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PERSIO

VITA
Aulo Persio Flacco nasce in Etruria, a Volterra, odierna Toscana, il 04/12/34, in una famiglia di rango
equestre. Gli muore prima il padre e poi il patrigno, e rimane tutta la vita con madre, sorella e zia.

Nel 46 si reca a Roma per studiare grammatica, retorica e filosofia, presso lo storico Anneo Cornuto.
Frequenta gli ambienti culturali romani vicino agli Annei, quindi a Seneca.

Muore a 28 anni nel 62 di malattia, tre anni prima della congiura dei Pisoni, risparmiandosene le
conseguenze.

Scrive un libro di satire che comprende un componimento di 14 coliambi, ovvero il trimetro giambico
ipponatteo o scazonte (breve lunga cinque volte, lunga breve la sesta), e sei satire esametriche, per un
totale di 650 versi.

Questa raccolta è stata curata da Anneo Cornuto dopo la sua morte, che ha eliminato versi finali con
allusioni a Nerone, mentre della cura editoriale si occupa Cesio Basso.

In alcuni codici l’ordine di pubblicazione è invertito: prima satire esametriche e poi coliambi. Sia nei
coliambi che nelle satire tratta lo stesso argomento, cioè la propria estraneità alla letteratura del suo
tempo, che ritiene decadente e asservita a guadagno e sopravvivenza (letteratura dedita al venter).

Paragona le poetesse alle gazze ladre e i poeti agli uccelli ammaestrati. Entrambi i metri hanno forma
programmatica, quindi l’ordine non importa: vuole essere un’alternativa ai letterati suoi contemporanei,
asserviti a chi li fa guadagnare.

E’ più probabile che i coliambi aprano, poiché solitamente non chiudono: potrebbe essere solo un errore
di tradizione, di tramando nei codici.

La prima satira riprende il problema dei coliambi: la letteratura contemporanea è vuota moralmente.
Prima critica la letteratura contemporanea, mentre alla fine espone le sue intenzioni di poeta satirica,
perciò questa può definirsi satira programmatica (in genere la prima satira è sempre programmatica in
tutti i satirici).

 I SATIRA Stessi temi dei Sermones o Satirae di Orazio, cioè idea che la letteratura
contemporanea a chi sta scrivendo sia vuota moralmente: si sente estraneo. Nell’ultima parte di
questa satira esprime le proprie impressioni su cosa sia una satira e un poeta satirico, e così la
satira diventa programmatica. Non è una novità perché anche Giovenale ha la prima satira
programmatica (descrive modalità e senso).

 II SATIRA Si rivolge a Macrino, ci cui è il compleanno, con un -: è uno spunto per individuare
le miserie dei desideri umani sotto le parvenze religiose della preghiera. Dice a Macrino che lui
non lo fa, ma gli uomini chiedono agli dei virtù e fortuna, ma dentro di loro pensano alle richieste
più basse (morte di un parente per eredità). Conclude dicendo che gli dei non si lasciano
corrompere dai doni e dalle false preghiere, perché sanno leggere nell’animo di chi li prega.

 III SATIRA Vivace dialogo tra un giovin signore, che si è appena alzato quando la luce è già
alta dopo una notte di bagordi e banchetti, e un amico (Persio) che lo esorta a migliorarsi, ad
alzarsi e studiare. Il giovane resiste con ogni serie di scuse infantili (l’inchiostro è secco, la
penna non funziona). Seguono varie rappresentazioni del vizio (crapolone ubriaco che muore
affogato nella vasca da bagno). Conclude con ammonimento a non preoccuparsi delle malattie
del corpo quanto di quelle dell’anima. Aggiunge un attacco a chi mette in atto l’ira (matrice
comune dello stoicismo con Seneca).

 IV SATIRA Continuazione della terza satira. Sostituisce ai due personaggi del dialogo due
personaggi storici: Alcibiade al posto del ragazzo bagordo e Socrate al posto del suo
interlocutore (sembra la continuazione satirica di un diario pseudo platonico chiamato
l’Alcibiade). Socrate qui esorta Alcibiade (rampollo della classe dirigente) a diffidare delle
lusinghe esteriori che gli fanno trascurare la vera conoscenza di sé (ti allontanano da chi sei
impedendoti di migliorarti). E’ il dialogo tra un giovane nobile viziato e orgoglioso che prende il
governo senza evidenti qualità e un grande filosofo. Tanti hanno visto Persio come portavoce
dell’odio senatoriale in funzione antineroniana. Non è un vero merito suscitare l’ammirazione da
parte degli altri quando si hanno bellezza, ricchezza (non guadagnate ma ottenute) e qualità (da
mettere in pratica). L’argomentazione con cui procede si ripete all’inizio e alla fine della satira:
contestualizza la storia alla realtà di Roma. La conclusione è tecum habita (variazione romana
del gnoti se auton socratico), arrivare ad una conoscenza di se stessi vera a profonda, non
quella simulata dagli altri con finta adulazione.

 V SATIRA E’ la più lunga, 190 versi circa. Il destinatario è lo stoico Anneo Cornuto, di cui
Persio vuole celebrare le virtù. Per fare ciò, si dice disposto ad abbandonare la satira per usare
i modi della letteratura alta, ma conclude dicendo che il modo migliore per farlo è riprendere le
modalità del colloquio intimo (come Orazio nei Sermones che si mette al centro). La seconda
parte di questa sorta di encomio riprende le modalità del colloquio intimo, e dedica questa
sezione a una delle più alte virtù filosofiche e stoiche: la libertà (tecum habita: libero da se
stesso se si conosce, altrimenti schiavo delle proprie passioni, vizi e virtù, preda di se stesso).

 VI SATIRA Riprende i modi epistolari di Orazio. Sta a Luni e si rivolge a Cesio Basso,
studioso e grande imitatore dei Carmina o Odi di Orazio. Rivolgendosi a lui affronta l’argomento
del come commisurare i propri desideri rispetto alle proprie ricchezze, senza farsi trascinare
dall’ingordigia (dove metto un limite ai miei desideri se con i miei soldi di limiti non ne ho?).
Aurea Mediocritas di Orazio: polemizza contro chi non la sa usare, contro chi sperpera e anche
contro gli avidi.

Nei coliambi non si nominano altri autori a lui contemporanei, ma si definisce semipaganus (è il suo
status): il pago è il villaggio, quindi semi paganus vuol dire appartenente per metà al villaggio, avverte
perciò una propria marginalità (perché nessuno lo emargina, è lui che si allontana) (lo dice anche all’inizio
della prima satira) e la propria totale estraneità rispetto alla letteratura vuota dei propri contemporanei.

E’ una letteratura che si fa solo apparenza e si rifà ai più bassi istinti ed è dedica solo al venter (di
pancia): scrivevano cose false per fare piacere agli altri e sopravvivere guadagnando.

Alla fine dei coliambi trova il coraggio di esprimere un modello positivo: la letteratura non è stata sempre
così. Qui cita Lucilio come inventor della satira romana ed esametrica: è castigatore di vizi (termine già
attribuitogli da Orazio).

Cita poi anche Orazio come modello, che coglie nell’atto confidenziale di parlare con un amico illustre
senza indicarlo (Mecenate). Dopo aver richiamato inventor e perfezionatore delle satire, si sente libero di
esprimere la finalità della sua satira: il liber, per chi non può permettersi una censura (come Lucilio in età
repubblicana, di quella più fervente) o per chi non ha un amico illustre (Orazio con Mecenate), è una buca
dove nascondere i terribili segreti del vizio.

La buca diventa sia luogo di isolamento (per chi non capisce, che vede una buca senza saperci leggere
dentro) che un luogo di comunicazione (per chi ha gli strumenti per leggerlo, cioè la filosofia stoica sia per
modalità che per contenuti).

Nomina così i comici della commedia antica (Aristofane, Cratino, Eupoli), modelli a cui si ispira. Esprime
qui un termine sul modo in cui si esprime nella satira “aspice et haec, si forte aliquid decoctius auvis”
(fermati a guardare anche queste cose, se per caso trovi qualcoas di più concentrato di quello che ho
scritto io) (riferimento al processo del sugo) (decoctius tratto dall’arte culinaria). C’è l’idea di sintetizzare in
maniera estrema un discorso che sa fare a meno di passaggi logico esplicativi (suntomia stoica, non
proprio brevitas) (decoquere: restringere con la cottura).
Anche Persio, quindi, trova una via espressionistica (di un messaggio), giocata sull’intensificazione e sul
potenziamento espressivo delle parole e del linguaggio. Orazio:Persio=Virgilio:Lucano (Satira serena che
non deve portare in evidenza e far arrovellare, vs satira che deve).

La scelta dei giambi è stata studiata: secondo alcuni voleva tornare alla polimetria di Lucilio degli inizi
(prima- poi esametro riflessivo). In realtà, riferimento diretto ai coliambi di Callimaco, aperti con
componimento in coliambi recitati da Ipponatte (primo). Il confronto (abbinamento) con Callimaco è su
vari fronti della sua poesia: caricatura dei poeti e della poesia contemporanea (definiti telchini),
caratteristiche tipiche d’età ellenistica riprese dai poetae novi a Roma (brevità dei componimenti, densità
dei concetti che diventano oscuri e vanno sviscerati quindi comportano che il lettore stia attento,
erudizione, linguaggio che passa continuamente dal forbito ad espressioni colloquiali e informali.

Anche in Persio c’è una completa adesione allo stoicismo. Anche in Lucilio, quando scrive satira, diventa
uno degli elementi su cui fare satira. Orazio ne prende spesso le distanze. Per Persio (e per Seneca) è
necessario seguire gli insegnamenti stoici, ma evita di proporli con le stesse modalità di Seneca, servitosi
della forma diatribica. Il linguaggio di Persio, complesso e arduo, è una prova d’intelligenza e
anticonformismo, per chi voglia leggerlo: lo stoicismo diventa un mezzo per testare il lettore. Il pensiero
stoico diventa utile per comprendere le modalità stilistiche o espressive delle satire.

Anche per Persio c’è una corrispondenza tra parole, cose e uomo: il lavoro del poeta è scomporre e
ricomporre ordine e gestione di parole e frasi per cercare di risalire alla natura delle cose. Il linguaggio
forte, espressionistico, che porta in evidenza delle cose, è il modo per esprimere lo stato perturbato e
innaturale delle cose (anche in Seneca). Il saper individuare i nessi difficili tra parole e cose consiste nella
ricerca stoica, filosofica e satirica (è questo il senso della satira): filosofia come chiave di lettura per la
satira.

La satira diventa una sorta di esame di coscienza, un saper indagare se stessi (Orazio lettura bonaria,
livello di satira e momento storico diverso). Non si può dire che ci sia un livello di politicizzazione aperto: è
vicino agli ambienti che entrano in polemica con Nerone, ma non ci sono prove o allusioni così evidenti
da dimostrare che Persio stesse accusando il regime. Per esempio, il giovin signore di cui parla è un
invito generale a guardare le leggi del mondo con il fine di – un equilibrio individuale: non è un richiamo
specifico.

La somma virtù (che ricorda ideali repubblicani) è la libertà dalle passioni, dai desideri e dall’avidità (non
dal regime), perché la sua finalità prima è contrapporre a una letteratura ridondante e volta al passato,
vuota, una letteratura essenziale nell’espressione e radicata nel presente. Figurano anche attacchi duri a
personaggi dell’epoca, che però non vengono mai nominati. Dato che percepisce una società vuota
moralmente e letterariamente, concorre a due valenze: vivere in un luogo di isolamento (unico normale in
un mondo di corrotti) e in un luogo di comunicazione (tra chi come lui aveva gli strumenti, che fornisce
solo la filosofia stoica, per leggere ciò che lui gettava nella buca). La filosofia stoica diventa uno
strumento di coesione tra un élite, e anche se non è un mezzo per opporsi rappresenta sempre e
comunque un conforto contro i mali: quindi, è uno strumento pere comunicare, nel malessere dell’autore,
il suo disagio e il suo modo di vedere il mondo.
STILE
Si inserisce nella tradizione della satira esametrica e i suoi modelli sono:

- dei toni aspri e moraleggianti di Lucilio


- delle situazioni e dei motivi di Orazio
- dei toni mordaci della diatriba cinico-stoica (non strumento perché non gli serve)
- di brevità, densità che mira all’oscuro, erudizione e informalità di Callimaco

Tra le satire, è difficile ricostruire una trama unitaria dell’argomentazione dell’autore, perché i singoli
componimenti, pur avendo come tema di fondo l’ispirazione filosofica, hanno un procedimento
discontinuo (allusioni, sottintesi, passaggi bruschi).

Persio dà vita ad un’espressione essenziale, scarna e discontinua usando anche le acres iuncturae:
sono nessi tra le parole stridenti sia a livello fonico che semantico. Ricorre a un sermo colloquialis e a
frequenti immagini allusive e metaforiche. Spesso si trova la figura retorica dell’enallage (parla chiaro,
gioca sporco), cioè lo scambio di parti del discorso grammaticalmente scorretto, la metonimia, cioè (la
parte per il tutto) parole che stanno insieme per un nesso logico, le onomatopee di termini popolari, le
interiezioni e diminutivi, tipici del linguaggio popolare. Sono presenti un alto numero di hapax legomena:
parole che non si ritrovano da nessuna parte nei testi antichi ma riemergono nelle lingue romanze, quindi
erano essenzialmente di natura parlata.

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