riuscendo a
passare alla terza generazione. Nasce quindi la democrazia ateniese secondo una procedura
difficoltosa.
Erodoto e Tucidide due storici dell’età classica, hanno cercato di minimizzare il contributo della
popolazione. Ma in realtà quello dei due cittadini è un
motivo strettamente passionale. Ipparco occhi si ammodio.
Ma volevano uccidere entrambi, ma riuscirono solo ad
uccidere Ipparco.

La nascita della democrazia ateniese


Isagora, aristocratico ateniese filo spartano, vuole tornare
all’oligarchia con l’appoggio di sparta. L’oligarchia era la
forma di governo che c’era prima della tirannide.
Gli si oppone Clistene, figlio di Megacle. Clistene contende
il potere con Isagora secondo le dinamiche tipiche delle lotte tra aristocratici dell’età arcaica: gli
aristocratici si riunivano in eterie (consorterie di aristocratici, ovvero alleanze tra persone che
portavano avanti interessi comuni). Clistene, non potendo competere con Isagora che ha l’appoggio
degli spartani, compie un gesto rivoluzionario: si rivolge al popolo e lo fa entrare nella sua eteria.
Clistene apre le eterie al popolo e chiede il suo appoggio. Riesce così a far cacciare Isagora e a
costringere gli spartani a rinunciare a sostenerlo di fronte alla sommossa popolare.
Il popolo per la prima volta partecipa attivamente alla lotta politica. In realtà pare che prima
Clistene abbia iniziato le sue riforme democratiche e che Isagora gli si sia opposto con l’appoggio
degli spartani. Solo a quel punto Clistene avrebbe chiesto la ribellione del popolo. Il popolo ha
seguito Clistene perché per la prima volta gli ha dato importanza, a differenza di Isagora che
avrebbe rimesso l’oligarchia. Le due parti della storia vanno viste come intersecate. Clistene dà
inizio alle sue riforme nel 508/7 a.C.:
- Abolizione delle 4 tribù gentilizie (si apparteneva alla tribù per parentela) e istituzione di 10 tribù
territoriali e 30 trittie (3 per ogni tribù). Questa volta si appartiene alla tribù in base al luogo in cui
si risiede. L’obiettivo era spezzare i legami di parentela soprattutto delle famiglie aristocratiche che
avevano dominato la politica ateniese in età arcaica. Vuole creare una società in cui non importa
l’appartenenza familiare. Le trittie sono sotto parti delle tribù.
Trittia = terza parte in greco.
Le riforme di Clistene sono complesse perché astratte; non hanno un legame con la tradizione
precedente. Sistema delle trittie attiche: 10 della città (centro urbano di Atene che corrisponde
grossomodo alla pianura), 10 della costa, 10 dell’entroterra (zona montuosa). Ogni tribù era
costituita da una trittia della città, una della costa e una dell’entroterra. Per lo più le tribù non erano
costituite da trittie contigue.
Arancione= costa
Verde= città
Viola= entroterra
La 2 confina, le altre devono mettersi d’accordo.
La democrazia si basava sui numeri.
Le tre zone diverse andavano a partecipare alla vita politica insieme, eleggevano arconti,
mandavano i loro rappresentanti ecc. Appartenere alla tribù era fondamentale per far parte della vita
politica ateniese. La vita politica si allarga a tutta la popolazione e con Clistene si dà così il via alla
democrazia, tutti gli abitanti liberi dell’attica diventano cittadini (tranne gli schiavi). La seconda
trittia era l’unica con continuità territoriale.
Clistene voleva che le trittie esprimessero liberamente il loro parere in assemblea senza essere
influenzate dalla presenza delle famiglie aristocratici precedenti, volontà di cambiare. Le trittie
venivano attribuite alle tribù per sorteggio, prassi che gli ateniesi ritenevano estremamente
democratica. Faceva sì che chiunque potesse essere eletto alle cariche senza prediligere chi era più
famoso o ricco.
- Conferimento di un ruolo politico ai demi
dell’attica. I demi sono i piccoli villaggi di
Campagna, fuori da Atene in cui vivevano cittadini
ateniesi, che assumono un ruolo politico
importante. Per essere cittadini ateniesi e
partecipare alla vita politica bisognava essere
iscritti a un demo. Il demo faceva parte della trittia,
che faceva parte della tribù. Se sei iscritto ad un
demo sei automaticamente iscritto ad una tribù
- Istituzione della boulè dei 500.
Clistene cambia la vecchia boule dei 400 con la
boule dei 500. La boule dei 400 veniva eletta dalle 4 tribù gentilizie. Quando queste scompaiono le
nuove tribù eleggono in maniera diversa i propri rappresentanti, 50 consiglieri per ogni tribù. La
boule dei 500 aveva un ruolo di direzione nella politica ateniese: si occupava di ricevere gli
ambasciatori e si dedicava quindi alle relazioni diplomatiche con l’estero. Aveva compiti giudiziari
e predisponeva l’ordine del giorno dell’ekklesia (assemblea dei cittadini). Nel momento in cui tutti
diventano cittadini, tutti potevano partecipare all’assemblea. In età classica si stima che i cittadini
dell’assemblea potessero toccare il numero di 30 000, i quali però non potevano riunirsi tutti
assieme (non c’era un posto così grande per contenerli tutti e poi i cittadini avevano anche altre
occupazioni). La boule era un filtro: stabiliva gli argomenti davvero importanti da discutere
nell’assemblea. Si discuteva solo delle questioni presenti nell’ordine del giorno.
- Ammissione del popolo nell’assemblea dei cittadini (ekklesia). Si stima che ogni assemblea avesse
contemporaneamente circa 6000 partecipanti (se avessero parlato tutti non sarebbe più finita
l’assemblea e si sarebbero toccati argomenti vari, ma alcuni inutili). A sparta l’apella (assemblea)
non aveva questa facoltà, poteva solo accogliere o respingere le proposte del consiglio degli anziani.
Non poteva discuterle o modificarle. L’ekklesia invece poteva farlo; poteva approvare un decreto
che predisponesse nella sostanza ciò che aveva detto la boule ma poi modificarne i dettagli. La
discussione era libera ma limitata all’ordine del giorno. C’era una forte interazione tra boule ed
ekklesia. Persone si riunivano per prendere decisioni riguardo tutta la comunità.
- Istituzione dell’ostracismo = istituto che serviva a tutelare la democrazia ed evitare il ritorno della
tirannide. Il primo impiego risale al 488/7 a.C. (20 anni dopo la sua nascita), ma nel corso del tempo
diviene uno strumento di lotta politica e per questo poi sarà abbandonato dagli ateniesi.
L’ostracismo prevedeva che venisse chiesto ogni anno ai cittadini riuniti in assemblea se, secondo
loro, ci fosse un cittadino-minaccia per la democrazia, che ambiva a prendere il potere. Se la
risposta fosse stata no, non sarebbe successo niente. Se la risposta fosse stata sì, sarebbe stato
chiesto in un secondo momento all’assemblea di indicare il nome di questa persona.
Venivano distribuiti dei cocci di vasi rotti, destinati a essere buttati, su cui scrivere (perché il
materiale scrittorio era molto caro). Se la votazione raggiungeva i 6000 votanti (quorum), la
votazione era valida e il cittadino che aveva ricevuto più voti veniva esiliato. Era un po' esilio
controllato e tutelato: la persona veniva allontanata (ostracizzata) dalla patria per dieci anni (poi
poteva tornare ed essere un cittadino come prima) e i suoi beni non venivano confiscati, dopo 10
anni poteva tornare perché non aveva più i legami politici. Non era infatti un vero e proprio esilio
(l’esilio è più violento).
Nel caso di Pisistrato invece l’esilio era stato a vita (è tornato solo con la forza) e tutti i suoi beni
erano stati confiscati. Come mai la prima applicazione dell’ostracismo avviene più tardi = quando
Clistene lo ha creato, l’unica persona a cui poteva
applicarsi era Ippia, che era stato cacciato ed era
ancora vivo. Non c’era bisogno dell’ostracismo.
Quando Ippia muore nel 489, la carica di tiranno è
diventata vacante e chiunque a quel punto poteva
sperare di diventarlo  utilizzo ostracismo per
colpire aristocratici che potevano seguire le orme
di Pisistrato e ippia.

Le guerre persiane
Delle guerre persiani abbiamo il racconto di
Erodoto, abbiamo un racconto preciso e abbastanza attendibile.
Costituiscono l’ultimo evento della guerra arcaica.
Segnano il passaggio dall’età arcaica a quella classica. L’età classica (V-IV sec a.C.) è l’epoca in
cui sono più abbondanti le fonti in nostro possesso. Atene sviluppa un primato culturale: la maggior
parte degli intellettuali dell’epoca nasce/vive ad Atene. Chi non è ateniese si trasferisce lì. Atene
produce cultura e storia; gli autori scrivono i fatti del loro periodo o dell’epoca immediatamente
precedente. Siamo ben informati sull’età classica, possiamo scendere più nel dettaglio. Guerre
persiane = conflitto che vide opporsi, all’inizio del V secolo a.C. i greci e i persiani. L’impero
persiano si era costruito nel corso del VI secolo a.C. e nel corso di quel secolo era entrato in
contatto con i greci sulla costa egea dell’asia minore (area dell’odierna Turchia). I greci erano
presenti in asia minore in particolare in 3 zone:
- Eolia (lesbo, Smirne, Cuma)
- Ionia (Efeso, Mileto, Samo, chio)
- Doride (Alicarnasso, cnido, coo, rodi)
Inizialmente greci e persiani erano abbastanza pacifici poi la situazione cambiò.
Questo è l’imperio persiano (molto esteso).
L’asia minore era abitata da regni indigeni, in particolare quello di Lidia. Dall’età arcaica inizia ad
avere contatti con i greci, in particolare gli Ioni (i contatti erano sia positivi che negativi). Poi a
metà del VI secolo a.C. viene sottomessa dei persiani. I greci chiamavano il sovrano persiano ‘gran
re’

perché era il re che dominava sul più grande territorio allora esistente. La conquista persiana
dell’asia minore occidentale avviene per mano del gran re Ciro il grande, che nel 546 a.C.
sottomette il regno di Lidia e quindi entra in contatto con i greci. Questo è anche l’anno in cui
Pisistrato diventa tiranno per la terza volta ad Atene. L’impero persiano era enorme se rapportato
alla grandezza delle poleis greche. L’impero aveva il proprio centro nella regione della persia e
nella capitale Persepoli. Le conquiste di Ciro il grande: 1. Media nel 550 a.C. 2. Lidia nel 546 a.C.
3. Babilonia nel 538 a.C. 4. Siria e Fenicia Conquiste di Cambise, figlio di Ciro: 1. Egitto nel 525
a.C.
Conquiste di Dario I (detto il Gran re), ha completato la costruzione dell’impero, conquistando tutte
le province orientali fino all’india (odierno Pakistan). 1. Oriente nel 518 a.C. 2. Tracia nel 513 a.C.;
prima e unica satrapia in Europa.
L’impero persiano si è costituito nella seconda metà del sesto secolo e solo alla fine del secolo i
greci vi entrano in conflitto. Le satrapie erano le provincie persiane governate da un satrapo; la
Lidia diventa una satrapia. È un impero in piena espansione quando entra in contatto con i greci,
che si sentivano minacciati. I greci sono stati i primi a fermare la loro espansione. Nel V secolo, il
primo storico greco a lasciarci un racconto ampio su questi eventi è Erodoto. Egli non era ateniese,
ma originario di Alicarnasso (in asia minore). È uno storico che ha dovuto abbandonare la sua patria
di giovane per conflitti politici ed è andato a stabilirsi ad Atene. Pur non essendo ateniese, ci
racconta la storia degli ateniesi. Ha viaggiato moltissimo tra Italia, fenicia ed Egitto. Nelle sue storie
racconta la guerra tra greci e persiani, che per lui era un evento appartenente alla sua infanzia: era
nato durante questa guerra. Non l’ha vissuta di persona, ma ne ha scritto pochi decenni dopo,
quando erano ancora vivi i protagonisti. Il ricordo non era così lontano da favorire alterazioni e
abbellimenti della realtà storica che erano tipici della ricostruzione dei moderni rispetto all’età
arcaica. Erodoto parla anche dell’età arcaica, ma appartenendo al secolo precedente era più lontana
nel tempo. L’elemento scatenante delle guerre persiane è la rivolta degli ioni, ovvero gli abitanti
della fascia centrale dell’asia minore occidentale.
Gli ioni nei primi tempi avevano accettato la dominazione persiana e quindi tra i due popoli vi
erano buoni rapporti. La dominazione persiana all’inizio non era così pesante come divenne sotto il
regno di Dario I. Dario I sale al trono circa 25 anni dopo la conquista della Lidia. Egli è il sovrano
che organizza il sistema tributario dell’impero persiano; quindi, stabilisce dei precisi tributi che tutte
le provincie persiane devono versare a governo centrale. Anche le città greche dell’asia minore,
quindi, iniziano a essere sottoposte a una pressione fiscale a cui non erano abituate. Cominciano a
maturare un sentimento di insofferenza nei confronti della dominazione persiana, che all’inizio
sembrava solamente formale (le città greche) dovevano solo riconoscere la supremazia del re di
persia, potendo continuare a governarsi autonomamente). Dario I istituisce invece questo sistema di
tributi che impone alle città di versare annualmente una certa somma di denaro all’impero. Nel 499
a.C. gli ioni si ribellano alla dominazione persiana. Il fomentatore della rivolta è stato Aristagora, il
tiranno di Mileto. Policrate, tiranno di Samo, era riuscito a sottrarsi alla dominazione persiana
grazie alla sua potente flotta e al fatto che Samo era un’isola. Tuttavia Policrate viene assassinato
dai persiani, e i tiranni successivi erano diventati garanti della sottomissione di Samo e di tutte le
altre città greche nell’asia minore rispetto all’impero persiano. Era più facile per i persiani garantirsi
la fedeltà di singoli uomini (tiranni) piuttosto che di tutta la popolazione delle singole poleis. Il
tiranno, sostenuto dall’impero persiano, faceva sì che le città stessero in condizione di sottomissione
rispetto all’impero. Aristagora si ribella: nel 500 a.C. guida una spedizione militare con l’appoggio
persiano contro l’isola di Nasso nell’egeo. La spedizione fallisce e Aristagora ottiene per questo di
essere punito (ha condotto i persiani in una spedizione fallimentare). Egli decide di prevenire una
possibile punizione ribellandosi e deponendo la carica di tiranno, in quanto simbolo dell’alleanza
con i persiani (garante della sottomissione all’impero persiano delle città greche). Dopo aver
deposto la carica, chiama alla ribellione gli ioni (da tiranno sarebbe stato difficile chiedere
l’appoggio della popolazione d’asia minore). Gli ioni rispondono al suo appello: tutte le città
ioniche insorgono contro i persiani approfittando dell’elemento sorpresa. L’impero persiano era
immenso e poteva radunare grandi eserciti, ma ci voleva tempo per organizzarsi. Mentre i persiani
preparano la reazione, nel 498 a.C. gli ioni incendiano la città di Sardi, capitale della lidia e
capoluogo amministrativo persiano.
Prevedendo la forte reazione persiana, chiedono aiuto alle varie poleis greche. Aristagora va in
missione sia a sparta che ad Atene: a sparta ottiene un rifiuto; il re Cleomene I rifiuta di intervenire
aldilà dell’egeo per soccorrere gli ioni perché non ha interesse, inoltre gli spartani non erano
specializzati nei combattimenti via mare e non si trattava di una città ionica, ma dorica; -Atene
decide invece di rispondere all’appello inviando delle navi, così come fa la piccola città di Eretria
sull’isola Eubea a est di Atene.
Esse accettano perché città ioniche. La battaglia navale decisiva avviene nel 494 a.C. nell’isolotto di
Lade (era antistante Mileto e oggi non esiste più perché è stato interrato dal flusso costante dei
sedimenti). Il gran re Dario I manda un esercito di terra e una flotta. La flotta persiana è composta
prevalentemente da navi fenicie (i territori fenici erano satrapie dell’impero persiano). - La flotta
greca è stata sconfitta e Mileto è stata conquistata e rasa al suolo.
La rivolta ionica finisce con un fallimento, ma nonostante questo ha dato origine alle guerre
persiane, Dario I non poteva tollerare che le città greche portassero aiuti ai greci ribelli suoi sudditi.
Erodoto ci dà un giudizio negativo della rivolta ionica: innanzitutto essendo un dorico aveva una
rivalità pregressa nei confronti degli ioni; in più ci dice che non solo la rivolta è stata fallimentare al
fine di ottenere l’indipendenza, ma è stata deleteria per l’intera Grecia, scintilla che ha fatto
esplodere un conflitto che ha interessato tutta la Grecia per 20 anni. La Grecia è uscita vincitrice ma
scontando un prezzo molto alto. Erodoto dà quindi un giudizio su un evento a lui recente.
La prima guerra persiana (chiamavano le guerre secondo il nome del popolo con cui
combattevano) (492/490 a.C.) è la prosecuzione della repressione persiana della rivolta ionica. È
una guerra contro le due città che avevano aiutato gli ioni. Nel 492 a.C., morto Aristagora, Dario I
avvia una spedizione con esercito e flotta guidata dal generale Mardonio. Questa spedizione si avvia
attraverso l’Ellesponto (zona di stretti), ma fallisce perché la flotta incappa in una tempesta e fa
naufragio. Senza la flotta che portava tutti i rifornimenti dell’esercito, esso si spinge in macedonia e
ne ottiene il vassallaggio. Poi però deve tornare indietro.
Due anni dopo, nel 490 a.C. Dario I non demorde e avvia una seconda spedizione solo navale agli
ordini del generale Dati, che distrugge Eretria e sbarca a Maratona in attica. La popolazione di
Eretria viene deportata in persia. Ciò che impensierisce gli ateniesi è il fatto che tra i persiani ci sia
anche Ippia, che approfitta della spedizione contro Atene nella speranza che i persiani vincessero e
che egli potesse tornare in patria.
Ippia era stato l’ultimo tiranno di Atene, cacciato con l’aiuto degli spartani, che aveva annunciato
20 anni prima il suo ipotetico ritorno nella città. Il progetto persiano era quello di vincere,
sottomettere Atene e mettere ippia al potere per garantire così il dominio persiano in Grecia.
Cercavano quindi di replicare ciò che avevano fatto in asia minore con i tiranni garanti dell’ordine
persiano. Gli ateniesi chiedono aiuto agli altri greci, ma nessuna città risponde all’appello tranne
Platea (città alleata di Atene da 30 anni). Sparta promette aiuto ma arriva tardi, a battaglia
praticamente finita.
Vengono schierati circa 11 mila soldati contro circa 30 mila persiani. Nell’agosto del 490 a.C.
avviene la battaglia nella piana di maratona. È una battaglia che vede prevalere i greci nonostante
l’inferiorità numerica. I greci avevano armamenti più pesanti (corazza, scudo, elmo, gambali ecc.). I
persiani invece avevano un esercito variegato: egiziani, babilonesi e altre popolazioni, ogni
popolazione aveva i propri armamenti e non tutti avevano le corazze. Era un esercito estremamente
disomogeneo che puntava molto sulla superiorità numerica. Il protagonista di questa battaglia è lo
stratego. Stratega = termine generico che indica chi elabora una strategia. C’è lo stratega di una
guerra ma anche quello di una campagna elettorale o pubblicitaria. Lo stratego era il nome ufficiale
del magistrato che ad Atene guidava l’esercito. Il comandante dell’esercito era l’arconte polemarco;
la battaglia di maratona è l’ultima occasione in cui l’arconte polemarco è presente sul campo di
battaglia. Dopo le riforme di Clistene nascono 10 comandanti per le 10 tribù. Ogni tribù arruolava
un reggimento per combattere e a capo di ciascun reggimento vi era uno stratego. Milziade è il
protagonista di questa battaglia, ed era lo stratego di una delle tribù ateniesi. L’arconte polemarco
era Callimaco, ma non giocava un ruolo fondamentale. Gli ateniesi per giorni fronteggiano i
persiani a maratona, indecisi se attaccare o aspettare. Alla fine Milziade prende l’iniziativa e
convince gli ateniesi che conviene attaccare. È lui che guida l’attacco e costringe i persiani a
ritirarsi sulle navi e abbandonare l’attica. Milziade acquisisce un prestigio enorme: da quel
momento il polemarco continua a esistere come figura, ma svolgerà solo più incarichi giudiziari e
sedentari ad Atene, riguardanti soprattutto gli stranieri. La guerra verrà affidata sempre agli
strateghi. I persiani decidono di cercare di attaccare Atene a sorpresa contando sul fatto che l’intero
esercito ateniese si trovasse a maratona. Circumnavigano con le navi l’attica e cercano di arrivare in
città prima dell’esercito. Maratona dista 42 km da Atene, ci sarebbero voluti 2 giorni all’esercito per
tornare. Milziade invia un messo per avvertire Atene che i persiani stanno arrivando dal mare.
Il messo Filippide corre da maratona ad Atene per avvertire l’esercito dell’imminente attacco. La
corsa rimane celebre, tant’è che ancora oggi alle olimpiadi si corre la maratona di 42 km. Quando la
flotta persiana arriva, trova la città in allerta e rinuncia all’attacco. Il bilancio della prima guerra
persiana è la distruzione di Eretria, ma il fallimento della spedizione contro Atene.
La prima guerra finisce con una vittoria a metà. I persiani volevano una rivincita perché Atene non
era ancora stata punita per aver aiutato gli ioni e aveva inflitto anche una sconfitta umiliante ai
persiani.
Tra la prima e la seconda guerra persiana (490-480 a.C.) …
Prima della seconda guerra passano dieci anni in cui:
1. Viene esercitato per la prima volta l’ostracismo ad Atene (488 a.C.). La vittima è Ipparco
figlio di Carmo, che era parente con i tiranni pisistratici. Viene usato l’ostracismo perché Ippia al
tempo della prima guerra persiana era già molto anziano e probabilmente è morto poco dopo. Morto
ippia, gli ateniesi iniziano a usare l’arma dell’ostracismo contro i parenti dei tiranni che avrebbero
potuto cercare di seguire le loro orme. La parola ostracismo derivava dal greco Ostrakon (coccio,
che veniva usato come materiale scrittorio durante le votazioni).
2. I persiani tardano a tornare perché Dario I muore nel 485 a.C. e ribellione dell’Egitto
contro il nuovo Gran Re Serse, prima di riuscire a organizzare la seconda spedizione. Il suo
successore, il figlio Serse, non può immediatamente attaccare per vendicare la sconfitta del padre
perché si ribella l’Egitto. Nell’impero persiano capitava spesso che in seguito alla morte del sovrano
nascessero delle ribellioni (erano i momenti migliori per le rivolte, il passaggio di potere era un
momento delicato). Il nuovo sovrano poteva essere o non abbastanza abile o non abbastanza forte
per stare al trono. L’Egitto, sottomesso 40 anni prima, era una delle province più rivoltose.
3. creazione della flotta Ateniese su iniziativa di Temistocle (483/2 a.C.). Temistocle ha convinto
gli Ateniesi a non spartirsi l’argento trovato, ma a costruire una flotta diventando così una potenza
navale.
4.Ostracismo di Aristide, rivale di Temistocle (483/2 a.C.). Ad Atene nel 483/2 a.C. furono
scoperte delle miniere di argento. Improvvisamente Atene dispone di molte risorse. La prima idea
che venne agli ateniesi fu quella di distribuire questo argento alla popolazione. Temistocle propone
di usare l’argento per costruire una flotta da guerra per tutta la polis. Voleva creare una flotta
composta da centinaia di navi, a fronte di una flotta iniziale modesta comprendente una/qualche
decina di navi. Riesce a far prevalere la sua proposta in assemblea; Atene alla vigilia della seconda
guerra persiana si dota di una grande flotta da guerra.
Temistocle, per far passare questa sua proposta, ostracizza il suo rivale Aristide nel 483/2 a.C., qui
l’ostracismo è usato da un capo aristocratico come strumento di lotta politica per disfarsi di un
rivale. Serve per mobilitare il popolo (il potere è suo), ma sono ancora gli aristocratici a esercitare
un ruolo fondamentale. Aristide non mirava a farsi tiranno, anzi le fonti lo ricordano come ‘Aristide
il giusto’, una persona incorruttibile. Plutarco ha anche dedicato una sua vita ad Aristide.
L’ostracismo di Aristide durò meno di 10 anni perché nel 480 a.C. i persiani invasero la Grecia, che
era nuovamente in pericolo. Il primo provvedimento che fecero gli ateniesi consisteva nel
richiamare tutti i concittadini per combattere il nemico comune, anche quelli ostracizzati (tra cui
Aristide). Dopo l’ostracismo di Aristide inizia la seconda guerra persiana, che ebbe dimensioni
molto maggiori. Serse aveva progetti più ambiziosi del padre Dario. Dario voleva solo punire le
città greche; Serse invece voleva punire la Grecia per aver sconfitto il padre e sottometterla per
renderla una satrapia o lasciarla autonoma sotto il governo di un tiranno (vassallaggio come in
macedonia, obbedienza all’impero persiano e fornire aiuto in caso di necessità).
La spedizione di Dario era solo per mare (30 000 soldati), mentre la spedizione di Serse è via terra e
via mare. Erodoto parla di milioni di soldati provenienti da tutto l’impero, oggi si pensa a 100 000
uomini. Era un numero spropositato per i greci, che ragionavano per singole polis. L’esercito
persiano era qualcosa di mai visto. Vi erano circa 1500 navi e anche gli ioni (greci dell’asia minore
che partecipavano alla guerra contro altri greci nelle fila dei persiani).
Serse colpì molto i greci creando due ponti di barche sullo stretto dell’Ellesponto per fare passare i
soldati (punto in cui asia ed Europa erano più vicine). Il ponte di barche era il modo più semplice e
veloce per passare; costruire un ponte vero e proprio avrebbe richiesto degli anni. Ha affiancato
centinaia di barche e poi ha messo una pedana in modo che l’esercito potesse passare. Serse arriva
così in Europa. I greci hanno formato una coalizione di polis per fermare la minaccia persiana (era
una questione che riguardava tutta la Grecia). Questo scontro è stato dipinto nel passato come
un’immane battaglia per la libertà tra Grecia e l’oriente. In realtà nell’esercito di Serse vi erano
anche greci. Anche in Grecia ci furono poleis che non si opposero all’invasione persiana, anzi che
parteggiavano per loro; medismo = medizzare = passare dalla parte dei persiani. La media era la
prima zona conquistata dai persiani. I medi non erano molto distinguibili dai persiani (affinità
culturale), tant’è che i greci parlano anche di guerre mediche, contro i medi. Il medismo era un
tradimento per i greci.
Chi ha medizzato: macedonia, greca fino ad un certo punto, territorio vassallo dell’impero persiano;
Tessaglia, si trova vicino alla macedonia ma in una posizione geograficamente indifendibile (grande
pianura). I tessali erano greci che volevano opporsi ai persiani, ma la coalizione guidata da sparta
aveva ritenuto che la Tessaglia non fosse difendibile perché caratterizzata da spazi troppo ampi.). I
tessali si sono sentiti abbandonati e hanno deciso di passare dalla parte dei persiani. I greci decisero
di ritirarsi verso sud e di sbarrare la strada ai persiani sul passo delle Termopili (stretto che separa la
Tessaglia dalla Beozia). I tessali secondo Erodoto avrebbero resistito all’avanzata persiana, ma non
da soli. Si aggregano all’esercito persiano. Anche a sud delle Termopili ci furono polis greche che
medizzarono: Tebe tradì. Era una città tra le Termopili e Atene, da sempre ostile ad Atene.
Dato che la spedizione persiana era rivolta in primis contro Atene, Tebe parteggia per i persiani.
Anche argo, che per secoli aveva combattuto contro sparta per l’egemonia sul Peloponneso,
perdendo. Argo medizzò, non dando aiuto ai greci. Mentre Tebe per la sua collocazione geografica
contribuirà attivamente al progetto dell’impero persiano, argo, che si trovava nel Peloponneso (non
toccato dalla spedizione persiana) si limitò a non partecipare alla resistenza contro i persiani.
Agli occhi dei greci queste erano tutte città traditrici. La Grecia si caratterizza per il suo esasperato
particolarismo; ogni città si considera uno stato a parte, si condivideva la lingua, la cultura ma non
l’appartenenza statale. Le rivalità tra città erano più forti che la paura del nemico comune. Alcune
città preferirono accordarsi col nemico piuttosto che con i rivali della porta accanto. I greci erano un
popolo con poca unitarietà. La coalizione greca è guidata da sparta e riunisce un po' tutte le
popolazioni del Peloponneso (tranne argo), Atene e altre popolazioni greche. Dato che la minaccia
era grande, la coalizione chiede anche aiuto alla Sicilia (zona di colonizzazione). In particolare la
richiesta d’aiuto arriva al tiranno di Siracusa Gelone. Mentre in Grecia in questo periodo le tirannidi
sono già terminate, in Sicilia sono in ritardo con l’evoluzione politica. Gelone poco tempo prima era
riuscito a respingere i cartaginesi; quindi, era diventato un personaggio politico importante in
Sicilia. Gelone chiede di poter avere il comando supremo dell’esercito greco, cosa che gli spartani e
gli ateniesi non gli permettono perché gelone non aveva un interesse diretto. Gelone rifiuta di dare
aiuto. L’appartenenza al popolo greco ancora una volta non riesce a superare il particolarismo
politico. Nel secolo successivo la vittoria di gelone contro i cartaginesi e la vittoria dei greci contro
Serse, saranno viste come due grandi vittorie della grecità contro i barbari. Es. gli spartani si
sentivano prima spartani e poi
greci, e così tutti gli altri
abitanti. Serse, a differenza del
padre Dario, partecipa di
persona alla spedizione.
Quest’ultima era portata avanti
un po' per terra e un po' per
mare. La flotta questa volta
riesce a superare il monte Athos
senza fare naufragio e si arriva
al primo scontro delle
Termopili (480 a.C.).
Si trattava di uno stretto
passaggio tra montagna e mare
che era obbligato. Dato che lo spazio era
stretto, un piccolo contingente greco
sarebbe stato in grado di sbarrare il
passo all’esercito persiano. L’esercito
greco, guidato dagli spartani e in
particolare dal re Leonida, tiene testa ai
persiani. Serse riesce con un tranello ad
aggirare il blocco greco: un indigeno
greco tradisce la causa greca per
parteggiare per i persiani (in questo
periodo non esiste il concetto di
nazionalismo in Grecia, quello che
conta prima di tutto è l’appartenenza
alla polis) indicando ai persiani un sentiero di montagna che permette loro di aggirare i greci e
arrivare alle loro spalle. A quel punto Leonida rischia l’accerchiamento: manda indietro l’esercito
greco ordinando la ritirata e rimane solo con la retroguardia, composta da 300 spartani. Per 3 giorni
riesce ancora a sbarrare il passo ai persiani mentre l’esercito greco si ritira verso sud. In questo
modo gli spartani vengono sterminati fino all’ultimo uomo, ma permetto al resto dell’esercito di
salvarsi e riorganizzarsi per il prossimo attacco. La flotta greca era riuscita a fermare quella persiana
a Capo artemisio, ma in seguito alla sconfitta dell’esercito greco alle Termopili è costretta a ritirarsi
verso sud. La flotta appoggiava ed era appoggiata all’esercito greco. Serse avanza in Beozia e a quel
punto Atene era spacciata. I greci non potevano organizzare una nuova linea difensiva. L’unica
possibilità era combattere in attica, tra Tebe e Atene. La battaglia in attica indicava una sconfitta
assicurata poiché su campo aperto l’esercito persiano era troppo numeroso. I greci decidono di
ritirarsi nel Peloponneso, che era separato dall’attica da un istmo. Contano qui di organizzare una
nuova linea difensiva: costruiscono una muraglia da una sponda del mare all’altra per fermare
l’invasione persiana.
Atene viene dunque abbandonata nella speranza di salvare almeno il Peloponneso. Gli ateniesi si
ritirano in parte nel Peloponneso, in parte nell’isola di Egina e in parte sull’isola di salamina.
Contavano che quella parte di mare potesse essere difesa dalla flotta ateniese. I persiani invadono
l’attica e trovando Atene deserta, la radono al suolo. In questo modo Serse si vendica della sconfitta
inflitta al padre. Per i greci la polis non era costituita dalle case e dalle costruzioni, ma dai cittadini.
Agli occhi degli ateniesi, la polis continua a esistere in quanto il popolo non è ancora stato
sottomesso. Hanno ancora la flotta, Erodoto racconta che Temistocle cerca di convincere gli
spartani a difendere Atene sebbene siano già tutti d’accordo per la ritirata nel Peloponneso. Un
comandante corinzio dice a Temistocle che non può permettersi di dire agli altri greci cosa fare dal
momento che Atene è stata distrutta e che non ha quindi più una polis. Temistocle risponde che la
polis di Atene è ancora salda perché ci sono ancora più di 300 navi da guerra ateniesi pronte a
combattere. Temistocle decide di giocare d’astuzia, l’unico modo per sconfiggere i persiani era
costringerli a una battaglia navale nel braccio di mare che separava salamina dall’attica. Lo scontro
sarebbe stato tra 300 navi greche e 1200 navi persiane. In mare aperto non ci sarebbe stato scampo
per i greci, mentre in uno spazio stretto c’era qualche speranza. Temistocle manda un suo servo a
Serse, che gli riporta la notizia secondo cui Temistocle ha deciso di medizzare. È diventato
falsamente un disertore. Come prova della sua fede al re di persia, gli comunica che i greci si stanno
per ritirare e che, se vuole sconfiggere i greci e distruggere la loro flotta deve attaccare subito nel
braccio di mare di salamina. Serse ordina l’attacco, le 300 navi greche, molto più piccole, agili e
veloci di quelle persiane hanno la meglio. Riescono ad affondare molte navi persiane (fenicie) che
erano grandi e avevano difficoltà a muoversi negli spazi stretti. Temistocle è diventato un eroe dopo
questo giorno e sarebbe stato ricordato per la sua astuzia ed estrema intelligenza. Dopo la battaglia
di salamina i persiani avevano la supremazia sulla terra ma avevano perso quella sul mare.
Serse, impaurito che le navi veloci greche potessero arrivare a distruggere i suoi ponti di navi
intrappolandolo in Europa, torna in asia e lascia al comando Mardonio (generale che aveva già
guidato la spedizione persiana nella prima guerra contro i greci naufragio) per completare la
conquista della Grecia. La spedizione continua solo via terra. Mardonio passa l’inverno a Tebe con
quello che resta dell’esercito persiano.
Nel 479 a.C. Mardonio invade di nuovo l’attica, i greci non possono far nulla per evitare
l’invasione e Atene viene distrutta per la seconda volta. Gli ateniesi si ritirano di nuovo sulle isole e
si preparano questa volta per una battaglia terrestre. I greci, nel frattempo, mettono in piedi un
grande esercito che arriva a contare circa 50 mila uomini (il più grande che abbiano mai costituito).
Il divario numerico si era quasi annullato dopo le varie battaglie (i persiani dovevano essere ancora
circa 70/80 mila). L’esercito greco è sempre sotto la guida di Sparta, con Pausania (reggente nipote
di Leonida perché suo figlio era un bambino).
A Platea nel 479 a.C. avviene un grande scontro in cui Mardonio rimane ucciso. L’esercito
persiano rimane senza comando e viene sconfitto, ritirandosi verso nord. Con questa battaglia si
sancisce la fine dell’invasione persiana della Grecia, rivelandosi fallimentare. I greci seguono i
persiani durante la ritirata e li espellono dalla macedonia e dalla tracia. I persiani perdono la loro
unica satrapia europea. Poco dopo Platea la flotta greca guidata dall’altro re di sparta (ce n’erano
due = Leotichida) sconfigge ciò che resta della flotta persiana a Micale, in ionia (asia minore). A
quel punto l’Egeo diventa zona di dominazione greca  la flotta persiana non è più in grado di
esercitare alcun potere.
L’atto che chiude il racconto di Erodoto è la caduta di Sesto = città greca sull’Ellesponto che era
stata conquistata dai persiani. Da questo momento i Persiani non controllarono più nessun territorio
Europeo. Si trattava della zona in cui furono costruiti i ponti di barche. Sesto nel 478 a.C. viene
occupata dagli ateniesi con Santippo (padre di Pericle). Santippo caccia l’ultima guarnigione
persiana in Europa e finiscono così le guerre persiane. Serse ha vendicato il padre radendo al suolo
Atene, ma non è riuscito a sottometterla. Le guerre rappresentano il momento in cui l Grecia ha
rischiato di essere annessa all’impero persiano. L’impero sarebbe rimasto in vita per 150 anni
ancora prima di essere distrutto da Alessandro Magno, ma non tentò più l’invasione della Grecia.
L’impero dopo queste guerre non ha più tentato l’espansione verso occidente, ha perso la spinta
propulsiva. La prima metà dell’opera di Erodoto è dedicata al racconto della formazione
dell’impero persiano. La seconda metà è dedicata alle guerre persiane. Le guerre persiane sono per
Erodoto l’esito naturale dell’espansione dell’impero. Segnano il passaggio dall’età arcaica
(importanza di tante città greche) a quella classica (emergono come vere protagoniste le città
vincitrici, Atene e sparta). Erodoto è stato il primo storico. Nell’età classica ci sarà una
polarizzazione tra i sostenitori di Atene e quelli di sparta.
La pentecontetia
È un termine greco che significa ‘periodo di 50 anni’, anche se indica un lasso di tempo di 47 anni.
È un termine che è stato coniato dallo storico ateniese Tucidide. È il periodo compreso tra la fine
delle guerre persiane (478 a.C., conquista della città di Sesto, che era l’ultima città greca ancora in
mano ai persiani) e lo scoppio della guerra nel Peloponneso nel 431 a.C. (il più grande conflitto
combattuto dai greci). Tucidide è il più grande storico dell’antichità. Egli è diverso da Erodoto, il
quale ci ha raccontato le guerre persiane. Erodoto andava in giro e ascoltava i racconti delle persone
che incontrava. Egli si era limitato a riportare questi racconti che descrivevano il periodo tra la
costruzione dell’impero persiano e le guerre tra persiani e greci. Tucidide invece si concentra in
particolar modo sulla storia politico-militare; quindi, non si occupa di aspetti sociali, culturali e
geografici. Erodoto dava notizie sulle varie civiltà e raccontava cose interne a queste civiltà, non
strettamente legate alla politica. Tucidide invece va alla ricerca delle cause degli eventi. Mentre
Erodoto dà molto spazio alla dimensione del mito e degli dèi, Tucidide si occupa solo della
dimensione umana delle vicende. Tucidide è nato durante la pentecontori, intorno al 460 a.C. ed è
morto alla fine del secolo. Ha vissuto parte di questo periodo e dunque è verosimile che le
informazioni che ci dà siano attendibili.
La pentecontetia si divide in due sottoperiodi:
1. Sparta e Atene collaborano ancora, come avevano fatto contro i persiani (478-461 a.C.)
2. Periodo di rivalità tra Atene e sparta (461-432 a.C.). Nel 461 si rompe l’alleanza tra le due città,
che iniziano a farsi la guerra (che è alternata da periodi di pace). Le città si contendono l’egemonia
assoluta sulla Grecia.
La guerra del Peloponneso sarà il conflitto epocale tra di loro. La pentecontetia è un periodo
relativamente poco documentato rispetto alle guerre persiane e alla guerra del Peloponneso. Le
guerre persiane le conosciamo grazie a Erodoto; quella del Peloponneso lo conosciamo ancora
meglio con Tucidide. Il periodo nel mezzo è stato un po' scoperto di informazioni. Tucidide fa solo
un breve riassunto della pentecontetia, in cui si occupa solo di vicende che hanno visto coinvolta
Atene solo nei confronti di altre città greche. Tucidide dice qualcosa sulla storia estera di Atene.
Aristotele, filosofo vissuto nel secolo successivo, ci racconta le vicende politiche e istituzionali di
questo periodo (storia interna). Non abbiamo notizie che derivano dall’esterno di Atene. Il primo
fatto degno di nota della Pentecontetia è che sparta (città principale nell’epoca dei conflitti contro i
greci), passata l’emergenza legata ai persiani, rinuncia a guidare la coalizione greca contro i
persiani. Sparta lascia il comando ad Atene. Questo accade perché sparta era una polis molto forte
militarmente sulla terra, però il presidio politico era limitato al Peloponneso. Agli spartani
interessava preservare l’egemonia sul Peloponneso. Non era interessata ad avventure aldilà del
mare, alla politica estera. Sparta aveva una cittadinanza molto ristretta (in questo periodo circa 5000
spartiati contro i 30 mila ateniesi). Sparta doveva difendersi dal pericolo continuo delle ribellioni
degli iloti (schiavi), che secondo Erodoto erano in questo periodo in un rapporto 7:1 con gli
spartiati. Sparta era interessata a mantenere i soldati in patria per proteggerla dalle insurrezioni degli
iloti o dai nemici interni al Peloponneso (città di Argo). L’abbandono della guida della coalizione
greca è dovuto anche al fatto che a un certo punto gli alleati si lamentano del comportamento del
comandante supremo spartano (Pausania). Pausania si comportava secondo i greci in maniera
tirannica e dispotica. Pausania fu immediatamente richiamato in patria e dovette abbandonare il
comando supremo. Gli spartani, dunque, lasciarono che il comando della lega greca andasse agli
ateniesi. Atene era la polis subito sotto sparta che aveva avuto un ruolo fondamentale nella guerra
del mare contro i persiani.
Atene nel 477 a.C. fonda una lega (alleanza di poleis greche) che devono fornirsi reciprocamente
sostegno contro un eventuale ritorno dei persiani. All’epoca i greci non potevano escludere che ci
potesse essere una terza spedizione persiana; quindi, volevano prepararsi con una coalizione
militare stabile e non organizzata sul momento per fronteggiarli. Atene fonda la lega e quindi ne
prende anche il comando. La lega che si chiama delio-attica perché il suo centro (luogo in cui ogni
anno tutti i membri depositavano i contributi finanziari al mantenimento dell’alleanza) era Delo. Era
la città in cui veniva conservato il denaro. A Delo c’era il secondo santuario più importante dedicato
ad apollo: Delfi era il più importante, ma legato al mondo dorico (sparta), mentre Delo era legato al
mondo ionico. L’alleanza ha a capo Atene e vede al suo interno prevalentemente città ioniche;
quindi, preferisce appoggiarsi al santuario ionico di Delo. L’alleanza si chiama anche ‘attica’ perché
la città più importante era Atene, successivamente il tesoro viene spostato ad Atene. Il contributo da
versare è stabilito da Atene con Temistocle. La lega era formata da città prevalentemente sulle coste
o sulle isole  è una lega marittima che ha il compito di armare una flotta per tener fuori dall’egeo
un’eventuale flotta persiana. Tucidide e gli altri storici che ci parlano di questa lega non la
definiscono come noi, ma dicendo ‘Atene e i suoi alleati’ oppure ‘l’impero ateniese’ perché con il
tempo Atene passò dall’essere una città guida a una città dominante. Pausania (spartano) e
Temistocle (ateniese) erano stati a guida dei
greci durante le guerre persiane. Appena
scompare la minaccia persiana, i due assumono
un atteggiamento ostile nei confronti della
continuazione dell’alleanza tra Atene e sparta.
Essi capiscono che una volta sconfitta la persia,
i persiani non erano più il nemico principale dei
greci  immaginavano che i persiani non
sarebbero più tornati o che almeno non lo
avrebbero fatto con un esercito di così grandi
dimensioni. Essi capiscono che dopo i persiani
la grande rivalità sarebbe stata tra Atene e
sparta, ovvero le due potenze vincitrici. Portano avanti una politica rivolta contro la città rivale:
Pausania propone una politica anti-ateniese (voleva rompere l’alleanza con Atene e far sì che sparta
contenesse l’espansionismo ateniese); Temistocle invece propone una politica antispartana che
arginasse l’espansionismo spartano. Es. USA e URSS che prima erano alleate contro i nazisti e
dopo la vittoria, rivali per la supremazia. Pausania e Temistocle non sono immediatamente seguiti
dai rispettivi concittadini; infatti, all’inizio c’è un periodo di collaborazione tra sparta e Atene.
Pausania viene richiamato a sparta con l’accusa di aspirare a diventare tiranno. Egli aveva cercato
effettivamente di prendere il potere a sparta con una congiura. Questa gli avrebbe permesso, pur
non essendo re, ma membro della famiglia reale, di avere il potere che non gli spettava. Gli efori
(magistrati che sorvegliavano sulla conservazione della costituzione spartana) scoprono l’esistenza
di questa congiura e Pausania viene condannato a morte. Per sfuggire al suo destino scappa in un
tempio (dove tutti avevano diritto d’asilo). Gli spartani non potevano ucciderlo in un luogo sacro,
allora murano le porte del tempio per farlo morire di fame. Non era nemmeno lecito morire in un
luogo sacro, così poco prima di morire lo tirano fuori e muore. Temistocle, dopo aver proposto una
politica antispartana viene messo in minoranza dai suoi rivali (Aristide). Verso il 471 a.C.
Temistocle viene ostracizzato dai suoi oppositori. Ancora una volta l’ostracismo è stato usato come
strumento di lotta politica. Temistocle si rifugia inizialmente ad argo e qui cerca di fomentare la
diffusione della democrazia. Cerca di fomentarla anche nel resto del Peloponneso. Questo
significava minacciare l’egemonia spartana, perché sparta era un’oligarchia, quando gli spartani
vedono che ad argo si instaura una democrazia e che in altre città ci sono persone favorevoli ad
essa, fanno pressione su Atene (ancora alleata di sparta) per condannare a morte Temistocle. Gli
ateniesi condannano Temistocle: il suo ostracismo si trasforma in un esilio vero e proprio. Egli è
costretto a fuggire perché braccato dai sicari spartani e ateniesi. Dopo una serie di peregrinazioni
arriva in persia, presso i suoi vecchi nemici. Qui aspetta che muoia Serse (assassinato nell’estate del
465 a.C.) perché Temistocle era colui che aveva ingannato il gran re, e difficilmente avrebbe
ricevuto asilo da lui. Il successore di Serse, Artaserse I è favorevole ad accoglierlo. Temistocle
muore pochi anni dopo nell’impero persiano, Plutarco ci dice che Artaserse stava preparando una
guerra contro i greci, chiedendo a Temistocle di prenderne la guida. Egli si rifiutò di partecipare alla
guerra e si suicidò bevendo sangue di toro. I Greci ci raccontano le circostanze della morte solo
quando muoiono di morte violente.
La lega delio-attica gradualmente diventa un’alleanza di guida ateniese, che non vede la
partecipazione di sparta.
In questo periodo di collaborazione tra Atene e
sparta, la figura di spicco ad Atene è Cimone.
Egli era un alleato di Aristide (e quindi rivale di
Temistocle), che ne prende il testimone durante
la sua vecchiaia diventando l’uomo più influente
ad Atene. Egli era un aristocratico molto ricco e
il fautore della collaborazione tra Atene e sparta.
Cimone riteneva che le due città dovessero
continuare a collaborare per continuare la guerra
contro i persiani, sebbene sparta non facesse
parte della lega delio-attica. La guerra non doveva più avere il fine di difendere la Grecia dai
persiani, ma quello di allontanare la minaccia persiana dalla Grecia, in questo modo non sarebbero
potuti più tornare a invadere la Grecia. L’adesione alla lega delio-attica era facoltativa, quindi la
polis era libera di decidere se farne parte. Tuttavia le città aderenti non potevano uscirne a loro
piacimento, perché questo avrebbe indebolito la lega. Cimonio fa una politica mirata a costringere
le poleis che volevano uscire dalla lega, a rimanere. Quando la lega viene fondata, nel 477, c’era
ancora possibilità di un ritorno dei persiani; quindi, l’adesione alla lega era massiccia; con il passare
degli anni, quando la minaccia non si concretizza, alcune poleis cercano di sottrarsi alla lega
(perché la lega implicava il versamento annuo di un tributo in denaro (sessantesima parte), il quale
gravava soprattutto sulle piccole città che non erano in grado di armare la flotta). Ci sono alcune
città, soprattutto isole, che erano abbastanza forti da poter sostenere da sole l’armamento delle navi
(Lesbo, Chio, Samo, Nasso ecc.). queste città davano come contributo alla lega delle navi armate.
Le altre poleis, che non erano in grado di armare delle navi, si limitavano a contribuire con del
denaro in proporzione alla loro ricchezza. Questo denaro era a disposizione della lega per armare le
navi al loro posto. Atene armava navi per suo conto e aveva il comando generale della flotta. Già
negli anni 70 del 400 a.C. alcune poleis cercano di uscire dalla lega perché non ne vedono più i
benefici iniziali. Cimone guida la flotta della lega contro queste isole che si sottraggono alla lega.
Sciro è un’isola che nel 476 a.C. viene sottomessa da Cimone e diventa un possedimento ateniese.
Nasso viene sottomessa da Cimone nel 475 a.C., mentre Taso (città ricca per le numerose miniere di
oro e argento) si ribella nel 465 a.C. Lesbo Chio e salmo erano le isole che fornivano più flotte.
Essa viene assediata per due anni dalla flotta di Cimone e nel 463 a.C. deve arrendersi e tornare ad
accettare il dominio della lega. La punizione per i ribelli era l’abbattimento delle mura affinché la
città non potesse più difendersi. Queste città
non potevano neanche più ribellarsi. Le città
venivano anche private della flotta e
sottoposte al pagamento di un tributo per la
costruzione di altre navi.
Il punto più alto della politica cimoniana
(antipersiana) è rappresentato dalla battaglia
del fiume Eurimedonte nel 466 a.C. (data
non certa). Cimone guida la flotta della lega
lungo le coste dell’asia minore (impero
persiano) e affronta la flotta persiana alla
foce di questo fiume. Si trattò di una battaglia sia per terra che per mare. La flotta greca si fa avanti
per evitare che quella persiana arrivi in Grecia.
Cimone sconfisse la flotta persiana e sbarcò sconfiggendo anche l’esercito persiano di terra. Le
dimensioni della sconfitta persiana furono probabilmente il motivo della congiura dell’anno
seguente nei confronti di Serse. La battaglia dell’Eurimedonte avviene subito prima della ribellione
di Taso e poi avvenne un episodio imprevedibile: il
terremoto che distrusse sparta nel 464 a.C. Fu un
terremoto devastante, la città di sparta fu quasi rasa al
suolo e perse molti abitanti. In un momento
particolarmente difficile per la città, gli iloti ne
approfittarono per una grande ribellione. Questa
interessò la Messenia (regione confinante con la
Laconia, che gli spartani avevano conquistato dopo
un lungo conflitto – guerre messeniche – e la cui
popolazione era formata per la maggior parte da
iloti).
Sparta chiese aiuto alla Grecia per reprimere questa rivolta. Atene, sotto consiglio di Cimone, inviò
un contingente militare guidato dallo stesso Cimone. La rivolta fu molto lunga: i ribelli si
rifugiarono sulle montagne e furono assediati dagli spartani. Solo dopo 10 anni, nel 455 a.C. gli
spartani riuscirono a stabilire un accordo secondo cui gli iloti ribelli sarebbero stati espulsi dalla
Messenia, andarono poi a colonizzare una regione nella Grecia centrale con l’aiuto degli ateniesi.
Passato il primo momento di timore, gli spartani si resero conto di poter riuscire a contenere la
rivolta sulle montagne con le loro sole forze. Quindi non si aveva più la paura che questa rivolta
potesse arrivare fino a sparta. Per questo minor timore degli iloti, gli spartani dissero agli ateniesi di
tornare a casa perché non avevano più bisogno di loro. Probabilmente c’era anche la paura che gli
ateniesi, avendo una democrazia e stando troppo tempo nel Peloponneso, potessero diffondere i loro
ideali democratici come aveva fatto pochi anni prima Temistocle ad argo. Tucidide non ci spiega
bene cosa sia accaduto, ma si limita a dire che gli spartani avevano timore che gli ateniesi
provocassero sconvolgimenti politici.
Questo fu un atto di offesa per Atene: i cittadini ateniesi che erano favorevoli a una rottura
dell’alleanza con sparta e all’inizio di una politica aggressiva nei loro confronti ebbero la meglio su
Cimone. Essi volevano la supremazia di Atene. Questi ateniesi misero in minoranza Cimone, che,
quando tornò in patria si trovò accusato della sua politica fallimentare, era stato lui a voler aiutare
sparta. Cimone, per convincere gli ateniesi ad accorrere in aiuto aveva detto che non si poteva fare
zoppa la Grecia. La Grecia, secondo lui, aveva bisogno di entrambe le poleis (Atene e sparta).
Rinunciare a sparta per cercare l’egemonia assoluta di Atene significava rendere zoppa la Grecia.
La politica di Cimone non aveva più la maggioranza dopo che gli ateniesi furono mandati via
bruscamente, senza tante spiegazioni, dagli spartani. Nel 462/1 a.C. Cimone fu ostracizzato. Egli
non voleva farsi tiranno, ma i suoi oppositori riuscirono a far convergere i voti dei cittadini contro
di lui. Fu esiliato per 10 anni da Atene e il suo esilio segna la fine della collaborazione tra Atene e
sparta. Questo primo macro-periodo della pentacontetia è anche chiamato ‘età cimoniana’  epoca
in cui Cimone era l’uomo più in vista ad Atene. Sparta aveva la supremazia nella battaglia su terra,
mentre Atene era superiore nelle battaglie navali (talassocrazia = DOMINIO DEL MARE). La
flotta di Atene si identificava con quella della lega, perché tolte le poche navi fornite da Lesbo,
Samo e Chio, le altre erano costruite con i soldi versati dagli alleati, ma erano comandate da Atene.
Era Atene a decidere quando e se andare in guerra, e contro chi. Era Atene anche a decidere chi
dovesse essere il comandante della flotta. La nave greca si chiamava TRIREME perché ogni fila di
remi copriva tre remi ad altezze diverse. A bordo vi erano circa 180 rematori più l’equipaggio e i
soldati. Servivano poco più di 200 persone per armare una nave. Era una spesa enorme, per questo
non tutte le polis potevano permettersi una flotta. La seconda parte della pentecontetia vede Atene
cercare di affermare la sua egemonia sulla Grecia. Politica estera, ce ne parla Tucidide. Quando
Atene rompe l’alleanza con sparta e manda in esilio Cimone compie un atto rivoluzionario. Essa
stringe alleanza con quei greci che avevano meditato (parteggiato per i persiani – Tebe, Tessaglia,
argo). Tebe era una rivale storica di Atene fin dall’età arcaica, quindi non si unì alla città. Invece
argo e i tessali strinsero alleanza con la città = rivoluzione perché, dopo la sconfitta dell’impero
persiano le poleis medizzanti erano viste con sospetto dagli altri greci. Sparta aveva anche proposto
di punirle allo stesso modo di Tebe, che aveva dovuto sciogliere la lega boetica (alleanza delle città
della Beozia), riducendosi a una polis come le altre perché non poteva più contare sul sostegno
militare delle altre città della Beozia. Atene si era opposta a queste punizioni. Atene si allea con le
città medizzanti per contrastare anche sulla terra gli spartani. Atene dimostra un grande dinamismo
in questo periodo: poteva contare su un numero di cittadini molto più alto di sparta e aveva risorse
finanziarie inesauribili (poteva disporre delle risorse della lega delio-attica). Gli ateniesi compiono
inizialmente una spedizione in Egitto, che prosegue la politica antipersiana propugnata da Cimone.
Questo serve a rendere Atene padrona dei mari. Poco dopo l’ostracismo di Cimone, Atene manda
una grande flotta in soccorso dell’Egitto che si era ribellato ad Artaserse I. L’Egitto era la provincia
più ribelle dell’impero persiano perché dotata di una sua identità storica e culturale molto spiccata.
Nel V secolo l’Egitto si ribella a ogni morte di sovrano persiano. Alla fine del secolo l’Egitto
riuscirà a sottrarsi al dominio persiano. Nel 465 a.C. muore Serse agli succede al trono Artaserse I
che accoglie Temistocle come esule. La prima cosa che deve fare come re è quella di fronteggiare la
rivolta dell’Egitto.
In soccorso all’Egitto arriva Atene, che manda una potente flotta di 200 navi sostenendo i ribelli
egizi contro i persiani. Nel 454 a.C. i persiani riescono a isolare la flotta ateniese nel delta del Nilo e
a sterminarli (prima grande sconfitta di Atene dopo le guerre persiane).
È una sconfitta enorme per la lega delio-attica, ma che non impedisce ad Atene di continuare con la
sua politica di espansione nell’egeo. Questa sconfitta pone fine alla rivolta dell’Egitto, che torna a
essere sottomesso dall’impero persiano. In questo momento, a seguito della sconfitta ateniese (che
lascia presagire un’invasione persiana in Grecia), gli ateniesi spostano il tesoro della lega dall’isola
di Delo. Questo perché l’isola si trovava al centro dell’egeo e poteva essere molto esposta ad un
possibile attacco persiano. La lega aveva bisogno di mettere al sicuro le risorse al fine di ricostruire
una flotta a seguito della sconfitta. Il tesoro viene spostato nell’acropoli di Atene, che diventa la
città a capo della lega in modo indiscutibile, detenendo la ricchezza della lega. Atene inizierà a
usare il tesoro per scopi che nulla hanno a che fare con la difesa della Grecia. Il cambio di luogo del
tesoro della lega segna il passaggio da un’alleanza già pesantemente egemonizzata da Atene,
all’impero ateniese, Atene esercita un controllo assoluto sulla lega, sui fondi, sui fini e sui mezzi
militari della lega. Atene, mentre combatte i persiani in Egitto, combatte anche in Grecia contro gli
alleati di sparta.
A partire da 460 a.C., per circa 14 anni viene combattuta quella che i moderni chiamano ‘prima
guerra del Peloponneso’, serie di conflitti che scoppiano di anno in anno e che non hanno un nome
complessivo. Sono i moderni che la chiamano così. Si tratta di una guerra che vede scontrarsi Atene
contro alcuni alleati di sparta (a volte anche con sparta stessa). La rivalità più accesa è tra Atene e
Corinto. Corinto aveva avuto un ruolo importante nella Grecia arcaica. Era una città mercantile che
aveva fondato molte colonie. Non aveva mai avuto particolari diatribe con Atene, ma dopo
l’ostracismo di Cimone e la fine dell’alleanza Atene-sparta, Atene riesce ad attirare nella sua
influenza la città di Megara (separa Atene e Corinto). Megara era una città dorica che aveva buoni
rapporti con Corinto. Farla entrare Megara nella sfera di influenza ateniese suscitò in Corinto
dell’astio: Corinto diventò la prima oppositrice ad Atene. La lega delio-attica combatte contro
Corinto, Egina e Tebe. Riesce a sottomettere la Beozia. A partire dal 459 a.C. anche Tebe subisce la
dominazione ateniese. Questo duri vari anni, in cui Cimone rientra dall’esilio perché c’era bisogno
di lui.

Cimone muore durante una spedizione a Cipro contro i persiani di malattia nel 449 a.C.
Nel 449 PACE DI CALLIA ????
Dopo questa data non si combatte contro i persiani per un bel po'.
Atene continua il suo espansionismo, a cui sparta reagisce solo quando vede la sua posizione nel
Peloponneso a rischio. Nel 446 a.C.
sparta decide di affrontare gli
ateniesi e invade l’attica. Questa
spedizione suscita la rivolta di tutti i
greci che erano stati sottomessi da
Atene al di fuori della lega delio-
attica. Tebe era riuscita a liberarsi
dall’egemonia ateniese nel 447. Nel
446 si ribellano Megara ed Eubea.
In questa fase l’umo più in vista era
Pericle, che riesce, probabilmente
con la corruzione, a convincere i
persiani a ritirarsi dall’attica. Atene
perde l’egemonia su Megara e la
Beozia, ma mantiene il controllo
dell’Eubea (essendo un’isola era più
facile per una potenza marittima come Atene controllarla). Megara e la Beozia erano invece città
più vulnerabili ad attacchi spartani. Nella primavera del 445 a.C. Atene e sparta arrivano alla pace
dei 30 anni, durerà invece molto meno.
Con questa pace si stabilisce che: - Megara e la Beozia sono autonome al di fuori dell’alleanza con
Atene - L’Eubea rientra nella lega delio-attica. Questa pace pone fine al periodo di espansione di
Atene in Grecia. Negli anni successivi Atene si concentra a rafforzare il suo potere all’interno della
lega delio-attica. Nella vita politica interna ad Atene si vede emergere la figura di Pericle, rivale
principale di Cimone. Pericle è un nome legato ancora alla democrazia ateniese. Clistene aveva
fondato la democrazia, tuttavia essa non esprimeva ancora tutte le sue potenzialità. L’affermazione
di una democrazia piena si deve a Pericle, che introduce nuovi istituti e nuove norme che
favoriscono la partecipazione popolare alla vita politica. All’inizio di questo procedimento vediamo
un alleato di Pericle che si chiama Efialte.
Efialte, quando Cimone era ad Atene, durante la spedizione ateniese in Messenia, era riuscito a far
passare una riforma che aveva ridotto i poteri dell’Aeropago (consiglio in cui sedevano gli arconti,
magistrati di Atene che, quando terminavano la loro carica stavano a vita in questo consiglio).
L’Aeropago era il più importante consiglio di Atene perché vi sedevano i più importanti magistrati,
era una sorta di senato. Aveva dei poteri: giudicava i rei di omicidio volontario e supervisionava le
leggi (controllava che le leggi approvate dall’assemblea fossero conformi alla costituzione ateniese,
ruolo della Corte costituzionale in Italia). Efialte toglie potere all’Aeropago e lo dà all’assemblea
dei cittadini. Dopo questa riforma l’Efialte rimane solo una giuria che giudica i reati di sangue. Il
controllo delle leggi viene dato all’assemblea. Ad Atene qualunque cittadino poteva proporre una
legge, che doveva essere vagliata dalla boulè dei 500 per essere messa nell’ordine del giorno. Se
fosse entrato nell’ordine avrebbe potuta essere discussa dall’assemblea, la quale poteva approvarla
così o modificarla. Cimone provò a ripristinare il potere dell’areopago ma senza successo, perché fu
poi ostracizzato. La riforma di Efialte diede un enorme potere all’assemblea. Egli fu ucciso poco
dopo in circostanze poco chiare, probabilmente fu ucciso dagli aristocratici che non gli perdonavano
di aver privato l’aeropago di un potere importante. Non ci sono conferme, è un periodo di lacune
(può essere stato ucciso da un sicario, un una rissa in taverna o per ordine di Pericle, il quale ambiva
a prendere il suo posto alla guida della democrazia ateniese). Inizia lo sviluppo della democrazia
ateniese. Efialte è riuscito a far approvare la sua riforma perché 25 anni prima, nel 487 a.C. era stata
fatta una riforma che aveva coinvolto la modalità di elezione degli arconti. Fino a quell’anno gli
arconti venivano eletti (per elezione vengono scelte le persone più in vista, quelle ritenute più adatte
a ricoprire quell’incarico). Tradizionalmente erano le persone aristocratiche che venivano scelte,
erano più famose. Dal 487 invece l’elezione avviene tramite sorteggio  il popolo non deve più
votare gli arconti in base al prestigio o alla visibilità. Chiunque poteva venire eletto. Questa misura
era democratica, l’elezione invece andava a favore solo dei ricchi. Il problema era che venivano
elette anche persone non all’altezza del ruolo. Quando gli arconti cessavano la carica entravano a
far parte dell’aeropago. Prima l’aeropago conteneva i migliori, gli eletti; dopo il 487 hanno
cominciato a sedere nell’aeropago persone anche di umile estrazione e non capaci. Il prestigio
dell’aeropago nel corso degli anni è venuto a mancare, per efialte il consiglio non godeva più per gli
ateniesi della stessa importanza. Pericle era un aristocratico nipote di clistene, apparteneva alla
famiglia degli Alcmeonidi (inizialmente alleati con Pisistrato e poi lo hanno cacciato). Pericle, per
emergere in politica decise di puntare sul popolo. Voleva sviluppare gli strumenti della democrazia
e usarli per la propria affermazione politica. Era un aristocratico che si è servito dell’appoggio del
popolo contro gli altri aristocratici, che è quello che ha fatto Clistene quando nella lotta contro
Isagora si è appellato al popolo. Pericle voleva il consenso del popolo per far sì che le sue proposte
avessero sempre la maggioranza in assemblea. Il primo rivale di Pericle era stato Cimone, sia prima
che dopo l’ostracismo. Cimone era molto più ricco di Pericle e poteva creare delle clientele nella
popolazione ateniese distribuendo ai più poveri, denaro di tasca propria. Pericle decise di basarsi
sulle risorse pubbliche per distribuire denaro al popolo e garantirsi il suo sostegno. Dopo aver fatto
ostracizzare Cimone, Pericle fa delle riforme: - Annette alla carica di arconte anche gli zeugiti 
persone che potevano avere un reddito con cui erano in grado di mantenere una coppia di buoi per
tirare l’aratro. Si trattava di una popolazione umile. Essi poterono entrare negli ordini di governo
della democrazia. - Introduzione del salario (misthòs) per le persone che ricoprivano certi ruoli
pubblici. Non fu introdotto tutto di colpo: prima per coloro che sedevano in tribunale con il ruolo di
giuria, poi per gli arconti e poi per gli altri magistrati. Nel IV secolo (quello successivo) fu esteso
anche ai cittadini che prendevano parte all’assemblea. All’assemblea si andava gratuitamente: essa
si riuniva varie volte all’anno e la partecipazione era facoltativa. La partecipazione alla vita politica,
per i cittadini di estrazione popolare, era onerosa, dovevano rinunciare a una giornata di lavoro.
Prima delle riforme di Pericle partecipavano all’assemblea solo i cittadini che potevano perdere un
giorno di lavoro; dopo invece, essendo pagati, anche loro potevano perdere la giornata. Il denaro
usato per i pagamenti proveniva dal tributo che gli alleati di Atene versavano alle casse della lega, e
che la città usava anche per i suoi scopi interni oltre che per l’armata della flotta. Questo pagamento
faceva sì che i cittadini ateniesi fossero molto favorevoli alla preservazione dell’impero ateniese e
dell’egemonia di Atene sul mare, garantiva un flusso di denaro che andava a beneficio di tutta la
cittadinanza. Tutto garantiva il favore del popolo nei confronti di Pericle. - Pericle è il fautore
dell’invio di cleruchie (appezzamenti di terra). Le cleruchie erano degli insediamenti che si
trovavano in trovavano in territori aldilà del mare soggetti al controllo ateniese. Qui si insediavano
cittadini ateniesi di umile origine (gente che in patria non aveva terra), che venivano mandati in
queste regioni a coltivare. Veniva dato alla cleruchia il necessario per mantenersi. Non si trattava di
colonie perché queste nascevano dall’espulsione di parte della popolazione che fondava una nuova
polis non avente legami politici con la madrepatria (perdevano la cittadinanza della loro patria,
fondandone una nuova). I cleruchi rimanevano invece cittadini ateniesi: se fossero tornati ad Atene
avrebbero potuto partecipare all’assemblea, eleggere i magistrati ecc. La lontananza rendeva
difficile la partecipazione politica, però loro continuavano a essere membri della polis ateniese.
Erano un’antenna di Atene nei territori d’oltremare, servivano per presidiare dei territori (spesso
delle isole). Garantivano ad Atene il presidio dell’egeo. - Con le riforme di Pericle, l’essere
cittadino ateniese era un privilegio non da poco; si esercitava un potere politico nella città più
potente della Grecia, si aveva accesso a risorse finanziarie quasi illimitate. Pericle nel 451/0 a.C.
propose e fece approvare una riforma che restringeva la cittadinanza ateniese. La cittadinanza
rimase molto larga, però per essere cittadini ateniesi era necessario avere entrambi i genitori
ateniesi. Fino ad allora era necessario che solo un genitore lo fosse. Questa riforma: voleva limitare
i benefici della cittadinanza ateniese a un numero più ristretto di persone (più cittadini c’erano, più
denaro bisognava erogare); voleva indebolire l’aristocrazia. Gli aristocratici erano persone che
spesso nascevano da matrimoni misti (gli aristocratici tendevano a stringere alleanze tra membri di
poleis diverse attraverso i matrimoni). Es. Cimone era un aristocratico figlio di Milziade (eroe
battaglia di maratona) e una principessa della tracia; temistocle era figlio di un aristocratico ateniese
e di una donna straniera. La legge di Pericle non era retroattiva; tutti coloro che erano già nati,
anche da matrimoni misti, erano considerati cittadini. Cimone per esempio conservò la cittadinanza.
In questo modo Pericle costringe l’aristocrazia ateniese a fare una scelta: se vuole continuare a far
parte della vita politica ateniese deve rompere l’abitudine di stringere alleanze con aristocratici
stranieri; se vuole continuare a stringere legami con aristocrazie straniere deve rinunciare alla vita
politica. Pericle attua una chiusura della cittadinanza. In democrazia l’appartenenza alla polis
diventa qualcosa di più importante rispetto all’età arcaica. Il popolo non gradiva sapere che gli
aristocratici avessero alleanza che altri aristocratici di altre poleis. Quando Atene afferma la sua
egemonia, il popolo vuole che gli aristocratici combattano per Atene e che si siano fedeli solo ad
Atene senza stringere alleanze con potenze straniere. - Pericle è famoso anche per l’enorme
sviluppo edilizio di Atene. La città era stata rasa al suolo durante la seconda guerra persiana. In
seguito gli ateniesi avevano ricostruito tutto, ma l’acropoli era rimasta devastata (costruire
monumenti era molto costoso, alla pari di armare le flotte). Pericle grazie alle risorse finanziare che
arrivano dalla lega (che avanzavano dalla costruzione della flotta perché il pericolo di invasione
persiana era minore) finanzia la democrazia, costruisce templi e abbellisce l’acropoli. In 10 anni,
dal 448 al 438 a.C. fu costruito il partenone. Pericle voleva trasmettere ai greci un’immagine visiva
della potenza di Atene; l’acropoli divenne il luogo più monumentale della Grecia, visibile anche dal
mare. Fu costruita anche una grande statua di Atena con elmo e lancia in bronzo, che rifletteva i
raggi solari a km di distanza. Si dava ai greci che arrivavano ad Atene un’immagine di potenza.
Tucidide dice che, se gli uomini del futuro avessero potuto giudicare la potenza di sparta dai suoi
monumenti, avrebbero fatto fatica a capire che si trattava di una delle città più potenti; i monumenti
di Atene invece facevano pensare a una potenza doppia rispetto a quella che effettivamente ebbe.
Pericle doveva fare i conti con la democrazia, e quindi con l’opposizione. Dopo la morte di cimone,
diventa molto forte l’opposizione dei suoi seguaci. Il nuovo capo di questi seguaci era un parente di
cimone, Tucidide di Melesia (diverso da Tucidide lo storico, che in questo periodo è solo un
bambino, ma che era anch’egli un parente di cimone). Tucidide si oppone a Pericle soprattutto
sull’utilizzo delle risorse finanziarie: egli sostiene che Pericle usi i fondi, finalizzati alla costruzione
della flotta per la difesa di tutta la lega, per scopi solo ateniesi. Nelle accuse c’è un obiettivo
politico: dato che con quei fondi Pericle conquista il consenso del popolo, cercare di impedire
l’utilizzo del denaro per fini politici era un modo per minare le basi del suo potere. Pericle lo
capisce e riesce a far convergere il voto dei suoi sostenitori per ostracizzare Tucidide di melesia nel
444/3 a.C. Ancora una volta l’ostracismo viene usato come strumento di lotta politica. Pericle
veniva accusato dagli oppositori di ambire alla tirannide; lo paragonavano a pisistrato, ritenendo che
ci fosse anche una somiglianza fisica tra i due. In realtà Pericle non ha mai esercitato la tirannide; è
sempre stato al vertice della democrazia ateniese contando sul consenso ottenuto in assemblea (le
sue proposte venivano votate, non ha imposto mai nulla con la forza). Dopo l’ostracismo di
Tucidide di melesia inizia un periodo di 15 anni in cui Pericle ha l’egemonia assoluta ad Atene.
Pericle per 15 anni viene sempre eletto stratego (comandante militare di un reggimento dell’esercito
ateniese), il popolo lo voleva tra i massimi magistrati della repubblica ateniese. Pericle non è
passato alla storia come grande condottiero. L’unica campagna militare che si ricordi, condotta da
lui con successo, è la guerra contro Samo. Samo era una delle 3 isole che non davano tributi ad
Atene, ma che fornivano direttamente le navi. Nel 441 a.C. Samo si ribella e la flotta ateniese
assedia l’isola per due anni. Nel 439 Samo si arrende; vengono distrutte le mura della città in modo
che non possa più ribellarsi e gli aristocratici (a capo dell’oligarchia di Samo, che Atene aveva
tollerato, vengono scacciati dal continente (diventano una popolazione di profughi). Atene, quindi,
ha rovesciato l’oligarchia e ha installato la democrazia. Al posto degli aristocratici viene messa una
cleruchia ateniese per controllare l’isola e garantire fedeltà ad Atene. Se Samo avesse dovuto
ribellarsi gli ateniesi della cleruchia sarebbero già stati in loco pronti a intervenire. Samo era
talmente potente che Tucidide ci dice che lì Pericle e Atene si sono giocati l’egemonia navale. Se
Atene avesse perso la guerra contro Samo, avrebbe perso il potere sul mare. Samo era la seconda
potenza navale all’interno della lega
delio-attica, per questo Pericle fu
particolarmente duro con essa. Negli anni
30 ci fu una crescente opposizione nei
confronti di Pericle, che non si
manifestava più tanto in assemblea, ma in
tribunale. Molti collaboratori di Pericle
furono accusati di vari crimini, processati
e spesso condannati. Con l’inizio della
guerra anche la presa di Pericle sul popolo
fu scossa.

LA GUERRA DEL PELOPONNESO


La prima parte La conosciamo molto bene grazie allo storico Tucidide, che vi ha partecipato in
prima persona essendo nato durante la pentecontetia. Egli è stato un testimone diretto. La nostra
conoscenza della storia greca diventa più dettagliata quando abbiamo fonti contemporanee agli
eventi. Il suo racconto è attendibile perché egli è un contemporaneo. La guerra scoppia nel 431 a.C.
e pone fine alla pentecontetia. È una guerra che dura 27 anni, fino al 404 a.C. Si tratta del maggiore
conflitto della storia greca, perché ha coinvolto tutta la Grecia. Vede infatti contrapporsi Atene e
Sparta, con i loro rispettivi alleati. Es. la lega peloponnesiaca riconosceva l’egemonia di sparta. Mai
prima di allora tutta la Grecia era stata coinvolta in uno scontro. L’unitarietà di questa guerra è stata
riconosciuta da Tucidide. Non è una guerra che continua, ma è scandita da paci; per questo i
contemporanei di Tucidide riconoscevano tre guerre distinte. Ci sono 3 fasi: 1. Guerra archidamica;
si chiama così perché nei primi anni a guidare l’esercito spartano contro Atene era il re Archidamo
II. (431-421 a.C.). è terminata con la pace di Nicia, firmata da Atene e sparta. 2. Intermezzo e poi
spedizione ateniese in Sicilia. Gli ateniesi hanno cercato di espandere la loro egemonia in Sicilia.
Questo ha riacceso il conflitto e ha dato avvia alla terza fase. (421-413 a.C.) 3. Guerra deceleica;
prende il nome da una località dell’attica chiamata Decelea (413-404 a.C.).
Fu Tucidide a intuire che si trattava di tre fasi di una sola guerra che egli chiama ‘guerra del
Peloponneso’, che vedeva contrapporsi Atene e sparta per l’egemonia sulla Grecia. Egli la chiama
“guerra del Peloponneso” perché era ateniese e aveva un punto di vista diverso da quello degli
spartani: per lui si trattava di una guerra combattuta contro il Peloponneso. Gli spartani
probabilmente la chiamavano ‘guerra attica’, ovvero guerra combattuta contro Atene. Era abitudine,
nell’antichità, dare il nome alle guerre sulla base dei nemici che si erano combattuti. Importanza
dello storico come interprete dei fatti. Le tre fasi erano accomunate dal fatto che si trattasse sempre
di scontri tra democrazia (Atene) e oligarchia (sparta), ma anche tra ioni e dori (ripartizione che trae
origine dai due diversi dialetti che si parlavano nelle zone rispettivamente attorno Atene e sparta).
Questi elementi sono serviti a Tucidide per identificare un’unica guerra. Nella guerra del
Peloponneso vengono coinvolte tutte le polis. Tucidide, dopo la guerra viene esiliato da Atene per
20 anni, e gli è vietato fare politica. Quindi si è messo a scrivere storia al posto di fare politica,
dando un’interpretazione soggettiva ai fatti che raccontava (questo poteva essere considerato come
un atto politico). Egli è riuscito a vedere la fine della guerra, rimanendo in vita fino al 404., ma la
sua opera storica non arriva fino alla fine della guerra del Peloponneso. L’opera termina nell’anno
411 (primi anni della guerra deceleica).
La conclusione della guerra ci è nota grazie allo storico Senofonte, che ha scritto un’opera iniziante
proprio da dove si era fermato Tucidide. Tucidide scrive quest’opera con un’ottica politico-militare.
Egli è il primo storico ad avere un approccio scientifico: studia le cause degli eventi sotto il profilo
militare, non ha interesse ad approfondire gli usi e i costumi dei popoli come faceva Erodoto.
Erodoto faceva anche intervenire il destino nei fatti umani. Tucidide si concentra sui fatti
contemporanei che poteva verificare di persona, senza descrivere avvenimenti precedenti. Egli
ritiene infatti che lo storico non possa occuparsi con la stessa precisione degli eventi di storia
passata come di quelli contemporanei. Egli fa un riassunto della pentecontetia per introdurre la
guerra del Peloponneso, ma ritiene che andare cronologicamente più indietro nel tempo non fosse
possibile (i racconti più antichi non erano verificabili). Egli voleva spiegare come mai i greci a un
certo punto si erano fatti la guerra, i perché. Per lui questa guerra era stata ancora più grande delle
guerre persiane: le guerre persiane erano terminate con delle semplici battaglie e aveva avuto una
durata molto breve; la guerra del Peloponneso invece dura 27 anni, coinvolge tutta la Grecia e
anche i barbari, quindi aveva maggiori dimensioni. È una guerra che non vede tante battaglie
campali, ma solo scontri minori, incursioni, saccheggi, devastazioni (soprattutto nella prima fase).
Non si riesce ad arrivare a una grande battaglia perché sparta è forte nello scontro terrestre e Atene
in quello navale, era difficile trovare un fronte comune. Tucidide vuole spiegare i motivi che hanno
dato origine alla guerra. Per lui, dato che la natura umana è sempre la stessa, le motivazioni che
hanno portato i greci a combattere in questa guerra sono analoghe a quelle che in futuro avrebbero
portato nuovamente gli uomini a farsi la guerra. Egli vuole che gli uomini del futuro possano
conoscere i motivi che hanno spinto i greci a combattere per prevenire le loro guerre. La natura
umana era sempre mossa da: invidia, ambizione, amore, odio, prepotenza, ecc. che sono connaturati
nell’uomo. Spiegare le origini della guerra del Peloponneso può aiutare a comprendere i motivi
delle nostre guerre. Ritiene che la sua opera sia un’”acquisizione per sempre”, opera che spiega lo
scoppio della guerra e che sarà utile in futuro per comprendere il comportamento umano. È
un’opera che non perde la sua attualità perché la natura umana è sempre la stessa. I meccanismi che
portano alla guerra sono sempre gli stessi. Tucidide cerca le cause concrete, che hanno a che fare
con gli uomini, mentre Erodoto aveva attribuito i motivi degli scontri da Grecia e oriente a cause
mitiche (rapimenti di donne).
Si tratta di leggende non verificabili. Tucidide quando indaga le origini della guerra non va così
indietro nel tempo, ma si sofferma sulle rivalità tra poleis (fatti umani, senza scomodare dei e miti).
Egli divide le cause in: Profonde (cause più vere): sono cause che risalgono nel tempo di qualche
decennio. Esse hanno agito lentamente nel tempo e hanno creato i presupposti perché la guerra
scoppiasse. Determinano situazioni di tensione. Sono le cause senza le quali non si scatena un
conflitto. Maturano lentamente e in silenzio, è difficile accorgersene. La causa profonda della
guerra del Peloponneso era il timore suscitato, soprattutto nella città di Corinto (dopo Atene e
Sparta era la più forte), dall’espansione della potenza ateniese nel corso della pentecontetia. I greci
avevano paura di venire sopraffatti da Atene, perdere la loro autonomia e diventare satelliti di
Atene. Dopo le guerre persiane sparta aveva rinunciato a esercitare la sua egemonia sui greci e si
era ritirata nel Peloponneso. Atene aveva invece ereditato il comando sui greci e aveva formato la
lega delio-attica, cercando di espandere il proprio controllo al di fuori di essa. Questo aveva creato
timore tra i greci che non facevano parte della lega, Atene assume il ruolo di potenza egemone,
forte della sua flotta. La lega delio-attica, chiamata anche dagli antichi “impero ateniese” non è
paragonabile ad uno stato nazionale: Atene non aveva intenzione di creare uno stato con capitale.
Questo non faceva parte dell’orizzonte politico e culturale dei greci. I greci si ritenevano prima di
tutto membri della stessa polis, in seconda battuta erano greci. Chi apparteneva ad un’altra polis era
considerato straniero, anche se tra loro avevano una comunità di lingua e cultura che li differenziava
dagli altri barbari. La differenza tra poleis era quella di carattere politico (erano tutti stati diversi,
ognuno con leggi, dialetto, esercito e cariche politiche autonome). La differenza tra greci e barbari
era culturale. Atene quando cerca di espandersi non lo fa per creare uno stato nazionale, ma per
affermare la sua supremazia di polis sulle altre poleis. Gli oppositori di Atene cercavano di
difendere la loro autonomia dal suo espansionismo.
Le altre cause sono quelle Occasionali (motivi concreti, incidenti che succedono in Grecia e che
innescano il conflitto perché la situazione era già tesa). Sono cause che possono avvenire in vari
modi, quello che importava era il clima di tensione che già c’era. Sono cause che non avrebbero
potuto da sole scatenare una guerra. Tucidide individua 3 cause occasionali:
1) Corcira (odierna Corfù) era una colonia corinzia che non faceva parte della lega delio-attica, ma
che diventa alleata di Atene in questa fase. Corcira era una polis potente che ambiva a esercitare un
ruolo autonomo. Non voleva riconoscere un legame di sudditanza nei confronti di Corinto perché vi
era una forte rivalità tra le due poleis. Corcira voleva esercitare il suo potere sulle coste dell’epiro,
in particolare sulla città di epidamno, odierna Durazzo in Albania. Epidamno era una colonia di
corcira, e quindi si trattava di una sub colonia di Corinto. Nella fase finale della pentecontetia
scoppia qui una guerra civile tra oligarchici e democratici. Gli oligarchici furono cacciati dalla città
e si andarono a rifugiare nell’entroterra. Con l’aiuto dei barbari della zona cercarono di rientrare in
città, facendo la guerra. I democratici di Epidamno chiesero allora aiuto alla loro madrepatria
Corcira, che però respinge le richieste di aiuto, a differenza della seconda madrepatria Corinto. Per
Corinto dare aiuto significava affermare la propria egemonia su quella zona e ottenere dei vantaggi
(far sì che epidamno ascoltasse più il suo volere che quello di corcira).
Questo evento fu visto da Corcira come un’intromissione di Corinto in una sua zona. Corcira invia
quindi una flotta in aiuto agli oligarchici di epidamno e assedia la città, riuscendo a conquistarla e
far rientrare gli oligarchici. Riafferma quindi la sua supremazia sulla colonia. La flotta di Corinto,
giunta per dare aiuto ai democratici, viene sconfitta in una battaglia navale di fronte a corcira.
Questo accade nel 435 a.C. Corinto non si arrende, riarma la flotta e decide di riprendere la guerra
contro corcira per epidamno. Corcira sa di non poter resistere ad un nuovo attacco più massiccio e
chiede aiuto ad Atene.
Per Atene entrare in conflitto con Corinto significa violare la pace dei 30 anni firmata con sparta nel
445 a.C. (la pace prevedeva il riconoscimento delle rispettive zone di influenza: lega delio-attica ad
Atene e Peloponneso + Grecia centrale a sparta). Interviene Pericle, politico che voleva lo scontro
perché interessato ad affermare l’egemonia ateniese. Egli sa di non poter scatenare da solo il
conflitto, e preferisce che siano gli spartani a dare inizio a tutto, in questo modo, davanti agli occhi
di tutta la Grecia, la responsabilità del conflitto sarebbe ricaduta sugli spartani. Pericle cerca di
creare situazioni di tensione che costringano gli spartani a dichiarare guerra. Pericle suggerisce ad
Atene di stipulare con corcira un’alleanza difensiva (avere gli stessi amici e gli stessi nemici,
implicava un’alleanza militare). Questo sarebbe stato compromettente per Atene, sarebbe diventata
automaticamente nemica di Corinto (si violavano i termini della pace dei 30 anni perché si colpiva
un alleato di sparta). Pericle suggerisce allora di stipulare un’epimachia (alleanza difensiva che
aveva il significato di combattere in aiuto di qualcun altro). Atene sarebbe intervenuta in difesa di
corcira qualora la città fosse stata attaccata da un’altra polis. Gli ateniesi potevano aiutare corcira
dicendo di non essere loro ad attaccare Corinto, ma Corinto ad attaccare corcira. In questo modo
intervengono senza ledere i termini della pace. La battaglia tra corinzi e corciresi viene combattuta
presso le isole Sibota. Inizia nel 433 e vede i corinzi all’inizio prevalere, ma prima del tramonto
arriva una flotta navale ateniese di 20 triremi e i corinzi decidono di ritirarsi per non scontrarsi con
Atene. La battaglia viene alla fine vinta dai corciresi. Tatticamente è una vittoria corinzia perché la
flotta di corcira viene sconfitta, ma strategicamente Corinto perde perché non riesce ad affermare la
sua supremazia su corcira e ad intervenire nella politica interna di epidamno. Questo evento
aumenta il timore che Corinto, alleata di sparta, prova nei confronti di Atene.
2) Potidea era una città che faceva parte della lega delio-attica, ma tuttavia si trattava di una colonia
di Corinto. È una città di cui Atene sospetta perché, dopo il suo scontro con Corinto teme che le
colonie corinzie all’interno della lega possano defezionare. Per prevenire questo rischio, nel 432
a.C. Atene intima a potidea di fare due cose:
- Radere al suolo le mura, in questo modo Atene aveva la certezza che potidea non si sarebbe
potuta difendere da eventuali attacchi;
- Non accogliere più l’epidamiurgo. Questa figura era un corinzio che tutti gli anni si recava a
potidea col compito di rinsaldare i legami tra la madrepatria e la colonia. Tra madrepatria e colonia
ci sono dissidi soprattutto nelle prime fasi della colonizzazione (cacciata), ma col tempo i rancori
vengono meno e prevalgono i legami culturali. Nel V secolo Potidea riconosceva il legame con la
madrepatria Corinto, che veniva garantito ogni anno dall’epidamiurgo. Era un magistrato che ogni
anno partiva da Corinto con scopi celebrativi e simboleggiava il legame tra Corinto e la colonia.
Atene fa la seconda richiesta per cercare di recidere i contatti tra colonia e madrepatria. Potidea
rifiuta di accogliere entrambi gli inviti di Atene. Atene, considerando la città come ribelle (perché
facente parte della lega), manda una spedizione navale che assedia potidea per 3 anni. L’assedio
inizia appena prima dello scoppio della guerra del Peloponneso. Anche in questo caso Atene non
viola i termini della pace dei 30 anni perché giustifica il suo intervento come a favore del fatto che
stesse riportando l’ordine nella lega delio-attica. Corinto lo ritiene invece un modo di Atene di
insediarsi in dinamiche che non le competono. Il rapporto tra Atene e potidea era politico, quello tra
Corinto e potidea era di tipo culturale.
3) Embargo commerciale che Atene stabilisce nella città di Megara, che era una città dorica a metà
tra Atene e Corinto. Corinto l’aveva sempre ritenuta come appartenente alla sua sfera di influenza.
Tucidide non parla a lungo di questa terza causa, soffermandosi maggiormente sulle prime due.
L’embargo stabilisce che i mercanti di megara non possano commerciare in tutti i porti della lega
delio-attica. Megara veniva tagliata fuori dal commercio, il commercio all’epoca era soprattutto
navale, quindi la città veniva strangolata economicamente. il motivo per cui Atene decreta questo
embargo ufficialmente è religioso. I megaresi vengono accusati di aver coltivato della terra sacra al
confine con l’attica per scopi profani. Gli studiosi del passato ritengono che fosse un modo per far
collassare l’economia di una città appartenente alla lega peloponnesiaca. Oggi si è invece meno
propensi nel vederci un motivo economico. Tucidide non spiega bene il motivo di questo decreto: si
sofferma sul motivo sacrale, che sembra più un pretesto. Di tutti gli incidenti che Tucidide
individua è quello più gratuito, che infatti poi fa scattare la guerra. La divisione del mondo greco
allo scoppio della guerra del Peloponneso Durante questi incidenti sparta non interviene mai, e
anche durante la pentecontetia era intervenuta solo occasionalmente (nella cosiddetta “prima guerra
del Peloponneso”) contro Atene per difendere i suoi alleati. Sparta ha avuto sempre un
atteggiamento restìo nell’entrare in guerra contro Atene: si occupava principalmente di garantire la
sua egemonia nel Peloponneso. Durante gli incidenti, i corinzi hanno cercato più volte di spingere
sparta alla guerra, ma dato che Atene non aveva formalmente violato i termini della pace dei 30
anni, sparta aveva sempre respinto le richieste di aiuto dei corinzi. Dopo il decreto ateniese contro
megara, i corinzi hanno messo sparta con le spalle al muro, hanno accusato sparta di non tutelare i
propri alleati in un incontro tra ambasciatori corinzi e i politici spartani. Atene si faceva sempre più
minacciosa nei loro confronti, quindi sparta avrebbe dovuto prendere le difese dei propri alleati;
quando non lo facevano gli alleati hanno iniziato a chiedersi che senso avesse continuare a far parte
dell’alleanza spartana. Se sparta non fosse intervenuta in loro difesa, si sarebbero cercati degli altri
alleati. Questo poteva voler indicare l’uscita di Corinto e altre città dall’alleanza peloponnesiaca o
addirittura un eventuale loro accordo con Atene. Questo avrebbe minacciato l’egemonia di sparta
nel Peloponneso, quindi sparta, sensibile alla questione della propria sicurezza nel Peloponneso,
interviene. Questi dialoghi sono riportati da Tucidide e a questa assemblea partecipano anche degli
ambasciatori ateniesi. Essi giustificano il comportamento di Atene dicendo che la città aveva
acquisito l’egemonia che aveva grazie alle altre città, le quali, dopo le guerre persiane l’avevano
accettata come guida. Per cui l’egemonia di Atene risultava a loro legale. Tucidide fa una
distinzione morale tra ateniesi e spartani: gli ateniesi erano per lui intraprendenti e sempre pronti a
nuove imprese, ad allargare la loro sfera di influenza usando la loro flotta; gli spartani vengono
descritti come indolenti, come un popolo che non ha voglia di prendere le difese dei propri alleati o
di uscire dai propri confini. Solo dietro la minaccia dei corinzi di uscire dall’alleanza spartana si
decidono a intervenire. Questo ritratto morale ha in realtà origini materiali: gli ateniesi erano
intraprendenti perché avevano risorse economiche grazie alla lega delio-attica, che aveva trasferito
il tesoro ad Atene; sparta era una città agricola con introiti commerciali e non aveva interessi al di
fuori del Peloponneso. Gli spartani non erano interessati a fare guerra fuori dal Peloponneso, ma
non avevano neanche le risorse per poterlo fare, Nel 431 a.C. sparta decide di intervenire, facendo
una serie di richieste ad Atene, ritenute dalla stessa inaccettabili: - Ritiro del decreto contro megara
- Sospensione dell’assedio a potidea Pericle convince gli ateniesi a respingere queste richieste;
persuade gli ateniesi che accettare queste richieste non avrebbe fatto altro che convincere gli
spartani a fare sempre più richieste, che avrebbero portato una dopo l’altra allo smantellamento
dell’impero ateniese. Gli ateniesi, sapendo che il loro benessere dipende dall’impero, respingono le
richieste e sparta dichiara guerra. Pericle è riuscito a provocare la guerra attraverso questi incidenti.
Tucidide sa che la guerra è stata formalmente dichiarata dagli spartani, ma sa anche che la
responsabilità morale della guerra è di Atene. Egli divide le cause proprio per distinguere tra la
responsabilità formale degli spartani (hanno aperto la guerra) e quella oggettiva di Atene (non ha
violato i termini della pace in modo ufficiale, però ha creato delle situazioni-pretesto). Tucidide
vede i fatti e poi ne dà un’interpretazione, distingue cause occasionali (sparta) e cause profonde
(Atene) per dare responsabilità diverse alle due polis. Senza l’espansionismo ateniese
probabilmente non ci sarebbe stata la guerra. Il primo atto bellico è un attacco notturno compiuto
dai tebani (alleati di sparta) contro la città di platea, in Beozia. Platea era una città su cui Tebe
rivendicava una supremazia politica, a cui platea si era sempre sottratta cercando l’alleanza con
Atene. Atene era sempre riuscita a garantire l’autonomia di platea. I tebani vengono catturati e
giustiziati; questo provoca un inasprimento del conflitto, i tebani vogliono vendicare i loro
compagni morti, mentre Atene ritiene che platea, sua alleata, sia stata attaccata. In realtà Tebe ha
attaccato perché sapeva che sparta era già in guerra con Atene, quindi l’attacco non è stato
occasionale. Tucidide descrive la strategia di Pericle per vincere la guerra del Peloponneso: sa che
gli spartani sono molto forti sulla terra, hanno un esercito che Atene non può pensare di affrontare
sul campo terrestre, l’esercito ateniese di terra non è all’altezza e gli alleati di Atene abitano sulle
isole o sulle coste dell’asia minore, quindi non hanno eserciti da inviare. La forza di Atene è sempre
nella flotta. Pericle riesce a far accettare con difficoltà la sua idea: trasformare Atene in un’isola.
Pericle suggerisce di rinunciare alla difesa dell’attica (campagna) e di ritirare la popolazione entro
le mura della città. Gli spartani non erano esperti di assedi, concentrare la popolazione nelle mura di
Atene voleva dire che la città poteva ancora ottenere i rifornimenti alimentari necessari dal mare,
attraverso il porto del Pireo che era collegato in modo sicuro alla città. Non era necessario difendere
la campagna per avere fonti di sostentamento. La flotta ateniese aveva l’egemonia sicura. Pericle
immaginava che sparta e i suoi alleati si sarebbero sfogati in invasioni periodiche dell’attica,
devastando i raccolti e i villaggi che rappresentavano il fulcro della democrazia ateniese. Secondo
Pericle, salvando i cittadini e mantenendo la flotta, sarebbe potuta continuare la guerra sul mare. La
strategia di Pericle era lasciare che gli spartani distruggessero l’attica e nel mentre colpire con la
flotta le coste del Peloponneso. L’obiettivo di Pericle era quello di trasformare la guerra del
Peloponneso in una guerra di logoramento del nemico. In questo modo, gli spartani, vedendo
l’inutilità dei loro sforzi contro Atene e di fronte alle invasioni via mare degli ateniesi, si sarebbero
arresi firmando una pace. Pericle non pensava all’eventualità di conquistare sparta  si trovava
nell’entroterra e gli ateniesi potevano al massimo colpire gli alleati di sparta sulla costa. Pericle
contava sul fatto che sparta avrebbe voluto fare la pace prima o poi, questo significava riconoscere
la supremazia di Atene sulla Grecia (sparta avrebbe ammesso di non poter competere con Atene in
Grecia). La guerra va avanti per anni con questo equilibrio: Atene che primeggia sul mare e sparta
sulla terraferma.
Prima fase – guerra archidamica (431-421 a.C.)
Questi momenti consentono a Tucidide di fare delle riflessioni sulla guerra in generale. Come aveva
previsto Pericle, i peloponnesiaci invadono l’attica durante la stagione del raccolto e lo distruggono.
Gli ateniesi si rifugiano nelle mura di Atene e lasciano che la campagna venga devastata.
Questa fase si chiama così perché fino al 427 a.C. (quando muore) il comandante dell’invasione
spartana è il re spartano Archidamo II. Mentre gli spartani invadono l’attica, gli ateniesi compiono
delle spedizioni navali nel Peloponneso, facendo razzie, invadendo poli commerciali e prendendo
prigionieri. Atene in questo periodo è colpita da una calamità imprevedibile e disastrosa: la peste
(termine generico che si usava per indicare pestilenze che non si era in grado di comprendere). Oggi
non sappiamo di che malattia si trattasse. Tucidide descrive in modo dettagliato la peste perché lui
stesso ne fu colpito, sopravvivendo. La peste arrivò dall’Etiopia e arrivò fino all’impero persiano. In
Grecia colpì solo Atene probabilmente perché la malattia viaggiava con le navi e i mercanti, Atene
aveva la supremazia sul mare e in questo periodo di guerra solo gli ateniesi solcavano il mare.
Questa egemonia di Atene sul mare ha risparmiato il Peloponneso dall’arrivo della peste. Il
contagio è stato favorito anche dal forte assembramento della popolazione all’interno delle mura di
Atene. Questa peste ha provocato tantissimi morti. Gli ateniesi non erano esperti del contagio e
commisero l’errore di mandare rinforzi alle truppe che assediavano potidea, i rinforzi portarono la
peste anche all’esercito di potidea.
La situazione era disastrosa, tant’è che un anno gli spartani rinunciarono ad invadere l’attica per
paura di essere contagiati.
Nel 429 a.C. muore Pericle di peste, così come i suoi due figli. Pericle, prima di morire, chiede e
ottiene dagli ateniesi una deroga alla legge sulla cittadinanza che lui stesso aveva fatto approvare 20
anni prima (solo chi aveva sia padre che madre ateniese potevano essere considerati cittadini
ateniesi). Pericle aveva ancora un figlio illegittimo, nato da una concubina straniera. La deroga
consisteva nel non lasciare che la sua stirpe morisse con lui, e che quindi questo figlio venisse
accettato come cittadino ateniese (Pericle il giovane). Dopo la morte di Pericle, Tucidide fa un
bilancio generale della sua politica: egli riconosce le responsabilità di Pericle nello scoppio della
guerra, ma dice anche che Pericle aveva consentito agli ateniesi di vincere la guerra con la sua
strategia.
Pericle aveva avuto un atteggiamento prudente, aveva consigliato di non cercare di allargare
l’impero ateniese ulteriormente fino a quando fosse stata in corso la guerra contro sparta. Prima
bisognava vincere la guerra contro sparta, poi si poteva pensare di allargare l’impero. Tucidide dice
che, se gli ateniesi fossero rimasti fedeli a questa strategia, probabilmente avrebbero vinto la guerra,
senza farla terminare in catastrofe diversi anni dopo. Dà un giudizio che salva Pericle; i suoi
successori non lo hanno ascoltato e hanno condotto Atene al disastro. Fatto sta che Pericle ha una
grande responsabilità riguardante lo scoppio della guerra. Tucidide dice che sotto Pericle la
democrazia era presente solo a parole. Pericle fu accusato infatti dai suoi oppositori di essere un
tiranno, cosa che non fu. Aveva però un consenso popolare tale da poter fare approvare qualsiasi
sua decisione. Dopo la morte di Pericle, la democrazia ebbe un’ulteriore evoluzione/involuzione, gli
uomini politici che emersero dopo di lui non erano più espressione dell’aristocrazia, ma del popolo.
L’esito della politica periclea (che aveva favorito la partecipazione popolare alla vita politica al fine
di ottenere il consenso e governare contro i suoi rivali) fu l’emergere di politici di origine popolare.
Gli oppositori di Pericle ci hanno lasciato un ritratto di Pericle molto diverso da quello che fa
Tucidide: per Platone Pericle era un capopopolo che aveva rovinato la città di Atene, favorendo
l’emergere di figure non aristocratiche ai vertici della politica ateniese; dando il salario ai cittadini
aveva corrotto il popolo e aveva favorito l’emergere di persone non all’altezza della vita politica.
Secondo gli oppositori la politica di Pericle aveva prodotto sia la guerra del Peloponneso, sia lo
scadere della democrazia ateniese. Tutto il male di Atene era da attribuirsi a Pericle. Tucidide
apprezzava molto Pericle, al contrario della democrazia radicale che si instaurò dopo la sua morte.
Ricordava Pericle come colui che, pur promuovendo la democrazia, era stato in grado di dirigere la
polis in modo sensato. Era un politico capace in grado di tenere sotto controllo il popolo. Nel 429
a.C. viene espugnata potidea, gli ateniesi cacciano la popolazione e instaurano una cleruchia.
Cominciano poi delle rivolte all’interno della lega delio-attica:
1) Rivolta di Lesbo: avviene de 428 a.C. La città viene assediata ed espugnata. Aveva chiesto aiuto
a sparta, che inviò le poche navi disponibili, le quali non arrivano in tempo. Sparta non riesce ad
aiutare molto i membri della lega che si vogliono ribellare ad Atene. La decisione riguardo la
punizione da infliggere a lesbo dà la possibilità a Tucidide di riflettere sull’impero ateniese
(uccidere uomini e rendere in schiavitù donne e bambini). Inizialmente gli ateniesi decidono, sotto
iniziativa di Cleone (politico di bassa estrazione), di punire gli abitanti le lesbo con la morte, pur
non essendo una città che forniva i tributi. Lesbo era infatti una polis che forniva alla lega le navi.
Cleone rinfacciava alla città di essersi ribellata pur essendo autonoma. Tucidide racconta che pochi
giorni dopo ci fu un dialogo tra Cleone e un altro cittadino di nome Diodoto, in cui ciascuno
sostiene le ragioni delle due parti. Cleone ribadisce che, secondo lui, perdonare il popolo e punire
solo gli oligarchici che avevano guidato la rivolta avrebbe fatto sì che in futuro ci sarebbero state
altre rivolte. Altre poleis si sarebbero ribellate, sapendo che le alternative erano o la libertà in caso
di vittoria o il perdono in caso di sconfitta. Bisognava colpire col pugno duro i ribelli per
scongiurare altre rivolte nell’impero. Cleone riconosceva che l’impero ateniese non era basato sulla
giustizia, ma sulla forza. Cleone paragona Atene ad una tiranna della Grecia (dominio ingiusto da
esercitare, ma pericoloso da perdere). Se Atene avesse perso questo dominio, le altre città avrebbero
potuto coalizzarsi contro di lei per vendicarsi della sua egemonia. Cleone mette in guardia gli
ateniesi dall’essere clementi, i segnali di debolezza avrebbero fatto nascere altre rivolte. Diodoto
dice che, se non si fosse fatta una distinzione tra oligarchi che avevano guidato la rivolta e il popolo
che aveva accettato passivamente la situazione, allora altre poleis si sarebbero ribellate senza più
arrendersi. Se i cittadini sanno che, pur discostandosi dalla rivolta voluta dagli oligarchi, non ci sarà
perdono per nessuno, allora non si arrenderanno e continueranno a lottare fino all’ultimo uomo. Ci
voleva qualcuno che si opponesse alla ribellione degli oligarchi o che volesse una resa rapida
confidando nel perdono. La posizione di Diodoto alla fine prevale e a lesbo vengono giustiziati solo
gli oligarchi. Viene avviata una cleruchia guidata da cittadini ateniesi in modo da scongiurare una
nuova rivolta.
2) Nel 427 a.C. avviene la caduta di platea. Era una città alleata di Atene, che viene assediata a
lungo da sparta e Tebe e poi conquistata. Per volere di Tebe viene rasa al suolo e la popolazione
viene giustiziata.
3) Nel 427 a.C. inizia una guerra civile a Corcira tra oligarchi e democratici. La guerra finisce
rapidamente con la vittoria dei democratici, i quali sterminano gli oligarchici. Tucidide racconta che
questa guerra è stata un prodotto della guerra del Peloponneso, ha alimentato la rivalità tra
democratici e oligarchici all’interno delle poleis. Oltre alla guerra tra sparta e Atene e i rispettivi
alleati, la guerra del Peloponneso porta anche a scontri interni alle poleis (oligarchici = filo-spartani;
democratici = filoateniesi). Lo scontro Atene/sparta si riproduce in piccolo in ciascuna polis con
molta violenza. I vincitori democratici a corcira non hanno concesso il perdono a nessuno degli
oligarchici. Gli ateniesi avevano chiesto di salvare almeno quelli che erano sopravvissuti allo
scontro, ma l’odio tra democratici e oligarchici era troppo forte, i perdenti vengono sterminati.
Tucidide fa una riflessione sulla guerra, che viene definita ‘maestra di violenza’ perché insegna la
violenza anche a quegli uomini che in tempo di pace non la praticherebbero. In tempo di guerra
diventa pensabile e attuabile tutto ciò che è inconcepibile durante i periodi di pace.
La guerra alimenta odio e rivalità, portando gli uomini a fare ciò che durante i momenti di pace non
farebbero. La guerra genera violenza anche non tra i soli soldati, anche all’interno della città.
Nel 425 a.C. gli ateniesi ottengono importanti vittorie a Pilo (territorio spartano), dove riescono ad
attirare su un’isola 120 spartiati e a catturarli. È una perdita notevole per una città oligarchica (non
molti abitanti, quindi 120 è già un numero significativo) come Sparta.
Dopo questo evento gli spartani rinunciano alla periodica invasione dell’attica, paura che Atene
giustiziasse i prigionieri. Gli spartani rispondono nel 424 a.C. con una spedizione militare in
Calcidica (regione in cui sorgeva Potidea).
Sparta per la prima volta compie una grande spedizione fuori dal Peloponneso, guidata da Brasida e
conquista la città di Anfipoli. È una perdita notevole per Atene perché ad anfipoli si riforniva del
legname necessario alla costruzione delle sue navi. Lo storico Tucidide guidava la flotta ateniese
più vicina alla città, ma non riesce ad arrivare in tempo e ad evitare la conquista della città, Tucidide
viene esiliato da Atene, perde la possibilità di fare politica e inizia a fare lo storico. Due anni dopo,
nel 422 a.C. Cleone, che era stato l’artefice della cattura dei 120 spartiati, viene inviato ad anfipoli
per cercare di riconquistarla. Avviene una delle poche battaglie campali della guerra del
Peloponneso, in cui trionfano gli spartani. Cadono però in battaglia sia Brasida che Cleone,
muoiono i due comandanti, che erano anche i principali personaggi a favore della prosecuzione
della guerra. Ad Atene e sparta si può iniziare a parlare di pace. Nel 421 a.C. viene stipulata dalle
due città la pace di Nicia, che si chiama così perché Nicia era il politico ateniese che la firma. Nicia
era il fautore della pace e porta avanti i negoziati. È una pace che ripristina la situazione di prima:
sparta riconosce l’impero ateniese e la sua sfera di influenza; Atene deve rinunciare a estendere la
sfera di influenza aldilà dei confini già stabiliti. Sparta riesce a garantire la sicurezza delle sue
alleate. È una pace molto fragile perché gli alleati di sparta non erano contenti delle clausole,
speravano che l’impero ateniese venisse sciolto. Sparta non è stata in grado di fare ciò e si è
accordata con Atene per ripristinare la situazione che c’era all’inizio della guerra. È una pace che
dura pochi anni.
Continuo guerra del Peloponneso...
Seconda parte Nel 421 a.C. (431 – 404 a.C.).
La prima parte della guerra termina con la pace di Nicia. È una pace fragile perché gli alleati di
sparta (in particolare Corinto e Tebe) non sono contenti dell’esito della guerra. L’impero ateniese,
infatti, viene riconosciuto da sparta, che si impegna a non interferire con il suo potere. Si erano
riconosciute rispettivamente le sfere di influenze e si erano accordate per darsi aiuto
vicendevolmente in caso di pericolo. Tucidide (ha coniato lui il termine della guerra), si rende conto
che in realtà questo periodo di pace è solo una pausa all’interno di un conflitto più ampio. In questo
periodo si ha l’ascesa di Alcibiade (figlio di una cugina di Pericle). È un personaggio ambizioso,
carismatico, affascinante. Voleva emergere per diventare il nuovo Pericle e guidare la democrazia.
Purtroppo arriva nel momento sbagliato. Egli arriva alla carica di stratego quando è stata fatta la
pace. Per emergere aveva bisogno di una situazione bellica. Inoltre dopo Pericle si era affermata ad
Atene la democrazia radicale, il popolo esprime una serie di capi che non provengono
dall’aristocrazia, ma dal popolo. Si riduce lo spazio per gli aristocratici.
La scena politica era dominata dal popolo ed era molto forte l’elemento collettivo. Per affermare sé
stesso compie delle giravolte incredibili e mette anche in pericolo Atene. Il primo gesto che compie
è quello di cercare di ravvivare il conflitto tra Atene e sparta. Lavora per creare una coalizione tra
Atene e tre città del Peloponneso: argo, mantinea ed elide. Questo indicava una minaccia per sparta.
Si arriva nel 418 a.C. alla battaglia di mantinea, che Tucidide descrive come la più grande battaglia
combattuta dai greci dai tempi delle guerre persiane. Vincono in questo caso gli spartani. La
situazione paradossale è che le due città sono alleate, hanno firmato una pace, ma nonostante
l’attacco di Atene non ritiene di dover riprendere una guerra. Era una guerra che non dava
prospettive, si trattava di una guerra di stallo, Atene era superiore sul mare, ma sparta sulla terra.
Sparta si accontenta di aver sventato la minaccia alla sua integrità.
La spedizione si ritorce contro Alcibiade, a cui viene rinfacciata la responsabilità della sconfitta. Il
demagogo Iperbolo (capo di una fazione popolare) cerca di eliminare dalla scena politica Alcibiade
perché minaccia la democrazia. Egli ricorre alla procedura dell’ostracismo. Alcibiade per sfuggire
all’ostracismo non esita a stringere un accordo con Nicia (persona più lontana da Alcibiade perché
voleva la pace). Nicia era un personaggio di spicco, era un altro che rischiava di essere ostracizzato.
I due si sono accordati per far convergere i voti dei loro sostenitori su Iperbolo, che viene
ostracizzato nel 417/6 a.C. Iperbolo era un popolano che non aveva aspirazioni tiranniche.
L’ostracismo anche qui viene usato per colpire dei rivali politici. Da decenni non era più uno
strumento usato per difendere la democrazia. Fino a questo momento aveva sempre colpito degli
aristocratici. Dopo l’ostracismo di iperbolo gli ateniesi si rendono conto che non è più uno
strumento utile, ma che anzi è nelle mani degli aristocratici contro il popolo. Non viene abolito, ma
non viene più usato ad Atene.
Nel 416 si ha l’assedio ateniese e la conquista dell’isola di Melo, abitata dai dori. Questa isola
aveva mantenuto un atteggiamento neutrale durante la guerra del Peloponneso. Non poteva stare
contro sparta perché ha delle affinità con essa di tipo culturale; non poteva stare contro Atene
perché essendo un’isola avrebbe perso sicuramente contro di loro (padroni del mare). Atene chiede
a melo di entrare a far parte della lega delio-attica. Gli oligarchi meli non vogliono sottomettersi ad
Atene perché non hanno fatto nulla contro la città. Non ritenevano di dover entrare a far parte della
lega. Gli ateniesi rispondono che non potevano accettare la presenza di un’isola neutrale, essendo
loro una potenza navale. Chiedono a melo di arrendersi. I meli si appellano agli dèi, se gli ateniesi
avessero attaccato la città, sarebbero andati contro agli dèi. Gli ateniesi rispondono che gli dèi non
si occupano delle vicende umane. Melo viene distrutta e la popolazione viene ridotta in schiavitù.
Tucidide mette a confronto le due popolazioni: melo fornisce argomentazioni sulla giustizia (non
avevano fatto del male ad Atene e non volevano voltare le spalle a sparta); Atene usa solo la forza e
la ragione del più forte. Tucidide vuole smascherare il velo che gli stati mettono per giustificare la
guerra. Melo non era una minaccia, ma faceva sembrare più deboli gli ateniesi. Alcibiade mette gli
occhi sulla Sicilia, che al tempo era una regione molto ricca. Voleva sottomettere le colonie della
Sicilia per farle entrare nella lega delio-attica. Questo significava far pagare ad altre poleis il tributo.
I tributi servivano per la flotta e anche per le opere architettoniche. Alcibiade fa sognare gli ateniesi,
che in quel periodo si credevano invincibili. Erano convinti di poter sottomettere la Sicilia. Tucidide
dice che vengono prese queste decisioni senza una cognizione reale della difficoltà dell’impresa.
Fanno il passo più lungo della gamba. Tucidide individua nella spedizione di Sicilia il momento
cardinale della guerra del Peloponneso. Inizialmente Atene aveva buone possibilità di vincere
contro sparta, dopo questa spedizione in Sicilia perde chance. Si va contro alle raccomandazioni di
Pericle: rimanere in una posizione di difesa rispetto a sparta. In caso di sconfitta in Sicilia l’impero
ateniese rischiava di venire cancellato. Tucidide segna questa spedizione come l’inizio della fine
dell’impero ateniese. L’occasione per intervenire in Sicilia viene fornita dalla richiesta di aiuto della
città di Segesta. Era una città in conflitto con la polis greca di Selinunte e Siracusa. Per Atene
intervenire per Segesta significava intervenire contro una città affiliata a Corinto (Siracusa ne era
una colonia). Segesta non era una polis greca, ma era stata fondata da troiani fuggiti dopo la guerra.
Tucidide ha capito che questa spedizione era una prosecuzione della guerra archidamica (prima
parte guerra del Peloponneso). Alcibiade soccorre Segesta. A opporsi a questa spedizione è Nicia:
egli avverte gli ateniesi che questo conflitto
avrebbe necessitato una preparazione
grandissima in termini di denaro, soldati ecc.
Gli ateniesi si preparano e organizzano un
esercito di 25 mila soldati + quelli degli
alleati. Al comando si hanno Alcibiade, Nicia
(non voleva partecipare, ma fu convinto dal
popolo) e lamaco (generale senza tante
aspirazioni politiche). La spedizione parte nel
415 a.C., ma accade un evento che mina il
successo di essa, scandalo delle erme e dei
misteri. Le erme erano delle statuette sacre, che vengono trovate mutilate. Iniziano a girare delle
voci che sostenevano la colpevolezza di un gruppo di aristocratici ubriachi. Inizia a girare la voce
che l’azione fosse stato un primo passo per instaurare l’oligarchia. Si crea una situazione di isteria
collettiva. Sono le indagini si viene a scoprire che in alcune case aristocratiche era stata tenuta la
parodia dei misteri (cerimonie religiose che venivano riservate solo alle persone che avevano
ricevuto una procedura di iniziazione). Chi non veniva iniziato non sapeva cosa avvenisse in queste
cerimonie. Gli aristocratici avevano celebrato i misteri in un luogo non consacrato e di fronte a
persone non iniziate (tra cui gli schiavi). Si è scoperto che Alcibiade e i suoi erano responsabili.
Alcibiade negò tutto e chiese di essere subito processato, convinto di poter dimostrare la sua
innocenza. Ad accusarlo erano varie persone, tra cui un demagogo chiamato Androcle, che faceva
un po' da capopopolo. Androcle riteneva che non fosse prudente processare Alcibiade con tutto
l’esercito pronto a partire, i giudici avrebbero avuto pressione e avrebbero assolto Alcibiade per
farlo partire per la guerra. Sicuro non erano intenzionati a instaurare un’oligarchia a scapito della
democrazia. È stato solo un gesto sbagliato. L’accusa di minare la democrazia fu montata dai suoi
oppositori. Gli accusatori lasciano che Alcibiade parta con la spedizione. La polis di Catania offre la
base per poi attaccare Siracusa. Alcibiade viene chiamato subito per tornare in patria per subire il
processo. Si rende conto che senza l’esercito lo avrebbero ucciso, quindi scappa in una sorta di
autoesilio a sparta. Egli inizia a suggerire a sparta di riprendere la guerra contro Atene. Si vuole
vendicare di quella democrazia che lo ha costretto all’esilio. È il primo a voler aiutare i propri
nemici per vendicarsi. Senza Alcibiade, al comando rimangono Nicia e lamaco.
Lamaco muore in combattimento nel 414 e rimane solo Nicia al comando (proprio lui che era
contrario). La più grande spedizione ateniese inizia male: il più grande promotore è costretto a
fuggire e a tramare con i nemici. Su suggerimento di Alcibiade, sparta invia rinforzi a Siracusa
comandati da Gilippo. Anche Atene manda dei rinforzi. Tuttavia la situazione degli ateniesi non
migliora. Siracusa si trova bloccata dal mare, ma non da terra. Nel 413 Nicia si rende conto che non
c’è possibilità di vittoria e che è meglio ritirarsi per evitare di perdere totalmente. La notte della
partenza si ha un’eclissi di luna. Gli indovini gli suggeriscono di aspettare perché era un segno
infausto. La flotta di Siracusa attacca quella ateniese, che viene distrutta. Gli ateniesi rimangono
bloccati in Sicilia. La loro ritirata diventa caotica, fuggono casualmente verso Catania. L’esercito
perde di compattezza e anche di forza. I siracusani riescono in parte a catturare e in parte a uccidere
i fuggitivi. La spedizione termina con un disastro colossale. Quando arriva la notizia della sconfitta
ad Atene, gli ateniesi neanche ci credono. Questa sconfitta apre l’ultima fase della guerra nel
Peloponneso. Alcibiade consiglia a sparta di invadere ogni anno una parte dell’attica (campagna)
per fare razzia di raccolto. Gli ateniesi non rispondono perché sanno di essere inferiori. Stabilire una
fortificazione in attica significava rendere costante la minaccia spartana.
L’ultima fase si chiama ‘guerra deceleica’ che è una guerra combattuta nell’egeo. Inizia alla fine del
413, negli stessi giorni in cui Nicia decide di ritirarsi. La svolta nel conflitto è l’alleanza che sparta
stringe con l’impero persiano. Sparta aveva guidato i greci contro i persiani, adesso cercano insieme
di smantellare l’impero ateniese. I persiani volevano riprendere il controllo delle città della costa
occidentale dell’asia minore. Sparta aveva bisogno del sostegno finanziario dei persiani, che
raccoglieva tributi dai popoli sottomessi (oro). Il trattato di alleanza (412 a.C.), prevedeva che
sparta riconoscesse la sovranità delle città dell’asia minore da parte dei persiani, in cambio il re
Dario II si impegnava a dare aiuto economico e in guerra agli spartani. Per la prima volta sparta
costruisce una flotta in grado di competere con quella ateniese. In questa fase Alcibiade trama per
tornare ad Atene come salvatore della patria. Ad Atene avviene un colpo di stato oligarchico che fa
cadere la democrazia dopo un secolo. La democrazia era solida finché le cose andavano bene. Gli
oligarchi che volevano rovesciare la democrazia operavano nell’ombra, non partecipavano alla vita
politica aspettando il momento giusto. Quando Atene viene sconfitta in Sicilia e sparta inizia a fare
paura, il popolo ateniese inizia a temere per la propria sopravvivenza. Avevano paura di fare la fine
di Melo. Il popolo ateniese è più disposto a cambiamenti costituzionali. Alcibiade stabilisce una
relazione sentimentale con la moglie del re. Nasce un figlio che inizialmente fu riconosciuto del re.
Tutto sapevano che fosse figlio di Alcibiade, che scappa da sparta e si rifugia presso Alcibiade
prende contatti con gli oligarchi, in particolare Pisandro.
Alcibiade gli promette che grazie ai suoi contatti con La guerra del Peloponneso è fatale per la
Grecia, quando ci sono dei conflitti interni, è più facile per gli stranieri farsi avanti. Dario II sfrutta
a suo vantaggio la rivalità tra Atene e sparta. Pisandro trova Atene in una situazione difficile. Egli
dice che l’impero persiano avrebbe potuto allearsi con Atene se la città avesse cambiato la sua
costituzione. Per prima cosa viene abolita la libertà di opposizione di ogni cittadino alle leggi.
Subito dopo pisandro riesce a far approvare leggi che vanno contro il regime democratico. Gli
oligarchi riescono a creare un clima di paura ad Atene. Tanti capipopolo vengono uccisi (androclo,
iperbolo) senza che ci fossero processi o accusati di omicidio. Tutti avevano paura di essere uccisi
qualora si fossero opposti alle riforme. All’assemblea iniziarono a presentarsi persone armate. Non
si sapeva quanti fossero i congiurati.
Cospiratori oligarchici: Antifonte, Pisandro, Frinico, Teramene.
Gli oligarchi propongono riforme per salvare Atene, ma che in realtà servono ad affossare la
democrazia: - Abolizione della bulè dei 500, sostituita dalla bulè dei 400. Il loro compito era quello
di redigere una lista di 5000 cittadini (dai 30 mila iniziali).
- Abolizione della retribuzione delle cariche e riduzione del corpo civico a soli 5000 cittadini
abbastanza facoltosi da potersi armare a proprie spese. Gli altri vengono esclusi dalla cittadinanza.
Assassinio di Iperbolo a Samo e di Androcle ad Atene.
A Samo si manifesta l’opposizione, non accettano il colpo di stato oligarchico ad Atene. Sono
guidati da trasibulo. Egli richiama Alcibiade, che adesso passa dalla parte della democrazia dopo
aver favorito il colpo di stato oligarchico. Il suo unico scopo era quello di conservare il proprio
potere. Alcibiade manda a monte l’alleanza tra Atene e i persiani, in questo modo mina la stabilità
del regime oligarchico. La situazione degenera. Avviene una sommossa popolare che porta alla
caduta dei quattrocento.
Nel 411 a.C. Tucidide era per una democrazia moderata. Il regime dei 5000 gli piaceva, ma dura
poco. Il suo racconto termina proprio alla fine del 411 a.C. Il racconto dei fatti successivi viene
ripreso da Senofonte, che non è così preciso come Tucidide.
Tra 411 e 409 a.C. Vittorie ateniesi sul mare.
Assassinio di Frinico, fuga di Pisandro, condanna a morte di Antifonte.
Il popolo decide di perdonare Alcibiade, che nel 408 torna ad Atene al vertice del potere come
stratego. Alcibiade fallisce: si trova a fronteggiare Lisandro (personaggio ambizioso che stringe
un’alleanza con ciro il giovane – figlio di Dario II).
Lisandro, non è un re, ma un condottiero molto ambizioso che mette in campo una flotta potente
che infligge una sconfitta ad Atene. Il popolo ateniese era volubile, dopo questa sconfitta (sconfitta
di Nozio) Alcibiade viene esiliato perché non è stato all’altezza delle aspettative che gli ateniesi
avevano su di lui.
Nel 406 la flotta ateniese riesce a vincere nella battaglia delle arginuse (confini del nord del mar
Egeo). Gli strateghi vengono accusati di non aver salvato i naufraghi perché, dopo la battaglia era
scoppiata una tempesta. Il popolo ha visto in questo un menefreghismo per il popolo; quindi,
vengono condannati a morte i comandanti.
Vittoria decisiva del navarco spartano Lisandro a Egospotami (405 a.C.) Atene perde la sua flotta,
che viene catturata da Lisandro. Atene deve arrendersi. Tebe e Corinto vorrebbero per lei una
punizione esemplare, distruzione + riduzione in schiavitù.
Resa di Atene (aprile 404 a.C.) Sparta si oppone perché Atene non era più pericolosa. Vengono
imposte delle condizioni punitive (distruzione delle mura, scioglimento lega Delio – Attica), ma la
città di Atene entra anche in alleanza con sparta.
Scontento degli alleati di Sparta, soprattutto Tebe e Corinto: Tebe e Corinto sono scontente per il
mite trattamento riservato ad Atene. Maturano una disaffezione verso sparta, che si comporta già
come città egemone.
- Regime dei Trenta Tiranni da Atene (404/3 a.C.): Sparta impone ad Atene
un’oligarchia molto rigida: governo di soli 30 uomini filo spartani, che reggono il governo per
alcuni mesi. I cittadini vengono ridotti a 3000. Crizia e teramene guidavano questo governo di
30 persone.
Sconfitta dei Trenta Tiranni (che iniziarono anche ad uccidersi tra loro), per mano degli esuli
ateniesi guidati da Trasibulo e restaurazione della democrazia ad Atene (403 a.C.)
- C’è una forte opposizione al governo dei trenta, guidata da trasibulo. La violenza delle
30 persone li ha fatti ricordare come i ‘trenta tiranni’. Trasibulo si era rifugiato a Tebe, città
che appoggia i democratici fuggiti per ristabilire la democrazia ad Atene. Nel 403 a.C.
trasibulo invade l’attica, riesce a rientrare ad Atene e a rimettere a posto la democrazia. A
quel punto lisandro avrebbe dovuto intervenire per riportare l’oligarchia ad Atene, ma viene
fermato dal re spartano Pausania per indebolirlo. Lisandro era diventato troppo potente. Atene
rimane nell’alleanza spartana.
Coturno: simile al detto un piede in due scarpe.
LE EGEMONIE SPARTANA E TEBANA
Con la fine dell’egemonia ateniese, avvenuta nel V secolo, il IV secolo è caratterizzato dal tentativo
delle poleis più potenti di ricreare un’egemonia che tenesse il controllo sull’intera Grecia.
L’egemonia di una sola polis sull’intera Grecia non è però più possibile in questo periodo. Questo
secolo è molto più caotico rispetto al V (che era diviso in due tra le potenze di Atene e sparta,
dunque era più lineare). Anche le poleis più potenti non sono in grado di avere il controllo sulla
Grecia perché la guerra era diventata troppo dispendiosa. La guerra del Peloponneso aveva
necessitato di un dispendio di denaro, uomini e forze tale che non fosse più possibile avere a
disposizione così tante risorse da fare la guerra o imporre il proprio dominio. Prima della guerra del
Peloponneso, gli scontri si concentravano nella bella stagione; solo sparta aveva un esercito di
professione. Le altre poleis avevano cittadini che nella vita quotidiana facevano altre professioni e
che in caso di guerra diventavano soldati (solo in bella stagione). La guerra del Peloponneso ha
esteso le spedizioni in tutto il territorio greco e le spedizioni sono diventate più lunghe e difficili da
limitare nella bella stagione. La guerra è diventata anche più dispendiosa: nel IV secolo molte città
greche non possono permettersi di fare la guerra con i propri cittadini e dovevano usare dei
mercenari, che andavano pagati. Le risorse delle singole polis non erano sufficienti per esercitare
un’egemonia estesa su tutta la Grecia. Dopo la guerra del Peloponneso l’impegno bellico che si
chiede alle poleis è troppo grande. Atene aveva esercitato il potere nel secolo precedente soprattutto
grazie ai tributi che venivano dati dalle polis appartenenti alla lega delio-attica. Dopo la guerra del
Peloponneso: Atene si arrende nel 404 a.C. a sparta, in particolare all’ammiraglio Lisandro che ha
catturato la sua flotta a Egospotami.
La città senza navi non riesce più a difendersi, a imporre la sua sovranità sugli alleati e a riscuotere i
tributi. Viene assediata da terra dagli spartani provenienti da Decelea e per mare da lisandro. Tebe e
Corinto avrebbero voluto la distruzione totale di Atene per vendicarsi dei 27 anni di guerra che
attribuivano agli ateniesi e al loro espansionismo. In questo modo si sarebbe scongiurata una ripresa
della città con il conseguente rischio di
avere di nuovo l’egemonia. Sparta rifiuta
di radere al suolo la città e ridurre la
popolazione in schiavitù perché vede
che ormai Atene è sconfitta, senza flotta
e non la ritiene più una minaccia. Sparta
teme invece che Tebe e Corinto, sue
alleate possano rafforzarsi e diventare
rivali. Impone delle condizioni di pace
molto dure ad Atene: - Le mura devono
essere rase al suolo in modo tale che non
potesse ribellarsi - La lega delio-attica
viene sciolta, Atene perde il suo impero
- Atene deve consegnare ai vincitori
quello che resta della sua flotta. Può
tenere solo 12 navi, che servivano per proteggere le coste ma non sufficienti per fare spedizioni e
imporre il proprio volere. - Sparta fa entrare Atene nella sua alleanza, la lega peloponnesiaca.
Questa soluzione non piace né a Tebe né a Corinto, che volevano una punizione esemplare per la
città che per quasi 80 anni avevano esercitato un potere che gli stessi ateniesi consideravano
‘tirannide’. Tebe e Corinto si rendono conto che sparta si comporta esattamente come Atene,
nonostante il contributo che loro hanno dato alla guerra, sparta decide per conto suo il da farsi. Tebe
e Corinto iniziano a maturare ostilità nei confronti di sparta. Sparta impone anche ad Atene un
governo di tipo oligarchico, il regime dei 30 tiranni: 30 cittadini ateniesi di fede oligarchica e alleati
degli spartani vengono messi al potere. Essi devono redigere la nuova costituzione di Atene. Il
corpus civico viene ridotto a soli 3000 cittadini (1/10 dei cittadini che era arrivata a contare l’Atene
democratica). Coloro che non sono più considerati cittadini rimangono uomini liberi ma sono
esclusi dalla polis. Atene diventa un’oligarchia come sparta. I cittadini ateniesi che perdono la
cittadinanza si trovano in una posizione analoga a quella dei perieci a sparta (abitanti liberi della
laconica che abitavano con gli spartiati ma che non avevano diritti politici). I 3000 cittadini scelti
sono quelli ricchi, in grado di armarsi censo oplitico. I 30 tiranni si macchiano in pochi mesi di
ogni tipo di nefandezza, ecco perché vengono ricordati in maniera negativa. Essi avevano un
disperato bisogno di denaro per far andare aventi la macchina statale, pagare il debito di guerra a
sparta e per avidità. Mettono a morte senza processo centinaia di ex cittadini ateniesi abbastanza
ricchi da poter confiscare loro un patrimonio significativo. È un regime minato al suo interno dai 2
personaggi di spicco: crizia era un oligarca estremista che voleva ridurre il più possibile il corpus
civico e rafforzare l’alleanza con sparta; teramene era un oligarca moderato che nel 411 a.C. aveva
partecipato al colpo di stato con gli oligarchici. Era sostenitore di una democrazia moderata o di una
oligarchia allargata. Dal loro conflitto interno ne esce sconfitto teramene, che viene arrestato
illegalmente da crizia e messo a morte senza processo. Anche crizia esce di scena dopo poco perché
i cittadini ateniesi esuli (che sono scappati da Atene dopo la resa della città e l’instaurarsi dei 30
tiranni) si erano rifugiati a Tebe. Tebe era insoddisfatta della pace fatta con sparta, quindi aveva
assunto un atteggiamento benevolo nei confronti di Atene, accogliendo i cittadini fuggiti e
sostenendoli affinché tornassero in patria e rovesciassero il regime dei 30 tiranni. Questo significava
per Tebe andare contro sparta, gli oligarchi simboleggiavano l’alleanza tra Atene e sparta. Tebe
voleva indebolire l’egemonia di sparta, che temeva tanto quanto quella di Atene prima della guerra.
Gli esuli democratici ateniesi vengono guidati da trasibulo (stesso generale che nel 411 a.C. aveva
guidato la resistenza democratica contro il colpo di stato oligarchico) nel 403 a.C. entrano ad Atene
e sconfiggono nella battaglia del Pireo gli oligarchi. Crizia cade in combattimento e riescono a
conquistare la città. Il regime viene rovesciato e viene instaurata nuovamente la democrazia. Sparta
non interviene per rimettere il regime ad Atene perché è occupata con un dissidio interno che ha a
che fare con la dirigenza spartana. Lisandro, l’ammiraglio che nella fase deceleica ha guidato la
flotta spartana alla vittoria, aveva acquisito un prestigio enorme. Aveva catturato la flotta ateniese e
liberato le poleis dalla dominazione di Atene.
Alcune di queste poleis aveva attribuito un valore divino a Lisandro, costruendo per lui statue e
celebrando per lui dei riti. Questa era una cosa singolare: la civiltà ateniese cercava l’eguaglianza
tra i suoi cittadini, mentre lisandro veniva trattato da dio. Lisandro faceva paura perché si era
costruito una rete di amicizie e contatti in tutto l’egeo, diventando molto potente. Questo preoccupa
sparta, che aveva sempre preservato l’uguaglianza dei suoi cittadini. L’uguaglianza era importante
sia nelle poleis democratiche che in quelle oligarchiche tra il corpus dei cittadini. Non importava se
i cittadini fossero tanti o pochi. Tutte le persone che emergevano per meriti personali o ambizione
venivano guardate con sospetto. Es. Pericle e Cimone erano emersi, ma sempre rispettando la
democrazia. Hanno sempre chiesto al popolo per approvare le leggi. Invece Alcibiade era un
personaggio ingombrante, che per sua ambizione accetta le regole della democrazia solo quando gli
sono utili. Lisandro è un personaggio simile ad Alcibiade, che emerge bruscamente e che non
accetta le regole della costituzione spartana. Lisandro assomiglia a Pausania (che dopo la vittoria
sui persiani aveva assunto degli atteggiamenti scambiati con la tirannide). Alla fine si era scoperto
che Pausania cercava di rovesciare la costituzione spartana per avere potere personale. Lisandro ha
fatto lo stesso e quindi suscita preoccupazione. Plutarco racconta che dopo la morte di Lisandro fu
scoperto il piano di una congiura attraverso cui avrebbe fatto una riforma della costituzione
spartana: si sarebbe passati da una diarchia e una monarchia aperta a tutti gli spartiati. A sparta
poteva essere re solo chi apparteneva alle due famiglie reali, mentre Lisandro non apparteneva a
nessuna di esse. Dunque voleva aprire questa possibilità a tutti gli spartiati. Quando Trasibulo
restaura la democrazia ad Atene, Lisandro propone una spedizione militare in attica per rimettere il
regime dei 30. La spedizione avrebbe avuto successo, ma non avviene perché il re Pausania
(omonimo di quello delle guerre persiane) si oppone, sarebbe una spedizione che rafforzerebbe la
posizione di Lisandro. I 30 tiranni erano stati un’idea di Lisandro e rappresentavano un suo punto di
forza. Pausania fa la pace con la democrazia ateniese, in cui accetta la democrazia a patto che resti
nell’alleanza con sparta. Atene accetta perché non ha alternative e rischiava di tornare a essere
governata da un regime oligarchico. Il fatto che ci siano delle personalità che emergono in modo
prepotente nella polis è un problema, si mette in crisi la dimensione collettiva della polis, che aveva
sempre ragionato come comunità. Il valore comunitario era mutato nel tempo:
- Il sacrificio dei 300, risalente a 80 anni prima, viene ricordato con un monumento unico, in cui
non si fa alcuna menzione del re Leonida che aveva guidato la spedizione. - Lisandro, che non era
neanche re, viene celebrato come un dio, con statue, dopo aver guidato alla vittoria gli spartani
contro Atene. Gli spartani morti in battaglia non vengono ricordati. Questo mette in luce la crisi
interna che vive la polis in questo periodo. La polis ha iniziano un percorso di sviluppo (prima era
un’oligarchia, poi si instaura la democrazia ecc.), che termina nel V secolo. Le poleis entrano in
crisi perché al loro interno si rompe l’elemento comunitario e iniziano a emergere i singoli cittadini,
che pretendono di avere un ruolo al di sopra degli altri. Alcibiade è stato il primo ad Atene e
lisandro il primo a sparta. Questa possibilità dei singoli nasce da conflitti interni alla polis, che alla
fine provocheranno il declino della polis come centro vitale della storia greca. Dalla situazione di
questo secolo nasce il detto “se Atene piange, sparta non ride”. Atene piange perché ha perso la
guerra, il suo impero e il suo ruolo egemone; sparta non ride nonostante sia la nuova città egemone
e abbia vinto, il costo della vittoria è elevatissimo. Ad Atene abbiamo la testimonianza del poeta
comico (fa satira politica).
Aristofane, che denuncia la povertà diffusa ad Atene. L’impero, grazie al tributo che veniva offerto
ogni anno, garantiva ad Atene benefici materiali. Atene non ha più, senza l’impero, questo afflusso
di denaro. Lisandro, quando smantella l’impero, manda a casa tutte le cleruchie ateniesi, le
cleruchie erano insediamenti ateniesi oltremare (i cleruchi erano poveri senza terra, quindi si dava
loro un appezzamento da coltivare in un altro luogo).
Le cleruchie erano presidi militari ateniesi oltremare. I cleruchi vengono mandati a casa per
smantellare l’apparato militare ateniese nell’egeo. Quindi i cittadini poveri tornano ad Atene senza
avere nulla. nel corso di questo secolo ad Atene i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri
sempre più poveri. Aumentano i dislivelli economici. In questo secolo ci sono tante tensioni sociali
tra aristocratici e popolani. Atene conosce in questo periodo una certa stabilità perché non ci sono
tentativi da parte degli oligarchici di rovesciare la democrazia, i due colpi di stato oligarchici (411 e
404) sono stati talmente violenti che hanno lasciato pessimi ricordi negli ateniesi. Hanno insegnato
che l’oligarchia non è la soluzione ai mali della democrazia. L’oligarchia è stata una forma di
governo screditata dall’operato dei 30 tiranni, nessuno la propone più, nemmeno gli oligarchici (non
è la soluzione e non troverebbe alcun appoggio). Questo viene spiegato anche dal filosofo Platone,
che era nemico della democrazia. Egli era un aristocratico anche parente di alcuni dei 30 tiranni. Si
è rifiutato di partecipare alla vita politica, gli aristocratici disgustati dalla democrazia di solito si
ritiravano a vita privata.
Platone ha proposto una rifondazione della polis basata sull’istruzione e sulla filosofia. Egli diceva
che la democrazia aveva fallito, non credeva che una maggiore quantità di persone a favore di
qualcosa garantisse la presa di decisioni migliori, giuste o efficaci. Gli intellettuali come lui
propongono una democrazia moderata e accusano la democrazia del V secolo di essere responsabile
della guerra del Peloponneso (il peso delle decisioni era stato dato tutto al popolo).
Anche Isocrate fa lo stesso ragionamento, individua nell’impero del V secolo la causa di tutti i mali:
ha attirato odio verso Atene e ha lasciato che fosse il popolo a decidere la politica di Atene senza un
bilanciamento degli aristocratici. Secondo loro, per prendere decisioni giuste non è necessario
ricorrere alla maggioranza; le decisioni devono essere prese da persone istruite. Platone non arriva
mai a sostenere un colpo di stato oligarchico, ma dice che il regime dei 30 tiranni ha fatto sembrare
oro la democrazia precedente (quella di Pericle, che per lui aveva corrotto il popolo). Nel IV secolo
la democrazia ateniese è salda, ma è più moderata, il popolo è sovrano ma non ci sono più scene di
intemperanza e illegalità come nel V secolo. La legge è maggiormente rispettata e non conta più
l’opinione della maggioranza.
A sparta c’è una situazione analoga. Mentre Atene era una città mercantile (nel porto del Pireo
arrivavano tutte le navi mercantili, consce di trovare tanti possibili acquirenti, circolava tanto
denaro), la più grande e popolosa della Grecia, Sparta era una città agricola, povera sin dalle origini,
che non ha tanta circolazione di denaro. Questo favoriva l’uguaglianza di tipo economico (dove
circola più denaro è normale avere chi è più ricco e chi è più povero). Dopo la vittoria della guerra
del Peloponneso, sparta si trova a fare i conti con una ricchezza senza precedenti: un po' dagli
alleati per contribuire allo sforzo bellico, un po' dal saccheggio delle città nemiche, un po' per
gratitudine dalle città liberate da Atene. La società spartana non era abituata a tutto questo denari, e
la società omogenea inizia a squilibrarsi, a formare le classi dei più ricchi e dei più poveri. Questo
mina la compattezza della polis. Plutarco racconta che lisandro, dopo la vittoria su Atene, incaricò
Gilippo (generale che gli spartani avevano mandato a Siracusa con i rinforzi durante la spedizione
ateniese in Sicilia) di portare un carico d’oro e denaro raccolto in guerra a sparta. Gilippo non era
abituato a tutto quel denaro, quindi sottrae qualche moneta dai sacchi; dato che erano sigillati, li ha
scuciti dal fondo e poi li ha ricuciti, convinto che nessuno se ne accorgesse. Quello che non sapeva
è che all’interno di ogni sacco era stata messa un’indicazione del numero esatto di monete
contenute; quindi, lo hanno scoperto e poi esiliato per appropriazione di denaro pubblico. A sparta
qualcuno si arricchisce e qualcuno no, e questo determina un indebolimento all’interno della polis.
Sparta doveva anche gestire l’egemonia sulla Grecia, cosa che non era preparata a fare perché si era
sempre e solo preoccupata di gestire e garantire la propria influenza sul Peloponneso. L’egemonia
spartana è molto più fragile di quella ateniese. Le vicende del IV secolo cominciano con una
spedizione greca contro l’impero persiano. Lisandro aveva potuto vincere la guerra del Peloponneso
grazie ai generosi aiuti persiani, erogati da Ciro il giovane.
Negli stessi giorni in cui Atene si arrendeva, Dario II morì e gli successe il figlio Artaserse II. Ciro,
il figlio minore, voleva salire al trono e quindi si ribellò organizzando una spedizione militare
contro Artaserse. Per fare questo chiese aiuto a sparta, che era in debito con Ciro. Gli spartani,
quindi, arruolano 10mila mercenari greci che vanno a combattere per ciro.
Tra questi c’è anche Senofonte: scrittore e filosofo, ateniese che ci ha lasciato le elleniche, un
racconto sui fatti della Grecia che va dal 411 (morte di Tucidide) fino al 362 a.C. È uno storico
meno profondo di Tucidide. Senofonte era un aristocratico e oligarchico che non aveva preso parte
del regime dei 30 perché troppo giovane. Quando nel 401 a.C. gli spartani arruolano i mercenari e li
mandano in persia, Atene è contenta di inviare persone scomode per la democrazia come Senofonte.
La spedizione arriva fino in Mesopotamia, ma nella battaglia decisiva contro Artaserse II, ciro
rimane ucciso in battaglia.
La sua ribellione fallisce e 10mila greci si trovano circondati in territorio nemico, dovendo ritirarsi
in modo epico tra le montagne (raccontato nell’opera Anabasi = salita).
La spedizione mette sparta in una posizione scomoda, era alleata dell’impero persiano, che l’aveva
aiutata contro Atene, però aveva combattuto contro il nuovo gran re dalla parte del fratello minore.
Artaserse II inizia a maturare una certa ostilità per sparta; quindi, rivendica il controllo delle città
greche della costa occidentale dell’asia minore. Quelle città greche, dopo le guerre persiane, erano
state liberate da Atene dalla sottomissione all’impero persiano. Erano entrate poi nella lega delio-
attica. Quando Atene viene sconfitta e la lega non esiste più, Artaserse chiede il rispetto dei patti
che furono stipulati nel 412, che prevedevano il ritorno di queste città sotto il controllo persiano.
Sparta da una parte è debitrice verso i persiani anche se ha tradito il gran re, dall’altra aveva
promesso libertà alle città greche. Sparta inizialmente si oppone al gran re e manda il re Agesilao a
negoziare: per qualche anno riesce a tenere a bada i persiani, fino a quando Artaserse, sapendo che
molte polis non sono contente dell’egemonia spartana, decide di fomentare la rivolta dei greci nei
confronti di sparta. Artaserse invia grandi quantità di oro in Grecia e lo distribuisce tra Atene, argo,
Corinto e Tebe, chiedendo che si ribellino a sparta. L’oro era il sostegno per il loro appoggio
militare. Nel 395 a.C. scoppia la guerra di Corinto (Corinto era il fulcro dell’alleanza antispartana e
il luogo in cui si concentrano i maggiori combattimenti).
Agesilao viene richiamato in patria per fronteggiare la guerra, le città greche dell’asia minore
vengono lasciate al loro destino. Muore lisandro in combattimento nella battaglia di Aliarto in
Beozia. Agesilao riesce a ottenere una vittoria importante a Coronea, in Beozia. Ma
contemporaneamente la flotta persiana guidata dall’esule ateniese Conone sconfigge nel 394 a.C.
quella spartana a Cnido. Conone, dopo la sconfitta finale di Atene nella guerra del Peloponneso era
fuggito a Cipro, partecipa alla guerra contro sparta nella speranza di poter tornare ad Atene. La
flotta spartana viene annientata, e il controllo del mare passa ai persiani. Sulla terra sparta rimane
dominante, quindi c’è una situazione di stallo per cui nessuno riesce a prevalere sull’altro. Grazie ai
finanziamenti persiani, Conone riesce a entrare ad Atene e a ricostruire le mura della città. Quindi
Atene può nuovamente condurre la guerra senza paura di un’invasione spartana, esce dall’alleanza e
riacquisisce autonomia.
La guerra di Corinto dura diversi anni e nel 386 a.C. si arriva alla pace, che viene firmata per sparta
dal delegato Antalcida e per i persiani dal gran re di persia. La pace è quindi passata alla storia
come ‘pace del re’ o ‘pace di antalcida’. Cosa prevedeva:
- Sparta riconosceva la sovranità persiana sulle città greche dell’asia minore occidentale e
quindi abbandonava i greci d’asia alla sottomissione dei persiani.
- Artaserse II riconosce l’egemonia spartana in Grecia
I persiani riconoscevano l’egemonia spartana in Grecia e garantivano il loro aiuto a sparta in caso
di ribellioni in Grecia alla loro egemonia. Le polis non si sarebbero ribellate a sparta + persia.
Si vietava la costituzione di quelle alleanze che prevedevano un controllo formale da parte della
polis dominante nei confronti delle poleis alleate. Era ciò che faceva Atene nella lega delio-attica
(stabiliva quanto dovessero pagare le altre poleis e quali fossero gli obiettivi da raggiungere). Tutte
le poleis greche devono essere libere e autonome, non ci devono essere città che dominano sulle
altre. Con questa clausola viene presa di mira la lega beotica, alleanza delle città della Beozia, che
sono subordinate a Tebe. Si vuole privare Tebe della base del suo potere = Tebe da sola non era una
minaccia, mentre a capo della lega beotica era una rivale agguerrita per sparta. Chi non si attiene a
questa clausola va incontro a una guerra contro sparta + persia. Tebe all’inizio si rifiuta di firmare la
pace, ma di fronte alla minaccia della guerra i tebani devono cedere. Viene sciolta le lega beotica.
Fa eccezione a questa clausola la lega peloponnesiaca: sparta è la città egemone e fa un po' quello
che vuole; dal punto di vista formale è una lega che non prevedeva tributi, ma solo aiuto militare
qualora sparta lo avesse richiesto. Il tributo era visto come una forma di sottomissione dalle città
greche. Le lega peloponnesiaca rimane attiva perché non c’erano forme di sottomissione da parte
delle altre poleis. È una pace che
riporta i persiani a interferire
nella vita politica della Grecia
dopo quasi cento anni.
Approfittando dei conflitti
interni dei greci, i persiani si
inseriscono nuovamente nella
vita politica greca. Rimangono
una costante fino a quando
Alessandro Magno conquista
l’impero persiano. L’essersi fatti
la guerra tra di loro ha
indebolito i greci: anche chi ha
vinto come sparta non può far altro che chiedere l’aiuto della persia per vedere riconosciuta la
propria egemonia. Era un’egemonia meno forte e per essere riconosciuta aveva bisogno di un
appoggio esterno perché non era pronta a gestire questo potere. La pace del re scredita gli spartani
agli occhi dei greci; sparta viene accusata di vendere la libertà dei greci d’asia per vedere
confermata la propria egemonia in Grecia, dopo aver detto durante tutta la guerra del Peloponneso
di voler preservare la libertà. Plutarco racconta che gli spartani avessero fatto assaggiare ai greci
prima il dolce vino della libertà (quando li avevano liberati dalla dominazione ateniese), poi hanno
dato loro dell’aceto (quando dopo la guerra di Corinto hanno svenduto i greci dell’asia minore
all’impero persiano). Inoltre in Grecia gli spartani avevano smantellato la lega beotica formalmente
per garantire la libertà ai greci, ma in realtà per affermare la loro, le polis, da sole erano più esposte
e impossibilitate a ribellarsi a sparta. Potevano farlo solamente se coalizzate. I greci vedono in
sparta una replica di Atene.
L’atto che scredita definitivamente gli spartani è l’occupazione di Tebe, che avviene nel 382 a.C. in
modo proditorio per mano di Febida. Quest’ultimo ha preso accordi con gli oligarchi tebani che
erano contrari alla diffusione della democrazia. A Tebe in questo periodo aveva preso piede una
tendenza democratica. Paradosso: nonostante Atene perda la guerra, nel IV secolo la democrazia si
diffonde un po' in tutto il Peloponneso (guerra ideologica). Gli oligarchi chiedono a Febida di
occupare, con l’esercito spartano, l’acropoli di Tebe per scongiurare il diffondersi della democrazia.
Molti cittadini antispartani devono fuggire in esilio, e si rifugiano ad Atene. Si rovescia la
situazione, dopo la fine della guerra del Peloponneso, gli ateniesi guidati da trasibulo erano fuggiti
da Atene in cui vi era il regime dei 30 tiranni e avevano trovato rifugio a Tebe. Adesso Atene si
sdebita dando rifugio e sostegno ai tebani per la riconquista del potere. 3 anni dopo, infatti, nel 379
a.C. i tebani guidati da Telopida arrivano a Tebe, uccidono gli oligarchi e rovesciano l’oligarchia.
Essi costringono la guarnigione spartana a ritirarsi e Tebe diventa una democrazia. Altro paradosso:
la storia non viene scritta dai vincitori. Atene ha perso la guerra del Peloponneso, ma la storia è
stata scritta dagli ateniesi. Noi infatti conosciamo la storia greca con gli occhi degli ateniesi. Gli
spartani non hanno lasciato fonti scritte, non ci sono stati storici spartani. Sono i vinti a raccontare
la storia. Altro paradosso: sparta inizia la guerra di Corinto nemica della persia, e poi finisce col
diventarne alleata tradendo le parole date precedentemente. La liberazione di Tebe fa scoppiare una
nuova guerra, che vede Atene e Tebe coalizzate contro sparta. Sparta non può accettare che la sua
guarnigione sia cacciata da Tebe. L’occupazione da parte di sparta dell’acropoli di Tebe era una
violazione della pace del re – tutte le città dovevano essere autonome. Sparta processò Febida per
questo motivo, il quale fu condannato a una pena irrisoria e la guarnigione non fu ritirata. Sparta
fece finta di punire il responsabile e questo la screditò ulteriormente agli occhi dei greci.
Atene nel 378/377 a.C. si mette a capo di questa coalizione antispartana e fonda la seconda lega
navale (base della propria potenza, più piccola di quella del quinto secolo). Per rispettare
formalmente la pace del re, questa lega nasce su presupposti diversi rispetto a quelli che reggevano
la delio-attica, Atene non era più la città dominante. Nel trattato istitutivo Atene è presentata come
una città uguale alle altre. I tributi da versare erano definiti dagli alleati in sede comune e non da
una sola città. La lega garantisce l’autonomia delle singole poleis e in questo modo rispetta la pace
del re. La lega delio-attica era nata come alleanza difensiva rispetto all’impero persiano; questa
seconda lega nasce in funzione antispartana. L’obiettivo era difendere le città membre
dall’egemonia spartana. Mentre la lega delio-attica, nel momento di maggiore espansione aveva
raggiunto 400 città, la seconda lega ha raggiunto al massimo della sua forza 70/75 città. Era quindi
molto più debole, Atene non era più una superpotenza. Nel corso degli anni 70 del III secolo a.C.
avvengono numerosi scontri tra Atene + Tebe e sparta: Tebe ottiene alcune vittorie minori sulla
terraferma, mentre la flotta ateniese riesce a prevalere su quella spartana, che in questo periodo
viene annientata. Alla fine del decennio sparta non ha più una flotta e neanche i finanziamenti
persiani per ricostruirla. Atene recupera in questo periodo la propria egemonia navale (minore
rispetto al V secolo).
Atene e sparta decidono di fare la pace nel 371 a.C., che vuole ristabilire l’equilibrio del V secolo.
Le due città decidono di fare la pace perché preoccupate dall’ascesa di Tebe, che aveva dimostrato
di essere forte. I greci si riuniscono a sparta e ribadiscono le clausole della pace del re: non ci
possono essere leghe o alleanze che limitino l’autonomia delle poleis. Questa misura è mirata
contro Tebe, che nel 386 a.C. aveva preteso di aderire alla pace non come polis singola, ma come
polis leader della lega beotica. Anche in questo caso il re spartano Agisilao non permette a Tebe di
aderire alla pace come leader e minaccia un intervento militare. Tebe, a differenza del 386, rifiuta di
aderire alla pace. Viene quindi esclusa e gli spartani preparano una spedizione militare in Beozia.
Questa spedizione viene affidata al secondo re di sparta Cleomroto. Lo scontro tra tebani, guidati da
Epaminonda, e spartani avviene nel 371 a.C. a Leuttra, a sorpresa gli spartani subiscono una
tremenda sconfitta (muoiono circa 400 spartiati su 700). Sparta è colpita dall’oligantropia, ovvero
dalla mancanza di uomini. Sparta era infatti un’oligarchia chiusa, che non accettava di ammettere
cittadini dall’esterno; la cittadinanza nel corso dei secoli si è sempre più ristretta.
Nel 371 si conclude il periodo della flotta.
In questa fase gli spartiati erano dai duemila ai tremila.
Gli eserciti venivano comunque schierati, perché
anche le città alleate davano uomini, però gli spartiati
iniziavano a mancare. Questa battaglia segna la fine
dell’egemonia spartana. Dopo di essa, sparta non sarà
più in grado di esercitare l’egemonia né sulla Grecia,
né tanto sul Peloponneso. Sparta diventa una potenza di
secondo piano. Inizia un’egemonia molto breve e
fragile, quella di Tebe, che occupa gli anni 60 del IV secolo. Essa vede due personaggi di spicco:
pelopida (ha guidato gli esuli tebani alla riconquista di Tebe e ha cacciato la guarnigione spartana
dall’acropoli) e Epaminonda.
Questi due personaggi si dividono le aree di influenza: pelopida guida i tebani a estendere il loro
potere nel nord della Grecia (Tessaglia e macedonia), mentre Epaminonda si concentra sulla zona
del Peloponneso. Egli voleva distruggere le basi della potenza spartana, quindi nel 370 e nel 369
a.C. guida due spedizioni nel Peloponneso che riescono a rubare vari alleati a sparta (arcadia,
Melide, Acaia ecc.).
La perdita maggiore per sparta è la Messenia nel 369 a.C., regione confinante con la laconica che
era stata faticosamente conquistata nelle guerre messeniche, e che consentiva a sparta di essere la
polis con il territorio più grande della Grecia. La Messenia diventa indipendente e sparta perde la
metà del suo territorio. Alcuni cittadini perdono i loro territori e si impoveriscono. Pelopida ed
Epaminonda sono due personaggi che emergono nella collettività di Tebe, che ora è una
democrazia, e quindi diventano scomodi. Sono contrastati nelle loro azioni politiche. Epaminonda
aveva attirato a sé gli ex alleati di sparta, tra i quali vi erano gli achei (abitanti dell’Acaia). Per
convincere gli achei, Epaminonda aveva dovuto garantire loro il mantenimento della loro
costituzione, che era oligarchica perché si trattava di una polis da sempre alleata di sparta.
Epaminonda preferisce lasciare la loro costituzione e averli come alleati, ma i tebani gli si
oppongono (forse per limitare la sua presa di decisioni nell’ambito della politica estera). I tebani
pretendono che gli achei si convertano alla democrazia per essere loro alleati. Gli achei non
accettano e tornano al fianco di sparta. Il conflitto interno a Tebe si ritorce contro Tebe stessa. Il
popolo tebano, per frenare l’ascesa di Epaminonda, prende una decisione che si ritorce contro la
polis. Nel 366 a.C. il gran re Artaserse II riconosce l’egemonia tebana in Grecia. Tebe è una città
impreparata a svolgere questo ruolo, è povera e il territorio è limitato. Le sue possibilità di
esercitare l’egemonia su tutta la Grecia, e in particolare sul mare, era difficile, Tebe non ci riesce.
Epaminonda prova a costruire una flotta che possa competere con quella ateniese, ma fallisce
(troppe poche navi). Quando muoiono Pelopida ed Epaminonda Tebe perde il suo ruolo egemone.
Pelopida muore combattendo in Tessaglia nel 364 a.C., mentre Epaminonda muore nel 362 a.C.
durante l’ultima spedizione nel Peloponneso. Quest’ultima serviva ad appianare dei contrasti tra
sparta e gli alleati di Tebe, sparta cercava di ricostruire la propria egemonia e per farlo doveva
sottomettere i suoi ex alleati. Atene si schiera con sparta e manda i suoi soldati. Si combatte la
seconda battaglia di Mantinea (la prima era stata nell’intermezzo) dove i tebani vincono e
riconfermano la loro supremazia su Atene e sparta, ma perdono Epaminonda. I tebani senza di lui
non sono in grado di sfruttare la vittoria e cessa la loro egemonia. Senza la guida dei due
personaggi, Tebe non è in grado di far fruttare la propria forza. La politica diventa per Tebe confusa
e inefficace, non riescono più a indirizzare le loro forze. Senofonte muore poco dopo la battaglia di
Mantinea, ma ha intuito quali sarebbero state le conseguenze di quella battaglia. Conclude le sue
elleniche dicendo che dopo la battaglia, in Grecia ci fu ancora più confusione di prima, situazione
molto frammentata.
((Le polis non hanno i mezzi per porre un’egemonia (soldati, denaro, serve denaro, servono dei
mezzi)).
Senofonte aveva capito che l’egemonia tebana non era abbastanza salda per garantire ordine e pace
in Grecia. Nel IV secolo l’assenza di una/due città egemoni ha favorito il caos, le battaglie tra città e
il rientro in scena dei persiani. Con il tempo le egemonie in Grecia diventano sempre più brevi e
fragili, prospetto:
 Atene = 73 anni (477 – 404 a.C.), egemonia ferrea sulla lega delio-attica, da sola.
 Sparta = 33 anni (404 – 371 a.C.), egemonia più debole perché è servito l’appoggio esterno della
persia per mantenerla.
Tebe = 9 anni (371 – 362 a.C.), egemonia talmente fragile che cessa con una vittoria. La Grecia è
priva di una potenza che riesca a tener fuori i nemici esterni e a garantire l’ordine, questo favorisce
l’irruzione nella scena politica della Macedonia, che fino ad allora era uno stato periferico e debole.
Diventa protagonista e porta alla sottomissione delle poleis greche. Ci si avvia verso la fine della
storia greca.
Più passa il tempo meno dura. Atene non solo ha esercitato per più tempo, ma per rovesciarla c’è
voluta la guerra del Peloponneso.
Quella di Sparta è stata rovesciata da una breve battaglia, quella di LEU??
In Grecia non c’è più spazio per l’egemonia di una singola polis, si annuncia l’epoca dei regni
territoriali (Macedonia).
L’ascesa della Macedonia
Nell’età arcaica c’è stato un certo policentrismo. Le città più potenti erano Samo e Mileto. Nell’età
classica Atene e sparta si spartiscono l’egemonia sulla Grecia, egemonia che viene persa da Atene
dopo la sconfitta nella guerra del Peloponneso. L’egemonia rimane a sparta, che poi viene
soppiantata da Tebe. Tutte queste tre città erano sostenute da delle alleanze (delio-attica,
peloponnesiaca e beotica). La fragilità del potere di Tebe è dovuta soprattutto alla carenza di
alleanze (es. achei). Dopo la battaglia di mantinea, Tebe rimane la città più forte della Grecia, ma
non così tanto da poter imporre la sua egemonia su tutta la Grecia. Negli anni 50 del IV secolo
emerge la Macedonia, regno territoriale (non più una polis) che ha un territorio molto più esteso di
ogni singola città greca, con una popolazione più numerosa e potenzialmente più ricco. La
macedonia fino ad ora era stata debole e povera, e spesso era vassalla delle poleis greche. La
Macedonia nel 360 a.C. è un regno periferico al mondo greco, che fino al V secolo non veniva
riconosciuto come parte di esso (la loro collocazione geografica era ai margini del mondo greco ed
erano portati a mescolarsi con popolazioni barbare per la loro posizione). Gli studiosi moderni
hanno stabilito che i macedoni dovevano essere dei greci di periferia perché parlavano un dialetto
greco. All’epoca della seconda guerra persiana la macedonia era vassalla dell’impero persiano
perché alla fine del VI secolo il gran re Dario I aveva sottomesso la Tracia (che confinava con la
macedonia). La macedonia era un regno autonomo che aveva giurato fedeltà all’impero persiano.
Nella seconda guerra persiana, il re di macedonia Alessandro I combatté con il suo esercito contro i
greci, affiancando Serse e poi Mardonio. Erodoto racconta che Alessandro I, la notte prima della
battaglia di platea (in cui i greci hanno sconfitto i persiani), giunse in incognito nell’accampamento
dei greci e li avvisò dell’imminente attacco dei persiani. I greci riuscirono quindi a organizzarsi e a
vincere. Alessandro I, che si sentiva più legato ai greci che ai persiani, si guadagnò la riconoscenza
dei greci. Venne soprannominato Alessandro Filelleno (amico dei greci = non greco come loro).
Nel corso del V secolo l’appartenenza dei macedoni al mondo greco fu gradualmente riconosciuta
dai greci. Il gesto formale con cui li riconobbero come appartenenti alla stessa civiltà fu
l’ammissione ai giochi olimpici (manifestazione panellenica, aperta solo a tutti i greci). La
macedonia era ricca di miniere d’oro e di legname, ma tra fine V e inizio IV secolo è un regno
ancora molto debole perché frammentato in vari sottoregni. Aveva un nucleo centrale e poi una
serie di regni limitrofi che riconoscevano l’autorità del re, ma che spesso lo contestavano o si
ribellavano. I macedoni si trovavano spesso a dover fronteggiare delle rivolte dei loro vassalli. Era
un regno fragile, aggredito spesso dalle popolazioni barbare che saccheggiavano le frontiere. Era
spesso impegnato in guerre contro alcune città greche, non riusciva mai a trovare una stabilità tale
che gli permettesse di prevalere sui suoi vicini e quindi di giocare un ruolo da protagonista nella
storia greca. Tra il V e il IV secolo la macedonia era messa ai margini e non riusciva a trovare uno
sbocco sul mar egeo perché Atene la teneva a distanza. Nel IV secolo la macedonia è già
ampiamente riconosciuta come facente parte del mondo greco. Gli oppositori della macedonia
sostenevano che fossero barbari, accusa strumentale dovuta a motivi ideologici. Si cercava di
sminuire il nemico. Con la presa di potere di Tebe, la macedonia riuscì a entrare nella sua area di
influenza (pelopida aveva esteso l’egemonia in Tessaglia in macedonia). La macedonia forniva
dunque aiuto a Tebe e Tebe di contro si inseriva nelle sue questioni interne (es. successione al
trono).
La situazione di subordinazione della macedonia cambia quando sul trono sale Filippo II, nel 359
a.C. Egli sale al trono al posto del fratello Perdicca III, caduto in battaglia contro gli Illiri
(popolazione barbara che minacciava periodicamente le frontiere del regno). Filippo II si trova a
regnare in un periodo complesso: la successione al trono era spesso occasione di ribellioni interne
(doveva fronteggiare dei pretendenti che volevano il trono al suo posto, sia membri della nobiltà, sia
suoi parenti), inoltre gli Illiri avevano vinto ed erano stati liberi di viaggiare per il regno
saccheggiandolo e portando il caos.
Per consolidare il suo regno, Filippo II riorganizza l’esercito sul modello di quello tebano, che era
in quel periodo il più forte. Negli anni 60 Filippo era anche stato ostaggio a Tebe, Tebe aveva
sostenuto i diritti al trono di Perdicca III e aveva chiesto come garanzia della sua fedeltà degli
ostaggi (che appartenevano spesso alla famiglia reale). In questo modo si dimostrava la buona fede
nei confronti della potenza egemone.
Filippo aveva quindi avuto modo di osservare l’esercito tebano, e tornando in patria organizza la
FALANGE MACEDONE: struttura i soldati macedoni in unità molto coese, armate di lance molto
lunghe. Questo genera una massa di soldati compatta con una forza d’urto notevole. La falange
macedone diventa la migliore arma di guerra in tutto il mediterraneo e sarebbe rimasta padrona dei
campi di battaglia per un secolo e mezzo, fin quando non avrebbe trovato contro di sé la legione
romana. Grazie alla sua riforma militare, Filippo poté sconfiggere i barbari invasori e spingerli al di
fuori dal regno, riportando la calma. Iniziò inoltre ad espandere i confini del regno, sottomettendo le
città greche della costa (Anfipoli, potidea Metone, Pidna ecc.). In pochi anni filippo, giovanissimo
riesce a consolidare il suo regno e a conquistare delle città greche, dimostrando una forza militare
che i suoi predecessori non avevano avuto. L’occasione per filippo di intromettersi nella politica
greca arriva quando scoppia in Grecia la terza guerra sacra. Si chiama sacra perché vede al centro
della discordia il santuario di apollo a Delfi. C’erano già state due guerre sacre: la prima nel VI
secolo, all’epoca di solone; la seconda a metà del V secolo, quando ad Atene vi era Pericle. Erano
state guerre piccole, di cui non abbiamo molte informazioni. La terza guerra sacra è la più
importante, è durata di più, è quella che conosciamo meglio e che ha avuto delle conseguenze più
durature. La guerra inizia nel 356 a.C. a causa delle stesse ragioni che avevano scatenato le due
guerre precedenti: si concretizzava un sacrilegio, i popoli si mettevano talvolta a coltivare la terra
sacra attorno al santuario di Delfi. Questa terra poteva essere coltivata solo dai sacerdoti di apollo
(per sfamarli e per i sacrifici e le offerte). Coltivare la terra sacra per scopi personali era un atto
sacrilego e implicava una punizione (si cominciava con una multa e poi si finiva con la guerra). Il
santuario di Delfi era amministrato da un consiglio che riuniva i rappresentanti di tutti i popoli che
vivevano attorno al santuario (sia all’interno di polis, sia in villaggi autonomi). Nei consigli si
raccoglievano dei tributi che servivano al funzionamento del santuario e a organizzare i giochi pitici
in onore di apollo. Il consiglio si chiamava Anfizionia. Tutti i santuari avevano un’anfizionia e la
più famosa era quella del santuario di Delfi. Anche Atene e sparta erano membre dell’anfizionia
delfica, anche se non erano vicine a Delfi.
Nel 356 a.C., Tebe era decisa ad affermare la sua superiorità anche all’interno dell’anfizionia
delfica (oltre che a mantenere l’egemonia sulla Grecia). Tebe riuscì a fare multare i Focesi (popolo
che viveva vicino al santuario) perché alcuni di loro avevano coltivato la terra sacra. Tebe,
spalleggiata dai tessali, riuscì a far condannare i focesi al pagamento di una multa. I focesi non
potevano pagare una multa così alta, quindi decisero di fare la guerra a coloro che li avevano
condannati, occuparono il santuario e compirono così un atto sacrilego davanti a tutta la Grecia.
Tebe e gran parte dell’anfizionia dichiararono guerra ai focesi per liberare il santuario. Atene e
sparta si schierarono dalla parte dei focesi: sparta era stata condannata anni prima, per volere dei
tebani, al pagamento di una multa analoga; Atene non era stata accusata di niente, le due poleis
preferirono schierarsi dalla parte dei focesi perché temevano Tebe. La vittoria di Tebe avrebbe
rafforzato ancora la sua egemonia. I focesi avevano avuto fino a quel momento un ruolo del tutto
marginale, vivevano in villaggi e non avevano neanche delle città stato. Era un popolo povero,
dedito solo all’agricoltura, ma conquistando il santuario di Delfi si era appropriato di un tesoro
ricchissimo, frutto di secoli di donazioni da parte dei greci in onore di apollo. I focesi ebbero una
vasta disponibilità economica, che usarono per arruolare un esercito composto da mercenari. Il IV
secolo vede una grande diffusione del mercenariato (prima della guerra del Peloponneso le polis
combattevano fidandosi soprattutto dei loro cittadini, che erano chiamati a combattere nella bella
stagione; dopo, la guerra veniva combattuta tutto l’anno, quindi non si potevano chiamare sempre e
solo i cittadini). I mercenari erano professionisti della guerra, poveri che non avevano altro modo di
sopravvivere se non combattendo. I focesi, con questo esercito, mettono in seria difficoltà Tebe e la
Tessaglia (alleata di Tebe). I focesi infliggono diverse sconfitte ai tebani; anche quando i tebani
riescono a vincere, i focesi hanno altro denaro per assumere un altro esercito; quindi, non si arriva
mai a una vittoria decisiva (stallo). Tebe chiede aiuto a Filippo perché la macedonia apparteneva
alla sfera di influenza tebana. Filippo riesce a infliggere ripetute sconfitte ai focesi; ne subisce
anche, però aveva tante risorse su cui contare. Nel giro di qualche anno mette in difficoltà i focesi e
ne approfitta per allargarsi, annettendo la penisola calcidica.
Assedio e caduta della città di Olinto, (città + potente della penisola calcidica) nel 348 a.C. da
Filippo, unica città greca che possiamo vedere come era nel IV secolo. La popolazione fu ridotta in
schiavitù e la città fu distrutta, non venendo mai più ricostruita. Oggi è possibile vedere chiaramente
come fosse organizzata una città del IV secolo perché sopra Olinto non venne più costruito nulla.
Sappiamo esattamente quanto fosse grande. Lo stesso caso eccezionale accade per la storia romana
con Pompei. Durante la terza guerra sacra Atene combatte contro Tebe e filippo, subendo uno
scacco: la ribellione dei suoi alleati della lega navale (nata negli anni 70). Quando sparta non è più
una potenza, gli alleati di Atene non vedono più ragioni di stare nella lega (che era stata fondata per
paura dell’egemonia spartana). La lega era diventata uno strumento d potere nelle mani di Atene,
quindi gli alleati si ribellano: dal 357 al 355 a.C. Bisanzio, Rodi, Chio si ribellano e scoppia la
cosiddetta guerra sociale (quella tra Atene e i suoi alleati).
Atene tenta di soffocare le ribellioni e riportare le poleis all’obbedienza come fece nel V secolo, ma
non ci riesce. Gli alleati più forti di Atene escono dalla lega. La lega non viene sciolta, ma
rimangono solo le poleis più deboli e piccole che non possono dare un grande contributo ad Atene.
La potenza ateniese viene ulteriormente ridimensionata.
La terza guerra sacra si concluse nel 346 a.C. con la pace di filocrate. Il nome deriva dal cittadino
ateniese che propose in assemblea a filippo i termini della pace. Filippo accolse le sue proposte.
Clausole:
- Punizione severa dei focesi in quanto sacrileghi. Filippo era riuscito a liberare il santuario dai
focesi, i quali avevano esaurito le risorse finanziarie.
- I focesi perdono il seggio attraverso cui potevano partecipare all’amministrazione del santuario di
apollo. Il seggio viene assegnato a Filippo come atto di riconoscenza perché senza di lui i tebani
non sarebbero riusciti a vincere i focesi.
Durante la guerra Sacra Tessaglia viene sottomessa da filippo: in Tessaglia vi erano diverse
oligarchie, che spesso si facevano la guerra tra di loro. Per cercare di contenere la violenza in
Tessaglia, i tessali eleggevano il Tago (comandante militare di tutte le città tessali, che doveva
cercare di sopire i conflitti).
Filippo era dovuto passare per forza dalla Tessaglia per raggiungere Delfi e combattere contro i
focesi, filippo in Tessaglia aveva messo a tacere le rivalità tra gli aristocratici e quindi nel 346 a.C.
venne eletto Tago di Tessaglia. In questo modo egli acquisiva un ulteriore seggio nell’anfizionia.
Acquisisce una posizione di forza perché era l’unico ad avere due voti. Entra a pieno titolo, da
protagonista, nella politica greca.
La terza guerra sacra vede il rovesciamento dei rapporti di forza tra filippo e Tebe, prima Tebe era
la città più forte, dopo filippo raggiunge un livello di parità con Tebe (non è più un alleato
subalterno). Con filippo II irrompe nella storia greca la personalità individuale, è un personaggio
molto ingombrante come Lisandro e Alcibiade. Questi due personaggi avevano creato problemi
limitati alle loro poleis. Filippo invece si afferma su tutta la Grecia, è il primo a dominare su tutto il
territorio. Demostene era un oratore ateniese, che prendeva la parola in assemblea e cercava di
convincere la popolazione a prendete alcune scelte politiche. Non aveva ruoli militari ed era il capo
della fazione antimacedone ad Atene. È il primo a individuare Filippo come nuovo nemico di
Atene. Ha cercato di convincere gli ateniesi ad assumere dei comportamenti più ostili nei confronti
della macedonia, senza riuscirci. Atene non aveva più i mezzi per fare la guerra in grande; quindi,
per un po' lascia che filippo si espanda. In una delle sue orazioni, Demostene disse che Filippo era
l’uomo più grande sotto il sole (l’uomo più grande sulla terra). Demostene riconosce che prima di
lui non c’era mai stato un uomo in grado di indirizzare la storia in questo modo. Isocrate, un
insegnante di oratoria, durante un discorso per i suoi allievi, sostenne che filippo fosse stato
incaricato dal destino di svolgere un compito: porsi alla guida dei greci per una spedizione contro i
persiani. È una novità assoluta, si rompe l’atteggiamento dei greci per cui prevaleva la collettività e
si guardavano con diffidenza i cittadini che si ergevano al di sopra degli altri cittadini. Lo storico
Teopompo ha iniziato a scrivere le Elleniche (titolo generico con cui gli autori indicavano le storie
sulla Grecia) rifacendosi a Senofonte. Racconta i primi anni del IV secolo e a un certo punto si
interrompe perché compare la figura di filippo. Si rende conto che filippo è un personaggio
eccezionale, che si erge sopra le altre poleis. Inizia una nuova opera intitolata Filippiche, fa una
cosa senza precedenti: mai prima di allora uno storico aveva dato alla sua opera il nome di un
personaggio. La storia aveva sempre riguardato le gesta di popoli e poleis in cui alcuni personaggi
si erano distinti.
Teopompo capovolge la prospettiva: racconta la storia della Grecia in un’opera dedicata a filippo,
come se la storia della Grecia fosse inclusa nella vita di un solo personaggio. È un’opera andata
perduta, ma conosciamo alcuni frammenti utilizzati da altri storici vissuti dopo, come Plutarco.
Pochi anni dopo Filippo arriva a dominare l’intera Grecia. Dopo aver fatto la pace con i greci
continua la sua espansione verso est, annettendo la tracia. Entra in contrasto con Atene, che aveva
in quelle zone diverse cleruchie in posizione strategica (passavano le navi mercantili che portavano
ad Atene il grano indispensabile per il sostentamento). Quando verso il 340 a.C. Filippo inizia a
minacciare quei territori, Atene si decide ad agire. La situazione precipita nel 340 a.C., quando
Demostene convince gli ateniesi a fare un’alleanza con Tebe per fare la guerra contro filippo e
arginare il pericolo dell’espansione macedone in Grecia.
Nel 388 a.C. Filippo va in Grecia e affronta l’alleanza presso Cheronea (in Beozia) ottenendo una
vittoria decisiva. La sconfitta di Atene e Tebe determina la fine dell’autonomia delle poleis greche e
l’affermazione dell’egemonia macedone in Grecia. Dopo la battaglia, tutta la Grecia cade sotto il
controllo della macedonia. Il trattamento riservato alle due città è molto diverso:
- Tebe (città più forte sulla terra ferma), che era anche ex alleata di Filippo, viene duramente
punita. La lega beotica viene smantellata e si instaura una guarnigione macedone nell’acropoli di
Tebe per controllare la città e scongiurare delle ribellioni.
- Atene viene preservata.
I prigionieri vengono restituiti senza riscatto e non viene messa nessuna guarnigione nella città.
Questo perché filippo ha ragionato in funzione di una spedizione ulteriore che stava preparando
contro i persiani. Filippo voleva presentarsi ai greci come colui che li avrebbe difesi dai persiani
(dalla pace dei re, 50 anni prima, i persiani si intromettevano nuovamente nella vita politica greca).
Dato che Atene era stata a capo della lega delio-attica che aveva combattuto i persiani, Filippo
preserva Atene per stabilire un legame tra la sua politica attuale e quella di Atene del V secolo. Lo
strumento politico che Filippo usa per costruire questa alleanza è la lega di Corinto.
Essa viene creata nel 337 a.C. a Corinto (luogo in cui i membri si radunavano) e riunisce tutte le
città greche tranne sparta. Gli spartani erano troppo orgogliosi per accettare la subordinazione ad
una potenza straniera. Gli spartani erano ormai insignificanti e deboli, quindi filippo non perde
neanche tempo a costringerli con la forza a entrare nella lega.
Filippo non riesce a condurre questa spedizione perché nel 336 a.C. viene assassinato da una sua
guardia del corpo durante le celebrazioni per il matrimonio della figlia. Non si riuscì mai a capire
chi ci fosse dietro quell’omicidio, le fonti antiche sono discordi nell’individuare il mandante. La
motivazione ufficiale fu che la guardia avesse dei rancori nei suoi confronti e che quindi fosse il
gesto di un folle solitario. In realtà certi autori sostengono che il sicario fosse stato pagato dal gran
re di persia Dario III che voleva evitare la spedizione contro i persiani già pianificata.
Secondo altre fonti antiche era più probabile che l’ideatrice dell’agguato fosse la moglie di Filippo,
Olimpiade, che era in pessimi rapporti col marito e voleva accelerare la successione al trono del
figlio Alessandro Magno. Alcuni dicono che addirittura quest’ultimo fosse coinvolto nell’omicidio
del padre. Nell’800 alcuni storici tedeschi hanno visto in filippo una figura che tentò di costruire
un’unità nazionale in Grecia. Oggi nessuno crede più in questa interpretazione, filippo voleva solo
espandere la sua egemonia sulla Grecia. La morte del re di macedonia e la conseguente successione
genera un momento di instabilità (pretendenti + rivolte interne). Quando Alessandro III sale sul
trono ha solo 20 anni, tutti erano convinti che non fosse degno, che fosse solo un ragazzino
incapace di tenere in pugno i domini creati da suo padre. La prima cosa che accade alla morte di
filippo è che Tebe e Atene si ribellano: Tebe caccia la guarnigione macedone, Atene si ribella e
entrambe cercano di smantellare la lega di Corinto. Alessandro cala l’esercito in Grecia, conquista
Tebe dopo un assedio e la rade al suolo. La popolazione viene ridotta in schiavitù e Tebe riceve una
punizione esemplare che colpì l’immaginario dei greci, Alessandro voleva far capire che non valeva
meno del padre e che i greci non dovevano provare a ribellarsi perché non lo avrebbe tollerato.
Come il padre, non inflisse alcuna punizione ad Atene perché si stava preparando a effettuare la
spedizione preventivata da Filippo (quando si andava a fare la guerra contro i persiani non si poteva
colpire Atene, simbolo della vittoria contro di essi). Alessandro III passa alla storia come
Alessandro magno, ed è un’altra figura eccezionale che per duemila anni ha oscurato suo padre.
Alessandro ha compiuto un’impresa senza precedenti: conquistare l’impero persiano. Si trattava del
più grande impero mai visto fino ad allora, che i greci erano riusciti solo a respingere. Oggi tra gli
storici c’è la propensione a rivalutare la figura di filippo: si riconosce che senza le sue imprese,
Alessandro non sarebbe riuscito a fare nulla di quello che fece. Alessandro aveva già trovato la
macedonia al centro di una rete di alleanze fortissima. Padre e figlio hanno cambiato la storia. Con
Alessandro magno si conclude l’età classica e si dà inizio a quella ellenistica.
Alessandro invade l’impero persiano passando nell’asia minore nel 334 a.C., con un esercito di
circa 50mila soldati macedoni e greci. Il primo scontro avviene sul fiume Granico contro i
governatori delle province persiane dell’asia minore (satrapi). Alessandro vince e si apre per lui la
strada verso la conquista dell’odierna Turchia. In asia minore c’era la città di Gordio, in era
conservato un carro che si diceva fosse appartenuto a re mida (re che trasformava in oro tutto quello
che toccava, metafora per dire che i greci vedevano nell’oriente la terra dell’oro. La Grecia era
sempre stata una regione molto povera, mentre l’oriente era molto ricco. Tutti i sovrani orientali
erano sempre stati visti come ricchi). Secondo la leggenda il carro era legato con un nodo
intricatissimo, e chi fosse riuscito a slegarlo avrebbe regnato sull’asia intera. Alessandro si reca nel
tempio di Gordio per provare a sciogliere il nodo, che era troppo intricato anche per lui. Tuttavia
non poteva uscirne sconfitto, perché sarebbe stato di cattivo auspicio per la spedizione; quindi,
taglia il nodo con la spada.
Nel 333 a.C. a Isso, in Siria, sconfigge il grande esercito persiano guidato dal gran re Dario III.
Alessandro era un grandissimo stratega, tant’è che circa 2000 anni dopo Napoleone decise di
replicare, adattandole, alcune sue tattiche in battaglia. Dopo Isso il gran re si rifugia in
Mesopotamia e Alessandro non lo segue subito: prima si occupa di sottomettere fenicia, Palestina
ed Egitto. Il suo obiettivo era quello di privare l’impero persiano dello sbocco sul mediterraneo, se
si fosse diretto nel cuore dell’impero persiano al seguito del re avrebbe lasciato la possibilità ai
persiani di attaccare con la flotta le sue retrovie in Grecia. Occupando le coste impedisce ai persiani
di attaccare la Grecia dal mare.
Nel 332 a.C. In fenicia trova una resistenza forte soprattutto nelle città di Tiro e Gaza, che però
riesce ad espugnare. L’Egitto invece lo accoglie come un liberatore, una sorta di nuovo faraone,
perché era la provincia da sempre più ribelle all’impero persiano, l’Egitto si era liberato dalla
dominazione persiana ma circa dieci anni prima dell’arrivo di Alessandro l’impero lo aveva
nuovamente sottomesso. In Egitto Alessandro fonda la prima città che porta il suo nome:
Alessandria d’Egitto. Alessandro fonderà molte città col suo nome, in cui lascerà i veterani del suo
esercito per dare loro della terra con cui mantenersi e per presidiare il territorio, rafforzandone il
controllo.
Nell’ottobre del 331°.C, si ha la battaglia di Gaugamela, in Assiria, contro Dario III. Fu la battaglia
definitiva. Qui l’esercito persiano viene sbaragliato.
Nel 331 a.C. invade la Mesopotamia e in una località della Siria affronta di nuovo l’esercito di
Dario III, che è circa 5 volte più numeroso del suo (50mila vs 250 mila); nonostante questo
Alessandro vince e annienta i persiani.
L’esercito persiano era molto numeroso ma era estremamente eterogeneo (nucleo di persiani, ma
poi babilonesi, assiri, fenici ecc., ognuno di questi popoli combatte con i suoi armamenti, le sue
tattiche, parla la sua lingua). I soldati macedoni erano più coesi e meglio armati. Dario III scappa
all’interno dell’impero e Alessandro conquista babilonia e Persepoli (capitale della persia). A
Persepoli compie uno dei gesti più discussi: fa dare alle fiamme la città con tutti i templi.
Alessandro voleva così punire i persiani che 150 anni prima, ai tempi di Serse, avevano distrutto
Atene con i suoi templi, compiendo un sacrilegio. Recentemente qualche studioso ha detto che in
questo modo Alessandro dimostra di avere un approccio religioso nuovo: i popoli politeisti non
hanno mai fatto la guerra santa o praticato l’intolleranza religiosa (adorando tanti dei, era per loro
più facile accettare divinità straniere). I greci quando incontravano nuove divinità tendevano a fare
delle associazioni con le loro; non c’era un motivo per cui le loro divinità dovessero prevalere sulle
altre. L’intolleranza religiosa nasce soprattutto con le religioni monoteiste (la guerra sacra, non è
paragonabile ad una crociata). Questi studiosi ritengono che Alessandro intendesse fare una sorta di
guerra santa alle divinità persiane distruggendo i templi, ma in realtà non era così. Per i greci non
esisteva l’eresia (non credere nelle regole sancite dagli dèi), ma esisteva l’empietà (offesa agli dèi
compiuta dagli uomini. Es. distruggere un tempio). I persiani si erano macchiati di empietà
distruggendo i templi, così come i focesi che si erano appropriati del santuario a Delfi. Alessandro
ha fatto un gesto di empietà per vendicare ciò che era stato fatto dai persiani. A babilonia e in Egitto
Alessandro è stato molto rispettoso delle divinità locali, consultando anche degli oracoli. Non c’è in
Alessandro l’idea della guerra di religione per cui le divinità greche devono avere la supremazia su
quelle orientali. La distruzione di Persepoli è stato un gesto di propaganda per mostrare ai greci che
Alessandro aveva vendicato la distruzione dell’acropoli di Atene. Alessandro segue Dario III, che
braccato viene ucciso nel 330 a.C. dai suoi generali (non volevano rimanesse vivo nelle mani di
Alessandro). Alessandro entra in possesso del cadavere di Dario III e gli tributa gli onori funerari
degni di un gran re. In questo modo si presenta ai suoi nuovi sudditi come il nuovo gran re di persia,
e non come un conquistatore. Questo cambia la prospettiva della spedizione: Filippo aveva pensato
solo a una spedizione in asia minore, mentre Alessandro aveva ambizioni maggiori, è andato avanti
a conquistare finché ha potuto. Dopo la vittoria di Isso, visto che i persiani non riuscivano a
fermarlo sul campo di battaglia, Dario III gli offrì la mano della figlia nel 333 a.C. Si trattava di un
onore mai offerto prima ad uno straniero, nessun persiano avrebbe mai voluto imparentarsi con un
greco. Insieme alla figlia, Dario offre anche tutti i territori che Alessandro aveva già conquistato
(parte occidentale dell’impero persiano). Alessandro però non si ferma perché vuole conquistare
l’intero impero persiano, avendo visto che il loro esercito non è così forte come sembrava. Inizia a
essere paragonato a un dio dai suoi sudditi, assume gli atteggiamenti di un sovrano orientale.
Questo comincia a creare dei malumori tra i macedoni, che vedono Alessandro degenerare ai loro
occhi, diventando un despota orientale.
((Mosaico realizzato due secoli dopo, potrebbe essere un’immagine attendibile)).
Nascono le prime congiure:
 La prima viene scoperta nel 329 a.C. e ha al centro Filota (ufficiale) che viene scoperto e
giustiziato.
 Nel 327 a.C. ci sono i paggi (ragazzi alla corte di Alessandro che si occupano in prima persona
del sovrano) guidati da Callistene (nipote di Aristotele e storico che ha raccontato la spedizione di
Alessandro in un’opera che non ci è pervenuta). Vengono scoperti e giustiziati. Alessandro nel
mentre continua la spedizione sottomettendo la Battriana (Afghanistan) e la sogdiana (Uzbekistan)
nel 329-328 a.C. Egli fonda altre Alessandrie, che poi scompaiono nella maggior parte dei casi,
rimangono solo Alessandria D’Egitto e Alessandria d’Aracosia. Per conquistare il sostegno della
popolazione orientale Alessandro sposa la principessa battriana Rossane. I suoi eredi sarebbero stati
dei mezzosangue, e questo non piace ai macedoni, che avrebbero voluto degli eredi macedoni al
100%. Alessandro invade anche l’india (odierno Pakistan) nel 326 a.C. e sconfigge il re Poro sul
fiume Idaspe. Lascia poi il re a governare al suo posto come provincia dell’impero. Mostra
magnanimità nei confronti degli sconfitti. Alessandro vorrebbe proseguire verso l’odierna india,
raggiungendo il Gange, ma i suoi soldati dopo sette anni non ne potevano più e lo abbandonano.
Mentre tornava indietro nel 324 a.C. ha organizzato dei matrimoni in massa tra i suoi ufficiale e le
donne persiane; voleva creare una nuova classe dirigente che non fosse più distinta tra macedoni e
orientali, ma mista. I progetti di Alessandro vengono interrotti nel 323 a.C. quando muore a
babilonia a causa della febbre. Alcuni storici antichi dicono che in realtà sarebbe stato avvelenato da
alcuni suoi ufficiali che non gradivano le sue degenerazioni. Il re di macedonia era sempre stato un
primo tra pari, re con carisma maggiore ma che si comportava alla pari. Invece Alessandro si
comportava da sovrano orientale. Con la sua morte termina la spedizione, durata undici anni.
Quando muore stava organizzando una spedizione in Arabia. Alcune fonti dicono che mirasse a
conquistare anche Cartagine e l’Italia. Con lui termina l’età classica e inizia quella ellenica, con
Alessandro la civiltà greca che finora era rimasta stanziata in alcuni luoghi, conosce un’espansione
territoriale enorme. I generali di Alessandro si spargono per l’impero e diventano la nuova classe
dirigente e la lingua greca si sparge in tutto l’impero. Ha cambiato le coordinate geografiche del
mondo greco. L’età ellenistica sposta il baricentro della civiltà greca dalla Grecia al mediterraneo
orientale. È ricordato anche nel corano come re che avrebbe protetto il Medio Oriente dai popoli del
male, idealizzazione.
L’ellenismo
È l’età che va dalla morte di Alessandro magno alla conquista romana. L’ellenismo è un termine
che indica questo periodo e deriva dal verbo Hellenizein, che significa “parlare greco”. In seguito
alla conquista di Alessandro magno la lingua greca diventa la lingua di tutta la classe dirigente
dell’impero persiano. Il greco diventa una lingua perlata ben oltre i confini della Grecia, ma solo
dall’elitè, non dal popolo. Il greco arriva fino all’india. Area di diffusione dell’ellenismo: medio-
oriente, Egitto, Iran, battriana (Afghanistan), india settentrionale, qui si diffonde anche la cultura
greca. Allontanandosi dal mediterraneo l’influenza greca si fa man mano più debole. In india sono
rimaste poche tracce dell’impronta greca, a differenza del medio-oriente e dell’Egitto, che sono
rimaste zone greche anche dopo la conquista romana.
La morte di Alessandro (ha lasciato la moglie incinta che avrà un bambino), getta la Grecia in un
periodo di caos, scoppia una rivolta dal 323 al 322 a.C. che prende il nome di Guerra Lamiaca
perché il grosso della guerra si riduce nella città di Lamia in Tessaglia. Le truppe macedoni presenti
in Grecia si erano ritirate a Lamia, dove subiscono un lungo assedio che termina male per i greci.
Arrivano infatti dei rinforzi dall’oriente che liberano Lamia e infliggono una sconfitta ai greci
presso Crannone. La flotta macedone sconfigge quella ateniese presso l’isola di Amorgo.
Questa sconfitta segna la fine della potenza navale ateniese, i macedoni non consentiranno più agli
ateniesi di ricostituire una flotta. Questa volta i macedoni non sono più generosi con Atene e dopo
la rivolta la obbligano ad accettare la presenza della loro guarnigione in città. Inoltre, per impedire
una nuova rivolta, impongono l’abolizione della democrazia in favore dell’instaurazione
dell’oligarchia. Ad Atene inizia un secolo in cui si alterna molto frequentemente la democrazia
all’oligarchia a seconda dell’andamento di guerre tra regni che si formano dalla dissoluzione
dell’impero di Alessandro. I regimi oligarchici si affermano di solito quando la macedonia restringe
il corpo civico a quei cittadini che sa essere di fede macedone. Atene ripristina la democrazia tutte
quelle volte che riesce a ottenere l’indipendenza. Alessandro muore lasciando la moglie incinta, che
darà alla luce Alessandro IV. In teoria è il nuovo sovrano, però è neonato e non può regnare. C’è
bisogno di una reggenza, alcuni generali di Alessandro riescono a spartirsi (spartizione tra i
Diadochi “successori”), combattendo i poteri dell’impero, ognuno in una regione diversa: qui
elencati solo i diadochi più importanti.
- Cassandro in macedonia, riesce a mettere le mani sulla Macedonia.
- Lisimaco in tracia (conquistata da Filippo)
- Antigono in Siria e asia minore (molto ambizioso)
- Tolemeo in Egitto, porta il corpo di Alessandro in Alessandria.
- Seleuco in Mesopotamia, persia e satrapie superiori (le più lontane dal mare) è stato il più
fortunato.
Il corpo di Alessandro viene preso da Tolomeo perché aveva un grande valore simbolico. Quindi
invece che essere seppellito nella terra dei padri, in macedonia, viene seppellito in Egitto
(Alessandria d’Egitto). Poi è andato perduto.
L’impero rimane considerato come unico
perché c’è il re Alessandro IV, che doveva
raggiungere la maggiore età (14 anni). I
generali approfittano del fatto che sia un
bambino per creare dei domini personali.
Cassandro riesce a estendere il suo controllo
anche su alcune poleis della Grecia, tra cui
Atene. Qui impone la tirannide di un suo uomo
di fiducia: Demetrio Falereo. Egli fa il tiranno
per 10 anni (317-307 a.C.). Gli viene dato
questo compito solo per garantire la fedeltà di
Atene. Nel 307 dopo una guerra Cassandro
viene sconfitto dal figlio di Antigono e Atene passa sotto il controllo di Antigono, Demetrio viene
cacciato e torna la democrazia. In questo periodo tornano le tirannidi in alcune città, che non
nascono dai dissidi interni; il tiranno è un cittadino della polis che viene messo al potere dal
generale. Cassandro, dopo una guerra contro Antigono, ottiene di essere il reggente di Alessandro
IV. Cassandro lo fa assassinare non appena diventa maggiorenne, nel 309 a.C. Si libera così del
legittimo erede al trono. Cassandro voleva diventare re di macedonia e aveva l’esercito dalla sua
parte. Si estingue la dinastia reale. Tutti
potevano diventare re a questo punto.
Antigono era colui che da subito era stato
nominato reggente; quindi, rivendicava una
sorta di supremazia sugli altri diadochi
(successori di Alessandro che rivendicano la
supremazia, dato che nessuno di loro è
legittimato a regnare, tutti vogliono regnare).
Nel 306 a.C. Antigono compie un gesto
rivoluzionario: si autoproclama re di tutto
l’impero, considerando gli altri diadochi come
a lui subordinati. Gli altri diadochi non lo riconoscono, quindi tutti decidono di proclamarsi re
rivendicando la supremazia su tutto l’impero. Nessuno di loro è però in grado di estendere il proprio
controllo sull’intero impero di Alessandro. Sono abbastanza forti solo per difendere i territori da
loro controllati. Il titolo di re rimane quindi limitato a un singolo territorio. L’impero di Alessandro
si dissolve in tanti regni.
Negli anni successivi ci sono delle ulteriori semplificazioni e delle altre guerre tra i diadochi. Nel
301 a.C. si forma una grande coalizione contro Antigono perché era quello che più di tutti
rivendicava il controllo sull’intero impero.
Ricordiamo solo le due più importanti battaglie:
Nella battaglia di Ipso, in asia minore avviene la morte di Antigono sul campo di battaglia. I suoi
domini vengono spartiti tra Lisimaco (re di tracia) e Seleuco (re della Mesopotamia). La Siria passa
a seleuco e l’asia minore a lisimaco. I vincitori si affrontano nel 281 a.C. in una nuova battaglia in
asia minore, a Curupedio: lisimaco muore in battaglia e seleuco acquisisce anche il controllo del suo
regno. Seleuco è adesso vicino a ricostituire l’unità dell’impero di Alessandro (gli manca solo
l’Egitto), ma viene a sua volta assassinato da un pretendente al trono. La macedonia sfugge ai regni
di seleuco e viene recuperata dal nipote di Antigono (Antigono II). Il figlio di seleuco, Antioco I
riesce a estendere il suo potere solo in Mesopotamia, Siria, asia minore ecc. La macedonia e la
tracia, e di conseguenza la Grecia, passano sotto il controllo di Antigono II.
Si consolida divisione dell’impero in tre grandi regni ellenistici:
caratteri dei regni ellenistici:
- Regno di Macedonia, che si estende anche in tracia, Tessaglia e Grecia, in cui regna la dinastia
degli antigonidi (discendenti di Antigono). Gli antigonidi riescono dopo la morte di seleuco a
preservare il loro potere dinastico su questi territori.
- Asia Minore, Siria, Mesopotamia, Iran: Impero creato da seleuco, che non ha compattezza
geografica e politica. È retto dalla dinastia dei seleucidi (i suoi discendenti). È immenso.
- Egitto, che è sotto la dinastia dei tolemei (discendenti di Tolomeo).
- Si forma poi nel III secolo il piccolo regno di pergamo, che è una piccola città nell’asia minore
occidentale. In questo periodo i regni erano sempre in conflitto tra di loro, e soprattutto nel regno
governato dai seleucidi, data la sua eterogeneità, vi erano dei conflitti interni. Approfittando di
queste dispute, nel 236 a.C. Attalo I si autoproclama re di questo piccolo regno retto dalla dinastia
degli attalidi. Questo regno ha una storia importante, e in particolare gli attalidi promuovono la
costruzione di una biblioteca che riesce a fare concorrenza a quella di Alessandria d’Egitto. La
biblioteca di Alessandria era stata costruita per volere di Tolomeo I era il centro culturale
dell’epoca. Confluisce tutto ciò che viene scritto in Grecia, e tutto ciò che viene lì trascritto riesce
ad arrivare ai secoli successivi. Tutto ciò che non viene copiato perché ritenuto poco importante dai
copisti non viene tramandato. La biblioteca di pergamo è la seconda più importante del periodo e
pergamo avrà un ruolo importante nella conquista romana. La politica in questi anni è caratterizzata
da uno stato di guerra continuo. Dopo la battaglia tra seleuco e lisimaco le guerre non sono più in
grado di alterare i confini dei regni. Ci vogliono 75 anni prima che i seleucidi riescano a conquistare
la Palestina. I seleucidi combattono cinque guerre contro i tolemei nel corso del III secolo per il
controllo della Palestina.
In 4 guerre i tolemei riuscirono a difendere la Palestina; nella quinta guerra i seleucidi riescono a
conquistarla. Caratteristiche dei regni ellenistici:
La macedonia degli antigonidi rimane un regno omogeneo, ancora paragonabile a quello che era ai
tempi di Filippo II. I confini sono un po' più estesi, la popolazione è costituita da macedoni e si
estende il controllo anche su Grecia, tracia e territori circostanti. È un regno molto solido che non si
differenzia tanto rispetto al passato. I regni retti dalle dinastie orientali sono quelli tipici di questo
periodo, l’età ellenistica è caratterizzata dall’estensione della civiltà greca molto oltre i confini della
Grecia. La classe dirigente di questi luoghi, che prima faceva parte della dinastia reale persiana,
adesso è costituita da macedoni che parlavano greco e usavano truppe greche per la maggior parte.
Rimangono dei regni con classe dirigente greco/macedone e una popolazione orientale.
L’Egitto è un regno compatto, che è sempre stato abbastanza isolato e per questo ha mantenuto una
forte identità culturale. A nord aveva il mare, quindi chi non aveva una flotta non poteva aggredirlo;
a ovest aveva il deserto; a sud c’era l’Etiopia che non è mai stata abbastanza solida da poter pensare
di espandersi in Egitto; a est aveva il mar Rosso. Era collegato al Medio Oriente solo da una stretta
striscia di deserto. Era protetto e ha sempre conservato la sua identità culturale. Era la provincia più
restia alla dominazione di altri popoli. Riesce a mantenere la propria autonomia dai tentativi di
conquista di seleuco, Antigono ecc. Sfugge ai tentativi di ricostruzione dell’impero di Alessandro.
L’Egitto ha una popolazione indigena molto omogenea ed è governata dall’élite greco-macedone
dei tolemei. Fino alla conquista romana tutti i re si chiamano Tolemeo, la trasmissione dello stesso
nome serviva a dare l’idea ai sudditi che il loro sovrano fosse un dio. Si dava un’immagine di
immortalità alla dinastia. Gli egiziani consideravano i tolemei come i loro faraoni, quindi in parte
come dei. I tolemei introducono in Egitto un’amministrazione molto più efficiente di quella
precedente, l’Egitto diventa uno dei regni più burocratizzati dell’epoca ellenistica. Prima, in Grecia
e in macedonia la burocrazia non esisteva e non esistevano dei funzionari permanenti che
amministrassero le cose pubbliche. Nei regni orientali la burocrazia esisteva da millenni, e il
contributo che danno i greci e i macedoni è quello di rendere la burocrazia più solida ed efficiente.
L’Egitto diventa uno dei regni più centralizzati e burocratizzati.
L’impero dei seleuicidi ha dei domini estremamente eterogenei. L’india e la valle dell’indo vengono
perse perché conquistate da una dinastia indiana e anche la battriana viene persa. Questo impero
rimane il più grande e il più fragile e il più esposto alle ribellioni, i re seleucidi non possono
neanche definirsi re di una regione geografica perché i loro domini erano troppo eterogenei. Sono
semplicemente sovrani, che vengono trattati dai sudditi come oggetti di culto e considerati come
divinità. Devono la loro posizione solo alla forza militare (solo l’esercito macedone è alla base del
potere dei seleucidi). Quando una provincia si ribella, e avviene spesso, il re afferma la sua autorità
con una campagna militare che riporta l’ordine. Riescono così a mantenere il controllo per tutto il
III secolo, tranne del caso di Pergamo. Nel II secolo, quando irrompe Roma la situazione cambia
molto. Il III secolo è il periodo di massimo splendore di questi regni, mentre il II secolo è un
periodo di declino. La Grecia in età ellenistica non è più al centro. Alcuni storici ritenevano che con
la vittori di filippo fosse finita l’età delle poleis, le poleis era libere città, ma con la conquista non
era più libere. Questa idea è stata totalmente abbandonata con il tempo perché la polis aveva
continuato ad esistere come comunità di liberi cittadini, anche se sotto una dominazione straniera.
Tebe era stata distrutta da Alessandro magno, viene ricostruita da Cassandro ma cessa di ricoprire
un ruolo importante per la storia greca. Rimangono Atene e sparta.
Profilo politico:
Regalità ellenistica:
 Il re è «legge vivente», cioè la sua parola è legge.
 Il re non ha specificazioni geografiche o etniche, è semplicemente il basiléus ed è assimilato
a un dio dai suoi sudditi orientali.
 Il re adotta alcuni dei costumi dei suoi sudditi orientali, per esempio in Egitto sposa spesso
la sorella (già Alessandro Magno).
 La regalità ellenistica è ben lontana dalla realtà della polis greca e in particolare della
democrazia: non sono più i cittadini ad autogovernarsi e ad aiutarsi a vicenda, ma è il re a
prendere le decisioni e a prendersi cura dei sudditi.
Nuove città fondate dai re ellenistici: Alessandria (Egitto, Aracosia, Aria, Battriana, Sogdiana),
Antigonea (Siria), Cassandria (Potidea, in Calcidica), Antiochia (nome del padre di Seleuco) (Siria),
Seleucia (Mesopotamia), Apamea (Siria, prende il nome dalla mamma di Seleuco, l’unico che non
ripudi la moglie durante Alessandro Magno ??), Lisimachia (Cardia, sull’Ellesponto), Tolemaide
(Egitto). Quasi tutte sono ormai scomparse tranne Alessandria d’Egitto, Etiopia…
Nascono nuovi culti religiosi che mescolano tra loro divinità e credenze greche e orientali: per
esempio Zeus viene associato al dio egizio Osiride e nasce una nuova divinità, Serapide (fusione
Zeus e Osiride), con caratteristiche miste. I Greci associavano a divinità che non conoscevano
divinità che loro conoscevano (politeisti).
Progresso scientifico: costruzione del faro di Alessandria (invenzione tecnologica); Eratostene
calcola la circonferenza della Terra; Aristarco di Samo propone la teoria eliocentrica per cui è la
Terra a ruotare intorno al Sole e non viceversa
SIENE e Alessandria ?? capì che la Terra era sferica, ma immobile.
- Stele di Ashoka, proviene
dall’India (250 a.C. circa): testo
in lingua locale e in greco; il re
indiano si pente di avere
combattute tante guerre e
provocato tanti morti e si
converte pertanto al buddhismo
esortando sudditi e re stranieri,
tra cui i re ellenistici, ad
abbracciare i suoi ideali pacifisti.
Si è poi inserito il regno di
Battriana: Eutidemo (III secolo
a.C.), Menandro (Milinda; II
secolo a.C.)
Arte del Gandhara (I secolo a. C.-IV secolo d.C.):
stile artistico sviluppatasi nel Gandhara, corrispondente agli odierni Pakistan occidentale e
Afghanistan orientale, i cui soggetti sono pressoché tutti buddhisti, mentre le forme sono
ellenistiche.

Alcuni sovrani ellenistici:


- Tolemeo I Soter (305-283 a.C.): a capo dell’Egitto dal 323 a.C. aggiungono soprannome per
riconoscere un sovrano da un altro.
- Arsinoe II (275-270 a.C.): sposa prima Lisimaco, poi dopo la sua morte accetta di sposare il
fratellastro Tolemeo Cerauno che però le uccide i figli e infine sposa il fratello Tolemeo II Filadelfo
(285-246 a.C.). è stata regina d’Egitto per pochi anni.
-Seleuco I (305-281 a.C.): a capo di Babilonia e delle satrapie superiori dal 312 a.C.
-Attalo I (241-197 a.C.): re di Pergamo dal 236 a.C., alleato di Roma dal 201 a.C.
-Antioco III (223-187 a.C.): restauratore dell’impero di Alessandro (212-205 a.C.).
-Antioco IV (175-163 a.C.): tenta di ellenizzare Gerusalemme (167 a.C.).
Grecia ellenistica:
 In età ellenistica si diffondono in Grecia le leghe, cioè le alleanze tra poleis che diventano
protagoniste della politica greca
 Lega achea:
- Area di influenza: Acaia, Peloponneso
- Comandante più famoso: Arato di Sicione (251-213 a.C.)
 Lega etolica:
- Area di influenza: Etolia, Grecia centrale
- Alleata di Roma contro la Macedonia (215-196 a.C.)

Atene
Atene passa attraverso periodi di autonomia (democrazia) e altri di sottomissione ai macedoni
(oligarchia). Il momento cruciale è la guerra cremonidea (chiamata così perché voluta da un
cittadino di nome Cremonide). Nel 267 a.C. si allea con sparta e Tolemeo II per liberare la Grecia
dall’egemonia macedone. La guerra dura sei anni e vede la vittoria di Antigono II (re di
macedonia). Non ci sono ripercussioni sull’Egitto di Tolemeo. Sparta viene sconfitta in battaglia
mentre Atene viene assediata e conquistata. Nel 261 a.C. Atene finisce sotto la dominazione
macedone per il più lungo periodo della sua storia (32 anni, fino al 229 a.C.). Si ricostituisce in
Grecia una lega, la lega achea formata dai greci che vivono nel nord del Peloponneso. Questa lega è
guidata dal comandante Arato di Sicione, che cerca di limitare la potenza macedone in Grecia.
Prima riesce a liberare il Peloponneso, poi nel 229 riesce a cacciare la guarnigione macedone da
Atene, che recupera la sua libertà e restaura la democrazia (che non verrà più persa). Atene non
conosce più la dominazione macedone.
Sparta
Su sparta abbiamo qualche notizia in più.
È una storia che viene raccontata da Plutarco, il quale dedica una delle sue vite alla coppia di re
spartani Agide IV e Cleomene III (salgono al trono uno dopo l’altro). Questi re danno vita negli
anni 40 e 20 del III secolo a una politica riformista per rivoluzionare la costituzione spartana.
Plutarco li abbina a Tiberio e Caio Gracco. Le riforme che attuano sono interessanti perché
permettono di osservare degli elementi ricorrenti nella mentalità greca: per i greci non esiste la
rivoluzione come la intendiamo noi, ovvero il cambiamento radicale di qualcosa. Quando dovevano
cambiare qualcosa si appellavano sempre al passato, non cambiano radicalmente qualcosa creando
un mondo nuovo, ma proclamano di restaurare il passato, che è visto come ideale, come una sorta di
età dell’oro che era stata degenerata con il passare del tempo. Nelle riforme si diceva che si stesse
cercando di ripristinare un passato considerato come migliore, anche se non sempre lo era davvero.
Non siamo certi di alcune riforme attuate da solone perché ci vengono descritte da fonti molto
lontane rispetto alla sua epoca. Alcuni studiosi ritengono che la boule dei 400, attribuita a solone, in
realtà sia stata introdotta da 400 oligarchi che nel 411 a.C. avevano instaurato un regime oligarchico
ad Atene. Per giustificare quell’innovazione (ridurre il numero dei consiglieri) avevano detto di
voler ripristinare la boule dei 400 di solone. Alcune cose che vengono attribuite all’età arcaica in
realtà potrebbero essere proiezioni indietro nel tempo fatte da greci in età successiva. La stessa cosa
succede a sparta in questo periodo: nel III secolo la società spartana è caratterizzata da una
riduzione ai minimi termini della cittadinanza (sotto i 1000 cittadini). Era una città non più in grado
di armare eserciti agguerriti. C’erano pochi ricchi e tantissimi poveri, quindi esistono delle enormi
differenze economiche e sociali tra gli abitanti. Agide IV e Cleomene III attuano delle riforme per
ripristinare la costituzione originaria di Licurgo, che negli anni è degenerata ed andata persa. Fanno
delle riforme che proclamano come volte al ritorno al passato. In realtà sappiamo che la costituzione
di Licurgo ha richiesto secoli per giungere alla sua forma finale, e che dunque non era possibile
attribuirla interamente a Licurgo. È lo stesso Plutarco a dirci che ad esempio gli efori furono
aggiunti in un secondo momento. Agide IV prova inizialmente ad abolire i privilegi e a distribuire
la terra ai poveri per equilibrare la situazione economica, ma viene sconfessato dagli aristocratici
che volevano mantenere i loro possedimenti e poi arrestato e giustiziato. È il primo re di sparta a
essere ucciso dagli efori (magistrati che dovevano sorvegliare sul rispetto della costituzione
spartana). Cleomene III riprende la politica del suo predecessore e ha più fortuna, capisce che se
non vengono eliminati gli efori rischia di essere ucciso.
Nel 227 a.C. fa assassinare gli efori e giustifica la sua azione dicendo che nell’originale costituzione
di Licurgo non erano presenti gli efori. Gli efori gli avrebbero impedito di fare qualsiasi riforma
successiva: - Abolizione dei debiti e distribuzione della terra; - Immissione di perieci e iloti nella
cittadinanza spartana, è una decisione rivoluzionaria. La costituzione di Licurgo aveva suddiviso chi
era spartiata, chi perieco e chi ilota (era stata una costituzione rigida che aveva portato al declino
della popolazione di sparta). Viola quindi lo spirito della costituzione di Licurgo, ma si giustifica
dicendo di voler ripristinare la polis (comunità di spartiati) che sia numericamente significativa.
Anche i romani, ogni volta che devono rivoluzionare qualcosa fanno appello al passato. Magari lo
fanno in maniera fittizia, inventandosi soluzioni e riforme sul momento, ma attribuendole sempre al
passato. Cleomene III dà inizio a una politica di espansione nel Peloponneso e inizialmente ha
fortuna in questo. Riesce a mettere in difficoltà la lega achea guidata da Arato. Arato fa un gesto
discutibile, condannato da Plutarco: dopo aver liberato Atene dai macedoni, per combattere contro
sparta chiede aiuto proprio ai macedoni. I greci combattono sempre fra di loro senza impedire che
gli stranieri influiscano. Nel 222 a.C. a Sellasia achei guidati da Arato e macedoni guidati da
Antigono III sconfiggono gli spartani. Cleomene III fugge in Egitto sotto la protezione di Tolemeo e
muore in esilio. Cleomene III è l’ultimo re di sparta, dopo quella conquista sparta cade sotto il
controllo degli achei. Termina la storia della diarchia spartana. È l’ultima guerra che i greci
combattono tra di loro. Al massimo combattono con i macedoni, che sono quasi greci. Dopo le
guerre vedono sempre l’interferenza romana.
Quando finisce la storia greca è più difficile da dire. Le date sono varie, dipende dalla prospettiva:
- Conquista romana della Grecia nel 146 a.C., i greci continuano a esistere ma entrano a fare parte
della storia romana. Dopo questa data però esistono ancora dei regni ellenistici che per circa un
secolo hanno una storia autonoma.
- Conquista romana dell’Egitto nel 30 a.C., dopo questa data non esistono più regni ellenistici
autonomi rispetto all’Impero Romano. Solo una
parte dell’impero di Alessandro finisce all’interno
del regno dei Parti. Tutto l’impero di Alessandro fa
parte dell’Impero Romano.
- I greci continuano ad avere una storia all’interno
dell’Impero Romano. Un’altra data possibile è quella
della chiusura dell’accademia di Atene ordinata
dall’imperatore Giustiniano nel 529 d.c., l’accademia
era la scuola fondata da Platone nel IV secolo a.C. ed
era stata la maggiore istituzione culturale del mondo
greco per secoli. Tutti i grandi intellettuali greci e
romani avevano studiato all’accademia. Nel tardo
Impero Romano era rimasto l’ultimo baluardo dell’epoca classica di fronte all’avanzata del
cristianesimo. L’accademia era l’ultimo segno della cultura pagana. Finisce la cultura greca pagana.
- Anche dopo Giustiniano la cultura greca continua come cristiana. La storia greca può finire anche
nel 1453 d.c. quando Costantinopoli cade in mano ai turchi alla fine dell’impero bizantino (Impero
Romano d’oriente, che è di cultura greca perché
i bizantini parlavano greco). L’Impero Romano
era diviso in 2: la parte occidentale con spagna,
Francia, Italia ecc. che è di lingua latina, mentre
la sparta orientale con Grecia, Turchia, Siria,
Egitto ecc. è di lingua greca. Quando cade
l’Impero Romano d’occidente e rimane quello
bizantino, esso ha una cultura greca ma una
religione cristiana. I greci hanno continuato a
produrre cultura fino alla metà del XV secolo.
La storia greca ha confini enormi nel tempo e
nello spazio. L’età classica ha rappresentato il
massimo sviluppo della polis ed è l’età più
attuale per noi, c’è la democrazia (Atene), che torna in occidente solo con la Rivoluzione francese.
È un’epoca vicina idealmente.
I fatti storici scorrono continuamente, periodizzare la storia è importante.
Le fonti della storia greca
Dobbiamo distinguere storia e
storiografia:
 Storia: l’insieme dei fatti
storici nella loro successione
cronologica
 Storiografia: il racconto dei
fatti storici a opera degli storici
(che cercano di mettere ordine,
è difficile metterli in ordine se
è passato molto tempo e ce ne
sono tanti).
Quando si dice che la storia è passata e non può cambiare è vero, quella che può cambiare però è la
storiografia.
Ad esempio oggi c’è maggiore attenzione per gli aspetti economici nella storia… una volta si
basava soprattutto sulla storia politica.
Raccontare un fatto storico non è necessariamente storiografia:
Vuole solo celebrare la sua vittoria, trasmettere l’idea che lui era un vincitore.
Anche qui celebra solo le sue vittorie, nessun interesse sul perché.
Vediamo questo approccio anche nel Codice di Hammurabi.
In carattere cuneiforme ci sono scritte le leggi di Babilonia.

Prima della storiografia greca: il mito


Unica testimonianza che ci racconta qualcosa del periodo dell’età micenea e arcaica (?).

- Il mito greco parte dalla Nascita degli dèi: Zeus sommo dio dell’Olimpo. Nel pensiero greco
gli Dei non hanno creato il mondo, ma sono nati insieme al mondo. Per gli ebrei Dio è
eterno e ha creato il mondo.
- Diluvio universale: Deucalione come il Noé biblico
- Minosse: primo legislatore, primo dominatore dei mari (fatti che iniziano ad essere
ricondotti a fonti, c’è già un barlume di storiografia)
- Eracle: eroe culturale, colui che rende il mondo abitabile per gli uomini
- Edipo: il buon re perseguitato da un destino ineluttabile (profezia ucciso il padre e sposato la
madre); il racconto di Edipo ambientato prima della guerra di Troia. Nell’odissea i fatti di
questo racconto coincidono (ordine cronologico).
- Sette contro Tebe: guerra devastante e senza vincitori tra i due figli di Edipo
- Guerra di Troia: il primo conflitto che abbia coinvolto tutti i Greci (Tucidide)

Prima della storiografia greca: il mito.


Noi li consideriamo miti, ma per i greci ertano fatti storici (es: Ercole aveva fatto ad esempio le
sette fatiche). Noi figli dell’illuminismo mettiamo
in dubbio, loro nati prima dell’illuminismo no.
Omero:
 Sette contro Tebe: Stenelo ricorda le gesta
del padre Capaneo (uno dei sette contro
Tebe), sotto le mura di Tebe
 Idomeneo nipote di Minosse e re di
Cnosso
 Eracle nato a Tebe
 Odisseo (Ulisse) incontra nell’Ade le anime di Tiresia (colui che compare nel complesso di
Edipo) e di Giocasta (ma la chiama Epicasta, che si impiccherà per aver sposato il figlio).
Ecateo di Mileto (VI-V secolo a.C.)
 Ecateo ha compiuto un viaggio in Egitto (490 a.C. circa): choc culturale quando scopre che
la civiltà egizia è molto più antica di quella greca. Pensava che i Greci avessero la storia più
antica del mondo. Va in un tempio vantandosi che nel suo albero genialogico si possono
contare 16 (5 secoli e qualcosa) generazioni e alla 16 generazione c’era un Dio (quindi lui
discendente di un Dio). I sacerdoti gli fanno vedere delle statue che corrispondevano a dei
sacerdoti vissuti, c’erano 345 statue!

 Genealogie: critica razionale del mito. Possediamo solo un frammento (Frammento: parte di
opera che non possiamo più leggere, ma venivano letti nell’antichità.)
- «Ecateo di Mileto così racconta: scrivo queste cose come a me sembrano vere (cerca di
mettere ordine). Infatti i racconti dei Greci, come mi si presentano, sono molteplici e
ridicoli»
Nel mito lo stesso racconto viene raccontato in maniera diversa (hanno tante varianti). Ecco che
Ecateo cerca di fare ordine.
Primo testo del file:

(Cerca di spiegar Cerbero. Nell’odissea Omero non lo descrive. Serpente che provocava la morte rapide. Dice che il cane dell’Ade è
un modo per indicare una creatura mostruosa. Secondo Ecateo poi i Greci hanno interpretato in senso letterale (cane vero e proprio)).

Cicerone ha definito Erodoto il padre della storia.


Erodoto di Alicarnasso (484-424 a.C. circa):
 «Questa è l’esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi umani
non svaniscano con il tempo e le imprese grandi e meravigliose compiute sia dai Greci che
dai barbari non siano dimenticate e in particolare per quale motivo essi si fecero la guerra»
(Erodoto, I 1) (prime parole di Erodoto). Mette insieme storia dei greci e dei barbari (uno dei
pochi), la sua preoccupazione è che questi fatti vengano dimenticati.
 «Sono tenuto a riferire
ciò che mi è stato
riferito, ma non sono
assolutamente tenuto a
crederci» (Erodoto, VII
152). racconta la storia
dei popoli dell’impero
persiano e dopo la
guerra che hanno fatto ai greci (guerre persiane). Lui si sente tenuto (il compito di storico
che sente, poi il lettore decide successivamente la storia più attendibile, il lettore farà poi le
sue valutazioni.)
Erodoto vuole capire le motivazioni della guerra etc.…
Erodoto di Alicarnasso (484-424 a.C. circa):
 Storie dedicate alle guerre persiane
 Descrizione della formazione dell’impero persiano e dei popoli che via via sono entrati a
farne parte
 Relativismo culturale: ogni popolo predilige i propri costumi e ritiene assurdi o scandalosi
quelli degli altro

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