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Capitolo Secondo
L’ETÀ ROMANA (177 a. C. – 538 d. C.)
si ritirarono all’interno del vallo. Ben presto il panico invase l’ac- Parenzo, sarcofago romano
sua distruzione
fu sicuramente
di grande im-
portanza sia per
gli Istri, che per-
sero la propria
indipendenza,
sia per i Romani,
che risolsero una
volta per sem-
pre la questione
della pirateria
istrica che im-
pediva la libera
navigazione nel-
l’Adriatico set-
tentrionale. L’as-
sedio di Nesazio
Nesazio, pianta del sito con tutta probabilità non dovette durare a lungo se lo stesso anno
Claudio Pulcro, dopo aver sottomesso gli Istri, si portò con l’eserci-
to in Sardegna, dove pure riuscí vittorioso, sicché poté celebrare in
un anno due grandi vittorie militari. I Romani fecero prigionieri
più di 5.000 Istri, che vendettero come schiavi, mentre il bottino
venne diviso fra i soldati. Con ciò cessò la resistenza istrica, perché
“tutte le tribù in ogni dove consegnarono gli ostaggi e riconobbero
il dominio romano”.
Fu quella la fine dell’indipendenza istrica, ovvero l’inizio del
dominio romano in Istria. I Romani sottomisero l’Istria e gli Istri
I motivi della conquista non perché ci tenessero particolarmente, quanto perché non po-
tevano permettere che la pirateria istrica nell’Alto Adriatico fosse
d’ostacolo alla libera navigazione. Peraltro, proprio in quel perio-
do, Roma stava assurgendo a grande potenza politica e militare, in
procinto di allargare il proprio dominio in tutta l’area mediterra-
nea. Roma era già signora di tutta l’Italia, della Sicilia, della Sarde-
gna e della Corsica, della costa ispanica, di parte della costa illirica
nell’Adriatico meridionale e nel Mar Ionio, e mostrava interesse
ad espandersi politicamente verso la Grecia e l’Asia Minore, non-
ché l’Africa settentrionale. Era scontato che gli Istri non potessero
fermare quelle ambizioni.
L’eta’ romana ( 177 a.C. - 538 d.C. ) 85
tro gli Istri e i Giapidi. Una volta partito con l’esercito da Aquileia
alla volta della Macedonia di certo dovette attraversare il territo-
rio degli Istri (l’Istria settentrionale, la Cicceria). Non potendo
bastargli le riserve alimentari per trenta giorni, perché il viaggio
durava molto di più, forse era stato costretto a rapinare la popo-
lazione locale.
C’è un’altra considerazione da fare. Nel 172 a. C. la colonia
greca di Issa (oggi Lissa, Vis) aveva fatto sapere ai Romani che il
sovrano degli Ardei, Genzio, preparava la guerra contro di loro. I
Romani non avevano preso alcuna iniziativa contro Genzio fino
al 167 a. C., tuttavia l’avanzamento di Longino lungo la sponda
orientale adriatica può essere spiegato anche alla luce di tali fat-
ti. Forse, alla ricerca di gloria e di bottino, il console intendeva
sottomettere da solo Genzio. Nel fallimento della spedizione a
rimetterci furono solo gli Istri e i Giapidi. È curioso notare che
gli Istri, sconfitti solo qualche anno prima, dopo il saccheggio
dei loro territori perpetrato da Longino (presumibilmente nel-
la zona settentrionale, quella della Cicceria), nel 170 a. C. in-
viarono degli emissari a Roma, senza neanche tentare di cercare
soddisfazione con le armi per l’evidente ingiustizia subita. Anche
questo la dice lunga sulla situazione in Istria subito dopo la con-
quista romana. Sebbene sin dal 171 a. C. gli Aquileiesi dimo-
strassero di temere gli Istri che vivevano nelle loro vicinanze, e
quindi avessero chiesto al Senato di rafforzare le mura cittadine,
dopo l’arrogante spedizione di Longino gli Istri non iniziarono
La spedizione del 129 a. C. alcuna nuova guerra.
contro i Giapidi
Sul secondo episodio storico del II sec. a. C. le testimonian-
ze sono ancora più scarse. Si tratta della spedizione militare di
Gaio Sempronio Tuditano, console per l’anno 129 a. C., contro i
Giapidi e gli Istri. Sull’argomento non abbiamo testimonianze di
Livio, esiste solo un breve riassunto in cui si narra che nella guer-
ra contro i Giapidi il console Gaio Sempronio venne dapprima
sfortunatamente sconfitto, ma riuscì poi a prevalere grazie al suo
legato Giunio Bruto, quello stesso che in seguito avrebbe conqui-
stato la Lusitania. Anche lo storico Appiano accenna brevemen-
te al fatto che “Sempronio Tuditano e Tiberio Panduso mossero
guerra contro i�������������������������������������������������������
Giapidi����������������������������������������������
, che vivono al di qua delle Alpi, e a quanto
sembra li sconfissero”. Infine Plinio il Vecchio, nel descrivere la
posizione geografica dell’Istria, della Liburnia e della Giapidia,
L’eta’ romana ( 177 a.C. - 538 d.C. ) 89
3. IL SISTEMA ROMANO
(I secolo a. C. – III secolo d. C.)
Pinguente). Erano invece numerose nella Liburnia, perché lì non Confini orientali della X Regio Venetia
et Histria (Corbanese)
c’erano colonie né altri insediamenti di cittadini romani, e la mag-
gior parte dei più importanti castellieri indigeni si era trasformata
in centri urbani/municipali delle singole comunità..
Verso il 12 d. C. l’imperatore Augusto spostò il confine del-
l’Italia dal fiume Risano più a oriente, sul fiume Arsa, e lo fece dopo
che nel 16 a. C. in Istria ebbero fatto irruzione i Norici e i Pannoni
devastandola. Dopo la conquista e il consolidamento dell’autorità Venetia et Histria
romana quella fu l’ultima spedizione bellica in Istria di cui si abbia
notizia, alla quale seguì un lungo periodo di pace e di prosperità.
Dal punto di vista amministrativo e nell’ambito della riorganizza-
zione dell’assetto dell’Italia e delle province imperiali, l’Istria faceva
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Pola, interno
della Cattedrale
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ti e infine gli Slavi e gli Avari, giunsero nel sud-est europeo come
popoli continentali, e solamente dopo essersi insediati lungo i li-
torali incominciarono ad acquisire una certa abilità marittima sul
piano economico e militare. Per questo motivo i posti più protetti
lungo la costa, le isole e i promontori della costa occidentale istria-
na vennero sempre più spesso usati come ripari. Gli insediamenti
provvisori (refugia) col tempo divennero definitivi e sorsero così
nuove città rivierasche come Rovigno, Orsera, Cittanova, Uma-
go, Sipar, Pirano e Isola. Nell’interno tornarono a nuova vita i ca-
stellieri di un tempo, che in età classica erano stati abbandonati.
Nacquero castelli-città che esistono ancora: Covedo, S. Servolo,
Pomiano, Monte di Capodistria, Costabona, Corte, quindi Buie,
Grisignana, Portole, Montona, Visinada, Monpaderno, San Lo-
renzo del Pasenatico, Valle, Gimino, Pedena, Gallignana, Bogliu-
no, Passo e Draguccio.
La popolazione delle città era sempre più composta da due Nuove società
gruppi di abitanti. Nel caso dell’Istria c’era la popolazione locale
che si era spostata verso i centri urbani protetti, magari abban-
donando le ville rustiche. Tutti gli insediamenti che non si po-
tevano difendere militarmente vennero abbandonati e la vita si
trasferì sulle vicine alture o lungo la costa. Un secondo gruppo
era formato dai fuggiaschi, gente che a causa delle guerre e del-
l’insicurezza generale aveva dovuto lasciare i propri focolari per
riparare in terre lontane, e che in Istria trovò accoglienza. Molti
abitanti del Norico e della Pannonia (le odierne regioni della
Croazia settentrionale, della Slavonia, di parte della Slovenia,
dell’Austria e dell’Ungheria) si dettero alla fuga man mano che
l’esercito romano si ritirò da quei territori. Molti di loro si fer-
marono sulla sponda dalmata e nelle isole, numerosi raggiunse-
ro l’Istria e alcuni anche le lagune dell’Adriatico settentrionale
sul litorale italico.
L’Istria continuava a fornire prodotti agricoli in quantità,
La testimonianza olio e vino, e neanche i cereali difettavano. All’inizio del VI secolo
di Cassiodoro ne rende testimonianza Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, già se-
gretario alla corte di Teodorico a Ravenna, in alcune epistole da-
tate intorno al 573 circa. In esse menziona l’abbondanza di grano,
vino e olio che la corte si attende dall’Istria, sotto forma di tributo
in natura, per rimpinguare le casse dello stato. Sebbene Cassiodo-
ro probabilmente esagerasse con le lodi onde sottrarre ai sudditi
quanto più gettito, senza dubbio l’Istria era ancora un’importante
Cervera, villa romana regione agricola, per quanto limitata al ristretto mercato dell’Al-
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Brioni, castrum bizantino nel medioevo l’abitato, prima di diventare una cittadina in tutti i
sensi, venne abbandonato, sicché gli scavi archeologici hanno ri-
portato alla luce uno strato tardoantico-altomedievale pressoché
intatto.
Nel 527 sul trono dell’Impero Romano d’Oriente, che da
Romani d’Oriente allora si chiamò Impero Bizantino, salì l’ambizioso Giustiniano
(regnò fino al 565), che si era ripromesso di riconquistare parte
dell’immenso ex Impero Romano. Per quasi due decenni combat-
té gli Ostrogoti nell’intento di strappar loro il controllo della Dal-
mazia, dell’Istria e dell ’Italia settentrionale. Nel 535-537 riuscì a
conquistare la Dalmazia e la Liburnia e nel 538 l’Istria. Questa
servì da base all’esercito per preparare la spedizione nell’Italia del
Nord e a Ravenna. La guerra bizantino-gotica durò fino al 555,
sino alla definitiva sconfitta degli Ostrogoti, ma già dal 538-539
l’Istria si trovava sotto controllo dell’Impero Bizantino, allora al
culmine della sua potenza. Con il 552 il dominio bizantino di-
ventava definitivo. La continuità dell’Impero sul suolo istriano si
era conservata, sebbene ora in variante orientale.