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MARZIALE:

VITA:
Le notizie che abbiamo di Marziale le possiamo ricavare dai suoi scritti. Sappiamo che è nato a
Bilbilis intorno al 40. Verso il 64 si trasferì a Roma dove cercò sostegno tra Mecenati e patroni. I
testi più antichi in nostro possesso risalgono all’anno 80:
Alcuni epigrammi per l’inaugurazione del Colosseo.
-Elogi al principe Tito
-Epigrammi scritti per Domiziano
-E dopo la damnatio memoriae alcuni elogi per Nerva e Traiano.
Nel 98 egli abbandonò Roma, caduto in disgrazia a causa dei suoi legami con i Flavi, tornò in
Spagna. Plinio il Giovane gli fornì del denaro necessario per il viaggio (Nonostante la sua grande
fama non viveva in una condizione economica favorevole). Nella sua terra natia incontrò Marcella
che gli donò la sua casa e il suo podere dove visse i suoi ultimi anni di vita, provando nostalgia per
la sua amata Roma per la quale scrisse una epistola. Muore a Bilbili tra 102 e il 104.
Scrive 15 libri di epigrammi: Liber de spectaculis, Xenia e Apophoreta

LA POETICA:
Nonostante la sua affinità con la poetica egli ha una grande consapevolezza critica. È contrario alla
mitologia che ritiene inverosimile e falsa è portatore dell’ideale della poesia quotidiana e
incentrata sull’essere umano. Ritorna a galla l’antitesi centrale nella satira simile all’epigramma
dove Persio in nome del verum si era scagliato conto la letteratura contemporanea incentrata sul
mito. La realtà per Marziale è identificata con i comportamenti umani HOMINEM PAGINA NOSTRA
SAPIT (la nostra pagina ha sapore dell’uomo).
Marziale tende a parlare dei mores contemporanei con arguzia quasi con fare satirico ma la
differenza con questo genere è ben visibile: mentre nella satira il poeta tende a mostrare i difetti
della società per poter ricavare una morale; Marziale introduce questi solo per puro gaudio e per
intrattenere il lettore. Molto spesso ammette l’inserimento di elementi volgari nelle sue opere
dicendo che magari le sue pagine possono pure essere licenziose ma la sua vita è sempre stata
onesta.
Marziale pone alla luce due comportamenti molto importanti: il carattere ludico delle opere
dell’autore e il desiderio di non danneggiare nessuno. Domiziano aveva emanato un editto in cui
vietava scritti diffamatori, quindi Marziale come del resto anche Persio piuttosto che concentrarsi
su coloro che erano caduti nelle mani dei vizi faceva ricadere la colpa sui vizi stessi.
Marziale è più propenso ad una scrittura schietta e chiara non escludendo anche termini volgari e
osceni, tutto sommato è sempre rimasto coerente nella sua poetica.

GLI EPIGRAMMATA:
Nella sua opera più matura egli affronta l’argomento degli epigrammi nella sua complessità. Il
genere molto vario e stratificato permetteva all’autore di spaziare in vari temi, Marziale coerente
alla sua poetica aveva scelto il tema della realtà. Egli riprende da Catullo l’interpretazione dei casi
della vita in modo giocoso e beffardo ma aveva lasciato perdere gli attacchi personali molto graditi
da Catullo. Di Catullo prende anche la diversità dei metri componendo i suoi epigrammi non solo
con i distici elegiaci ma anche con endecasillabi faleci, in trimetri giambici e molti altri.
L’evoluzione dell’epigramma ellenistico aveva mostrato la tendenza a concentrare la parte comica
soprattutto nel finale, infatti Marziale fa di questo l’elemento caratterizzante nella usa poetica
dove concludeva gli epigrammi con battute o con una breve riformulazione del concetto con tono
comico e sprezzante. Il testo è orientato verso una battuta conclusiva.

GIOVENALE:
LA POETICA DI GIOVENALE:
Giovenale riprende l’atteggiamento critico nei confronti della società contemporanea, il suo
distaccamento dal mito (ritenuto invero, fittizio, artificioso) e il voler parlare del vero da Marziale e
Persio. Egli parla dei vizi attribuendo alla sua satira un carattere da denuncia, parlando più del vizio
che del vizioso. Utilizza per fare ciò il principio dell’Indignatio piuttosto che del ludo.
LE SATIRE DELL’INDIGNATIO:
La fase più importante del moralismo di Giovenale all’interno delle sue sette satire sta proprio
nell’indignatio. Il poeta non è solo sdegnato ma vuole apparire come tale per poter trasmettere lo
stesso sentimento al lettore. L’indignazione come la volontà rappresenta le caratteristiche
importanti per la figura del satirico. Giovenale rispetto ad Orazio non fornisce mai dei dati
personali, il suo personaggio rimane sempre quello del generico uomo sdegnato e infiammato. Le
prime 7 satire sono caratterizzate dalla requisitoria contro i principali aspetti della società
contemporanea. La corruzione per Giovenale sta nell’allontanamento dal mos maiorum. Egli tende
a considerare i costumi contemporanei non in relazione all’individuo ma in relazione con la società
e quindi rispetto alle conseguenze che hanno per gli altri. Le divitiae sono un mezzo di sopruso per
i poveri e sono un tema ricorrente nelle satire.
Nella tradizione diatribica il possedere dei beni era insignificante per il fine ultimo dell’essere
umano, paradossalmente l’avido ricco era quello più povero mentre il povero senza desideri era
quello più ricco. In Giovenale invece viene esplorato il comportamento che l’individuo ha
possedendo le ricchezze, evidenziando un atteggiamento negativo dei ricchi nei confronti dei
poveri. È molto importante il tema della clientela. Giovenale ritiene che il mos maiorum era in
grado di mantenere l’armonia all’interno della società.
I CONTENUTI DELLE SETTE SATIRE:
Satira 1: Viene descritta la giornata tipo del cliente con la salutatio mattutina e la sportula per poi
descrivere la giornata umiliante del cliente e la delusione per il mancato invito a cena.
Satira 3: Il satirico dopo una breve introduzione passa la parola ad un povero cliente Umbricio che
con il suo eloquente discorso denuncia la vita di Roma ormai marcia a causa della corruzione. Vi è
anche una palese avversione nei confronti dei greci che dai tempi di Catone venivano visti come
coloro che avevano allontanato il mos maiorum. Vi è quasi una concorrenza con i greci che
credevano di saper fare tutto.
Satira 5: Il tema principale è quello della cena sempre in relazione alla discriminazione e alla
indignatio, qui viene descritta una cena durante la quale al patrono viene dato il meglio mentre al
cliente che già si è umiliato per poter ricevere l’invito a cena vengono riservate le cose peggiori.
Satira 4: In questa satira viene attaccata la corte imperiale, a Domiziano viene regalato un enorme
rombo, vi è la parodia della corte che non sapendo come cucinare il pesce chiamano il consilium
principis.
Satira 2 e 3: si scaglia contro l’omosessualità maschile vista come un vizio e un tradimento nei
confronti della fierezza maschile.
Satira 6: vi è una requisitoria contro le donne con riferimenti al matrimonio. Vi è la mancanza di
pudicizia. Viene fatto il riferimento a Messalina che di notte aveva una stanza in un sordido
lupanare. La lussuria è ritenuta la più grande colpa. Giovenale continua elencando tutti i difetti che
rendono la donna insopportabile al marito.
Satira 7: Vi è la denuncia per le ristrettezze di chi esercita le professioni liberali.
IL SECONDO GIOVENALE
Dopo questo componimento la poesia di Giovenale prende i caratteri tradizionali della satira, il
poeta non vuole più solo denunciare i comportamenti sbagliati ma vuole anche trovarne rimedio.

TACITO:
L’AGRICOLA:
L’attività letteraria di Tacito ha inizio nella sua età più maturo. Il suo primo scritto “De vita Iulii
Agricolae” è una biografia del suocero scritta tra il 97 e il 98, l’opera ha una prefazione di 3 libri,
utilizzata per giustificarsi e per chiarire la sua posizione in confronto al regime passato. Egli
all’interno della prefazione lamenta anche la decadenza morale riflettendo sulla distanza del
passato dal presente e ritenendo ingiusto il fatto che si dovesse giustificare per poter elogiare le
grandi imprese del suocero. Egli condanna il regime di Domiziano, il tiranno non viene mai
nominato ma egli parla del fatto che le parole degli intellettuali sono soffocate e i filosofi sono
messi al bando.
L’omaggio che egli fa a Nerva e Traiano lascia spazio alla considerazione di come i rimedi agiscano
molto più lentamente rispetto ai mali e di come sia più semplice soffocare la parola che farla
rinascere. La figura che egli descrive non è un oppositore ma anzi un collaboratore dei principi,
cattivi o buoni che fossero, proclamando il suo uno stile di vita prudente guidato dall’obbedienza e
dalla modestia. Egli giustifica l’elogio alla vita prudente presentando Agricola come una vittima di
Domiziano, parlando di un rumor che girava secondo il quale Domiziano fosse la causa della morte
di Agricola. Difronte al dilemma se opporti ai principi malvagi o assecondare e subire i loro soprusi
lavorando lealmente per la res pubblica Tacito preferisce la seconda accusando e biasimando
chiunque si opponga.
I CONTENUTI
Tacito narra la vita del suocero in ordine cronologico e lineare dalla nascita alla morte, egli con
pochi e brevi intermezzi riesce a far emergere le più importanti caratteristiche del personaggio.
Dopo il consolato gli viene affidato il comando in Britannia, al resoconto delle imprese è dedicata
la parte più ampia dell’opera. La narrazione si dilata soprattutto nei suoi ultimi anni di comando,
dopo la vittoria contro i Caledoni. Gli ultimi anni di vita sono considerati drammatici e viene
descritta la crescente gelosia da parte di Domiziano che viene sospettato di avere ucciso Agricola
con del veleno. L’opera si conclude con un epitaffio un’apostrofe al defunto.
I CARATTERI
L’Agricola è una biografia di tipo particolare. Mancano gli aneddoti, i particolari curiosi, i
pettegolezzi e anche il ritratto fisico che è leggermente accennato. D’altro canto il periodo di
comando in britannia e largamente descritto, cosa inconsueta per una biografia e più vicina alla
monografia storica come il de catilinae coniuratione di Sallustio di cui probabilente prende lo
schema. Il linguaggio è duttile e variegato con la presenza di caratteristiche che riprendono il modo
ciceroniano.

LA GERMANIA:
LA CRONOLOGIA E IL TEMA.
L’opera è scritta poco dopo l’Agricola, nel 98 la datazione la ricaviamo da un riferimento al
secondo mandato di Traiano al capitolo 37, mandato avvenuto in quell’anno. Quest’opera il cui
titolo originale è De origine et situ Germanorum, è un’opera etnografica, unico esempio che è
giunto fino a noi. I l tema trattato era di attualità, la Germania all’epoca era vista come un
pericolo per l’impero, infatti traiano succeduto a Nerva era tentato riprendere la guerra su Reno.
I CONTENUTI E LE FONTI
L’opera si suddivide in due parti: la prima parla della Germania tranrenana e dei suoi abitanti, la
seconda tratta delle singole popolazioni. Dopo ver descritto i confini della regione vengono narrati
delle caratteristiche della popolazione: il loro aspetto, le caratteristiche fisiche, il clima, la natura,
le risorse del territorio. Subito dopo vi è la trattazione dei mores; sono trattati vari argomenti quali
il matrimonio, l’educazone dei figli, il comportamento della società, le cerimone funebri gli svagli,
la giustizia. Vengono poi trattati i principali aspetti della della materialità, quali gli edifici, gli abiti,
le armi, i cibi, le bevande.
La seconda parte si basa sulla trattazione delle singole tribù, di alcune vine registrato il nome e la
collocazione, altre vengono descritte nella loro condizione di vita e nei loro costumi. L’opera si
conclude con un capitolo sulle popolazioni nomadi ad est della Vistola di cui Tacito è incerto
dell’appartenenza se ai germani o ai sarmati.
Tra e fonti letterarie di Tacito abbiamo certamente il De bello Gallico di Cesare ma pare che abbia
anche utilizzato opere di Plinio il Vecchio sulle guerre germaniche, egli non si è solo basato sulle
fonti scritte ma anche orali parlando con soldati e militari che avevano avuto una testimonianza
diretta. Egli non decide di trattare l’argomento germania per una suapersonale curiosità ma
sembra sempre che al centro del suo pensiero ci sia Roma. Si può vedere un’ammirazione per i
costumi austeri e per la sanità morale dei barbari. Egli fa anche dei conrfronti con le pratiche
romane, egli parla di come le donne germane non partecipassero agli spettacoli e di come non
lasciassero la custodia dei figli alle nutrici, tra i germani non vi erano limitazione per il numero di
figli e non vi era infanticidio. Dei germani Tacito ammira anche il sistema politico incentrato sulla
Libertas. Nella seconda parte affiora però il senso di superiorità che tacito prova nei confronti dei
barbari che ritiene arretrati e grezzi e incapaci di scagliarsi collettivamente contro un nemico
comune.

IL DIALOGUS DE ORATORIBUIBUS
Quest’opera è dedicata alla decadenza dell’oratoria ed è dubbia l’attribuzione a Tacito. Si pensa
che sia ambientata intorno al 75, infatti in un passo si dice che sono ormai 6 anni che Vespasiano si
occupa dello stato. Per quanto riguarda la stesura si pensa che sia stato scritto intorno al 102 in cui
fu console in dedicatario Fabio Giusto. Il tema principale è il de causis corruptae eloquentie già
dibattuto da quintiuliano, seneca padre e petronio. La scelta del dialogo è pertinente alla volontà
di Tacito di mettere a confronto opinioni diverse in modo vivace.
La prima parte si sviluppa un dialogo di confronto tra la poesia e l’oratoria con interlocutori Marco
Apro, Giulio Secondo e Materno. Apro rimprovera Materno di trascurare l’arte oratoria e qui vi è il
dibattito tra poesia e oratoria. Arriva poi un quarto interlocutore Messalla con lui si inizaino a
trattatre delle diferenze tra lk’oratoria moderna e quella passata. Apro difende l’oratoria
contemporanea dicendo che di tratta di evoluzone e non di decadenza.

LE OPERE STORICHE
LE HISTORIAE
Le Historiae si aprono con un’ampia prefazione in cui vengono elogiati gli storici repubblicani e
condannati quelli del principato ritenuti inaffidabili pe il loro servilismo nei confronti dei principi.
L’autore offre una panoramica generale delle condizioni di Roma nel 69, e cercadi individuare gli
avvenimenti che portarono alla guerra civile, il centro dell’opera è costrituito da Roma, dalla
Germania e dall’Oriente.
Galba adotta Pisone scatenando la reazione di Otone. Galba e Pisone vengono uccisi e Otone è
proclamato comandante dei soldati in Germania. In Oriente Vespasiano è in attesa del momento
più opportuni per intervenire, Otone sconfitto dopo aver proclamato il suo discorso si uccide
sperando di porre fine alla guerra civile. Vitellio inizia il suo cammino verso Roma con
festeggiamenti, banchetti e brutali devastazioni. Vespasiano viene proclamato imperatore in
oriente dai soldati. In Italia le truppe disorganizzate di Vitellio vengono sconfitte da Vespasiano. A
Roma dopo varie lotte Vitellio viene catturato ed ucciso. Nel 4 libro vi è il consolidamento del
regime dei flavi e la rivolta dei Batavi. Nel 5 libro vi è un excursus sugli giudei.
La narrazione pur essendo lineare è comunque formata da bliocchi di narrazione distinti, quindi è
definita in modo asimmetrico.
GLI ANNALES
Gli annales si aprono con una breve introduzione dove Tacito critica nuovamente gli storici dei
principato e dove fa un breve sommario sulla costituzione romana. Egli vuole narrare gli ultimi
accadimenti del principato di Augusto e di tutto chiò che segue.
Libri da 1 a 6: viene narrata la morte di Augusto e viene introdotto il principato di Tiberio che
viene definito crudele e dissoluto. Tacito pone in contrapposizione a questa figura il figlio adottivo
di Tiberio, germanico che era seda gravi rivolte in germania suscitanto la gelosia di Tiberio che lo
manda in Oriente. Anche in questo caso il poeta narra della morte di germanico con sospetto
accussando Tiberio di averlo avvelenato analogamente a domiziano con agricola.
Nella seconda parte egli parla del pretorio seiano che come Tiberio viene definito un uomo
spregievole e malvagio.
Libro 12 e 13 viene descritta la figura di Claudio definito un principe debole comandato dai liberti e
dalle mogli.

CLASSICO TACITO:
1: Neppure la generazione dei nostri tempi sebbene indifferente nei confronti dei suoi (uomini
valorosi) tralasciò di tramandare ai posteri le azioni e i costumi degli uomini illustri cosa abituale

Ogni volta che qualche grande e nobile virtù ha vi nto e superato il vizio comune ai piccoli e ai
grandi stati: l’ignoranza del bene e dell’invidia.

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