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ETRUSCOLOGIA E ARCHEOLOGIA ITALICA

Archeologia del potere


In Etruria il potere emerge sin dalla fase formativa della civiltà. Nella storia degli Etruschi
c’è una fase caratterizzata da una spiccata importanza della nozione di potere: questa
fase è detta orientalizzante e inizia nel X secolo e finisce nell’VIII secolo circa. Questo
periodo è caratterizzato dall’organizzazione dei centri delle città etrusche in maniera
aristocratica; abbiamo Re, principes, che formano una sorta di monarchia.
Noi ci occuperemo della nascita delle grandi arti, come quella monumentale: bisogna
però sempre tenere presente il contesto esterno, come il vicino Oriente o il
Mediterraneo.Gli Etruschi sono una civiltà mediterranea, infatti nascono e si sviluppano
dialogando costantemente con gli altri popoli: la nascita della grande scultura in pietra
mette in comunicazione gli Etruschi con il vicino Oriente, come la Siria. Il tema del
potere è utile per trattare molti aspetti di questa civiltà.
Per ricostruire la storia degli Etruschi non abbiamo molte fonti letterarie, ma ci sono
tantissimi dati archeologici, come i monumenti o tutti gli oggetti che fanno parte della
cultura materiale (approccio archeologico): questo tipo di approccio fa parlare i dati
recuperati dagli scavi. Bisogna avere un’attenzione verso i resti emersi dal terreno:
bisogna capire quanto ci parla quel reperto archeologico; per gli etruscologi l’epigrafia è
una disciplina importantissima; le fonti letterarie riguardo i popoli etruschi invece
emergono solo quando i greci o i latini ci parlano, indirettamente di questo popolo. I latini
possono riferirsi agli etruschi quando parlano dei primi Re di Roma. L’etruscologia
comprende molti oggetti tolti dal loro contesto, che lo studioso deve cercare di
contestualizzare e ricostruire (archeologia contestuale, adottata dagli storici e dagli
archeologici); prima l’archeologia dell’800 e del ‘900 era più concentrata sull’estetica.
LEZIONE 1
Coordinate storico-geografiche per inquadrare gli Etruschi.
Nello sviluppo della civiltà etrusca (dieci secoli) abbiamo una sorta di data iniziale, che è
il X-IX secolo: non si scrive ancora, quindi non abbiamo fonti dirette, poi nell’VII secolo si
cominciano a diffondere. Nel IX e nell’VIII secolo abbiamo invece solo la
documentazione archeologica, che ci parla della collocazione geografica degli etruschi e
delle peculiarità di questa civiltà (come distinguerli dagli altri popoli italici). Le carte che
ci mostrano i popoli di questi anni e di queste zone tendono ad appiattire i popoli del
tempo. Ci sono popoli che iniziano a scrivere molto tardi, come gli etruschi, i sabini e i
latini, in altre zone invece si inizia a scrivere nel V secolo. Ogni popolo è definito da una
mobilità che può essere orizzontale o verticale: la mobilità non è solo il viaggiare ma è
anche lo stringere relazioni con gli altri popoli e l’integrarsi con il “nuovo”. L’Etruria era
un luogo in cui l’integrazione era possibile, ma lo straniero doveva farsi riconoscere per
il suo statuto sociale e politico.La mobilità orizzontale, in Etruria, si concretizza
nell’accoglienza e nell’integrazione di stranieri che fanno i commercianti oppure che
sono aristocratici e vengono associati alla loro classe di appartenenza. Un esempio di
esule che si integra nella civiltà etrusca è quello di Demarato di Corinto: gli etruschi lo
accolgono, lo accettano e lui si sposa con una donna etrusca, con la quale avrà un figlio,
Tarquinio Prisco, uno dei 7 Re di Roma. La classe della madre però, nonostante fosse
privilegiata, non poteva accedere alla politica e al governo.
Esiste poi la mobilità verticale, cioè la possibilità per un individuo di salire di livello e di
rivestire ruoli sempre più importanti.
Sin dalle prime fasi, gli etruschi, hanno contatti con l’esterno, infatti l’Etruria si affaccia
sul mar tirreno e sull’adriatico, inoltre gli etruschi sono un popolo di naviganti e questo si
può vedere dal fatto che gli oggetti etruschi sono stati ritrovati in tutto il mediterraneo. Gli
etruschi commerciavano con i sardi, infatti i loro oggetti, come i bronzi, sono stati
ritrovati nelle tombe sarde.
Nel IX secolo, per gli etruschi, nascono i centri e gli agglomerati urbani: ci sono villaggi
con tutte le caratteristiche tipiche dei villaggi etruschi. La prima caratteristica è che tali
villaggi si collocano su vasti territori, su pianori enormi: il pianoro è una collina con la
sommità spianata (circa 180 ettari). In genere in questi villaggi si pianifica lo
sfruttamento del territorio e delle risorse naturali: si pratica agricoltura, estrazione dalle
miniere (Populonia e Vetulonia sono le due città che si concentrano di più
sull’estrazione). Le zone estrattive attraggono anche popoli che vengono da lontano,
perché hanno metalli con un gran valore economico. Un altro centro è Verucchio, situato
vicino a Rimini: il villaggio è stato costruito in questa zona perché qui vi passava la via
dell’ambra (Verucchio era il terminale della via dell’ambra); gli Etruschi quindi hanno
costruito questo insediamento sfruttando una via molto antica. L’ambra, per gli antichi,
era rara, preziosissima, dotata di proprietà quasi magiche perché era molto luminosa:
l’ambra era cercata anche dai popoli dell’Egeo: l’ambra, nella prospettiva greca, era un
dono degli Dei e questo materiale sgorgava dalle lacrime delle Eliadi, che piangevano
per la morte di Fetonte; le Eliadi si pensava essere collocate vicino al Po’.
Gli insediamenti etruschi nascono tutti in punti strategici: alcune sono a qualche
chilometro dal mare (così da costruire porti, tranne Populonia che è proprio sul mare),
altri sono vicini ai fiumi che garantiscono lo sbocco sul mare e i collegamenti interni.
Degli insediamenti più antichi degli etruschi conosciamo soprattutto le capanne fatte con
legni e pali e le necropoli: le necropoli, in particolare, sono una grandissima fonte di
informazioni, infatti ci parlano del rito funebre (inumazione, cremazione), del corredo
funerario, delle categorie sociali che hanno diritto alla sepoltura. Nella società etrusca
solo la classe media e quelle più elevate avevano diritto alla sepoltura, come in molte
altre civiltà, inoltre fra gli etruschi ci sono 3 categorie sociali: uomo, donna e bambino. I
bambini non avevano diritto alla sepoltura (la mortalità infantile era molto alta, almeno il
50% dei bambini moriva nel primo anno di vita e nonostante questo ci sono pochissime
tombe di infanti). Nelle necropoli però troviamo tombe di bambini che fanno parte di
famiglie elitarie: in questo caso il bambino viene sepolto perché è espressione del
potere e della dinastia dei suoi genitori (la comunità approva la sepoltura e la
conseguente tomba di questi bambini). Grazie alle necropoli riusciamo a capire la
struttura politica, economica e sociale di una società.
Nei primi centri etruschi troviamo una certa specializzazione della produzione: ci sono
materie preziose come l’ambra e il vetro (gli etruschi crearono la pasta vitrea, dopo una
lunga lavorazione: gli etruschi entrarono in contatto con i fenici, i quali lavoravano il vetro
da tantissimo tempo. Si creano dei surplus di materiali e oggetti lavorati e questi
materiali cominciano ad essere commerciati.
In ogni famiglia etrusca c’era un appezzamento da coltivare e quindi nei primi villaggi
era presente la proprietà privata; nei primi villaggi si avevano anche degli scambi
marittimi con gli altri popoli (scambi di culture e di conoscenze: esiste una parte
dell’Odissea ambientata nel Tirreno= scambi greco-etruschi). Inoltre nel golfo di Salerno
gli etruschi erano già presenti nel IX secolo e quindi entrarono in contatto con i greci che
arrivarono a colonizzare la magna grecia.
Gli etruschi inoltre presentano dei codici espressivi, delle prassi funerarie che ci
permettono di riconoscere le loro opere.
LEZIONE 2
La civiltà etrusca affronta varie fasi, la prima, la “fase formativa” che va dal IX-VIII sec
a.C. può essere definita come un insieme di antefatti che poi produrranno la civiltà
etrusca; le caratteristiche di questo periodo storico (già affrontate nella lezione
precedente) sono: specializzazione produzione, contatti con fenici, proprietà privata.
La seconda fase è quella “orientalizzante”, che va dal VIII secolo agli inizi del VI e in
questa fase abbiamo la nascita dell’architettura funeraria monumentale (cambio
organizzazione degli spazi), sviluppo delle prime forme urbanistiche, quindi si passa dai
villaggi alle città; poi abbiamo il passaggio dalla capanna alla casa (nascita architettura
domestica). Tutte queste novità modificano il paesaggio e segnalano la presenza e il
potere di un clan e la sua discendenza: sta nascendo un culto degli antenati, che ha le
sue origini nel VII secolo. Nasce quindi, anche per gli Etruschi come per tutti gli altri
popoli, inizia la costruzione culturale della memoria, della tradizione: i gruppi al potere
per legittimarsi, compiono delle azioni come rivendicare le loro origini (delle origini che
stabilizzano il dominio sono quelle divine o quelle antichissime); rivendicando le origini si
crea anche una discendenza che dà sicurezza al popolo (se c’è una casa regnante con
una discendenza forte la città è al sicuro e la vita quotidiana sarà tranquilla).
Altre caratteristiche di questo periodo sono: lo sviluppo dei commerci marittimi,
organizzati dalle elite e dai singoli clan (questo tipo di commercio è presente nei poemi
omerici). I grandi commercianti del periodo sono gli aristocratici in grado di armare le
loro navi: il commercio non è quindi organizzato in mezzo al popolo ma è gestito dalle
elite. Un altra caratteristica è lo sviluppo della produzione specializzata: gli etruschi
producono molti oggetti di lusso, guardando anche i modelli orientali. Altra caratteristica
è il contatto con Greci e Fenici (arrivo della scrittura in Etruria e del mito), infine gli
aristocratici si impongono sui territori interni etruschi, cioè creano dei centri aristocratici
minori che imitano i grandi centri etruschi, un esempio è Vulci, centro che si trova sul
fiume Fiora (è una sorta di colonizzazione interna da parte degli aristocratici).
La fase successiva è l’arcaismo, che va dal VI al V secolo a.C.= la struttura sociale e
politica entra in crisi e i grandi aristocratici entrano in crisi e cedono il loro posto a
strutture più allargate e sempre molto potenti. Questi nuovi gruppi al potere (sistema
politico detto demos) non sono accondiscendenti con il popolo, cercano di ottenere il
consenso del popolo, di trascinare gli etruschi (come Porsenna). In questo periodo la
città continua a svilupparsi, nasce il potere oligarchico (facciamo fatica però a parlare
dei tiranni in Etruria), c’è lo sviluppo delle arti a causa del mondo greco-orientale e si
sviluppano dei commerci che porteranno alla nascita degli empori. In questi anni i
Persiani esercitano una forte pressione sulle città ioniche, la quale darà origine ad una
diaspora di greci verso l’occidente: molti greci arrivano in Etruria, altri in Francia e altri
nel resto del mediterraneo (gli etruschi hanno quindi dei nuovi contatti con i greci). Nelle
grandi arti etrusche si sente l’influsso greco e per questo parliamo di arte etrusco-ionica:
troviamo questa arte nelle tombe e negli affreschi, che talvolta vengono realizzati anche
da artisti greci arrivati in Etruria. Le opere etrusche non imitano quelle greche: non c’è
una ricezione passiva delle opere greche, ma gli etruschi accolgono e reinterpretano gli
stimoli artistici greci. Non si parla di acculturazione degli etruschi da parte dei greci, ma
di dialogo fra i due popoli, di intreccio, di ibridazione, di rete di contatti.
La fase successiva è il Classicismo (V secolo): ci sono dei cambiamenti i Etruria, per
esempio c’è una crisi di commerci (ci sono guerre marittime fra etruschi e greci= di
questo conflitto ce ne parla Erodoto), la quale, con il passare del tempo, spezza
l’equilibrio su cui si fondava l’etruria. Gli etruschi cercano di mantenere il dominio sul
tirreno, ma nascono sempre nuovi conflitti, anche con le nuove potenze marittime, come
Siracusa: gli etruschi cercano di mantenere la Campania, ma questa terra è sempre
sotto conflitto; essi cercheranno di conquistare anche le isole eolie, perché sono un
punto strategico per il commercio. L’adriatico vive invece un momento di apogeo, perché
in questo mare non ci sono battaglie e gli Etruschi capiscono la situazione e
costruiscono Spina sull’Adriatico. Questo quindi è un secolo di crisi e in Etruria
meridionale nascono le prime contrapposizioni fra classi servili e classi al potere, ma
questo è l’inizio della fine: in altri territori questa situazione porta spesso alla nascita di
governi democratici; in Etruria invece, a causa di queste difficoltà, nei latifondi
aristocratici nascono le prime crisi e le famiglie potenti, per risolvere i loro problemi, si
rivolgono a Roma e quest’ultima inizia a creare rapporti di dipendenza e tributari. In
questo secolo si sviluppa anche l’arte figurativa.
Nel IV-III secolo l’Etruria “torna indietro”, invece che diffondersi una democrazia,
l’aristocrazia si solidifica: controlla il commercio e la produzione (controllano l’economia),
è legittima da Roma, cioè gli uomini politici romani sostengono gli aristocratici etruschi.
Quindi c’è un ritorno dell’aristocrazia al potere, poi si sviluppa l’architettura rupestre e
vengono costruiti i grandi ipogei gentilizi: in questo periodo si sviluppa un’arte funeraria,
infatti nascono sarcofaghi che devono mostrare la ricchezza del defunto; nelle tombe ci
sono gioielli, insegne, materiali preziosi, immagini in cui il defunto viene accompagnato
nell’aldilà. Di qui a poco si diffonderà la romanizzazione.
LA FASE ORIENTALIZZANTE IN ETRURIA: I CALDERONI
In questi anni arrivano in Etruria degli oggetti di importazione, che possono essere
definiti “merci di lusso”, un esempio sono i calderoni bronzei, vasi imponenti di bronzo
che hanno un grande diametro e sono issati su un treppiede o un cilindro, cioè su un
supporto che li eleva di almeno un metro. Non stiamo parlando di oggetti di piccole
dimensioni (non sono gingilli= termine che indica quegli oggetti piccoli e luccicanti
prodotti in Egitto), ma di grandi opere in bronzo: gli oggetti di importazione sono tutti
preziosi, hanno delle materie prime preziose; gli etruschi lavorano e conoscono il bronzo
e l’argento da molto tempo, ma in questa fase si diffondono in Etruria degli oggetti in oro
e in argento e quindi la lavorazione di questi metalli attecchisce in Etruria.
Gli etruschi hanno attinto da questi esempi di oggetti artistici greco-orientali ma anche
altri popoli italici, come quelli che si trovano a Satricum.
Gli oggetti importati fanno riferimento ad un mondo regale: nei territori in cui sono stati
prodotti questi oggetti venivano utilizzati solo dal Re, oppure erano oggetti che
mettevano in comunicazione Re e Dei o ancora sono oggetti aristocratici.
Si cerca di ricostruire la vita dell’oggetto importato, come quella degli oggetti utilizzati
durante i banchetti: Omero fa riferimento alla consuetudine del dono, con la quale un
oggetto passa da una mano all’altra. Quando si fa un dono, si racconta la storia
dell’oggetto: io regalo questa coppa a te, coppo che era di propietà di tizio, forgiata da
sempronio. Gli oggetti come le tombe contengono degli oggetti che hanno una lunga
storia ma che ora sono fermi sottoterra: gli oggetti nelle tombe possono parlarci della
vita che conduceva il defunto e del legame che egli aveva con questo oggetto.
I calderoni analizzati hanno teste di grifoni e nel supporto troviamo delle decorazioni a
basso rilievo con delle sfingi: in Etruria cominciano ad arrivare le figure dei leoni o dei
cervi, ma anche le figure della sfinge, della sirena (presente nei calderoni) e dei grifoni:
l’immaginario etrusco si popola di questi esseri (immaginario che chiamiamo bestiario
orientalizzante). Prima l’immaginario era connotato da figure di caccia, di guerrieri, ma
niente mostri, adesso invece queste nuove figure sono presenti in tutta l’etruria.
Gli etruschi prima non avevano un linguaggio figurativo, ma ora, grazie alle immagini
dell’oriente, gli etruschi hanno colmato questo vuoto (un fenomeno del genere è
presente anche in altri contesti geografici). Ci saranno statue etrusche che imiteranno la
Statua trovata a Nimrud e che ritrae Ashurnasirpal.
Quando gli etruschi si trovano nella loro fase iniziale, in Oriente si cominciano a creare
delle cittadelle regali, degli staterelli che esercitano attività commerciali e marittime, un
esempio sono i Fenici, che hanno un ruolo fondamentale: essi cercano di recuperare
delle nuove materie prime nei loro viaggi verso l’occidente. Questi regni favoriscono lo
sviluppo perché hanno un sistema interno, sia politico sia commerciale, ben studiato,
fatto di tributi e di tesaurizzazione: i greci condannavano la teusarizzazione attraverso la
figura di Re Mida. In questi regni sono gli aristocratici e i Re a richiedere oggetti di
artigianato: tali oggetti rappresentano la natura quasi divina del Re. Questo insieme di
regni levantini viene sconvolto dalle migrazioni e tutta la costa levantina verrà
conquistata dagli Assiri; gli Stati rimasti autonomi devono pagare dei tributi, cioè devono
portare agli Assiri prodotti pregiatissimi e di lusso. I dipinti Assiri ci fanno vedere i Re che
ricevono i tributi, delle scene di offerta e sacrificio, delle scene di caccia e delle scene di
guerra: cercano di celebrare le doti sovrumane del re. In una decorazione è presente
una parata in cui vengono trasportate delle coppe, dei vasi cerimoniali, dei carri su cui si
muove il Re, un trono, il vestiario del Re; in altre decorazioni è presente la caccia eroica
che il Re fa contro i leoni: la regalità quindi viene rappresentata attraverso dei codici.
Le corti Assire elaborano un modello di regalità che si diffonde anche nei territori esterni:
gli Assiri avevano un certo immaginario legato al sovrano, come quello descritto prima,
fatto di troni, vesti e coppe.
Una delle novità che si diffondono nel mediterraneo e che raggiungono l’etruria è la
casa: in oriente si stava diffondendo un modello di palazzo rappresentato dal bit-hilani;
la struttura di questo palazzo verrà ripresa dai palazzi etruschi.
Cipro è un territorio particolare, che fa da tramite fra Tarquinia e l’Etruria: a Cipro
troviamo una tomba regale, situata in una necropoli a Salamina, che presenta i cavalli
sepolti assieme al carto (sono state ritrovate le ossa dei cavalli) e anche un trono, in
legno e in argento (entrambi sono simboli di potere); il trono presentava anche un
poggiapiedi, per evidenziare il vestiario (le scarpe) del Re.
In un’altra tomba regale troviamo un calderone con un tripode, utilizzato durante i
banchetti, una gamba di sgabello di avorio, un torciere in avorio (siamo sempre a Cipro).
A Cerveteri, in una tomba di una principessa etrusca, troviamo un calderone identico a
quelli prodotti in oriente, decorato con elementi fantastici, come sfingi e grifoni.
Un altro tema per definire il potere è il duello eroico, come quello descritto nei poemi
omerici o nel poema di Gilgamesh, oppure la caccia, durante la quale si usavano i
cavalli: di questi cavalli sono state ritrovate le loro bardature equine, decorate con
immagini divine. La Grecia assorbe stimoli ed ideologie provenienti dall’oriente: lo
vediamo da un calderone ritrovato a Creta, il quale riprende i grifoni e l’immaginario
mitologico, cioè la sfinge; ci sono però degli elementi geometrici, come i cerchi
concentrici, propri dell’arte greca= i greci si appropriano di uno stimolo esterno, questo
vaso simboleggia l’interazione fra grecia e oriente.
LEZIONE 3
La Grecia sicuramente non aveva bisogno di copiare l’arte di altri popoli, per questo
vede quella orientale e la fa propria, inserendovi degli elementi originali: non è
un’assimilazione passiva ma attiva. In Eubea cominciano le prime strategie di
autorappresentazione e quindi, quando arrivano modelli artistici estranei, li accoglie, li
studia e poi li fa propri. La Grecia è pronta per recepire questi nuovi stimoli, inoltre gli
euboici (greci) frequentano Al Mina, perché le loro ceramiche sono state ritrovate in
Eubea. Al Mina è una città importantissima perché è da qui che partono le varie
diramazioni verso la Grecia. I Greci sono interessati a determinate produzioni artistiche,
come le coppe in metallo prezioso come oro, argento e bronzo, nei santuari infatti sono
stati recuperati degli oggetti che richiamano le linee dell’arte orientale. Nelle coppe
ritroviamo dei felini, dei tori che appartengono di più alla tradizione greca (elemento
originale: i greci non assimilano mai passivamente l’arte esterna). Abbiamo ritrovato
anche dei frontali di cavallo: il cavallo è uno dei simboli che entra nella sfera della
rappresentazione regale del potere. Le immagini dei frontali derivano dalle città nord-
siriane. Come mai oggetti come coppe e frontali finiscono nei santuari? Al tempo la
struttura sociale si basava su un’aristocrazia al potere e si stava creando una senso di
collettività: i luoghi sacri e i santuari sono dei luoghi importanti per la collettività, per il
popolo, sono dei luoghi IDENTITARI. E’ in questi luoghi che le persone vogliono
mostrare il loro status sociale: è qui che gli aristocratici marcano la loro posizione
sociale, donando alle divinità dei santuari degli oggetti di lusso molto difficili da reperire.
Il sistema si basa quindi sul voler mostrare a tutti, attraverso gli oggetti di lusso, le
proprie condizioni sociali ed economiche ed è per questo che ritroviamo tali oggetti,
come frontali di cavalli e coppe nei santuari.
La Grecia di questo periodo mostra dei tratti che poi diventeranno tipici dell’arte e della
società etrusca, per esempio in Grecia si costruisce una memoria collettiva tramite le
tombe degli eroi e i monumenti a loro dedicati e tutto ciò lo ritroveremo anche in Etruria.
Nel mondo greco il sistema di sepoltura non comprendeva anche oggetti di lusso di
produzione locale: tali oggetti non venivano quasi mai inseriti nei corredi funebri, ma
venivano messi nei santuari, come abbiamo detto poco sopra.
Per quanto riguarda l’espansione, in questi anni le rotte espansionistiche dei Greci
assomigliano un po’ a quelle dei Fenici e molti commercianti si incontrano gli stessi porti
e scambiano gli stessi oggetti. In genere i mercanti si spingono verso l’ovest e arrivano
in alcune tappe prestabilite, in cui si scambiano le merci. Noi parliamo di Greci e di
Fenici ma questa connotazione etnica è sbagliata: le navi guidate dai Greci e dai fenici
partono da un certo porto, ma poi approdano in porti diversi, si mescolano con altre
etnie e arrivano alla meta trasportando non solamente la cultura fenicia o greca ma
anche quella degli altri posti in cui si è approdati (parliamo quindi di fenomeno
composito: i commercianti fenici e greci si fanno portatori di una cultura ibrida). I fenici
recepiscono nelle loro arti delle influenze differenti per questo facciamo fatica ad
applicare delle etichette etniche: un altro esempio di ibridazione è che gli eroi greci e
quelli fenici, anche se hanno nomi diversi, sono le stesse persone.
L’orientalizzante è un momento nella storia del Mediterraneo che unisce est e ovest, fa
incontrare due mondi e porta alla creazione di qualcosa di nuovo: il mediterraneo
diventa un’unica cosa e l’opposizione fra oriente ed occidente si annulla.
Siamo partiti da Cipro, abbiamo attraversato la Grecia e ora arriviamo alla Coppa di
Nestore: questo vaso è greco, ha lineamenti tardo-geometrici e possiede un’iscrizione a
caratteri greci. La coppa è stata trovata all’interno di una tomba di un adolescente, il
quale è stato seppellito seguendo i codici utilizzati per gli adulti: il giovane riceve un
corredo di tutto rispetto e per questo probabilmente appartiene ad una famiglia
importante dal punto di vista politico. Il testo nella coppa è lungo e ha carattere poetico:
fa riferimento all’epica, a Nestore ed è stato riconosciuto come passo dell’Iliade, perché
fa riferimento all’occasione del simposio. Questa coppa ha la forma di quelle utilizzate
per bere il vino: il vino era utilizzato dagli individui ai vertici della comunità e il
cerimoniale con il quale si consuma il vino era molto particolare. Nella tomba
dell’adolescente quindi si fa riferimento al significato simbolico del vino e ai cerimoniali
ad esso collegati. La coppa non rappresenta solo il mondo greco ma anche quello
omerico: richiama la dimensione eroica e celebrativa dell’Iliade e dell’Odissea; nella
coppa la frase richiama i poemi decantati dagli Aedi, uomini che trasmettono la cultura
oralmente (gli aedi sono dei fantasmi per gli archeologi, perché di loro non è rimasto
niente).
Andando avanti analizziamo le opere e le città di Pitecusa e di Cuma: nelle necropoli
troviamo dei documenti che possiamo ricondurre alla presenza di levantini nella città;
ritroviamo sigilli a forma di scarabeo, che fanno parte della produzione siriana ed
egiziana; abbiamo poi anfore che richiamano scritture semitiche e non greche.
L’archeologia, con questi reperti, ci mostra come in questo luogo vivessero persone con
culture e lingue diverse, che attuavano quindi scambi culturali: come poteva esserci una
comprensione reciproca? Sicuramente c’erano persone bilingue, soprattutto mercanti,
che interagivano con gli stranieri che si erano stabilmente insediati a Pitecusa e a
Cuma. Grazie alla cultura materiale notiamo che la gente che occupava la pianura
campana si era fusa con popolazioni di altre culture.
Fra Pitecusa e Cuma sono stati ritrovati degli oggetti anche etruschi, ulteriore segno
della mescolanza di culture e di genti in questa zona. Sono state ritrovate sia delle
iscrizioni etrusche sia delle iscrizioni levantine. Capiamo che gli etruschi si sono integrati
se mantengono o non mantengono il nome proprio (onomastico) etrusco.
Analizziamo ora la base di un vaso per gli unguenti ritrovato a Pitecusa: la base ritrae
l’albero della vita con degli animali che se ne cibano; questo immaginario è tipico
dell’oriente, mentre il vasetto è greco, quindi ancora una volta i greci avevano preso un
simbolo altrui e lo avevano adattato alla loro cultura. L’albero della vita rappresenta la
ciclicità: l’albero è il simbolo della natura, del ciclo vitale dell’uomo e dà da mangiare agli
animali, producendo così nuova vita. Questa immagine viene trasferita ai greci assieme
ai suoi significati: questo reperto rappresenta l’interpretazione greca di un concetto
orientale (albero della vita); questo simbolo poi arriverà in Etruria, quindi possiamo dire
che Pitecusa e Cuma sono le città greche che fanno da tramite per la diffusione dell’arte
orientale in etruria (questo vale sia per le merci, sia per l’arte, sia per le persone).
I Fenici sono molto importanti per la storia etrusca; i manufatti tipici dei fenici erano
preziosi, quindi troviamo vasi in metalli pregiati come l’oro e il bronzo, troviamo poi uova
di struzzo che vengono dall’Africa, avori, conchiglie Tridacne che vengono dal Mar
Rosso (queste conchiglie sono lavorate in modo tale da costituire dei contenitori
raffinatissimi ed esclusivi) e che saranno ritrovate anche a Vulci. I Fenici producono
anche vasellame pregiatissimo e di vetri, inoltre utilizzavano le uova di struzzo come
contenitori (erano molto resistenti e potevano essere dipinte; alcune uova sono state
ritrovate nelle tombe di Tarquinia), ancora producono brocche in bronzo (la produzione
probabilmente era collocata a Cipro). Per quanto riguarda il vetro, vengono prodotte
delle coppe emisferiche, degli oggetti super esclusivi che erano legati alle cerimonie.
I fenici, come abbiamo detto, lavoravano anche l’avorio e producevano oggetti di lusso,
come i manici dei flabelli (ventagli): sono tutti decorati ed istoriati con i bestiari
orientalizzati, come le sfingi, i grifoni e i leoni. Non c’è una narrazione dietro queste
immagini ma veicolano verso occidente questi bestiari e questi immaginari. Anche le
Pissidi (delle scatole cilindriche che servivano per contenere gioielli e cosmetici) sono
costruite con l’avorio: una delle Pissidi è stata ritrovata a Pania, in territorio etrusco. In
questa pisside possiamo vedere un personaggio attaccato al vello di un animale
assieme ad altre persone e questa immagine ci richiama Odisseo e i suoi compagni che
escono dalla grotta di Polifemo; c’è poi un mostro a tante teste che minaccia una nave e
questo mostro non è altro che Scilla (la Pisside risale al VII secolo, pieno periodo
dell’orientalizzante etrusco).
I Fenici e i Greci portano in etruria delle merci, dei materiali, delle tecniche costruttive,
una certa dimensione culturale e certi significati simbolici: si crea quindi un ponte fra
oriente ed occidente.
Riassunto questione dell’orientalizzante= 1. Difficile distinzione tra le diverse componenti
culturali: euboica e levantina (siriana, fenicia, cipriota) che si intersecano tra Al Mina e
Pithecusa. 2 Componente fenicia: ceramiche per il vino, vasellame metallico, avori, uova
di struzzo, oreficeria e athyrmata, vivacità commerciale. 3 Componente euboica:
materiali e modelli culturali, ceramiche per il vino, scrittura, modello culturale omerico
(rituale funerario), tecniche costruttive (sistema di copertura fittile), colonizzazione
dell’Occidente e ponte con l’Oriente (Al Mina).
I mercanti greci e fenici portarono dei doni talmente pregiati sulle coste etrusche che li
facevano sembrare appartenenti alla casta aristocratica o regia; chi riceve questi doni si
sente quasi in DOVERE di ricambiare ed è così che nascono i primi scambi
commerciali.
Ci spostiamo ora a Tarquinia, nella “Tomba del guerriero”, che contiene tutto ciò che
appartiene ad un eroe; siamo nel 730-720 a.C. e nella tomba sono presenti oggetti di
provenienza differente (testimoniano la mescolanza e l’ibridazione culturale). Gli studiosi
hanno sottolineato il fatto che il guerriero era stato seppellito con l’armatura addosso,
con la lancia, con il pettorale in oro; tutto è in bronzo con delle parti in oro. Abbiamo la
spada con il fodero, le punte di ascia montate su un bastone, le fibule, la fiasca da
pellegrino (brocca utilizzata durante i viaggi) e la bardatura equina. La bardatura può
essere ricondotta ed una produzione in area Traco Cimmerica (transalpina) e non
etrusca. In etruria non si conosceva l’uso dell’oro ma il soldato sepolto ha una fibula
d’oro e questo si può spiegare solo grazie al fatto che nel mediterraneo circolano opere
e oggetti artistici provenienti dall’oriente. La materia prima (l’oro) era straniera ma viene
utilizzata per creare una fibula, che è un oggetto che appartiene alla tradizione locale
etrusca= si riveste di un linguaggio estraneo ciò che appartiene alla tradizione etrusca. Il
corredo è formato anche da oggetti in argilla, che si richiamano all’arte greca, infatti ci
sono dei vasi e dei piatti con decorazioni geometriche, tipiche dell’arte greca.
Tutti gli oggetti nella tomba rimandano ad aree geografiche diverse, come quella greca,
quella transalpina, quella fenicia: durante il commercio non si scambiano solo oggetti ma
anche competenze per la realizzazione degli oggetti artistici.
Gli oggetti ritrovati nella tomba fanno parte di un linguaggio internazionale, linguaggio
che comprende elementi greci, significati fenici e oggetti mediterranei.
LEZIONE 4
Il tema di questa lezione è l’incontro fra i popoli: durante l’incontro è importante l’aspetto
commerciale ma anche i meccanismi che hanno portato a tale incontro; per fare questo
bisogna indagare l’aspetto culturale, politico e sociale. Lo studioso Irad Malkin ha
studiato l’area meridionale dell’Italia, in cui sono avvenuti scambi commerciali e quindi
anche una fusione fra i popoli che arrivavano dall’oriente e i popoli italici. Anche Ischia
era un nodo commerciale importante, quasi quanto Al Mina: era in queste zone che si
crearono le prime colonie che poi diedero origine all’insediamento etrusco: egli parla di
“middle ground”, cioè terra di mezzo, però non fu lui a coniarlo: venne creato da uno
storico, Richard White, che studiava la colonizzazione europea dell’America
settentrionale e i rapporti fra europei e indigeni. Malkin, leggendo questi studi, estrapola
il concetto di terra di mezzo e dice di poterlo applicare all’occidente, infatti nell’epoca
rinascimentale (1500) c’è stato un incontro di culture differenti: non ci fu un’imposizione
della cultura dominante su quella più debole, anzi ciò che è successo è che si è
individuato un terreno comune fra le due culture e in questo terreno ci sono stati dei
fraintendimenti e degli equivoci perché in questa terra di mezzo non veniva compresa
tutta la cultura dell’altro popolo, ma la si assimilava comunque. Ci furono quindi delle
distorsioni, anche sul piano religioso: c’era molta distanza fra le pratiche religiose degli
europei e quelle dei nativi americani. Se prendiamo questo fenomeno nel mondo antico
possiamo vedere come in Campania, nel golfo di Napoli (dove nasceranno le colonie
euboiche), è successa la stessa cosa: anche qui c’è stata una terra di mezzo, in cui due
culture sono venute a fondersi e ibridarsi; il middle ground è una sorta di zona franca in
cui si sviluppa un fermento culturale dal quale nasce poi una cultura ibridata. Ancora,
questo discorso può essere applicato all’incontro fra popoli etruschi e orientali: c’è stato
un terreno comune in cui popoli differenti si sono trovati per condividere un aspetto delle
proprie società. Secondo Malkin l’elemento comune fra etruschi, greci e fenici era la
genealogia mitica: questi popoli ritenevano di discendere da figure eroiche e divine,
figure conosciute da tutti e 3 i popoli; il fondatore di un popolo non era superiore o
inferiore a quello degli altri, semplicemente si cominciò a riconoscere lo stesso
significato nei vari eroi che diedero origine agli etruschi, ai fenici e ai greci. Quando
questi popoli hanno cominciato a interagire tramite gli scambi commerciali, le genealogie
sono state un argomento fondamentale per lo sviluppo del middle ground. I promontori e
le aree costiere sono i luoghi privilegiati del middle ground. Un altro argomento che
unisce è l’alfabeto: l’alfabeto aveva accomunato greci e fenici e l’alfabeto euboico greco
verrà fatto proprio dagli etruschi.
Le genealogie eroiche in genere non hanno connotazioni etniche: nell’Odissea ci sono
addirittura molti stranieri che diventano i protagonisti delle vicende eroiche. Ulisse è
l’eroe mediatore per definizione, infatti egli, come Eracle, non è interessato alla
fondazione di città o alla colonizzazione. Lui è semplicemente un progenitore: il suo
ruolo è quello di mediare fra mondo greco e “gli altri”, cioè i popoli incontrati durante le
sue avventure nel Mediterraneo. Ulisse è entrato in Etruria con il ruolo di mediatore: egli
favorisce il dialogo e appiana le differenze; è una sorta di eroe civilizzatore che favorisce
la creazione di un middle ground basato sul vino e sul vincolo dell’ospitalità e
dell’accoglienza. Ulisse è presente anche nell’arte figurativa etrusca perché fa dialogare
etruschi e greci. Odisseo è un protocolonizzatore, che come Eracle esplora e lascia
discendenti, però non si stabilisce, non fonda città e non si radica: in genere stringe
accordi con la gente del luogo e crea una discendenza per poi andarsene.
Agrios e Latino sono 2 personaggi che daranno origine ai popoli che i greci pensavano
fossero stanziati nelle coste tirreniche.
Ulisse rappresenta l’alterità, il diverso e funziona come modello etnografico di
definizione dell’altro: in base a lui gli altri popoli si definiscono.
Il terreno della religione è sempre stato un terreno molto fertile per la mescolanza e il
metissage/ibridazione (due termini che non vengono più utilizzati): l’aspetto cerimoniale
e religioso unisce popoli diversi.
Demarato di corinto era un esule aristocratico, conosciuto in questo modo dai greci,
mentre in Etruria si mettere in risalto che Demarato fece arrivare in Italia delle arti
greche, perché lui si porterà con sé degli artigiani dai nomi particolari, come “colui dalla
bella mano”, “colui che realizza belle strutture”; si dice anche che Demarato portò anche
l’alfabeto in etruria, anche se non è così. Demarato viene quindi visto un po’ come il
progenitore dei progressi in etruria, infatti portò delle merci importantissime: egli viene
celebrato da Tacito, da Dionigi di Alicarnasso, da Strabone e da Plinio; questo successo
perché Demarato poteva fornire ai Re di Roma (uno di essi fu suo figlio) una parvenza di
continuità con la cultura greca, poteva fornire loro la paideia greca. Demarato è
importante anche perché lo si fa risalire ad Eracle: Eracle si trova nel Lazio e nell’etruria
e viene utilizzato come figura che legittima il potere dei regnanti (i Re si richiamano a lui
per legittimare il loro dominio).
L’epigrafia ci mostra che ci sono molti personaggi di origine greca integrati in Etruria:
un’iscrizione ritrovata in prossimità del Tumulo del Re di Tarquinia, datata verso la fine
del VII secolo (Demarato è a metà di questo secolo), contiene il nome di un
personaggio, Hipukrates, nome che non è sicuramente di origine etrusca ma greca.
Questo personaggio quindi non era etrusco ma era riuscito a conquistare una posizione
quasi aristocratica all’interno della civiltà italica. A Cerveteri abbiamo un altro
personaggio, Thelikles, altro nome che richiama il mondo greco: questo nome, come
Hipukrates sono nomi gentilizi, cioè indicano il nome della famiglia di appartenenza.
PATERE BACCELLATE
Torniamo al periodo dell’orientalizzante, che si colloca nell’VIII secolo: in questo periodo
arrivano in Etruria dei cimeli di chiara origine egiziana, fenicia e assira, come gli
scarabei o le piccole statuette; sono quasi tutti oggetti per la decorazione, oppure dei
gioielli. Ci sono però anche degli oggetti diversi, come i vasi cerimoniali: un esempio è
un vaso in Bronzo, ritrovato a Veio e non ben conservato, ma riconducibile a contenitori
con un manico che ritroviamo nell’arte figurativa assira. Infatti in Assiria sono presenti
rilievi in cui è presente questa tipologia di vaso: questo è un primo caso di importazione
in Etruria, importazione di di patere baccellate. Le patere baccellate sono delle coppe
utilizzate per le libagioni (versare liquidi durante i sacrifici) e che possono essere tenute
solo con una mano: molte patere assire sono state ritrovate nel Lazio, a Vetulonia e a
Pontecagnano. Nel territorio assiro questo vaso è utilizzato per i rituali e in genere viene
tenuto in mano proprio dal Re quando compie un atto di devozione alla divinità; ci sono
dei rilievi in cui si vede il Re che tiene in mano il vaso davanti agli ammalati (il vaso era
utilizzato solo da Re, divinità ed elites). Questi vasi sono in materiali preziosi, come oro,
argento e bronzo: questi vasi arrivano in maniera massiccia in Etruria, infatti nel suolo
italico abbiamo ritrovato almeno 300 esemplari: molte patere sono arrivate in Italia ma
anche in Francia/Germania o in Turchia. Le importazioni di questo oggetto sono molte
perché i popoli avevano capito il suo utilizzo, inoltre ci sono tante riproduzioni locali di
questi vasi in argilla: in Etruria c’erano molte botteghe in cui si potevano acquistare
questi vasi. Questi vasi si diffondono dall’Etruria verso l’area transalpina, infatti tutta la
cultura viene trasmesso verso nord e ciò che troviamo in Etruria nel VII secolo lo
ritroviamo in area transalpina nei secoli successivi; la trasmissione verso nord ha delle
tappe come Bologna, Veneto e Como (trasmissione della cultura tramite rotte ben
tracciate). Con questi vasi si diffonde un certo modo di consumare il vino: in Etruria
arrivano dei doni da “Re”. In alcuni contesti le patere si sono accumulate nelle tombe,
impilate l’una sopra all’altra: siamo in presenza di un accumulo funerario di vasi e questi
vasi sepolti ci dimostrano che gli etruschi hanno assunto un linguaggio funebre
cerimoniale nobile, che probabilmente proviene dalla Grecia. In Etruria si diffuse il dono
delle patere baccellate preziose e questo oggetto definiva lo STATUTO di una persona:
se qualcuno ha una patera probabilmente è un aristocratico o un Re.
Un altro oggetto iconico è la coppa emisferica: anche questo è un oggetto di lusso
utilizzato dal Re o dai dignitari.
In Etruria arriva anche l'oreficeria, grazie agli artigiani fenici che utilizzano le tecniche
della filigrana e della granulazione, tecniche che poi caratterizzeranno la produzione di
gioielli etrusca. Con la granulazione verranno prodotti degli oggetti straordinari: questa
tecnica comporta la creazione di piccolissime bolle accostate con collanti naturali. Con
questa tecnica si è prodotta una fibula importantissima in oro, conservata al Louvre: la
fibula è stata realizzata da artigiani presenti sul suolo etrusco e presenta un’iscrizione
che ci fa capire che questa fibula era un dono. Nell’iscrizione infatti c’è scritto che questa
fibula (e gli abiti che erano compresi con essa) viene donata da qualcuno a qualcun
altro, in particolare la fibula parla in prima persona “io sono di… e sono stata donata
a…”= questa formula di possesso e di dono è molto efficace, perché rimarca che grazie
al dono, un oggetto che prima era di proprietà di una certa persona, passa ad un nuovo
proprietario.Il donatore e il ricevente sono designati dal gentilizio e quindi erano
personaggi aristocratici. In tutta l’Etruria ci sono solo 5 fibule che hanno un’iscrizione del
genere, che sottolinea il rituale del dono.
Un altro oggetto arrivato in Etruria sono le uova di struzzo, che forse sono arrivate
dall’adriatico (passaggio dal mare all’Etruria e dall’etruria all’entroterra). Dal mare sono
arrivate anche le brocche fenicio-cipriota, che sono poi state riprodotte in Etruria in
argilla. A Pontecagnano è stata ritrovata una Kotyle, cioè un vaso per bere dotato di 2
anse, con un’iscrizione con caratteri geroglifici: i caratteri non formano un testo di senso
compiuto, quindi capiamo che venivano utilizzati i geroglifici per rivestire gli oggetti di
una valenza esotica. Questi oggetti potevano essere posseduti ed esibiti sono dalle
elite, che quindi rimarcavano la distanza fra loro e il popolo: quindi nel 720 circa, in
Etruria, nasce un'élite aristocratica, che ricopre le posizioni di potere.
NECROPOLI E TUMULI
Le necropoli venivano sistemate fuori dalle città, nelle principali vie di percorrenza: in
questi spazi sono presenti dei monumenti e dei fenomeni che vanno a costruire la
memoria collettiva del popolo etrusco (la celebrazione degli antenati è fondamentale
nella costruzione dell’identità). Nell’800 cominciano ad essere scoperte le prime
necropoli: le necropoli erano formate da tanti tumuli, con base in pietra, calotta di terra
conica e statua sulla cima; questo perché quando si cominciano a dissotterrare i tumuli
si riesce a mettere in evidenza la base ma poi si trovano qua e là delle sculture che si
immagina potessero essere collocate sulla cima. I tumuli sono tombe di famiglia
destinate a durare nel tempo e quindi destinate ad ospitare più sepolture. Il paesaggio
funerario doveva quindi essere composto da tanti tumuli, gli uni vicini agli altri:
probabilmente in una sola necropoli, che in genere era collocata sulle colline, tantissimi
tumuli. Da dove viene il tumulo? E’ originale dell’Etruria o viene da altri contesti? Il
tumulo etrusco era diffusissimo in area Mediterranea ma anche nel Vicino Oriente, come
nella Frigia o nella Lidia: il Midasmaund era una tomba regale formata da un gigantesco
tumulo che si riesce a vedere anche a chilometri di distanza. A Salamina di Cipro è
presente una tomba a tumulo: c’è una base, dei muri radiali e una grande calotta di terra
(siamo nella seconda metà dell’VIII secolo). Però anche in Etruria questo modello era
presente già nell’VIII secolo a.C.= a Populonia è presente una tomba a tholos, cioè una
tomba a sepoltura circolare sormontata da una cupola; i tholoi sono le grandi tombe
principesche presenti nel Peloponneso. Le tombe a tholos di Populonia però sono
piccole, hanno dei diametri di 2 metri e mezzo, mentre quelle presenti in altri territori
avevano diametri di decine di metri. A Populonia non c’era il tufo e quindi si utilizzavano
lastre di pietra, con le quali si formava una sorta di ingresso sormontato da una cupola;
anche queste sono tombe di famiglia. Da dove può essere arrivato questo modo di
seppellire a Populonia? Probabilmente o dalla Sardegna, terra in cui già da tempo si
costruivano le strutture nuragiche, o dall’Egeo. Populonia è l’unico centro etrusco
affacciato sul mare, quindi un centro aperto esposto ai traffici commerciali.
A Cerveteri, nell’VIII secolo, il metodo di sepoltura erano le tombe scavate nel terreno,
con un ingresso caratterizzato da blocchi di tufo e da una piccolissima calotta: queste
tombe avevano una calotta davvero ridotta e quindi non possono essere dei precedenti
degli enormi tumuli che vediamo in seguito, inoltre queste tombe a Cerveteri sono
ipogee. Come si arriva agli enormi tumuli ritrovati successivamenti sempre nelle stesse
zone nel VII secolo? In genere c’è un salto improvviso fra una costruzione e l’altra:
probabilmente il mondo etrusco era già pronto a recepire il concetto di tomba enorme
per i Re, presente in Grecia, ma ci volevano delle competenze che non erano presenti in
Etruria. Arrivarono infatti degli architetti capaci di scolpire la pietra, con un bagaglio di
conoscenze adatto a realizzare l’architettura tombale monumentale: gli apporti esterni di
questi architetti vengono recepiti dagli etruschi e poi vengono RIELABORATI, ecco
perché i tumuli etruschi sono differenti da quelli della Frigia o della Lidia (non è una
fenomeno di mera trasposizione, ma c’è una richiesta, un’assimilazione e una
rielaborazione di un qualcosa che proviene dall’esterno). I tumuli etruschi inoltre erano
sia tombe sia luoghi di culto: è questa la differenza con i tumuli del vicino oriente.
LEZIONE 5
Il tumulo è una tomba che ha un accumulo di terreno e ogni tumulo ha diametri
differenti, per esempio ce ne sono alcuni con un diametro di 40-60 metri; hanno tutti una
struttura circolare, ottenuta tramite scavi eseguiti attorno al perimetro della tomba.
Quindi si inizia togliendo il terreno per scavare il perimetro e il terreno tolto viene
utilizzato per fare la cupola/calotta (riporto di materiali); poi si scolpisce la pietra per
creare delle modanature e si scolpisce la base creando una serie di motivi.
Nel mondo etrusco il tumulo contiene tombe a camera, quindi sono camere ipogee:
queste sono diffuse soprattutto nell’Etruria meridionale. I tumuli possiedono una
scalinata d’ingresso che dà accesso a degli spazi che sono sotto il livello del terreno: il
corridoio d’accesso è detto “dromos”, poi c’è una porta che dà accesso alla vera e
propria tomba e dei corridoi laterali. Le tombe a tumulo nascono per seppellirci più
persone, quindi sono abbastanza spaziose e contengono più tombe a camera, che
contengono i resti di diverse generazioni. I tumuli vengono ordinati in base a quando
sono stati scoperti: per esempio nel Tumulo Secondo abbiamo 4 generazioni sepolte
nell’arco di circa II secoli. Non sono delle tombe individuali per i Re, ma sono tombe di
famiglia create per durare nel tempo.
Le camere interne al tumulo assomigliano alle stanze delle case, inoltre queste tombe
sono l’espressione di vari clan familiari che grazie a queste costruzioni funerarie
incidono sull’abitato circostante: quindi, per gli Etruschi, questi tumuli incidevano molto
sul paesaggio ed erano visibili sia all’interno dell’abitato, sia fuori, nel territori circostanze
(questo è stato scoperto grazie a calcoli di visibilità). Le novità dei tumuli di questo
periodo sono: la monumentalità (sono tombe fatte per durare), l’altezza, le dimensioni,
però non ci sono delle etichette sulle tombe, o delle iscrizioni che possono attribuire il
tumulo ad un determinato clan (c’è solo un caso con iscrizione). In questi anni però le
tombe erano esclusive e non c’era bisogno di ricorrere alle iscrizioni per far capire che
quel tumulo era di una certa famiglia. I tumuli sono anche luoghi di culto: a Cerveteri
sono state ritrovate delle rampe che danno accesso alla sommità della calotta e questo
aspetto si combina alle sculture ritrovate durante gli scavi. Questo discorso però vale
solo per l’Etruria meridionale, terra in cui si poteva scavare; nell’Etruria settentrionale
invece le tombe non erano SCAVATE ma COSTRUITE e quindi non erano presenti le
rampe per accedere all’apice della calotta.
In Etruria vi erano delle cerimonie religiose che si svolgevano nella Tomba a “dado”,
struttura che emerge quando l’aristocrazia entra in crisi e si instaura un’oligarchia:
questa oligarchia elimina tutti i lussi esteriori, come le tombe principesche, e privilegia le
tombe a dado, uguali per tutti i cittadini. Le tombe a dado quindi sono costruzioni
egualitarie (NON DEMOCRATICHE) e sulla loro sommità vengono svolte delle
cerimonie, come ci testimoniano gli altari ritrovati sulla vetta. In questi altari sono
presenti le stesse modanature citate poco sopra: c’è una somiglianza fra decorazioni
delle tombe e decorazioni degli altari. Le tombe a dado avevano vari livelli:s ottoterra
c’era la tomba per i defunti, poi c’era il piano dei rituali di tipo collettivo (piano
intermedio) e poi c’era la sommità della tomba dedicata ai sacerdoti. C’erano anche
delle piazze con gradinate per il pubblico che assisteva alle cerimonie religiose: è in
questa fase della storia etrusca che nascono cerimonie per celebrare il defunto; queste
cerimonie erano degli agoni. A Tarquinia abbiamo delle tombe dipinte che ci parlano di
questi spettacoli: gli spettacoli potevano essere il sacrificio di animali per favorire il
distacco del morto dal mondo dei vivi, oppure c’erano anche agoni sportivi. La tomba
era un luogo di sepoltura ma era anche un luogo di culto, in cui tornare periodicamente
anche perché c’erano le feste dedicate ai morti: durante queste feste si potevano riaprire
le tombe e fare i sacrifici per i morti. In Etruria inoltre le tombe vengono costruite proprio
per essere pensate come delle “case degli antenati”: si costruisce la memoria collettiva
che comprende gli antenati delle singole famiglie, che però diventano dei punti fissi per il
popolo, dato che poi gli antenati diventano parte della genealogia della comunità.
Il tumulo quindi è un luogo in cui svolgere atti religiosi, è un altare, è la tomba dei defunti
ed è il luogo in cui riposano gli antenati delle genealogie collettive. La presenza di rampe
e altari ha consentito di analizzare l’orientamento astronomico di questi tumuli:
l’orientamento dei tumuli non è casuale ma è sempre indirizzato verso l’arco di sud-est e
sud-ovest. Nella religione etrusca la suddivisione della volta celeste era fondamentale:
gli etruschi dividevano la volta celeste in base ai punti cardinali (nord, sud, est ovest) e
poi suddividevano ogni settore in altri quadranti (lo schema era circolare) e ogni
quadrante corrispondeva alla sede celeste di una certa divinità; questo principio è detto
principio del templum (templum= divisione spaziale e temporale) e domina la visione
religiosa etrusca.
Ogni fondazione etrusca ha un suo orientamento, una sua delimitazione e una sua
consacrazione: l’orientamento è dato dalla divisione appena menzionata delle sedi
celesti. Le aree celesti erano varie, perché c’erano dei dell’oltretomba, dei della natura e
altre tipologie e ognuno di essi aveva la propria sede divina: quando si costruiva una
città, la prima cosa che si faceva era guardare lo spazio.
Delimitare invece significava sottrarre lo spazio agli Dei e questo comporta una
consacrazione, perché si deve risarcire gli Dei, dato che si era rubato loro un certo
spazio tramite la delimitazione. In Etruria è molto importante anche il calendario liturgico
e la sua scansione: le cose venivano quindi scandite attraverso il calendario o attraverso
il templum.
Nelle tombe, vicino alle rampe, si trovano delle iscrizioni, come quella ritrovata a
Cerveteri: nell’iscrizione ci sono dei teonimi, cioè dei nomi delle divinità, come Veja (Dea
madre) o Tinia (il sommo Dio celeste, cioè Zeus). Queste due divinità sono 2 principi
che riassumono un po’ tutta la sfera religiosa, infatti rappresentano il maschile e il
femminile.
C’è poi il simbolo di un cerchio con una croce all’interno, simbolo molto famoso e
definito da Giovanna Bagnasco come un simbolo che rappresenta un linguaggio non
letterale, un simbolo che indica la DIVISIONE DI UNO SPAZIO SACRALIZZATO.
Quindi queste tombe sono luoghi di culti con un impatto collettivo, modificano il
paesaggio, è un luogo con valore sacrale e in cui risiedono gli antenati.
Come abbiamo detto il tumulo incide sul paesaggio della città: è collocato nelle principali
vie di percorrenza ed è collocato ad un raggio costante di distanza dall’abitato (raggio di
4 km dal centro cittadino). I tumuli sono quindi un monumentum che visivamente aiuta a
definire i confini della città: rimarcano i confini cittadini e li sacralizzano. Le tombe degli
aristocratici rimarcano il possesso di un certo territorio da parte di una certa famiglia,
mentre gli antenati sacralizzano tale territorio.
Vi è anche un controllo degli insediamenti minori presenti nel territorio: il sistema delle
tombe contribuisce a questo controllo; il tumulo quindi ha significati complessi che non
vanno banalizzati, inoltre essi non sono marchiati con il nome delle famiglie perché non
ce n’era bisogno. Alcuni tumuli poi hanno ulteriori significati in senso religioso: attorno ai
tumuli si creavano dei santuari, come quello a Montetosto, legato all’aristocrazia del
posto.
L’Etruria, di fronte agli stimoli artistici e architettonici che arrivano dagli esterni, si
mostrano aperti e pronti ad accogliere i nuovi spunti: per esempio le modanature (linee
esterne di decorazione) presenti nei tumuli di Cerveteri, sono simili a quelle presenti in
Turchia e questo ha portato gli studiosi ad affermare che i primi tumuli sono stati
realizzati grazie all’aiuto degli architetti provenienti dall’Anatolia, che hanno portato con
sé la capacità di decorare e di lavorare la pietra (prima del VII secolo in Etruria non si
utilizzava la pietra per le sculture, ma grazie all’arrivo di questi artigiani si è diffuso
anche questo materiale). Questi artigiani non arriverebbero se non ci fosse una richiesta
da parte degli etruschi.
La tipologia del tumulo viene interpretata in vario modo dai diversi centri-villaggi
etruschi: analizzeremo i tumuli di Cerveteri, di Veio, di Tarquinia, di Vulci e quelli
dell’Etruria settentrionale; queste città sono autonome ma recepiscono i nuovi spunti
architettonici.
CERVETERI
A Cerveteri è presente la necropoli della Banditaccia che comprende il Tumulo I, il
Tumulo II e altri 2, che prendono i nomi dei loro scopritori: in questa Necropoli ci sono
dei tumuli più grandi, che sembrano catalizzare attorno a loro quelli più piccoli e questo
si spiega grazie ai legami fra grandi i clan gentilizi e clan minori (ci vengono in mente i
clientes legati ai loro protettori); questi legami emergono grazie all’analisi spaziale del
luogo. Il camminamento circolare attorno al perimetro del tamburo non è mai interrotta:
questo è possibile grazie alle rampe: il camminamento non doveva essere interrotto
soprattutto durante il rituale funebre; in alcuni tumuli il camminamento è addirittura
segnalato da un marciapiede ininterrotto.
Il tamburo dei tumuli tende ad innalzarsi e dove non può essere interamente scavato,
viene costruito (il tamburo è LA BASE): il tumulo si restringe e si innalza, mantenendo
una piccola calotta accessibile ma trasformandosi in una costruzione con una base
quadrata, base che poi darà origine alle Tombe a Dado, che quindi nascono a Cerveteri.
L’elemento caratterizzante del tumulo è la decorazione nella cornice.
La caratteristica delle prime tombe è l’assialità dall’ingresso fino alla parte interna della
tomba, cioè c’è un lunghissimo territorio che dà accesso a tutte le camere della tomba;
poi, nella seconda fase, abbiamo sempre un corridoio ma viene creato un elemento
trasversale, perpendicolare al territorio d’ingresso, quindi cambia l’asse architettonico di
riferimento e questo cambiamento deriva dalla modifica della struttura delle case in cui
abitavano gli etruschi. Le prime tombe (tombe capanna) passiamo alle “tombe reggia”.
LEZIONE 6
Oggi parleremo dell’Orientalizzante antico, dal 720 al 670 a.C., la prima fase che poi si
evolve in orientalizzante medio e poi recente: in queste 3 fasi riconosciamo delle
trasformazioni nell’architettura funeraria.
Nella fase dell’Orientalizzante antico troviamo tombe scavate nel tufo e tombe costruite:
a Cerveteri le tombe vengono scavate nel tufo, così da ottenere le camere ipogee, ma in
questa città le tombe vengono anche costruite, utilizzando sempre lo stesso materiale e
però questo secondo metodo, la costruzione, è molto impegnativo, infatti abbiamo solo 2
esempio, quella di Regolini Galassi e il tumulo di Montetosto. Per queste tombe enormi
e monumentali si è speso molto più tempo e denaro rispetto a quelle scavate.
In questo periodo nasce poi la scultura in pietra: quest’arte sarà molto importante in
Etruria e in questi anni vediamo gli esempi più antichi. La scultura in pietra nasce perché
i gruppi al potere avevano un’esigenza di auto-rappresentazione: la scultura non è una
decorazione, me è il mezzo attraverso il quale gli aristocratici dimostrano il loro potere.
Nasce anche il culto degli antenati, infatti le necropoli diventano un paesaggio che
rappresenta la memoria: le necropoli sono parte integrante della comunità e riescono a
tradurre un concetto come la tradizione, gli antenati e la memoria collettiva.
Nelle tombe c’è un ingresso, un corridoio lungo e stretto che può avere nicchie, poi c’è
un’anticamera e un vano piccolo e angusto e quest’ultima è una tomba deposizionale.
Questa tomba riprende molto da vicino la costruzione interna delle capanne: la
planimetria di queste tombe del VII secolo è simile alla struttura della capanna, infatti in
questi decenni abbiamo una transizione dalla capanna alla casa; le capanne ci sono
ancora ma vengono sostituite dalle case in muratura.
I tumuli di Cerveteri somigliano molto alle case: questo richiamo è stato interpretato non
come l’esigenza di dare una casa al morto, ma come uno sforzo di esibire in maniera
evidente, a livello funerario, le condizioni sociali del defunto e della famiglia. La tomba
era un bene di famiglia che doveva rappresentare la potenza, la ricchezza e il prestigio
delle famiglie: si aprivano durante le cerimonie e per le successive sepolture.
TOMBA DELLA CAPANNA DEL TUMULO II= All’ingresso sono state ritrovate delle
statue che raffiguravano un nuovo, quindi forse anche in queste prime sepolture
trovavamo già delle sculture/statue. In questa tomba abbiamo 2 ambienti distinti:
un’anticamera e una camera deposizionale, che ha una sorta di banchina in cui ci si
siede. L’anticamera cerca di richiamare l’ambiente all’interno della capanna in cui si
svolgono i convivi e le riunioni, quindi richiama la divisione interna delle capanne,
divisione utile alla funzionalità dell’ambiente. Anche in Grecia abbiamo questa divisione
interna, infatti c’è uno spazio centrale per le riunioni e stanze per il riposo.
Il corredo di questo tumulo è esposto a Villa Giulia= ci sono dei vasi di dimensioni molto
diverse, infatti abbiamo vasi monumentali e il loro appoggio, il quale serve ad elevare i
calderoni, poi abbiamo delle grandi anfore con decorazione dipinta per il vino, con i loro
supporti, abbiamo anche dei vasi in bucchero e con l’impasto, definibili coppe, oppure ci
sono brocche, tripodi o gli attingitoi e come possiamo notare tutto ruota attorno al VINO.
Il corredo traduce la capacità del defunto di allestire banchetti e consumare vini pregiati:
alcuni vini provenivano dal mondo greco o dal mondo orientale o ancora da Ischia. Nel
corredo di questa tomba però ci sono anche delle anforette tipicamente etrusche che si
incidono con decorazioni e che contengono del vino locale: questo vino ha una sua
tradizione, infatti questa bevanda è presente già nel IX secolo a-C, poi nell’VIII, grazie
all’influsso del mondo greco, il vino non viene più utilizzato in un ambiente selvaggio ma
urbano. In Etruria c’è la volontà di aprirsi verso nuovi costumi orientali, tenendo però
fede alla tradizione locale. Nel corredo della tomba è presente anche un vaso molto
grande, decorato con archi concentrici e detto Olla e poi ci sono brocche di stili
differenti, infatti abbiamo una brocca dalla forma fenicia realizzata però in bucchero, un
materiale locale. Ancora c’è un’anfora a doppia spirale= tutto il corredo insiste sul
consumo del vino e del cibo.
TOMBA DELLE STATUE DI CERI (territorio di Cerveteri)= è un tumulo piccolo e
angusto, composto da un’anticamera e una camera deposizionale nella quale sono
scavati 2 letti, quindi capiamo che è una tomba che appartiene ad una coppia fondatrice
di un clan. Questa è una delle più antiche tombe che ci ha restituito delle statue in
pietra.
TOMBA REGOLINI GALASSI= E’ formata da un lungo corridoio ed è stata scavata nel
tufo per una parte, mentre il soffitto è costruito con blocchi di tufo disposti in obliquo,
bloccati da una grande trave che sostiene le 2 falde del tetto. C’è quindi la volontà di
richiamare il tetto di un’abitazione domestica: questa tomba viene costruita per la
deposizione di una donna, per questo si è ipotizzato che fosse una principessa. Nella
tomba ci sono state 2 deposizioni: nella parte più interna della casa (in greco è detto
thalamos) ci doveva essere una sorta di catafalco e poi un corredo composto da gioielli,
collane ed orecchine; in questa parte più intima si seppellisce la donna. C’è poi
un’apertura che viene murata fino ad una certa altezza, su cui vengono poi sistemati dei
vasi e questo muro separa la camera deposizionale dall’anticamera. La camera
deposizionale richiama la capanna, l’anticamera invece comprendeva il corredo destinati
alla donna e gli elementi utilizzati per il suo funerale. L’anticamera presentava degli
scudi appesi alle pareti (decorazione), il letto in cui veniva deposta la salma e i veicoli
che venivano utilizzati per trasportare la salma dalla casa alla tomba; c’era anche un
fascio di spiedi. Ai lati della tomba si aprono 2 nicchie e in una è presente un’altra
deposizione, questa volta è un uomo cremato: donna e uomo vengono trattati in
maniera diversa, infatti i resti dell’uomo vengono sistemati in un contenitore, inoltre nella
tomba sono presenti delle piccole statuine piangenti che dovevano rinnovare il lamento
funebre in eterno (questa sepoltura è un esempio di cerimonia funeraria aristocratica).
Questa tomba era sicuramente impegnativa e il tumulo è stato realizzato nella necropoli
del Sorbo, quella più antica e non quella della Banditaccia. Il clan al quale apparteneva
la tomba va quindi controcorrente, utilizza la necropoli del Sorbo, utilizzata nel IX-VIII
secolo: questa scelta voleva richiamare il passato e stringere il legame fra uomini del
presente e antenati. Nella tomba è presente la rappresentazione di una Dea
(probabilmente perché la defunta era una donna) e questo ci mostra che ad alcuni
individui era stato assegnato un destino speciale, in particolare quegli individui che
ricevano funerali costosi probabilmente avranno una vita oltre la morte che assomiglia a
quella degli Dei. Nel mondo romano questa pratica darà origine a dei funerali solenni in
onore degli imperatori.
ORIENTALIZZANTE MEDIO
In questo periodo continuiamo ad avere grandi tumuli, come le tombe della Nave o degli
animali dipinti; c’è ancora la divisione fra tombe scavate nel tufo e tombe costruite, ma ci
sono delle novità, per esempio le tombe hanno 3 vani allineati, che sono divisi da alcune
coppie di pilastri che scandiscono lo spazio. Si accentua il legame con l’architettura
domestica: i soffitti riproducono fedelmente le travi in legno e i cassettoni, inoltre i letti
vengono scolpiti, si riproducono le gambe del letto e la spalliera, inoltre comincia a
diffondersi la PITTURA PARIETALE. Infine le tombe a camera vengono arredate con
oggetti cultuali, come gli altari, le ceste o le mense: questi elementi sono presenti anche
nelle case e servono a scopo cultuale.
La struttura di queste tombe è formata da un lungo corridoio, dalle nicchie e da un
nuovo ambiente, quello circolare, che viene definito “anticamera” e separa il corridoio
dalla camera deposizionale. Costruire un ambiente circolare non è semplice: tale
ambiente richiama la circolarità della capanna e cerca di riprodurne l’interno, inoltre è
proprio in questo ambiente che compaiono le prime pitture parietali.
TUMULO DEL SORBO= Qui la pittura si usa per evidenziare il columen, elemento
lineare del soffitto che assomiglia ad una trave, e in generale per evidenziare
l’architettura interna della tomba.
TOMBA MENGARELLI= Il vano circolare interrompe l’assialità precedente (incrocio fra
ingresso e vano), inoltre i pilastri servono a scandire i vari spazi. Le porte sono arcuate,
però questo è strano perché per i reali le porti dovevano essere quadrate e non arcuate:
questo perché la porta rappresenta il passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti; da
questo momento in poi la tomba arcuata sarà utilizzata per rappresentare l’aldilà anche
nella decorazione dei vasi e vicino a questa porta troviamo due demoni che
accompagnano i defunti nell’aldilà. Il tetto è decorato con un disco piatto, dal quale
scendono molti archetti: questa decorazione, nel suo insieme, riprende le decorazioni
delle capanne. In questa tomba c’è una delle più antiche rappresentazioni: abbiamo
un’imbarcazione con remi e qualcuno ci vede un riferimento al mito, mentre altri
insistono sull’aspetto del commercio marittimo.
TOMBA DEGLI ANIMALI DIPINTI=In questa tomba troviamo delle immagini nel
vestibolo circolare e in prossimità di uno dei letti, quello maschile, cioè il titolare della
sepoltura. Gli animali sono un ariete, un uomo e un animale, due leoni, un ccerco e un
uomo con l’arco: gli animali in questione non sono i guardiani della tomba, ma
rappresentano il mondo dei morti, un mondo altro nel quale finiscono i defunti; si
preferiscono le immagini cruente come gli agguati e la caccia naturale (felini che
attaccano i cerbiatti) in cui si sparge sangue: il sangue richiama il sacrificio, il quale
dovrebbe favorire il distacco dei morti dai vivi e il suo viaggio verso l’aldilà. Gli animali
hanno caratteristiche siriane e fenice e queste immagini vengono riprese sui vasi, come
quelli fenicio-cipriota, inoltre decorano la spalliera del letto maschile ritrovato in questa
tomba. La caccia e gli animali rappresentano la forza e i valori eroici che vengono
attribuiti ai defunti.
TOMBA DEI LEONI DIPINTI= Qui i tetti sono decorati e scolpiti in modo da ricordare le
stanze della casa, inoltre troviamo i letti devozionali scolpiti, i cesti dipinti, che
dovrebbero rappresentare lo statuto del signore aristocratico qui sepolto. Prima il detto
ricordava quello delle capanne, ora si è trasformato in un motivo quasi solo geometrico,
che però al centro ha sempre il disco: stiamo andando verso un’architettura che
cambierà nuovamente. In questa tomba abbiamo un dipinto che raffigura un uomo in
mezzo a dei felini: forse è un’allusione alla lotta dell’uomo contro la morte, ma in ogni
caso il leone rappresenta il coraggio e la forza, delle caratteristiche che possono quasi
sconfiggere la morte. Qui ritroviamo anche dei vasi e delle ceste.
TOMBA DELLE 5 SEDIE= In questa tomba vengono rappresentati degli aristocratici
intenti in un’azione specifica. Troviamo un lungo corridoio, una camera devozionale e
una banchina per lasciare il corredo; a sinistra del corridoio c’è una camera che non
viene utilizzata per seppellire i defunti. In questa tomba si riproduce una sala da
banchetto e si inscena la partecipazione di 5 aristocratici a questo banchetto.
L’ambiente del banchetto si trova al di sotto del piano di calpestio della tomba: quando
entriamo vediamo una parete in cui sono scolpiti 5 piccoli troni con poggiapiedi; quando
la tomba venne scoperta, furono ritrovati dei frammenti di statuette dipinte in terracotta,
sedute sui troni (la tomba era già stata saccheggiata). Le statuette avevano una mano
portata avanti, un mantello, una mano sotto il mantello e un affibbiaglio a pettine che
tiene uniti i lembi del mantello: questo affibbiaglio risale alla prima metà del VII secolo,
ma questa tomba risale all’ultima metà del VII (630). Abbiamo anche dei troni con
spalliera ricurva, i quali devono rappresentare la coppia maritale sepolta nel tumulo: non
ci sono delle statuette della coppia, essa viene richiamata solo dai troni. Le statuine
stanno accogliendo i defunti riposti nella camera deposizionale, ecco perché avevano le
mani in quel modo: i defunti entrano in un banchetto di avi che li stanno accogliendo. Chi
ha costruito questa tomba ha voluto rappresentare l’ingresso dei defunti nel mondo degli
antenati: qui i morti si ricongiungono agli avi, come succede in Omero e tutti si
comportano come degli Dei. Qui è di nuovo presente il concetto di un destino diverso e
particolare: in questi tumuli si svolgevano delle cerimonie in onore dei defunti e con le
cerimonie si sanciva lo statuto SPECIALE di questi individui, i quali hanno un destino di
salvezza ultraterrena. Le sculture di questa tomba sono in terracotta, la quale si diffonde
in etruria più che quelle in pietra: le statuette rappresentano donne e uomini e tutte
fanno il gesto di accoglienza con la mano aperta; esse presentano orecchini e hanno
un’acconciatura. Le statuette sono state vestite in una maniera che nel VII secolo era
già “passata di moda”: le statuette quindi sembrano appartenere ad un mondo ormai
passato, cioè non sono altro che gli antenati, che hanno degli oggetti che non vengono
più utilizzati.
LEZIONE 7
TOMBA DI SANGIULIANO= Siamo nel VII secolo e qui è presente una pittura utilizzata
per rimarcare gli aspetti architettonici della camera tombale; ci sono degli elementi
figurativi che rappresentano due animali alzati e vicini ad una piccola palmetta. Le
pitture sono molto rovinate, perché la pittura veniva applicata direttamente sulla pietra:
le pitture sono presenti quasi solo sugli elementi architettonici e ciò sottolinea che il
focus visivo deve andare su questa architettura.
ORIENTALIZZANTE RECENTE
Cambia la configurazione della camera, infatti ora abbiamo un vestibolo in cui sono
presenti 3 porte che danno accesso a 3 camere distinte, quindi l’asse diventa
trasversale, prima era longitudinale. In queste tombe sono presenti degli arredi di
carattere simbolico e religioso. Un esempio di questo periodo è la Tomba degli Scudi e
delle Sedie. In questa tomba entriamo in un corridoio ipogeo e arriviamo in una sorta di
vestibolo: questo non è uno spazio deposizionale ma di rappresentanza, in cui ci sono
oggetti di arredo, oppure oggetti riprodotti fedelmente che svolgevano una funzione di
rappresentanza. Il nome più corretto per questo spazio è “atrio”: l’atrio è stato inventato
dagli etruschi ed è un luogo in cui vengono esibiti i trofei di guerra (le armi) o gli oggetti
che ci dicono qualcosa sullo status simbol della famiglia. E’ quindi un posto in cui il
proprietario dell’abitazione (il pater familias) intrattiene rapporti con l’esterno: parla con i
visitatori, accoglie i suoi amici e interagisce con loro, rafforzando anche i rapporti.
Nel vestibolo tombale sono presenti troni e scudi, che riproducono gli oggetti realmente
appesi nelle case aristocratiche: il nucleo delle tombe diventerà poi il nucleo fondante
dei palazzi principeschi; il modo di abitare etrusco enfatizza uno spazio intermedio fra
ambienti domestici ed esterno e nell’architettura reale è un portico, aperto o chiuso.
Nelle tombe il vestibolo era percepito come lo specchio di un atrio, inoltre sono presenti
elementi cultuali, come gli altari, presenti sempre in questa tomba degli Scudi e delle
Sedie: si fa riferimento ai riti riguardanti la libagione e sono presenti anche dei letti veri,
che richiamano l’ambiente domestico.
Nelle tombe la porta esterna è architravata mentre quella interna è arcuata, proprio per
sottolineare l’entrata in un mondo altro: vengono create anche le false porte, che
indicano che c’è qualcosa dietro ma non può essere visualizzato.
Nelle tombe poi ci sono anche degli arredi, detti “apprestamenti cultuali”: un esempio
sono gli oggetti ricavati scolpendo il tufo, come una sorta di sedia che vediamo attaccata
alla parete della tomba. Oppure abbiamo un esempio di altare che deriva dal mondo
greco: esso ha una struttura lignea e su di esso andavano i vasi liturgici per i rituali.
Questo altare particolare è stato collegato al culto dei Dioscuri, entità che risalgono dopo
la morte e che diventano demoni che assistono i defunti nel loro viaggio nell’aldilà: nelle
tombe quindi c’erano degli oggetti utilizzanti nei riti per favorire il distacco dell’anima del
morto dal mondo terreno; i Dioscuri però rappresentano anche una certa classe sociale,
quella aristocratica-equestre. Un oggetto molto simile all’altare appena descritto è stato
recuperato dalla tomba Regolini-Galassi e poi è stato restaurato ma in maniera errata: lo
si è fatto assomigliare ad un trono e non ad un altare (altare per riti= dokanon).
Tutte queste tombe appena elencate sono di CERVETERI, ora ci sposteremo a VEIO.
TOMBE DI VEIO
In queste tombe è presente la pittura parietale: a Cerveteri si cerca di riprodurre
l’ambiente domestico, mentre a Veio la corrente artistica è diversa, quindi l’Etruria non è
un monolite, presenta esperienze artistiche diverse.
TOMBA DEI LEONI RUGGENTI
In questa tomba troviamo un apparato pittorico che non si concentra solo
sull’esaltazione dell’architettura, ma ha anche immagini proprie: le pitture sono molto
rovinate e il soffitto sembra quasi crollato. E’ presente una stanza con una nicchia, nella
quale ci sono i resti del defunto: in questa stanza abbiamo una fascia colorata al pari
della parte finale del muro e una volta era presente un soffitto rosso; fra questi due colori
c’è una scena composta da leoni con fauci aperte e poi degli uccelli acquatici (forse
papere). In questa immagine c’è stata l’esigenza di dividere lo spazio: il muro è diviso
dal pavimento dalla fascia blu (nella tomba delle papere c’è sempre una scena pittorica
delimitata da fasce di colori). La divisione dello spazio è tipica della pittura parietale
etrusca e questa pittura diventerà ancora più evidente nel VI secolo a Tarquinia: adesso
invece siamo all’inizio del VII secolo e lo spazio si sta trasformando, sta diventando
qualcosa di simbolico. Le papere erano tipiche dell’Italia, mentre i leoni venivano dal
mondo orientale.
In questa stanza decorata è presente il messaggio che il defunto, il proprietario della
tomba, voleva dare: gli uccelli acquatici sono dei simboli che ritroviamo quasi sempre sui
vasi, quindi sulla pittura vascolare; gli uccelli in questione sono legati al tempo e alla sua
ciclicità, perché quando arrivano annunciano l’arrivo della primavera e quando se ne
vanno l’arrivo dell’inverno; questi uccelli in genere vengono disposte da est verso ovest
(questa direzione non è casuale) e questo è un auspicio favorevole, cioè questi uccelli
sono delle guide nel mondo dei morti. Questi uccelli acquatici sono connessi al culto del
sole e mettono in collegamento l’acqua, la terra e il cielo.
Nella tomba dei leoni ruggenti i leone sono posti in un verso, gli uccelli acquatici
nell’altro: i felini sono simbolo di forza e di coraggio, sono animali feroci che
rappresentano la morte e l’aldilà, per questo sono posizionati nelle porte delle tombe, al
confine fra mondo dei vivi e dei morti; gli uccelli acquatici invece rappresentano un
viaggio verso un’altra dimensione. Nel corredo della tomba dei leoni abbiamo degli
spiedi e dei vasi, come un’olla, con un disegno di leone con la bocca spalancata e degli
uccelli: gli artigiani che realizzavano i vasi, pitturavano anche le pareti delle tombe.
TOMBA DELLE ANATRE
E’ composta da un’unica camera, con un letto: quando si entra nella tomba il nostro
sguardo è attirato dallo sfondo; nella parete c’è poi un incavo, sopra al letto e questo ci
fa capire che il letto rientra nella pittura parietale, la quale presenta uno spazio giallo con
le paperelle e uno spazio arancione in cui è inserito il letto. I colori differenti richiamano
la dimensione ultraterrena in cui si trova il morto (letto) e la dimensione celeste in cui si
trovano gli uccelli acquatici. Il letto viene inserito nel livello ultraterreno e questa idea è
presente anche nelle tombe di Tarquinia: il defunto viene inserito in una dimensione
altra e quindi lo spazio non rispecchia più quello della casa, ma è uno spazio simbolico,
connotato da vari livelli, come quella celeste e ultraterrena. Nel corredo della tomba
delle anatre ha le stesse immagini parietali ritrovate nella tomba, infatti ci sono degli
uccelli acquatici, anche nell’anforetta a doppia spirale: questo succedeva anche nel
corredo della tomba dei leoni ruggenti (leoni nei vasi= leoni nelle pareti della tomba).
Le papere sono legate al culto del sole, infatti sono presenti sui carri, legati al Dio.solo o
negli scudi a raggiera, in cui c’è un cerchio giallo al centro e delle figure di animali
acquatici ai lati.
LE FONTI=Le fonti scritte riguardo a questo periodo ci descrivono l’arte degli Etruschi:
Plinio ci dice che l’origine della pittura è la pictura linearis o la “skiagraphia”, cioè l’arte di
riprodurre un’immagine ricalcando la sua ombra; Kleanthes e Saurias erano 2 greci che
per primi utilizzarono la pictura linearis. La tecnica successiva di pittura è la grafikè, cioè
il riempire l’immagine disegnando dettagli e dando origine a figure compiute: la matrice
di questa nuova tecnica è sempre greca. Anche in Etruria all’inizio si eseguivano linee di
contorno e poi le si coloravano: all’inizio con la skiagraphia si proiettano i contorni
dell’immagine, poi con la grafiké si riempie l’immagine di dettagli.
TOMBA CAMPANA
Siamo nel VII secolo, negli ultimi decenni: essa presenta una porta arcuata, con dei
leoni al centro: nella prima camera (anticamera) abbiamo una parete completamente
rivestita di pittura, mentre la camera più interna presenta poca pittura, in particolare
vengono rappresentati degli scudi sulla parete in fondo. La prima parete è pitturata con
colori vivaci, come il giallo e l’arancione: non è una decorazione ma è un motivo che
recupera la tradizione della fase villanoviava; questo motivo era utilizzato per pitturare
gli ossari. La parete presenta dei denti di lupo e forse essi indicano la terra, la
separazione fra due dimensioni; la pittura presenta varie fasce, infatti ritroviamo dei
riquadri con il bestiario orientalizzante, come gli animali esotici. Nelle fasce superiori
abbiamo un cavallo con un giovinetto e poi c’è un personaggio in un atteggiamento di
movimento, infatti il suo braccio va oltre la cornice: il personaggio tiene sulle spalle
un’ascia bipenne, il simbolo del potere. Sotto il cavallo c’è un cane e questa scena
rappresenta la caccia, uno sport appartenente all’aristocrazia, però c’è un elemento che
stona, infatti è presente una piccola pantera. Nella fascia sottostante del dipinto sembra
raffigurare una dimensione “altra” alla quale appartengono gli animali, infatti ritroviamo
anche una sfinge, un animale fantastico: la parte sotto è una sorta di selva che ospita
animali feroci e selvaggi; forse questa dimensione “altra” è il mondo della morte. La
fascia superiore invece rappresenta una dimensione terrena, in cui c’è un individuo
capace di svolgere attività quali la caccia: la pantera però ha fatto ipotizzare che la parte
superiore si stesse svolgendo un VIAGGIO VERSO L’ALDILA’, richiamato proprio dalla
pantera, che esula da una normale scena di caccia. Forse questa visione era presenta
anche nella tomba dei leoni e delle papere: gli animali rappresentavano la separazione
fra 2 mondi il viaggio verso l’aldilà. In questa tomba si sente l’esigenza di sottolineare un
destino speciale (salvezza ultraterrena) che si raggiunge attraverso le proprie imprese,
come la caccia; questo paradigma deriva dagli eroi greci, i quali venivano divinizzati
proprio a causa delle loro azioni.
In questa tomba Campana quindi si rappresenta un viaggio ultraterreno verso l’aldilà
che solo pochi riescono a compiere: l’immagine del giovinetto però non è biografica,
perché bisogna ricordare che queste sono tombe di famiglia e quindi il giovinetto non
rappresenta una delle salme, è solo una figura a se stante.
TARQUINIA
In questo territorio, nella Necropoli di Monterozzi troviamo il tumulo del Re e della
Regina, che circoscrivono un confine: stabiliscono l’ingresso nella città di Tarquinia.
Questi tumuli sono semi-costruiti, cioè sono un insieme di pareti scavati e di blocchi che
vanno a costituire il tetto; qui non ci sono tantissimi tumuli monumentali come a
Cerveteri, però hanno una caratteristica ricorrente: la porta di accesso alla camera è
sempre affacciata su un piazzale, nel quale sono presenti delle gradinate.
TUMULO DELLA REGINA=Esso presenta uno spazio aperto frontale sul quale si
affaccia la tomba, spazio che presenta una gradinata: questa struttura consente ai
presenti di osservare le cerimonie; questo spazio era coperto da tendoni. Un’altra
caratteristica è che le tombe sono scavate fino ad un certo livello e poi costruite, inoltre
sono rivestite di gesso alabastrino e sono dipinte con il nero e il rosso, pitture che
ricalcano gli elementi architettonici (forse erano presenti anche figure di animali).
TOMBA DELLE PANTERE
Ha una camera unica e nella parete in fondo sono presenti delle pantere, che catturano
subito il nostro sguardo e ci portano dentro al dipinto perché una delle due ci guarda, ha
gli occhi rivolti verso il visitatore; anche la gorgone ci guarda. Le pantere hanno delle ali
che si riferiscono al mondo celeste: queste pantere si rifanno alle linee e allo stile
corinzio. I due felini poggiano su una maschera da Gorgone: la gorgone deriva dal
mondo greco e rimanda al rapimento e alla metamorfosi (se la guardi negli occhi ti
trasformi in pietra). La Gorgone è sempre rappresentata frontalmente, come Dioniso: la
frontalità però indica l’alterità, cioè la gorgone non appartiene al mondo terreno o agli
uomini. Gli occhi del visitatore sono portati a guardare questa parete a causa della luce,
inoltre esse si trovano nel triangolo frontonale, luogo in cui poi si svolgeranno le
cerimonie per i defunti. Le pantere e la Gorgone rappresentano la metamorfosi che il
morto subisce: questa era la sorte che i principi etruschi ritengono di avere; la parete
con le pantere rappresentano il limite che il morto deve superare per iniziare il suo
viaggio nell’aldilà. Nella tomba della regina era presente il gesso alabastrino, che arriva
in Etruria grazie agli scambi commerciali con l’oriente e con la Grecia, inoltre lo spazio
del piazzale è presente anche nella tomba di Salamina di Cipro: c’è quindi un legame fra
occidente e oriente.
LEZIONE 8
Vulci= è un centro con grandi tumuli monumentali e questi tumuli definiscono lo spazio
della città, lo limitano e lo circoscrivono. A Cerveteri c’erano molti più tumuli che a Vulci,
infatti nel primo ce n’erano centinaia, qui ce ne sono forse una decina: i nomi sono
parlanti, infatti abbiamo “Cuccumella” che ricorda un cumulo di terra.
TUMULO DI CUCCUMELLA
Questo tumulo, nelle ricostruzioni, veniva immaginato con degli elementi turriti che non
ricompaiono in altri casi: queste torri non sono inventate, ci sono dei basamenti sulle
calotte che hanno la forma di una torre, forse però sono solo i basamenti degli altari.
Questo tumulo ha una vicenda di scavo sfortunata: lo scavo inizia nel 1829 (inizio scavi
in Etruria), poi ritorna ad essere indagato ma la vegetazione lo ricopre quasi del tutto e
poi viene scavato nuovamente. All’inizio il tumulo doveva ospitare una tomba,
denominata B, che è quella più antica: lo capiamo perché è compresa nel tamburo del
tumulo, è collocata sull’asse centrale ed è in linea con i basamenti degli altari. Ci sono 2
camere precedute da un vestibolo quadrato e vicino ad esso abbiamo delle scalinate: in
questo centro si combina la struttura a Croce di Cerveteri e la tradizione di Tarquinia del
piazzale (in questo spazio i partecipanti del rituale funebre potevano assistere alla
cerimonia) in questo piazzale si potevano osservare spettacoli di varia natura. Abbiamo
poi la tomba A, che ha dei vani per la sepoltura più ampi e qui vicino possiamo vedere i
basamenti per le torri/altari; in questa tomba ci sono anche delle buche che ci fanno
intuire la presenza di pilastri che sostengono una copertura a pseudo-volta. Possiamo
immaginare che si potesse salire sul tumulo per svolgere attività cultuali, ma non
abbiamo rampe per accedere al livello superiore.
TUMULO CUCCUMELLETTA= anche qui abbiamo una camera principale, un lungo
dromos, l’apertura ai lati di piccoli vani e all’esterno una piattaforma che probabilmente
fungeva da altare. A Vulci si combinano tradizioni differenti e la parte più importante è
l’elemento cultuale e la statuaria in pietra: ciò che caratterizza questo centro sono le
statue di sfingi e leoni lungo i corridoi-dromoi, attorno al tamburo o in cima alla calotta.
Le statue rappresentano l’alterità, la dimensione liminale che è propria della tomba: la
tomba distingue in mondo dei vivi da quello dei morti e a Vulci questo è espresso dalle
statue che stanno vicino alle porte o lungo i corridoi.
ETRURIA SETTENTRIONALE= Anche qui abbiamo dei tumuli ma il terreno non è
roccioso, non può essere scavato in maniera monumentale, per questo i tumuli vengono
costruiti con pietre locali . Si parte da una calotta di terreno che viene poi contenuta e
bloccata con una cinta di blocchi collegati fra loro, oppure viene costruito attorno un vero
e proprio tamburo. Attorno al tumulo vediamo un marciapiede lastricato, che serviva per
i rituali attorno alla tomba senza interrompere il camminamento (la deambulazione). In
Etruria meridionale si realizzano le modanature, realizzate probabilmente dagli artigiani
orientali che insegnano agli etruschi a lavorare la pietra; in Etruria settentrionale invece
abbiamo le cornici, che si trovano in cima al tamburo e che richiamano le modanature.
Le tombe settentrionali sono singole, perché essendo costruite non possono essere
riaperte per le future sepolture: la tomba è al centro e ha una sola camera; a volte
abbiamo due camere di dimensioni ridotte, disposte alla stessa maniera e questo perché
poi era difficile ricoprire le camere con cupole o volte, dato che la pianta era
rettangolare, mentre i muri di pietre erano messi in modo che salendo, creassero un
ambiente circolare. La tecnica era efficace ma la copertura in terreno di queste cupole
non consentiva di salire sui tumuli= questa è la vera differenza, cioè lo spazio della
calotta NON è utilizzabile. Anche qui si richiama l’architettura domestica, soprattutto nei
letti che dovevano ospitare i defunti; si creano anche porte architravate (e non arcuate)
formate da grandi macigni lavorati e poi ci sono strutture con un pilastro centrale per
sostenere le pseudo-cupole descritte prima. Queste cupole quindi mostrano l’esigenza
contro ogni ostacolo sismico (non si poteva scavare ma solo costruire), di realizzare una
tomba monumentale che svetta: anche qui abbiamo tombe di famiglia ma sono uniche e
hanno un lungo corridoio-dromos, la camera del defunto, i vani laterali e tutto ciò ci
ricorda l’etruria meridionale.
VETULONIA=Qui si sviluppano delle tombe a circolo, formate da lastre fissate nel
terreno che sorreggono la cupola di terra: esse cercavano di richiamare le tombe
etrusche meridionali, ma non c’erano le tombe a camera, ma delle fosse che ospitavano
sia inumazioni sia cremazioni. Queste tombe a fossa possono prevedere anche parti del
corredo: il corredo era molto ricco e veniva contenuto in fosse vicine a quelle utilizzate
per la sepoltura. C’erano oggetti da banchetto, oggetti di oreficeria (c’era una bottega
che lavorava per i principi), gioielli, oggetti che indicavano la rappresentanza pubblica,
come i carri e le bardature per cavalli. Si voleva quindi esibire il proprio status sociale.
A Vetulonia sono stati ritrovati dei cippi conici colossali e si pensava che si trovassero
sulla sommità delle calotte: questi cippi sembrano riprodurre lo stesso tumulo, ma a
volte è stato ritrovato capovolto, come se si trattasse di una piattaforma utilizzata
durante i riti.
CORTONA= Qui i tumuli vengono chiamati “meloni” e sono tombe monumentali con una
struttura simile a quella di Vetulonia; quello che analizziamo presenta un basamento o
altare che è annesso al tamburo e che è nato assieme a quest’ultimo. E’ stato ritrovato
nel 2000 e ha un livello di tecnica e di impegno decorativo notevole, perché non
presenta solo le palmette in stile orientale, ma anche l’immagine di una belva che ha
agguantato un uomo (questo motivo era diffuso nell’arte egizia, modello allogeno calato
in un contesto etrusco). Questo altare era una delle parti in cui si svolgeva il rituale
funebre: c’erano i sacerdoti che compivano il rituale e i partecipanti, che dal basso,
guardavano la cerimonia. Nella calotta si ipotizza ci fosse un piccolo edificio per il culto e
questa ipotesi è stata fatta perché sono state ritrovate delle terrecotte architettoniche per
decorare i tetti: queste terrecotte avevano senso solo se ci fosse stato davvero un tetto
di un piccolo edificio sacrale. Le scalinate e gli altari sono tutti diretti a sud, come in tutti
gli altri tumuli.
RIASSUNTO CARATTERISTICHE TUMULO= Il tumulo protegge la tomba e il defunto,
lo rende visibile, ma le camere interne sono poco accessibili e vengono anche occultate;
il tumulo rende la tomba molto visibile anche a chilometri di distanza. Il tumulo inoltre è
una delimitazione: delimita lo spazio dei morti che viene consacrato e distinto dallo
spazio dei vivi; è anche una delimitazione esterna perché i tumuli definiscono i confini
delle città in termini di controllo e dominio, inoltre definiscono anche lo spazio delle
campagne. Infine il tumulo è il luogo in cui avviene il culto degli antenati.
LA STATUARIA IN ETRURIA
I primi tumuli di Cerveteri avevano già delle statue che però non si sono conservate.
Varrone attribuiva agli Etruschi il primato nel costruire statue di marmo, infatti in questo
territorio c’erano molte risorse naturali, fra cui il marmo delle alpi apuane, lavorato fin dal
VI secolo a.C. (sono i primi a lavorarlo in Italia). Gli etruschi poi si fanno mediatori di
questa arte e la veicolano verso gli altri popoli. La statuaria veicolava dei significati che
consentivano di trasmetterla: c’era un passaggio, un trasferimento di contenuti da un
popolo all’altro. Gli esempi più antichi sono a Cerveteri: questa città era il centro etrusco
più vivace, capace di effettuare scambi commerciali ed elaborare novità. La statuaria
non nasce come elemento decorativo ma è sempre collegata alle tombe, infatti le statue
raffigurano quasi sempre gli antenati e non il defunto stesso. La statuaria probabilmente
è un’arte allotria, cioè portata a Cerveteri da artisti stranieri e generalmente le statue si
trovano nel vestibolo, come abbiamo visto in diverse tombe: questo spazio (vestibolo)
serviva all’autorappresentazione (è una tradizione italica). Infine la pietra è lavorata dagli
etruschi, ma dal VII secolo si diffonde l’argilla, la terracotta, materiale più facile da
lavorare (si potevano creare più dettagli) e questa arte di lavorare l’argilla era detta
coroplastica (nelle fonti latine si ricordano gli etruschi come i maggiori lavoratori di
argilla). Nelle prime sculture come le URNE A CAPANNA ci sono delle piccole figure
umane sul tetto e spesso hanno anche dei copricapi; le figure umane sono state
ritrovate anche nelle anse dei vasi e negli ossari: quindi nella tradizione etrusca del IX-
VIII secolo abbiamo delle figure umane (schematizzate) sedute o che si tengono le mani
e poi arriviamo ad un ossuario con una scenetta sul coperchio. Questa scenetta è un
banchetto, composto da una coppia, uomo e donna, davanti ad un tavolo imbandito con
due crateri contenenti vino; sull’ansa dell’ossuario abbiamo un uomo con una mano in
avanti e una sulle ginocchia. Le figure umane sui vasi o ossuario si trovano soprattutto
nell’area di Chiusi: qui in un ossuario troviamo un personaggio centrale alto, circondato
da piccoli uomini e teste di grifoni. Nel IX-VIII secolo, in Etruria, si diffonde una
tradizione statuaria fatta di uomini collocati nelle sommità degli ossuari, dei tetti, delle
urne e si ipotizza che queste figure umane possano indicare individui o membri della
famiglia che hanno raggiunto la dimensione di antenati. Queste immagini quindi hanno
una valenza funeraria, perché si trovano quasi solamente su oggetti che contengono i
resti dei defunti. Nel VII secolo, in alcune sepolture troviamo delle sculture in pietra:
l’Etruria quindi esaltava già i defunti e gli antenati, e l'elemento esterno si va ad
innestare in questa tradizione, rendendola più matura.
TOMBA DELLE STATUE DI CERI=E’ una tomba con una camera e un vestibolo: proprio
in quest’ultimo abbiamo statue di dignitati antichi, con abiti e barbe, figure che si trovano
anche nel territorio siriaco, però a tutto tondo. A Cerveteri ritroviamo di nuovo queste
statue di uomini-dignitari collocati nel vestibolo= sono posizionati nelle tombe e quindi
non sono defunti ma antenati.
CASALE MARITTIMO= Qui sono state ritrovate due statue di uomini che probabilmente
si trovavano sulla sommità di una tomba, abbastanza piccola con una sorta si scalinata
e un solo ambiente. Nella tomba è presente un corredo molto prezioso: tavolini,
affibbiagli, vasi, spade e asce. I giovani collocati sulla sommità sono due maschi: una
delle due statue ha una lunga treccia sulla schiena, acconciatura tipica degli uomini;
entrambe le statue si portano le mani al petto per indicare il lamento funebre (dignitas e
ploratio); le statue quindi partecipavano alla cerimonia funebre attraverso la loro
disperazione e il loro lamento. Ci sono degli esempi simili a Vetulonia: anche qui la
statua ha i capelli lunghi e le mani al petto, inoltre ha un cinturone che la stringe in vita.
Ci sono varie ipotesi per queste statue e quella più seguita è che le statue erano
accanto ai letti dei defunti, così che il lamento funebre accompagnasse perennemente il
morto. Queste statue sarebbero degli antenati che entrano nella tomba, accolgono il
defunto e lo piangono. Statue del genere non sono state ritrovate solo in Etruria, ma
anche in Sardegna: qui è stata trovata una necropoli di cronologia incerta con statue
molto grandi che dovevano narrare una storia al popolo, quella della loro memoria e
della loro tradizione. Quindi nel tirreno sono state ritrovate delle statue che assomigliano
in tutto e per tutto alle statue etrusche.
A Chiusi abbiamo altre statue che tengono in mano l’insegna aristocratica e statue di
queste tipo sono state ritrovate anche a Bologna, per poi passare a Gazzo Veronese,
luogo che non fa più parte dell’etruria ma che è abitato da quei popoli ai quali gli etruschi
hanno passato le loro abilità tecniche di lavorare l’argilla.
Nel V secolo, quindi siamo in una fase successiva a quella che stiamo analizzando (VII
secolo), sono state ritrovate delle statue celtiche che però hanno le stesse pose di
quelle etrusche, come la mano sul petto, in avanti: il modello iconografico etrusco era
stato trasmesso a nord ma anche nell’area medio-adriatica (il modello era arrivato in
Etruria dall’oriente, poi dagli etruschi si è spostato nelle zone circostanti). Il modello
funziona e viene trasmesso perché viene raffigurato un uomo potente, che può avere
tanti significati: in Etruria questi uomini sono gli antenati, mentre altrove sono figure di
DEFUNTI e di Re (il modello e il gesto funzionano e viene trasmesso per questo).
A Bologna si diffondono le statue in pietra tipiche dell’orientalizzante e sono
monumentali ed imponenti: esse restituiscono l’immagine di un uomo su carro, con
cavalli e uomini che tengono le redini. Anche in questo caso si pensa che le statue
contengono l’aspetto celebrativo e l’aspetto simbolico (viaggio verso l’aldilà).
L’etruria conosce la scultura in pietra, argilla, gesso alabastrino, statue in materiali
differenti e tutte queste statue si portano le mani al petto: il gesto doveva essere
immediatamente comprensibile, e veniva da quello delle statue delle tombe.
LEZIONE 9
A questo punto torniamo al corredo presente nelle tombe: il corredo è molto difficili da
studiare sia perché c’è stata dispersione del materiale trovato nelle tombe e vendita
degli oggetti sul mercato dell’antiquariato. Gli archeologi devono riuscire a ricomporre il
corredo delle tombe, fatto però da oggetti che si sono dispersi in tutto il mondo: si
devono ripercorrere le relazioni fra i protagonisti degli scavi e gli scambi effettuati.
In secondo luogo si deve capire quando un oggetto è stato prodotto, dove è stato
costruito: questo lavoro è difficile ma c’è una grande base documentaria che ci può
aiutare in questo; ciò che è veramente difficili è ricostruire i gesti relativi agli oggetti.
Ogni oggetto del corredo ha un suo posto nella tomba e ha una relazione con gli altri
oggetti e con il morto= ricostruzione dei gesti significa cercare di ricostruire tutto ciò che
non lascia traccia, come i rituali (che possono essere ricostruiti con le immagini), gli
spettacoli, le performance e per comodità spesso si fa riferimento all’immaginario delle
tombe dipinte successive. E’ qui che abbiamo delle forti lacune conoscitive: gli oggetti
hanno un valore intrinseco, come quello economico, ma anche un altro tipo di valore,
legato alla cultura e alla società e anche al corredo in cui sono inseriti. Si cercano quindi
di decodificare i codici che sottostanno agli oggetti e si cerca di metterli in relazioni con
altre situazioni. Ogni oggetto va letto in base alla tomba in cui si trova e alla città in cui è
collocato.
TRA FASE VILLANOVIANA E ORIENTALIZZANTE
In questo periodo si colloca la Tomba dell’eroe di Tarquinia: qui c’erano oggetti che
derivavano da una rete di scambi nel Mediterraneo.
Adesso però siamo a Veio, nella Tomba 1036 con corredo esposto a Villa Giulia: il
corredo risale al 750-730 a.C ed è stato disposto in una vetrina, in modo da ricostruire la
posizione originale del corredo. Al centro abbiamo 2 scudi bilobati, ottenuti dall’unione di
due dischi, una tipologia di scudi che conosciamo bene perché è presente nelle
decorazioni dei vasi greci, oppure perché è citato nelle fonti latine. In queste fonti si dice
che lo scudo bilobato appartiene ai Salii, dei sacerdoti, ed era stato donato loro da un
Re. Morius, all’epoca di Numa (Re romano): in quest’epoca lo scudo era stato donato
dagli Dei al Re Morius; ottenne uno scudo e lo moltiplicò dodici volte. Gli scudi poi
vennero donati ai Salii, sacerdoti-guerrieri che partecipano alle cerimonie di apertura e
chiusura dell’anno militare. Durante le cerimonie si percuotevano gli scudi con le mazze,
provocando grande fragore e poi c’erano delle danze armate, che si svolgevano sul
ritmo di queste percussioni: queste cerimonie appartengono alla religione arcaica
romana, all’epoca di Numa, il quale istituisce le varie classi sacerdotali, tra cui i Salii,
una classe sacerdotale aristocratica. Le cerimonie a cui partecipavano i Salii erano
proprio cerimonie di iniziazione per i nuovi giovani aristocratici.
Morius era il Re di Veio ed è in questa città che sono stati trovati gli scudi bilobati.
Nel corredo della tomba di Veio è stata trovata anche una mazza che serviva per
percuotere gli scudi: forse questa era proprio la tomba di Morius ma non possiamo
saperlo; in generale poteva essere un corredo di uno dei Salii, una persona importante
dal punto di vista sociale. Nel corredo abbiamo anche uno scettro con una parte in oro: il
bastone è in bronzo e indica che il defunto era una persona importante, che
apparteneva alla sfera regale, ipotesi sostenuta anche dalla presenza di una spada, di
un elmo e di un’ascia. Siamo quindi davanti alla tomba di un sacerdote-guerriero, ma
nella tomba ci sono anche oggetti personali, come i gioielli; invece il resto del corredo
appartiene alla sfera del banchetto, come il tripode, un contenitore di vino con i manici,
che sottolinea il fatto che il defunto partecipasse ai banchetti o li organizzasse. Poi
abbiamo degli enormi contenitori e dei morsi di cavallo, e indicano che il defunto
possedeva anche un carro con i cavalli. Abbiamo varie sfere di significato= quella
religiosa, guerriera, simposiale, quella equestre e quella della cura personale.
CINERARIO DI BISENZIO (725-700 a.C.)
Questo oggetto è un ossuario trovato in una tomba di Bisenzio e raffigura una scena in
cui al centro si trova un essere indefinito, che ha il muso di una scimmia o di un canide,
e che è incatenato al collo (l’animale è prigioniero). Attorno a lui abbiamo degli uomini:
alcuni hanno un copricapo, forse un elmo, altri invece, nella parte inferiore hanno le
mani alzate (forse perché impugnavano un’ascia), altri ancora hanno lo scudo in mano,
Uno degli uomini accompagna un bovide e un altro ha nelle mani uno scudo e una
mazza per percuoterlo: forse ci troviamo davanti ai Salii che percuotevano i loro scudi
con la mazza, durante una danza armata. Questa interpretazione è stata data
richiamandosi alla tomba di Veio appena analizzata. In questo Cinerario abbiamo anche
un sacrificio in atto, dato che uno degli uomini trasporta un bovide, mentre l’animale al
centro, quello non identificato, forse rappresenta un mondo selvaggio, un mondo altro
rispetto a quello civilizzato: magari rappresenta il mondo dei morti, e dato che è stato
incatenato, questo gesto può star a significare che gli uomini hanno domato la morte.
VEIO, TOMBE DI CASALE DEL FOSSO
Abbiamo una tomba maschile e una femminile e si trovano in un’area della necropoli
che non presenta altre sepolture: attorno a loro c’è uno spazio vuoto che verrà
mantenuto nel tempo. Non siamo davanti ai tumuli o alle tombe a camera, ma a due
fosse, con all’interno dei blocchi di pietra che fungono da muretto di separazione, sul
quale sono disposti gli oggetti del corredo: anche qui è presente la dimensione
simbolica; in tutte le tombe non ci troviamo davanti ad uno spazio concreto e reale ma
ad uno simbolico.
Il corredo di queste tombe è composto da tanti oggetti, alcuni di essi grandi e composti
da materiali preziosi, come oro e bronzo: il corredo, di qui in avanti, sarà composto da
oggetti di qualità in grande quantità. In questo corredo abbiamo uno scudo villanoviano,
un elmo monumentale, composto da un’alta cresta, poi abbiamo una spada con la sua
elsa, uno scettro decorato con delle lamelle d’oro, un oggetto fatto da due cilindri e una
lamina bronzea, che è un poggiapiedi, oggetto che richiama immediatamente il trono (il
poggiapiedi deriva dal Mediterraneo orientale e poi arriva in Etruria e comincia ad
essere uno status symbol, un qualcosa che fa pensare subito al trono e alla regalità). Lo
statuto sociale e politico dei defunti è sottolineato dallo scettro e dal poggiapiedi, poi
abbiamo anche altri oggetti come falere e morsi di cavallo, che fanno riferimento al carro
e ai cavalli (spesso questi elementi finiscono sul rogo assieme ai defunti ed entrano a far
parte del corredo già bruciati). Ciò che viene messo sulla pira e ciò che non viene
messo ci fa capire molto sulla vita del defunto e sul mondo del tempo: nella pira
venivano buttati i vestiti e gli oggetti che rappresentavano il morto e il defunto stesso; gli
oggetti che vengono bruciati appartengono ad una sfera di significato differente rispetto
a quella a cui appartengono quelli che vengono messi direttamente nella tomba.
Nel corredo poi abbiamo un tripode e un carretto, decorato con figure di paperelle ai lati:
nel mondo cipriota abbiamo dei riscontri rispetto a questo carretto, che ha una vasca in
mezzo, che potrebbe contenere dell’acqua lustrale, oppure potrebbe essere stata un
recipiente per contenere l’incenso. L’incenso era stato ritrovato in grandi quantità in
Etruria: era un materiale importato e veniva utilizzato nei banchetti e nelle cerimonie
funebri e faceva sia fumo sia profumo- La cerimonia funebre veniva sempre
accompagnata dalla bruciatura dell’incenso; c’era poi una cerimonia che si svolgeva in
casa e durava giorni, per questo era necessario usare degli odori così intensi come
l’incenso, inoltre il suo fumo poteva completare una cerimonia che aveva a che fare con
l’aldilà, come quella funebre.
Anche nella tomba Regolini-Galassi si sentiva odore di incenso, utilizzato probabilmente
per coprire l’odore intenso del cadavere. Nel corredo della tomba abbiamo anche del
vasellame: c’è un grande contenitore di cui però resta solo l’orlo e i manici e infine
abbiamo un oggetto di cui è rimasta solo una parte, il flabello (ventaglio), che proveniva
dall’oriente e veniva usato per sventolare il Re.
Nella tomba femminile invece abbiamo un grande lebete e ci sono degli oggetti che
indicano che la donna partecipava alla preparazione dei banchetti e degli eventi
conviviali: in Etruria le donne potevano partecipare ai banchetti, avevano uno status più
elevato di quello delle donne greche. Le donne etrusche gestivano i convivi ed erano
una manifestazione del potere del marito, tramite i gioielli che sfoggiavano: anche le loro
tombe potevano essere monumentali e potevano essere decorate con gioielli, tripodi ed
oggetti che appartenevano ai carri.
Tomba maschile= In una parte di questa doppia tomba abbiamo uno spazio con armi e
corredo per i cavalli, dall’altra parte abbiamo degli oggetti inerenti al banchetto e
all’offerta: nelle tombe c’è sempre stato un doppio spazio, uno per l’individuo e la sua
famiglia e uno spazio pubblico. I segni del potere nel corredo sono le armi, lo scettro, la
bardatura equina, il flabello, mentre gli oggetti del banchetto sono le situle e le anfore.
TOMBA DI BOLOGNA, VIA BELLE ARTI= Siamo fra il VIII e il VII secolo e in questa
tomba possiamo recepire quei gesti che in genere non lasciano traccia. La tomba è la
142 ed era immersa nell’acqua. La tomba è fatta di pareti lignee, alle quali sono
attaccate delle mensole con appesi dei vasi: l’intera camera funeraria è concepita come
una sala da banchetto (il defunto è stato cremato e non occupa spazio) e presenta
anche un tavolino. In genere tutte le cose in legno vengono perdute e non lasciano
traccia, ma qui non è stato così: sono presenti piatti di legno, tavolino con 12 gambe e
piccole ciotole per le noccioline. E’ stata ricostruita la disposizione degli oggetti=
abbiamo un tavolino rotondo che è completato da un mantello, con all’interno l’ossuario
e sotto un tavolino su cui sono poggiate delle scarpe di cuoio; il mantello doveva essere
chiuso con 2 fibule. Siamo davanti ad un esempio di VESTIZIONE DELL’OSSUARIO: si
vuole ripristinare la corporeità del defunto, in particolare si vuole dare l’idea di un
defunto seduto su un trono; si vuole dare al defunto l’immagine di un aristocratico o di
un Re.
TOMBA DI CUMA
In questa tomba abbiamo un esempio di un rituale omerico, che dall’Eritrea arriva a
Cuma: il rituale presenta alcuni codici che richiamano il rituale funebre di tipo omerico.
Ci troviamo davanti ad una tomba a cassa con incavo centrale per il bacino di bronzo,
dentro al quale era presente un contenitore con i resti del defunto; il tutto era coperto da
un panno purpureo. Tutti gli oggetti del corredo finirono sulla pira e quindi sono stati
carbonizzati. Questa tomba ci parla di un rituale Euboico, che arriva in Italia e si diffonde
in Etruria: durante il suo viaggio questo rituale cambia alcune sue caratteristiche e
l’elemento di distanza dal rituale originale è che al contenitore e alla cassa in cui è
presente il defunto si aggiunge il CORREDO. L’austerità del rituale omerico-euboico è
contaminata dalla presenza di un ricco corredo, usanza tirrenica. Nel corredo abbiamo
delle fibule, degli affibbiagli, cioè degli oggetti di oreficeria legati alle colonie Euboiche,
che arrivano nell’ambiente tirrenico e in Etruria (lo scambio avviene a Cuma e
Pithecusa). L'oreficeria di questo corredo però non ha caratteristiche euboiche ma
etrusche. La tomba in questione è un insieme di contaminazione: presenta un rituale
greco, ma un corredo etrusco mediato dalla città di Pithecusa, c’è del vasellame cipriota
e degli scudi e carri tipici etruschi. Gli oggetti che ritroviamo nelle tombe provengono da
un mondo vastissimo, che va dall’oriente alla Spagna e questa diversità possiamo
ritrovarla nel corredo della tomba in questione, la quale presenta elementi eterogenei
provenienti da luoghi distanti, con comunità diverse. Questa tomba è la prima di una
serie di tombe con corredi variegati che provengono da zone diversissime fra loro.
LEZIONE 10
Come arriviamo a definire un rituale “eroico-principesco”? Bisogna partire dal 23esimo
libro dell’Iliade, perché i testi omerici ci possono dire molto sui comportamenti e sugli usi
e i costumi dei principi etruschi. Patroclo è stato ucciso, Achille sta piangendo il suo
amato durante una cerimonia che ha una ritualità particolare: Achille tiene le mani sul
petto dell’amico, piange, si lamenta e i cavalli corrono attorno al morto, inoltre si
sacrificano gli animali agli Dei e il sangue degli animali scorreva vicino al cadavere.
All’alba le persone vengono mandate a raccogliere la legna, che serve per favorire il
distacco del morto dal mondo terreno. Patroclo voleva i giusti onori per guadagnarsi
l’aldilà: l’anima, quando andava nell’aldilà non tornava più indietro. L’operazione della
raccolta della legna è un momento importante e collettivo: Achille aveva progettato una
tomba per Patroclo e aveva ordinato ai Mirmidoni di ornare i carri con i bronzi e così
fecero. A questo rituale funebre partecipano una miriade di cavalieri: questo momento è
il trasporto della salma, che viene dopo il lamento e il pianto; i compagni, in segno di
lutto si tagliano i capelli e li poggiano sopra la salma, poi ammucchiano la legna (anche
Achille si taglia una ciocca). Poi i cavalieri vengono mandati via dal rogo e fa rimanere
solo i capi, che composero una pira enorme in cui depositarono il morto: qui, davanti, al
rogo, compirono altri sacrifici animali e utilizzarono il grasso per avvolgere il corpo di
Patroclo; c’è anche un sacrificio di cavalli, di cani domestici e di uomini (sacrificio
umano). Dopo questi sacrifici Achille scoppia in lacrime: aveva onorato ciò che Patroclo
gli aveva chiesto di fare in sogno, però la pira non riesce a prendere fuoco e quindi
Achille fece un voto a Bora e Zefiro, libando dalla coppa, per far prendere fuoco la pira e
così successe.
Achille usa un cratere d’oro e due coppe e alla fine dice di spegnere il fuoco con il vino e
di raccogliere le ossa di Patroclo così da porle in un’urna d’oro con un doppio strato di
grasso; l’urna viene “vestita” con il lino. Ora viene costruita la tomba, larga e alta:
gettarono le basi e la ricoprirono di terra (tomba rotonda) e dopo la costruzione della
tomba iniziano i giochi, che hanno come premi vasi, gioielli, cavalli e così via. Il rituale di
Patroclo può essere quindi un modello ripreso dagli etruschi, come nella tomba Regolini-
Galassi; il termine “tomba principesca” viene adoperato negli anni ‘70 da Bruno
d’Agostino, che parla delle tombe principesche di Pontecagnano, le quali si
sovrappongono al rituale greco-euboico (il modello però era presente anche a Cuma).
La tomba principesca ha dei fattori che non sempre corrispondo al fasto, ma agli aspetti
ideologici: è importante il rito che si fa al morto e il corredo.
Il trattamento del morto era la cremazione, la raccolta delle ceneri e la sistemazione dei
resti in un’urta: così accadeva in Omero e in Eretria (qui però c’era anche una teca con
oggetti) e poi, faceva parte del rituale principesco, anche il PASTO FUNEBRE. Ogni
tomba etrusca ha un suo rituale specifico, per questo gli studiosi si interrogano sul
definire “principesca” una tomba che presenta il rito giusto ma il corredo non è completo.
TOMBA REGOLINI GALASSI
Questo è l’esempio più completo di tomba principesca; ha due ambienti con 2 nicchie, si
trova nella necropoli del Sorbo perché la famiglia di questa tomba si voleva collegare
agli aristocratici antichi della fase villanoviana. Ci sono due ambienti, uno interno che
possiede i resti di un’inumazione (donna) e una cella che contiene i resti di una
cremazione (uomo); il corredo invece è sparso ovunque, però una delle due deposizioni
è stata fatta prima della collocazione di alcuni oggetti. Questa tomba è stata scoperta
nel’800 e sono stati fatti degli schizzi: nell’anticamera c’è una fessura in cui vengono
poste le patere fenicio-cipriote, mentre gli scudi sono attaccati alle pareti, poi c’è un
tripode e le statuine di persone piangenti, per reiterare il compianto funebre, infine
abbiamo un carrello e un grande fascio di spiedi (cottura delle carni e sacrificio di
animali). Questa tomba è SEMI-COSTRUITA, e durante la prima sepoltura (donna)
possiamo immaginare un corpo deposto su dei ciottoli o un materasso: la salma è
vestita ed è ricoperta d’oro e accanto al braccio destro abbiamo un fuso in argento e
questo testimonia che la salma era quella di una donna. Ci sono anche delle brocche
fenice in argento, facenti parte di un set personale della defunta, poi ci sono 2 calderoni
in metallo con protomi di leone e grifone, mentre sulle pareti ci sono le coppe istoriate in
oro e argento (sono inchiodate alle pareti= defunzionalizzazione). La camera non è
chiusa del tutto, abbiamo un’apertura che, come abbiamo detto prima, viene adornata
con vasi: uno di essi è un vaso a secchio, usato in Oriente per i rituali. Nell’anticamera ci
sono oggetti cerimoniali, come i calderoni in bronzo e i veicoli, infatti qui abbiamo 3 tipi
di carri: c’è un carro su cui viene montato il letto, che è una rete di bronzo (trasporta la
salma alla tomba e la esibisce).
Abbiamo poi le piangenti, cioè delle statuine di bucchero con le braccia al petto e poi
abbiamo tantissimi oggetti di oreficeria, che hanno tratti egittizzanti. La donna indossava
un pettorale, che le occupava tutto il busto ed era completamente d’oro: questo tipo di
pettorale era presente anche in egitto; il pettorale rappresentava uno statuto divino, ed
era fatto d’oro, materiale incorruttibile e indistruttibile che connotava gli Dei. Questo
pettorale quindi testimonia la condizione sociale speciale della defunta: a lei veniva
riconosciuta una natura divina; il pettorale non era un semplice elemento di decorazione,
ma era un oggetto nato in egitto, che conservava i suoi significati iniziali. Il pettorale è
decorato con donne alate, il signore degli animali (motivi orientali), pegaso e le chimere,
che avevano il corpo da leonesse, testa da capra e coda di serpente (motivi greci)=
mescolare culturale. Dove era stato realizzato il pettorale? Probabilmente il gioiello era
stato realizzato da un artigiano abile nel lavorare l’oro e che aveva tradotto in immagini
concrete il mondo di riferimento greco-orientale. Il signore degli animali realizzato sul
pettorale teneva in mano il fiore di loto.
Un altro elemento è la FIBULA DA PARATA, indossata successivamente da una
modella che doveva posare indossando il corredo della tomba. La fibula presentava una
placca con i leoni, una zig-zag e una rivestita con le paperelle (ci sono anche motivi
vegetali): questo oggetto doveva essere utilizzato solo durante le cerimonie. Sannibale
ha cercato di dare un significato a questi 3 motivi: i leoni potevano rappresentare un
mondo altro e ultraterreno e la placca a zig-zag poteva rappresentare l’acqua, mentre le
paperelle, uccelli acquatici, erano emblemi della ciclicità e dell’attraversamento dei
mondi (erano un mezzo per passare dal mondo dei morti a quello dei vivi). Abbiamo poi
dei bracciali, di tradizione egizia, che sono decorati con “la signora degli animali” e una
donna con una palmetta riferimento all’albero della vita che significa rinascita e
rigenerazione. In una patera, definita fenicio-cipriota (ha elementi egizi, siriani e fenici),
ci sono dei cavalieri armati all’esterno, mentre all’interno è raffigurato l’allattamento del
vitello in mezzo a dei papiri (ambiente egiziano). L’allattamento ha un significato
simbolico: richiama sia il nutrimento sia la rinascita ma in veste divina. Dentro la cella è
presente del vasellame in metallo, come le coppe emisferiche con baccellature sull’orlo:
queste coppe hanno un valore rituale, perché veniva raffigurata nelle lastre neo-assire
per bere il vino. La patera ha dei motivi particolari, come il bestiario orientalizzante e le
palmette; patere come questa possono essere realizzate in bronzo, argento, argilla e
addirittura in vetro blu. Nel corredo troviamo tantissimi vasi, che indicano che al rituale
funebre hanno partecipato molte persone, inoltre ci sono tanti calderoni in bronzo, che
potevano contenere liquidi o potevano servire per la bollitura delle carni; abbiamo anche
calderoni con le protomi, inoltre vicino alla donna vennero posizionati 5 vasi in argento
con placcature in oro: hanno le anse e ricordano brocche fenice o anforette a doppia
spirale; questo set quindi richiama la pluralità di sfere ideologiche, attraverso la diversità
delle forme dei vasi. Nei vasi sono presenti delle iscrizioni che dicono tutte la stessa
cosa: il testo è breve e recita “mi larthia/ larthia velthurus”. Larthia è uno dei nomi
maschili più diffusi in etruria e il suffisso “ia” indica il genitivo e viene usata nelle formule
di possesso, in cui c’è il pronome personale all’inizio, “Mi” (che sarebbe ego), poi è
sottinteso il verbo essere, quindi “sono” e infine abbiamo il nome, “di larth”. Siamo
davanti ad un esempio di oggetto parlante e solo uno di questi oggetti ha una formula
diversa, cioè “larthia velthurus”, che si potrebbe tradurre con “sono di Larth figlio di
Velthur” (quindi Velthur può essere un patronimico). Potremmo essere davanti ad un
nome gentilizio, cioè un nome di FAMIGLIA che si aggiunge al nome proprio: in Etruria i
più antichi gentilizi risalgono al VII secolo a.C.: Velthur può essere quindi o il padre
(patronimico) o l’antenato (nome gentilizio). Probabilmente il corredo era un dono che
questo Larth aveva fatto alla defunta: il corredo di vasi in argento era stato PENSATO
per un uomo, Larth, il quale però lo aveva ceduto/DONATO a questa donna.
Il corredo era stato realizzato da degli artigiani abilissimi che arrivano in Etruria e
cominciano a lavorare per gli aristocratici del posto: nelle patere c’è una ricorrenza di
temi, quindi vuol dire che i signori amavano determinati temi e chiedevano agli artigiani
di ripeterlo (artigiani stranieri ma produzione in loco).
Nell’anticamera troviamo anche un grande supporto per calderone, un tripode a
verghette, il carrello incensiere decorato con fiori di loto che alludevano alla
rigenerazione.
CELLA DI DESTRA= siamo sempre nella Regolini Galassi e questa volta analiziamo la
deposizione di un uomo. Abbiamo un vaso in argilla che contiene le ceneri del defunto,
con un coperchio con cavallino che richiamava la classe equestre del defunto o il fatto
che possedesse un carro: l’urna ha dei fori sul fondo e venne sistemata a diretto
contatto con il terreno; all’urna è stato tolto il piede d’appoggio per mettere a contatto
con il terreno il fondo forato, forse per un’esigenza di comunicazione con il terreno.
Anche le piangenti, messe attorno al vaso, sono senza piedi, ed erano state messe sul
terreno come se emergessero da esso: nella tomba quindi si sottolinea la
comunicazione con un mondo sottostante, quello ctonio. La donna invece era divinizzata
attraverso i gioielli e il pettorale. Le tombe etrusche sono difficili da decifrare, perché i
vasi, le coppe e le patere potevano far parte di un corredo sia maschile sia femminile.
Nella tomba ci sono anche i resti di un carro, come i cerchioni, inoltre c’è il resto di un
altare (che si pensava fosse un trono): all’interno di questa tomba c’erano 3 carri, uno
per trasportare il letto, il currus, cioè una specie di calesse (un carro veloce per
trasportare il signore) e poi c’è il carro di trasporto. Il trono che è stato ricostruito nell’800
in realtà era sbagliato, perché i suoi pezzi facevano parte di un carro che trasportava
due persone. Questa tomba quindi ci mostra un rituale che iniziava in casa: la salma poi
veniva trasportata alla tomba con il carro, poi c’era una ricca cena funebre, cioè un
rituale attorno alla salma (il rituale in Omero dura tanti giorni e si tiene in sedi diverse) e
durante questo rituale tutto ciò che il defunto possedeva veniva esposto in pubblico.
Tutti gli oggetti e gli ori ritrovati connotavano la defunta: mostravano agli altri che faceva
parte di una classe sociale abbiente; inoltre con la morte veniva divinizzata.
PALESTRINA, LAZIO
Qui ci troviamo in un territorio che ci ha restituito 3 tombe che hanno lo stesso
linguaggio della Regolini-Galassi: qui non erano presenti gli etruschi, quindi si ipotizza
che ci fosse un insediamento di etruschi che si collegava ai centri etruschi Campani. Il
collegamento fra l’etruria del nord e quella del sud poteva essere stato controllato da
etruschi o latini. Le tombe in questione sono la Bernardini, la Barberini e la Galeassi.
La tomba Bernardini è difficile da ricostruire: non abbiamo i quaderni di scavo, ma
sappiamo che è una fossa per un inumato, deposto in una fossa sottoscavata con i suoi
oggetti personali che stanno in spazi diversi e che quindi richiamano sfere di significato
diverse (guerra, classe sociale, banchetto..). Abbiamo scudi alla parete, carri, un
animale sacrificato, alari e spiedi (che richiamano il sacrificio e il banchetto carneo), vasi
e asce. La linea rossa verticale immaginaria separa gli oggetti personali del defunto e
oggetti utilizzati durante i sacrifici e i rituali. Il morto aveva un corredo di vasi per poter
partecipare ai banchetti nell’aldilà. Abbiamo anche degli oggetti di oreficeria, prodotti
dalle stesse mani che hanno prodotto i gioielli della regolini-galassi.
La tomba Barberini e quella Bernardini erano tombe maschili, mentre quella di Galeassi
era una tomba femminile, piena di oggetti in oro, come un pettorale in oro con inserti in
ambra e questo pettorale è simile ad uno proveniente dal Lazio (tradizione locale) e
contiene sfingi e donne alate (quello del Lazio è rettangolare e ha inserti in ambra).
Abbiamo anche un pendaglio, tipico dell’ambito delle Marche e dell’Abruzzo: la tomba in
questione però è a Palestrina e questo ci testimonia la contaminazione fra stili
appartenenti a zone geografiche diverse.
LEZIONE 11
TOMBE DI SAN PAOLO, CERVETERI
Siamo a Cerveteri, in una zona che contiene tombe costruite e semi-costruite attraverso
blocchi di tufo squadrati che formano due vani e per questo ci troviamo nel decenni
iniziali del VII secolo. La tomba 1 e 2 sono collocate in un’area circolare con un diametro
eccezionale: se queste due tombe facessero parte dello stesso tumulo saremmo davanti
ad un tumulo da 80 metri; data l’eccezionale grandezza si pensa che in realtà ci fossero
2 tumuli che però possedevano la stessa ideologia di rappresentazione (la volontà delle
due famiglie aristocratiche che costruirono queste tombe era la stessa). Abbiamo un
elemento che dà accesso alle due camere e poi abbiamo un corridoio che finisce contro
un piccolo muretto rialzato. La tomba 1 e 2 sono state saccheggiate, quindi possiamo
fare una ricostruzione solo parziale: si è preservato solo un angolo perché gli scavatori
clandestini hanno buttato il vasellame fittile da una sola parte, dato che erano interessati
solo agli argenti e agli ori. Sotto al cumulo di vasi in argilla si trova sia un altare sia una
maschera, che si è salvata solo perché non era stata vista.
Il fenomeno degli scavi clandestini è un problema molto grande e a volte le razzie non
permettono di ricostruire il corredo originale o la storia di una certa tomba: nell’800
questa pratica di scambiare oggetti antichi era normale ed era incentivata dal ministero,
ma oggi, anche se non è così, è rimasta lo stesso presente.
Da queste tombe emergono dei vasi e dei recipienti che rimandano tutti alla sfera del
banchetto e al possesso del vino: questo corredo è formato da un’anfora Cicladica,
proveniente da Tera e generalmente queste anfore non escono mai dal circolo
commerciale di Tera (non arrivano neanche nelle colonie greche dell’Italia meridionale)
ma questa è presente a Cerveteri. Ci sono poi altri vasi e coppe protocorinzie: fra di
esse troviamo le coppe per bere (kotylai) e le oinochoai per versare vino (una sorta di
brocca). Abbiamo anche un’anfora attica che rimanda di nuovo all’elemento del vino e
poi ci sono delle placchette in avorio, che probabilmente erano le decorazioni di un
mobilio che è stato saccheggiato. Le decorazioni rimandano ad un ambiente egiziano-
orientale, infatti abbiamo papiri, palmette e un personaggio detto Bes/Bas.
Possiamo usare questi vasi come elementi per leggere l’orientalizzante etrusco: nelle
tombe vengono tesaurizzati gli oggetti di questo periodo, che possono essere stati
importati o possono essere stati creati proprio in Etruria. A cerveteri è stata ritrovata
un’anfora dipinta dal Pittore della gru e una Pisside monumentale: questi vasi sono
caratterizzati da una pittura sullo sfondo rossastro dell’argilla; questa pittura è presente
sia sui vasi sia sui tetti. Nell’anfora del pittore della gru sono presenti dei cervi, invece
nella pisside è presente il bestiario orientalizzante e un grande pesce, che si rifà al topos
della navigazione pericolosa in mare (in altri vasi troveremo Ulisse sulla sua nave, scene
di naufragio, pesci che fanno agguati alle navi). Tutti questi elementi li troviamo sempre
nelle tombe di San Paolo a Cerveteri: in questa zona vengono riprodotti anche i vasi
protocorinzi che arrivano da fuori; la ceramica in questione è detta etrusco-corinzia e
presenta delle fasce con bestie e figure stilizzate (le ceramiche in questione sono
brocche, kotylai e sono tutti prodotti localmente con l’influsso corinzio-orientale degli
artigiani che arrivano in etruria). Prima del VII secolo queste ceramiche erano presenti in
Etruria ma ce n’erano molto poche: saltuariamente erano decorate in pittura; poi la
produzione di vasi figurati prende il suo avvio proprio del VII secolo in avanti, quando gli
artigiani greci arrivano in Etruria.
In queste tombe (1-2) erano presenti anche delle iscrizioni, dei messaggi: c’è
un’iscrizione su una Olla, un contenitore in argilla che però non è pregiato; l’iscrizione
contiene una formula di possesso, in cui il vaso è il parlante e dice “io sono di..”. Anche
in questo caso il nome del possessore è maschile, Larth, e l’iscrizione rimarca il DONO
e non tanto il possesso. Il dono è un fenomeno sociale importante infatti quando un
oggetto viene donato poi finisce per essere sepolto nella tomba del suo ultimo
possessore: questo oggetto contiene tutti i passaggi di mano che ha subito, passaggi
che in genere si facevano fra aristocratici, per questo possiamo dire che la pratica del
dono è appannaggio dell’aristocrazia. A San Paolo abbiamo anche delle brocche in
argilla decorate con lamine di stagno.
A San Paolo abbiamo anche un Kyathos, utilizzato per prendere il vino da una brocca:
questo oggetto è in bucchero, ma è una riproduzione di un oggetto che doveva essere in
oro o argento. Il bucchero ha colore nero e si diffonde proprio ora a Cerveteri, città
cardine che utilizza questo materiale per imitare il metallo: il bucchero è la produzione
“nazionale etrusca”, identifica gli etruschi e viene utilizzato durante gli scambi, per
questo troviamo degli esempi in Spagna, in Sicilia, a Cartagine e in Francia. Il bucchero
in questione (kyathos) è decorato sia all’esterno sia all’interno: esternamente viene
inciso con figure di guerrieri, mentre internamente si toglie l’argilla per far risaltare altre
figure che però sono sempre guerrieri. L’artigiano ha operato a crudo, prima di cuocere il
vaso e questo oggetto è stato commissionato da un personaggio altolocato per essere
DONATO. In molti kyathoi ci sono iscrizioni colorate con il rosso: la pittura si inserisce
nella conca lasciata durante l’incisione; vasi di questo tipo sono stati ritrovati a Cerveteri
ma anche al nord, a Vetulonia, perché sono stati donati (non sappiamo se viaggia
l’oggetto o l’artigiano); nelle iscrizioni si parla di accordi fra aristocratici. Probabilmente
c’era una famiglia aristocratica di Cerveteri che gestiva una certa attività e che aveva
degli accordi politico o militari con altre famiglie o altre corti principesche del nord, che
sancivano attraverso i doni, come i Kyathoi. Nelle tombe di San Paolo abbiamo anche
un Olpe di bucchero: gli manca la parte superiore e ha la funzione di una brocca, inoltre
è uno degli esempi più antichi di decorazione di vaso tramite l’epos greco (In Etruria si
era recepita e fatta propria l’epica il mito greci). Nel vaso non c’è un racconto ma dei
segmenti visivi: a destra abbiamo una scena di pugilato fra due personaggi, poi abbiamo
un personaggio alato che svolge una corsa alata, poi abbiamo un gruppo di 6
personaggi che trasportano un lungo oggetto con delle frange e infine abbiamo una
donna con uno scettro che sta davanti ad un personaggio immerso in un calderone,
sorretto da un tripode; il personaggio è maschile. Nel vaso sono presenti delle iscrizioni
che possiamo definire “didascalie”: una delle iscrizioni riporta la parola “Metaia”, che non
è altro che la trascrizione etrusca di “Medea”; dentro al calderone quindi ci potrebbe
essere Giasone che sta ringiovanendo grazie alla magia di Medea. Il personaggio alato
invece ha un’iscrizione “Taitale”, nome etruschizzato per indicare “Dedalo” (le “d” in
etruria diventano delle “t”), un architetto e un “idraulico” che arriva in Italia e in Sicilia e
mette la sua genialità al servizio dei principi e delle corti (Dedalo, in Grecia, era
considerato un inventore). Fra Medea e Dedalo ci potrebbe essere il collegamento della
“genialità” e della capacità di “inventare”= in mezzo a questi due personaggi abbiamo i 6
uomini che trasportano una “canna”, cioè un lungo tessuto arrotolato, con le frange che
pendono; è un oggetto molto pesante perché servono 6 uomini per trasportarlo.
Medea e Giasone ci portano nell’isola di Lemnos e al viaggio degli Argonauti: sappiamo
che gli argonauti si fermano qui per partecipare a dei giochi, come il pugilato,
rappresentato sul vaso da noi analizzato. Ciò ha fatto pensare che a Cerveteri ci fosse
la conoscenza di un legame con l’isola di Lemnos, luogo in cui venne ritrovata
un’iscrizione su una lapide/stele (Stele di Lemnos) che non era in greco ma in etrusco e
l’isola di Lemnos era abbastanza lontana dall’Etruria: sono nate delle ipotesi che
affermavano che gli etruschi provenissero da est e fossero poi arrivati in etruria o
viceversa, che gli etruschi, attraverso i commerci, fossero arrivati fino a Lemnos.
Il vaso quindi rappresenterebbe una scena in cui gli argonauti partecipavano ai giochi di
pugilato e vincevano un premio, cioè il tappeto pregiato; ma Dedalo che ruolo ha?
Secondo un’altra interpretazione invece qui non sono raffigurati gli argonauti che
partecipano ai giochi, ma quando iniziano il loro viaggio, quindi sarebbe rappresentato il
momento della loro partenza, in cui si caricano alberi di navi e vele: così verrebbe
spiegato Dedalo, il costruttore e l’ingegnere per eccellenza (la fonte sarebbe Apollonio
Rodio). Molti oggetti di questa tomba ci fanno capire che essa apparteneva ad una
famiglia con molti contatti e che dirigeva molti scambi commerciali, basti pensare al
problema di Lemnos appena citato.
Si ipotizza che tessuto trasportato, la “canna”, doveva essere utilizzato per costruire la
vela della nave e Dedalo era proprio l’inventore di questa opera di ingegneria navale.
Nel vaso quindi abbiamo il tema della regalità (Giasone), dell’ingegno, dello scontro e
del combattimento. In un’altra Olpe è presente una scena di due uomini che si
combattono e che tengono in mano uno scettro: siamo di nuovo nella sfera della
regalità. Sul retro di quest’Olpe è presente invece Achille, l’eroe per eccellenza.
Questi oggetti quindi sono stati realizzati a Cerveteri da un artigiano: gli sono stati
commissionati dai principi etruschi per esibire il loro statuto sociale elevato; inoltre le
decorazioni su questi vasi, se venivano utilizzati durante il banchetto, c’era anche
l’occasione per parlare dell’epica greca. Infine abbiamo la maschera della gorgone, che
non era da indossare ma era appesa alla parete, i cui occhi erano stati realizzati in un
materiale diverso dal resto; un oggetto simile si trovava nella tomba delle Pantere di
Tarquinia. Questa maschera aveva la funzione di richiamare anche una
METAMORFOSI e probabilmente questa maschera era stata prodotta proprio a Corinto,
altra testimonianza del potere commerciale di questa famiglia aristocratica. In genere
questi oggetti, in Grecia, vengono messi nei santuari perché hanno una funzione
protettrice e apotropaica= nella Tomba di San Paolo questa maschera doveva
proteggere il defunto, ma aveva anche il significato di metamorfosi e di trasformazione
del defunto, che entrava in un mondo altro, diverso da quello terreno. In questa tomba
però tutti gli elementi del corredo insistevano sulla regalità.
TOMBA BERNARDINI=qui abbiamo degli oggetti come calderoni, coppe e grattugie.
CIRCOLO DEL TRIDENTE DI VETULONIA= In questa tomba è stato ritrovato un
tridente, che può fare riferimento al fatto che il defunto avesse un’attività marittima, dato
che il tridente era il simbolo di Poseidone; anche a Vulci è stato ritrovato un tridente.
Questo oggetto doveva essere montato: il tridente era montato su un manico che poi
doveva essere bloccato da un perno e fissato da una catenella. Andando in Oriente il
tridente era utilizzato da un Dio che aveva il compito di scagliare fulmini e saette, non
era un Dio del mare= se questa è l’interpretazione allora in etruria arriva un oggetto che
fa riferimento ad una sfera divina che comunque richiama la sfera del POTERE.
VEIO= Siamo a Villa Giulia e il corredo appartiene al periodo dell’orientalizzante medio;
abbiamo oggetti che fanno parte del contesto del banchetto, abbiamo i resti un flabello, i
cerchioni di un carro, un carrello e una teca decorata come la Tomba del Duce di
Vetulonia. La teca ha la forma di un’urna, che dovrebbe contenere i resti del defunto
cremato; l’urna del Duce invece è in argento e oltre alle ceneri del defunto conteneva
anche un insieme di vasi e contenitori. La tomba del Duce è situata a Vetulonia e ha
tantissimi oggetti iconici dell’aristocrazia, come i portavasi, i vasi di bucchero=questa
tomba parla lo stesso linguaggio aulico e celebrativo parlato anche dalle tombe di
Cerveteri; anche qui abbiamo delle iscrizioni su oggetti che riportano gli accordi
commerciali stipulati dalla famiglia alla quale apparteneva questa tomba.
TOMBE DI PONTECAGNANO
Ci sono 2 tombe, la 926 e la 928: le due tombe sono a cassetta litica inserita in una
sorta di recinto; abbiamo quindi una fossa, un rivestimento, al centro della fossa una più
piccola in cui viene inserita la teca che contiene l’ossuario, costituito da un grande
lebete in bronzo. Lo spazio è contenuto, ma distingue comunque lo spazio del defunto
dalla sfera pubblica e cerimoniale che coinvolge i vivi: i vasi possono essere usati dai
vivi o dai morti, ma quando vengono collocati in una delle due sfere cambiamo
completamente il loro significato. Bruno d’Agostino ha definito queste tombe
principesche a causa del rituale funebre: l’uomo veniva cremato e sistemato in un vaso
pregiato. Nelle tombe abbiamo alari, spiedi (cottura carni) brocche e vasi (vino). Il fuoco
è importante perché distrugge e rigenera, dato che uccide il corpo ma libera l’anima
dalla sua prigionia, quindi il fuoco nobilita. C’è un contenitore che può essere utilizzato
sia per le carni che per il vino ma anche per le ceneri del defunto.
LEZIONE 12
Ci occuperemo ora delle forme abitative e non più delle tombe: per creare un’abitazione
servivano pali, solchi in cui inserirli, strutture lignee che davano la forma alla casa. Le
capanne erano usate nel IX-VIII secolo ma poi a causa del contatto con il mondo greco
nel VII secolo arriva in Etruria una tipologia abitativa che si basa sulle fondazioni IN
PIETRA e tetti straminei (fatti di elementi vegetali che coprono la struttura lignea) e poi
nel secondo quarto del VII secolo arriva la copertura FITTILE dei tetti, quindi copertura
con tegole e coppi. Questa innovazione deriva dalla Grecia occidentale, in cui si
uniscono 2 tegole piane con un coppo semicircolare (altrove, nella grecia, troviamo altri
tipi di coppi). Le prime case hanno dai 2 ai 3 vani distribuiti assialmente, con un ingresso
principale e porte che danno accesso ai vani laterali: ad un certo punto abbiamo 3 vani
affiancati con un portico davanti= questa tipologia di casa, in greco, si chiama “pastas”,
nome che in greco definisce il portico. Nel VII secolo quindi le case si affacciano su uno
spazio condiviso, un cortile, che ha un pozzo e degli scoli dell’acqua. Alcune abitazioni
nell’etruria meridionale all’interno dei vani vediamo degli oggetti che si riferiscono alla
specializzazione del vano: il vano è dedicato ad un’attività, come quella conviviale;
potevano esserci strutture lignee che potevano consentire ai proprietari di sedersi e
consumare il cibo. Abbiamo quindi degli spazi con delle destinazioni SPECIFICHE e la
destinazione più importante è il vano per il cibo e il vino: si dava al banchetto un vero e
proprio spazio all’interno della casa e si riconosceva il valore culturale e sociale di
questa cerimonia.
Venne inventato anche l’atrio: nella Tomba dei troni e degli Scudi vediamo un ambiente
che richiama il nostro atrio e in cui sono stati posizionati oggetti come i troni e gli scudi
alle pareti, con una certa valenza sociale. Vediamo un passo di Virgilio in cui si descrive
una reggia (di Pico) e compariamo questo ambiente con quello etrusco: egli ci parla di
“regia” con tetto augusto ed elevato (siamo davanti ad un edificio monumentale), che
aveva un legame con gli antenati; questa dimora era la sede dei sacri banchetti, si
immolava l’ariete ed era anche un luogo in cui i Re prendevano il potere, cioè
prendevano gli scettri. L’abitazione era così grande da poter ospitare una fila di patrizi
che aspettavano il banchetto: era un luogo sia politico che religioso e qui sono presenti
le “imagines maiorum”, cioè le statue degli antenati in legno, ma anche statue di Re
passati, quindi la regia è un luogo della memoria, in cui vengono ricordati anche i
precedenti sovrani. Queste statue stanno nel vestibolo, assieme ai carri, alle ascie, ai
giavellotti e agli elmi, tutti trofei di guerra appesi alle pareti: siamo in un luogo della
memoria e si ricordano le imprese. Picus, il padrone, è raffigurato seduto assieme al suo
bastone. In Etruria sono conosciuti due palazzi principeschi, quello di Poggio Civitate-
Murlo e Acquarossa, che sono accomunati da aspetti architettonici e figurativi: è
importante sottolineare che questi palazzi presentano decorazioni fittili; la decorazione
fittile è stata creata in etruria attingendo però ad esempi greci. In Etruria sono stati creati
degli elementi acroteriali (statue o oggetti che si trovano all'apice del tetto) e delle
antefisse (chiusura del tetto e hanno la forma di testa femminile o felini, che ci
forniscono quindi l’immagine della signora degli animali): questi elementi ci rimandano
alla tradizione delle capanne, tradizione da noi conosciuta grazie alle urne che
riproducevano le capanne. Le capanne avevano una struttura in legno, sulla sommità
del tetto, che richiamavano le corna bovine, corna che erano presenti anche nelle case
aristocratiche; oppure abbiamo altri elementi simbolici come le paperelle= questi
elementi fanno riferimento alla protezione del tetto e della famiglia oppure si riferiscono
alla condizione sociale della famiglia. Ad Acquarossa abbiamo un tetto con un motivo
che richiama due animali che si affrontano, poi abbiamo anche le paperelle che
rivestono il tetto per fare in modo che nessun elemento ligneo rimanga all’aperto: il tetto
è tutto rivestito d'argilla, con tegole e lastre. Gli etruschi, quando imparano a costruire i
tetti in questo modo, fanno un salto di qualità, cioè rielaborano e migliorano quegli
elementi che già mettevano sui tetti delle capanne. Ad Acquarossa ritroviamo una
Gorgone in corsa fiancheggiata da due pantere: lei sta correndo ed è in una posizione
tipica corinzia; il tetto, visto lateralmente e in taglio è tutto decorato con palmette e fasti
vegetali= la decorazione è sempre molto ricca e viene eseguita con la tecnica “white on
red”, cioè pittura bianca sull’argilla rossa; qui abbiamo anche coppi con teste di grifone.
Le prime decorazioni dei tetti, in Etruria (e quindi le più antiche) vengono realizzate con
la tecnica del “ritaglio”: i ritagli ritraggono quasi sempre cavalieri che rimandano al tema
equestre. Ad Acquarossa riusciamo a ricostruire uno dei tetti, fatto di lastre di terracotta
dipinte con animali che dovevano coprire un trave e poi abbiamo tegole dipinte: il tetto
era uno spazio che veniva visto e per questo veniva rivestito con immagini che avevano
un significato. Le prime forme di decorazioni di tetti sono la white on red e il ritaglio: la
tecnica a ritaglio (coroplastica) non è altro che un disegno sull’argilla che poi viene
ritagliato e per questo richiama la skiagraphia (disegno del contorno); poi abbiamo la
grafiché, cioè il riempimento del contorno con pittura e dettagli e infine abbiamo la
coroplastiché, attribuita a Dedalo, che non è altro che la scultura. Nei palazzi abbiamo
quindi pitture (grafiché), sculture e coroplastica . E’ Demarato a introdurre in Etruria
un’equipe che si occupa dalla A alla Z della costruzione di un edificio: l’equipe
progettava, realizzava e collaudava la casa. La tecnica della white on red si ritrova
anche nei vasi del tempo, come la pisside conservata al Louvre che mostrava la nascita
di Minerva dalla coscia di Zeus. Generalmente quindi i primi tetti sono documentati dalle
tegole/coppi ritrovati, sono decorati con le stesse tecniche utilizzate per la ceramica
(white on red); i modelli dei tetti sono sia locali, sia corinzi, sia vicini orientali; nel 630 si
iniziano a produrre lastre per tetti decorate a stampo, come quelle di Poggio Civitate e
nel 600 i tetti sono decorati con modelli derivanti dalla Grecia Occidentale; infine nel 580
appaiono i primi motivi decorativi e figurativi e i primi esempi sono fra Roma e l’Etruria.
PALAZZO DI POGGIO CIVITATE= Poggio Civitate si trova al centro di una zona che
ospita un insieme di centri minori, quindi è inserito all’interno di un centro abitato, del
quale però non sono stati ritrovati altri resti abitativi, se non quelli di Murlo. A Murlo infatti
abbiamo un palazzo, che conosce due fasi e che è stato distrutto da un incendio: il
palazzo più antico appartiene allo stile orientalizzante del VII secolo; poi dopo la sua
distruzione il palazzo viene ricostruito ma viene fatto più grande. La fase orientalizzante
di questo palazzo contempla edifici disposti ad L, così da circoscrivere il cortile, in cui si
svolgevano le attività più significative del palazzo; abbiamo poi un lunghissimo portico
nel quale si svolgevano attività artigianali, che testimoniavano l’autonomia di questo
palazzo, cioè gli aristocratici del palazzo si producevano da soli i beni di lusso e
importavano dei beni di lusso greci. In questa fase è presente un tetto, con elementi
come lastre e antefisse pensate per proteggere e abbellire la struttura di legno. Il
palazzo viene poi distrutto e ricostruito: il secondo palazzo è grande, chiuso, protetto, ha
delle torri, è autonomo e indipendente e si trova su una zona elevata, il Poggio. Questo
palazzo presenta 4 bracci e in uno di essi, aperto sul cortile interno, vediamo l’oikos:
probabilmente questo spazio era utilizzato per i sacrifici in onore degli Dei, infatti
presentava un recinto sacro e per questo il palazzo aveva anche un carattere sacro e
non solo residenziale-abitativo. Gli altri bracci del palazzo sono enormi e si è pensato
che fossero spazi per assemblee con molte persone, inoltre il cortile è pensato per
attività e riunioni di persone: le attività che qui si svolgevano sono rappresentate nelle
decorazioni pittoriche. Dietro questo palazzo per alcuni ci sono i palazzi regali del vicino
oriente, che rappresentano dei modelli ideologici più che architettonici: gli etruschi non
hanno preso solo la struttura dei palazzi, ma anche l’ideologia che vi stava dietro.
Tra Etruria e Lazio troviamo delle strutture edilizie che hanno vari valori: sono case di
principi, sono luoghi in cui i Re vengono intronizzati, sono luoghi in cui gli aristocratici
ricevono i propri clientes; queste regie sono dei palazzi che hanno alcune caratteristiche
particolari, come la sala aperta sulla corte (giardino, che era lo spazio cerimoniale), con
portico, poi abbiamo 3 vani e quello centrale è aperto. Queste regie sono accomunate
dall’esigenza si esibire lo statuto politico e religioso degli aristocratici che vi abitano a da
qui deriva il sistema decorativo. Il potere degli aristocratici si esprimeva anche nelle loro
case: la corte centrale serviva per il ricevimento degli ospiti e dei doni, il vano centrale
doveva esibire il rango della famiglia, il vano per i banchetti rimandava alla dimensione
della convivialità nell’Iliade e nell’Odissea e poi abbiamo degli spazi sacri. Tutte le
strutture di palazzi osservate hanno questi elementi e questi spazi.
Per il palazzo di Murlo abbiamo 2 problemi: la natura della distruzione di questo palazzo
e l’utilizzo che si faceva di questa struttura= alcuni dicono che il palazzo è stato distrutto
perché il popolo non tollerava più il potere egemone delle aristocrazie; sarebbe stato il
popolo a distruggere il palazzo e ad “annullarlo” in maniera rituale, per simboleggiare il
passaggio di potere da aristocratici a popolo ricco (oligarchi). Attorno al palazzo è stato
ritrovato un fossato, che però non è stato scavato durante l’annullamento rituale del
palazzo, per separarlo dall’ambiente cittadino, ma in realtà non è così perché il fossato
era presente già all’inizio della storia di questo palazzo.
Uso del palazzo: forse era una sede politica per le riunioni dei potenti, forse era un
palazzo per gli incontri fra aristocratici o forse era un santuario. In realtà questo palazzo
era un insieme di tutte queste funzioni, infatti nel palazzo veniva esibito il potere politico
e militare (vengono esibiti i trofei di guerra), ma era anche un centro sacro in cui si
facevano rituali. Non possiamo dare un’etichetta univoca a questo palazzo, anche
perché sono ambigue le stesse decorazioni: nel portico sono presenti delle lastre a
stampo, fatte con matrice a basso rilievo, con 4 temi, cioè la gara equestre (giovani a
cavallo che ricevevano un premio, un enorme lebete posto su una colonna), poi
abbiamo una processione di nozze e le nozze erano importanti perché cementavano le
alleanze aristocratiche; abbiamo poi una scena di banchetto ripetuta (sono raffigurate
coppe, anfore e letti, klinai, oggetti importati e locali). Il banchetto si richiamava al
“marzeah”, rituale orientale in cui il Re banchettava assieme alla divinità (questo tema
era riprodotto sulle lastre orientali arrivate in etruria). Nel banchetto di Murlo però
partecipavano anche le donne e quindi abbiamo una rielaborazione del marzeah
orientale in chiave etrusca, con le donne. Infine abbiamo il tema più discusso, cioè la
riunione di personaggi: questi personaggi sono seduti su troni e sono circondati da
inservienti, inoltre tengono le insegne come il bastone (il personaggio che lo tiene è il
capo), oppure abbiamo una donna che si scosta il velo, che probabilmente sta in coppia
con il capo appena descritto. Poi abbiamo una triade di personaggi che portano altre
insegne, come i fiori, circondati da inservienti: per questo gli archeologi americani hanno
affermato che queste immagini stavano a significare che il palazzo in questione era in
realtà un tempio sacro. Quindi la coppia è Zeus ed Hera e la triade è Demetra,
Persefone e Hades. Torelli invece ipotizza una riunione laica, fra figli e genitori, però per
lui è importante mantenere l’ambiguità e secondo lui questa lastra si capisce meglio se
la si mette in relazione con le statue acroteriali, che rappresentano uomini con cappello
e barba e donne= abbiamo quindi una coppia, uomo e donna, che venivano
inframmezzate da sfingi e pantere. L’abbigliamento di queste statue richiama quello
orientale e queste figure hanno un atteggiamento solenne e ieratico.
A Murlo tutto celebra il potere, sia quello politico, sia quello religioso sia quello militare: il
potere si legittima per discendenza e le statue acroteriali non sono altro che gli antenati,
collocati sul tetto (spazio simbolico); queste statue dovevano colpire ed essere visibili
anche da lontano. Le statue richiamano l’esigenza di protezione e di tutela della
famiglia, inoltre fanno riferimento allo spazio ultraterreno (sono poste in alto, vicino al
cielo). Lo spazio interno invece è pensato per funzioni cerimoniali: potevano esserci
gare equestri, sacrifici animali, banchetti. Il palazzo era autonomo: la famiglia possedeva
in sé tutte le sfere del potere, non si doveva appoggiare ad altre istituzioni; le
decorazioni non rappresentano la vita quotidiana ma il potere e queste immagini
contribuiscono a creare la memoria collettiva. Tutti questi elementi erano già presenti
nelle capanne.
LEZIONE 13
Il palazzo di Murlo emana un messaggio di potere politico, militare e religioso: le lastre e
le immagine acroteriali definiscono lo spazio del rito, che si svolgono nella corte centrale
(giardino). A Murlo tutti gli elementi, come le statue, le decorazioni e la struttura
suggeriscono l’idea di unità e coerenza. Abbiamo poi l’insediamento di Acquarossa, che
ha una lunga vita ed è un centro minore, però è molto vasto ed è collegato ad un tessuto
urbano molto più vivo rispetto a quello che troviamo a Murlo. Il palazzo di Acquarossa è
l’unico che ci ha restituito un apparato figurativo che manca negli altri ritrovamenti:
anche qui abbiamo un edificio più vecchio e uno più recente; la fase antica è meno nota
e ci ha lasciato meno tracce. La planimetria ricostruita non è del tutto chiara: è stata
portata alla luce da un’equipe svedese, la quale pensa che il palazzo fosse costituito da
due corpi di fabbrica posizionati ad L, oppure si pensa che abbia la struttura ad U. Nel
palazzo erano presenti portici, testimoniati dalle basi in pietra delle colonne e il portico
circonda un cortile, uno spazio aperto. Il pazzo di Acquarossa somiglia a quello di Murlo
per l’aspetto architettonico. Il palazzo di Larissa, una sorta di cittadella fortificata,
possedeva tutto il necessario al suo interno: il palazzo di Acquarossa però non è chiuso
e non risolve le sue necessità al suo interno, anzi ha un oikos esterno, che richiama la
sfera religiosa, inoltre ha un’apertura del vano centrale che dà sul cortile (questo è il
nucleo abitativo che ha significati simbolici); a fianco al vano centrale abbiamo 2 vani
laterali. Nel cortile viene ritrovata una fossa con resti di vasi a carattere votivo:il cortile
quindi sembra quindi uno spazio rituale, in cui venivano messi dei vasi votivi.
Anche qui abbiamo decorazioni, cioè delle lastre utilizzate come rivestimento delle travi:
le lastre sono a stampo dipinte e si è cercato di ricostruire il numero delle lastre e la loro
posizione. Le decorazioni hanno 2 sfere semantiche: abbiamo lastre che si riferiscono al
banchetto, che però qui è maschile (le lastre sono realizzate da artigiani di Cerveteri);
nel banchetto abbiamo il lusso e il consumo di vino e cibo, inoltre è presente anche la
danza sfrenata e orgiastica. Abbiamo poi un altro tema che non è presente a Murlo, cioè
quello delle imprese, rese attraverso il mito: sono presenti guerrieri e in una lastra
abbiamo, da dx a sx, la partenza del guerriero, che sta per salire su un carro guidato da
un’auriga e questo è un tema ricorrente nella ceramica greca ed etrusca; in questa
scena inoltre abbiamo un guerriero che strozza un leone. Nell’altra lastra invece il
movimento è opposto, da sx a dx, ci sono sempre i guerrieri e c’è sempre Eracle che
però ritorna da una sua impresa e quindi la lastra rappresenta il ritorno-trionfo. L’impresa
è stata trionfante e lo capiamo dal fatto che Eracle porta con sé i due animali che
doveva sconfiggere: Eracle inoltre dopo le sue imprese raggiungeva l’immortalità, che
viene simboleggiata dal carro con i cavalli alati (la biga). Questa immagine non è una
narrazione, ma è un inserto che riesce a richiamare alla mente tutte le imprese di
Eracle: siamo nel VI secolo a.C. e in questa fase, in Etruria, avviene un declino
dell’aristocrazia. Gli etruschi aristocratici ricorrevano al mito per legittimarsi e per
legittimare il loro potere, non potevano più ricorrere alla loro genealogia: il potere era
legittimato attraverso le imprese; la città continuava ad avere una struttura oligarchica
ma c’è un cambiamento nell’ideologia del potere, cioè il potere non è più trasmesso ma
si deve conquistare.
Queste immagini che ci parlano di miti ci mostrano un mondo che si sta trasformando:
Eracle ha fortuna per le sue doti, per il favore divino e conquista la sua condizioni di
immortale dopo ben 12 imprese (questi eroi erano il terreno su cui potevano incontrarsi i
popoli con storie diverse; l’altro terreno comune era la religione). Eracle rappresenta
l’uomo che sale al potere grazie alle sue capacità e alle sue fatiche: è questa la chiave
di lettura delle lastre di Acquarossa. C’è uno SCARTO fra l’ideologia delle due famiglie
aristocratiche di Murlo e Acquarossa: lo scarto non è cronologico ma ideologico; a Murlo
la società era più conservatrice e l’aristocrazia era ancora legata ai maiores, ad
Acquarossa invece il potere derivava dalle imprese; c’erano quindi figure di tiranni e
“homines novi”, che salgono al potere o per censo o perché riescono a gestire bene le
proprie truppe e l’esercito. Ad Acquarossa non ci sono i maiores sul tetto per proteggere
la famiglia ma ci sono delle lastre che suggeriscono un paragone fra Eracle e la famiglia
aristocratica. Ad Acquarossa il titolare del palazzo di fa rappresentare come Eracle in
una scena in cui si combina il trionfo (rientro dopo una battaglia vittoriosa) con
l'apoteosi, quindi la divinizzazione dopo aver compiuto un’impresa importante. In Etruria
meridionale la situazione è più conservatrice, gli aristocratici sono ancora potenti in virtù
della loro genealogia e non delle loro imprese: a Murlo questa regia viene vista come un
pericolo e per questo viene distrutta. L’aristocrazia che aveva dominato prima non è più
tollerata perché la città e la struttura sociale stanno cambiando: infatti nel palazzo di
Acquarossa non ci sono più le statue acroteriali, ma solo le lastre con Eracle; sembra
Eracle l’antenato.
Ci spostiamo a Veio Piazza d’Armi, una località che si trova su una rupe rialzata rispetto
al pianoro su cui sorge la città di Veio: grazie a questo caso possiamo parlare di “luoghi
della memoria collettiva”. In questo luogo ci sono i segni della formazione della città di
Veio, cioè del lento arrivo nel IX secolo di genti diverse che formeranno il popolo di Veio.
Al centro del pianoro c’è un’area oggetto di venerazione: abbiamo una tomba a fossa
con un individuo inumato, risalente al IX secolo e questa è un’eccezione, perché in
quegli anni si cremavano gli uomini e le donne e si sistemavano i loro resti negli ossuari
(siamo quindi di fronte ad un’anomalia funeraria); le altre tombe stanno al di fuori del
pianoro, lungo le vie di percorrenza. Un altro elemento importante è la posizione di
questa tomba, infatti non siamo in una necropoli ma in un’area abitativa e questa
procedura era normalmente vietata. Abbiamo poi una fossa che ci ha restituito resti di
un sacrificio animale e di un focolare, inoltre l’inumazione prima era contenuta in una
capanna e poi in un recinto. Questo luogo è quindi un luogo di culto, testimoniato dai
resti del focolare e del sacrificio: la tomba del defunto era così importante da essere
inserita in questo contesto e da essere stata protetta prima da una capanna e poi da un
recinto. Forse possiamo vedere la tomba come quella di un eroe o di un fondatore,
inoltre nel VII secolo, nello stesso punto in cui c’era la sepoltura, si realizza una strada
che rispetta l’orientamento della fossa: la strada è parallela alla tomba dell’uomo; quindi
quando si costruisce qualcosa attorno a questa tomba si deve rispettare il senso e la
collocazione di quest’ultima, è lei che detta legge. Quando la strada viene realizzata ha
2 solchi che definiscono i margini e poi ci sono i muretti di delimitazione della strada: i
solchi non sono canaletti di scolo ma sono SOLCHI RITUALI, tracciati agli albori della
costruzione di questo pianoro e quindi significa che la sepoltura dell’antenato e la strada
rispondono ad un bisogno rituale e condizionano tutti gli eventi, da lì in poi. La
definizione di una strada con solchi rituali si accompagna poi alla realizzazione di un
Palazzo, fatto con tufo e pietra: aveva 3 vani e un grande cortile recintato, inoltre in
corrispondenza di uno degli ingressi c’è una fossa precedente all’edificio, in cui è stato
seppellito un altro individuo inumato, altra sepoltura anomala.
Sequenza dei fatti: IX secolo, prima sepoltura che dà avvio ad una sacralità, che viene
rispettata; VIII secolo, nuova sepoltura; VII secolo, costruzione del Palazzo. Il palazzo si
dota anche di un edificio di culto, un oikos, decorato con lo stesso sistema di
Acquarossa, come le antefisse a volti femminile intermezzate da felini e lastre di
rivestimento che ci mostrano tutte scene a stampo militare: ci sono cortei di guerrieri su
carri (partenza di guerrieri) che vanno in 2 direzioni, perché le lastre dei tetti sono
concepite per arrivare entrambe all’apice del tetto, al columen. In un altro edificio di
questo complesso sono stati ritrovati i resti di una statua acroteriale: abbiamo un uomo
in piedi con il cane e con la mano poggiata sulla testa dell’animale (forse c’è un richiamo
ai personaggi presenti nei Poemi omerici, come Ulisse e il suo cane Argo). La statua
simboleggia il potere del signore, inoltre la reggia è stata realizzata più in alto rispetto al
pianoro di Veio e quindi le statue si vedevano anche dal basso e in quest’area c’è tutto
ciò di cui ha bisogno il gruppo aristocratico che risiede nel palazzo: c’è una struttura
abitativa, c’è la dimostrazione di un potere militare e c’è un oikos che rimanda al potere
religioso. Però questo impianto ideologico vede diminuita la sua importanza, perché i
luoghi della memoria scendono, non si trovano più in questa zona rialzata ma nel
pianoro e vengono costruiti i grandi templi di Veio, in cui si svolge anche la pratica del
dono, con la quale gli aristocratici si rivolgono al Dio e gli aristocratici si fanno raffigurare
in Statue che rappresentano Eracle che si fa incoronare. In ogni caso nel pianoro di Veio
la comunità si trova a trattare con politici aristocratici che hanno una nuova idea di
potere: siamo nel VI secolo, fase in cui l’aristocrazia viene messa in discussione e
possiamo dire che in questo luogo è stata costruita la memoria di un’intera comunità.
Nel VI secolo però tutto questo viene abbandonato: il palazzo di Veio e le appendici non
sono più luoghi della memoria: i nuovi luoghi della memoria sono i templi e i santuari; il
palazzo però rimane la testimonianza di un’aristocrazia che si basa su fondatori mitici e
antichi. L’ultima espressione di un potere aristocratico che si concretizza in
nell’architettura domestica si trova a Roselle a Firenze: questo centro si trova fra due
colline con un avvallamento centrale e in questo punto si trovano le tracce di una
residenza, che possiamo definire “regia” (centro del potere e religioso). C’è un intreccio
di muri e abbiamo una struttura muraria realizzata in mattoni crudi che porta ad un
elemento centrale di forma quadrata con un interno circolare. Accanto all’elemento
centrale sono stati ritrovati dei resti di capanna: l’edificio centrale aveva un tetto
stramineo, fatto da fibre vegetali, inoltre il suo corpo è fatto da blocchi che all’interno
sono curvi e quindi entrando in questo edificio si ha l’impressione di ritrovarsi all’interno
di una capanna. Qui sono stati ritrovati molti resti di Olle e pesi da telaio, che ci fanno
ipotizzare attività di tessitura e filatura. In questa struttura di Roselle possiamo
riconoscere un luogo di culto, perché al suo interno sono stati ritrovati i resti di un
focolaio e di un telaio, inoltre erano presenti derrate alimentari, tutti elementi che
avvicinano questo luogo al santuario romano di Vesta; abbiamo però anche molti resti di
vasi da banchetto e questi ci fanno pensare che qui si svolgessero feste simposiali
(banchetti). Torelli ha ipotizzato che questa fosse un’abitazione in cui una famiglia
aristocratica poteva svolgere una liturgia alla quale poteva partecipare la comunità:
questo luogo quindi era contemporaneamente la sede del potere politico e religioso. La
famiglia svolgeva anche dei banchetti in questo edificio, inoltre erano presenti iscrizioni
con formule di dono: una formula di posseso può comunque simboleggiare un dono,
però in Etruria si elabora proprio una nuova formula di dono, strutturata attorno al verbo
“muluvanike”, che significa “donare”. La formula completa è “mini muluvanike”, che
tradotta è “io/me donò..”: si mette l’attenzione su colui che dona l’oggetto e non su colui
che lo riceve; questa formula ha molta fortuna perché si concentra sul passaggio da una
mano all’altra del dono. Questa regia di Roselle quindi dà spazio, attraverso le iscrizioni,
alla volontà di esibire il fenomeno del dono, fenomeno che ruota tutto attorno al
passaggio di mano in mano degli oggetti, che quindi accumulano in sé la storia dei
propri possessori.
LEZIONE 14
ARCHITETTURA RELIGIOSA
Il potere religioso e la gestione del sacro era nelle mani degli aristocratici ed era un loro
punto di forza e ad Acquarossa c’erano delle strutture che potevano essere utilizzate a
scopo religioso e sacro. Abbiamo un luogo detto “complesso sacro-istituzionale della
civita di Tarquinia” che viene definito anche “complesso monumentale”: qui c’era un
abitato distribuito in molte zone, come Pian della regina e Pian di Civita. Nel pian della
regina sorgerà un tempio detto “ara della regina”, il quale verrà costruito proprio nel
cuore di questo pianoro verso il VI secolo a.C.
Pian della regina instaura una dialettica con il Pian di Civita: il secondo è antichissimo e
presenta attestazioni risalenti all’età del Bronzo, quando si stava formando la città e la
società; invece Pian della Regina segna un mutamento della città. Entrambe le zone
sono luoghi sacri che contribuiscono a formare la memoria culturale di una città società:
a Civita non sono presenti templi, cioè edifici elevati su podi e questa assenza non è
casuale, infatti in altri luoghi sacri Etruschi non si sono mai costruiti edifici monumentali
come i templi. La costruzione di un tempio dipende dalla natura del culto e
dall’importanza di questo culto in termini civici e pubblici.
I muri ritrovati a Civita non appartenevano ad edifici, quindi siamo di fronte ad un’area
sacra con solamente 1 edificio, inoltre è presente un crepaccio naturale, che è l’origine
della storia di questo luogo. Il crepaccio si trova al centro di tutto il sito, cioè attorno a
questa cavità verrà costruito tutto il complesso: in questo crepaccio converge una
canaletta e simbolicamente ciò rappresenta che in questo punto convergono tutte le
azioni rituali e sacre. Questo complesso sacro-istituzionale ha suscitato tante
discussioni riguardo all’etichetta che gli si doveva attribuire: qui sono state rinvenute
delle sepolture anomale (come a Veio, che vengono spiegate come un culto dedicato ad
un fondatore, perché queste tombe sono state conservate nel tempo e attorno ad esse
sono stati compiuti sacrifici carnei fatti con il fuoco= siamo davanti ad un esempio di
culto degli antenati): queste sepolture riguardano i neonati, che vengono sepolti in un
recinto non coperto. Questa però non è una necropoli, per questo definiamo queste
sepolture anomale, inoltre siamo nel mezzo di un abitato e generalmente le necropoli
stavano al di fuori di esso.
La storia di Civita inizia nell’età del Bronzo, cioè in una fase che precede la formazione
della comunità di Tarquinia: in questi anni la popolazione sparsa in questo pianoro
decide di riunirsi e fondare questo centro abitato (fenomeno del sinecismo); siamo nel X-
IX secolo e nell’VIII secolo l’area delle case abitate e della necropoli è stata stabilita e
non cambierà mai. Nel Crepaccio di Civita si buttavano oggetti sacri e si accendevano
fuochi, inoltre c’è stata la sepoltura di un bambino di 9 anni e l’analisi antropologica ha
stabilito che la morte di questo bambino era dovuta ad una malattia, definita al tempo
“morbo sacro” (oggi la chiamiamo epilessia). Nel IX secolo in bambino viene inumato ma
generalmente in questo arco temporale l’Etruria brucia i suoi morti e non li seppellisce,
inoltre il corpo del bambino è inserito in un luogo che NON è una necropoli; il bambino è
sepolto nudo, senza corredo, ha solo una catenina. Attorno a questa tomba si creano
delle strutture come i recinti lignei (che non sono monumentali) o delle edicole, che
identificano il luogo come “Luogo di sepoltura del bambino”. La storia di questo luogo è
legata alla cavità: attorno ad essa vengono realizzate delle buche in cui poi si sistemano
i resti delle azioni votive compiute. Nel sito poi viene creato l’edificio chiamato “beta”: è
l’unico edificio del luogo ed è costituito da 3 spazi, uno chiuso e 2 recinti aperti laterali;
l’edificio è ad oikos, con una partizione interna e nell’ambiente interno abbiamo una
piattaforma che costituisce un altare e l’altare è collegato alla canaletta che giunge fino
alla cavità naturale (i liquidi del sacrificio arrivano all’interno della cavità). Il muro attorno
dell’edificio è costituito da pilastri che si susseguono e questa tecnica è molto diffusa in
Oriente, soprattutto a Cipro. Cipro aveva influenzato i tumuli di Tarquinia nella creazione
di uno spazio cerimoniale davanti alla camera della defunta: abbiamo quindi una
conferma della relazione fra le élite di Cipro e quelle di Tarquinia. L’edificio Beta è
collocato in un’area che non è ricavata in maniera casuale: siamo nel VII secolo e
questo è uno dei casi più antichi in cui possiamo riconoscere dei principi geometrici che
rispondono al concetto di armonia degli spazi. La cavità stava dietro all’edificio Beta,
mentre davanti c’era un deposito votivo formato da 2 fosse rituali, collocate in
corrispondenza dell’ingresso e questo deposito risale alla fondazione di questo edificio.
La storia di questo complesso prosegue con la realizzazione di pozzi e di muri che
circondano l’edificio beta. Nel VI-V secolo c’è un cambiamento importante: la cavità
viene obliterata, chiusa e tutta l’area si configura in maniera differente.
Quando viene costruito l’edificio beta si compie un atto rituale di fondazione e possiamo
chiederci cosa ci fosse dentro le fosse davanti all’edificio: si è scoperto che le fosse
contenevano i frammenti degli oggetti usati durante la cerimonia e da una parte c’erano i
vasi utilizzati per il consumo di cibo e di vino e dall’altra degli oggetti in bronzo carichi di
significati istituzionali.
Si è potuto risalire ad un evento che ha comportato la partecipazione di almeno 2
persone ad una cerimonia, formata da un sacrificio carneo e dalla rottura di 3 oggetti, un
grande scudo (che è stato ripiegato su se stesso), uno strumento simile ad un’ascia e
una tromba che era stata ripiegata in 3. La tromba doveva produrre un suono molto
basso e sordo: non era un suono musicale, ma era un suono che poteva essere sentito
anche da molto lontano, quindi non siamo davanti ad uno strumento musicale, ma ad
uno strumento usato in guerra per richiamare le truppe (dava il segnale di inizio o ritirata
delle truppe). Questi 3 oggetti avevano un significato: lo scudo è un’arma di difesa,
l’ascia è sia un’arma usata dai guerrieri sia uno strumento di lavoro, e la tromba a liuto.
Gli oggetti sono stati usati durante un’azione votiva-sacrale e sono stati utilizzati da una
figura che aveva in sé un potere politico, un potere militare e un potere religioso=
probabilmente la cerimonia era stata officiata da un uomo che distruggeva i simboli del
potere. Ognuno di questi oggetti aveva una sua sfera: scure = sfera sacrale; tromba=
sfera militare; scudo= sfera politica.
Ritorniamo quindi ad un esempio di edificio in cui sono racchiusi tutti e tre i poteri, un
edificio che non aveva bisogno di un completamento esterno perché aveva in sé tutto
ciò che serviva come a Murlo. Questo complesso ci mostra un legame con una divinità
che però non riusciamo a decifrare fino al VII secolo: in questo secolo l’epigrafia ritrova il
nome di Uni, Dea etrusca che non è altro che la Dea greca Era. Però non sappiamo se
questo culto per Uni è lo stesso culto che si celebrava all’inizio in questo luogo; nelle fasi
iniziali si dà molta importanza agli aspetti naturali e gli oggetti ritrovati dentro al
crepaccio ci indirizzano verso una Dea femminile legata alla natura, perché nel
crepaccio sono state buttate tantissime corna di cervo lavorate. Tra il IX e l’VIII secolo la
Dea del luogo viene associata alla fertilità e ha una connotazione ctonia, legata al
crepaccio, nel quale vengono lasciate anche gusci di tartaruga (tartaruga= riesce ad
incunearsi nella terra e raggiungere le profondità). Gli oggetti inoltre ci fanno pensare ad
una divinità femminile che protegge e custodisce la terra: protegge sia la fertilità agraria
che umana.
Poi nel VII secolo viene fatta un’iscrizione che definisce la divinità: però forse alla
divinità femminile venerata nel IX secolo si sovrappone la divinità etrusca Uni, una Dea
che protegge la comunità, la vita, la fertilità. Il culto tributato alla Dea è legata alle
deposizioni e inumazioni di individui, soprattutto bambini: nel X-IX secolo qui era stato
sepolto il bambino epilettico, poi una donna e un uomo (siamo nel fra VIII e VII secolo),
poi 5 neonati, un fanciullo e un “uomo di mare” (definito così perché lo studio del DNA
ha mostrato che era straniero, quindi abbiamo la sepoltura di un uomo straniero in un
contesto sacro). I sacrifici umani erano noti in Grecia e in Etruria, non erano delle
anomalie ma delle eccezioni: il bambino epilettico viene sepolto qui perché la sua
malattia lo rende un “monstrum”, cioè un individuo che si pensava potesse comunicare
con una dimensione sovrumana e questo è una caratteristica che lo avvicina ad una
dimensione divina. Monstrum, in latino, significa prodigio e nel VII secolo, vicino alla
sepoltura del bambino, viene ritrovato un frammento con una parola “terela”, che in
etrusco significa “Monstrum”=quello che ci impressiona è che nel VII secolo si ricorda la
natura di un bambino sepolto nel IX secolo; il bambino dà quindi avvio ad un fenomeno
che continua nel tempo. I neonati vengono sepolti sempre vicino ai muri, sotto le
fondazioni, quindi siamo davanti a delle deposizioni che riguardano l’atto del “fondare”:
c’è tutta una letteratura che ci parla di bambini sepolti durante la fondazione di ponti,
edifici e chiese: Eliad ha collegato il sacrificio di questi neonati all’idea di “voler dare vita
ad un edificio” collegando nelle sue fondazioni l’emblema stesso della vita, cioè il
neonato. I bambini, nel sito etrusco, sono stati ritrovati all’interno del recinto aperto e
probabilmente erano un sacrificio, come il bambino epilettico, che garantiva la vita
perenne all’area, agli edifici, alle strutture e alla comunità del luogo. Quindi il tema della
vita, collegato alla Dea qui venerata, era legato anche alle sepolture: qui era presente
anche un Re-sacerdote, identificato dai simboli in bronzo descritti sopra. Nel VII secolo
probabilmente si compie un rito di investitura, simboleggiato dagli oggetti ritrovati.
Il luogo è definito come “spazio in cui si venera Uni, Dea che dà vita alle città (Dea
poliadica)”: la nostra analisi ci ha permesso di individuare un luogo sacro che però
assume delle connotazioni politiche. Nel VII secolo lo scenario è questo, mentre nel VI
secolo iniziano a nascere i templi.
IL BANCHETTO= Possiamo riconoscere 2 modalità di consumo del cibo e del vino:
banchetto seduto e banchetto semisdraiato; il primo banchetto è legato al mondo
Omerico, infatti Omero ci descrive dei banchetti in cui le persone erano sedute sui troni
e consumavano cibi e bevande (usavano coppe lussuose) e grazie alle narrazioni di
Omero possiamo ricostruire i gesti che venivano fatti, ricostruzione che avviene anche a
partire dai reperti etruschi. Un esempio sono i cinerari con coperchi in cui venivano
rappresentati i defunti, seduti mentre compiono un banchetto, oppure dei coperchi con
una defunta circondata da statuette che si disperano durante il pianto funebre (il
coperchio, nei vasi, è destinato quasi sempre al defunto). Possiamo parlare di banchetto
seduto anche nella zona di Chiusi: abbiamo canopi simbolici che sono sistemati su troni
e davanti hanno le tavole imbandite, come se il personaggio rappresentato sul coperchio
del canopo (vaso), che in genere è il defunto, stesse seduto davanti alla tavola del
banchetto. Nelle raffigurazioni i banchetti sono immersi in uno scenario musicale e di
danza: questi non sono elementi di minore importanza, anzi il banchetto girava attorno
alla musica e alle narrazioni epiche degli aedi. Il banchetto seduto appartiene sia al
mondo omerico sia al mondo vicino orientale: in questo secondo mondo, a Megido,
vengono consumati cibi e bevande come si faceva durante i banchetti greci. Questa
modalità di consumare cibo e vino non è nuova in Etruria: nella tradizione etrusca era
già presente questa usanza, infatti negli ossuari ci sono figure schematizzate che
siedono assieme; il vino consumato durante i banchetti etruschi sono diversi, possono
essere locali, greci, orientali e ogni vino ha i suoi riti e i suoi gesti di consumo. C’è quindi
un insieme di flussi che raggiungo l’Etruria e nelle tombe riusciamo a riconoscere gli
strumenti per la preparazione del banchetto e uno di questi è una grattugia, che viene
sempre associata ai vasi e agli strumenti per preparare/consumare il vino come i
mestoli, per prendere su il vino e filtri. La grattugia nell’Iliade è utilizzata per produrre un
vino particolare (kukeon): si preparavano le cipolle e si mescolava nel vino sia il
formaggio sia la farina e per questo doveva essere filtrato. La grattugia serviva a
testimoniare, nelle tombe etrusche, il fatto che questi defunti sepolti preparassero il vino
“alla greca”, preparato dagli stessi eroi omerici. Il banchetto quindi non è un fenomeno
che arriva da fuori e si radica in etruria, ma è un fenomeno già presente che viene
rimodellato e adattato alla tradizione etrusca.
LEZIONE 15
Nel VII secolo abbiamo 2 modi distinti di fare banchetto: quella che abbiamo analizzato
nella precedente lezione è quella che deriva dall’oriente e dal mondo greco-omerico, in
cui assistiamo ad un banchetto seduto, con la mensa davanti e consumano il vino nei
crateri. L’etruria entra a far parte della consuetudine del banchetto e del consumo del
vino e diventa un luogo in cui si fa propria questa azione: nelle prime ceramiche si
raffigurano le persone a banchetto, sedute vicino (queste figure risalgono al periodo
villanoviano, quindi l’usanza del banchetto era molto antica, inoltre si utilizzava il vino
locale). Il banchetto coinvolge la sfera funeraria, è legato al culto degli antenati e alla
sfera dell’oikos (per esempio ci sono panchine nelle case per il banchetto, oppure nei
palazzi principeschi abbiamo spazi per cerimonie collettive come i banchetti), infine il
banchetto permette agli aristocratici di ostentare i loro arredi, le ceramiche e i vasellami.
Il banchetto ci è testimoniato anche a partire dai set da banchetto ritrovati in Etruria: ci
sono corredi ritrovati nel mondo latino-proto romano che sono molto simili a quelli
etruschi (linguaggio trasversale senza barriere e comunicazione fra elite etrusca e
laziale). Il caso che analizziamo è quello di FICANA, un’abitazione laziale che ci ha
restituito un complesso di vasi appartenente ad un vero e proprio set: il corredo è posto
da vasi locali prodotti imitando i vasi mediterrani i greci; abbiamo calderoni in argilla (e
non in bronzo), supporti, vasi potori di origine etrusca che riprendono le forme corinzie
(altra imitazione), ma con decorazioni di tipo fenicio (palmette), quindi siamo di nuovo
davanti ad una commistione di stili e non riusciamo ad etichettare questi vasi in una
maniera univoca. Abbiamo poi piatti, olle (grandi contenitori per vino o derrate
alimentari), ciotole e pissidi: il set quindi è composto da tantissime forme vascolari e
comprende anche 30 vasi, che possiamo ricollegare ad un banchetto collettivo (al
banchetto in questione hanno partecipato molte persone= offrire il banchetto era un
simbolo della potenza della famiglia aristocratica).
SATRICUM= Siamo nel Lazio e vediamo come il banchetto è legato alla tradizione
precedente, infatti in una capanna del IX secolo è stato ritrovato un set da banchetto,
che ci parla dei prodromi della cultura materiale che ci porteranno al banchetto del VII-VI
secolo. Questi casi ci aiutano a ricostruire la natura del fenomeno del banchetto.
La seconda modalità di banchetto è quello SDRAIATO (la prima era quello seduto): la
prima raffigurazione la troviamo nella Necropoli di Tolle, vicino a Chiusi; in questa
necropoli c’è una tomba del VI secolo e nel cinerario è stato ritrovato, sul coperchio, una
figura sdraiata su un kline; il cinerario è del VII secolo e quindi il banchetto semisdraiato
era già diffusa in questi anni, ma in oriente era già presente nel IX-VIII secolo e da qui si
diffonde in Grecia e in Mesopotamia.
In questo tipo di banchetto gioca un ruolo importante il rituale del MARZEAH: questo
rituale ci è testimoniato da testi e da raffigurazioni; nella Bibbia si parla di banchettanti
distesi su letti d’avorio, mangiano carne di agnello e vitello, bevono vino da coppe e si
ungono con oli preziosi. La cerimonia in questione era qualcosa di elitario, che distingue
gli aristocratici dalla plebe e viene accolta in etruria, però viene unita agli antenati
(aspetto funerario); anche nel Marzeah però c’è un aspetto funerario, perché a questa
cerimonia partecipano gli eroi antenati e gli Dei= è quindi una riunione di persone legate
fra loro da una condizione sociale elevata, inoltre in questo contesto era importante la
danza e il racconto degli eroi. Il banchetto è l'occasione per sviluppare l’arte del racconto
e della musica e lo stesso valeva per il marzeah, che arriva in etruria grazie ad alcuni
veicoli: abbiamo una coppa fenicio-cipriota che viene importata in Etruria e nel Lazio e
che si affianca all’immaginario del potere; nella coppa sono raffigurate delle persone
intente a celebrare il marzeah.
Il marzeah trasmesse dei valori connessi alla genealogia e gli antenati e il mondo greco
accoglie questa consuetudine ma la rielaborava, facendovi partecipare solo un circo
chiuso (consorteria maschile) e quindi il marzeah viene modellato sullo stile del
simposio. Questa consorteria chiusa, formata da persone della stessa classe sociale
arriverà in Etruria e vi si radicherà. Quando il banchetto semisdraiato arriva in Etruria ne
vediamo alcune rappresentazioni: a Cerveteri è stato ritrovato un vaso che rappresenta
questo banchetto ma che è stato prodotto a Corinto. Il cratere in questione viene definito
il “banchetto di Eurizios”: Eracle fece un patto con il Re Eurizio per sposare sua figlia,
c’è una prova con l’arco, Eracle vince ma Eurizio non gli vuole concedere la figlia. Nel
vaso è rappresentato un banchetto esclusivamente maschile, al quale partecipa anche
Eurizio: i banchettanti sono stesi sul letto e abbiamo cani sotto le tavole per mangiare i
resti, inoltre sono presenti grandi calderoni, personaggi che stanno portando ai
banchettanti il cibo e le bevande. I temi che troviamo su questo cratere sono vari: il
cratere simboleggia il vino ma nella raffigurazione abbiamo anche il tema della caccia,
rappresentato dai guerrieri, poi abbiamo la guerra e il matrimonio fra Eracle e la figlia di
Eurizio, Iole. Questo cratere era posseduto da un aristocratico etrusco di Cerveteri:
queste rappresentazioni possono essere state utilizzate come modello per le lastre di
Murlo ed Acquarossa.
A Veio invece è stato ritrovato un’olpe corinzia, soprannominata “Olpe Chigi”, che è
stata ritrovata in un tumulo di Veio, in cui era sepolto un aristocratico; la località era
quella di Monteguzzo. Il tumulo è stato saccheggiato e quindi non possiamo analizzare
tutto il corredo, però sappiamo che il tumulo aveva un diametro di 60 metri, era quindi
monumentale. L’anfora qui ritrovata è ricoperta di segni e di sillabe, inoltre presenta 3
registri, in uno abbiamo la caccia eroica al leone e al cinghiale, ma anche quella alla
lepre (mondo selvaggio), poi abbiamo la partenza del guerriero su carro per la guerra e
nel registro superiore abbiamo delle truppe che si affrontano (di nuovo guerra e aspetto
militare: gli eserciti sono al servizio dei principi). Quest’olpe è stata interpretata come
un’esemplificazione delle tappe della vita di un principe: si parte dalla fase giovanile
rappresentata dalla caccia, poi abbiamo la fase della guerra e del comando dell’esercito.
A Murlo abbiamo un banchetto misto, con uomini e donne, e presenta sia elementi
orientali sia greci, invece ad Acquarossa abbiamo il costume greco, infatti al banchetto
partecipano solo gli uomini.
Abbiamo poi il cratere Francois, ritrovato a Chiusi, di produzione Attica di eccezionale
livello: siamo nel 560 a.C. e quindi alle prime produzioni degli artigiani di questa zona,
ma che dimostrano comunque una grande maestria. Il vaso era stato commissionato da
un potente aristocratico ad artigiani con un’ottima maestria e nel vaso abbiamo una
collezione di racconti greci: sono rappresentati Teseo, Achille, Patroclo e i suoi funerali,
quindi c’è una grandissima concentrazioni di miti eroici, miti che parlano dei valori
fondanti dell’aristocrazia. Abbiamo una caccia eroica contro il cinghiale, una corsa sulle
bighe e le nozze di Peleo e Teti alle quali partecipano le divinità (il tema della nozze era
anche nel vaso di Eurizio=rete di collegamenti). Abbiamo poi un personaggio, il solo che
guarda frontalmente l’osservatore e questa è la più antica rappresentazione di Dioniso
che partecipa alla processione di Peleo e Teti; è Dioniso perché è uno dei pochi
personaggi che viene raffigurato frontalmente, come la Gorgone. Dioniso quindi si pone
all’interno di un elenco di divinità.Il banchetto in Etruria era il luogo in cui si sviluppavano
le grandi arti come la musica e il racconto.
LA RICEZIONE DEL MITO GRECO IN ETRURIA
Cratere di Aristonothos: è stato ritrovato a Cerveteri e quindi un principe di questa zona
aveva adottato questo vaso per i suoi significati; il cratere ha un lato con l’accecamento
di Polifemo e la naumachia (battaglia fra due navi). Il vaso è stato concepito in maniera
unitaria e trasmetteva vari messaggi: l’artigiano si firma Aistonothos, che significa “il
migliore fra coloro che non possiedono una genealogia) e decide di rappresentare la
scena di Odisseo, eroe che è dotato di methis, cioè dell’intelligenza che serve per
superare i pericoli del mare. Odisseo però è anche mediatore fra mondi diversi, inoltre è
un eroe civilizzatore che personifica l’incontro con l’altro qui rappresentato da Polifemo
che viene domato e civilizzato da Odisseo. Polifemo però non è solo un essere
selvaggio, ma è anche uno di quegli esseri che definiscono la geografia dell’Odissea
tirrena (assieme a Scilla e Cariddi). Siamo quindi davanti ad una scena in cui c’è
Odisseo che è l’eroe che condanna il comportamento che non è conforme alle regole=
Polifemo consuma vino in maniera smodata, senza mescolarlo con l’acqua, inoltre è un
pastore. Abbiamo poi un pithos, un contenitore di vino, in cui è presente l’accecamento
di Polifemo: Polifemo rappresenta la natura selvaggia, è seduto per terra, è nudo,
consuma il vino in modo eccessivo, ha due gambe umane in mano e il suo accecamento
non è altro che un’azione civilizzatrice. Mentre in un’immagine di un artista etrusco
vediamo Polifemo seduto, come un Re e davanti a lui c’è un’anfora piena di vino (ancora
Polifemo legato ad un ambiente selvaggio), ma questa volta è rappresentato come un
uomo civilizzato= Polifemo è sempre l’altro, ma gli etruschi si identificano comunque
nell’altro e per questo viene nobilitato, anche se i suoi gesti, come bere troppo vino,
vengono ancora condannati. In un’altra anfora abbiamo l’immagine di una sirena,
raffigurata in maniera frontale assieme ai mostri, che simboleggiano i pericoli del mare e
della morte. In altri vasi (oinochoe) abbiamo la raffigurazione di navi e pesci che si
riferiscono ai pericoli del mare. Abbiamo poi un Kantharos per il consumo del vino in cui
è raffigurata una grande nave con guerrieri sullo scafo e vengono trasportati dei cavalli
da scambiare con altre merci. Abbiamo ancora 2 pissidi ritrovate nella tomba della
Pania= nella prima pisside abbiamo almeno 3 registri e in alto abbiamo la nave di
Odisseo e Scilla che la minaccia (paradigma del pericolo); nel secondo registro abbiamo
la foresta, che è il loro dell’iniziazione del giovane, è un luogo selvaggio in cui abitano i
mostri che gli eroi devono domare, è un luogo della caccia e dove il giovane diventa
adulto e questo tema è simile alla Tomba di Veio (avevamo un giovane su cavallo che
ha una duplice valenza, la caccia e la partenza per un’impresa=è quindi un giovane che
parte per la sua iniziazione per diventare un adulto) e poi abbiamo la danza funebre e il
tema della morte dell’eroe (la danza nobilita il principe). Nella Pisside quindi abbiamo il
tema del viaggio, che passa per Odisseo, arriva nella Foresta e si conclude con un altro
viaggio, che è quello funebre. Abbiamo poi la seconda pisside, con la partenza del
guerriero salutato da un corteo femminile, in seguito ci sono i compagni di Ulisse che si
aggrappano sotto gli arieti e poi i Buoi di Gerione. In genere sono i principi che
conoscono i miti, i simboli e i valori sociali e politici del mito che commissionano questi
vasi per legittimare la loro posizione. Abbiamo anche altri vasi con scene semplici che
ritraggono Orfeo e gli Argonauti durante la loro danza acrobatica e qui c’è il tema della
regalità, perché durante i funerali del Re viene eseguita una certa danza. Gli argonauti si
riferiscono alla ricerca del metallo. In un altro vaso abbiamo un uomo e una donna: la
donna tocca la barba del personaggio maschile e forse è Teti che si avvicina a Zeus e lo
supplica o forse sono Menelao ed Elena (questo gesto è tipico dei poemi omerici). In un
altro vaso etrusco abbiamo una raffigurazione di Medea, davanti al drago della Colchide:
anche qui siamo davanti ad un estratto di un racconto riguardante il viaggio di Medea;
forse questa immagine doveva dare avvio al racconto di Medea durante il banchetto,
oppure può essere collegata all’altro mondo. Abbiamo anche degli oggetti di oreficeria
etrusca matura con due scene mitologiche: il tema è quello della caccia contro i cervi
(animali familiari agli etruschi) e al leone (caccia orientale). Secondo alcuni studiosi però
siamo davanti alla Cerva di Cerinea e al leone di Nemea e quindi il guerriero sarebbe
proprio Eracle. Anche nel cilindro di un affibbiaglio a pettine è presente la caccia alla
cerva e al leone e quindi anche qui potremmo avere un richiamo ad Eracle (il mito è sia
nei grandi vasi sia negli oggetti che si indossano). In un cratere etrusco modulato sui
prodotti corinzi e ritrovato a Cerveteri abbiamo le imprese di Eracle, raffigurato con il
copricapo di Leone. Nel VII secolo in un pithos è stata raffigurata la fratellanza dei
Dioscuri con Elena, mentre di dubbia interpretazione è una bardatura equina, trovata a
Castel di decima: qui abbiamo un elemento in bronzo in cui c’è enea allattato da afrodite
e l’accecamento di Anchise. C’è poi una fibula da Vulci, in oro, con elementi figurativi
rappresentati da 2 guerrieri che si affrontano mentre gli uccelli volano e due leoni
ruggiscono; al centro c’è una svastica che dovrebbe rappresentare il culto del sole.
L’interpretazione è che questi due guerrieri siano alla pari, perché sono rappresentati
allo stesso modo, però gli uccelli volano in maniera differente: quindi forse i guerrieri
erano 2 gemelli che avevano consultato gli oracoli (uccelli) per decidere chi avrebbe
dato l’avvio alla fondazione di una nuova, città, cioè Roma (l’esito della contesa era
stabilito dagli Dei). Il tema della methis è riportata anche in un vaso in cui Atena nasce
dalla coscia di Zeus e una scena della caccia al cinghiale.
Infine abbiamo anche un’oinochoe, oggetto di scarso valore sul piano artigianale, ma la
sua superficie è decorata con immagini importanti (lo stile in realtà non è dei migliori) a
livello simbolico. L'oinochoe è quella della Tragliatella e rappresenta Teseo e la sua
conquista della regalità: il principe etrusco decide quindi di raffigurare una scena che
parla della sua regalità e del suo potere, della volontà di diventare qualcuno di
importante, che controlla la comunità. Nel vaso abbiamo anche Teseo che ha compiuto
la sua impresa e ritorna a Creta con Arianna: non c’è una sequenza logica; vediamo la
barca in verticale perché c’è poco spazio ed è verticale anche l’ariete, che viene
sacrificato. Abbiamo poi Arianna che dona il gomitolo a Teseo e nelle didascalie non c’è
il nome di Teseo e Arianna, ma abbiamo il nome del principe che commissiona l’oggetto
e si identifica in Teseo: lui è Mamarche, mentre la donna che dovrebbe essere Arianna
è Tesatei. Sotto abbiamo un personaggio femminile, Beleia, che non è presente nella
vicenda di Teseo. Nel vaso è presente la danza della geranos, che si svolge quando il
Re muore e cerca di renderlo un eroe= il tema è quello della regalità che si raggiunge
attraverso un’impresa (l’impresa di Teseo e del suo labirinto), ma anche della morte del
Re e della sua sostituzione con un nuovo Re; la ierogamia (unione fra Dei) fa parte della
sostituzione del vecchio Re , infatti la ierogamia deriva dall’oriente e richiama alla natura
speciale dei Re, che possono regnare grazie al favore degli Dei; nell’immagine abbiamo
anche due troni, perché abbiamo 2 unioni fra Dei e quindi nasceranno due nuovi eredi.

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