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Il crollo della civilt micenea

1. Che cosa si intende con civilt e con crollo di una civilt? Secondo lo storico inglese Arnold Toynbee, una civilt nasce quando un gruppo umano in grado di rispondere a una sfida che gli viene posta dallambiente naturale o dallambiente sociale, a condizione che questa sfida sia sopportabile, cio forte in misura tale da provocare una reazione positiva. Il crollo di una civilt, invece, avviene quando il gruppo umano non riesce pi a rispondere vittoriosamente alla sfida naturale o sociale 1. In questo senso, quindi, il concetto di civilt indipendente quello di storia; possiamo dunque parlare di civilt preistoriche, che secondo il senso comune non sono civilizzate, cos come di civilt storiche. I Micenei certamente diedero vita a una civilt, perch dominavano stabilmente un territorio, avevano uneconomia centralizzata, e inoltre erano ben riconoscibili come popolazione, grazie a: una lingua scritta; particolari tecniche (ceramiche, armi e armature, architettura); usanze tipiche (modo di sepoltura dei guerrieri, che per cambia nel tempo; uso delle grotte come luogo di culto); un sistema sociale che stato ricostruito con buona probabilit (casta dei guerrieri). Ognuno di questi punti rappresentava parte della risposta originale che i Micenei avevano dato alla sfida posta dallambiente-Egeo. Il concetto di crollo di civilt per pi sfumato. In un libro recente, il biologo e antropologo Jared Diamond, dice che per crollo di una civilt si intende una riduzione drastica del numero della popolazione e/o della complessit politica, economica e sociale, in unarea estesa e nel corso di un prolungato lasso di tempo. Il fenomeno del crollo di una societ dunque la forma estrema tra vari e meno gravi tipi di decadenza, ed arbitrario stabilire a che punto una crisi si possa definire crollo2. 2. Si pu dire che la civilt micenea croll? La civilt micenea si estende per un arco di tempo di 650 anni, dal 1750 circa al 1120 (o 1060) circa. (La datazione avviene con lo studio dei reperti archeologici e soprattutto delle ceramiche). In questo lungo periodo ci furono periodi di espansione e di decadenza, come naturale in tutte le civilt. In particolare, lespansione della civilt Micenea comport la sottomissione di una civilt pi antica, quella minoica, che non scomparve del tutto ma fu parzialmente inglobata da quella micenea.
1 Pietro Rossi, Cultura e civilt, Enciclopedia multimediale filosofica, www.emsf.rai.it
2 Jared Diamond, Collasso. Come le societ scelgono di morire o vivere, Einaudi 2007, p. 5.

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1750-1680 1680-1580 1580-1480 1520-1425 circa

Primi reperti (Circolo B di Micene) Circoli B e A Micene; primi contatti con lOccidente Espansione verso Occidente e nellEgeo Conquista di Cnosso (Creta) Distruzione del palazzo di Cnosso (e sua successiva riedificazione) Costruzione del sistema dei palazzi Prime distruzioni di palazzi e loro ricostruzione Distruzione dei palazzi Ripresa economica, senza pi centri palatini Eventi sismici Abbandono della popolazione; crollo vero e proprio della civilt e sorgere di nuovi centri (Atene)

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1425-1370 circa
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1390-1340 1340-1270 1270-1190 1190-1140 1150-1100 1120-1060

Levento che normalmente definito come crollo della civilt micenea si colloca verso il 1200 a.C., ed contemporaneo alla scomparsa o alla decadenza di altre civilt del Vicino Oriente: limpero Hittita, Troia VI e la civilt siriana di Ugarit; a queste si aggiunge un sicuro declino dellEgitto. Nel caso della civilt micenea, crollo ha un significato concreto, fisico: significa infatti la distruzione delle parti pi difese dellimponente cittadella di Micene; la distruzione completa di centri importanti come Prosymma; lincendio di altri centri di questa civilt. Non si trattava del primo crollo dei palazzi. Come vediamo in cronologia, cerano gi state distruzioni di palazzi, anche se isolate, forse un centinaio di anni prima; ma allora i centri palatini erano stati ricostruiti (Tirinto in particolare), ora invece i palazzi non vengono pi riedificati. Un tempo si pensava che questa data avesse segnato la fine drammatica e completa della civilt micenea. Le cose non stanno cos, perch i Micenei continuarono ad abitare i loro territori, seppure in centri pi piccoli; ci fu anche, probabilmente, una certa ripresa economica che dur una cinquantina danni. Tuttavia, il sistema economico e di potere centralizzato non funzionava pi; ed facile supporre un calo della popolazione. Lentamente scompaiono anche le tracce delle ceramiche, delle armature e delle tombe dei guerrieri. (Ceramiche micenee successive a questa data sono state tuttavia ritrovate nellisola di Cipro). Si pu perci concludere che la distruzione della Casa della Cittadella di Micene, di Tirinto, del palazzo di Epano Engilanos, di Krisa, Gla, Prosymma e Zygouries, tutte avvenute simultaneamente al 1200 a.C. segni linizio della fine della civilt micenea, che si concluse nemmeno un secolo dopo.

3. Tre ipotesi sulle cause Storici, archeologi e, oggi, anche paleo-geologi sono sempre stati affascinati dalle misteriose ragioni per cui le citt micenee micenea abbiano subito un tracollo, tutto sommato, cos rapido e soprattutto simultaneo. Sono state formulate tre grandi ipotesi: (a) (b) (c) crollo a causa di invasioni; crollo per cause naturali; crollo per cause interne, sociali.

Le esamineremo isolatamente.

4. Lipotesi delle invasioni: i popoli del mare Alla fine dellOttocento, archeologi e storici dellantichit ipotizzarono che la decadenza inarrestabile delle imponenti cittadelle micenee fosse stata causata dalla pressione aggressiva di popoli navigatori di origine forse anatolica. Legittologo francese Gaston Maspero li chiam, nel 1881, popoli del mare, con riferimento a ciclo di bassorilievi egizi dellepoca di Ramses III scoperti in un sito di Luxor. Si tratta di rilievi e iscrizioni che raccontano la storia recente dellEgitto, e testimoniano che verso il 1208 a.C. il Regno fu attaccato per mare e per terra da otto popoli che si allearono con la Libia. Due di questi popoli guerrieri sono raffigurati con elmi piumati (o a spazzola), mentre combattono una battaglia navale; altri guerrieri hanno elmi bassi adorni di corna. Nei rilievi che raffigurano battaglie terrestri, tutti i guerrieri portano elmi piumati e manovrano carri a due ruote, trainati da buoi. Lidentificazione degli otto popoli citati da Ramses III ha costituito un problema tuttora dibattuto. Questi i nomi scritti dallo scriba di Ramses III; a fianco, riportiamo le supposizioni pi frequenti.
Eqwesh Shekelesh Lukka Sherden, Shardana Teresh Peleset Denyen, Danuna Tjekker Achei (??) Sikelioi (Omero) Lici Sardi Etruschi Filistei Danai Teucri

Liscrizione che accompagna il testo lunica fonte per attribuire un nome a questi popoli, che apparentemente non hanno lingua scritta. Nelle raffigurazioni, i diversi popoli vengono distinti in base al copricapo o allelmo che indossavano (piumato o con corna), del tutto differente da quello miceneo e da quello egizio. Si tratta di un elemento di un certo significato, come vedremo. Quanto ai nomi di questi popoli, lanalisi dei linguisti rivela per una somiglianza solo superficiale tra i nomi dei popoli del mare e quelli dei popoli antichi citati, fra gli altri, da Omero. Ai linguisti non appare probabile che i Tekker siano i Teucri e i Denyen i Danai. Lorigine e lidentificazione dei popoli del mare una ricerca tuttora aperta. La loro esistenza ha suscitato molte fantasie. In particolare, si pensa che gli Sherden abbiano popolato la Sardegna, dando origine al suo nome: Internet piena di pagine con ipotesi suggestive al riguardo. Ma se vero che nella Sardegna meridionale sono stati ritrovati resti micenei, come spade e una testina in avorio di un guerriero con elmo chiaramente miceneo, non ci sono reperti sicuri dellesistenza di un popolo Sherden che ne abbia popolato le coste, soprattutto meridionali. Lipotesi tutta da verificare. certo che i popoli del mare sono esistiti e hanno sconvolto le coste mediterranee e le terre del vicino Oriente, ma probabile che si sia trattato di mercenari e pirati assoldati dalle diverse popolazioni del Nord Africa e della Libia (che era in lotta perpetua con lEgitto). Che fossero mercenari, pare attestato dai rilievi egiziani che mostrano come essi portassero le famiglie al seguito, su car ri trainati da buoi. Dobbiamo ora ch i e d e r c i s e plausibile che i popoli del mare, dopo aver tenuto in scacco lEgitto, abbiano invaso e e distrutto Micene e il suo sistema di potere.

Lelmo piumato dei pirati raffigurati a Luxor considerato simile a quello presente su un vaso della stessa epoca ritrovato a Micene, il cosiddetto Cratere dei guerrieri, che su un lato mostra sei guerrieri con un elmo piumato che, secondo gli studiosi, molto simile a quello dei popoli del mare raffigurati nel bassorilievo egizio. Si tratta di un elmo che non ha riscontri nelle armature micenee. Lelmo anche nico sito pro. piumato compare in un sigillo coritrovato in un miceneo a Ci-

Elmi piumati oppure bassi, con corna, compaiono solo in questo periodo nelle terre micenee: potrebbe essere una prova dellarrivo di popoli con diverse armature. Si deve tuttavia rilevare che lelmo piumato (o comunque ornato di crini) di cui qui si parla era unarmatura diffusa in diverse zone del vicino Oriente, e non probabile attribuirne lesclusiva a uno degli otto popoli del mare. Ci sono quindi poche prove per sostenere che i popoli del mare, per quanto aggressivi, siano penetrati in Micene tanto profondamente da sovvertirne lordinamento e prendere il potere, senza lasciare tracce pi consistenti della loro raffigurazione sul Cratere. Inoltre, per quanto veloce, la fine della civilt micenea si svolge lungo circa ottantanni durante il quale, crollata Micene, sono ancora vivi piccoli centri (per esempio vicino a Tirinto) nei quali si concentrano i sopravvissuti alla distruzione. I palazzi non sono ricostruiti ma c una certa vita economica (ceramiche). Durante questi decenni, non si trovano testimonianze di unoccupazione permanente del territorio miceneo da parte dei popoli del mare, il che rende piuttosto debole lipotesi che la fine della civilt micenea sia stata dovuta allinvasione dei popoli del mare. Si potrebbe quindi supporre che pirati e mercenari abbiano s invaso il territorio miceneo, ma solo dopo che quella civilt si era gi indebolita: linvasione dunque potrebbero essere non tanto una causa quanto una conseguenza del crollo miceneo.

5. Lipotesi delle invasioni: i popoli del nord (Eraclidi e Dori) Negli anni Sessanta, gli archeologi ipotizzarono che la fine della civilt micenea fosse dovuta a uninvasione successiva a quella dei popoli del mare. I micenei infatti avevano eretto un enorme muraglione a difesa dellistmo di Corinto: la prova che temevano uninvasione; gli archeologi concludo che quella stessa invasione di cui parlano Erodoto, Pausania e anche Tucidide: Il fatto che dopo la guerra di Troia la Grecia continuava a essere soggetta a migrazioni e a nuovi insediamenti Il ritorno dei Greci da Ilio, avvenuto con ritardo, provoc nume-

rosi cambiamenti, e nella maggior parte delle citt vi furono lotte interne, a causa delle quali gli esiliati fondavano le nuove citt I Dori, ottanta anni dopo la presa di Troia, insieme agli Eraclidi occuparono il Peloponneso Con difficolt e dopo molto tempo la Grecia ebbe la pace con la stabilit e non fu pi turbata dalle migrazioni. Eraclidi e Dori, per Tucidide, erano entrambe popolazioni del Nord. Sulla base delle sue parole, e dei ritrovamenti archeologici, fra gli studiosi degli anni Sessanta si fece strada dunque lipotesi dellinvasione dorica che avrebbe portato al collasso la civilt micenea. Le prove archeologiche sembravano sostenere la testimonianza di Tucidide. Nei siti micenei si ritrovava proprio in quegli anni, infatti, un particolare tipo di ceramica, chiamata barbarian ware, impastata in maniera del tutto differente da quella locale, cos come armi, fibule e rasoi molto differenti da quelli tradizionali micenei. Gli archeologi appurarono che non si trattava di importazioni e che la ceramica era uguale per impasto e decorazioni a quella prodotta in certe aree danubiane-carpatiche e balcaniche. Dunque, certo che a Micene, Tirinto, Pilo fossero giunti gruppi provenienti da nord/nord-ovest, e che essi si siano insediati stabilmente nelle citt micenee. Lelevato numero di spade e di giavellotti lascia ritenere che ci fossero numerosi guerrieri, che avevano accesso al seppellimento nelle necropoli cittadine: dunque erano uomini liberi, non schiavi. Si pu per anche supporre, al contrario, che si trattasse non gi di un popolo invasore, quanto di un popolo reso schiavo dai micenei. E gli artigiani di quel popolo avrebbero continuato a produrre per i Micenei gli oggetti della loro tradizione; i guerrieri avrebbero prestato servizio militare per i Micenei ottenendo lonore di essere seppelliti da uomini liberi, come attestano numerose tombe. Se per non fosse cos, e se i popoli del nord fossero davvero calati minacciosamente su Micene? Possiamo dunque parlare di uninvasione distruttiva da parte dei popoli del nord, intorno al 1200? Le date non sembrano sostenere questa supposizione, perch ceramiche e oggetti nordici sono presenti in alcuni siti micenei gi dal 1340-1270, dunque settanta-centoquarantanni prima della data ipotizzata per la distruzione delle cittadelle.

I Dori: un approfondimento Lesistenza dei Dori e degli Eraclidi di cui parla Tucidide merita un approfondimento. Il nome Dori ricorre spesso nelle pagine dei mitografi e degli storici greci. il nome di una delle tre stirpi greche secondo Erodoto, accanto agli Ioni e agli Eoli. Erodoto, Tucidide e Pausania sono concordi nel definirli un popolo (ethnos) che proviene da nord. Per questo, in un primo tempo, gli archeologi che studiavano la ceramica barbarica di Micene credettero di averne finalmente trovato le tracce. Lipotesi era che i popoli di area danubiano.carpatica che avevano prodotto quella ceramica fossero proprio i Dori di cui ci parlano Erodoto, Tucidide e Pausania. Ma per gli autori greci lesistenza reale di queste popolazioni intrecciata con quello che a noi oggi appare francamente un mito di fondazione. Appare insomma difficile distinguere mito e realt dei Dori. Secondo la mitologia greca, infatti, Zeus aveva stabilito che Eracle dovesse regnare su Micene e Tirinto. Morto Eracle, le due citt furono governate da unaltra stirpe, quella di Pelope, da cui discende Agamennone. Ma, ottanta anni dopo la fine della guerra di Troia, i figli di Eracle (gli Eraclidi) scendono con i Dori su Micene per rivendicarne il possesso. Oltre a Micene, conqui-

stano Tirinto e poi tutto il Peloponneso; secondo il mito, comincia cos una nuova fase nella storia greca. La nuova fase iniziata da Doro, figlio di Elleno, da cui il nome Elleni per auto definirsi. La fonte principale per linvasione del Peloponneso da parte degli Eraclidi e dei Dori lo storico e geografo greco Pausania (110-180 d.C). Egli parla di una invasione a pi riprese da parte dei Dori, che sferrarono un attacco anche per mare: non vennero attraverso listmo di Corinto, come tre generazioni prima, ma ritornarono nel Peloponneso con le navi, sbarcando a Rhion (VIII, 5, 6). Questo, perch i Micenei avevano fortificato listmo, che era inattaccabile. Pausania procede dettagliando gli attacchi portati dagli Eraclidi e dai Dori, le cui stirpi si erano unite, alle citt del Peloponneso; parla anche della degli attacchi alle cittadelle micenee e della conquista di Corinto. Ma mille anni di storia separano il racconto di Pausania dalla realt dei fatti, e la presenza del mito molto forte. Il mito dell invasione degli Eraclidi e dei Dori poteva serviva a spiegare e a unificare due avvenimenti storici diversi. Da un lato, il sicuro ingresso in Peloponneso, di popoli provenienti dai Carpazi o dal Danubio, accertato dai ritrovamenti di cui abbiamo detto. (Ma, come abbiamo detto, non si tratt di uninvasione). Dallaltro, la presenza accertata di un dialetto dorico e di una cultura dorica specifica, che esisteva nei territori montuosi settentrionali, nella Macedonia e nellEpiro, e che poi si era espansa fino al Peloponneso e a parti dellEgeo. La cultura dorica possedeva elementi caratteristici (feste, rituali, calendario; architettura) e, naturalmente, un dialetto specifico che fu uno dei sei dialetti parlati nella Grecia antica. Ma non ci sono prove che questa cultura avesse invaso la penisola greca, come il mito vorrebbe fare credere. Resta probabile che nellet oscura ci fossero scontri tra le citt di cultura dorica. Dunque, mito a parte, lorigine di questa cultura dorica resta ancora da valutare.

6. Il crollo per cause naturali Una delle ipotesi pi suggestive riguardo al crollo della civilt micenea vuole che essa sia scomparsa in seguito a qualche catastrofe naturale. Viene spesso chiamata in causa leruzione del vulcano Santorini, nellisola di Thera, 100 km a nord di Creta. Uneruzione imponente, che quasi distrusse lisola e caus un maremoto. I paleo-geologi hanno stabilito che si sollev unonda marina alta forse un chilometro e mezzo, e che furono scagliati 60 km3 di magma, il che la colloca al secondo posto fra le eruzioni di cui luomo abbia notizia. Di recente, e con buona sicurezza, si datato il fenomeno al 1627-1628 a.C.: per quante distruzioni possa avere causato, dunque, leruzione risale a 400 anni prima della fine della civilt micenea e a circa 200 anni prima della conquista di Creta da parte dei Micenei. Certamente si tratt di un fenomeno straordinario, che dovette causare trasformazioni importanti nellarea. Il ricordo di questo evento, forse, fu tramandato nel mito di Atlantide, citato da Platone in due dialoghi: un continente scomparso in fondo al mare. Tuttavia, dopo questa data il palazzo di Cnosso fu ricostruito (croller solo con linvasione micenea, 200 anni dopo), mentre Micene inizia proprio allora la sua espansione nellEgeo e verso Occidente.

Alcuni studiosi suppongono per che il vulcano abbia eruttato nuovamente in seguito, causando un secondo maremoto del quale non abbiamo ancora trovato traccia. I paleo-geologi in generale lo escludono. provato invece che tra il 1225 e il 1175, quindi proprio nei cinquantanni che vedono la fine della civilt micenea, la Grecia centro-meridionale fu colpita da frequentissimi terremoti di elevata magnitudo. Proprio la frequenza e lintensit di questi terremoti e dunque non un solo catastrofico evento sismico possono aver impeditola ricostruzione dei palazzi.

7. Crollo per cause interne, sociali Distruzione delle cittadelle e spopolamento potrebbero essere stati causati, secondo alcuni studiosi, da conflitti interni alla civilt micenea. Per esempio, alcuni palazzi avrebbero mosso guerra ad altri; oppure ci potrebbero essere stati duri conflitti interni tra il potere centrale e alcune classi sociali. Questi conflitti interni avrebbero spossato il sistema economico miceneo, che era fortemente controllato dal centro. Una causa potrebbe essere quella del cambiamento nella produzione agricola. I resti vegetali di uno degli ultimi raccolti di Tirinto sono stati analizzati: ne risulta un raccolto di pessima qualit e danneggiato da infezioni parassitarie. Gli studiosi affermano che ci potrebbe essere stato causato da una prolungata monocultura e dalla mancanza di nuovi innesti. Troppo sfruttate, le coltivazioni si sarebbero progressivamente impoverite, proprio in concomitanza con un enorme sforzo economico per la ricostruzione dellultimo, monumentale palazzo di Tirinto, che aveva richiesto una forte pressione fiscale da parte del governo centrale. Da qui, lipotesi di un periodo di carestia e disordini sociali che avrebbero accelerato il declino definitivo della civilt micenea.

8. Un insieme di cause Nessuna delle tre grandi ipotesi: invasioni, cause naturali, cause interne sufficiente da sola a spiegare il tracollo della civilt micenea. Molto probabilmente, fu un sistema di cause a determinarne il collasso. Lo storico Massimo Cultraro offre questa ricostruzione: dopo le prime distruzioni (1340-1270), causate da terremoti, i palazzi di Micene e Tirinto vengono ricostruiti e modernizzati grazie a un irrigidimento del potere della cittadella: i clan locali forzano un gran numero di persone a lavorare per edificare fortificazioni ancora pi imponenti e per rifornire le cittadelle con grandi riserve di cereali e acqua. (Per esempio, per costruire le mura di Tirinto furono spostate 320.000 tonnellate di terra). Micene, Tirinto, Midea e Atene vengono difese come mai prima dora, con strutture gigantesche dotate di pochissimi punti di accesso. Secondo lo storico, il pericolo non proveniva da popoli invasori, ma dalla minaccia da parte di unaltra cittadella. Le enormi cisterne progettate per conservare lacqua potrebbero essere state progettate per resistere in caso di assedio (non si esclude per lipotesi di siccit ricorrenti).

Nelle cittadelle, e specialmente a Tirinto, erano gi presenti gruppi stranieri, che non avrebbero causato distruzioni di rilievo ma anzi si sarebbero inseriti nel tessuto produttivo della citt producendo ceramiche e oggetti della loro tradizione. I costi per la costruzione e la difesa dei palazzi devono essere stati cos ingenti da causare una pressione fiscale insostenibile. Inoltre, per nutrire i lavoratori impiegati in queste opere di difesa sarebbe stato necessario un aumento della produzione agricola, che invece non ci fu. Al contrario: la popolazione rurale diminuisce, forse decimata da unepidemia; inoltre, lo sfruttamento sempre pi intenso dei suoli porta a infezioni parassitarie e a una diminuzione della produzione agricola. I clan non riescono pi a forzare operai e artigiani a lavorare per loro, poich questi sono vessati da richieste esagerate di tasse. Anche gli specialisti dellarte della guerra abbandonano i clan di riferimento. In questa situazione entrano in gioco i popoli del mare che spadroneggiano nel Mediterraneo e impediscono il rifornimento di rame (da Cipro) e stagno (dal Mediterraneo occidentale), cio dei metalli che servono per fondere il bronzo necessario alle armi. Tutto ci accelera una crisi inarrestabile, che si compir nel giro di un paio di generazioni.

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