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1.5 Crisi dei palazzi ed età Neopalaziale (appunti, Bettalli, Musti, Cricco)
1.5.1 IL VACUUM (appunti, Bettalli, Musti)
Intorno al 1700 a.C. gli archeologi notano un'interruzione della cultura materiale per cui sono state
addotte varie teorie: c'è chi ipotizza (Bettalli) un sisma e chi ascrive tale interruzione ad
un'invasione, per cui si sono chiamati in causa i Luvii, una popolazione proveniente dall'Asia
Minore. In realtà però la motivazione più plausibile è un affaticamento del sistema burocratico, cui
seguirà un'accentuata dinamica sociale caratterizzata da solchi più profondi nel tessuto sociale e la
nascita di una forma e di un'immagine diversa del potere. Inizia il periodo Neopalaziale.
Allo stato attuale in Europa si parlano quasi tutte lingue indoeuropee (ad eccezione di finnico,
estone, turco e basco). Gli studi hanno sempre ritenuto che intorno alla fine del III- inizio del
secondo millennio a.C. popolazioni indoeuropee abbiano invaso la Grecia. L'archeologia collega
questi fenomeni migratori alla diffusione della Grey Minian Ware (ceramica minia), così chiamata
perché ne si attribuiva l'origine ai Minii, una popolazione che si riteneva essere arrivata in Grecia in
seguito alle migrazioni. Il nome fu coniato da Schliemann dopo aver scoperto una caratteristica
varietà di ceramica lucidata scura ad Orcomeno (la mitica patria del re Minia). Alcuni dei suoi
contemporanei la riferiscono come "ceramica di Orcomeno". Fino al 1960 circa, la minia grigia era
spesso identificata come la ceramica degli invasori nordici che distrussero la civiltà dell'AE, nel
1900 a.C. introducendo la cultura materiale del ME nella penisola greca. Comunque, gli scavi di
Caskey a Lerna come pure le sequenze scavate più recentemente in molti altri siti hanno reso
abbondantemente chiaro che la minia grigia, piuttosto che essere nuova nel periodo del ME, sia la
diretta discendente della raffinata ceramica lucidata grigia della cultura di Tirinto dell'AE III
(ceramina Urfinis) . Inoltre, sembra probabile che la varietà nera/argiva della minia non sia
nient'altro che un versione evoluta della classe dell'AE III così definita "scura scivolosa e lucidata".
Di conseguenza la ceramica minia, se si deve associarla del tutto ad elementi di una popolazione
intrusiva, deve essere collegata ad un'"invasione" avvenuta nell'AE III, 2200/2150 a.C. ca., e non
con una del ME, 1900 a.C. ca. Inoltre, non c'è niente di particolarmente "nordico" riguardo alla
discendenza dei progenitori dell'AE III dai mini del ME eccetto il fatto che essi, quasi certamente,
venissero nel Peloponneso nord-orientale dalla Grecia centrale (cioè dal nord rispetto al
Peloponneso). Come esso sia arrivato, o in alternativa si sia sviluppato in modo indigeno nella
Grecia centrale è una questione che deve ancora essere risolta.
cioè il rawaketa è colui che conduce il λαός, dunque si è ritenuto che fosse un capo militare.
NOSTOI GRECI
• Odisseo→ area basso-tirrenica, dal Circeo alla Sicilia
• Filottete→ Lucania
• Diomede→ Daunia
• Idomeneo (nipote di Minosse)→ Salento
• Achille→ Crotone
NOSTOI TROIANI
• Enea→ Lazio (probabilmente il modello originario era eroe greco con schiavo troiano)
• Antenore→ Padova
La prima ondata di distruzioni sul continente greco alla fine del XIII secolo investe in pieno i
palazzi di Pilo, in Messenia, Micene, Tirinto e Tebe. Nello stesso periodo sono abbandonati anche i
siti di Orcomeno e Gla in Beozia, Crisa nella Focide e il Menelaion di Sparta senza alcuna traccia di
distruzione violenta. Bisogna però tener presente che le informazioni in nostro possesso sono valide
con uno scarto di circa 20-30 anni ed è quindi possibile che eventi che a noi sembrano
contemporanei si siano in realtà verificati a mezzo secolo di distanza gli uni dagli altri. Alcuni dei
siti che vengono distrutti verranno rioccupati e poi nuovamente distrutti. Siamo quindi davanti ad
un periodo di crescente instabilità, intervallato da scontri sanguinosi che preannunciano l'imminente
crollo generale.
Si tratta di una catastrofe di enorme portata che porta alla distruzione di palazzi importanti come
quello di Pilo. Si registrano anche spostamenti di massa verso le isole del Dodecaneso e di Cipro,
dove i flussi micenei vanno a rinforzare le comunità esistenti e a crearne di nuove (a Cipro ci sono
tracce di lineare cipriota, una variante della lineare B, fino al IX secolo a.C.).
I segni precursori del disastro si possono rilevare in numerosi luoghi: rafforzamento delle
fortificazioni o creazione di nuove fortificazioni, tentativi di sbarrare l'Istmo di Corinto, tavolette
(soprattutto a Pilo) che testimoniano un'intensificazione della produzione di armi e di sacrifici alle
divinità. Su tutto il territorio, dunque, ci si prepara ad affrontare un pericolo che sembra venire dal
mare.
Il XII secolo è anche il secolo in cui si colloca la guerra di Troia (1184 a.C.) secondo Eratostene di
Cirene.
Ἀχαιοί (Achei): Omero con questo termine indica i Greci del Peloponneso come il coronimo Acaia
indicava in origine proprio il Peloponneso. Nel periodo delle colonizzazioni il termine Acaia indica
la regione a nord del Peloponneso, dunque, tra Omero e le colonizzazioni sembra esserci stato un
restringimento del toponimo. Abbiamo però ragione di pensare che al tempo di Omero l'Acaia
fosse già solo la regione settentrionale del Peloponneso ma che egli fosse a conoscenza del
Ἀργείοι (Argivi): fa riferimento alla città di Argo, che non esisteva in età micenea (nasce dallo
shifting di età buia ai piedi di Micene). Qui Omero commette un modernismo. Omero non parla mai
di Micenei, probabilmente perché non conosce già più la città di Micene.
Δαναοί (Danai): si tratta di un nomen priscum, cioè un nome antico, un etnonimo che già Omero
sentiva come arcaico. In un elenco di popoli del mare c'è il termine Danuna che viene da alcuni
identificato con i Micenei, i Danaoi omerici.
Ἔλληνες: presente in Omero ma riferito al popolo dell'Acaia Ftiotide (il popolo di Achille), da cui
il toponimo Hellàs è forse originariamente distinto, ma con cui gli storici di V secolo la
identificano. Nella Telemachia l'Ellade ed Argo sono distinte e affiancate, a significare, sembra,
rispettivamente la Grecia centrale e il Peloponneso. La storia del nome Hellenes è comunque quella
della sua progressiva espansione all'intera grecità: in questo senso va letto il termine Panhellenes in
Archiloco ed Esiodo e, probabilmente, il termine Hellàs nelle Opere e i giorni di Esiodo. Nel VII
secolo a.C. il processo di generalizzazione del termine appare quindi compiuto.
Nel mondo latino gli Elleni sono noti con il termine Graeci; l'etnico e il toponimo all'origine di
Graecus hanno varie possibili origini ma nel catalogo delle navi la Graia è nell'Oropia, di fronte ad
Eretria. La diffusione del nome Greci in occidente si deve dunque al ruolo svolto dall'Eubea nella
colonizzazione d'Italia e, in generale, al ruolo della Grecia centrale nell'VIII secolo, ma forse il
collegamento potrebbe essere il nome delle regioni greche occidentali. Varie tradizioni, tra cui il
Marmor Parium, consideravano il nome come l'antecedente di Elleni.
Si è sempre ritenuto che la scrittura alfabetica fosse nata nell'VIII secolo. Studi recenti tendono,
tuttavia, ad innalzare la cronologia (ad esempio Bettalli parla di IX secolo)addirittura fino al XII
secolo, almeno chi dà valore all'etnogenesi fenicia. Le interpretazioni più vecchie tendono a pensare
ad una funzione commerciale, facendo prevalere il pregiudizio etnico dei Fenici commercianti
(Fenici→ Ebrei→ Semiti→ commercianti). Tuttavia la scrittura alfabetica non ha un sistema
numerario quindi non è adatta al commercio. Si è pensato allora ad una scrittura politica, ma la
forma scritta delle leggi è posteriore; infine si è osservato che questa scrittura possiede segni
diacritici, dunque è convincente che sia nata per scrivere formule poetiche (iscrizioni, dediche, ma
NON i poemi omerici) ma ciò non implica diffusione della cultura scritta, fenomeno che si
John Kenyon Davies ritiene che si tratti di processi distinti che si sovrappongono gli uni agli altri in
ogni modo possibile e questi processi, per necessità cronologica, vanno collocati in un arco di
tempo che si apre prima dell'VIII secolo e si protrae almeno fino al VI.
Questione connessa è il rapporto tra processi di formazione dello stato e dinamiche di formazione
della polis. Tenendo separati i due processi si rinuncia definitivamente alla prospettiva proposta da
Ehrenberg poiché non solo la polis NON è lo “stato dei Greci” ma non si può neanche considerare
la statualità come carattere primario della polis. I due processi sono comunque collegati perché la
polis tende a configurarsi come unità statale distinta da un'altra e con una propria compagine
territoriale, quindi la formazione della polis è un processo chiave nella formazione della statualità
greca. Pur restringendo il discorso al modello-polis quale forma particolare di comunità politica, la
sua formazione non è l'esito di un unico processo di sviluppo ma di più processi, almeno quante
sono le componenti storiche e strutturali del modello:
• Integrazione territoriale: definizione dei limiti spaziali della comunità, realizzazione
dell'unità tra città e campagna;
• strutturazione della comunità politica dei cittadini;
Sulle “origini” delle polis (per tutte le difficoltà evidenziate nel considerare un unico modello, il
plurale è doveroso) sono state avanzate diverse ipotesi, tra queste innanzitutto si pone il problema
della continuità tra età micenea ed età arcaica e classica. Non è accettabile parlare di continuità
assoluta tra età palaziale e età successive poiché vi sono due fatti che non si possono trascurare: la
fine dei palazzi e la formazione della polis. Si è ipotizzato che la polis sia nata in seno alla civiltà
micenea, in particolare nel momento del massimo declino di quest'ultimo, ma questa ipotesi
contraddice il carattere stesso della polis che è una realtà troppo vitale e caratterizzata per essere il
frutto di una società illanguidita. Bisogna inoltre tener presente che la polis nasce da un incontro tra
il vecchio, rappresentato dal mondo miceneo, e il nuovo, che è espressione della nuova epoca in cui
il ruolo fondamentale è ricoperto dall'area dorica. La polis va dunque considerata come
un'intersezione tra società e cultura palaziale (da cui viene per esempio l'uso dell'acropoli) e le
società e culture di tipo tribale e territoriale.
La stretta interrelazione, la forte omologia tra struttura politica e possesso e gestione del territorio
(vd principio di coestensione) è caratteristica delle nuove realtà verificabili dopo la fine dei palazzi
micenei. Queste nuove realtà si costruirono talora sulle rovine dei vecchi palazzi , talora si diedero
centri significativamente lontani dai precedenti. Il dominio territoriale è ora trasferito all'insieme dei
nuovi dominatori.
Non possiamo pensare che la struttura fortemente centralizzata della società palaziale si sia
semplicemente travasata nelle forme basiliche cittadine, né che si sia fatta da parte per fare spazio a
strutture già implicite nello Stato. Si è pensato che, fatto da parte il potere del wanax fosse emerso
quello delle komai. Contro questa ipotesi si è però osservato che proprio dove la struttura palaziale
fu più forte, dopo il suo crollo si verifica di meno l'emergere delle singole realtà locali, come anche
quel fenomeno più tardo che investe le regioni dove il fenomeno dei villaggi era più resistente, cioè
il sinecismo (conurbamento) a base regionale. D'altra parte la proprietà del territorio è ormai
trasferita in altre mani e sotto altre forme. Accentramento del dominio territoriale e distribuzione del
potere politico saranno caratteristiche tipiche soprattutto delle poleis doriche anche se
interesseranno, in senso più generale, tutte le poleis. Dove la realtà palaziale era stata meno forte le
comunità sopravviveranno più a lungo in maniera autonoma ma finiranno comunque, con tempi e
modalità diverse, per accentrarsi intorno ad un santuario o ad un palazzo di più modesta entità,
come ricordato da antiche tradizioni che si perdono tra mito e storia: la tradizione ricorda, per
esempio, il sinecismo di Atene ad opera di Teseo (in realtà compiutosi lungo tutta l'età buia fino
all'VIII secolo). Le tre tribù delle città doriche (Illei, Dimani e Panfili) non hanno caratteri che
facciano pensare ad una substrato di epoca palaziale, le tribù ioniche hanno origini ancor più oscure,
ciò corrobora l'impossibilità di stabilire una netta continuità tra era palaziale e polis. Le tribù
appaiono come un'organizzazione strettamente legata alla polis. Tutti questi argomenti servono a
ricondurre in Grecia le origini della polis. Alcuni studiosi, tra cui Karl Julius Beloch, vollero invece
collocare le origini della polis in Asia Minore. Tuttavia Musti afferma che non vi era motivo per cui
i Greci avessero bisogno di sviluppare altrove un tipo di struttura come la polis, dal momento che
già la Grecia, per eredità dei palazzi, presentava quella struttura frammentaria che è alla base
dell'autonomia della polis. La tesi di Beloch sull'origine della polis in Asia Minore si collega ad
un'altra tesi dello storico che vuole che la distinzione tra Dori, Ioni ed Eoli si fosse sviluppata tra i
Greci di Asia Minore per poi arrivare in Grecia continentale in un secondo momento. Ciò però
implica una sopravvalutazione di stampo positivistico sia del dato geografico che dell'influsso
orientale. L'influenza della componente orientale è comunque significativa e gli stessi Greci, per
esempio Erodoto, la riconoscono e la ammettono volentieri, ma non si possono ridurre a zero le
precedenti esperienze storiche greche.
Più che di origine della polis bisognerà parlare di origine delle poleis, che si formano nei secoli
successivi all'età micenea (X-IX a.C) da diverse situazioni, con diversi precedenti e differenti
6.4 Lo statuto del polites e gli esclusi dalla polis (Giangiulio, Bettalli, appunti)
La polis è una società a a vertice espanso la cui direzione è affidata ai Politai cioè a coloro che
hanno diritto alla cittadinanza. Per la polis bisogna fare una distinzione tra popolazione residente e
cittadini. Infatti la polis tende ad escludere una gran parte della popolazione residente dalla
cittadinanza e non tutti i cittadini risiedono all'interno delle mura urbane. Per definire in criteri di
inclusione ed esclusione dalla cittadinanza bisogna innanzitutto considerare, tenendo presente che si
tratta di una divisione schematica che non tiene conto di tutte le possibili sfumature, due diversi
modelli:
• La “via spartana”: presuppone una comunità che si configura come sodalizio esclusivo di
cittadini guerrieri, privilegiati rispetto ai tanti liberi che fanno parte della realtà statale ma
non partecipano della sfera politica (perieci), quanto allo strato servile cui è demandata la
produzione agricola (iloti, NON sono schiavi). Insomma un numero sostanzialmente fisso di
cittadini e l'asservimento di una parte della popolazione residente. Tale massa rimane di
proprietà dello stato e, spesso, la comunità così organizzata è soggetta ad una svolta in senso
militarista. Oltre a Sparta seguono questo modello alcune città cretesi, le città del
Peloponneso nord-orientale e le colonie legate a Sparta. Questo tipo di modello presuppone
l'istituzionalizzazione dell'esclusione.
• Il “modello inclusivo”: non contempla un corpo fisso di cittadini e il numero di privilegiati
tende ad allargarsi. La manodopera è affidata agli schiavi acquistati sul mercato, di proprietà
dei singoli cittadini (mentre nel caso precedente la massa asservita è proprietà dello stato) e
ridotti quindi a merce. L'esclusione non è istituzionalizzata e tende ad essere superata
mediante dinamiche che portano all'incorporazione politica di cerchie via via più larghe e al
PRINCIPIO DI COESTENSIONE: lo stretto rapporto che, nella polis greca, esiste tra ruolo
economico, ruolo politico e ruolo militare. Cioè non è lo stato che paga l'armatura ma il cittadino ed
esiste una stretta relazione tra facoltà economiche e cittadinanza
FRATRIA: (da una radice ricostruita *br/fr di matrice indoeuropea da cui viene anche il latino
frater. In greco fratello si dice adelphos che equivale al latino couterinus= che condivide lo stesso
utero) identificata come ripartizione della tribù. Ad Atene aveva una funzione anagrafica, mentre
altrove, per esempio a Locri, è una suddivisione fondamentale della polis e svolge funzioni
amministrative e finanziarie di rilievo. La fratria è difficilmente concepibile come entità autonoma.
Essa si basa su un'artificiale idea di fratellanza che serve a creare nessi più stretti tra i suoi membri.
Come ripartizione del corpo civico, costruito su base aristocratica, la fratrìa appare come una cellula
vitale della società e della cultura aristocratica. Resta però da chiarire quale sia il rapporto con le
eterìe, che secondo alcuni, ma senza argomenti convincenti, rappresenterebbero il nucleo delle
future fratrìe, sia il rapporto con i ghene.
7.4.1 L'EUBEA
L'Eubea è una grande isola sita davanti alle coste dell'Attica, che non ha grande importanza in epoca
micenea, tranne per il fatto di essere legata a Tebe. Le prime notizie rilevanti sell'Eubea sono di X
secolo (Tomba di Lefkadì) e l'isola ha grande fortuna in età buia e nella prima età arcaica,
soprattutto per quanto riguarda le zone di Calcide ed Eretrìa, città di cui sappiamo ciò che ci
racconta Aristotele quattro secoli più tardi. Aristotele dice che in Eubea vivevano gli Hippobotai
(allevatori di cavalli) cioè cavalieri . L'allevamento di cavalli è un simbolo del massimo status
possibile nella società greca, soprattutto quella arcaica, quindi Aristotele parla di società arcaiche e
ricche che vivono secondo il costume omerico (mangiano carne, vestono bronzo, cavalcano)
soprattutto dal punto di vista alimentare, in quanto mangiano carne cotta per bollitura. Calcide ed
Eretrìa sono anche città che investono sul mare e ciò dimostra il ruolo fondamentale che l'Eubea
riveste nella trasmissione della grecità.
8.3.1 DEFINIZIONE
La tirannide, come la polis, è un fenomeno esclusivamente greco. Questo fenomeno ebbe forme
storiche ed esiti storici diversi a seconda delle diverse situazioni e dei diversi contesti storici. Si
possono distinguere le tirannidi in tirannidi istmiche che riguardano la zona di Corinto e dintorni,
altre tirannidi della madrepatria greca (Argo, Atene), tirannidi delle città ioniche o egee (Lesbo,
Mitilene…), che sono un po' più evanescenti. Il termine τύραννος compare per la prima volta in
Archiloco, probabilmente in relazione diretta con Gige, re di Lidia, e il suo regno, ed ha un
significato neutro, se non addirittura positivo, di signore. In seguito verrà sempre più accostato al
termine mònarchos (colui che governa da solo), assumendo una connotazione negativa, come quella
La tirannide samia si lega con ambizioni talassocratiche che si traducono in un'attiva pratica
piratesca, è documentata la presenza di poeti a corte. L'opposizione a Policrate induce nel 524
Sparta ad intervenire, con un assedio di quaranta giorni che tuttavia si conclude con un nulla di
fatto.
La tirannide samia appartiene inizialmente a quel tipo di tirannidi, proprie della Ionia, che in realtà
sono regimi fiduciari della Persia. Le fonti antiche riferiscono che la talassocrazia samia durò 15
anni. LE circostanze della morte di Policrate sono ben note: la sua politica era molto autonoma nei
confronti sia della Persia che dei vari satrapi, quindi il satrapo di Lidia, Orete, lo attirò con l'inganno
a Magnesia sul Meandro, lo fece giustiziare e ne fece crocifiggere il corpo; tutto ciò avvenne poco
prima della morte di Cambise, quindi nel 522. Dunque considerando i 15 anni di talassocrazia si
pone l'inizio della tirannide di Policrate nel 537, non tenendo conto però che è difficile che la
talassocrazia sia iniziata appena il tiranno salì al potere, quindi l'altra cronologia proposta, da Musti,
è più alta (tra 546 e 540 a.C.).
8.5.1 DEFINIZIONE
La parola colonizzazione è un termine moderno che non ha corrispondenza in greco. Il fenomeno di
VIII-VI secolo viene chiamato in tal modo in riferimento all'espansione coloniale portata avanti
dagli stati nazionali in epoca moderna. Ma quest'ultimo fenomeno nacque con lo scopo esplicito di
occupare territori lontani “non civilizzati”, per sfruttarli e ricavarne vantaggi economici e politici e
venne gestita dai governi degli stati che avevano intrapreso le spedizioni. Ciò comporta sempre un
legame strettissimo tra madrepatria e colonia: quest'ultima era governata da funzionari della nazione
colonizzatrice e non godeva di alcuna autonomia decisionale. La cosiddetta colonizzazione greca
portò invece alla nascita di poleis indipendenti che con la patria mantenevano al più legami di tipo
religioso-cultuale, ma a volte fu il frutto di iniziative private, senza alcun intervento ufficiale di una
polis. In questo le colonie greche si distinguono anche da quelle romane che dipendono sempre da
Roma. Il fenomeno iniziò a suscitare l'interesse degli studiosi in seguito alla rivoluzione americana
(1776) ed è stato studiato in particolare da Moses Finley negli anni 60 del '900.
Per 'colonizzazione greca', che i Greci chiamano ἀποικία [da ἄπό (lontano) +οἴκος (casa, patria)]
intendiamo un fenomeno di VIII-VI secolo per cui i Greci, dopo essersi insediati in alcune aree
della costa occidentale della penisola anatolica, a seguito di un fenomeno di emigrazione, dettero
vita a un gran numero di nuovi insediamenti sparsi per tutto il Mediterraneo (Platone parla di «rane
intorno ad uno stagno», lo stagno è il Mediterraneo) insediamenti che si caratterizzano come poleis
indipendenti ma in tutto e per tutto simili alle poleis di partenza, anche nel contesto geografico.
Poleis greche vengono fondate in Magna Grecia, in Francia (Marsiglia), in Africa (Cirene, fondata
da Batto).
Riguardo le fonti che raccontano la colonizzazione vi sono due diversi indirizzi storiografici:
Sia i primitivisti che i modernisti perdono di vista la vera struttura della polis.
Questi due modelli traducono le modalità di insediamento e acculturative che i Greci attivano nelle
zone coloniali della Magna Grecia. Un altro grande mito coloniale è quello della heremos chora,
della terra libera, non occupata, cioè il mito secondo cui l'ecista e i coloni andarono in una terra
abbandonata. Ovviamente si tratta di un'invenzione della prospettiva colonialista.
Per ellenizzazione una volta si intendeva l'imposizione di modelli greci a coloro che non erano
greci; a partire dagli anni 60 si è iniziato a capire che i modelli culturali greci sono modelli che
dialogano con le elites locali, le quali, col tempo, finiscono per riconoscersi nei modelli greci
acquisendone un'identità (es. gli Apici si ritenevano più Greci dei Tarantini perché discendenti di
Minosse, mentre i Tarantini erano Dori). Il mito da denotante diventa connotante
La critica si è interrogata sull'intervento di Delfi e c'è stata una fase di ipercriticismo che non ne
riconosceva la veridicità. Negli anni 80 Musti, assumendo una posizione prudente, afferma che non
è da escludere che il clero delfico sia in grado di ingenerare il proprio ruolo nelle fondazioni.
Da un convegno tenutosi nel 2011 è venuta fuori una posizione che aderisce ad un nuovo indirizzo
storiografico: la storia intenzionale, che legge la storia come la risposta a determinate esigenze,
cioè, in questo caso, le narrazioni coloniali servivano alle nuove poleis per trovare un posto nella
scacchiera internazionale e il ruolo di Delfi aveva una funzione legittimante.
9.1.2 LA RHETRA
Quando si parla di 'costituzione di Sparta' si parla di kosmos, cioè un ordinamento istituzionale che
si riteneva fosse opera di Licurgo (vd 8.2), il quale avrebbe preso le leggi a Delfi o, secondo un'altra
tradizione, a Creta. A Licurgo si attribuisce la Rhetra (la parola ha radice *ρη la stessa radice del
verbo αγορεύω e significa 'cosa detta', in aderenza con la repulsione spartana per il testo scritto),
messa in atto forse agli inizi dell'VIII secolo a.C. di cui noi possediamo il testo tramandatoci da
Plutarco, che ci permette di ricostruire la struttura sociale e le principali istituzioni di Sparta.
I problemi fondamentali della Rhetra sono: il rapporto tra il testo principale e l'emendamento (la cui
distinzione è fatta solo da Plutarco) riguardo cui, anche se la distinzione è da ammettere, bisogna
considerare i due testi distinti ma non distanti, nel tempo come nell'essenza; il rapporto tra il Tirteo
di Diodoro Siculo e Plutarco, poiché Diodoro dà il miglior commento alla Rhetra, compreso
l'emendamento, e Plutarco sembra presupporre la versione lunga di Diodoro, citando Tirteo come
conferma. Nel 2015 sulla rivista “Incidenza dell'antico” venne pubblicato un articolo di Marcello
Lupi, il quale mette in discussione il fatto che il documento che noi abbiamo sia una carta
costituzionale (ipotesi massimalista) e ritiene che sia da riferirsi piuttosto ad una determinata
festività (Ipotesi minimalista).
Dunque l'omosessualità non era libera ma istituzionalizzata , faceva parte della negazione della
cittadinanza. I poemi omerici sull'omosessualità sono silenti; per esempio il rapporto tra Achille e
Patroclo non è chiaro, ma se si guarda all'iconografia si ritrova l'immagine del coito intercrurale tra i
due. Un altro esempio taciuto dall'epica (virgiliana in questo caso) è il rapporto tra Eurialo e Niso. A
parlare più liberamente dell'argomento sono i lirici (es. Ibico dice che Thalos era stato erastes).
Aristodemo di Cuma viene etichettato dalla tradizione come folle e perverso perché fece vestire gli
uomini da donne e viceversa e li fece sfilare davanti a lui, compiendo quello che in realtà è il
recupero di un'antica tradizione iniziatica. Il rapporto omoerotico è esemplificato dalla tradizione
anche nel mito di Zeus e Ganimede e dalla figura di Chirone. L'omoerotismo è un'espressione delle
società arcaiche, difatti già nel V secolo Aristofane fa battute su coloro che praticano la pederastia.
La divisione elaborata da Solone resterà sempre viva e in base ad essa si stabiliranno alcune
prerogative come il fatto che solo alle prime due classi di censo fosse permesso l'accesso
all'arcontato
10.6.5 IL PROGRAMMA IDEOLOGICO DI SOLONE
In un frammento di Solone si legge che Atene è la città più antica della Ionia, cioè abbiamo una
proiezione di Atene in termini ionici (i Nelidi che passano per Atene).
Il programma ideologico di Solone è porsi contro la ὓβριϛ aristocratica ma senza modificare di fatto
l'aspetto istituzionale di Atene: Solone non spinge mai per una divisione egualitaria della proprietà
terriera e non accetta la tirannide, nonostante gli venga offerta. Il frammento più importante di
Solone è quello sull'Eunomìa, il buon governo, che si configura come una forma oligarchica
moderata dove diritti e doveri sono rapportati allo status socio-economico. Finita la sua opera
Solone si trasferisce, secondo la tradizione, in Egitto e ad Atene riprendono le staseis
Nasce così la prima rispettabile flotta ateniese, giustificata dalla sconfitta subita dagli Egineti e dal
fondato timore di una nuova offensiva persiana
12.4 La spedizione di Serse (Musti, appunti)
12.4.1 INVASIONE DEI PERSIANI E FONDAZIONE DELLA LEGA ELLENICA
Nel 485 a.C. Dario muore durante i preparativi per una nuova spedizione, rivolta stavolta verso la
Grecia interna; a raccoglierne l'eredità è il figlio Serse. L'obiettivo era innanzitutto far valere la
specifica qualità militare di una grande potenza territoriale come l'impero persiano, doveva perciò
essere una spedizione di terra affiancata e sostenuta dalla flotta. Nell'autunno del 481 le truppe di
terra sono raccolte in Asia Minore, dove tengono i quartieri invernali; nel giugno del 480 Serse fa
loro attraversare l'Ellesponto su due ponti di barche e procedendo lungo la costa raggiunge Terme
(sul Golfo Termaico, Macedonia).
Nel frattempo, nel 481, presso l'Istmo di Corinto si era tenuto un congresso di tutti gli 'Stati' greci
decisi a resistere ai Persiani, era stata sancita una pace generale tra i Greci, gli esuli erano stati
richiamati e gli inviati del Gran Re, i quali chiedevano la sottomissione dei Greci, erano stati