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Arianna Chierchia

[NOME DELLA SOCIETÀ] [Indirizzo della società]


LEZIONE 2 – 06/10/21 ETÀ DEL BRONZO/ ETÀ DEL FERRO/ ETRUSCHI

Età del Rame va più o meno dal 3400 a.C. Fino al 2300 a.C.*
Età del Bronzo dal 2200 a.C. Al 1000 a.C.*

Nel periodo dell’età del bronzo si hanno principalmente insediamenti di villaggi in Europa,
con poche centinaia di persone e come forma principale di attività, l’agricoltura e
l’artigianato. Questi villaggi presentano delle chiare manifestazioni di differenziazioni sociale
nonostante non siano società particolarmente evolute, questo è possibile verificarlo
attraverso l’archeologia. Di questo periodo, infatti, non si possiede documentazione scritta e
le informazioni che ricaviamo sono di natura archeologica.

Stringendo il campo verso l’Italia, per quello che possiamo comprendere, possiamo
individuare alcune culture che hanno delle caratteristiche proprie, con caratteri specifici.

4 sono le culture principali che possiamo distinguere:

o Palafitte: È un tipo di insediamento con un’estensione territoriale limitata e a partire


dagli inizi del 2 millennio li troviamo nell’area trentina delle Alpi, quindi nell’estremo
nord dell'Italia. Sono sostanzialmente delle piattaforme sorrette da pali piantati sul
fondo dei laghi, in legno, poco distanti dalle rive. Questi insediamenti anno la
dimensione di 3/4 ettari. (Un ettaro equivale a 10000 metri quadrati). Gli abitanti sono
circa sui 400, importante era l’agricoltura, la produzione della ceramica e del legno e
l’allevamento.
o Terramare: Si trovano nell’area della pianura padana a partire dai secoli centrali del
secondo millennio a.C. (1600-1700). Sono presenti 100ia di questi insediamenti.
Questi sono insediamenti piuttosto grandi, circondati da un fossato contenente acqua
a scopo difensivo. Il nome terramare deriva dall’estensione emiliana terramare che
richiama questa terra grassa dovuta alla decomposizione che si è avuta col tempo di
questi villaggi che i contadini dell’800 usavano come concime. Questi insediamenti si
estendono all’incirca per una 20ina di ettari (all’incirca un terzo di Pompei). Gli
abitanti possono avvicinarsi al migliaio, sono economicamente impegnati
nell’agricoltura, artigianato e allevamento e lavorano anche metalli che in qualche
modo importano dei metalli dalle aree circostanti più a sud.
o Appenninica: Dal nome stesso, si estendono dall’Emilia alla Calabria. Sono dei
villaggi fatti di capanne. Una delle caratteristiche economiche più importante di questi
villaggi è l’allevamento transumante (greggi e mandrie). Un’altra caratteristica di
questa cultura appenninica è che invece di bruciare i morti li inumavano
(sotterravano).
o Nuragica: come periodo siamo intorno al 1600 a.C. Qui troviamo la prima
testimonianza archeologica di una di queste culture che hanno avuto dei contatti con
i Micenei. Questo comporta una differenziazione a livello sociale tra chi ha introiti
grazie al commercio e chi invece rimane legato all’agricoltura.

In particolare, in Sardegna troviamo i Murani queste costruzioni imponenti a forma di cono,


lungo le coste Sarde. È una civiltà misteriosa ma la cosa importante è che la Sardegna
viene coinvolta nel commercio con queste popolazioni provenienti dall’Egeo. Nelle miniere
della Sardegna, infatti, si trova lo stagno, essenziale per la creazione del bronzo e per

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questo motivo, diventa un luogo importante a livello commerciale. Sia la civiltà delle
terramare sia quella appenninica iniziano a scomparire intorno al XII e X secolo a.C. La
scomparsa di queste civiltà rimane un tema molto dibattuto nella comunità storica perché
ancora non si riesce a comprendere a pieno cosa si sia verificato. L'ipotesi più gettonata È
quella di una migrazione di popolazione indoeuropee, alcuni sostengono anche che ci
possano essere state anche delle motivazioni climatiche. Tutti questi villaggi dell’età del
bronzo vengono abbandonati senza nessuna traccia di distruzione.

Dopo la scomparsa di queste civiltà arriviamo all’età del ferro (1000 a.C.) ed emergono
delle popolazioni locali che hanno delle caratteristiche più facilmente riconoscibili e
individuabili, più precise a quelle precedenti e che anticipano le future etnie dell’Italia antica.
Gli insediamenti diventano considerevoli tra gli 80 e i 240 ettari, si trovano quasi sempre in
posizioni sopraelevate consentendo il controllo di vaste aree di territorio, nell’Italia centrale.
Questa fase di insediamento viene definita proto urbanizzazione villa nuviana (il nome villa
nuviana deriva da nome di una città di Bologna chiamata villa nuova, dove è stata ritrovata
la prima città di questo genere nel 1853). Si può notare che queste popolazioni sviluppano
delle caratteristiche differenti da quelli degli Appennini. Cremano i defunti e riescono a
creare il ferro che gli consente di creare relazioni commerciali molto vantaggiose con altri
popoli e in particolare con i Greci. Infatti, a partire dall’VIII Secolo nei sepolcri dei
Villanoviani (è la prima testimonianza di sepolcri) troviamo dei manufatti di provenienza
chiaramente Greca.

In questa stessa area un secolo più tardi troviamo la fioritura della civiltà Etrusca, prima
importante civiltà urbana estesa per una grande area della penisola. Sono una popolazione
misteriosa a cominciare dal famoso problema relativo alle origini degli Etruschi stessi, se si
tratta di un popolo italiano autoctono (Dionigi di Alicarnasso) o di un popolo dell’Egeo
(Erodoto). I Romani li chiamavano Tusci e i Greci Tyrsenoi, cioè tirreni. Vista l’improvvisa
comparsa di questa civiltà si può spiegare con uno spostamento dei movimenti migratori
però molto limitati, dall’Egeo all’Italia, e questi spostamenti hanno portato ad una graduale
fusione con queste civiltà Villanoviane con però una condizione superiore tecnica, militare
ed economica vista la loro capacità a lavorare il ferro e alla loro bravura nell’essere guerrieri.

Quando noi parliamo di Tirrenia o Etruria riferiti all’Italia parliamo del territorio compreso tra
l’Arno e il Tevere. La presenza delle comunità Etrusche però non si limita all'Etruria ma
troviamo insediamenti etruschi anche in Campania verso Capua e Pontecagnano oppure
anche nell’area dell’Emilia con insediamenti nelle foci del Po come quello di Spina
(Emporium ricco e molto significativo la fortuna degli etruschi è quella di risiedere in un
territorio molto ricco di ferro verso i Monti della Tolfa in provincia di Viterbo e l’Isola d’Elba,
ma c’era anche un po’ di argento. La zona dell'Etruria era molto ricca anche dal punto di
vista dell’agricoltura (viti e vigneti per esempio) Ma soprattutto la presenza di legname che
gli consente di costruire navi e ottenere il controllo del Tirreno (mare Etrusco).

A partire dall’XIII secolo a.C. Abbiamo sempre più popolazioni Greche che fondano città (la
prima comunità greca che nasce in italia è Pithecusae -Ischia-) e queste popolazioni non
sono mai riusciti ad avanzare a Nord per via di questa forza degli Etruschi. Infatti, gli
Etruschi possono anche avvalersi dell’alleanza con Cartagine.

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Il dominio del Mar Tirreno arriva fino alla fine del VI secolo a.C.

Le città Etrusche nascono sui siti Villanoviani


perlopiù nell’entroterra di Toscana e Umbria,
sono delle città autonome e hanno una politica
estera comune. Infatti abbiamo Dodecapoli,
una lega di 12 città Etrusche che si univano
annualmente in un santuario che si trovava a
Volsinii a Orvieto. Il loro non essere
politicamente compatti sarà un punto di
debolezza quando si troveranno a scontrarsi
con altre grandi civiltà, ad esempio Roma.

Possiamo verificare un’evoluzione anche nelle


istituzioni Etrusche. Prima erano governati da

Re chiamati Lucumoni ma con l’andare del


tempo nel VI secolo a.C. Troviamo un
ordinamento differente aristocratico che
possono essere assimilabili alle cariche
romane ad esempio:

- I Maru che potrebbero essere una


magistratura

- I Zilat che potrebbero essere qualcosa di vicino ai consoli

Anche la cultura Etrusca anche ha a che vedere con Roma. Una società che è fortemente
differenziata al suo interno, un sistema monastico che è simile a quello Romano con il nome
personale e un gentilizio (un nome che designa la famiglia di appartenenza). La donna gode
di grande libertà in Etruria.

Ciò che è interessante è che anche se i rapporti con i Greci era conflittuali dal punto di vista
politico ed espansionistico, i rapporti culturali erano molto importanti. Infatti è dai Greci che
gli Etruschi imparano la coltivazione dell’ulivo, l’ordinamento oplitico (gli opliti sono cittadini
di una comunità che combattono tutti insieme e contribuiscono alle fortune di queste città) e
la scrittura anche se al giorno d’oggi abbiamo una conoscenza di essa limitata. Altre cose
importanti che gli etruschi apprendono dai greci sono in ambito religioso, una cosa
interessante è la grande importanza che si da alla disciplina (l’insieme delle norme e degli
atti che regolano i rapporti tra gli uomini e le divinità) e per capire la volontà degli dei si
ricorre a l'aruspicina (l’esame delle viscere degli animali sacrificati e in particolare del
fegato).

C’è un lento declino di questa civiltà che coincide con la fine della monarchia a Roma, con la
perdita del controllo del mar Tirreno che viene preso dalla città più importante delle Sicilia,
Greca, Siracusa. Anche nelle aree più lontane ma comprese comunque nell'Etruria
(Campania, Emilia) gli Etruschi subiscono varie sconfitte da parte dei Celti e dei Sanniti per
essere poi spazzati via da Roma alla fine del III secolo a.C.

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Nell’VIII secolo a.C. L’Italia viene definito un mosaico di popoli che progressivamente
entreranno nell’orbita e saranno assorbiti da Roma. Nell’Italia settentrionale troviamo
della popolazione non indoeuropee che hanno delle fonti Greche e Romane che ce ne
parlano, e queste popolazioni conservano i nomi che ci restano ancora come oggi come i
Liguri, i Reti (Razia, nell’area più o meno della svizzera, della zona dell’Alto-Adige e della
Germania meridionale) e i Camuni (Val Camonica, in Lombardia, in provincia di Brescia.

Hanno un famoso patrimonio di iscrizioni rupestri che oggi sono patrimonio culturale).
Oltre a queste popolazioni ne troviamo altre indoeuropee come i Veneti, i Celti (i Galli che
provengono sempre dalla zona Orientale-Settentrionale e si spostano verso la Pianura
Padana verso il VII secolo a.C.). Scendendo verso l’area appenninica troviamo delle
popolazioni indoeuropee come gli Umbri, i Piceni e i Sanniti. Verso sud ci troviamo di
fronte alla coesistenza di popolazione Greche (La Magna Grecia) che si oppongono a
queste popolazioni italiche e che sono a loro volta popolazioni indoeuropee e sono: i
Sanniti, i Lucani, gli Iapigi in Basilicata e in Puglia, i Bruzi in Calabria. In Sicilia abbiamo
una compresenza di popolazioni indoeuropee, i Siculi, ma non son indoeuropei gli Elimi
nella zona occidentale e i Sicani che sono nella provincia di Agrigento e a Catania.

La situazione che più ci interessa da vicino è però quella del Lazio Amogus.

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LEZIONE 3 – 11/10/21

Nel Lazio risiedono i Latini


La rivoluzione proto-villa noviana non è verificabile nel Lazio. Infatti queste costruzioni di
villaggi nel Lazio risalgono a un riodo successi intorno al 800-700 a.c In questo periodo
abbiamo sepolture “principesche” con reperti greci che confermano la presenza di
aristocrazie all’interno di queste società.
Verso il 625 a.C. sarà attestata anche la scrittura nel Lazio.
Nel VI secolo la popolazione dei latini, già residente nel territorio e derivante da popolazione
indo-europee, porta alla fondazione della città-stato. La qualità delle fonti che abbiamo è
molto scarna, le uniche attendibili le troviamo solo nel territorio di Roma, con
documentazione sulla sua fondazione.
Un altro dato verificabile è che intorno al 6 secolo a.C. Abbiamo testimonianze
archeologiche della presenza della città stato, più evoluta dei villaggi. Come sia accaduta
questa trasformazione non possiamo saperlo con certezza perché non vi sono
testimonianze scritte. L’unica eccezione è appunto ROMA.
Abbiamo due cicli di miti che ci raccontano la presunta nascita di Roma:
o Ciclo troiano-latino: di origine greca datato intorno al periodo precedente al
V secolo e che si incentrano sulla figura di Enea come fondatore di Roma
o Miti di origine italica, di cui non possiamo sapere la precisa datazione, ma si
presuppone successiva ai precedenti, che invece vedono come fondatore di Roma
Romolo intorno all’VIII secolo a.C.
Ciclo troiano: Enea è un eroe troiano combattente della famosa guerra di Troia, egli è tra
quelli che riesce a scappare dalla città. Una profezia narra che i discendenti di Enea
avrebbero poi regnato su Troia. Questa profezia però non si verifica e si immagina le varie
tratte e i vari luoghi dove Enea avrebbe regnato, tra i quali il Lazio, con Roma.
Mito Italico: Le fonti che parlano di Romolo vogliono che egli fondi la città alla metà
dell’ottavo secolo a.C.
Intorno al VI secolo a.C. si presuppone che le due versioni sia collegate tra loro, addirittura
che Romolo sia il figlio di Enea, ma ciò è impossibile perché la guerra di Troia verrà
collocata dagli storici nel XII sec a.C. Romolo fonda la città nella metà del VIII secolo a.C.
Romolo che fonda Roma nell’VIII secolo non può coincidere con Enea del XII secolo.
Si inizia a pensare così alla visione standard della fondazione di Roma che ancora oggi
accreditiamo: Enea giunge a Roma e trova ospitalità da Evandro, re del colle Palatino, suo
figlio Ascanio fonda Alba longa (oggi conosciuta come Castel Gandolfo) dove si
succederebbero 30 Re (escamotage per colmare la lacuna temporale tra 8 e 12esimo
secolo), fin quando re Numitore fu spodestato da Amulio (suo fratello) e obbligò la nipote
Rea Silvia ad essere una vestale per non farle concepire un erede, che comunque lei
concepirà non con un umano ma con una divinità ovvero Marte. Rea partorisce due figli,
Romolo e Remo, Amulio ordina di eliminarli ai suoi servi, ma loro impietositi li posano in un
cesto sul fiume e poi allattati da una Lupa. Quando Romolo e Remo crescendo si rendono
conto di essere originari di Alba longa, tornano lì detronizzano lo zio Amulio e fondano
Roma. Per precisione la fonda solo Remo perché per un litigio di confini (Romolo voleva
scegliere il Palatino, mentre Remo sull’Aventino). Romolo uccide Remo e fonda Roma sul
colle Palatino nel 753 a.C. Unisce su questo colle anche gli abitanti del Quirinale e
Campidoglio con il famoso disfatto del Ratto delle Sabine, affinché potessero rapire donne
dal vicino popolo dei Sabini.

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Fino a fine 800 gli studi erano tutti tesi a verificare la veridicità di queste vicende, però ci
sono state nuove evidenti prove introdotte dalla documentazione archeologica. Da
quest’ultima possiamo evincere diverse cose:
1) La situazione insediativa sui vari colli, infatti troviamo un insediamento sul Quirinale
e uno sul Campidoglio, nel 14esimo secolo. A un certo punto questi due colli si
congiungono con il Palatino.
2) È presente anche l’area del foro che inizialmente è molto soggetta ad allagamenti,
rendendo impossibile la comunicazione tra le varie comunità. Più avanti invece
ritroviamo anche degli edifici molto importanti alla fine del settimo secolo a.c. Come
la reggia, il tempo di Vesta e la curia hosilia (senato). Questi edifici ne foro ci fanno
sospettare fortemente che le popolazioni dei colli sono diventate ad un certo punto
coese e politicamente unite.
Andrea Carandini, un famoso archeologo, ha scavato le aree del Palatino e della Melia, che
era un colle di Roma non più esistente, siccome è stato distrutto da Mussolini con la
decisione di riorganizzare tutta l’area del foro imperiale. Durante questi scavi si accorge che
la valle tra i due colli venne riempita verso il VI secolo per la costruzione della Strada Sacra
che congiunge il Palatino e il Campidoglio.
Continuando a scavare trova un pezzo di muro che data più o meno 730 a.C., che si trova in
una posizione che è quella in cui possiamo identificare, grazie a Tacito, come un tratto del
Pomerio, il confine sacro e inviolabile della città, tracciato per mezzo di aratro e altre
simbologie sacre. Questo ritrovamento riconduce al fatto che quella potesse essere una
prova archeologica che conforterebbe la tradizione che sappiamo oggi.
FINE VII SEC A.C. Attendibilità della tradizione storiografica antica sulla monarchia a
Roma.
Le notizie riportate sono da prendere con le molle, perché le notizie attendibili sono difficili
da reperire.

La storiografia a Roma parte dalla seconda guerra punica (III sec a.C.), quindi il quesito è la
possibilità di reperire fonti dopo tanto tempo.
Gli storici sono autorità Augustee che hanno raccolto informazioni elaborate e già definite,
probabilmente definite già dal IV se a.C., Fabio Pittore probabilmente già conosceva le
leggende di Enea ed i re Albani. Le fonti storiche degli autori greci, sono alquanto sommarie,
mentre la tradizione orale ovviamente era largamente usata, mentre dal punto di vista
letterario vi erano le registrazioni annuali dei pontefici, per gli avvenimenti più importanti
anno per anno (annales maximi 130 a.C.) e gli Antiquaria, che ci danno notizie importante
sui problemi dell'età arcaica.
I primi storici romani che decidono di scrivere di Storia incominciano intorno al III secolo a.C.
Primo fra tutti Fabio Pittore

• Tito Livio – Storico importante romano: Nel primo libro di Tito Livio troviamo la
vicenda dell’età monarchica
• Dionigi di Alicarnasso – Storico importante greco: ha un fine diverso invece. Egli
vuole illustrare la storia di Roma nel suo periodo arcaico attraverso i suoi libri
“Archeologia Roma” dei quali però non possediamo la completezza. Il suo fine è
dimostrare che Roma fosse una città di origini Greche.
Questi due storici sono quelli che raccogliendo informazioni dei periodi precedenti e ci
permettono di avere una narrazione di questi avvenimenti. Questi due storici sono convinti

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che si possa delineare la Storia di Roma attraverso un’evoluzione che li portano poi al loro
periodo Augusteo.

Quali sono le fonti di questi storici? Una cosa che è abbastanza sicura è che traevano le
loro informazioni da altri storici Romani come Timerio di Tautomerio. Le sue storie arrivano
fino a Plinio.
Un’altra tradizione cui attingere è la tradizione orale. Troviamo anche un tipo di
documentazione che aiuta a ricostruire la storia arcaica di Roma ovvero gli annales maximi
scritti dai sacerdoti più importanti di Roma (pontefici) su tavole di cera, che venivano affisse
ogni anno.
L’ultimo tipo di fonte importante di questo periodo è l’antiquaria.
Età monarchica: 753-510 a.C - Re di Roma: 7; Età di governo per Re: circa 30/40 anni.
ALQUANTO IMPROBABILE

LEZIONE 4 – 12/10/2021

Problematiche sulla storia dei re di Roma: Gli storici fanno una storia accurata, ma non
esattamente reale. La tradizione individua sommariamente gli aspetti salienti della
situazione dell'epoca. Roma divenne la potenza preminenze in area laziale, inoltre in
assenza di testimonianze gli autori antichi attribuiscono ad uno specifico re delle decisioni,
opere ed interventi sociopolitici salienti. Queste nozioni non vanno prese come legge, ma è
utile ripercorrere le tracce della tradizione per carpire concetti ed istituzioni che nella storia
di Roma fanno da perno. (Fino all'ultimo periodo della monarchia a roma (gli etruschi), la
monarchia è elettiva e non ereditaria.)

Romolo: Mitico fondatore di una comunità sul Palatino, non tutti accettano la sua storicità
(secondo Carandini è realmente esistito). Romolo = romano (dall'aggettivo
romulus,romulam,romulum), potrebbe essere una traccia della sua entità leggendaria.
Secondo le fonti pervenute lui istituì il Senato: consiglio degli anziani scelti dallo stesso re.
Introdusse all'interno della società romana la distinzione tra patrizi e plebei. Romolo istituì
anche la "clientela" e il "patronato", inoltre divise la cittadinanza in tre tribù e trenta curie.

Il Senato: Non è certa l'istituzione da parte di Romolo; infatti, questa è una nozione
pervenuta dalla storiografia successiva, vedendo in età repubblicana i magistrati scegliersi i
propri membri fidati, gli storici hanno dedotto che già sotto il regno di Romolo si facesse
così, aumentando poi a 300.

Patrizi e Plebei

• Patrizi, probabilmente discendenti dei patres (membri autorevoli delle gentes,


famiglie autorevoli romane). In età monarchica non c'è forse distinzione tra patrizi e
plebe.
• Plebei, la plebe è la massa. Molto spesso in età monarchica riuscivano ad accedere
al patriziato.

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Clientela e Patronato: Roma in età regia possiamo immaginarla (per scarsità di fonti) con
le leve del potere (terra e bestiame) detenute da alcune importanti gentes (gruppi familiari
imparentate tra loro, che hanno il controllo della maggior parte di terra e bestiame). Tramite
una branca del diritto romano sappiamo che le gens sono composte da "agnati" ovvero
ognuna di loro discendono da un comune progenitore in linea maschile. Le terre gestite non
sono proprietà individuali, ma collettive (concetto di ager gentilicius, terra della gens).

Le terre sono coltivate da braccianti poveri, chiamati "clientes", non sono schiavi, ma per
vivere coltivano la terra delle "gentes".
**Clientes (dal greco obbedire), obbediscono ai loro "patrones", mettendosi sotto la loto
protezione ricavandone benefici.**
A Roma esistevano, accanto ai clienti, piccoli o medi proprietari terrieri o commercianti, al di
fuori del sistema gentilizio. Costoro saranno poi protagonisti della riforma societaria romana
di Servio Tullo. L'ultima attribuzione fatta a Romolo è l'importante divisione del corpo civico
in tre tribù e trenta curie.

Tribù: Tities, Ramnes, Luceres.


I nomi sono sicuramente etruschi a seconda dei linguisti, ciò fa assolutamente risalire
l'origine della partizione all'ultima monarchia. Queste tribù sono "gentilizie" in opposizione
alle successive dette "territoriali". le tribù gentilizie farebbero singolarmente ad un gruppo
etnico risalente a Roma, per esempio: i tities sarebbero sabini, discendenti da Tito Tazio, re
di cures sabini.
I Ramnes sarebbero riconducibili ai romani (da Ruma, romam)
I lucers potrebbero essere i lucumoni (etruschi) o i latini

Curie: Sono 30, la parola risalirebbe al termine latino non attestato "comiria" (insieme di
uomini). I romani si designavano come "quirites", membri delle curie. Dunque, cuascun
cittadino romano appartiene ad una curia per via ereditaria, più per il fatto di appartenere ad
una gens che all'essere già iscritto. Nelle curie erano forse inserite persone dello stesso
posto (stesso luogo-stessa curia), le stesse potrebbero avere avuto anche in possesso di
terre.
La finalità delle curie potrebbe essere di tipo militare e politica.
Non è certa la funzione dell'esercito romano nella monarchia, la tradizione annota la
funzione dell'esercito di Romolo, composto da 3000 fanti e 300 cavalieri. La ricostruzione è
ovviamente postuma e razionalizza il numero di uomini in base a tribù e curie.
La finalità politica è più definita, infatti l'assemblea politica più antica è quella dei comiti
curiati. Possiamo immaginare che il loro ruolo dal punto di vista politico, fosse quello di
artificiare l'elezione del re, scelto dai patres.

Successione dei re di Roma


Numa Pompilio: il secondo re di Roma
Sabino, fu il riformatore religioso, al contrario di Romolo che aveva funzioni politiche.
Introdusse le cariche di Pontefici, Vestali, Auguri e Flamini.
Numa Pompilio riformò anche i calendari, introducendo un calendario da dodici mesi, con la
distinzione tra giorni "fasti" e "nefasti". Nei giorni fasti si può amministrare la giustizia, in
quelli nefasti (di carattere sacrale) ciò non poteva essere fatto.
Tullo Ostilio: Il terzo re
Fautore della distruzione di Alba Longa, ciò è rafforzato dalla documentazione archeologica.
Infatti, alcuni indizi fanno presupporre che una distruzione sia stata attuata durante il suo

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regno.
Anco Marcio: il quarto re
Nipote di Numa Pompilio, fonda Ostia secondo la tradizione, il litorale romano era
importante per le saline. Il sale era essenziale per il sostentamento del bestiame, in quanto
la società romana era prevalentemente agricola e pastorale. Alla vigilia del VI sec. a.C.,
Roma controlla una superficie di un migliaio di chilometri quadrati.

La tradizione da qui individua una cesura della linea storica.


I re Etruschi: Tarquinio Prisco,Servio Tullo e Tarquinio il Superbo: Gli etruschi
cambieranno radicalmente il governo, infatti i primi quattro re furono eletti, qui si innesca
una successione dinastica. Il periodo etrusco coincide col periodo di grande fioriture della
città, il filologo e storico Giorgio Pasquali scrisse il saggio "La grande Roma dei tarquini",
dove descrisse alla luce delle documentazioni e fonti a sua disposizione, sotto i tarquini la
città arrivò ad evolversi strutturalmente ed economicamente, le mura si espandono a 427
ettari (fino a 7 volte pompei), oltre a ostruzioni urbanistiche importanti come la "Cloaca
Maxima", il Foro, il tempio di Giove capitolino al Campidoglio, il Circo massimo.

Perché gli etruschi discesero a Roma?


Fino a cinquant'anni fa Andreas Alfoldi ipotizzò la presenza degli etruschi a Roma come
conquista proprio degli etruschi, cruciale fu l'asservimento politico a cinque città-stato
etrusche. La teoria è decaduta per vari motivi:

o La lingua ufficiale in età regia fu il latino e non l'etrusco (Lapis niger);


Alla caduta della monarchia i consoli sono personaggi di origine etrusca, la caduta
della monarchia, dunque, non era una cacciata dei Rasna, ma una semplice
convivenza tra le civiltà.
o La presenza a Roma dei re etruschi sarebbe riconducibile alla "mobilità sociale
orizzontale", il principio è similare all'arrivo degli etruschi tra le comunità villanoviane.
Nell'Italia del VI secolo, l'élite etrusche si spostavano nelle città limitrofe per vantaggi
politico-economici più ampi, probabilmente anche con Roma funzionò così.
L'esempio lampante lo dall'approdo a Roma di Tarquinio Prisco. Originario di
Tarquinia.
Il padre di Tarquinio (Demarato) partito da Corinto, si stabilì in Etruria per cercare
fortuna politica, così fece anche il figlio.

Servio Tullio
Parallelamente a questo periodo di fioritura a Roma, istituzionalmente cambiava anche
l'assetto politico di Roma.
Delle riforme istituzionali di Roma, ne viene attribuito l'operato di Servio Tullo.
Di origine incerta, a lui vengono attribuite importanti riforme: introduce un nuovo concetto di
cittadinanza e una nuova concezione politica cittadina, con la partecipazione dei cittadini
all'esercito.
Servio Tullio istituisce le quattro tribù "territoriali", la città viene divisa in quattro regiones ed
attribuisce una tribù a ciascuna di esse, chiunque abiti all'interno di queste regiones è
annoverato ad una tribù, divenendo cittadino a tutti gli effetti. Essere residente di Roma,
dava automaticamente la cittadinanza. Questa azione stravolge totalmente il concetto di
"cittadino" com'era nel mondo antico (ad esempio in Grecia, per essere cittadino, bisognava
essere liberi e possidenti terrieri). Di conseguenza la fascia popolativa extra gentes e

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clientes, ottenne la cittadinanza. Servio Tullio allargò la cittadinanza, aumentando il numero
di cittadini

Lezione 5 – 13/10/21-FONTI DELLA COPISTERIA QUINDI ACCATTATELL (PACAS)

Servio Tullio: fioritura cittadina: ripercussioni nella struttura governativa. Tullio era un
riformatore, attua riforme continue nella città.

1) RIFORMA: Introduzione di 4 nuove tribù che affiancano le Romulee ma differenti,


non gentilizie come le romulee ma tribù territoriali. Essendo la città estesa (vi sono
4 legiones che dividono la città), ad ogni legiones affianca una tribù di cittadini che
vivono affiancano quella legiones. Basta risiedere a Roma per essere cittadini
indipendentemente dal tuo stato sociale. Il numero dei cittadini aumenta, poiché con
questo sistema anche chi era al di fuori del sistema gentilizio diventa cittadino
automaticamente. =AUMENTO CITTADINI ROMANI DI PIENO DIRITTO SENZA
TENER CONTO DELLO STATUS ECONOMICO. Tullio Re “Democratico”.
2) RIFORMA/PROVVEDIMENTO: DIVISIONE CORPO CIVICO dettate da FINALITA’
MILITARI e che ha come obiettivo che ciascun cittadino partecipi alla guerra in
proporzione al suo patrimonio. Livio, Dionigi e Cicerone affermano che tutti i cittadini
al tempo furono divisi in 5 classi di censo, all’interno di ognuna i componenti
vengono iscritti in unità più piccole dette centurie di IUNIONES (17-46y) e
SENIORES (46..y)+ (suddivisioni fatte per carattere militare). Come fare a capire chi
va in quale categoria sulla base del patrimonio economico? Introduce il
CENSIMENTO (ogni 5 anni).

18 centurie di fanteria; 18 centurie di cavalieri; 4 centurie di inermi (suonatori di trombe e


corno, fabbri, falegnami) ed una di queste cinque centurie sono proletari (non possono
armarsi in quanto molto poveri quindi non partecipano). La patrimonialità veniva definita
sulla base di ASSI (ma ai tempi di Tullio non vi era moneta, arriva solo nel III sec a.C.)
ovvero lingotti puntellati (la puntellatura definisce l’autenticità di rilascio). Indipendentemente
dal numero di classi di censimento, individua quelle persone nelle classi che possono
acquistare armatura: la figura degli obiwhat(?)

ISTITUZIONE DI UNA NUOVA ASSEMBLEA POLITICA DI ROMA: assemblea dei comizi


territoriali + comizi CENTURIATI, che si riunivano in un’area al di fuori del Pomerio. I comizi
centuriati costituiranno l’assemblea più importante di Roma in quanto hanno importanti
funzioni alle quali adempiono: decisione di pace o guerra, elezioni dei magistrati più
importanti, provocatio ad populum (cittadino condannato a morte da un magistrato poteva
appellarsi al comizio centuriato).

A Roma non si vota per singolo, non ha valore il singolo ma la circoscrizione a cui
appartengono. Più è affollata la centuria, più il voto può dare più o meno peso. (es: una
centuria da 3 con 3 SI ha un peso diverso di 3 Si in una centuria da 40 persone)

Legione Romana: 3000 uomini armati completi + 1200 armati alla leggera = 4200 TOT

Nel tempo di Servio Tullio i fanti erano 8500, mentre in età repubblicana vi sono 2 consoli
che sostituiscono i Re e quindi 2 legioni e la legione Tulliana viene suddivisa in due, da
8500 si dividono in 4200 (quindi la metà).

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CHIUSURA MONARCHIA: dopo SERVIO TULLIO viene TARQUINIO IL SUPERBO

Le considerazioni di Tarquinio il Superbo dalle fonti sono pessime.


Fonti della copisteria Pacas (procura): Il lapis niger

Il lapis niger è un cippo mutilo (non è integro) e si trova nell’area del Foro che prende il
nome dalla pavimentazione nera che la caratterizzava. Parliamo di questa località in quanto
si presuppone si trovi collocata la tomba di Romolo. È un’iscrizione buscofelica (scrittura con
i buoi da sinistra a destra). È l’esempio di iscrittura più antica pubblica ritrovata in “latino”. È
stato anche tradotto: è emergo che era un’epigrafe. Questa epigrafe corrisponde all’unica
fonte attendibile dell’esistenza del re Romolo oltre le ipotesi degli storici; quindi, una fonte
certa c’è ed è questa.

ORIGINI DI SERVIO TULLIO: Controversa l’origine di questo Re. Dalle fonti emerge che è
un re di origine latina. Però non è questa l’unica versione che abbiamo sull’origine di tale
personaggio. Versione alternativa evince che l’origine di S.T sia ETRUSCA e non latina
grazie alla fonte del discorso tenuto dall’imperatore Claudio. Claudio affermò “se leggiamo le
fonti latine, Servio Tullio sarebbe latino figlio di una schiava condotta a Roma dopo la vittoria
della città natale della signora, il padre boh; ma secondo gli Etruschi e gli storiografi etruschi
sarebbe di origine appunto etrusca, sarebbe un commilitone di Celio di Begna(?). Durante
queste battaglie che combattive si ritrova a Roma, Celio muore e subentra a capo della
spedizione Servio Tullio che riesce ad ottenere il regno”. Claudio inoltre afferma che il nome
S.T. lo acquisisce prendendo il trono, si chiamava inizialmente Mastarna.

Foto di un affresco della tomba di Francois di Vulci (ultima pagina del dossier da Pacas).
L’affresco raffigura vari episodi di un singolo racconto, ovvero un’azione militare contro un
popolo locale. Sulla parte alta dell’affresco sono anche riportati i nomi dei personaggi
coinvolti. Vulci (località vicino Viterbo). I nomi dei personaggi coinvolti sono: Celio di Begna,
Mastarna alias Servio Tullio, altri personaggi vari, Gneo Tarquinius (Tarquinio Prisco).

Mastarna – Maxstarna: significa magistro/comandante dell’esercito oppure suffisso -na


dall’etrusco significa “appartenente a” quindi significa un ruolo secondario.

LEZIONE 6 – 18/10/2021

Se prestiamo fede alla descrizione dell’affresco della tomba di Francois di Vulci, abbiamo
conferma che a Roma vi è una MOBILITA’ ORIZZONTALE SOCIALE, basti pensare che
Servio Tullio da forestiero diventa Re di Roma.

Passo di Livio: da I a XXXXIII: DESCRIZIONE DEL CENTURIATO DI TULLIO. Descrizione


delle varie centurie che suddividono il corpo civico romano, e vi troviamo delle affermazioni
più specifiche sulle finalità di Servio Tullio per promuovere queste riforme “così gli oneri
fiscali vennero spostati sui ricchi” e ancora “affinché tutti potessero votare, il peso del voto
andava sui più ricchi” questo perché combattendo di più avevano maggior potere
decisionale, e ancora “raramente per raggiungere la maggioranza il voto doveva andare alla
minoranza, classi più basse. La totalità del potere andava nelle mani dei cittadini più
abbienti, nei comitia centuriatus bastava la maggioranza delle centurie di prima e seconda
classe (in qualche caso) e delle 18 centurie di cavalieri per avere ragione sul voto altrui,

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bloccando quindi la votazione senza arrivare alle classi più basse.

LAMINE DI PYRGI (Località Laziale): dopo la città Etrusca di Cerveteri, aveva un porto a
Santa Severa; sappiamo che vi era un blocco di alleanza che contrapponevano
Etruschi/Cartaginesi e Grecia in generale. Pyrgi è la testimonianza dell’esistenza
dell’alleanza Etruschi-Cartago e della loro fitta rete di comunicazione. Nel 1900 degli
archeologi scoprono 3 lamine d’oro di cui 2 scritte in lingua etrusca e una in lingua fenice.
Sulle tavole sono riportate le parole di un noto magistrato etrusco che consacra il tempio,
dove sono state rinvenute le lamine, ad una divinità etrusca chiamata Uni che viene
assimilata alla divinità cartaginese più importante ovvero Astarte.

Tarquinio il Superbo: personaggio mal stimato dalle fonti ma anche al tempo dato il
soprannome.

PASSAGGIO MONARCHIA – REPUBBLICA.

Tarquinio ha un figlio, Sesto Tarquinio, e in assenza del padre pensa bene di violentare la
matrona Lucrezia una donna sposata con Conlatino, egli si ribella e si vendica a tale affronto
e approfittando dell’assenza di Tarquinio detronizza Sesto e prende posto con l’aiuto di
alcuni patrizi, tra questi troviamo: Spurio Lucrezio (padre di Lucrezia), Lucio Giunio Bruto,
Publio Valerio Publicola (Lucio e Publio saranno i primi due consiglieri della repubblica di
Roma). Da notare che Lucio Giunio e Collatino erano stretti collaboratori di Tarquinio. Lucio
Giunio morirà subito in battaglia contro Tarquinio. La tradizione introduce un personaggio
ancora contestato, ovvero re Porsenna, sire di Chiusi. Le fonti ci dicono che questo re venga
a Roma in aiuto del suo concittadino etrusco Tarquinio, ma disceso a Roma e conosciuto il
valore dei romani (storia di Muzio Scevola), rinuncia ad aiutare Tarquinio, alleandosi coi
romani stessi. Tarquinio, quindi, cerca di allearsi con le comunità latine limitrofe a Roma,
Porsenna quindi scese in guerra contro i latini, i quali cercarono di vincere alleandosi coi
cumani di Aristodemo. I greci, quindi, cercarono anche di bloccare l'influenza verso sud, nel
504 a.C. si combatté ad Ariccia e Porsenna perse tornando in Etruria, Tarquinio invece morì
presso Aristodemo a Cuma.

Tensione politica: A Roma, dunque, c'è una situazione di tensione politica ed è costretta ad
una serie di guerre contro i latini che hanno costituito la lega di 30 città che si riuniva sul
monte Albano, la guerra durata 10 anni si concluse con la battaglia del lago Regillus, con la
vittoria di Roma. La battaglia secondo la tradizione, subito dopo aver vinto i Romani,
anziché sciogliere la lega decide di entrare nell'alleanza della Lega Latina, attraverso un
trattato di alleanza (il primo nella storia di Roma) il "faedus Cassianum", da Spurio Cassio,
secondo la tradizione il console che stipulò l'alleanza nel 493 a.C. ca. Il trattato resterà in
vigore per 150 anni circa, fino al 338 a.C. (guerra Latina, con lo scioglimento della lega). Il
mancato scioglimento della lega è frutto della pressione di Volsci e Aequi (popolazioni non
latine) sul Lazio.

le condizioni del faedus Cassianum sono:

o Pace perpetua tra Roma e città latine


o Mutuo soccorso, impegno di aiutarsi tra contraenti del trattato se ci fossero minacce
esterne (es. attacco dei Volsci)
o Nel caso di guerre vittoriose, ci sarà un'equa divisione di bottino tra Roma e lega.

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Con queste clausole Roma si pone come contraltare rispetto i componenti della lega stessa.

PASSAGGIO MONARCHIA-REPUBBLICA: Nuovi assetti politici dopo i Tarquini

Il Re poteva essere capo religioso e politico-militare. La tradizione racconta che:

o L’ereditiero dei poteri religiosi del Re fu un Secerdote (Rex Sacrorum) ma sottoposto


ad un sacerdozio nato in quel momento che prende il nome di Pontificio con a capo
un Pontefice Maximo.
o Dal punto di vista politico invece verranno trasferiti a due magistrati eletti ogni anno
dai comizi centuriati chiamati Consoli. I colleghi hanno il diritto di veto
reciprocamente (veto significa bloccare un decreto se personalmente non
approvano). I consoli sono circondati da un corte di 12 lictores, che portano con sé
un fascio, il littorio. Un fascio di rami che contiene un'ascia bipenne all'interno.

La cacciata dei Tarquini: rivoluzione premeditata o atto improvviso? Gli storici nutrono dubbi
sulla svolta improvvisa nell'assetto politico. Momigliano sostiene il periodo transitorio di
Imperium disegualum, ad esempio tre magistrati provvisori con poteri diversi.

o Dal punto di vista militare vi sono sempre i Consoli, capi militari che hanno il potere
di possono convocare i comitia centuriates per l'elezione dei magistrati, i consoli
possono essere gli unici titolari degli "auspicia" (preventiva autorizzazione degli dei, i
consoli interpretano i sacrifici e si basano sulle decisioni da prendere), questa
funzione coincide con l'inizio dell'anno (1° marzo) e quindi ad inizio carica.

Fasti Consolari: Liste, tramandateci epigraficamente, dei consoli stessi. Inizialmente erano
dei calendari dei giorni (fasti) che si potevano svolgere delle attività giornaliere

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differenziandoli dai giorni Nefasti che erano giorni di “riposo”, ma successivamente si
aggiungono anche i nomi dei consoli che prendono posto negli anni. Es di Fasti: Fasti
Anziani (di Anzio) e i Fasti Capitolini. Questi Fasti vennero fatti fino ad Augusto (fino al 13
a.C.). I Fasti riportano per ogni anno 2 nomi di consoli quindi la tradizione si ritrova nella
documentazione dei reperti.

Dal 501 a.C. subito dopo la nascita della repubblica, ai Consoli si affiancano i Dictator (o
Magister Populi – comandante dell’esercito) è una magistratura singolare in quanto il
Magister Populi ha come alleato il Comandante della Cavalleria.
Non viene eletta annualmente ma solo in casi di emergenza. Quindi i Consoli, quando non
hanno un’unanimità di pensiero o decisione tra di loro, passano il potere al Magister che non
ha diritto di veto e la sua carica può durare solo 6 mesi, perché visto il potenziale della
carica, il timore era quello del ritorno della monarchia. Viene accompagnato da 24 lettori (12
ne hanno ognuno i consoli, consoli sono due quindi 24).

Senato: si affida la nascita a Romolo. I magistrati scelgono i loro fidati per comporre il
Senato. Il numero dei senatori passa da 100 a 300 circa e fino al IV secolo l’actoritas patrum
(autorità dei senatori), il Senato deve approvare o meno le deliberazioni dei comizi. Il Senato
ha l’ultima parola anche sui Consoli stessi.

LEZIONE 7 – 19/10/21

Patrizi e Plebei: la faglia cardine della società romana. La ricostruzione romulea su questa
divisione sociale risulta altamente attendibile, in età monarchica il patriziato inoltre aveva un
carattere aperto essendo accessibile ad un plebeo. Il tutto cambia in età repubblicana, nei
decenni finali del V sec. a.C., i patrizi si configurano come un gruppo ereditario avendo uno
status legale assolutamente differente da quello plebeo, divenendo quindi un "ordo". Uno
studio sui fasti consolari e sulla tradizione da parte di Gaetano de Sanctis, scoprì che a
partire dal 486 a.C. si ha inizio a quella che definì "serrata del patriziato", da questo
momento in poi non ci saranno nuovi patrizi nell'ordine. Il numero di gentes patrizie va
calando man mano (nel V-IV secolo a.C. erano circa 50, nel I erano circa 15). Dall'età
monarchica il patriziato ereditò il monopolio di sacerdozi ed auspicia, i consoli dunque
potevano essere esclusivamente patrizi, almeno fino al 367 a.C.

494 a.C.: la nascita dell'Assemblea della plebe. Secondo la tradizione questo fu l'anno
della "prima secessione". I plebei, penalizzati dai consoli, mentre si era in guerra contro la
popolazione degli Equi. I plebei si ammutinano e si rifugiano sul monte Sacro (altri
sostengono che si recarono sull'Aventino), nel mentre si danno un'organizzazione e
configurano la plebe come una sorte di sindacato, eleggendo dei propri rappresentanti. In
particolare, giurano (la lex sacrata) di proteggere l'incolumità dei propri rappresentanti, i
tribuni (stesso nome che avevano i rappresentanti della legione). I tribuni vengono eletti
annualmente dalle assemblee della plebe, che si riuniscono in tribù, dividendo quindi il voto
a seconda della residenza, al contrario dei comizi centuriati. I tribuni sono dichiarai
"sacrosancti", nessuno può violare la loro esistenza. I tribuni hanno il cosiddetto
"intercessio" ovvero il diritto di opporsi alle decisioni consolari che vanno contro la plebe.
L'opposizione non è tramite procedimenti legali, ma proprio opposizioni di forza. Il numero
dei tribuni inizialmente era incerto, a meta V secolo a.C, i tribuni arrivarono a 10. Oltre i
tribuni, a rappresentare la plebe ci sono anche due "edili" (da edes, tempio) che facevano
riferimento al tempio di Spurio Cassio sull'Aventino dedicato a Celere, divinità del grano. Gli

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edili hanno l'amministrazione di cassa ed archivio della plebe, la cassa depositava le quote
di sostentamento mentre l'archivio conservava gli atti e le decisioni presi dall'assemblea.

I motivi della secessione plebea: elementi che vanno presi con le pinze.
Di fondo ci furono due tipi di problemi: il primo di carattere economico ed il secondo fu quello
dell'ager publicus. Il problema dei debiti sono molto seri per i piccoli proprietari terrieri,
specie in caso di raccolti andati male. Le condizioni debitorie a Roma erano spiacevoli, se il
debito non fosse stato colmato si sarebbe scaduto nella condizione di "nexum", il debito
quindi si colmava prestando lavoro (es. prestito di sementi o attrezzi in cambio di lavoro -
anche forzato-), in caso di mancato saldamento del debito si diviene “addictus”; dunque, il
creditore può fare tutto del suo debitore, anche ucciderlo o venderlo come schiavo "trans
tiberim" (fuori Roma, perché i cittadini romani non potevano essere schiavi).

L'Ager publicus può essere intesa terra demaniale (terra della comunità statale)
conquistata da Roma dopo una guerra. I plebei chiedono la ripartizione dell'ager pubblicus, i
patrizi invece vogliono mantenere invariata il possesso dell'ager, con la possibilità per i
patrizi di fittare la terra ed eventualmente ricavarne profitto. I patrizi quindi voglio la
"occupatio" del suolo al contrario della plebe che chiede la "ratio". I motivi invece alla base
della secessione, potrebbero essere altri. L'Ager pubblicus, infatti, non era così esteso da
poter far pensare ad una ripartizione, inoltre le motivazioni economiche nemmeno reggono.
Le fonti si rifanno ad avvenimenti successivi, ovvero ai fatti del II secolo a.C. (i Gracchi), i
romani avevano questo modus operandi che riproponeva fatti storici accaduti anche di
recente, per poi riproporli in situazioni senza fonti.

La secessione di carattere più politico?


La ripartizione sociale non era così polarizzata, anche perché nella stessa plebe c'era gente
facoltosa. Dunque, i plebei avrebbero attuato la secessione per evitare l'abuso dei patrizi
della "coercitio", ovvero la messa a morte di un cittadino (bisogna ritornare sulla pratica della
"provocatio" che non ha una data certa di istituzione). La plebe, quindi, cercò nei tribuni
l'ausilio per scongiurare delle condanne inique ed ingiuste. La prima era repubblicana era un
periodo di alta tensione sociale, che poteva sfociare in veri e propri scontri, ad esempio
intorno al 456 a.C. i plebei occuparono l'Aventino, facendola diventare una delle loro
roccaforti, questo colle fu poi teatro di una seconda secessione.

Le due fazioni non riescono ad annullarsi l'un l'altra, arrivando dunque ad una soluzione di
compromesso.

I due decemvirati e la seconda secessione A meta IV secolo, il tribuno terentilio Arsa


richiede la redazione scritta delle leggi, fino ad allora tramandate oralmente e conosciute
solo dai patrizi. Dopo dieci anni di conflitti politici, intorno al 451 a.C, si decide che non
saranno eletti né consoli né tribuni della plebe, ma saranno sostituito da un decemvirato
composto da soli patrizi, che dovrà redare queste leggi per i plebei, addirittura i romani
inviarono ambasciatori in Grecia per avere pareri sulle leggi. Le tavole redatte alla fine
saranno solo 10, quindi bisognò costituire un secondo decemvirato che cambia i componenti
(ammettendo forse anche plebei) annoverando Appio Flavio, membro già del precedente
decemvirato. Appio però mostrava ambizioni di tirannia e sulle orme di Sesto Tarquinio,
violò una donna plebea di nome Virginia. Come per la storia dei tarquini, in questo caso la
plebe nel 449 a.C. secede di nuovo, facendo cadere il secondo decemvirato.
Il decemvirato riuscì però a redare due tavole che sancirono la schiavitù per debiti contratti e

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soprattutto il divieto di contrarre matrimonio tra patrizi e plebei. Ciò segnò una spaccatura
molto ampia nel tessuto sociale romano. Il passo però importante è la creazione delle 12
tavole, le leggi più famose di Roma.
Le fonti ovviamente sono discordanti su alcuni aspetti, tra cui l'accesso al secondo
decemvirato ai plebei.
La redazione scritta delle leggi rappresenta un grande successo per la plebe, in quanto i
patrizi non possono interpretare a modo loro le leggi. Ciò però non placa i conflitti tra patrizi
e plebei; infatti, tra le 12 tavole si evidenziano le divisioni della società romana (patrizi e
plebei, patrones e clientes, ma soprattutto absidui e proletari).
Gli absidui erano i proprietari terrieri, mentre i proletari erano persone che vivevano
lavorando terre altrui in giro (da proletari). Il testo integrale delle 12 tavole non ci è
pervenuto, perché secondo Tito Livio andarono distrutte durante il sacco gallico di Brenno
(intorno al 300 a.C.).

LEZIONE 8 – 25/10/21

Incendio Gallico del 390 a.C = perdita delle dodici tavole. Quindi il contenuto delle tavole
viene copiato attraverso manoscritti. La trasmissione attraverso manoscritti è però soggetto
ad errori. Il testo integrale non lo abbiamo ma possiamo ricostruirlo tramite l'opera di giuristi
di epoche successive che le citano spesso e possiamo dunque ottenerlo ricostituito tramite
PALINGENESI. Le 12 tavole si focalizzano su alcuni temi come il diritto di famiglia e la
proprietà privata. Da queste 12 tavole emerge dunque che la società romana era una
società contadina che era centrata sulla famiglia e SULLA FIGURA DEL PATER FAMIGLIA
che era l'unico membro della famiglia ad avere PERSONALITÀ GIURIDICA. Il pater
familias aveva diritto di vita e di morte su tutti i componenti della sua famiglia un potere
definito EX MANUS (sotto lo schiaffo del pater) in particolare sulle componenti femminili
della famiglia.
Emerge dalle 12 tavole una società contadina con la presenza di RES MANCIPI (Schiavi e
animali da soma) e questi possono essere venduti tramite il negozio del MANCIPIO.
Norme del diritto criminale famose è per esempio la LEGGE DEL TAGLIONE. A seconda
dell'appartenenza a classe sociali, le norme diventavano meno o più pesanti.

Lucio Valerio Potito e Marco Orazio Barbario, due consoli pro plebei: a questi si devono le
leggi del 449 a.C le leggi Valerie-Orazie. Non lo sappiamo con precisione cosa contengano.
La tradizione anticiperebbe al V secolo roba che sarebbe accaduta dopo.
Secondo la tradizione loro:
-avrebbero previsto consoli plebei
-e le deliberazioni plebee avrebbero avuto valore di legge.

Più probabile che avrebbero riconosciuto i tribuni della plebe dal punto di vista legale, visto
che fino a questo momento venivano riconosciuti solo tramite violenza della loro difesa da
parte dei plebei.

Notizia sicura è che nel 445 a. c. Canuleio fa abrogare la norma del matrimonio contro il
matrimonio misto. Questo avviene durante un plebiscito, e per la prima volta un plebiscito
viene presentato dai consoli a tutti.

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Nel 444 a. c. invece si assiste all'introduzione di una nuova magistratura, magistratura che si
troverà a Roma tra il 444 e il 367 a. c.: OVVERO I TRIBUNI MILITARI CON AUTORITÀ
POTESTÀ CONSOLARE. Non sempre, ogni anno venivano eletti i consoli, ma ogni anno al
posto dei consoli, come magistrati più importanti venivano eletti loro.
Questi: - sono più numerosi
dei consoli: variano spesso di numero. -
nascono, secondo la tradizione, perché i plebei insistono per entrare nella magistratura.
Verrebbero creati per dare spazio anche a loro. Quando invece ci sono gli anni dei consoli,
questi sono sempre due E SEMPRE PATRIZI. La tradizione non pare attendibile perché da
un passo di Livio, il primo plebeo con autorità consolare è molto successivo al 444 a.C.
La verità più probabile è che Roma, essendo coinvolta in una serie di conflitti, aveva
bisogno di più comandanti militari e due consoli non bastavano. Vengono dunque creati i
tribuni militari. E dobbiamo pensare che anche quando c'erano gli anni dove venivano eletti i
tribuni militari, c'erano sempre due consoli che avevano la facoltà di prendere gli auspici e
dare nome all'anno.

LA POLITICA ESTERA NEL V SECOLO:

Roma è impegnata contro i Latini riuniti nella LEGA LATINA, lega a cui si unisce per
difendersi da delle altre popolazioni laziali: i Volsci e gli Equii. Queste guerre ci sono
giunte grazie ad alcuni personaggi come per esempio Coriolano, generale impegnato con la
guerra contro i Volsci che diserta l'esercito romano per schierarsi con i Volsci. Oppure quello
coinvolto con le guerre contro gli Equi, ovvero Cincinnato. Cincinnato secondo Livio, era
l'unico a poter vincere contro gli Equi. Dunque, viene esortato a prendere il comando
dell'esercito anche se era in pensione.
LE FONTI TENDONO AD ESALTARE LE QUALITÀ MIGLIORI DEGLI ANTENATI. Nella
realtà queste guerre vengono combattute STAGIONALMENTE CON SCORRERIE, senza
che avvenissero vittorie risolutive. Le scorrerie romane portano però la fondazione delle
colonie latine (ma etnicamente composta pure dai romani). Esistono però punti di svolta
riconosciute ufficialmente come quello del 431 a. c. LA BATTAGLIA DEL MONTE ALGIDO.

Altra guerra importante è quella contro Veio. Nel 477 a.c. nel Cremera, i romani vengono
sconfitti dai veietti. A combattere questa guerra sarebbero stato i soli appartenenti della
GENS FABIA. Solo un esponente della gens si sarebbe salvato, esponente che farebbe la
fortuna della gens. Però questo va contro l'ordinamento di Servio Tullio, quindi è un'ulteriore
conferma che le fonti sono non proprio affidabili.
I romani e la popolazione di Veio, si contendono l'egemonia del commercio del sale. Il
conflitto finale, con la vittoria romana si avrebbe in circa dieci anni dal 405 al 395, dopo dieci
anni di assedio. Vince grazie al dittatore Marco Furio Camillo. Massacra gli abitanti e li
vende come schiavi. Ci troviamo NEI TEMPI DELLA PRIMA ISTITUZIONE DEI TRIBUNI
MILITARI. E per la prima volta, in questa guerra viene pagato lo stipendio ai legionari.

LA TERZA COSA PIÙ IMPORTANTE, LA GUERRA CONTRO VEIO VERREBBE


COMBATTUTA SOLO DAI ROMANI SENZA LA LEGA. DOPO LA VITTORIA, ANNETTE
IL TERRITORIO DEI VEIETTI, AMPLIANDO DI MOLTO IL LORO TERRITORIO,
DIVENTANDO AMPIO QUANTO TUTTE LE ALTRE CITTÀ DELLA LEGA.

Il territorio veniente viene distribuito ad ogni uomo (come volevano i plebei), in lotti di 7
iugeri. I cittadini che ricevono i 7 iugeri creano altre nuove 4 tribù territoriali.

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5/6 anni dopo la guerra contro Veio, nel 390 a.C., sciamano da nord una tribù di galli, i
Sènoni. Sbaragliano la lega latina sull'Allia, Roma viene espugnata ed incendiata. Secondo
la tradizione, Marco Tullio Camillo viene richiamato e sconfigge e scaccia i Galli (SUA ERA
LA FRASE "ROMA NON SI CONQUISTA CON L'ORO MA CON IL FERRO", poiché il capo
gallico voleva comprare la libertà di Roma con l'oro). In realtà i Galli che hanno espugnato
Roma erano mercenari che si stavano dirigendo in Sicilia. Quindi questo si sarebbe trattato
di una semplice scorreria. Infatti, poi se ne sarebbero andati da soli. Però, la lega,
approfittando di questo momento di debolezza romana, attacca Roma, che però riesce ad
avere la meglio e a vincere nel 381 a.c., prendendo l'odierna Frascati come primo municipio
romano.

LEZIONE 9 – 26/10/21

Recap: Le XII tavole andarono distrutte nelle corse dell'assedio dei senoni a Roma, datato
intorno al 390 a.C., dopo la distruzione delle tavole affisse nel foro, la conoscenza del testo
è trasmessa tramite manoscritti (quindi abbastanza corruttibile), delle dodici tavole ci
parlano comunque autori a partire dal I sec a.C., in quanto incuriositi dalle caratteristiche
delle XII tavole. Ad esempio, le differenze linguistiche oppure anche gli usi diversi che aveva
la prima Roma repubblicana.
Le XII tavole non sono codici organici, ma una raccolta di leggi che si focalizzano su alcuni
temi, cardine della società romana.
Roma è una società contadina che fa riferimento alla figura del pater familias, altro punto
importante è il res mancipii, che sono i beni come animali da soma e schiavi, i quali
potevano essere venduti solo presso il mercato del mancipio. Nel penale sta la cosidetta
legge del Taglione.
L'avvento del consolato dei Valeri e degli Orazi, vide disposizioni (anacronistiche) a favore
della plebe, è più probabile che i rappresentanti della plebe furono riconosciuti legalmente.
Dopo il 449, fu approvato il plebiscito ??? dove il tribuno Gaio Canuleio riesce ad abrogare il
provvedimento di non connubio tra patrizi e plebei, imponendo al console di portare davanti
ai comitia il testo del provvedimento e farlo approvare. Altra figura nuova fu quella dei tribuni
militari con podestà consolare, non ci sono però dettagli su questa carica, questi magistrati
erano però eletti in alternativa ai consoli, ma non sistematicamente. I tribuni potevano
essere anche plebei ed in numero più consistente rispetto ai consoli, la loro utilità era forse
la necessità di Roma di avere un numero di generali necessario a badare alle situazioni che
c'erano, di questi tribuni almeno due dovevano essere di estrazione patrizia, in quanto solo i
patrizi potevano gestire gli auspicia e dare il nome all'anno.
In politica estera, il V secolo a.C. di Roma era molto tumultuoso, con le numerose guerre (o
più scorrerie) che l'urbe doveva attuare nei territori limitrofi a Roma. La tradizione ci fa
pervenire una vittoria contro Volsci ed Equii, nel corso di queste guerre Roma deduce
numerose colonie latine (latine in quanto godono dei privilegi della lega latina, ma in realtà
sono civiltà ibride romano-autoctone), la guerra continua anche contro gli etruschi, nel
conflitto con Veio. Alla base delle guerre con i veienti c'era il controllo delle saline alla foce
del Tevere, dapprima Roma perse contro i veienti dove fu sterminata quasi interamente la
gens fabia, tra il 405 ed il 396 a.C. Roma riesce a sconfiggere i veienti con Marco furio
Camillo, a quanto pare combattendo da sola senza l'ausilio della lega latina. Questa guerra
ebbe conseguenze notevoli nella società romana: primo tribuno militare, aumento dello
stipendium ai soldati romani. I romani iniziarono a ridurre in schiavitù la popolazione veiente
ed il territorio viene distribuito in lotti di 7 iugeri, portando all'istituzione di altre 4 tribù
rustiche. Il territorio romano raggiunge quindi quello della totalità della lega latina.
nel 390 a.C. avviene però il sacco gallico da parte dei senoni di Brenno, conquistando la
città ad eccezione del Campidoglio. La battaglia fu combattuta presso il fiume Allia, ma i
senoni furono messi in fuga da Marco furio camillo, in realtà i senoni erano mercenari che
stavano discendendo in Sicilia. La lega latina cerca di approfittare del momento buio di

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roma, scendendo in guerra, la lega perde e Roma conquisto Tusculum, cardine dei latini, i
romani nel 381 a.C. concedono la cittadinanza romana al territorio, nasce il primo
municipium romano.
Fine recap
Patrizi e Plebei: la lotta di classe continua
La situazione economicamente era leggermente migliorata tra la plebe, le rivendicazioni
dunque continuavano. Queste rivendicazioni vennero riprese da due tribuni che ricoprono la
carica per dieci anni dal 376 a.C.: Licinio Stalone e Sestio Laterano. Questi due tribuni
provano a mostrare questi provvedimenti (3) all'assemblea della plebe sempre opposti al
veto di tribuni "pilotati" dai patrizi.
Questi due proposero 3 norme:
-Abolizione del tribuno militare con podestà consolare e sola istituzione dei due consoli (di
cui uno plebeo)
-Norme favorevoli ai plebei nel pagamento dei debiti, deduzione dal capitale debitorio gli
interessi già pagati, pagando il retante in tre rate
-Plebiscito de modo agrorium (sulla corretta misura dei campi), proposta di imporre un limite
massimo di assegnazione di ager pubblicus, per un massimo di 500 iugeri (125 ettari ca). In
poche parole, riduzione della terra pubblica da fittare per una maggiore partecipazione del
popolo al lavoro di terra, per non monopolizzarla ai ricchi.
Il punto di svolta: le leggi Licinie Sestie
Per rivalsa nei confronti dei patrizi che si oppongono ai provvedimenti, i plebei avrebbero
bloccato l'elezione dei magistrati a Roma per cinque anni. Notizia improbabile, vista la
situazione dell'epoca. Infine il senato cede, grazie all'intercessione di Marco Tullio Camillo,
che nominato due volte dittatore (368 e 367 a.C.) media tra patrizi e plebei riesce a far
approvare le leggi Licinie Sestie, il primo console plebeo diviene proprio Lucio sestio
Laterano.
Fino al 342 a.C. dai fasti consolari, notiamo che le legge Licini sestie non venissero sempre
fatte valere, infatti molte volte i due consoli erano entrambi patrizi, infatti il senato spesso si
appellava all'autoritas patrum (approvare e rigettare l'approvazione dei comitia). addirittura,
a partire dal 172 a.C. addirittura iniziano ad essere entrambi i consoli plebei, anche perché il
patriziato è in diminuzione.
Le cariche Curulee: il risarcimento ai patrizi
L'abolizione del tribuno militare portò però alla diminuzione di poltrone politiche disponibili;
quindi, i patrizi cercarono un risarcimento per questa perdita di cariche, quindi nel 367 a.C.
vengono istituite tre nuove cariche "Curulee" in riferimento ai "curulis" le panche che si
applicavano ai carri mobili. Le due cariche erano quella del petrore e quella di due edili
curuli ed esclusivamente patrizi.
Le magistrature a Roma nel IV secolo
I consoli sono i capi dell'esercito, possono convocare comitia, senato e proporre leggi al
popolo. C'è poi il pretore che può sostituire i consoli quando sono fuori Roma, potendo
anche prendere controllo dell'esercito, amministrando la giustizia.
Gli edili curulei erano gli assessori all'annona, l'annona era l'approvvigionamento annuale
che Roma doveva ricevere, ed avevano anche incarichi nella manutenzione del bene
pubblico romano.
Alla plebe già dal V secolo a.C. era già possibile accedere alla magistratura, come questore.
Questa carica di quattro posti avevano le mansioni di erario ed altri due erano collaboratori
di campo del console. Inoltre, annualmente venivano eletti i tribuni militum: gli ufficiali delle
legioni. Ultima magistratura da menzionare è una fra le più importanti: il censore.
I censori furono attestati dal 443 a.C. e fino alla metà del IV secolo sono esclusivamente
patrizi, i censori discutono per conto dello stato i contratti di appalto. Si occupano

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ovviamente del censimento, cardine dell'ordinamento serviano, ma soprattutto dal 313 a.c.,
dalla lex ovinia, i censori acquisiscono la lectio senatus (scienza dei senati): ogni 5 anni il
censora ha la facoltà di dire chi possa essere senatore e chi no.

Il senato nel IV secolo


L'auctoritas del senato si ridimensiona, a partire dal 339 a.C., viene istituita la Lex publivia
d'ora in poi il senato ha la prerogativa di approvare l'elezioni e le decisioni dei comizi, ma
l'approvazione va data preventivamente alla decisione dei comizi, in poche parole restava
solo una scelta simbolica. Segno della forte presenza plebea in Senato.
Da questo momento, quindi, cambia molto l'assetto politico a Roma, il numero dei senatori si
fissa quindi a 300, almeno fino al I sec. a.C., si inizia a definire anche l'appartenenza al
senato, tipo gli ex magistrati, perdendo l'auctoritas patrum, d'altro canto il senato può
esprimere pareri (il senatus consulta) anche deliberando su temi di importanza (senatus
sententiae).
Ciò deriva anche dalla pressione bellica sempre maggiore; quindi, il sento garantisce
stabilità politica a Roma, essendo i senatori a vita.

Roma sul piano bellico: l'espansione nel Sud Italia e le guerre sannitiche
Dopo le leggi Licinie Sestie, Roma aveva acquisito l'egemonia sul Lazio. Ciò è confermato
dal secondo trattato tra Roma e Cartagine (348 a.C), secondo Livio i cartaginesi confermano
l'egemonia laziale di Roma.
Ovidio ci dice che già nel 509 a.C. ci fu un primo trattato tra Roma e Cartagine, in un
contesto fortemente etruscizzato. Questo trattato tiene conto dei rapporti di forza di Roma,
questa notizia ci da anche una base sulla conoscenza reciproca di Roma e Cartagine.
Nel 485 a.C. i romani attaccano gli Aurunci, sfondando nella costa del Volturno.

Nel 341 a.C. inizia la prima guerra sannitica.


I sanniti erano una popolazione che abbracciava una vasta fascia di terra tra Campania ed
Abruzzo, erano divisi in 4 tribù (Caraceni, Pentri, Caudini ed Irpini) ed erano considerati
estremamente bellicosi. I sanniti prevalevano in territori montuosi, puntando però le aree più
fertili della Campania, puntando inizialmente su Teano che si allea con Capua (citta osca), i
capuani però non riescono ad arginare la pressione sannitica e quindi chiede aiuto a Roma.
roma è in una situazione equivoca: infatti in precedenza vigeva tra Roma ed i sanniti un
trattato stipulato prima del 354 a.C. I romani accettano la richiesta di Capua, infrangendo
dunque il trattato, la prima guerra sannitica fu combattuta per due anni (343/341 a.C.), dove
i sanniti rinunciarono a quanto pare sull'egemonia in Campania. Le fonti sono lacunose
sull'alleanza coi capuani, si ipotizza che Capua attuò la deditio verso Roma, ma la
ricostruzione è apologetica e serviva a giustificare l'infrangimento del trattato coi sanniti.

La prima guerra sannitica potrebbe anche combaciare con la guerra latina che infranse il
foedus cassianum. L'ipotesi è che Capua in realtà si sia alleata coi latini, mentre i sanniti con
Roma. La vittoria fu guidata da Publio Decio Mure che garantì la vittoria romana con la
devotio, dedicando la vita a Roma in cambio della vittoria sella stessa. Con lo scioglimento
della lega, ogni città deve stipulare un differente trattato, la gran parte di queste città viene
dedotta a municipum.
Il municipio è una comunità vinta in guerra, annessa Roma, i quali abitanti divengono
cittadini romani condividendo gli onori e gli oneri che porta la cittadinanza romana (da
munia=dovere). Ci sono state comunità ostili a Roma, come le volsche Fondi e Formia e le
campane Capua e Cuma, queste assumono la forma di civitas sine suffragio (cittadini senza
diritto, solo gli oneri di cittadinanza), i romani confiscano i territori delle comunità latine
distribuendole così come fecero con Veio, istituendo tre nuove tribù rustiche (insieme alle 4
territoriali e le già esistenti 24 rustiche, fanno 31 tribù totali), le tribù poi diverranno 35 a
partire dalla seconda guerra punica. Le tribù erano circoscrizioni di tipo elettorale dove

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inquadrare i cittadini ai quali veniva affidata la terra.

Altra conseguenza delle guerre latine dal punto di vista amministrativo, è la confisca parziale
dei territori conquistati deducendo nuove colonie, dette latine in quanto godono degli stessi
privilegi delle comunità della preesistente lega latina. Gli abitanti hanno condizioni
commerciali privilegiate e posso migrare a Roma, sposandosi coi cittadini romani (ius
connubii, ius migratio e ius commercii).
I cittadini romani divengono coloni che perdono la cittadinanza romana hanno comunque
privilegi economici, le colonie inoltre non sono territorio romano, ma territorio alleato, il loro
onere è fornire truppe all'esercito. (ius latii)

La prima colonia romana fu Cales (l'attuale Calvi Risorta) dove furono inviati circa 2000
cittadini romani.

LEZIONE 10 – 27/10/21

Le colonie latine nuove sono 11, quasi 40.000 sono andate via da Roma per creare le nuove
colonie. Le finalità di questa colonizzazione hanno carattere:

• militare, poiché nascono in punti strategici precisi


• politica per non far aumentare troppo i cittadini romani e creare quindi squilibri
politici.

La colonizzazione porta anche un cambiamento nel paesaggio italiano, si vede infatti la


creazione di nuove città ed urbanizzazione.

Oltre ai municipi e le colonie latine, abbiamo la creazione di COLONIE ROMANE. Quelli


appartenenti alle colonie romane, NON PERDONO LA CITTADINANZA ROMANA. Sono

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creati degli avamposti proprio dove c'è maggiore pressione nemica. I maggiori pericoli sono
Ostia, Ansio e Minturno tutte comunità marittime.

Seconda guerra sannitica – IV secolo - 326 a.C.


Dopo la prima guerra Sannitica di non sappiamo quasi nulla di certo, ne scoppia una
seconda nel 326 a.C. (IV secolo) il casus belli è Napoli, città nell'orbita dei Sanniti che Roma
vorrebbe inserire nei suoi domini per il suo porto e la sua posizione. Roma assedia Napoli e
approfittando del fatto che l'aristocrazia di Napoli è favorevole all'arrivo dei Romani, si
lasciano conquistare. Inizio di guerra che viene compromesso dalla battaglia delle Forche
Caudine. Dopo essere riuscita a espugnare Napoli, Roma pensa di spostare il campo di
battaglia in un posto tra il monte Sarchio e Appaia. Tuttavia, l'esercito romano cade vittima
di un'imboscata e perde questa battaglia. I Sanniti ottengono altri successi: conquistano
diverse colonie come quella di Cales. Roma riesce a riprendersi. L'innovazione tattico-
militare che riesce a Roma a far pendere le sorti della guerra dalla sua parte, è l'introduzione
dell’ordinamento manipolare.

In questi anni c'è un altro trattato tra Roma e Cartagine (305 a.C.) e inoltre troviamo
nell'anno 303 a.C., dopo la vittoria della II guerra sannitica, i Tarantini stabiliscono un
accordo con Roma stipulando le zone di interesse tra le due città e ponendo la città di Capo
Lacinio come intermedio tra le due aree. L’area al sud di Capo Lacinio è ad influenza
romana, quelle a nord di influenza tarantina. Perché danno la zona sud a Roma? Perché
attaccata da indigeni.

Terza guerra sannitica – 298/290 a.C.: iniziativa di attacco dei Lucani, alleati di Roma
utilizzando una modalità differente rispetto alle due guerre precedenti. Si alleano i Lucani
con Sanniti, Etruschi, Umbri e Galli (tutte le città del centro Italia). Lo storico De Sanctis
definisce questa guerra come “guerra delle nazioni” perché tutte si alleano per fermare
Roma. La guerra si differenza infatti dalle precedenti perché non vi furono battaglie, ma vi fu
una battaglia sola nel 295 a.C. nella località di Sentinum - Sasso Ferrato (Marche), i Sanniti
spostano la guerra al nord (nelle Marche). In questa battaglia decisiva, vengono meno
alcune componenti degli alleati dei Sanniti e Roma riesce ad avere la meglio. La guerra poi
si sposta al sud e nella battaglia di Aquilonia del 293 a.C. Roma ha la meglio ancora una
volta e i Sanniti si arrendono completamente a Roma nel 290 a.C.

Manio Curio Dentato è quello che si interessa di stroncare le ultime resistenze degli alleati
dei sanniti che stavano provando a scendere verso Roma. Mario Curio mette anche fine ai
galli Senoni una volta per tutte.

Conflitto Patrizi – Plebei: terza secessione


Mentre Roma combatte la seconda e la terza guerra punica, il conflitto tra patrizi e plebei,
dopo 30 anni le leggi licinie sestie, le cariche curuli che erano a suffragio esclusivo dei
patrizi, diventano aperte anche ai plebei. Inoltre, la lex papiria prova a risolvere la questione
dei debiti che era molto sentita ai tempi.
NELL'ANNO 287 A.C. dopo la terza guerra sannitica, infatti, per la questione dei debiti, la
plebe compie un'altra secessione. E se ne vanno sul Gianicolo. Per risolvere la questione
dei debiti, il primo dittatore plebeo Quinto Ortensio, con LA LEX ORTHENSIA, I
PLEBISCITI DIVENTANO VINCOLANTI PER TUTTO IL POPOLO ROMANO,
DIVENTANO LEGGI. I plebisciti subivano lo stesso l'auctoritas patres del senato.

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Con la lex ortensia si chiude definitivamente il conflitto tra patrizi e plebei.

PERSONAGGIO IMPORTANTE ATTIVO DURANTE LA SECONDA GUERRA SANNITICA


È APPIO CLAUDIO CIECO. È un censore negli anni 312-310 a.C. lui costruisce il primo
tratto della VIA APPIA. Questa strada ha finalità militari molto importante perché velocizza
gli spostamenti dell'esercito. Inoltre, si rende promotore di atti politici importanti:

• ammette in politica i figli dei liberti (schiavi liberati che godono di diritti politici che
sono anche molte volte facoltosi) facendoli arrivare in Senato
• tenta di negare alla plebe ai sacerdozi
• concede ai cittadini romani la possibilità di iscriversi nella tribù che preferiscono:
questa influisce tantissimo sulla modalità di voto di Roma stessa. Lui vuole,
convincendo le persone a iscriversi nella tribù rustica, influenzare e manovrare il
consenso delle tribù rustiche.

Pirro
Dopo le guerre sannitiche c'è un pezzo di Italia fuori l'influenza di Roma. Turi, sentendosi
minacciata da delle popolazioni italiche, chiede aiuto a Roma e non a Taranto. Stessa cosa
fanno altre popolazioni nella zona di influenza di Taranto. Questa allora non può restare con
le mani in mano in questa situazione e chiede aiuto a Pirro. Pirro accetta. Lui vorrebbe
intervenire in un conflitto in Sicilia che vedrebbe un conflitto tra i greci e i cartaginesi
Domanda esame: domanda a piacere sull’età arcaica – riassuma le tappe principali del
conflitto patrizio/plebeo (I secessione plebe – 12 tavole – II secessione – e continua..)

LEZIONE 11 – 02/11/21

NEL 216 A.C. ABBIAMO IL PRIMO TRIBUNO DELLA PLEBE CHE CONVOCA IL
SENATO.

Guerra Tarantina: La guerra Tarantina parte proprio da quell'accordo nato tra Taranto e
Roma. Trattato che ha anche risvolti culturali interessanti poiché i Tarantini cercano di
divulgare la notizia che Numa Pompilio sia stato un discepolo di Pitagora. Cercano dunque
di influire nella cultura Romana con questo trattato.

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Il trattato si esaurisce quando Turi decide di chiedere aiuto a Roma pure se si trovava nella
sfera di influenza Tarantina. Taranto decide di dichiarare guerra a Roma ma essendo
consapevole di non potercela fare, chiede aiuto a Pirro. Taranto chiede aiuto a Pirro perché
è il genero di Agatocle, importante personaggio politico che era sovrano di Siracusa e che
aveva già aiutato Taranto. Pirro arriva in Italia perché aveva il suo progetto personale che
era intervenire in un conflitto che c'era in Sicilia dove il regno di Siracusa era in conflitto con i
Cartaginesi. Voleva aiutare i Siracusani per poter unificare la Sicilia e prenderne il controllo.
Nel 280 A.C. inizia la sua guerra contro Roma vincendo ad Eraclea e Ascoli Satriano, in
Puglia. Quindi decide di poter stipulare una pace con Roma dopo aver vinto queste due
battaglie poiché riteneva che Roma fosse come le polis greche, evitando di andare fino in
fondo. La tradizione vuole che Appio Claudio, 90enne, quasi cieco arriva in Senato e
sconsiglia i senatori a fare un trattato con Pirro.
Quindi Pirro scende in Sicilia per compiere la sua missione. Tuttavia non sono esaltanti i
risultati e torna in Italia per finire la questione con Roma. Però nel 275 a.C. perde
definitivamente a Maleventum contro i romani capeggiati da Mario Curio Dentato e si ritira
in Epiro.
Tre anni più tardi i Tarantini chiedono una resa ai romani non potendo far fronte a Roma.
Se Taranto non viene penalizzata dal trattato, i sanniti e altri abitanti del territorio, perdono
tanti territori. E L'ANNESSIONE DI SILIA COME MUNICIPIO
Ultima fase IV secolo, I parte del III secolo: La tattica militare si evolve:
o SI PASSA DALLA FALANGE ALL'ORDINAMENTO MANIPOLARE: il manipolo è
un'unità tattica, che rappresenta il superamento della falange. Il manipolo è più
adatto a battaglie in campo aperto ed è una sotto-unità della legione. Ciascuno dei
quali (30 manipoli in totale) conta 120 uomini armati anche in maniera diversa: sono
armati di giavellotti.
o CAMBIA IL MODO DI FARE LA LEVA MILITARE A DIFFERENZA DI SERVO
TULLIO, CHE NON È PIU' BASATA SUL CENSO. SI ARRUOLA PER TRIBU'
TERRITORIALI. Anche gli schiavi vengono reclutati. Inoltre, si utilizza sempre di
più l'età: gli juniores vengono utilizzati più dei seniores.
o E nel 281-280 a.C. vediamo arruolati anche i proletari. Cosa che vediamo verificarsi
successivamente e notiamo questa PROLETARIZZAZIONE DELL'ESERCITO.
Altra evoluzione che Roma subisce dopo questa serie di guerre è l'incremento stesso della
popolazione Romana, che nel periodo che va dal 330 a.C. fino al 290 a.C. abbiamo quasi un
raddoppio della popolazione romana (come ci dice Livio).
Il numero di cittadini però non aumenta, e ciò accade perché:
• c'erano la fondazione di colonie latine con perdite di cittadinanze
• le morti in guerra
• volontà di non annettere gli sconfitti come cittadini. Solo il 40% dei territori
conquistati entrava nell'ager romano. Il resto rimaneva alleato.
In conseguenza delle guerre combattute da Roma, abbiamo un grande aumento di schiavi.
E quindi abbiamo una manodopera abbondante per la coltivazione dei campi. La

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popolazione meno abbiente riceve dunque un miglioramento di condizione, delegando agli
schiavi il lavoro nei campi.

Dominio Romano da Pisa allo


Stretto di Messina: Dopo la guerra
Tarantina, i Romani hanno un
territorio vastissimo. Ed hanno un
concetto di Italia diverso dal nostro:
molto più limitato. pensavano che
l’Italia fosse solo la parte
occidentale dell'Appennino. Solo
negli anni di Pirro il loro concetto di
Italia si espande. Le isole vengono
aggiunte al territorio italiano, solo
con Diocleziano.

Questo è interessante perché


quando si tratti di organizzare le
isole, i Romani fanno un altro
ragionamento.

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Prima Guerra Punica: Romani e Cartaginesi si conoscevano da tempo immemore; infatti, il
primo trattato risale al 509 a.C.
Cartagine è una colonia Fenicia della città di Tiro, città che a partite dal VI secolo a.C.
controlla un'ampia area del Mediterraneo. Lo scontro con Roma è inevitabile perché erano
due potenze enormi.
La città di Cartagine aveva una costituzione MISTA: ovvero una fusione dei tre
ordinamenti politici più importanti:
• quello monarchico (con i due SUFFETI)
• oligarchico (con un consiglio di 104 membri a vita)
• democratico (con un'assemblea popolare) MENTRE A ROMA I CONSOLI ERANO I
CAPI DELL'ESERCITO, A CARTAGINE C'ERANO GLI STRATEGHI (SOGGETTI
PERO' AL POTERE POLITICO e avevano durata pluriennale ma se c'era una guerra
in corso non venivano cambiati)
Pirro è genero di Agatocle, il quale muore combattendo contro Cartagine per il controllo
della Sicilia. Per combattere, le città greche si servivano dei mercenari. Per combattere
questa guerra con i Cartaginesi, i Siracusani, si erano rivolti ai Mamertini.
I Mamertini, alla morte di Agatocle, si prendono Messina e invece di prestare soccorso a
Siracusa, diventano un problema. I Siracusani si riorganizzano e, grazie a Ierano di
Siracusa, sono sul punto di eliminare i Mamertini. A questo punto, i Mamertini che dovevano
combattere contro i Cartaginesi, chiedono aiuto agli stessi Cartaginesi. i quali accettano.
Però essendo poco raccomandabili, stracciano gli accordi coi Cartaginesi e i Mamertini
chiedono aiuto a Roma. Per la prima volta, aiutando i Mamertini, Roma si trova a
combattere fuori dall'Italia (NELLE ISOLE). Aiutare i Mamertini, significava cacciare i
Cartaginesi dai loro presidi. I Cartaginesi tentano di resistere a Roma per un anno.
Ma senza successo. Ierone quindi vedendo i Romani vincere, si allea con i Romani.
Dopo aver aiutato Siracusa, i Romani decidono di conquistare tutta la Sicilia per loro.
Iniziano quindi a invadere la Sicilia, partendo da Agrigento, la cui presa è del 262 a.C.
Cartagine, dunque, è costretta ad evacuare la Sicilia. E tentano di combattere Roma in
mare. Inizia dunque la prima Guerra Punica nel 264 a.C.
Pur non avendo mai combattuto per mare, i Romani riescono a costruire una flotta capace di
combattere alla pari con Cartagine che era una potenza marittima. È LA PIU' LUNGA
GUERRA DEL PERIODO ANTICO. Le battaglie importanti sono: quella di Milazzo nel 260
a.C.
E quella del 256 a.C. a capo Ecmo dove Attilio Regolo, decide di combattere in Africa, ma
viene sconfitto.
Si ritorna a combattere in Sicilia, dove il generale Cartaginese Amilcare Barca si scontra
ancora con Roma e nella battaglia delle isole Egadi del 241 a.C. viene definitivamente
sconfitto e finisce così la guerra. C'è un trattato alla fine della guerra che prevedeva:
• restituzione dei prigionieri di guerra
• abbandono della Sicilia
• imposizione di un tributo, indennità di guerra da pagare ai romani. Le cifre sono
IMMENSE (3300 TALENTI O 80K DI TONNELLATE DI ARGENTO).
Dopo aver perso la guerra contro Roma, i Cartaginesi devono sopportare la rivolta dei
mercenari Sardi che erano con loro in Africa e in Sardegna. I mercenari sardi si
lamentavano di non essere stati pagati e approfittando di questa situazione di difficoltà,
Roma si appropria anche di una parte della Sardegna e della Corsica.

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Dopo la guerra, Roma decide di espandersi nella pianura Padana, ma trova strenue
resistenze.
Iniziano poi una guerra con il regno dell'Illiria. Regno che aveva una regina Teuta, che fa
uccidere degli ambasciatori romani. Ecco perché scoppia la guerra. Teuta viene sconfitta
anche grazie a un collaboratore, Demetrio, a cui viene affidato il controllo di quella zona.
Diventa così un re affiliato. Questa guerra è importante perché:
▪ Roma si spinge in oriente per la prima volta
▪ Roma entra nei giochi Istrici per la prima volta (228 a.C.)
Il 227 a.C. è un anno importante perché assistiamo alla nascita DELLE PRIME PROVINCE
ROMANE, LA SICILIA E SARDEGNA E CORSICA.
Le provincie sono DOMINAZIONI DIRETTE DEI TERRITORI AL DI FUORI DELL'ITALIA (IN
ITALIA ERANO TUTTI ALLEATI, SEPPUR "AUTONOMI"). Roma decide di affidare il
controllo delle due province a due pretori creati ad hoc che avevano pieno controllo e
avevano il compito di riscuotere i tributi

LEZIONE 12 – 03/11/21

Recap: Guerra tarantina, Roma contro Taranto con la città ionica che chiede il soccorso di Pirro
d'Epiro, genero del siracusano Agatocle, il casus belli fu l'aiuto che Roma diede a Turi, città sotto
l'egemonia di Taranto. Nelle guerre tarantine inoltre, Roma e Cartagine stipulano il quarto trattato in
comune contro Pirro. Roma vinse sui tarantini nel 272 a.C., con Taranto e le colonie greche
"risparmiate", tuttavia le comunità italiche (come i bruzi) patirono molte confische e subirono la
fondazione di diverse colonie latine, come Brindisi. L'introduzione del manipolo ebbe un grande
impatto nell'esercito romano e nella sua efficacia, inoltre il reclutamento ebbe peso verso le tribù
territoriali, accantonando il censo, addirittura dal 281/280 a.C. viene eseguito un reclutamento dei
proletari, sovvertendo all'ordinamento serviano. Per i romani il concetto d'Italia si interrompeva e
limitava alla sola penisola italiana (inizialmente solo la parte occidentale dell'appennino). Roma era
organizzata in ager romanus (Municipia e colonie romane) e colonie latine con civitas alleate.
Dalla terza guerra sannitica alla prima guerra punica, Roma frena l'espansione allargata anche per
motivi socio- demografici, infatti in questo lasso la cittadinanza è "congelata", inoltre in virtù delle
guerre vi è un alto afflusso di schiavi, migliorando le condizioni dei ceti più bassi ai quali non veniva
più richiesta la manodopera per la terra, legge Poetelia Papiria: i ceti bassi indebitati hanno maggiori
vantaggi per sdebitarsi.
Prima guerra punica, Roma e Cartagine (colonia di Tiro) avevano alle spalle ben quattro trattati, che
regolamentavano i rapporti tra due potenze nel mediterraneo. Cartagine aeva una costituzione mista
che racchiudeva monarchia, aristocrazia e democrazia. Il casus belli fu la contesa della Sicilia,
inizialmente l'isola era contesa da greci e cartaginesi. A differenza dei romani, cartaginesi e greci si
affidavano a mercenari, i siracusani ingaggiarono dei mercenari campani detti "mamertini", alla morte
di Agatocle i Campani prendono possesso di Messina, il successore di Agatocle, Ierone, riesce a
sconfiggere i mamertini, i quali chiedono aiuto a Cartagine. I mamertini però entrano subito in
contrasto coi cartaginesi, così gli osci chiedono l'aiuto di Roma, che con moltissima riluttanza del
senato, accetta di aiutare i mamertini, i romani scendo in Sicilia, scacciando i punici e resistendo alla
loro contromossa per un anno.
Roma a questo punto pensa di conquistare tutta la Sicilia, con Cartagine che abbandona celermente
l'isola, il conflitto viene spostato sul mare. Roma, preparatasi bene con la flotta, nel ventennio di
guerra riesce a sconfiggere i Cartaginesi diverse volte, come a Mile e Capo Ecnumo. Roma prova a
spostare il conflitto in Africa, non riuscendoci, si ritorna in Sicilia dove Roma vinse Amilcare Barca
presso le isole Egadi nel 241 a.C., con Cartagine che dovette restituire i prigionieri di guerra,
evacuazione fenicia della Sicilia e pagamento di 3200 talenti di tributo. Cartagine dovette subito
affrontare la rivolta dei mercenari sardi, ne approfittò Roma che prese possesso anche di Sardegna e
Corsica. La sete di conquista di Roma si espande verso il nord Italia, dove trova la resistenza dei
galli, Roma quindi cambia area, andando a combattere nell'Illirico, Roma scese in guerra contro la
regina Teuta, che viene sconfitta nel 229/228 a.C circa. Il regno fu affidato a Demetrio di Faro, ex
consigliere di Teuta, che divenne re cliente di Roma. Nel 227 a.C. ci fu un nuovo assetto

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amministrativo: Sicilia e Sardegna-Corsica divennero le prime tre provincie romane. Le provincie
sono direttamente amministrate da Roma, avendo totale sudditanza alla urbe, a differenza dei territori
peninsulari. Furono create cariche apposite per l'occasione, pretori che comandano truppe con lo
scopo di riscuotere l'annona da queste popolazioni. Fine recap

L'espansione di Roma nel nord Italia e la seconda guerra illirica


Nel periodo 225/222 a.C. i galli boii provano a spingersi verso sud e vengono sconfitti a
Talamone Casteggio da Roma che prende possesso nella pianura padana, Roma però
dedurrà solo due colonie latine a Cremona e Piacenza. Non si arriva a una sistemazione
definitiva ma Roma crea qui colonie latine.
Pochi anni più tardi, nel 219 a.C. inizia la seconda guerra Illirica. Il re cliente Demetrio
decide di iniziare una politica estera che non era vista di buon occhio dai Romani. Che
decidono di sconfiggere definitivamente il re cliente Demetrio che si rifugia da Filippo V.
La situazione a Cartagine
Intanto Cartagine, che era stata costretta a pagare un tributo pesante, pensa di espandersi
in Spagna per pagare questo debito della prima guerra Punica. Amilcare Barca è quello
che si occupa di questa espansione in Spagna. I Romani però si insospettiscono perché i
Cartaginesi guadagnano piede in Spagna e mandano lì una delegazione per chiedere
spiegazioni. I Cartaginesi spiegano che fanno questo per pagare il tributo.
L'anno dopo, nell'imminenza di questa guerra nella pianura Padana, decidono di fissare un
limite all'espansione cartaginese in Spagna, col trattato dell'Ebro del 226 a.C. Marsiglia,
alleata con Roma, rientra in questo piano, visto che sarebbe una minaccia imminente l'arrivo
dei punici.

La seconda guerra punica (219-202 a.C.)


Nella società cartaginese era forte il desiderio di rifarsi. Il casus belli della seconda guerra
punica è la città di Sagunto. Città che si trovava nell'area di influenza cartaginese ma che
aveva anche alleanza con i Romani. Il figlio di Amilcare barca, Annibale, assedia Sagunto
che aspettava di essere aiutata. Assedio che dura un anno e nel 219 a.C., dopo la caduta di
Sagunto, Roma decide di intervenire. A Roma pensavano di mandare i due consoli in
Spagna e di risolvere la questione. Però vengono bruciati sul tempo da Annibale: con un
esercito esiguo, Annibale arriva in Italia scavalcando le Alpi e Roma non può far altro
che mandare in maniera tardiva, un esercito in Spagna, comandato dagli Scipioni per
dare fastidio ai presidi cartaginesi. Annibale intanto è inarrestabile data la sua velocità di
marcia. Pensa che possa essere aiutato dalle tribù galliche della Padania, il calcolo ha
successo a metà poiché non tutte le colonie romane decidono di allearsi con lui. Intanto i
romani avevano diviso il loro esercito inviandone uno in Spagna e uno per fermare Annibale
in Italia. Nel 218 a.C. Annibale arriva e vince al Ticino. Nel 217 a.C. arriva e vince al
Trasimeno. Tuttavia decide di non scendere a Roma perché sa di non avere un esercito
degno per espugnare Roma e decide di deviare verso Canne. E qui c'è la sua vittoria più
importante di Annibale nella sua discesa in Italia, con la battaglia di Canne nel 216 a.C.
dove l'esercito romano subisce una pesantissima sconfitta.
Nella battaglia di Zana in Africa nel 202 a. c., Scipione, facendo tesoro delle sconfitte
precedenti di Roma, ripropone la tattica di Annibale e riesce a vincere la guerra dopo 15/16
anni. Le condizioni di pace non prevedono ancora una volta la eliminazione di
Cartagine, forse perché volevano sfruttare Cartagine per ottenere anche vantaggi di
posizione strategica.

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Le condizioni di vittoria sono molto dure:
o la dissoluzione della loro flotta
o Massinissa (alleato fedele a Roma), alleato dei cartaginesi, ritornasse sul trono della
Numidia
o imposizione di un tributo MOLTO PIÙ SALATO DI QUELLO DELLA PRIMA
GUERRA PUNICA. Un tributo che doveva essere pagato ENTRO 50 ANNI.

La società romana / assetto societario nel III secolo a.C.:


• Il senato: alla fine del III secolo il senato era composto da una stragrande
maggioranza di plebei.
Fino all'anno 150 a.C. non c'è nessun limite di distinzione per censi che distingua le centurie
equestri dalle centurie di prima classe. Cosa che cambia successivamente con gli
appartenenti al ceto equestre che hanno un ceto 10 volte superiore a quelli della prima
classe.
I personaggi di ranghi equestri erano coinvolti tutti nel campo agricolo ma anche in attività
commerciali, riscossione delle tasse e appalti pubblici. Era dunque una classe sociale più
interessata agli affari che alla politica. Tenendo conto di questo si capisce il plebiscito
Claudio.
Il Plebiscito Claudio (218 a.C.)
Stabilisce che chi fa il senatore non può esercitare attività commerciali. E viene inoltre
vietato ai senatori di partecipare agli appalti pubblici. Era facile aggirare questi divieti
utilizzando dei prestanome. Tutto questo ha fatto pensare che non siano i senatori i
bersagli di questi provvedimenti ma I CAVALIERI (PERCHE' PROBABILMENTE
VEDEVANO NELL'USO DELLA TERRA L'UNICA ATTIVITA' ECONOMICA NOBILE).
Questo dunque porta a una composizione del senato bloccata: dalle liste di nomi dei
senatori che abbiamo, possiamo vedere che sono pochi gli uomini che entrano nel senato

29
che non siano stati già in esso. Ci sono famiglie che detengono il potere ininterrottamente
per due secoli: le famiglie NOBILITAS PATRIZIE/PLEBEE che dopo il 367 a.C. detengono
stabilmente il potere.
Nel III secolo a.C. il senato acquisisce prerogative sempre più importanti affievolendo il
potere dei magistrati: al senato spetta la facoltà di prorogare l'imperium dei magistrati (che
ha durata di un anno). Soppiantando la decisione che era dei comitia.
Il senato sia arroga l'assegnazione delle provincie e della consistenza delle armate di esse.
Inoltre, il controllo dell'erarium passa ai senatori, infine la politica estera diviene
appannaggio dei senatori con le ambascerie ricevute direttamente dal senato.
• I senatori sono eletti a vita e sono persone di esperienza che hanno già ricoperto
cariche politiche.
• AL SENATO SPETTA LA FACOLTA' DI PROROGARE L'IMPERIUM DEI
MAGISTRATI
• ASSEGNANO LORO LE PROVINCE E LA CONSISTENZA DELLE ARMATE DEI
MAGISTRATI DELLE PROVINCE
• CONTROLLANO L'ERARIUM
• HANNO COMPITI IMPORTANTI IN POLITICA ESTERA

L'evoluzione dei comitia - I comizi delle assemblee:


• I comizi centuriati: nel 241 a.C. abbiamo una riforma dei comizi centuriati. Un
anonimo magistrato decide di cambiare il numero delle centurie di pertinenza
della prima classe dei comizi. ALLA PRIMA CLASSE SPETTANO 70 CENTURIE.
Questo significa che la prima classe non ha più la maggioranza nelle votazioni
(70+18=88). Inoltre dice che le centurie della prima classe sono 70, le tribù sono 35.
Le singole centurie sono attribuite dunque alle tribù specifiche. Volva dunque
vincolare i ricchi che risiedevano in città, alle 4 tribù urbane. E quindi limitarne il
potere.
• Per i comizi curiati e tributi, invece questi iniziano ad avere sempre più importanza.
RISPETTO AI CENTURIATI HANNO UN VANTAGGIO NON INDIFFERENTE:
SONO PIU' FACILI DA CONVOCARE VISTO CHE SONO SOLO 35 TRIBU'.
I comizi tributi servivano a decidere i magistrati minori e a discutere delle leggi
I comizi curiati servono a
1) ratificare le adozioni
2) i comizi curiati sono quelli che esprimevano LA LEX CURIATA DE IMPERIO.
Servivano a ratificare i consoli eletti dai comizi centuriati.

LEZIONE 13 – 08/11/21

Recap: Roma conquista la pianura padana, battendo i boii a Talamone e Casteggio. Roma consolida
il dominio della Padania con la deduzione delle colonie di Cremona e Piacenza. Nell'Illirico, il re
cliente Demetrio di Faro viene detronizzato da Roma e fugge in Macedonia da Filippo V. Dopo la
disfatta della prima guerra punica, Cartagine conquista le terre iberiche per sopperire alle rate da
pagare a Roma, nel 227 a.C. si stipula il trattato dell'Ebro, dove i cartaginesi non possono
oltrepassare il suddetto fiume. Cartagine, che nutriva rivalsa, trova in Annibale Barca che discende in
Italia, prima assediando Sagunto (infrangendo il trattato dell'Ebro), battendo i Romani a Canne, sul

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Ticino, sulla Trebbia e sul Trasimeno. Tuttavia Annibale non ha e forze per dare il colpo di grazia a
Roma e l'urbe con Quinto Fabio Massimo riesce a rinsavire. Massimo attuò una tattica di guerriglia
che logoava le file cartaginesi, nel 211 a.C. muoiono in Spagna i due Scipioni e viene mandato al
comando Publio Cornelio, detto Scipione l'Africano che dopo cinque anni scaccia i cartaginesi dalla
Spagna, divenuto console nel 205 a.C. porta la guerra in Africa, vincendo a Zama nel 202 a.C. Anche
qui le condizioni di pace sono poco agevoli: Cartagine perde la flotta, in Numidia deve tornare
Massinissa (che diviene re cliente di Roma), ma soprattutto è che il tributo, da pagare in 50 anni, fu
fissato a 260 tonnellate d'argento. Dal punto di vista sociale ed istituzionale, viene istituito un censo
per differenziare senatori e cavalieri, nasce il censo equestre. Vi è nel 218 a.C. il plebiscito Claudio. Il
tentativo è quello di escludere i cavalieri che non vogliono investire nella proprietà terriera, ma nelle
attività finanziarie diverse. La classe dirigente romana è rivestita da un gruppo ristretto di famiglie
(nobilitas patrizio-plebea).Il senato stabilisce l'assegnazione delle provincie ai consoli ed
all'assegnazione dell'esercito preposto, gestione di erario e politica estera. In questo periodo il censo
minimo della prima classe era di circa 16 iugeri, mentre la terza ne disponeva la metà. Tema focale
diviene lo sfruttamento dell'ager pubblicus, portata avanti da chi non appartiene alle classi meno
abbienti, al contrario dell'elitè che vorrebbe la terra in fitto. Gaio Flaminio nel 204 a.C. assegna l'ager
padano-gallico alle classi meno abbienti. Nei comitia centuriata vengono diminuiti le centurie della
prima classe, agganciandole alle 35 tribù, cosi la prima classe e le 18 centurie di cavalieri non hanno
più la maggioranza assoluta nelle decisioni politiche. Acquisiscono importanza anche i comitia tributi,
che servono a nuove leggi ed eleggere magistrati senza iperium. La loro convocazione è più facile
(35 unità di voto) ed è più facile da gestire. I comitia curiata sono coinvolti soltanto nelle adozioni,
avendo ormai un valore solamente storico, il secondo compito è la lex curiata de imperio che è la
ratifica delle elezioni dei consoli. Fine recap

Plebe Urbana
Viene conferita più importanza alla nuova classe. Con l'espansione di Roma inizia a
differenziarsi anche questa classe, differenziata da artigiani (ben visti) e commercianti (mal
visti), Dal IV secolo a.C., l'afflusso di schiavi maggiore porta alla manomissione degli
schiavi, divenendo liberti (cittadini con pieni diritti politici, ma legati ai loro patres),
solitamente i liberti non sono sempre poveri. Tra la prima e seconda guerra punica i liberti
potevano iscriversi solamente nelle 4 tribù urbane al contrario del provvedimento di Appio
Claudio Cieco che li distribuì tra le 35 tribù rustiche. Le famiglie nobili tendono ad
estinguersi, lasciando il posto a queste nuove famiglie.
Legge Cursus Honorum – Lex Villia Annalis – 180 a.C.
Nel 180 a.C. un tribuno della plebe Lucio Vililo fa passare una legge – Lex Villia Annalis,
l'ultimo provvedimento per l'assetto politico nelle cariche - che sottolinea l’età minima dei
personaggi politici che possono ricoprire una magistratura (ovvero a 26 anni) fissando
l'ordine del progresso in carriera politica: si esordisce con la questura. Il 26 anni è ben
pensato: si diventava iuones a 16 anni, quindi dovevano ricoprire 10 anni militarmente per
poi dopo la questura, passare in pretura (40 anni) e consolato (43). A partire dai 37 anni si
poteva rivestire anche la carica di edile. UNA SUCCESSIVA LEGGE prevedeva che le
cariche curulee dovevano rivestirsi a due anni di distanza ed il consolato poteva avere un
solo mandato.
II Secolo a.C. = Grande Secolo di ESPANSIONE Romana: Roma combatte su più fronti.
Dopo la guerra Annibalica, Roma si ritrova in situazioni pericolose:
- Pianura Padana - Italia: Subito dopo la vittoria di Roma nella seconda
guerra punica, Roma cerca di risolvere il problema in Padania, i boii si erano
schierati con Annibale, dunque Roma punta a riconquistare la pianura in una
guerra molto lunga, in Emilia vengono dedotte nuove colonie (Bologna, Modena e
Parma), viene anche costruita la via Emilia (Piacenza-Rimini) e sempre negli anni
80 a.C. Roma procede con l’espansione sull’area orientale italica combattendo
contro gli Istri e conseguente distruzione di Aquileia (prov. Di Udine).

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ed intorno al 180 a.C Roma si espande verso nord-est combattendo gli Istri,
deducendo la colonia di Aquileia. Cambia la percezione d'Italia oltrePo, Roma infatti
non istituisce province, ma preferisce dedurre colonie e stringere alleanze.
- Spagna: uno dei paesi più intensamente romanizzati. Nel 107 a.C. (dopo
Zana) in Spagna vengono istituite due province: Spagna Citeriore (Catalonia) e
Spagna Ulteriore (Andalucia) con istituzione di due nuovi pretori per le province. il
resto della Spagna era ancora in mano alle popolazioni indigene. Roma è
impegnata dunque anche in guerre iberiche, con Catone e Tiberio Sempronio
Gracco, che stipula un accordo con le popolazioni iberiche, Roma scende anche in
guerra contro i lusitani che danno filo da torcere a Roma, vincendo con Viriato
diverse battaglia, Viriato viene tradito nel 139 a.C., ma il Portogallo resistette
ancora. Roma acquisirà la penisola Iberica solo in età augustea.
- Oriente: 200 a.C. vi è una situazione differente da quella romana. La
situazione lasciata dopo la morte di Alessandro Magno (nel 323 a.C.) ovvero un
impero nella sua massima espansione; tale impero non riesce ad essere unito per
non concordanza politica e viene suddiviso in tre blocchi: Area Siriana e Asia
Minore, Macedonia ed Egitto.
Roma alla conquista dell'Oriente
Nel II secolo a.C. l'area ellenistica si trova invischiata nella grande divisione attuata dai
generali macedoni di Alessandro Magno dopo la sua morte nel 323 a.C. le tre macro-unità
sono il Regno Seleucide con Seleuco, Regno Macedone con Antigono ed Egitto con i Lagidi.
Inoltre vi sono regni satellite della Macedonia, come il regno di Pergamo e quello di Rodi.
La seconda guerra illirica e le guerre macedoniche.
Prima Guerra Macedonica 215 -205 a.C. Seconda Guerra Macedonica 200 – 196 a.C.
Demetrio di Faro puntava alle Cicladi senza l'assenso di Roma che lo fece fuggire in
Macedonia. Demetrio si rifugiò presso Filippo V. La guerra dura dal 215 al 205 a.C. con Filippo
V, che si allea con Annibale con la promessa di rinuncia dei Balcani da parte di Cartagine. I
romani fanno pressione sugli Etoli ed altra popolazione avverse ai Macedoni, mandando un
contingente in Grecia, per bloccare gli aiuti ad Annibale, la guerra si placa nel 205 a.C. col
trattato di fenice. Lasciando la situazione pressoché inalterata, Filippo V tuttavia stipula un
accordo con il regno Seleucide di Antioco III, il loro obiettivo è quello di conquistare il regno
d'Egitto. Roma è vigile sulla situazione, in quanto l'Egitto sarebbe focale nel Mediterraneo.
L'espansione di Filippo minacciava anche il regno di Pergamo e di Rodi. Nel 200 a.C. Filippo
assedia Atene, Roma pensa di intervenire militarmente in Grecia, ma i comitia rifiutano. La
replica fu una minaccia di discesa in Italia di Filippo V, fra il 200 ed il 196 a.C. fu quindi
combattuta questa guerra dopo l'ultimatum di Roma di abbandonare la spedizione in Egitto.
Alla salita a console del trentenne Tito Quintio Flaminino (stessa gens di Cincinnato), vinse
nel 197 a.C. in Tessaglia su Filippo V, con la successiva resa di Filippo che dovette
abbandonare Grecia ed Asia Minore insieme al pagamento del tributo.
La guerra siriaca (194-192 a.C.)
Flaminino concesse la libertà ai greci, gli Etoli che speravano una ricompensa di terre si
ritrovarono invece a mani vuote. Roma in Grecia non istituisce provincie, preferendo un
controllo indiretto. Nel 194 a.C. Flaminino abbandona le terre elleniche. Antioco III ne
approfitta della situazione per puntare il Bosforo e l'Asia minore, alleandosi con gli Etoli
delusi dai romani, arrivati al Daradanelli, Roma arriva a combattere in Grecia, configgendo
nel 191 a.C. gli etoli alle Termopili, tra cui Porcio catone, i generali sono Scipione l'Africano
(come legatus) che accompagna suo fratello, vittoriosi in Grecia i romani vincono a
Magnesia e stipulano la pace ad Apamea, le condizioni sono le solite (divieto di flotta,

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altissimo tributo e restituzione delle terre greche alle popolazioni dl luogo). Roma attraverso
questa pace, rivendicò anche la mitologica città di Troia.
La terza guerra macedonica
(dal 171 al 168 a.C.)
Roma riscende in guerra coi
macedoni, dopo la morte di
Filippo V, suo figlio Perseo
organizza un'alleanza
antiromana insieme alla lega
achea, gli epiroti e gli illiri. La
battaglia cruciale fu a Pidna nel
168 a.C. con Lucio Emilio Paolo
che vince su Perseo. I romani
ancora una volta non creano
una provincia, ma dividono il
regno in quattro distretti satellite,
mentre l'illirico viene suddiviso in
tre distretti. Alla base di questa
suddivisione potrebbe esserci il
filo-ellenismo dell'élite romana,
interessata dalla cultura greca da sempre. Altra motivazione potrebbe essere anche la
paura che qualche governatore in Grecia avrebbe potuto svettare sugli altri. Tuttavia, Roma
con gli alleati dei macedoni, come gli achei, ci a giù duramente. Prendendo i mille eredi più
influenti, con lo scopo di processarli, ma che tuttavia resteranno per vent'anni a Romi, tra di
loro vi è Polibio. Gli epiroti invece vengono larga parte ridotti in schiavitù.
Le guerre in Spagna e la terza guerra punica (149-146 a.C.)
Dopo dieci anni di relativa pace, scoppiano dei tumulti in Spagna. Qui entra in gioco la figura
di Publio Cornelio Scipione Emiliano, il secondo cognomen presuppone un'adozione di
questo personaggio, probabilmente adottato da Publio Cornelio Scipione figlio dell'Africano,
e probabilmente figlio di Lucio EMILIO Paolo che vinse a Pidna.
Roma decide dunque di eliminare totalmente Cartagine, che nonostante pagasse il tributo a
Roma e "sopportasse" Massimissa in Numidia che pian piano avanza in territorio
cartaginese. Intorno al 150 a.C. Massimissa era arrivato a possedere metà del territorio
cartaginese, ma sapeva di non poter intervenire militarmente e quindi cerca deditio a Roma;
tuttavia, Roma ignora la richiesta di Cartagine imponendole condizioni di abbandono della
costa tunisina, arretrando nell'entroterra. Dunque, Cartagine lotta ad oltranza, Roma
risponde con l'invio di otto legioni in Africa, con Cartagine che resiste per due anni
d'assedio, interviene dunque Scipione Emiliano che a 38 anni diviene console
(contravvenendo la Lex Villia annalis), dopo un ultimo assedio Cartagine viene rasa al
suolo e gli abitanti venduti come schiavi. Viene dedotta la provincia d'Africa.
Appiano ci suggerisce che la scelta della provincializzazione sia dovuta alla possibile rivalsa
di Cartagine, i motivi della distruzione di Cartagine potrebbero essere molti: la scadenza del
tributo era prevista intorno al 152 a.C. quindi potrebbe essere un benservito. Tuttavia negli
stessi anni della terza guerra punica si provincializza la Grecia, dunque sembrava d'obbligo
la provincializzazione dell'Africa.
La quarta guerra macedonica e la Provincia di Macedonia ed Acaia.
Intorno al 149 a.C. Andrisco, che dice di discendere da Perseo, tenta di portare dalla sua la
lega achea. Nel 148 a.C. Quinto Cecilio Metello sconfigge Andrisco a Pidna e
successivamente sconfiggono gli achei e distruggono Orinto nel 146 a.C., il saccheggio di
Corinto sembra che abbia aperto la mente ai romani verso l'arte. Viene quindi istituita la

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provincia di Macedonia ed Acaia. la nuova provincia greca venne amministrata attraverso la
"proroga dell'imperium”, un magistrato uscente dalla carica di pretore in altra provincia,
riceveva la carica di proconsole o prepretore. Questa misura serviva a limitare il numero di
magistrati.

LEZIONE 14 – 09/11/21

Recap: Il secondo secolo per Roma fu bellicoso, prima però ci fu una consistente riforma dell'assetto
societario romano (plebe urbana, artigiani e commercianti, limitazione dei liberti iscrivendoli alle 4
tribù urbane), Lex Villia Annalis (180 a.C.) una legge che regolamenta la carriera politica fissando le
età minime per le singole magistrature per fare in modo che nell'aristocrazia i poteri fossero
pareggiati (sempre per evitare un ritorno alla monarchia).
Ritornando sul piano bellico, dopo la seconda guerra punica Roma è impegnata su più fronti: Pianura
Padana, persa dopo la seconda
guerra punica, Roma vince di nuovo
sui celti in circa quarant'anni
deducendo alcune colonie e
costruendo la via Aemilia. Ad oriente
fu dedotta la colonia di Aquileia in
Friuli, in Padania non vengono
istituite provincie, ma vengono creati
alleati; Spagna ed Iberia, Roma
deduce due provincie (Catalogna ed
Andalusìa), qui il problema è dato
dalle genti lusitane guidate da Viriato
che verrà solo ucciso a tradimento dai
lusitani stessi; Infine le guerre più
impegnative furono in territorio
ellenico e mediterraneo orientale, alla
morte di Alessandro il macedone i
generali si divisero il regno
(Seleucide, Macedone ed Egiziano),
Roma si trova coinvolta in quest'area per riflesso della seconda guerra illirica, tuttavia non sono i
responsabili della prima guerra macedonica indetta invece da Filippo V che si alleò con Annibale
dopo Canne. la prima guerra macedonica fu portata da Roma in territorio macedone, grazie
all'alleanza di Roma con gli etoli e Pergamo. Nel 205 a.C. ci fu la pace di Penice, tuttavia la guerra
era destinata a proseguire: dal 200 al 196 a.C. Filippo V prova ad espandersi in Grecia ed Asia
minore, Pergamo e Rodi chiedono aiuto a Roma. con l'urbe che con Flaminino sconfigge Filippo V di
nuovo, inoltre Flaminino concede la libertà ai greci, Roma rinuncia all'occupazione diretta, che nel
194 a.C. porta all'abbandono della Grecia da parte dei romani, il re seleucide Antioco III dunque
prova ad approfittarne della situazione, espandendosi verso bosforo e dardanelli, ma Roma vinse
ancora grazie agli Scipioni. Gli stessi Scipioni furono accusati di malversazione ed accondiscendenza
verso Antioco, nel processo Scipione strappa i registri dove vi sarebbero le accuse, dopo questo
processo Scipione si ritirò a vita privata a Liternum. Roma conquista anche Troia, le fasi finali del
conflitto vedono il figlio di Filippo, Perseo che prova a resistere a Roma alleandosi con gli achei e
Roma vince nel 168 a.C. a Pidna, ed ancora una volta Roma non deduce provincie, ma divide la
Grecia in quattro repubbliche. Per 10 anni regnò la pace, ma la guerra riprese in Spagna, dove si
distinse Scipione Emiliano, il quale probabilmente era figlio di Lucio Emilio Paolo, ma adottato da
Publio Cornelio Scipione. Infine Roma decide di annientare Cartagine (149-146 a.C.), la città fenicia
debilitata dal tributo e le scorrerie di Massinissa di Numidia non riesce a contrastare la potenza di
Roma, che nonostante le 8 legioni inviate non riesce a scardinare i cartaginesi, fino all'arrivo di
Scipione Emiliano (console a 38 anni), che rase al suolo Cartagine, fu poi dedotta la provincia
d'Africa. Alla base della distruzione di Cartagine potrebbero essere state due: rivalsa contro le azioni

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della seconda guerra punica oppure azione congiunta in concomitanza coi fatti di Macedonia, dove
Andrisco cerca di ricomporre l'alleanza con gli achei che però a Pidna viene abbattuta da Quinto
Cecilio Metello, Roma dunque distrugge Corinto, dove Roma ne trae tesori culturali ed artistici.
La Grecia fu provincializzata (Macedonia ed Acaia).
Infine per le nuove provincie non furono creati nuovi magistrati, ma i consoli ed i pretori uscenti
ricevevano la proroga per divenire proconsoli o propretori. Fine recap

Questione economica a Roma e divisione delle ricchezze


I principali introiti a Roma dopo le guerre furono dettati dagli schiavi e dai metalli
preziosi. Stime inducono a ritenere che in Italia ci fossero all'epoca circa 5/6 milioni di
abitanti e gli schiavi arrivati in Italia dovevano sfiorare il milione, i censiti tra i cittadini non
arrivavano oltre i trecentomila.
I bottini ricavati dai generali romani erano la fonte più importante di introiti per Roma in
questo periodo, gli introiti erano generati dalla vendita degli schiavi e dalla depredazione
dei beni delle terre conquistate prima della loro riduzione a provincia.
Dopo la guerra siriaca, l'afflusso di bottino è talmente ingente che lo Stato rimborsa i tributi
pagati in occasione della seconda guerra punica. Dopo Pidna, infatti, i cittadini romani non
pagavano più tasse, perché erano garantiti dalle provincie. Anche gli investimenti per le
opere pubbliche furono ingenti. Ciò porta anche ad una regolamentazione alla fiscalità
delle provincie, Roma impone un regime di tassazione sostenibile per le provincie, ad
esempio in Sicilia viene imposta la decima (parte del raccolto), nelle altre provincie fu
imposto lo "stipendium", le provincie devono versare la paga necessaria ai romani presenti
nelle provincie. Non esiste presso i romani un'amministrazione fiscale specializzata, l'erario
e gli appalti pubblici erano gestiti dai "publicani" i publica erano contratti stipulati per la
costruzione di opere pubbliche o riscossione delle tasse, i publicani si suddividevano in
società che potevano richiedere gli appalti. Le tasse erano riscosse anche sull'ager
pubblicus (tassa Vectigal e tassa Scriptura) riguardo la coltivazione ed il pascolo.
Polibio ci dice che quasi tutti i cittadini partecipavano agli appalti ed ai loro profitti. In verità i
fatti andavano diversamente, le tensioni sociali infatti si attenuarono sempre di più.
II Secolo a.C. = tensioni sociali molto evidenti ------------------- GRACCHI
Il punto di non ritorno nella spaccatura sociale a Roma
Dopo la fine della guerra Annibalica (dopo Canne), Roma punisce le popolazioni dell’Italia
meridionali schieratosi a favore di Annibale. Ad esse gli vengono confiscate tutte le terre,
portando a Roma ad un aumento netto del suo ager pubblicus con conseguente problema
legato alla sua utilizzazione. Si procede ad una distribuzione viritana cioè una
distribuzione di lotti data al singolo, parliamo di lotti molto piccoli (5/10 iugeri) che
portarono all’iscrizione alle classi basse al censo, nei primi trent’anni del II secolo a.C.
furono dedotte anche diverse colonie che riguardavano il nord-Italia. Quindi a queste
distribuzioni viritane si affianca una seconda ondata di colonizzazione che riguarda la
parte settentrionale della Penisola mentre al Sud Italia non si passa alle colonie, ma viene
lasciato come ager pubblicus utile per il pascolo degli animali ad eccezione di poche aree
(come l'ager campanus) che vengono sfruttate per la loro iperfertilità e la coltivazione
intensiva.
Venne trasgredita la legge del 367 a.C. per quanto riguarda le quote di ager pubblicus per
cittadino, ovvero le norme della legge Licinie Sestie, sicuramente ritoccate da leggi
successive; infatti, le personalità più autorevoli della società romana detengono quote oltre i
500 iugeri riguardo l'ager pubblicus, le sanzioni rimanevano solo sulla carta e mai eseguite.
Nel 173 a.C. non vengono più dedotte colonie, in quanto le terre sono finite, d'ora in poi
si assiste all'abbandono da parte dei piccoli contadini dei loti a loro assegnati, le
motivazioni sono discordanti: sul piano bellico viste le frequenti guerre. In realtà le

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motivazioni sarebbero riconducibili ai fenomeni di espropri forzati da parti dei possessori
più facoltosi, il secondo motivo sarebbe il mutamento dei contadini, che divengono abitanti
di provincia da conquistatori post-bellici oppure si urbavano, andavano a vivere a Roma,
dove si poteva essere clientes oppure si poteva tentare la scalata sociale.

In conclusione, la mentalità consumistica portava all'abbandono delle terre da parte dei


piccoli proprietari anche per responsabilità degli stessi amministratori che assegnano
esiguamente le terre, inoltre la colonizzazione era limitata alla sola penisola italiana.

Il fenomeno abbastanza significativo interessa anche l'agricoltura: la nascita delle ville


schiavistiche o catoniane (dal "De agri cultura" di Catone), le ville sono aziende agricole
che hanno ampie superficie coltivabili (circa 25 ettari se si coltiva vino, 60 se si produce
olio), questo tipo di proprietà è diffuso al centro sud ed è centrato sull'esportazione di beni
verso Roma e le provincie occidentali, ciò è testimoniato anche dalle tracce archeologiche.
Le stime testimoniano come venissero esportati milioni di anfore con vino ed olio, il tutto ciò
ci fu fino alla fine della repubblica. Tutta la situazione porterà all'azione politica dei
tribuni Gracchi, verso la fine del II secolo a.C.

I Gracchi: la svolta nella società romana


Nel 133 a.C. Tiberio Gracco diviene tribuno della plebe, circa dieci anni dopo divenne
tribuno suo fratello Gaio. Tribuni della Plebe, quindi appartenenti alla nobilitas romana
ma di estrazione plebea.

I Gracchi erano figli di Tiberio Sempronio Gracco, abile militare impegnato in Spagna, il
quale era sposato con Cornelia, figlia di Scipione l'Africano. La coppia genera 12 figli, dei
quali ne sopravvivono 3, i Gracchi ed una sorella, Sempronia. I Gracchi erano cugini
acquisiti con Scipione Emiliano, inoltre sposa anche Sempronia.
All'elezione di Tiberio, sostenuto largamente dalle famiglie della nobilitas romana come Gaio
Porcio Catone, Licinio Crasso Luciano, Publio Muzio Scevola ed il princeps senatus Appio
Claudio e suocero di Tiberio.
Il progetto politico di Tiberio presentato al concilum plebis è una proposta che ricalca le
leggi De Modo agrorum, sulla stessa scia delle leggi Licinie Sestie, quindi miranti alla
gestione dell'ager pubblicus. Le leggi successive al 367 a.C. sono lacunose, ma nel II
a.C. oltre al limite di 500 iugeri, una quota supplementare di ager dato in gestione poteva
essere destinato all'allevamento di 100 bovini o 500 ovini.
Tiberio alza il limite di ager pubblicus da usare, passando da 500 iugeri a 500 al capo
famiglia, più 250 per ogni figlio per un limite complessivo di 1000 iugeri. La proposta di
Tiberio prevede anche la gestione dell'ager illecitamente occupato, che viene ridistribuirlo
alla cittadinanza meno abbiente. La misura degli iugeri da distribuire ai cittadini più poveri
è ripartita in lotti di circa 30 iugeri da dare in fitto con l'impossibilità di cessione a terzi
(inalienazione). Per ripagare i possesores di quote di ager detenute illecitamente, la terra
rimanente non era più ager pubblicus (quindi in fitto) ma diveniva loro proprietà assoluta.
- L'obbiettivo di Tiberio era quello di creare un ceto di agricoltori benestanti che non
dovessero inurbarsi o abbandonare la terra andando in provincia, dunque garantirsi un
numero sufficiente di soldati.
Il secondo provvedimento, che poi porterà alla prima grande rivolta schiavale,
riguardava la Sicilia, incrementa il numero dei cittadini senza basarsi sugli schiavi che
potevano generare problemi. Le proposte di Tiberio Gracco erano conflittuali per alcuni
possessores che avevano investito sull'ager illegalmente detenuto, il concilium plebis
riunitosi per valutare le riforme, trova l'opposizione del tribuno Marco Ottavio, pone il veto

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alla proposta di Tiberio, in quanto pilotato. In condizioni normali la proposta sarebbe stata
bloccata a priori, Tiberio fa in modo di votare la destituzione di Marco Ottavio, che viene
quindi defraudato. Passa dunque la lex Sempronia Agraria, viene fuori un problema
pratico: il controllo del terreno da recuperare. Viene quindi introdotta una commissione
triumvirale formata da Tiberio Gracco, Gaio Gracco ed Appio Claudio. Il triumvirato
riceve la prerogativa di giudicare i casi controversi e contestati.
Nel 133 a.C. muore Attalo III di Pergamo e lascia il suo regno in eredità a Roma, i tesori di
Attalo III erano dunque appannaggio del Senato. Tiberio dunque interviene di nuovo,
proponendo di distribuirlo alle classi meno abbienti. Il senato, sentendosi anch'esso
defraudato, fa esplodere contrasti politici mai visti, Gracco viene accusato di aspirare
alla tirannia e di processarlo a fine carica. Tiberio allora si ricandida a tribuno, atto
inconsueto nella Roma dell'epoca, acuminando il contrasto politico. Nel luglio del 133
a.C. durante le elezioni al Campidoglio, il Senato si riunisce chiedendo al console di
sciogliere l’assemblea dei tribuni, ritenendola illegale. Il Console non aderisce
all'ingiunzione del senato, ma lo fa il pontifex maximus Publio Cornelio Scipione Nasica,
parente di Tiberio, scoppiano quindi dei tumulti sul Campidoglio, Tiberio muore insieme a
300 sostenitori, forse colpito da una sedia. La spaccatura nella vita politica romana è forte.
Dopo la morte di Tiberio, la commissione triumvirale e non riesce ad abrogare i suoi
provvedimenti, la ridistribuzione dell'ager pubblicus continua con ottimi esiti; infatti, dai
censimenti il numero di cittadini è aumentato.
Nel 129 a.C. torna da Numancia (Spagna) Scipione Emiliano.

LEZIONE 15 – 10/11/21

Il ritorno a Roma di Scipione Emiliano


Eletto due volte console (135 e 134 a.C.), era andato a combattere i Celtiberi in Spagna,
che si erano asserragliati a Numancia. nel 133 a.C. Scipione rase al suolo Numancia.
Tornato a Roma, ci si aspetta che Emiliano sia favorevole alle decisioni del suo parente
Gracco; tuttavia, lui si schiera contro le leggi e riesce a far approvare una legge che
affossi il triumvirato. Emiliano cerca anche di puntare agli alleati italici, in quanto la Lex
Sempronia agraria andava a "penalizzare" i vecchi proprietari che con questa nuova legge
vengono lasciati come assegnatari dell'ager pubblicus, la possibilità era anche che i
beneficiari fossero anche i ceti più poveri degli alleati. Inoltre, lui vuole che l'approvazione
della distribuzione sia affidata ai consoli. La legge viene approvata, ma Emiliano però viene
trovato morto nel suo letto il giorno prima della sua discussione in senato, si pensa fosse
stata sua moglie Sempronia ad ucciderlo.

Gli alleati italici in politica


Nel 125 a.C. Marco Fulvio Flacco, console, propone che agli alleati italici venga data la
cittadinanza romana, per la delusione che questa legge non sia nemmeno stata fatta
valutare dai comizi porta alla ribellione di Fregelle, che viene quindi rasa al suolo.
I rapporti tra Roma e gli alleati italici sono un'importante componente della vita
politica di questo II secolo a.C..
L'espansione di Roma comporta a dei vantaggi per gli italici, quando si deducevano
colonie romane e non vi erano cittadini i romani ricorrevano agli alleati italici, talvolta
deducendoli a cittadini. Solitamente gli alleati privilegiati erano coloro che godevano dello
ius latii. Roma è costretta ad impedire i trasferimenti di coloni latini nell'urbe in quanto le
colonie rischiavano di spopolarsi e venir meno agli accordi di contingenza. Nelle comunità
alleate i era la carica della censura per tener conto delle contingenze utili a Roma, inoltre la

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lingua latina si espande largamente tra queste comunità.
Dopo la seconda guerra punica, il senato assume tra le sue competenze quelle di
giudicare i crimini contro l'ordine pubblico in tutta la penisola (quindi anche delle
comunità alleate) ma soprattutto gli attriti si acuiscono in ambito militare, a Roma vigeva la
provocatio ad populum (appellarsi ai comitia centuriata) ma non era possibile per gli alleati
italici. Altro problema riguardava il pagamento de tributi, infatti le truppe italiche inviate a
Roma erano sostentate dagli stessi italici. L'ultimo problema era il dislivello tra romani ed
alleati nell’esercito; infatti, gli italici erano più dei romani. Qualche fonte (Velleio Patercolo)
dice che già prima di Flacco, Tiberio avesse pensato di concedere la cittadinanza agli
alleati.

Gaio Gracco, la dinastia continua


Nel 123 a.C. diviene tribuno della plebe il fratello di Tiberio – Gaio Gracco, come primo
provvedimento rende lecito che il tribunato della plebe possa essere consecutivo,
sfruttando la legge per l'anno successivo. In questi due anni riesce a realizzare le sue
riforme che abbracciano più temi, con obiettivi verso il funzionamento migliore della
repubblica, coinvolgendo in politica strati più ampi della popolazione. In questo biennio
Gracco fa approvare diversi plebisciti, partendo da uno che tenta di risolvere la Lex di
emiliano ovvero la restituzione del giudizio di casi controversie al triumvirato.

I temi focali di Gaio Gracco (secondo Appiano) sono cinque.

I provvedimenti gracchiani

1) Il primo provvedimento riguardava la plebe di Roma, la Lex Frumentaria garantiva


una distribuzione di grano a prezzo ridotto per gli abitanti dell'urbe e lo stoccaggio
era garantito dall'Horrea Semproniana, gli horrea erano letteralmente i granai.
Questo strumento è importante nella vita di Roma e dei suoi abitanti, in quanto poi il
grano aprezzo politico sarà una delle problematiche della successiva storia romana.
2) Altri due provvedimenti tentano di favorire gli equites, tentando di opporre equites
e senatori, facendo passare la Lex iudiciaria che prevede il reclutamento dei giudici,
il quale doveva essere effettuato tra i cavalieri. Nel 149 a.C. era stato istituito un
tribunale permanente che giudicava i governatori provinciali accusati di
malversazione. Nel secondo provvedimento i nuovi senatori dovevano lasciare la
centuria equestre, iscrivendosi alla prima classe di censo.
Lo stato, quindi, forniva il sostentamento per un cavallo a chi fosse equites, per chi
invece entrasse in senato, il privilegio cadeva.
3) Il terzo provvedimento vedeva l'affidamento degli appalti e delle imposte in
provincia d'Asia (Regnon di Pergamo), privilegiando le societates di publicani
(sempre equites più ricchi).
4) Quarto provvedimento vede la creazione di nuove colonie romane, due in Italia
meridionale: a Taranto e Squillace.
Tuttavia deduce anche una colonia a Cartagine. Anche questo provvedimento
cercava di avvantaggiare i cavalieri.
5) I precedenti provvedimenti vengono oscurati dalla quinta operazione (mai varata)
che riguardava gli alleati italici: memore dei tumulti di tre anni prima, propone di
dare la cittadinanza alle colonie latine mentre agli altri alleati (foederati)
ricevono lo ius latii. Tuttavia, la proposta viene bocciata, che trova larga
opposizione di plebe urbana, aristocratici ed equites. Le argomentazioni

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dell'opposizione si basavano sulla possibilità di annullamento della plebe urbana a
favore degli italici. Marco Livio Druso, tribuno della plebe si oppone a Gracco,
proponendo la creazione di 12 colonie in Italia di 3000 coloni l'una. La proposta di
Druso riscuote ampi consensi.

Gracco si ricandida per un terzo mandato nel 121 a.C., perdendo questa volta le elezioni.
Successivamente un tribuno della plebe si oppone alla creazione della colonia di
Cartagine, dicendo che i lupi avessero abbattuto i cippi confinari creati per la colonia, dando
quindi un'interpretazione nefasta, dunque quando la proposta va in votazione, il senato di
riunisce ed emana il "senatus consultum ultimum", un vero e proprio stato di
emergenza, chiedendo ai consoli di garantire in ogni modo la salvezza della repubblica
impedendo la votazione, il console Lucio Opinio aderisce all'invito del senato, Gaio Gracco
si rifugia sull’Aventino coi suoi fedeli e finisce per suicidarsi. Opinio metterà a morte
anche Fulvio Flacco, nel 121 a.C.

Populares ed optimates: le nuove fazioni politiche


Questi episodi avranno una forte incidenza nella vita sociale e politica romana; infatti, si creò
la divisione tra populares ed optimates.

• I populares (citati da Cicerone) sono coloro che sostengono la tutela delle


assemblee popolari, il loro obiettivo è quello di preservare le leggi agrarie e
frumentarie, quindi prendendo le parti della popolazione meno abbiente.

• Gli optimates invece chiedono che l'ultima parola sia data sempre al senato in
questioni di stato gravi, inoltre preferiscono il ricorso all'ostruzionismo in caso di
delibere sfavorevoli. Pratica comune degli optimates era quella della ob nuntiatio:
ovvero una tattica che serviva a boicottare i voti tramite le interpretazioni proprie
ai segnali religiosi. Gli optimates erano una fazione che sosteneva pienamente il
senato.

Lo smantellamento della riforma agraria di Gracco


La morte del secondo Gracco, porta anche al fallimento della riforma agraria, culminata
nel 111 a.C. Tre leggi smontano i provvedimenti:

1. La prima legge elimina l'inalienabiltà dei lotti assegnati, favorendo la cessione ai più
ricchi.
2. La seconda legge scioglie il triumvirato e si blocca la distribuzione di ager
pubblicus, inoltre chi deteneva ager pubblicus illegamente l'aveva fatta franca;
tuttavia, il risarcimento ai più poveri fu regolato da un canone da pagare per i più
poveri,
3. ma il canone venne abolito nel 111 a.C. con una terza legge.

Le 12 colonie Drusiane non vengono mai dedotte, eccezion fatta per Abellinum (Atripalda),
ma non vi è certezza.

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Le guerre numidiche
Nel 148 a.C. morì Massinissa, gli successe Miscipsa, che ebbe come figli Aderbale e
Iempsale ed un nipote illegittimo chiamato Giugurta. Giugurta combatté con Scipione
Emiliano a Numancia e ricevette da Roma un ruolo privilegiato nella successione al
trono, Giugurta fa subito fuori Iempsale e minaccia Aderbale. Roma decide di dividere il
regno di Numidia ed assegnarlo ai due (Aderbale e Giugurta). Tuttavia, nl 112 a.C.,
Giugurta assedia Cirta, capitale di Aderbale, espugnando la città eliminando lo zio, ma
commettendo l'errore di eliminare anche una serie di commercianti (negotiatores) romani ed
italici presenti a Cirta.
Roma non ignora queste azioni di Giugurta; tuttavia, il senato non è convinto di intervenire,
in quanto sull'Italia aleggia la minaccia dell'invasione dei cimbri e dei Teutoni. Tuttavia, i
cavalieri colpiti dall'eccidio di Cirta premono per entrare in guerra, tra il 111 ed il 110 a.C.
non si hanno risultati, nel 109 a.C. fu inviato Quinto Cecilio Metello (nipote del Metello che
vinse Andrisco a Pidna). Quinto Metello nemmeno ottiene risultati particolari, come suo
legato ci è un esponente degli equites: Gaio Mario. I cavalieri, dunque, fanno eleggere
console nel 107 a.C. Gaio Mario e con un voto del conciulius plebis riescono ad
assegnargli il comando della guerra in Africa, sovvertendo le decisioni del senato.

LEZIONE 16 – 15/11/21

Gaio Mario e la guerra in Numidia


Gaio Mario è un homo novus, non aveva nobili discendenze, fu eletto console nel 107 a.C.,
trasgredì i provvedimenti del senato ed il concilium plebis affidò a Mario il comando della
guerra in Numidia. Essendo Mario in clientela coi Metelli, ebbe forti frizioni col senato.
Già dal 108 a.C. Mario arruolò volontari per la guerra in Numidia, tutto ciò era per sopperire
alla poca volontà dei cittadini in leva obbligatoria; dunque, Mario creò una leva volontaria
indifferentemente dal censo e dalla classe e la risposta più alta arrivò dal proletariato. I
soldati reclutati tra gli stati più poveri della popolazione, intratterranno dei rapporti sempre
più stretti coi loro generali, processo che porterà all'abbassamento dei limiti di classe di
censo, con l'esercito venne proletarizzato. Mario tra il 107 e 105 a.C. vinse la guerra e
Giugurta fu incarcerato nel carcere tulliano, dove fu strangolato. Mario vinse grazie al
tradimento del re di Mauritania Bocco, le trattative tra romani e mauritani furono condotte dal
questore di Mario ovvero Silla. Roma non provincializzò la Numidia, dividendola tra Bocco
ed un fratello di Giugurta.
I rischi di invasione di Cimbri e Teutoni e la guerra (107-105 a.C)
La guerra in Africa per i romani era un problema secondario; infatti, la tribù germanica dei
Cimbri creava problemi a Roma già dal loro spostamento nel Norico, insieme ai loro alleati
Teutoni. La popolazione celtica dei Taurisci chiede aiuto a Roma, ma viene sconfitta nel
113 a.C., i Cimbri ed i Teutoni decidono poi di spostarsi nella Gallia Meridionale, dove Roma
si stava iniziando ad introdurre, dopo la richiesta di soccorso di Massalia che era minacciata
dalle popolazioni celtiche della zona, Roma aveva fondato la colonia di Narbo martius
(Narbona) e l'avamposto di Aquae Sextiae (Aex-en-Provence), tuttavia i romani vengono
sconfitti dai Cimbri nel 105 a.C. ad Arautio. Il pericolo di invasione è concreto.

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Ciò porta ad una svolta politica
importante, infatti viene incaricato
Gaio Mario a contrastare la loro
invasione, Mario ne approfitta della
situazione e si fa eleggere console
dal 104 al 100 a.C.
ininterrottamente (sei volte
console, cosa mai vista prima e
contro ogni legge corrente). Le
popolazioni germaniche indugiano,
fino alla discesa in Italia dei Cimbri
che furono sconfitti ai Campi
Raudii nel 101 a.C., mentre i
Teutoni saranno sconfitti in
Provenza.
Dopo queste campagne Roma istituì
la provincia di Gallia Transalpina
(il futuro Narbonese), le provincie
romane sono salite ad otto.

La rivalsa dei populares


Il consolato di Mario ininterrotto porta alla ribalta i populares, che col tribuno della plebe
Lucio Apuleio Saturnino che fa approvare alcuni provvedimenti nel 103 a.C.: concede dei
lotti di 100 iugeri in Africa, la plebe urbana vede l'abbassamento prezzo politico del grano.
Il terzo tribunale fu l'istituzione del tribunale "de maiestate" che processava l'alto
tradimento, un canale di controllo degli avversari politici. Al sesto mandato consolare di
Mario e quello tribunario di Saturnino, viene proposta una legge che distribuisce terre e
colonie nella Gallia Transalpina, la deduzione fu concessa anche ad italici e latini con
l'opposizione ovvia della plebe urbana; dunque, Saturnino impose ai senatori un giuramento
attraverso il quale loro non voteranno contro questo provvedimento. La situazione degenera
nel 100 a.C., quando il pretore Servilio Glaucia, contravenne alla lex villia annalis e si
candida al consolato per il 99 a.C., Saturnino fa eliminare con la forza gli altri candidati;
dunque, il senato dichiara lo strato di emergenza, mettendo Mario con le spalle al
muro, Saturnino e Glaucia si arrendono e rifugiatisi al Campidoglio, vengono linciati
dalla folla.
Tuttavia, Mario ha altri nodi da risolvere, come la gestione degli italici.
Licinio Crasso e Mucio Scevola, la rivolta degli italici
Nel 95 a.C. passa la lex licinia-mucia, che prende atto del fatto che degli italici senza
facoltà sono diventati cittadini romani, stipulando atti pubblici senza averne diritto. I due,
quindi, verificarono e processarono gli italici irregolari.
La vicenda deflagra nel 92 a.C., il tribunale de repetundis nelle mani dei cavalieri,
condanna Publio Rutilio Rufo, personaggio che collaborava col governatore d'Asia e
noto per la sua onestà, la sua condanna fu un tentativo di mettere in difficoltà i senatori,
che tentano di riconquistare il controllo delle giurie: il loro portavoce fu il figlio di Marco Livio
Druso, suo omonimo, che diviene tribuno della plebe nel 91 a.C. proponendo delle leggi
che portassero a risolvere i problemi del periodo:

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1. Restituzione dei tribunali ai senatori, con l'innalzamento dei senatori a 600 membri,
integrandolo con personaggi presi dagli equites.
2. Seconda legge fu la riproposta della deduzione di nuove colonie aperte anche alla
plebe urbana ed infine concesse la cittadinanza romana agli alleati italici.
Gli italici giurano fedeltà a Druso, ma l'opposizione a Roma è forte: i senatori non
vogliono equites in senato, gli equites invece vedono la misura iniqua ed anche tra gli
italici c'erano malcontenti.
Dunque, le prime due leggi furono approvate, ma successivamente un console contrario
le fece annullare. Livio Druso muore assassinato prima di discutere la terza legge, alla
morte di Livio Druso gli italici capiscono di dover ricorrere alla forza.
Esplode la violenta rivolta degli italici.
Roma, dopo più di un secolo, tornava ad avere nemici intorno a Roma stessa.

La guerra degli alleati (92 – 89 a.C.)


La prima fu combattuta tra il 91 e l'89 a.C., le richieste degli alleati sono: richiesta della
cittadinanza, ma in realtà gli strati più popolari rivendicavano forse l'indipendenza da
Roma (come per la terza guerra
sannitica). In Italia però la
predominanza romana e latina era
maggiore; quindi, la volontà di
indipendenza era impensabile, lo
scopo finale degli italici si sintetizza
negli schieramenti bellici: la
federazione italica, che comprende
molti abitanti dell'area centrale
appenninica, si da una struttura simile a
quella romana (2 consoli, 12 pretori ed
un senato) scegliendo Corfinium come
capitale e battendo moneta col nome
Italia in latino e Viteliu in osco,
chiamando Corfinium "Italica".
Roma sul piano bellico ebbe la
meglio, perché le città greche e le
colonie, rimangono fedeli, Quindi la
guerra fu divisa in due tronconi (are
a abruzzese ed area campana), la
guerra si conclude nell'89 a.c. con la
caduta di Asculum, a contribuire
nella vittoria romana furono delle leggi varate da Roma nel corso della guerra: nel 90
a.C. Lucio Giulio Cesare fa passare la lex iulia de civitate dove i romani concedono agli
italici fedeli la cittadinanza romana, quindi le colonie latine e gli stati alleati sono accontentai,
ed anche i ribelli che si fossero arresi in un determinato termine di tempo.
I nuovi cittadini vengono iscritti in otto/dieci nuove tribù.
Due anni dopo Plautio e Papirio fanno passare la lex plautia-papiria, che concede la
cittadinanza a chi ne facesse richiesta ad un pretore urbano.
Tuttavia, i sanniti non accettano questa condizione, ma Roma col terzo provvedimento
pensa agli abitanti dell'oltrePo, con la concessione agli abitanti dello ius latii, ma senza

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dedurre nuove colonie. La legge è proposta da gneo Pompeo Strabone, la legge sarà
nota come lex pompeia de transpadanis.
Le problematiche amministrative in terra italica
Roma, tuttavia, rimane il centro della vita politica, dunque le votazioni si tengono a Roma
e nell'urbe c'è il senato. In questa nuova situazione si verifica la perdita di rappresentatività
delle istituzioni in quanto non vi fu decentramento dell'attività politica; quindi, alle votazioni
partecipavano solo i più ricchi ed i plebei inurbati. L’élite italiche subirono un'integrazione
orizzontale nella vita politica di Roma, a ricalcare ciò che accadde con gli etruschi.
Il territorio, quindi, divenne in effetti territorio romano, tutte le città già esistenti in Italia,
vengono dedotte in municipia, ad eccezione di qualche colonia romana. Un municipio viene
amministrato da quattro magistrati: due iure dicundo (parte di giustizia) e due ediles
(parte amministrativa) ed un senato detto ordo decurioni con un’assemblea popolare.
Come nelle provincie, anche in Italia gli oneri vengono versati su queste comunità.
La conduzione dei municipi viene affidata a personaggi noti e potenti in queste aree,
per erigere un municipio occorreva uno statuto, bisognava delimitare il territorio, fissare una
precisa sede centrale urbana e bisognava procedere all'iscrizione dei cittadini in una delle
35 tribù.
Tutta questa serie di nuove modifiche apportate ha delle ripercussioni sugli insediamenti
dell'Italia stessa, infatti la penisola viene inurbata altamente, soprattutto a nord del Po.
Le guerre in Asia
In Asia, provincia istituita dopo il lascito di Attalo III, c'è il regno del Ponto con re Mitridate VI
esponente di una dinastia persiana che inizia a maturare il progetto di assoggettare i regni
satelliti di Roma e poi scacciare i romani dall'Asia. Sarebbe normale pensare ad un
intervento diretto di Roma, che non avviene. Roma commette l'errore di incitare Nicomede
IV di Bitinia, fortemente indebitato con una serie di senatori, ad attaccare Mitidate. Tuttavia,
Nicomede IV viene totalmente annientato e il Ponto invade la provincia d'Asia, Mitridate ad
Efeso si accorda coi magistrati greci affinché venissero trucidati tutti gli italici e romani che
stanziavano lì, il bilancio fu di circa ottantamila morti, tuttavia i romani non notarono
l'antipatia dei greci. In questa circostanza sanniti e lucani chiedono aiuto a Mitridate in Italia,
con la promessa di soccorso a fine guerra in Asia. Mitridate nell'88 a.C. assedia Atene che
lo accoglie in trionfo.

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Lucio Cornelio Silla e l'opposizione a Mario
Già questore di Mario nella guerra giugurtina, viene incaricato a partire per l'Oriente, ma ha
difficoltà in quanto deve incontrare l'opposizione dei populares ed il tribuno Publio
Sulpicio Rufo che propone due plebiscita:
1. i nuovi cittadini romani vengono inseriti in tutte le 35 tribù,
2. l'assegnazione dei comandi della guerra mitridatica a Gaio Mario piuttosto che a
Silla.
Dopo la votazione del primo plebiscito, Silla minacciato con la forza, si recò a Nola, ultima
roccaforte degli insorti italici ed assediata dai romani, appresa la revoca del comando
della guerra in Asia, ordisce una marcia su Roma, disperdendo gli avversari e
condannandoli, mentre Mario fugge e si salva. Silla fa quindi abrogare i provvedimenti
di Sulpicio Rufo e combatterà in oriente tra l'88 e l'83 a.C.
Nel frattempo, a Roma si scatena una guerra civile tra la fazione di Silla e quella di
Mario, capeggiata da Cinna, il quale si fa eleggere console dall'87 all'84 a.C., fa
ritornare a Roma Mario ed usa il pugno duro contro i sostenitori di Silla.
In Oriente Silla riconquista Atene nell'86 a.C. non avendo pietà degli ateniesi, ma allo
stesso tempo da Roma Cinna manda un esercito in Grecia col compito di destituire Silla
dalla guerra, ma ciò non accade perché il legato di Cinna elimina il suo generale.

LEZIONE 17 – 16/11/21

La seconda guerra sociale e le liste di Proscrizione sillane


Silla riconquista Atene nell'88 a.C. respingendo l'esercito inviato da Cinna per scalzarlo,
Silla è costretto a stipulare un pace con Mitridate a Dardanos nell'85 a.C. dove il re di
Ponto deve cedere la flottate d’abbandonare l'Asia, alla morte di Cinna nell'84 a.C. Silla
torna a Roma e deve fronteggiare i Mariani, con l'aiuto di sanniti ed etruschi, con Silla che
vinse alla Porta Collina nell'82 a.C.
Nell'82 a.C. si menziona la prima volta Gneo Pompeo, irriducibile sillano, ottiene importanti
successi contro i mariani in Sicilia ed Africa, ricevendo il cognomen di Pompeo Magno.
Silla, unico detentore del potere a Roma, stila le liste di proscrizione (con 4700 nomi
indesiderati, tra senatori e cavalieri a lui avversi), i presenti in questa lista se eliminati da
qualcuno vedrebbero i propri beni venduti all'asta e gli assassini vengono premiati.
Ad approfittarne maggiormente furono Catilina e Licinio Crasso, al solito Silla ha il
problema di legalizzare la sua posizione. Approfitta del fatto che i due consoli nell'82 a.C,
muoiono, fa quindi nominare un magistrato ad interim e fa votare dai comitia centuriata la
lex valeria de Sulla dictatore, dove Silla viene attribuita la dittatura che però non dura
sei mesi, eliminando il limite e rendendola a tempo indeterminato e la sua
denominazione era dictator legibus scribundis rei publicae constituendae, in pratica si
incaricava di riscrivere leggi e costituzione.
Negli anni della sua dittatura riesce a riformare la costituzione, ma come per Mario,
anche Silla deve sistemare circa 120mila veterani che han combattuto con lui, Silla gliela
concede in Etruria ed in Campania (Pompei e Nola) Accontentati i veterani, si può passare
all'assetto sociale.

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Le riforme di Silla
• Come Druso, anche Silla vuol raddoppiare il numero di senatori, ricercandoli tra i
suoi fidelizzati ed introduce modifiche importanti all'investitura da senatore,
facendo diventare senatore chi arrivi alla carica di questore, cassando di fatto la
lectio senatus da parte dei questori. Il nuovo senato si aggiudica i tribunali contesi tra
senatori e cavalieri.
• La seconda norma fatta passare, rende illegale lo stazionamento dell'esercito in
armi in Italia: i generali devono sciogliere gli eserciti una volta oltrepassati i
fiumi Rubicone e Magra.
• Infine, affossa il tribunato della plebe, con una serie di provvedimenti: abolizione
del diritto di veto, divieto di plebiscito senza l'accordo del senato, chi diviene tribuno
della plebe non può continuare la sua carriera politica.
Lucio Silla pensa di innalzare l'età minima per diventare pretore o console e proibisce
a questi ultimi di governare le provincie nel loro anno di carica.
In questi anni furono dedotte le provincie di Cilicia e di Gallia Cisalpina (dal Po alle Alpi).
I pretori diventano quindi otto.
Ultimi provvedimenti contro i populares vedono le sospensioni delle frumentazioni e
decide di non far eleggere censori per impedire agli italici non ancora censiti di essere
inseriti nelle tribù.

La fine di Silla e le conseguenze


Silla già nell'81/80 a.C. decide di deporre la sua carica di dittatura e si ritira in
Campania presso Cuma, dove morirà nel 79 a.C.
Con Silla si era ripresa un'autocrazia dopo 400 anni e la scelta di dimettersi di Silla resta
controversa. Secondo gli storici, Silla non poté abolire il proprio esempio, in quanto molti altri
riusciranno a portare a compimento il progetto autocratico di Silla.
I problemi sono abbastanza evidenti: la riabilitazione dei proscritti, che avevano perso tutti i
loro beni ed il potere ridimensionato ai tribuni. In sospeso resta anche la faccenda delle
giurie ai senatori. Un episodio che evidenzia la fragilità degli ordinamenti di Silla si ha
nel 78 a.C. quando vengono eletti due consoli: il sillano Quinto Lutazio Catulo ed il
presunto mariano Marco Emilio Lepido, padre del Lepido del secondo triumvirato.
Il programma politico di Lepido prevede l'introduzione delle frumentazioni, riabilitazione
del tribunato della plebe e reinserimento dei proscritti. Il progetto di Lepido non riesce ad
essere portato avanti subito, ma giova alla situazione d'Etruria. I Mariani riescono a
scacciare i coloni di Silla dall'Etruria e quindi Lepido si mette a capo dei mariani
defraudati, lo fa quando non viene eletto console nel 77 a.C. Lo stesso si mette alla testa
dei mariani e marcia su Roma, sconfitto da Catulo, fugge in Sardegna e muore di
malattia lì.

Il decennio tra l'80 e il 70 a.C.: Crasso e Pompeo


Dal piano delle conquiste, Roma deduce una provincia in Cirenaica, dove re Tolomeo
Apione alla sua morte lascia il suo regno in eredità a Roma. Tuttavia, Roma dal punto di
vista bellico è sempre impegnata, due sono i personaggi maggiormente impegnati:
Gneo Pompeo Magno (figlio di Pompeo Strabone) che combatte tra il 76 ed il 73 a.C.
contro il mariano Sertorio in Spagna, presso lo stato indipendente da lui costituito, il

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secondo personaggio è Marco Licino Crasso (figlio del Crasso che morì suicida dopo la
dominatio Cinnae) che vinse contro i mariani e si arricchì notevolmente grazie alle
proscrizioni.
I due sono maggiormente impegnati in guerra, tuttavia Mitridate scende di nuovo in guerra
(74-76 a.C.) con Licinio Lucillo che però ottiene risultati altalenanti. La guerra più
importante fu quella del 73-71 a.C.

La ribellione di Spartaco: la terza guerra servile


Lo schiavo trace Spartaco, disertore tra gli ausiliari. Viene tratto alla scuola gladiatoria di
Capua da dove fugge con alcuni compagni e via via ne recluta diversi, arrivando a circa
120mila unità, tra le file pare che non ci fossero solo schiavi ma anche contadini poveri e
personaggi proscritti o defraudati dai succitati. La rivolta dilaga nel centro-sud dove prima
Crasso batte a Petina Spartaco nel 71 a.C.
I romani di risposta crocifiggono seimila schiavi lungo la via Appia ed i reduci di questa
rivolta sono batuti da Pompeo di ritorno dalla Spagna.
La rivolta servile non è il primo caso di schiavi ribelli; infatti, questi episodi sono già
avvenuti tra il 136 ed il 132 a.C. con il siriaco Euno che mette in difficoltà i romani in Sicilia.
Successivamente anche il cilice Atenione indice una seconda rivolta servile.
Lo stesso Spartaco ha influenzato in epoche successive il pensiero delle popolazioni
oppresse.

Il consolato di Crasso e Pompeo


Nell'estate del 71 a.C. Pompeo e Crasso schierano i loro eserciti alle porte di Roma e
chiedono al senato di candidarsi come consoli per il 70 a.C., tuttavia i termini erano
scaduti e Pompeo essendo cavaliere ne sarebbe escluso a priori. ma essendo in armi, i due
appoggiati dai populares diverranno consoli lo stesso. Incredibilmente, questo
consolato risolve i problemi lasciati da Silla, i tribuni della plebe vengono restaurati col
benestare dei senatori e dei populares. Il tribuno eletto dopo questi provvedimenti è Plautio
che propone di dare le terre ai veterani, ma in mancanza di ager pubblicus
disponibile, lo stato ma acquista queste terre per poi distribuirle, ovviamente non passerà
mai questo provvedimento.
Il secondo problema riguarda i tribunali de repetundis (contesi tra cavalieri e senatori),
coi due che dividono in tre le giurie con 1/3 di cavalieri, senatori e tribuni aerarii, questi ultimi
dovrebbero essere personaggi facoltosi iscritti alla prima classe di censo, ma non
abbastanza da essere equites. Il primo a farne le spese di questo provvedimento è il
propetore della Sicilia, Verre. Verre è l'ultimo ad essere giudicato dal tribunale sillano,
che lo defrauda totalmente.
Il terzo problema è l'inclusione degli italici nelle tribù, il censimento si fa ed i cittadini
romani registrati sono 910mila (il doppio dei cittadini dell'86/85 a.C.), tutti i
provvedimenti del 70 rendono Pompeo il personaggio di punta dei populares, negli
anni '60 del I secolo a.C., Pompeo capitalizza questo prestigio che lo porterà al
conflitto con Cesare.

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L'ascesa di Pompeo
La prima azione favorevole a Pompeo è l'azione svolta in Cilicia ed a Creta, due terre
infestate dai pirati, i quali erano una spina nel fianco per la logistica di approvvigionamento
dei romani, lo stesso Cesare fu rapito dai pirati.
Anche in questo caso i pirati erano sostenuti da Mitridate, dunque Roma decide di dare
a Marco Antonio (padre dell'omonimo membro del secondo triumvirato) poteri ed esercito
in Asia, per risolvere i problemi dei pirati, tuttavia verrà sconfitto a Creta, fino a quando il
tribuno Aulo Gabinio nel 67 a.C. con l'appoggio di Cicerone e Cesare pensa di dare a
Pompeo il compito di sconfiggere i pirati, con l'approvazione della lex gabinia de piratis.
Si decide l'imperium di tre anni a Pompeo con gli stessi tipi di potere di Marco Antonio, con
Pompeo che sbaraglia i pirati in soli tre mesi.
Un secondo tribuno, Gaio Manilio con la lex manilia de imperio Gneii Pompeii, con Pompeo
che nel 66 a.C. viene investito di combattere contro Mitridate col controllo delle
provincie d'Asia minore. Pompeo dal 66 al 62 a.C., conquistando subito il Ponto e
battendo Mitridate, che si rifugia in Crimea, con Pompeo che arriva in Armenia sconfiggendo
anche il re Tigrane che diviene vassallo di Roma, Pompeo si spinge fino in Siria
provincializzandola dopo 130 anni, con Antioco XIII re che viene deposto. Apprendendo
del suicidio di Mitridate, provincializza anche Ponto e Bitinia (lasciata in eredità a Roma da
Nicomede IV). Tuttavia, Pompeo fa molte di queste azioni di sana pianta, così a Roma si
capisce la possibilità di una situazione similare a quella di Silla.
I personaggi più importanti del periodo cercano di avvantaggiarsi con dei
provvedimenti, in particolare Crasso (censore nel 65 a.C.) che propone di concedere la
cittadinanza ai transpadani, fallendo, e successivamente priva a scalzare i tolemaici
dall'Egitto riducendola a provincia, fallendo anche qui.

Caio Giulio cesare: la nascita di una leggenda


L'altro astro nascente a Roma è Caio Giulio Cesare, che viene eletto come edile nel 65
a.C. Esponente del patriziato, Cesare è imparentato con Gaio Mario è marito (nel 65) della
figlia di Cinna, rimasto vedovo sposa poi una nipote di Silla.
Nel 65 propone e fa passare un provvedimento fondamentale, Mario fece innalzare dei
trofei dopo le guerre giugurtine, tolti da Silla, Cesare li fa rimettere. Cesare tenta di
allearsi con Crasso mentre Pompeo è in Oriente, nel 63 a.C. viene eletto pontifex
maximus.

LEZIONE 18 – 17/11/21

La congiura di Catilina e l'ascesa di Cesare.

La legge di Servilio Rullo non passa, per l'opposizione dei senatori, in particolar modo si
oppone il console Marco Tullio Cicerone, in quanto sosteneva che il provvedimento sia
contro Gneo Pompeo. Nel 63 a.C. vi è anche la congiura di Catilina, che ripropone il
malessere in Italia già evidenziato durante le rivolte servili. Catilina riunisce attorno a sé
persone insoddisfatte della situazione politico-economica della Roma del tempo. Catilina
era un sillano convinto ed avversario dei Mariani, tenta di essere eletto console, ma perse
contro Cicerone e Gaio Antonio per opposizione degli optimates. Catilina nel 63 a.C. viene
assolto dalle accuse di strage, pendenti dal conflitto tra sillani e mariani, con Cesare che
presiede la commissione di giuria a Catilina. Catilina si candida di nuovo, perdendo di
nuovo, cerca di prendere il potere con una rivolta armata. Catilina si circondò di sillani
non accontentati e da mariani defraudati da coloni sillani, nonché esponenti della plebe

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urbana più bellicosi. La congiura viene scoperta e vengono arrestati i cinque capi della
rivolta, Cicerone convince il senato a non far passare per i comitia le discolpe dei
congiurati, condannandoli direttamente. Catilina fugge in Etruria e nel 62 a.C. perde a
Pistoia, morendo insieme ai suoi seguaci.

A fine 62 a.C. Pompeo ritorna in Italia.


Il ritorno di Pompeo in Italia ed il Primo Triumvirato.
Sbarcato a Brindisi, a Roma la tensione è alta per le richieste e le pretese di Pompeo,
temendo una nuova marcia su Roma. Tuttavia, Pompeo scioglie l'esercito arrivando a
Roma in trionfo, con la sola rivendicazione di sistemare i suoi veterani, il problema stava
alla base: l'ager pubblicus era terminato e sarebbe stato necessario scacciare i proprietari
dalle terre già occupate, inoltre la deduzione delle provincie non gli fu prescritta da nessuno.
A salvare Pompeo giungono Cesare e Crasso, con Cesare che si candida per il consolato
del 59 a.C. proponendo di soddisfare le richieste di Pompeo, coinvolgendo Crasso,
consentendo ai pubblicani di ottenere condizioni migliori nella riscossione delle tasse in
Asia. Si forma così il Primo Triumvirato, che è tuttavia un accordo tra privati (Cesare,
Crasso e Pompeo). Lo stesso Cesare porterà ad atti di violenza nel suo consolato, ad
esempio impedisce ai suoi avversari di prendere la parola, ad esempio il suo collega Bivulo
non ha mai possibilità di parola. Tra gli oppositori di Cesare vi è anche Catone Luticense.
Divenuto console Cesare fa passare le leggi proposte ed in più anche una legge che
distribuiva l'ager pubblicus in Campania. Tuttavia, Crasso e Pompeo avevano ottenuto
ciò che volevano, mentre Cesare deve consolidare la sua carica e la sua influenza. Con la
lex vatinia Cesare ottiene il comando che gli attribuisce, una volta terminato il
consolato, il governo della provincia di Gallia Cisalpina, l'Illirico (istituita nel 63 a.C.) e
per mano di Pompeo anche la Gallia Transalpina. Il comando delle provincie e
quinquennale e non annuale. Ad opporsi a questa decisone è Cicerone, che viene quindi
ostacolato da Publio Clodio che fa passare una legge retroattiva per esiliare chi
impedisce l'appellazione ai comitia da parte dei condannati, Cicerone viene esiliato
nel 58 a.C., contestualmente Cesare parte per la Gallia.

Le guerre galliche di Cesare


In Gallia la situazione è complessa, solo il Narbones è dedotto provincia, mentre a
settentrione ci sono diverse tribù in lotta
con loro ed avevano avuto già rapporti con
Roma, ad esempio gli Edui avevano
rapporti amichevoli con Roma. La rivalità
maggiore tra Edui e Sequoni, con questi
ultimi che cercarono come mediatore
Ariovisto, re degli Svevi, che mette i due
popoli sotto la sua tutela. La situazione
deteriora alla discesa in campo degli
Elveti, con i germani che premono ed
invadono il territorio degli Edui che
chiedono aiuto a Cesare, battendo gli
Elveti, con Cesare che elimina anche
Ariovisto e si trova spianata la strada per le
future conquiste in Gallia. La vittoria di
Cesare avviene nel 58 a.C., con Cesare
che trova opposizioni forti a Roma, dove
si pentono di avergli concesso il comando

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quinquennale delle provincie, con Pompeo e Crasso che meditano un'improbabile
revoca del proconsolato a Cesare. Cesare sventa il tutto, convocando Crasso e
Pompeo a Lucca nel 56 a.C., con un accordo che prevede la riproposizione del consolato
di Pompeo e Crasso per il 55 a.C. Nel 55 a.C. per Crasso si apre un'opportunità militare
andando a combattere contro l'impero dei Parti. A Pompeo invece viene dato il comando
delle due provincie di Spagna, attraverso l'invio di due legati di fiducia, mentre Cesare riceve
una proroga di altri cinque anni di proconsolato. I due divengono effettivamente consoli, nel
54 a.C. Crasso viene sconfitto dai parti a Carre dove verrà anche ucciso.

La rottura con Pompeo


Dal 54 al 52 a.C. Pompeo impedisce lo svolgimento regolare delle elezioni, avvalendosi
della legge passata da Publio Clodio, stabilendo che i magistrati prima delle elezioni
potessero bloccare le stesse in base agli auspicia. Questo crea un conflitto tra bande
armate guidate da Milone per Pompeo e dagli ambienti vicini a Clodio a Roma. Le due
bande armate si scontrano lungo la via Appia, dove Clodio trova la morte. I seguaci di
Clodio portano il cadavere di Clodio in senato, incendiando lo stesso. Il senato chiede aiuto
a Pompeo che si fa eleggere consul sine collega, ovvero console unico. Milone viene
esiliato senza conseguenze.

Le campagne belliche di Cesare


Cesare dopo le conquiste in Gallia, si affaccia anche alla Britannia, senza particolare
successo. In Gallia cambia la situazione, con le tribù celtiche che si coalizzano contro di
lui con a capo Vercingetorige. La coalizione soccombe ad Alesia, con la Gallia che viene
interamente ridotta a provincia. Dalle guerre galliche Cesare ne ottenne un numero
altissimo di schiavi e bottini. Al suo ritorno a Roma, tuttavia, ci sarebbe stata l'inevitabile
resa dei conti, visti i precedenti consolati da lui gestiti. In più secondo le leggi di Silla
dovrebbe tornare a Roma senza l'esercito. Dunque, tra il 51 ed il 50 rimane in Gallia,
allestendo le armi e gli ordinamenti, puntando a farsi eleggere console nel 48 a.C. Tuttavia,
Cesare sta agendo da privato cittadino negli anni 51 e 50, il senato nel 49 a.C. chiede a
Cesare di congedare l'esercito in toto, con Cesare che muove verso l'Italia.

La consolidazione bellica di Cesare


Cesare decide di muoversi in armi verso Roma con
una legione, sovvertendo l'ordinamento del senato,
oltrepassa il Rubicone con Pompeo che rifiuta lo
scontro con Cesare e si ritira in Epiro per sfruttare le
clientele acquisite dalle guerre mitridiache. In Italia
invece c'è il dubbio dello schieramento, col senato
spaccato in due e coi municipia italici in maggior parte
cesariani, infine la plebe urbana non si schiera.
Nel 49 a.C. arriva in Italia e Cesare si dirige in Spagna
per annientare le truppe pompeiane, nel 48 a.C.
Cesare si dirige in Epiro battendo Pompeo a Farsalo.
Pompeo fugge presso Tolomeo XIII in Egitto, che si
contendono il regno con la sorella Cleopatra.
Tolomeo, quindi, fa decapitare Pompeo per
ingraziarsi Cesare. Scoperto ciò, Cesare si reca in
Egitto e resta ammaliato da Cleopatra, con la quale si
allea nel bellum alexandrinum che vede l'esercito di

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Tolomeo contro Cleopatra e Cesare, con quest'ultimo che vince rischiando di perdere la
vita diverse volte. Tuttavia, a morire sarà Tolomeo. Nel 47 a.C. si incendia la maestosa
biblioteca di Alessandria. Negli anni successivi Cesare regola la questione nel Ponto
contro Farnace ("Veni, vidi, vici") e poi regola la questione africana dove i seguaci di
Pompeo si riuniscono con Catone Luticense che, sconfitto a Tapso si suicida.
La Numidia da regno cliente viene dedotta provincia come Africa Nova. Cesare a Munda
sconfigge in Spagna anche i figli di Pompeo nel 45 a.C., per chiudere il cerchio Cesare vuol
vendicare Crasso contro i Parti. Ciò avrebbe comportato all'assoluto predominio di
Cesare a Roma.

Il potere di Cesare a Roma e la sua attività legislativa.


Tra il 49 ed il 44 a.C. Cesare si fa eleggere quattro volte dittatore e cinque volte
console; tuttavia, la procura la lascia a Marco Antonio e ad Emilio Lepido che hanno la
carica di magister equitum. Cesare riforma l'attività legislativa di Roma, mettendo
mano al problema delle situazioni debitorie, il post-guerra pompeiana porta a d una crisi di
liquidità ed una difficoltà di spostamento tra oriente ed occidente della repubblica, ciò porta
anche all'insostenibiltà di ripianare i debiti. Alcuni suoi consiglieri propongono l'annullamento
totale dei debiti, mentre altri propongono un compromesso: il rimborso dovrà esserci, ma ai
prezzi più stabiliti negli anni pre 49/48 con un condono di due anni di interessi e l'arretrato di
un anno veniva condonato a chi usufruisse di un fitto. Inoltre, Cesare reintroduce i dazi
portori per le merci in arrivo in itali, inoltre riduce il numero dei beneficiari alle frumentazioni
(da 320 mila a 150mila). Il secondo provvedimento importante mira alla colonizzazione della
Gallia e della Spagna, coinvolgendo 80mila juniores. Due ulteriori provvedimenti videro
l'innalzamento del numero di senatori (da 600 a 900), inoltre Cesare prova ad integrare
anche gli abitanti delle provincie, i figli dei proscritti di Silla ed i capi tribù gallici, i pretori e di
questori passano a 16 e a 40.

LEZIONE 19 – 22/11/21

Ultima riforma importante di Cesare: il calendario giuliano.


Ultima riforma di Cesare è QUELLA DEL CALENDARIO, IL CALENDARIO GIULIANO. Fino
a quel momento il calendario prevedeva un anno di 355 giorni che non coincideva con
l'anno solare. E questo creava scompensi. Il calendario romano, ai tempi di Cesare è in
anticipo di 90 giorni rispetto al calendario solare. Quindi oltre a un mese intercalare dato
dai pontefici, Cesare né fa inserire altri 2. Dopo aver risolto questo, stabilisce che l'anno
doveva durare 365 giorni e 4 anni doveva esserci un anno bisestile.

Morte di Cesare
L'avventura politica di Cesare si conclude con il tradimento di Bruto e Cassio alle idii di
marzo. Cesare non voleva accettare le regole della Repubblica: infatti nel 45 a.C. assume
la dittatura a vita e non essendo lui un plebeo, e non potendo rivestire il tribunato della
plebe si fa rivestire di INVIOLABILITÀ E DIRITTO DI VETO. Si arroga anche il diritto di
raccomandare agli elettori i candidati al Senato e delle altre cariche. Fa coniare monete
con la sua effige e fa cambiare il nome di un mese in IULIUS (LUGLIO) da Quintilis.
CESARE È PROBABILE CHE ASPIRASSE ALLA MONARCHIA.
Il sospetto dei Romani diventa ancora più vivo nel 44 a.C. durante una festa, la
LUPERCALIA. Cesare assiste a questa festa e nel corso della cerimonia, Marco Antonio
propone di incoronare Cesare che lui però rifiuta. O perché vedeva la loro tiepida
accoglienza del popolo o non sapeva niente di tutto ciò ed era un tranello dei suoi
sostenitori. Questo episodio fa accelerare i tempi per provare a togliere di mezzo Cesare
così inizia la congiura di Bruto.

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Quando Cesare si reca in Senato una mattina di marzo del 44 a.C. per provare ad
iniziare una campagna contro i Parti, viene eliminato da questa serie di 23 coltellate.
Cesare viene cremato nel foro il 20 Marzo dopo un discorso di Marco Antonio. Sceglie però
di trovare una soluzione con i cesaricidi. E tenta di mediare facendo garantire le riforme di
Cesare e dando impunità ai suoi assassini. La folla però non è d'accordo e si reca alle case
dei cesaricidi con intenti violenti e li allontana dall'Italia.

L’arrivo di un giovanissimo Ottaviano e la sconfitta di Marco Antonio

Antonio per mantenere il potere si fa assegnare alla scadenza del suo consolato, il
controllo della Gallia Cisalpina. Però il controllo della Gallia era stato assegnato già a
Decimo Giulio Bruto che si era recato già in Gallia.
A prendere parte in questa partita per il controllo di Roma entra anche GAIO OTTAVIO,
nipote di Azia che l'aveva adottato diventando Cesare Ottaviano. Ottaviano è
giovanissimo ed ha solo 18 anni e apprende della morte di Cesare e della sua adozione
mentre si trovava ad Apollonia mentre si preparava alla sua campagna contro i parti.
Decide di tornare a Roma, reclamare la sua eredità e formare un esercito personale formato
da veterani di Cesare. Tra Ottaviano e Marco Antonio inizia una contesa in cui
Ottaviano lo accusa di aver favorito i cesaricidi e non aver vendicato Cesare. Il Senato
decide di usare Ottaviano per eliminare Marco Antonio che era stato nominato
NEMICO PUBBLICO dopo aver provato a cacciare Decimo Bruto dalla Gallia anche se
era il legittimo detentore della provincia. Affida dunque ad Ottaviano il compito di
eliminare Antonio, che viene sconfitto a Modena nel 43 a.C. solo che i consoli che erano
con Ottaviano, muoiono e lui viene eletto dunque console suffetto.

Secondo Triumvirato 43 a.C.

Ottaviano, Antonio e Lepido però resosi conto che erano tutti cesariani e non dovevano
fare il gioco del Senato e DECIDONO DI CREARE IL SECONDO TRIUMVIRATO NEL 43
A.C. A differenza del primo, il secondo triumvirato è sancito da una legge la LEX TIZIA
che sancisce che per 5 anni, Ottaviano, Lepido e Antonio dovevano
essere investiti del potere assoluto potendo addirittura modificare leggi e
costituzione. Cicerone, (che i cazzi suoi non se li fa mai) era contrario a questo accordo e
prende di mira Antonio scrivendo LE 14 FILIPPICHE. Che a questo punto decide di
ucciderlo facendolo assassinare. Le sue mani vennero mozzate così come la sua lingua.
La cosa che compatta i triumviri è la vendetta contro i cesaricidi che erano scappati in
Grecia. Nel 42 a.C Ottaviano e Antonio li eliminano nella battaglia di Filippi dove Bruto
e Cassio vengono sconfitti e si suicidano.
Dopo la battaglia, i triumviri si dividono il potere:
• Spagna e Italia a Ottaviano
• Lepido si prende l'Africa che intanto era sotto il pericolo di Sesto Pompeo, figlio di
Pompeo
• Antonio l'Oriente.

In Oriente Marco Antonio incontra a Tarso, nel 41 a.C., Cleopatra. Pare che Cleopatra
avesse promesso supporto ai cesaricidi ma Cleopatra aveva ottimi argomenti per difendersi.

Ottaviano intanto aveva delle grane: i veterani di Cesare volevano LA TERRA MA PER
FORZA IN ITALIA. Ottaviano deve decidere dove operare le confische di terre per i
veterani e sceglie l'Etruria. Quelli che stavano venendo spossessati trovano supporto nel
Senato e nel fratello di Marco Antonio. Quindi si oppongono a queste confische e
scoppia una guerra, la GUERRA DI PERUGIA. Dove Ottaviano dopo un assedio batte il

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fratello di Antonio. Allora Marco Antonio torna dall'Egitto nel 40 a.C. e si trova un
accordo tra i due che affidava le truppe di Ottaviano ad Antonio per sistemare i Parti,
mentre Antonio doveva sposare la sorella di Ottaviano. Allora si giunge a un altro accordo,
quello del 37 a.C. tra i tre triumviri altri (5 anni) e nel 34 a.C. Sesto Pompeo viene
sconfitto in Sicilia.
Le truppe di Ottaviano non vengono date ad Antonio a causa di Sesto Pompeo. Antonio
che lascia in Italia la sorella di Ottaviano e va in Oriente e sposa Cleopatra.
Nel 36 a.C. Antonio inizia la guerra contro i parti che però non va a buon fine e
Ottaviano accusa pure Antonio di aver lasciato in Italia la sorella. Antonio ci riprova a
combattere contro i Parti nel 34 a.C. e ce la fa. Allora va in Oriente a festeggiare e rende
Cleopatra regina dei re e i figli sovrani di quella parte di Oriente.
Queste cose sono utili ad Ottaviano per aizzare la folla e IL CASUS BELLI viene
fornito dal testamento di Antonio (non si sa se fosse vero o no) dove lasciava
TUTTO A CLEOPATRA. Parte quindi una battaglia tra Ottaviano e CLEOPATRA NON
ANTONIO (NON SI COMBATTE CONTRO UN ROMANO) dove l'esercito di Antonio e
Cleopatra perde ad Azio nel 31 a.C. e i due si suicidano.
[Nelle confische di terre in Italia, sono coinvolte tantissime persone e a rimetterci sono
soprattutto i municipia]

La fine della Repubblica: il Principato di Augusto


NEL 31 A.C. FINISCE LA FASE REPUBBLICANA DI ROMA.
Dopo la battaglia di Azio, i gruppi che gestiscono il potere a Roma sono: soldati e tribuni. Il
Senato aveva avuto un ruolo marginale.

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I POTERI DI OTTAVIANO - AUGUSTO
Ottaviano detiene il potere per 43 anni consecutivi. E ha tutto il tempo di plasmare un
nuovo regime che dura almeno duecento anni.

Il primo problema che deve affrontare è dare una sistemazione istituzionale al suo
potere. A Roma non si voleva finire di nuovo in una autocrazia; quindi, bisognava trovare
una giustificazione ad esso. Questo problema è testimoniato pure dall'opera di uno
storico, Cassio Dione, che scrive la storia di Roma dalle origini ad Augusto. Nei libri 52
e 56, dice Cassio, si immagina che ci sia stato un summit tra Ottaviano, Agrippa e Mecenate
(i suoi stretti collaboratori) nel quale si discuteva sulla soluzione da prendere e sarebbero
emerse posizioni discordanti: Mecenate consigliava a Ottaviano di prendere la monarchia
come voleva fare forse Cesare. Agrippa spingeva per la Repubblica.
Ottaviano decide di tenere la Repubblica MA SERBA PER SÉ IL POTERE.
Ottaviano nel 28 a.C. effettua una lectio senatus dove sceglie i senatori in modo da
avere personaggi a lui fedeli. Poi con una messa in scena, organizza una seduta del
Senato nel 27 a.C. nella quale si presenta in Senato e dice "rinuncio al potere che mi era
stato concesso da tutti combattendo Cleopatra. Restituisco al popolo e al Senato la
Repubblica. Però accetto di avere per 10 anni il comando delle truppe e delle province che
non sono state pacificate". Le province in questione erano Spagna, Gallia, Egitto e
(controlla l'ultima) dove risiedono la maggior parte delle legioni.
Dava la possibilità di amministrare il resto come Roma faceva prima. C'è quindi un solo
uomo al comando delle aree più calde di Roma.
Tre giorni più tardi questa farsa, i senatori si riuniscono ancora e decidono di conferire a
lui il titolo DI AUGUSTO. Che è un cognomen che richiama la radice aug che è la radice del
verbo accrescere e probabilmente significa pieno di potenza divina. Gli viene conferito la
corona Civica e uno scudo d'oro con i suoi doveri.

Augusto continua a rivestire il consolato fino al 23 a.C. dove c'è la seconda


innovazione all'ordinamento: oltre al comando delle province imperiali, si fa assegnare
l'Imperium proconsolare MAGGIORE RISPETTO A TUTTI GLI ALTRI DETENTORI DI
POTERI CONSOLARI DELLE PROVINCE DEL POPOLO IN MODO DA INTERVENIRE
NELLE ALTRE PROVINCE. Imperio non vale in Roma e quindi fa la stessa cosa che ha
fatto Cesare, si fa attribuire le prerogative più importanti dei tribuni della plebe:
- diritto di convocare senato e comizi
- il veto a provvedimenti che non gli piacevano
Questo potere dura a vita ma deve essere rinnovato ogni anno. QUINDI INIZIA AD ESSERE
CHIARO DOPO IL 23 a.C. CHE A DETENERE IL POTERE ERA SOLO LUI.

Ci sono altre precisazioni successive sul suo potere: nel 19 a.C. si fa attribuire poteri del
censore per 5 anni in modo di far entrare al Senato chi voleva e anche la cura delle
leggi e dei costumi che gli consentiva di far approvare leggi senza il consenso dei
comizi.
Lepido intanto muore nel 12 a.C. Lepido era pontefice massimo e alla sua morte Augusto
si prende anche quella carica. Nel 2 a.C. Augusto si fa eleggere PADRE DELLA PATRIA;
quello di Augusto è un POTERE CARISMATICO, BASATO SUL SUO CARISMA. UN
POTERE SEPARATO DALLE CARICHE MAGISTRALI. Sfugge ai vincoli dell'annualità e
dall'aspetto collegiale delle magistrature. Res gestes vivi Augustus è un'iscrizione che lui
fa affiggere sul suo mausoleo.

Nel capitolo 34 delle res geste (È NELLE FONTI CHE CI HA DATO LUI) troviamo la sua
giustificazione per il suo potere dicendo di essere superiore a tutti gli altri magistrati per
AUCTORITAS. Lui ha una maggiore AUTOREVOLEZZA ANCHE ESSENDO PARI IN
POTESTAS. Lui non ha sconvolto l'ordinamento Repubblicano ma ha solo più AUTORITÀ.

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Di Augusto è importante:
• Dei poteri di augusto
• Del ruolo delle assemblee
• Dell’amministrazione di Roma, dell’Italia e delle province
• Dell’Amministrazione finanziaria
• Dell’Esercito
• Della politica estera
• Dei gruppi dirigenti
• Del problema della successione

LEZIONE 20 – 23/11/21

Recap: Gli ultimi anni di Cesare, 45 e 44 a.C. Il senato è totalmente contro la politica di Cesare, in quanto le mire
monarchiche erano latenti, alcuni provvedimenti lo inducono a pensare. Se le guerre partiche avessero avuto
buon fine, Cesare avrebbe avuto un potere indiscusso. Nel 45 assunse la dittatura a vita, indicò poi i candidati
alle cariche magistratuali, ordinò anche delle misure di scopo simbolico, come la coniazione di monete ed il
nome del mese di luglio a suo nome, nonostante pubblicamente rifiutasse anche le incoronazioni. Il malcontento
sfociò agli idi di marzo nel 44 a.C. quando Cesare fu ucciso da 23 pugnalate. Antonio (console nel 44 a.C.) non
fu eliminato, perché poi plebe urbana e veterani di Cesare avrebbero creato lo scompiglio, Antonio cerca di
adottare un compromesso provando a convalidare i provvedimenti di Cesare e mantenere l'incolumità dei
cesaricidi che si rivela inutile. I cesaricidi fuggono e a Roma si fa strada un personaggio inaspettato: Ottaviano.
Adottato dalla famiglia sorella minore di Cesare e poi da Cesare stesso, già da giovane riesce ad incunearsi
nelle trame politiche romane, come quando Antonio cercò di impossessarsi della Gallia transalpina, disputa
risolta con la guerra a Modena nel 43, con Ottaviano che aiuta Antonio e tra i cesariani si sancisce un triumvirato
legalmente riconosciuto tra Lepido, Antonio e Ottaviano legalizzato dalla lex pitia, a farne le spese sono i
cesaricidi (eliminati a Filippi nell'ottobre del 42) ma anche Cicerone, opposto ad Antonio, la disputa si acuminò
anche tra Ottaviano ed Antonio che sfocerà con la battaglia di Azio nel 31. Cleopatra mantiene un ruolo focale,
per Ottaviano è il pretesto per muovere guerra ad Antonio, con lo stesso che la proclamò regina dei re,
assegnando ai figli delle terre che ha conquistato in oriente. Dopo Azio sia Antonio che Cleopatra si suicidano e
nel 30 a.C. l'Egitto viene dedotta provincia. Dopo Azio si sancisce la fine della Repubblica romana e si apre un
nuovo ciclo governativo. La silloge degli argomenti da trattare nelle riforme di Augusto sono: I poteri di Augusto,
Ruoli delle assemblee, Roma, Italia e Province, Organizzazione finanziaria, Esercito, Politica estera, gruppi
dirigenti e successione. Il lungo periodo di potere di Augusto che durò oltre 40 anni, diede modo allo stesso di
definire bene i punti succitati. Subito dopo Azio, secondo Cassio Dione, Ottaviano si trovò ad un bivio: se

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scegliere l'autocrazia o il mantenimento della repubblica, Ottaviano scelse di mantenere la repubblica, ma il
potere lo deteneva lui. Con una lectio senatus del 29 a.C. inserisce nel senato dei suoi fidati, così da non avere
opposizioni, poi in senato dice di restituire i poteri al senato ed alla repubblica, ottenendo l'attribuzione per 10
anni del comando e delle truppe delle provincie non pacificate (quelle alle frontiere estreme). Le provincie da lui
non amministrate sono restituite al popolo e controllate da proconsoli e propretori. I senatori ricambiarono
Augusto e nella seduta del 16 gennaio del 27 a.C. concedono diversi onori: Ottaviano assume il cognomen di
Augustus (cognomen dal valore sacrale, da augeo), la concessione della corona civica di foglie di quercia (onore
storicamente concesso ai solati valorosi) ed in senato si affigge uno scudo d'oro in memoria delle azioni
augustee, tuttavia Augusto continua a rivestire il consolato, ma nel 23 a.C. si fa conferire l'imperium proconsulare
maius, dunque di essere al di sopra anche dei governatori delle altre province (ma non per Roma), per incidere
nel governo di Roma si fa attribuire la tribunicia potestas, ovvero tutte le prerogative che spettavano ai tribuni
della plebe. In pratica assunse l'incolumità del suo potere. Negli anni successivi ci sono delle progressive
aggiunte alla base di potere augusteo, nel 19 a.C. si fa attribuire una censoria potestas quinquennale, poi una
facoltà di proporre leggi senza interventi di senato e comitia e poi alla morte di Lepido assume la carica di
Pontifex maximus ed infine nel 2 a.C. diviene Pater patriae Fine recap

Il potere monarchico di Augusto


Il potere di Augusto è superiore rispetto agli altri e gli viene unanimemente (o quasi)
riconosciuta, inoltre Augusto detiene il potere ma è svincolato da ogni carica
magistratuale, essendo un privatus ma con prerogative governative. Nelle Res gestae che
fa affiggere nel suo mausoleo e per le varie provincie, dice nel capitolo XXXIV che è
superiore agli altri magistrati in auctoritas, ma è pari per quanto riguarda la potestas.
L'auctoritas è il sapere riconosciuto socialmente, la potestas invece è il potere
socialmente riconosciuto. Quindi per potere è riconosciuto al pari degli altri magistrati, ma
ha un sapere maggiore che lo pone al di sopra degli altri. Nelle epigrafi è spesso
riconosciuto come Imperator Caesar Divii Filius Augustus, questa nomenclatura assunta da
Augusto è ripresa dagli imperatori successivi, almeno nei tre elementi (Imperator [prenome],
Caesar ed Augustus [cognome]).

La presenza del princeps nella vita politica romana


Non c'è dunque più margine nelle assemblee legislative cittadine, non si può far altro che
ratificare ciò che il princeps ha stabilito. Invece le assemblee elettorali trovano un ultimo
scampolo di splendore, con Augusto che prova a coinvolgere le élite, ad esempio lui
organizza un sistema di voto per corrispondenza che consenta ai decurioni coloniali in Italia
di partecipare alle elezioni da remoto, queste assemblee rimangono attive e continuano ad
eleggere i magistrati.
La lex valeria cornelia del 5 d.C. si procede a mutare le procedure per l'elezione dei
pretori e dei consoli, ma non ci pervengono grandi informazioni, se non le epigrafi della
Tabula Hebana e della Tabula Siarensis. Questa legge dovrebbe stabilire che il voto dei
comitia che ratificano le elezioni, è preceduto dalla commentatio e dalla destinatio. La
commentatio è la raccomandazione, in pratica in principe raccomanda a i comitia dei suoi
candidati, la destinatio invece può essere tradotta come designazione, questo passaggio
indicava che dopo la raccomandazione del principe, ci sono ancora un numero di altri
candidati che vengono proposti ai comitia da dieci nuove centurie, delle quali fanno parte i
più ricchi cittadini sia di rango equestre che senatorio. La ratio di questo provvedimento può
essere sintetizzata nel pensiero di Augusto, che indica come queste dieci centurie siano
portavoce dei suoi successori, i figli di Giulia Maggiore ed Agrippa, Gaio e Lucio Cesare,
morti nel 2 e nel 4 d.C., queste centurie che quindi parlano per conto dei due defunti della
gens augusta assumono un significato sacrale. Questo è un provvedimento che provava a
risolvere il problema della successione per Augusto.
I comitia erano stati praticamente esautorati dai propri poteri, questa legge
successivamente subì modifiche, già sotto Tiberio (che farà aggiungere 5 più 5 centurie, le
prime alla morte di Druso Germanico e poi altre alla morte di Druso suo figlio), a partire da

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questo periodo la destinatio passerà al senato e tuttavia anche la nomina di magistrati
meno potenti passerà al senato
L'amministrazione di Roma e della terra italica ai tempi di Augusto
La duplicità tra princeps e populus porta ad una differenza modalità di amministrazione tra
le differenti entità governative.
A Roma si è ormai arrivati al dover sostenere circa un milione di abitanti, i problemi erano di
carattere sostentativo. Augusto dunque organizza una possibilità di approvvigionamento
alimentare ed idrico giornaliero ai romani, istituendo cariche ad hoc per garantire il
funzionamento di frumentationes ed uso idrico, a partire dall'età imperiale la razione di
grano era gratuita. Augusto istituì il prefetto all'annona, l'annona era il tributo annuale di
grano da fornire a Roma, il funzionario (un cavaliere) direttamente dipendente dal principe
che deve controllare il flusso di grano in arrivo a Roma. Inoltre, istituisce dei prefecti
frumentii dandi, dei senatori estratti a sorte.
Inoltre per l'ordine urbano ci sono 3 o 4000 uomini alla testa del prefectus urbi. Le coorti
invece sono 7 (in chiave alla divisione di Roma in XIV regiones) ognuna di mille uomini, ed
avevano il compito di vigile del fuoco alla testa del prefectum vigilum (un equestre).

La divisione dell'Italia in regiones


L'Italia gode di autonomia, vedendo
l'amministrazione concessa alle autorità
cittadine, le autorità centrali si trovano
nella cura delle strade e nella
riscossione delle tasse (come la
vicesima ereditatium), tuttavia Augusto
decide di dividere l’Italia in undici
regiones, la loro funzione
probabilmente sta nel raggruppare i
dati dei censimenti per singola
regione. Leggendo i nomi e la
conformazione geografica non si
differenziano molto da quelle attuali, poi
sono divise secondo anche
differenziazioni storiche. Le regioni sono
poi ordinate anche per numero (es.
Regio I - Latium et campaniae).

L'amministrazione delle provincie


Le provincie del princeps e quel
popolo sono amministrate
differentemente, se le ultime sono
amministrate da proconsoli o propretori
come solito, le prime sono invece
governate diversamente. In questo
caso il principe sceglie dei legati augusti propretores che erano uomini fidati del
princeps e restavano in carica a governare le regioni mediamente per tre anni. In entrambe
le provincie ci sono molti procuratores, nominati dal principe ed incaricati alla gestione del
suo patrimonio.
Inoltre, c'è una provincia che gode di uno status leggermente differente rispetto alle
altre: l'Egitto.

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La situazione in Egitto
Dopo Azio, l'Egitto è amministrato da un personaggio di rango equestre con la carica di
prefetto di Alessandria e di Egitto, costui è un rappresentante personale del princeps e
per gli egiziani è un legittimo successore dei Tolomei stessi.
Per andare in Egitto bisognava avere una dispensa dall'imperatore, in chiave al fatto che
l'Egitto è il granaio di Roma; dunque, un senatore in caso di usurpazione poteva bloccare
gli approvvigionamenti granari di Roma.
Inoltre, le città egiziane hanno uno scarso rilievo amministrativo, al contrario viene data
importanza ai distretti in cui l'Egitto è suddiviso.

La situazione dei cavalieri nelle provincie


Ci sono provincie di minor importanza (dette procuratorie) che non hanno truppe
legionarie schierate, ma hanno delle truppe ausiliarie (auxilia) ovvero autoctone di
quelle provincie.

Il compito delle città


I romani scaricano gran parte del peso amministrativo sulle città. La ratio era di favorire
un'amministrazione meno appesantita e la fondazione di nuove città è un veicolo di
romanizzazione dell'impero.

L'organizzazione finanziaria delle provincie


Nella gestione finanziaria per le provincie del popolo vi è sempre l'erarium, mentre per le
provincie del princeps erano regolate dal fiscus (caesaris), dove affluiscono
contemporaneamente le tasse delle provincie del princeps che gli introiti curati dai
procuratores. Dunque, il fiscus è una cassa sia pubblica che privata contemporaneamente.
Alla base di questa cassa c'è il bisogno degli introiti da parte del princeps perché paga di
tasca sua esercito e frumentazioni.
Altra innovazione dal punto di vista fiscale è l'istituzione di una nuova cassa, l'erarium
militare. Questa tassa si basa sulle imposte che gravano sui cittadini romani, facendo
confluire gli introiti della vigesima in questa cassa che servirà per risolvere il problema delle
terre da dare ai veterani, così anziché richiedere terra, i veterani otterranno un premio di
congedo.
Per garantire questa opera, Augusto imbastisce un'enorme opera di censimento e
delega la riscossione delle imposte nelle province ai cittadini sui provinciali (che
pagavano il tributum soli e tributum capicus).

Le riforme augustee dell'esercito


L'esercito è da sempre la voce di spesa maggiore delle potenze imperialistiche ed imperiali,
per la repubblica romana il cittadino era obbligato alla costrizione di servire in armi,
tuttavia l'arruolamento è formalmente costretto, ma in realtà diviene su base volontaria e
l'esercito è a base professionale.
L'evoluzione dell'esercito è frutto della riduzione degli effettivi da parte di Augusto.
In età triumvirale le truppe schierate erano sulle 60 legioni (circa 300mila soldati schierati in
arme), Augusto quindi riduce le legioni a 25 (circa 150mila unità). Le condizioni di ferma

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di chi si arruola sono inizialmente di 16 anni, successivamente la durata di congedo sale
a 20 anni in modo da non dover erogare troppi premi.
Gli ufficiali delle regioni romane sono i legatis legionis, senatori nominati direttamente da
Augusto e al comando dell'esercito.
Un cittadino romano può decidere di arruolarsi anche per una questione retributoria
(225 denari l'anno circa) ed il premio di congedo si aggira sui 3000 denari circa.
Il premio serve anche per acquisire un pezzo di terra, ma per 3000 denari al massimo
potevi acquistare 12 iugeri; dunque, molti migrano in provincia dove i prezzi delle terre sono
più sostenibili, tuttavia la prospettiva di una vita contadina non è vista come allettante.
Augusto riesce a dimezzare l'organico affiancando gli eserciti legionari 150mila unità di
auxilia, composte da peregrini e provinciali che sono comandati da un prefetto equestre, gli
ausiliari avevano una paga di 75 denari annui e sono divisi in coorti di fanteria ed alee di
cavalleria. Gli ausiliari come congedo potrebbero ricevere la cittadinanza romana, che
migliorerebbe la situazione sociale.
Infine, le truppe d'elite sono composte dai pretoriani.
Il nuovo corpo d'elitè: I pretoriani
Questo corpo è la guardia personale dell'imperatore, risiede a Roma ed al comando
hanno due prefetti al pretorio di rango equestre per non scalzare gli imperatori. I
pretoriani inizialmente sono divisi in 9 coorti (circa 4000 unità), i pretoriani servono solo 16
anni ed a differenza dei legionari ed ausiliari hanno una retribuzione annua di 450 denari.
I pretoriani, quindi, giustificano anche il basso numero di coorti urbane.

LEZIONE 21 – 24/11/21
Le operazioni belliche di Augusto
Dopo la Pax Augusta, continuano le operazioni belliche di Augusto, con l'imperatore che
pacifica totalmente la Spagna sconfiggendo asturi e cantabri nel 18 d.C. e stanzia una sola
legione in Spagna. Successivamente Augusto decide di sistemare la situazione dell'area
alpina, istituendo inizialmente la Provincia delle Alpes Marittime, oppure sfruttando regni
clienti come il regno di Cottius o dei Salassi.
Augusto evita una politica espansiva di aggressione in oriente, usando la fine di Crasso
come monito, scendendo a compromesso coi Parti, guidati da Fraate IV. Si fa rendere le
insegne romane perse da Crasso. Tuttavia, il problema eploderà sotto l'impero di Tiberio.
Roma, comunque, si espande nei balcani ed in Europa centrale, provincializzando l'area da
Vienna alla sava. Viene dedotto l'Illirico come provincia (4 a.C.).
Le guerre in Germania e Teutoburgo
Dal 12 a.C. al 5 a.C. Roma invia diversi personaggi di rilievo per conquistare la germania,
come Druso Maggiore e Tiberio (figli di primo letto di Livia, moglie di Augusto). I due
riescono ad includere nell'orbita romana l'area germanica fino al fiume Erba. Conquiste
tuttavia effimere, in quanto tra il 6 ed il 9 a.C. scoppia una ribellione in Illirico e viene inviato
Tiberio a pacificare l'Illirico che viene scisso in due (Dalmazia e Pannonia). Tuttavia, in
Germania succede il fattaccio, infatti nella foresta di Teutoburgo tre legioni guidate da
Quinto Varo vengono distrutte per via del cherusco Arminio che tradisce i romani. Questa
sconfitta evidenzia per Roma la difficoltà di colonizzare la riva destra del Reno.

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La ridefinizione dei ruoli d'elite a Roma
Augusto più che stravolgere l'assetto sociale a Roma, cristallizzò alcuni aspetti. Augusto
riconosce con le dovute misure l'importanza del senato, ma solo formalmente, perché le
decisioni le prende sempre lui. Formalmente vanno ratificati tramite i senatus consultae.
Augusto tenta di far rispettare la frequenza alle riunioni, multando gli assenti e stilando un
calendario delle riunioni. Di pensa che Augusto volesse diminuire il numero dei senatori a
300, riuscendo però a diminuirli a 600. Inoltre, il senato diventa un'ordo, gruppo ereditario
dal particolare status giuridico: se il tuo patrimonio non doveva essere minore al milione di
sesterzi, salvo casi meritevoli dove Augusto contribuiva di tasca sua; Requisiti di moralità da
rispettare, come il non sposare ad esempio classi malviste come gli attori ad esempio,
tentando ad incentivare i matrimoni dei senatori. La carriera senatoria sotto Augustus si
standardizza, partendo dal basso, l'ingresso in senato arriva con la questura; invece,
l'elezione di pretura o consolato da la possibilità di governare le province.
L'incremento delle provincie porta all'incremento di persone capaci governarle. Nasce la
figura dei consuli suffecti, che succedevano alla coppia dei consoli eponimi che erano votati
ed inauguravano l'anno e poi si dimettevano dopo qualche mese.
Il senato accoglie questo evidente ridimensionamento malvolentieri, tuttavia ci sono episodi
che testimoniano il malessere del senato, ad esempio Augusto spesso quand'era in senato,
chiedeva il parere dei senatori che non rispondevano e pare che a volte scuotesse i senatori
per farli parlare.
Augusto riforma anche l'ordine equestre, questo ordine ha dei requisiti prestabiliti:
patrimonio minimo di 400mila sesterzi, condotta morale ineccepibile, non ereditarietà
dell'ordine (almeno formalmente). Inoltre, apriva le porte del senato agli equestri: la carriera
equestre non sfocia nei ruoli magistratuali, ma nell'esercito o nel governo delle provincie
procuratorie e dell'Egitto. Il cavaliere poteva essere prefetto d'Egitto o prefetto pretorio.

La situazione dei liberti


Coi liberti si rinnova la classe dirigente che si estingue facilmente, ciò deriva
dall'indisponibiltà dei senatori a procreare maggiormente, dunque negli anni a venire figurati
sempre di più personaggi con liberti presenti nella loro genealogia.

La questione della successione di Augusto


Augusto ha una sola figlia di primo letto, Giulia Maggiore; dunque, il problema
dell'ereditarietà è alla base della sua azione politica, deve quindi trovare una soluzione che
consenta di legittimare la sua posizione e quindi un membro della sua famiglia, ma anche di
far trasparire l'immutatezza del res pubblica (o almeno del suo assetto).
Augusto dunque cerca un successore, erede del suo patrimonio, della tribunicia potesta e
dell'imperium consulare maius. Ciò poteva essere trasmesso attraverso un'adozione.
Augusto dunque decide di dare in sposa Giulia a Gaio Marcello, nipote di Augusto essendo
figlio di sua sorella Ottavia. Marcello tuttavia muore nel 23 d.C., dunque Augusto decide di
dare in sposa Giulia al suo generale più fidato e la dà in sposa ad Agrippa, dall'unione
nasceranno cinque figli tra cui Gaio e Lucio Cesare designati da Augusto come suoi eredi,
ma anche loro muoiono tra il 2 ed il 4 d.C.. Per Augusto si ripropone il problema della
successione, dunque pensa di dare l'eredità ai figli di primo letto di sua moglie Livia Drusilla:
Tiberio e Druso Maggiore (nonno di Caligola), figli di Tiberio Claudio Nerone. Agrippa muore
nel 12 a.C. ed Augusto decide di dare Giulia in moglie a Tiberio, ma lo stesso era già
sposato ed Augusto gli impone di divorziare dalla figlia di primo letto di Agrippa. Tiberio

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decide di andarsene per otto anni in esilio a Rodi, alla morte dei figli di Giulia, l'erede
designato diviene Tiberio, a patto di adottare Germanico, figlio di Druso Maggiore, in quanto
pronipote di Augusto, perché la madre è Antonia Minore, figlia di Marco Antonio ed Ottavia.
Germanico sposa Agrippina Maggiore, figlia di Giulia ed Agrippa, dalla quale avrà 9 figli tra
cui: Caligola ed Agrippina Minore (madre di Nerone). Augusto muore presso Nola e prima di
spirare elimina uno dei figli uno dei figli di Giulia d’Agrippa, Agrippa Postumo, che era però
mentalmente instabile. Giulia, in pessimi rapporti con Tiberio con un solo figlio morto,
divorzia nel 2 a.C. e viene esiliata da Augusto a Reghium dove vive con un vitalizio, ma
all'insediamento di Tiberio il vitalizio viene interrotto e Giulia morirà di stenti.
Le caratteristiche di Giulia Maggiore
Secondo le fonti di Macrovio (V secolo d.C.) nelle Saturnalia immagina una riunione di amici
che discutono di Giulia, raccontando episodi della sua vita. Uno dei personaggi racconta dei
costumi di Giulia, descrivendola come poco savia e dissoluta, ma colta e raffinata. Tuttavia,
era abbastanza libertina ed Augusto si illudeva che la figlia esternasse solo tutto ciò, ma in
fondo non lo era davvero. Augusto asseriva di avere due figli viziati: lo Stato e Giulia.
Generalmente Giulia era vista come una donna di facili costumi e forse fedifraga.

Il quadro dell'impero utile agli studi


Nello studio della storia imperiale, il fulcro gergalmente riguarda le vicende strettamente
legate all'imperatore. Alcuni di loro sono ovviamente già importanti per nome ed azioni.
Solitamente gli imperatori si distinguevano per dinastie (I sec d.C.: Dinastia giulio-claudia,
quattro imperatori, Dinastia Flavia, Nerva e Traiano). Inoltre, vanno tenute conto delle
riforme sociali, politiche, economiche e belliche.

LEZIONE 22 – 29/11/21

Recap: La dinastia giulio-claudia ed il problema della successione. Da Augusto a Nerone, post


Nerone guerra civile, quattro imperatori> (longus et unus annus)> dinastia dei flavii anno 96> Nerva e
Traiano. Con Augusto cambiano le carte in tavole, per i soldati cambiano ferma e retribuzione
(legionari), nasce anche una cassa dedicata alla spesa bellica ed ai premi di congedo, le legioni sono
stabilite a 25, più gli auxilia che servono in numero simile a quello legionario, ma la retribuzione è
minore, oltre che il premio di congedo è la cittadinanza a differenza dei legionari che avevano un
contributo pecuniario. La guardia d'elite è il corpo pretoriano, che risiede in urbe ed hanno la
retribuzione più alta, oltre ad una ferma breve. Nell’età augustea Roma si trova a controllare un vasto
territorio, parimenti Roma scende in campo anche post pax augusta, ad esempio la Spagna intera
viene pacificata e viene riorganizzata in province di Berica, Tarragonensis e Lusitania. Stesso
discorso per l'area alpina, dove vengono affidate ad alcuni re clienti, mentre nelle alpi marittime viene
istituita una provincia. Inoltre si consolida la situazione di stallo con l'impero partico, che restituisce le
insegne di Crasso. L'espansione continua nell'Illirico, riuscendo a prendersi l'area da Vienna alla
Sava, fallimentare l'espansione in Germania. L'Illirico viene diviso in due province: Dalmazia e
Pannonia. Il rapporto tra augusto e le classi dirigenti, vedono il senato come braccio amministrativo di
Augusto, fattispecie del governo provinciale, il numero dei senatori ritorna a 600, i requisiti del senato
vengono fissati in chiave patrimoniale, di moralita ed una carriera senatoria che porta a vestire le
magistrature, per poi governare le provincie. Queste misure tarpavano le ali al senato. Anche l'ordo
equestre richiedeva una capacità patrimoniale minuma, a differenza del senatus l'ordo non era
ereditario ma a discrezione del princeps, i requisiti morali c'erano ed anche la possibilità di entrare in
senato, oltre che a governare in provincie periferiche o le prefetture d’Egitto e pretorie (capo della
Guardia Pretoriana). Altro scoglio per Augusto è il problema della successione, l'incognita è alla sua
morte. Augusto prova a regolare la successione, designando eredi prima i figli di Giulia ed Agrippa,
alla loro morte nomina il marito Tiberio, figlio di primo letto di Livia, seconda moglie di Augusto.
Tiberio deve però adottare Germanico, figlio di Druso già parente di Tiberio. Alla morte di Augusto nel
15 d.C., iberio viene quindi investito dei poteri del principato. Fine recap.
1 SEC D.C. DINASTIA GIULIO CLAUDIA DA AUGUSTO A NERONE

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GUERRA CIVILE
DINASTIA FLAVIA
NERVA E TRAIANO - FINE 1 SECOLO D.C.

La successione ad Augusto: il giudizio negativo dei posteri


Alla morte di Augusto, dunque, sale al potere Tiberio. Le fonti sono ovviamente successive
(Tacito, Cassio Dione, il biografo Svetonio), che usano fonti sicuramente contemporanee.
Tiberio, secondo le fonti, vorrebbe ritornare al vecchio ordinamento repubblicano,
comportamento giudicato ipocrita da Tacito, il principato di Tiberio si apre con molte
avversità: infatti le legioni in Pannonia e Germania si ribellano e Tiberio invia il suo
successore in pectre Germanico e suo figlio Druso Minore (figlio di primo letto), coi due che
domano la rivolta e cercare di consolidare la posizione di Roma in Germania contro Arminio
che è una vera spina nel fianco, Germanico viene richiamato nel 17 a Roma e gli viene
concesso il trionfo ed il consolato, secondo le fonti è geloso dei successi di Germanico
(nonostante lui avesse un figlio), lo invia in oriente per risolvere la vicenda del territorio
Armeno, cuscinetto tra Parti e Romani, con un re cliente di Roma minacciato costantemente
dai parti. Riceve un imperius maius per andare in Oriente, avendo così un potere maggiore
rispetto ai governatori locali, affiancato a Gaio Calpurnio Pisone che entra in contrasto con
Germanico che lo fa abbandonare l'area. Risolto il problema armeno, Germanico di sua
iniziativa va in Egitto (cosa non fattibile se non autorizzato dal princeps). Ritornia in Siria,
dove nel 19 d.C. viene ritrovato morto, con Pisone che viene accusato di averlo ucciso,
processato da Tiberio, Pisone si suicida. Tramite il senato consultus de gneo pisone patre,
possiamo osservare il testo originale della sentenza.
Tiberio istituisce 5 centurie destinatrici, che parlano a nome di Germanico.
Ne 23 d.C. muore però Druso minore che a sua volta aveva come figlio Tiberio Gemello.
Druso viene avvelenato da Elio Seiano, capo dei pretoriani. Tiberio istituisce altre 5
centurie destinatrici per Druso.
Alla morte di Druso, Seiano prova a puntare al principato. Tiberio, dal carattere
scontroso, sembra favorire Seiano, diviene paranoico processando una serie di avversari
politici reali e presunti, in articolare punisce la moglie di Germanico, Agrippina Maggiore che
ha una serie di figli: Caligola ed Agrippina minore tra gli altri. Tiberio prima fa eliminare
Agrippina maggiore che il fratello maggiore di Caligola. La madre di Tiberio, Livia, come con
Augusto esercita la sua pressione anche sul figlio, Tiberio dunque nel 27 d.C. si rifugia a
Capri dove si stabilirà fino alla morte. La scelta di Capri è strategica, essendo non troppo
distante da Roma, favoriva anche il monitoraggio della Urbe, Seiano fa finta di nulla, nel 31
a.C. Seiano diviene console insieme a Tiberio, ricevendo l'imperio proconsolare.
Tiberio decide infine di fare eliminare Seiano, da Capri fa inviare una lettera da leggere
alla presenza di Seiano in senato, con il pretore accusato di detronizzazione, con lo
stesso che viene arrestato ed eliminato.
Il regno di Tiberio
La politica tiberiana era abbastanza parsimoniosa. Ma i problemi non mancano: ad
esempio in Gallia nel 21 d.C. c'è una rivolta, con Tiberio che è costretto a mandare le
truppe della Germania superiore, inoltre Tiberio deve affrontare la crisi del credito del 33
d.C., questa crisi è frutto del provvedimento cesariano che impediva di non impegnare più
della metà del patrimonio per elargire prestiti. Legge ovviamente disattesa, con Tiberio che
riabilita la legge, coi debitori che non possono più rimborsare e sono costretti a vendere le
proprie terre, le terre ovviamente hanno dei prezzi che crollano, la disponibilità di moneta è
scarsa. Tiberio, quindi, deve prestare dei soldi senza interessi per pacificare la
questione.

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La successione di Tiberio
Nel 37 d.C. muore Tiberio in Campania, in uno dei tanti falsi allarmi del suo ritorno a Roma.
Per la sua successione non ha deciso praticamente nulla di definitivo, nominando come
sue eredi privati Tiberio Gemello (figlio di Druso) e Caligola, figlio di Germanico.
Caligola ha risieduto a Capri con Tiberio e forse ha goduto dello status di ereditarietà
diretta da Augusto e Tiberio. Alla morte di Tiberio, il senato fa eliminare Gemello e nel
37 d.C nomina Caligola imperatore.
Il principato di Caligola
La storiografia senatoria condanna Caligola, accusandolo di concezione autocratica del
potere, sulle orme dell'avo Marco Antonio. Caligola, dopo la malattia fa scelte scellerate,
oltre alla storia del cavallo, vuol far costruire un ponte di barche tra Puteoli e Baia. La
politica di Caligola vede l'avversità dei senatori, aggravata dalle spese folli dello stesso.
Dunque, Caligola è mira di congiure, con quella del 41 a.C. che va in porto.
La crisi della dinastia giulio-claudia
Alla morte di Caligola, non ci sono eredi della famiglia dei giulii.
Il senato tenta di recuperare l'ordinamento repubblicano, ma a prendere le redini della
situazione in mano sono i pretoriani, che entrano nel palazzo imperiale dopo l'uccisione di
Caligola, scovando il fratello di Germanico, Claudio, infermo e privato cittadino anziano.
Claudio non era stato adottato dai giuli a differenza del defunto fratello. I pretoriani,
dunque, decidono di sceglierlo come imperatore, visto il legame con Germanico, con il
benestare della plebe urbana.
Il giudizio sul principato di Claudio
Le fonti pro-senatorie non vedono di buon occhio Claudio, con la stessa madre Antonia,
che lo considerava un infermo mentale (imminuta mens), lo stesso Seneca scrive di Claudio
negli Apokolokyntosis, come una zucca che ascende tra gli dei.
Tuttavia, Claudio è da rivalutare, soprattutto perché coltiva una grande passione sulla
storia antica, specialmente sulla storia etrusca, inoltre introduce alcune lettere nell'alfabeto
romano on tre lettere. Il problema di base è anche la sua rocambolesca salita al potere.
Inoltre, anche lui ridimensiona il senato, oltre a mantenere il senatus consulta, Claudio
tenta di creare un'organizzazione burocratica del governo e della fiscalità, Claudio
cerca di riorganizzare le segreterie centarli, "i ministeri" del governo, con a capo i liberti.
I principali ministeri sotto Claudio sono: la corrispondenza ufficiale, essendo
l'imperatore grafomane; un ministero delle finanze; un ufficio apposito per le petizioni;
Un ufficio che gestisca biblioteche ed archivi. Questo provvedimento è sgraditissimo al
senato, con Claudio che inoltre concede ai liberti gli ornamenti pretori e consolari, insegne
per pretori e consoli.
La riorganizzazione Claudiana si estende anche nelle provincie, coi procuratores a conto
dell'imperatore che si moltiplicarono, i procuratores scalzano i governatori provinciali, che si
occupano anche della riscossione delle tasse.
Claudio, l'approvvigionamento di Roma e la cittadinanza ai Galli
Claudio tenta di risolvere il problema dell'annona, Claudio decide di far approdare i carichi
di grano dall'Egitto in un porto alle foci del Tevere, anziché a Puteoli, dove il grano arrivava
a Roma con navi più piccole risalivano verso il Tevere.

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Altra opera importante per Claudio fu la riforma degli acquedotti (AQUA CLAUDIA), inoltre
fa bonificare l'area abruzzese del Fucino, che vede l'impiego di trentamila operai ed
undici anni di lavoro.
Altro aspetto innovativo è
l'integrazione nell'impero delle
élite provinciali, con la creazione
di nuove colonie di cittadini
romani nelle provincie e la
concessione della cittadinanza,
l'esempio più significativo lo si vede
grazie ad un documento che
ammette in senato i maggiorenni
della Gallia Comata, ovvero la parte
di Gallia che non era narbonense
(dunque Aquitania, Belgica e
Lionense). Secondo Tacito, Claudio
nel 48 d.C. motiva queste scelte:
sotto il consolato di Aulo Vitellio e
Vispstanio, viste le richieste
dell'elite della Gallia Comata che
ambiva a cariche governative che
accesero un'aspra discussione a
Roma, col senato che richiede dei
romani puri, anziché scegliere gente
che combatteva contro Roma pochi anni prima. Claudio propone una politica di forte
integrazione delle popolazioni provinciali, in quanto caratteristica fondativa
dell'espansione di Roma che fa così coi popoli latini e successivamente con gli italici, poi coi
senòni e così via.
La politica estera di Claudio e l'approdo in Britannia
In Mauretania vi era re Tolomeo, parente di Antonio e Cleopatra, fatto uccidere da Caligola,
Claudio deduce due provincie, così come nell'area Alpina e soprattutto in Giudea che
diviene quindi provincia e non più regno cliente.
Ma la cosa più significativa di Claudio, nel 44 d.C. dopo un breve soggiorno in Britannia, ne
istituisce una provincia (inizialmente solo l'area meridionale (da Dover alla Cornovaglia),
questa è la prima conquista romana extra mediterranea.
La successione di Claudio ed il problema dei matrimoni
Claudio si sposa quattro volte, di cui solo una dopo la carica del principato.
Le prime due mogli danno dei figli maschi che subito muoiono, mentre la terza moglie
sposata nel 41 a.C. è Messalina, sua lontana cugina, che aveva 14 anni.
Plinio il vecchio nella naturalis historiae riserva alcuni righi a Messalina, raccontando che
gareggiò con una prostituta, superandola con 25 amplessi, in pratica era una donna di facili
costumi secondo il senato. Nel 48 d.C. Messalina ripudia Claudio per sposare un altro
aristocratico, così uno dei liberti alla testa dei ministeri la fa eliminare.
Quarta moglie di Claudio è Agrippina minore, sorella di Caligola, donna ambiziosissima
s'ingenisce nella vita politica di claudio, cercando di far arrivare al poteresuo figlio Tiberio
Claudio Nerone, per far si bisognava elimianre il figlio di Caludio, Britannico, con Claudio
che adotta Nerone. Agrippina poi avvelena Claudio con un Piatto di funghi tossici nel 54 a.C.
Quindi succede a Claudio Tiberio Claudio Nerone.

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Nerone, l'ultimo Giulio-Claudio
Nel 54 a.C. sale al principato Nerone, che per i primi cinque anni regna nella pace, con
Nerone che agisce nell'interesse dei senatori e sua madre Agrippina, il consigliere Seneca
ed il pretore Afranio Burro. Tuttavia, nel 55 d.C. Nerone fa ammazzare Britannico.
Nel 58 d.C. si ha la svolta autocratica nel governo neroniano, con Nerone che i
invaghisce di Poppea, moglie di Mario Silvio Otone. Nerone dal canto suo era sposato con
Ottavia, sorella di Britannico. Inoltre, Nerone decide di eliminare tutte le imposte indirette,
giusto per dimostrare il suo non voler delegare i compiti di governo ad altri.

LEZIONE 23 – 30/11/21

Le riforme di Nerone e l'incendio di Roma


Nerone ha tratti decisamente significativi, visto il contesto in cui è cresciuto, Nerone ambiva
a fare l'artista.
Nel 64 d.C. ci sono due avvenimenti significativi: la prima è una riforma monetaria, che
riduce la quantità di fino nelle monete, cosa che consente una coniatura maggiore. Il
contesta vedeva a quell'epoca una libbra di argento era pari a 84 monete, mentre 42 con
una libbra d'oro. Con la riforma neroniana si coniano 45 aurei e 96 denari (argento).
Quindi le monete d'argento sono di più e ciò favorisce le classi meno agiate. Il rapporto
fissato dalle autorità tra oro ed argentea era 1/25.
Altro evento cardine del suo principato, è il grande incendio del 64 d.C. Le fonti canoniche
gli adducono la totale responsabilità del fatto. Ad essere incolpati furono i cristiani.
La possibile colpevolezza di Nerone sarebbe legata al fatto che Nerone riformi
urbanisticamente Roma in maniera consistente. Soprattutto Nerone eregge la Domus
aurea (che contava circa 60 ettari). Molti artisti del 1500 si facevano calare con delle funi nei
resti della stessa domus aurea per ammirare le pitture e gli affreschi parietali. Nerone
requisisce i beni ai più abbienti per trovare fondi in modo da finanziare la riforma. Quindi il
senato ordisce una congiura con a capo Gaio Calpurnio Pisone, la congiura fallisce e
vengono indotti al suicidio personaggi come Seneca, Lucano e Petronio (non si sa se sia lo
stesso autore del Satirycon).
La politica estera di Nerone
In Britannia scoppia la rivolta di Boudicca, col generale Svetonio Porino che deve usare il
pugno duro.
In Armenia c'è l'interesse di mettere un re cliente ai romani, con Domizio Corbulone che
sottrae l'Armenia all'influenza partica con re Tiridate che nel 66 viene incoronato a Roma in
una solenne cerimonia.
Tuttavia, la gestione della Giudea sarà la rovina di Nerone, lo stesso invia un governatore
che fa sopruso sugli ebrei, inducendoli alla rivolta, la repressione viene affidata a Tito
Caludio Vespasiano.
Nel 67 d.C. Nerone si reca in Grecia sulle orme di Tito Quinzio Flaminino, concedendo la
libertà ai Greci, da buon imperatore filoellenico. Nerone poi in Campania sceglie come primo
posto per esibirsi in pubblico come artista la città di Neapolis, trovando l'opposizione del
pubblico di lì in poi. L'ambizione di Nerone in Grecia si vede anche nel suo atteggiamento
nei confronti dei giochi, cambiandone il calendario, partecipando a tutti i giochi e facendosi
attribuire i primi premi.

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In Italia, nel frattempo, c'è una forte carestia, nel 68 d.C. ci sono ribellioni nelle
province.
Le ribellioni nelle provincie, la fine di Nerone
In Gallia Lugdununense c'è Vindice a
capo di una ribellione, per sedare questa
rivolta sono costrette ad intervenire le
legioni di stanza in Germania. i legionari,
di tutto punto, offrono la carica imperiale
al comandante dopo la vittoria, con lo
stesso che rifiuta.
Nella Gallia Tarragonense succede lo
stesso, ma in questo caso il comandante
accetta questa acclamazione, il suo nome
è Galba. Alla notizia dell'acclamazione di
Galba, Nerone viene dichiarato nemico
pubblico, con lo stesso che scappa da
Roma ma decide di suicidarsi nel giugno
del 68 d.C.

Il longus et unus annus, l'anno dei quattro imperatori


Nel 68 d.C. Galba arriva a Roma ad ottobre, due mesi dopo le legioni germaniche
acclamano Aulo Vitellio, patrizio di Nuceria Alfaterna.
Galba, dunque, cerca di rafforzare la sua posizione, secondo un discorso riportato nelle
Historie di Tacito. Siccome non ha figli, lui pensa di garantirsi una successione nominando
Lucio Calpurnio Pisone Rugi Liciniano suo erede, motivando la decisone che la miglior
scelta sia l'adozione in caso di mancanza di eredi diretti (anticipando ciò che avverrà
successivamente).
In realtà Galba promette un donativo ai pretoriani che non arriva; dunque, i pretoriani lo
eliminano insieme a Liciniano e nominano imperatore Otone. Otone è quindi contrapposto a
Vitellio, col nucerino che nell'aprile del 69 vince a Bedriaco, con la sconfitta che porta al
suicidio di Otone.
Il potere di Vitellio, che assume il cognome di Germanico è usato in maniera scorretta,
attirandosi il risentimento dell'Italia, trattata come provincia conquistata, con sperperi inutili.
Quindi le legioni orientali (Egiziane e danubiane) acclamano imperatore Vespasiano,
occupato in Giudea. Le legioni danubiane scendono in Italia combattendo Vitellio sempre a
Bedriaco e vincendo. Le legioni danubiane controllano Roma con Domiziano, figlio di
Vespasiano, mentre suo fratello Tito resta in Giudea col padre.
Quest'anno fa trasparire ancor di più il clientelismo tra soldato e comandante, ma soprattutto
ad avere le redini sono gli eserciti delle province, col senato assolutamente fuori causa.
Dopo la guerra civile del 69 d.C., si è interrotta la successione dinastica.
La legittimità di Vespasiano
Vespasiano sancisce la sua legittimità il 22 dicembre del 69 d.C., con Vitellio portato in giro
per Roma e sgozzato nel foro, con Vespasiano fa votare la lex de imperio vespasianii, una
legislazione del senato fatta votare poi dai comitia, dove Vespasiano tenta di affermare la
sua legittimità al potere.

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Grazie all'epigrafe di Cola di Rienzo, conosciamo parte della forma della lex di Vespasiano,
tuttavia l'epigrafe è mutila, dove mancano le condizioni di tribunicia potestas e consolato
maior. Dall'epigrafe emerge la clausola discrezionale dove, ricalcando le orme di Augusto
Tiberio e Claudio, non doveva vincolarsi a nessuna legge ma su basi assai più ampie.
Vespasiano e l'approdo dei latini ed italici al potere
Originario della Sabina (Reate), dunque non imparentato coi giulio-claudii, ma di origini
modeste, il padre ed il nonno erano molto modesti, mentre la madre era di estrazione
equestre, con un fratello entrato in senato. Le origini di Vespasiano non sono mai rinnegate.
La salita al potere di Vespasiano porta a compimento ciò che si era prospettato dalla fine
della guerra sociale del I secolo a.C., ovvero un personaggio non latino diviene imperatore.
Nel 73 d.C. vespasiano riveste la censura insieme a suo figlio Tito per la lectio senatus. In
senato, quindi, figurano personalità italiche e latine, c'è dunque un ricambio sociale enorme.
Tacito dice che rispetto al passato non ci sono più luxus mensae, a dimostrazione del
carattere spartano del suo principato.
Nel 74 d.C. Vespasiano concede lo ius latii agli abitanti di tutta la Spagna; dunque,
magistarti e decurioni della Spagna ricevevano automaticamente la cittadinanza romana.
Il principato di Vespasiano
Vespasiano trova una situazione che proviene dalla politica di sperpero di Nerone, per
reazione Vespasiano è costretto ad una spending-review vera e propria, con le provincie
che vedono aumentare vertiginosamente il tributo.
Vespasiano è noto per l'istituzione di tasse assurde, tra cui la vectigae urinae, una tassa
sull'urina. L'operazione è veicolata tramite l'istituzione delle tintorie, con le orine che erano
funzionali allo smacchiamento dei panni.
I romani oltre a smacchiare i panni, perseveravano la pratica iberica di sbiancarsi i denti.
Le esigenze di frugalità economiche si trovano anche dalle rivendicazioni di Vespasiano
riguardo i terreni inappropriatamente occupati nelle colonie (sub seciva), per lo stesso tipo di
esigenze anche Vespasiano svilisce l'argento, abbassando il fino.
L'esercito e l'aspetto militare sotto Vespasiano
Durante la dinastia giulio-claudia si era
assistito ad una continua espansione di
Roma, dunque i regni clienti andavano a
scomparire, dunque si impone la urgente
riorganizzazione del sistema difensivo
dell'impero, nascono i limes. A partire da
Vespasiano ed in una forma che si
articolerà, il limes assume un carattere
militare. Il limes è il sistema difensivo
che prevede una strada intervallata da
una serie di porti dove sono stanziati
legionari e truppe ausiliarie, questo
sistema è usato lungo le aree dove
non vi sono confini naturali, quindi
lungo gli assi fluviali di Reno e
Danubio.
Il battesimo del fuoco dei limes si ha già
nel 69 d.c. con la rivolta dei Batavi con
Giulio Civile, dove si instaura un imperium

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gallianum. Il limes è un sistema difensivo adatto ad arginare le minacce a bassa intensità,
dunque minacce come scorribande dei germani e schermaglie. Questo sistema quindi
collassava contro attacchi molto più numerosi.
Sempre con Vespasiano si combatte una guerra molto importante, ovvero la guerra
giudaica iniziata dallo stesso vespasiano e continuata da suo figlio Tito, il quale
distrugge il tempio di Gerusalemme nel 70 d.C., con Vespasiano che istituisce il fiscus
iudaicus, col fisco di Salomone stornato al tempio di Giove capitolino, nel 73 d.C. Tito
espugna Masada, pacificando dunque la Giudea.
Gli ultimi anni di Vespasiano e la successione
Vespasiano muore nel 79 d.C, ma aveva già predisposto la sua successione, avendo
Tito e Domiziano come figli. Tornato Tito da Gerusalemme, si trova assegnata la tribunicia
potesta, mentre Domiziano diviene Cesar, che lo consacra a successore come Tito.
Senza scossoni gli succede quindi suo figlio Tito.

LEZIONE 24 – 01/12/21

Il principato di Tito
Da pochi mesi al potere, nell'ottobre del 79 d.C., deve affrontare all'eruzione del Vesuvio e
poi nell'80 ad un grave incendio a Roma, oltre che ad una pestilenza in varie aree
dell'impero. Tito sembra voler alleviare i problemi dei sudditi, ad esempio tento di
ricostruire Pompeii, Herculaneum e Stabiae, ma economicamente è impossibile, questo
atteggiamento favorevole ai sudditi lo fa ben volere dalle fonti antiche (Per Svetonio era
detto "amore e delizia delle genti romane").
Tito aveva come concubina Berenice, principessa giudaica, il senato non vedeva di buon
occhio questa relazione, con Tito che è costretto ad allontanarla. Tuttavia, Tito muore nell'81
d.C., ufficialmente di morte naturale, ma secondo le fonti avvelenato da suo fratello
Domiziano per aver avuto una relazione con la moglie.
Domiziano, la fine della dinastia Flavia
Nell'81 d.C. sale al potere dunque Domiziano, fino al 96 d.C. Lo stesso è massacrato dalle
fonti, per via della sua conduzione autoritaria del potere, si fa chiamare "dominus et
deus", inimicandosi il senato e la comunità cristiana. Sembra che Domiziano, senza figli,
sposa la figlia di Domizio Corbulone, quindi sceglie come suoi successori i figli di Flavio
Clemente, il quale era cristiano. Nel 95 d.C. però fa eliminare Flavio Clemente, facendo
esiliare la moglie, ciò fa presagire dei contrasti forti coi cristiani. Nelle fonti cristiane,
Domiziano è ricordato come secondo persecutore dopo Nerone.
Il carattere moralista di Domiziano si evidenzia nei provvedimenti presi in merito ai
dettami religiosi, ad esempio manda a morte tre vestali che avevano trasgredito il voto di
castità, facendone seppellire viva una.
Domiziano inoltre assume la censura a vita, potendo operare la lectio senatus per portarlo
dalla sua parte. Il regno, dunque, è caratterizzato da numerose congiure.
Il giudizio sul suo principato e le sue attività
Dal punto di vista amministrativo Domiziano consolida la burocrazia dell'impero, coi liberti
che vengono sostituiti da personaggi di rango equestre.
In campo economico, decide che in Italia non vadano più piantate nuove viti e nelle
provincie vanno distrutte la metà di quelle presenti. Questo provvedimento tende a favorire i
coltivatori in Italia, d'altro canto il blocco alle nuove coltivazioni cerca di favorire la

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coltivazione di cereali, anche per una questione demografica nella penisola, cinque utili
anche all'annona.
Ci sono diversi lavori pubblici a Roma: l'Arco di Tito, il Colosseo inaugurato completato
sotto il suo impero, inoltre fa costruire il circo di Piazza Navona.
Domiziano in campo militare
In ambito bellico è impegnato nel limes Renano, dall'83 all'85 Domiziano va a combattere
contro i Catti e riesce anche a fare una prima riorganizzazione delle frontiere, annette l'area
dell'agri decumates, l'annessione è graduale in quanto doveva prima difendere l'area
retrostante. Il problema di Domiziano è quello di affrontare la pressione sulle provincie
orientali da parte dei daci, che sfondano il limes ed invadono l'attuale Serbia, con Domiziano
che combatte contro Decebalo, re dacico, che diventa re cliente di Roma, con Roma che
però gli paga un tributo. Lungo l'asse danubiano, Domiziano deduce due province:
Germania Inferiore e Superiore. In Britannia, grazie ad Agricola, Roma avanza verso Nord.
La congiura dei senatori e cristiani del 96, la fine della dinastia Flavia
Nel 96 d.C. Domiziano muore in questa grande congiura, dove era invischiata anche la
moglie di Domiziano, termina così la dinastia Flavia.
La successione alla dinastia Flavia, la salita al potere di Nerva e Traiano
I senatori scelgono come successori di Domiziano, l'anzianissimo Nerva, il quale senza
figli maschi, sembra essere un ponte per adottare un suo successore, nei due anni di regno
attua alcuna provvedimenti pro-senato.
Nerva abroga il fiscus iudaicus e soprattutto elimina i contributi per il cursus pubblicus da
parte dei proprietari terrieri italici.
Nerva provvede alla successione, adottando Marco Ulpio Traiano, senatore spagnolo che
era legato in Germania Superiore.
Traiano, l'optimus princeps
Traiano, imperatore dal 98 d.C., è il primo non italico. Ovviamente Traiano completa
l'integrazione delle provincie dell'impero iniziata dai Flavi. Fino al 99 resta sul confine
danubiano, apportando diverse fortificazioni, non essendoci contrasti a Roma poteva
tranquillamente occuparsene. Torna poi a Roma, ripartendo subito dopo verso la Dacia,
tuttavia nel 100 d.C. Plinio il Giovane scrive il panegirico a Traiano dove lo si definisce
"optimus princeps".
Le guerre Daciche
In Dacia, Traiano decide di dar via alle campagne daciche, la
prima (101-102) è scarna di fonti, l'unica testiminianza è la
colonna traiana, Traiano vince la guerra con Decebalo che resta
sul trono ma con l'obbligo di avere una guarnigione romana di
stanza a Sarmizegetusa.
Sulle orme di Cesare, Traiano fa costruire un ponte sul Danubio,
con Cassio Dione che ne desrive le rovine mastodontiche, il ponte
sul Danubio è costrutito da Apollodoro di Damasco, grande
architetto dlle opere Traiane, la prima camagna non sortisce gli
effetti soerati, con Decebalo che rifiuta le condizioni. La seconda
campagna (105-106) vide la totale vittoria di Roma, con Decebalo
che si suicida e la sua testa esposta su una picca.

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La Dacia diviene provincia e Sarmizagetusa diviene colina con nome di Colonia Ulpia
Traiana Augusta.
La Dacia sembrava un territorio difficile da gestire, essendo fuori dai grandi confini naturali
dell'impero (Reno e Danubio). Alla base delle ragioni di Traiano potrebbe esserci una
ragione economica, in conseguenza di questa campagna l'afflusso a Roma di schiavi e
metalli preziosi sarebbe stato altissimo.
Le opere di Traiano:
Ci fu una nuova monetazione
e viene eretto a Roma il foro
di Traiano, l'ultimo foro eretto
nell'Urbe.
Ma l'opera più importante
riguarda la definitiva
costruzione del porto di Roma,
ricalcando e correggendo il
progetto attuato da Claudio, a
portus Traiano fa costruire
un bacino esagonale che
sovviene ai frequenti
insabbiamenti.
La bonifica di Portus fa decadere Puteoli.
Altra opera pubblica interessante di epoca traiana è l'omonima via, un tratto che da
Beneventum arriva a Brindisi
che però abbrevia i tempi di
percorrenza della via Appia.
Quindi si cerca di valorizzare
diversi siti dell'entroterra
campano-lucano-pugliese.

I provvedimenti di Traiano
Post guerre daciche, Traiano attua gli "alimenta": sceglie delle comunità italiche, all'interno
di esse individua un numero di giovani di bassissima estrazione, che vengono aiutati tramite
sussidi, questo contributo viene erogato imponendo ai proprietari terreni più ricchi, impone
un prestito da ripagare con un interesse annuo del 5%, questo interesse serve poi per
versare gli alimenta. Questo provvedimento serve anche a favorire le popolazioni che
prediligono la produzione frumentaria, sempre legato questo aspetto alle provvigioni annuali.
L'attenzione di Traiano mirava sempre all'Italia, a rafforzare ciò è l'imposizione a chi volesse
entrare in senato, di investire almeno 1/3 delle proprie risorse, acquistando terre in Italia.

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I successi di Traiano
Sotto Traiano l'impero raggiunge la sua
massima espansione, oltre la Dacia, Traiano
lavora intensamente in Oriente, deducendo
l'Arabia provincia, utile per i carovanieri.
L'Arabia annette la provincia tramite Cornelio,
governatore di Siria, che sottomette queste
aree.
Storia diversa per l'aree partiche dal 113 al
116, dove Traiano in parte diverse campagne,
sempre scarne di fonti, riprendendo i piani di
Crasso ed Antonio. Traiano arriva in oriente
iniziando a provincializzare l'Armenia, continua
poi arrivando ad espugnare Ctesifonte,
capitale dei parti, annettendo anche
Mesopotamia ed Assiria. le due provincie sono insostenibili, infatti già prima del 117 d.C. la
Mesopotamia è lasciata ad un re cliente.
Gli ultimi anni di Traiano
Traiano deve affrontare le rivolte giudaiche a Cipro e Cirene, con Traiano che torna in Italia
in procinto di consegnare i suoi poteri al suo successore Adriano, proposto da Plotina,
moglie di Traiano. Nel 117d.C. tuttavia Traiano, vecchio e malato, muore in Cilicia.
A succedergli sarà proprio Adriano.
Il giudizio su Traiano
Traiano lascia una fortissima traccia postuma, addirittura i senatori dal IV secolo i senatori
auguravano ai nuovi imperatori di essere più fortunati di Augusto e migliore di Traiano.
L'urna cineraria di Traiano si trovava nell'arco di Traiano, sottratta dai Vandali nel 410
durante il sacco di Alarico.

LEZIONE 25 – 06/12/21

Adriano, l'inizio dell'età Antonina


Già console suffecto nel 118, Elio Adriano è anche governatore di Siri. La sua nomina ad
Imperatore non è un caso, inoltre suo padre e Traiano erano cugini. Il suo regno si apre con
una crisi, quattro senatori di ex consolari sono messi a morte per tentata congiura, in quanto
la sua politica estera era molto più parsimoniosa del suo padre adottivo. La condanna mette
in cattiva luce Adriano agli occhi dei senatori, in campo militare Adriano segna rivolte in
Britannia ed area danubiana, nel corso del suo regno non ci sono più guerre significative.
Dopo due o tre anni a Roma, Adriano viaggia
per l'impero, tra il 121 ed il 126 d.C. vaga per
la parte occidentale dell'impero: in Gallia e
Germania sistema il Limes, mentre in Britannia
fa erigere il vallo di Adriano ed infine il
fossatum africae in Numidia.
Adriano poi trascorre lungo tempo nell'area
greca, da forte filo-elleno, infatti prima di
essere princeps, si fa nominare arconte di
Atene. Ritornato a Roma per un breve periodo,
torna di nuovo a vagare per le provincie
orientali. Nel 129 muore il suo amante Antinio, con Adriano che era sposato con una nipote

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di Traiano, Livia Sabina. Secondo una fonte del de Historia Augusta c'è una notizia sul
rapporto Adriano-Antinio: con Adriano che alla sua morte "muiebriter flevit", pianse come
una femminuccia.
Le rivolte giudaiche
Nel 128 d.C. Adriano si trova in Palestina deducendo una colonia di Helia Capitolina presso
Gerusalemme per sostituire il tempio di Salomone con quello di Giove capitolino, inoltre
Adriano bandisce la pratica del circo incisione. C'è una rivolta dal 132 al 135 con Simone
figlio della stella che soccombe contro Adriano, il bilancio è di centinaia di villaggi distrutti e
circa mezzo milioni di morti, con gli ebrei che non possono più accedere a Gerusalemme.
I viaggi di Adriano, le ragioni alla base
Le esigenze dei viaggi di Adriano sono di carattere amministrativo, ma anche di carattere
anche "turistico", in quanto Adriano è un uomo di gran cultura, che cerca di studiare i fattori
più interessanti nei luoghi dell'impero, ad esempio sale sull'Etna.
Adriano è il primo imperatore a farsi crescere la barba, a dimostrazione della sua filo-
ellenisticità.
Il periodo degli Antonini, un'era di pace
Senza guerre da combattere, ci si concentra sull'edilizia delle provincie, con la creazione di
importanti infrastrutture nell'impero. Nella sola Roma vengono eretti ad esempio il Pantheon,
il mausoleo di Adriano e Villa Adriana a Tivoli.
Adriano adotta delle misure di carattere economico, Augusto istituì il consiglio de "amicii
principis" il quale era un concilio privato, Adriano lo ufficializza col nome di "concilium
principis" che approva leggi col nome di costitutionem. Nel 133 emana insieme a Salvio
Giuliano l'editto perpetuo, con un governatore che può emanare le disposizioni per il
suonano di carica che avrebbero fatti giurisprudenza anche negli anni successivi, facendo
vincolare dunque delle leggi retroattive.
Adriano standardizza ancor di più la carriera equestre, le carriere assumono delle paghe
specifiche ed una titolatura ufficial, i cavalieri divengono dei "vir egregius" oppure se il livello
raggiunto è alta si usa il "vir perfectissimus", invece l'epiteto dei senatori è "clarissimi".
L'amministrazione giuridica in Italia viene in sostituzione del prefectus urbi, amministrando
quindi giuridicamente la penisola quattro personaggi di ambito consolare.
Inoltre viene editta la lex hadriana de rudibus agris, che tenta di migliorare le condizioni ei
contadini più poveri i quali potessero coltivare i latifondi imperiali incolti, questo diritto di
sfruttamento potrebbe divenire perpetuo ed ereditario. Questi latifondi sono vitali per
l'approviggionamento dell'Urbe e quindi il sostentamento anche delle frumentazioni.
Dello stesso tenore è la lex metallii vipascensis, la quale prevede che lo sfruttamento delle
miniere viene concesso ai privati, le miniere sono di proprietà del princeps.
La successione di Adriano
Ultimo nodo è quello della successione di Adriano, il quale si ammala gravemente nel 135,
ma riesce a salvarsi, lavorando sulla sua successione. Non avendo rapporti con la consorte,
non aveva figli maschi, con Livia che muore in questi anni forse proprio per mano di
Adriano.
Nel 136 d.C. pensa di pacificarsi col senato, prendendo il genero di uno dei quattro consolari
condannati a morte ad inizio regno, Elio Cesare nominandolo successore. Elio muore nel
138 d.C., dunque sceglie come suo successore un senatore anziano che è Antonino Pio.
Antonino Pio è sposato con Faustina maggiore, ma Adriano impone ad Antonino di adottare

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il figlio di Elio Cesare (Lucio Ceionio Commodo) e contemporaneamente deve adottare il
nipote di sua moglie che era Marco Aurelio. Marco Aurelio inoltre doveva sposare la figlia di
Antonino Pio e Faustina.
Attraverso questa adozione Marco Aurelio riceveva imperio proconsulare e tribunicia
potestas. Tuttavia, Adriano muore nel 138, succeduto da Antonino Pio.
Antonino Pio
Nato a Lanuvio da una famiglia di origine gallica, è un imperatore di estrazione senatoria,
come primo atto di governo convince i senatori a divinizzare Adriano, guadagnandosi forse
l'epiteto di Pius. Le personalità di Antonino ed Adriano erano totalmente differenti, con
Antonino che preferiva restare a Roma o a Lanuvium.
Il suo regno è molto tranquillo, la spesa pubblica è moderata. Antonino, tuttavia, abolisce i
quattro consolati giuridici all'Italia, in politica estera ci sono diverse rivolte, tutte sedate. da
ricordare di Antonino Pio è l'avanzamento a Nord del Vallo di Adriano (vallo di Antonino).
Gli antichi considerano il regno di Antonino come massimo splendore dell’Impero Romano.
Secondo Elio Aristide, il punto di vista delle élite orientali e grecofone, i toni sono
encomiastici, con le élite che aderiscono all'operato di Antonino.
Nel 161 d.C. muore Antonino e gli succede Marco Aurelio, che lo fa divinizzare.
Marco Aurelio, la crisi dell'impero
Salito al potere, Marco Aurelio condivide il potere con Lucio Commodo, Marco Aurelio
rinuncia al cognomen di Vero, affidandolo a Lucio Commodo, che diviene Lucio Vero.
Si tratta di doppio principato, i due personaggi sono quasi agli antipodi, secondo Cassio
Dione l'associazione al potere con Lucio Vero è dettato dalla complementarità delle due
figure: Lucio vero è un generale abile, Marco Aurelio è un intellettuale nonché autore dei
"Pensieri".
Il problema ricorrente di Roma è sempre lo stesso: i parti. Con Vologese IV che invade Siria
ed Armenia, con Lucio vero che respinge l'offensiva partica festeggiando il primo trionfo nel
166, cinquant'anni dopo Traiano.
Il ritorno di Lucio porta a Roma un'epidemia nota come "peste Antonina" (forse il vaiolo), che
avrebbe stroncato la demografia dell'impero, portando ad una delle possibili cause della sua
dissoluzione.
Per terminare le campagne in Oriente, viene sguarnito il Limes danubiano, con Quadi e
Marcomanni che invadono le provincie Orientali, con Marco Aurelio costretto a scendere in
campo. Nel 169 muore improvvisamente Lucio Vero, così fino al 180 Marco Aurelio è
costretto a combattere, con Marco Aurelio che cerca di attaccare anziché difendere.
Tuttavia, capita che le popolazioni germaniche valicano le alpi, venendo sconfitte ad
Aquileia. Addirittura, ci sono dei barbari che riescono ad occupare Atene, con Avidio Cassio,
governatore di Siria riesce a ribellarsi a Marco Aurelio e ad ottenere l'adesione delle
provincie orientali nell'acclamazione ad imperatore. Marco Aurelio muore a Vindobona nel
180 di peste, mentre sta decidendo a provincializzare le aree dei Quadi e dei Marcomanni.
A succedergli, al contrario dei suoi predecessori, è suo figlio Commodo.
Commodo, l'imperatore fallimentare
Più che un abile politico o militare, Commodo è focalizzato sull'atletica e sull'arte gladiatoria.
Infatti, mentre il padre muore sul limes danubiano, lui stipula una pace coi nemici e torna a
Roma. Commodo poi si fa indentificare in Ercole e cerca di cambiare il nome di Roma in
Colonia Commodiana. In questa situazione i senatori sono ai ferri corti con Commodo,

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conseguenzialmente arrivano le congiure, sistematicamente represse in sangue e
confische.
In questo tipo di situazione Commodo si appoggia all'esercito ed ale classi poplari delle
provincie; tuttavia, il 31 dicembre 192 una congiura condotta dai senatori e la concubina
Marcia, porta alla sua eliminazione per mano di Narcisso, maestro gladiatorio.
Gli scompigli del 193 d.C.
Nel 193 d.C. la situazione sembra similare all'anno dei quattro imperatori, vengono
acclamati altri imperatori tra Roma e le provincie, salendo a cinque. A prevalere sarà
Settimio Severo, che è il primo imperatore romano di origini africane.

LEZIONE 26 – 07/12/21

La successione di Commodo ed il problema della successione


Dopo la morte di Commodo, la successione viene affidata ad Elvio Pertinace,
probabilmente parte della congiura, che aveva il consenso di senato e pretoriani, dopo tre
mesi al potere muore.
In questi tre mesi tenta una serie di misure economiche, come la concessione ai coltivatori
dei terreni incolti dell'esenzione decennale dal tributo.
Tuttavia, i Pretoriani lo fanno fuori in una congiura dopo tre mesi. Ciò significava che il
potere imperiale dipendeva molto dal consenso pretoriano e dell'esercito.

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Siamo ad uno dei punti più bassi dell'impero, con lo stesso messo all'asta, coi pretoriani che
si offrono al miglior offerente, ad avere la meglio c'è il senatore milanese Didio Giuliano,
senatore molto anziano acclamato dai pretoriani ed accolto dal senato; tuttavia, i legionari
non erano stati tenuti in conto.
Le acclamazioni legionarie
Come nel 68 d.C., anche qui le legioni acclamano i loro comandanti come imperatori, oltre
Pertinace e Didio Giuliano, altre tre legioni acclamano degli imperatori: Settimio Severo,
governatore della Pannonia superior; gli altri due acclamati sono Pescennio Nigro in Siria ed
il governatore di Britannia Clodio Albinio.

Settimio Severo, l'inizio della sua dinastia


Didio Giuliano viene anch'esso eliminato dai pretoriani, con Settimio Severo che arriva a
Roma nel giugno 193, come primo atto scioglie la guardia pretoriana scegliendone uomini di
sua fiducia. Giustifica la sua salita al potere adottandosi da Pertinace, risolvendo la
situazione a Roma, si reca oi in Oriente dove regola Pescennio Nigro nel 194 d.C. facendolo
giustiziare.
Nel 196 d.C., prima del ritorno in Europa punta ad impossessarsi del patrimonio degli
antonini, auto adottandosi nella loro famiglia, asserendo che suo figlio Caracalla debba
adottare il nome di Marco Aurelio Antonino, divenendo dunque fratello acquisito di
Commodo ed assumendo il titolo di Cesare. Nel 197 d.C fa fuori anche Clodio Albinio a
Lugnudum e dunque diviene l'unico detentore del potere. Resta per un po' a Roma,
successivamente riscende in guerra contro i parti, rei di parteggiare con Pescennio Nigro.
Settimio severe sconfigge Vologese V e conquista Ctesifonte per la seconda volta dopo
Traiano, annettendo di nuovo la Mesopotamia e l'Osdroene nel 199. Settimio rimane fino al
201 d.C. in Siria, proponendo misure amministrative che organizzano l'Egitto: con Severo
che istituisce dei consigli urbani nelle città egiziane. Severo sposa una donna siriaca dal
nome Giulia Domna Nel 202 d.C. festeggia i decennalia e nel 203 d.C. si reca nella sua città
natale Leptis Magna, l'odierna Tripoli. Leptis era una città carovaniera dell'Africa
Proconsulare, visitando la sua città natale, associa al potere suo figlio Caracalla e passa il
titolo di Cesare a suo figlio Geta.

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Negli ultimi anni di regno, fino al 211 d.C.severo si reca in Britannia, in quanto le popolazioni
locali dopo la partenza di Clodio iniziano a far la voce grossa. Severo, grande militare,
decide di metter fine alla questione britannica, ma muore nel 211 d.C. ad Eburacum (poi
Jorvik).
Il rapporto tra senato e principe
In questo momento il potere del senato è di nuovo ridimensionato, il potere di Settimio
Severe si regge sul consenso assolutamente militare. Da una parte il senato ha un ruolo
sempre più inferiore, dall'altra vediamo dei provvedimenti sempre più ad appannaggio dei
militari.
Ad esempio, Severo nomina governatori per la nuova provincia mesopotamica degli uomini
di estrazione equestre (sovvertendo l'ordinamento augusteo), inoltre le tre legioni partiche
reclutate per la guerra a Vologese V hanno dei comandanti equestri. Da qui i governatori ed
i legati rompono i legami col solo senato.
Per la prima volta dai tempi di Silla, con un provvedimento assolutamente inedito, Severo
rompe la consuetudine delle legioni in arme nella penisola italica, prendendo una legione
partica e stanziandola ad Albano, per cautelarsi da senato e plebe urbana.
Severo porta la paga dei legionari a 500 denari annui, ma di lì a poco ci sarà una
svalutazione della moneta.
Di norma, chi intraprende la carriera militare è costretto a mantenere il celibato (questioni di
ereditarietà diretta), di fatti i figli illegittimi non godono di diritti, ma Severo abolisce anche
questo vincolo, coi figli che ricevono la cittadinanza romana, così facendo Severo aveva un
forte incremento generazionale di nuovi soldati.
Altra preoccupazione riguardante l'approvviggionamento dell'esercito è l'introduzione
dell'annona militaris, una requisizione in natura (grano, frumento ecc.) aggiunta ai tributes
solii e capites, che colpisce anche l'Italia, la penisola, sempre immune all'imposte, cade
sotto il giogo fiscale di Severo. Consequenzialmente cadono anche le trattenute militari per il
vitto.
La politica economica di Settimio Severo
In economia le proprietà imperiali acquisiscono un ruolo cruciale per l'approviggionamento
dell'Urbe, con Severo che introduce un beneficio ulteriore per chi abitasse a Roma: oltre alle
frumentazioni gratuite, aggiunge anche l'olio (ricavato dalla Betica).
Inoltre, i collegia, associazioni che garantiscono gli approviggionamenti, divengono
organismi soggetti all'obbligo dell'ereditarietà (es. collegia dei macellai>anche i tuoi eredi
divengono maxcellai), ciò porta ad una limitazione delle libertà personali, che avrà
ripercussioni nel tardo-antico.
Tuttavia, la politica monetaria porta alla luce un sacco di problemi, prima cosa il denario
viene svalutato, col fino aumentato al 50%. Il pensiero cardine di Severo è quello di
abbonare il consenso dei soldati
Caracalla, la successione di Settimio
Caracalla ritornato a Roma, fa eliminare suo fratello Geta tra le braccia di juia Doman.
Caracalla è una persona senza scrupoli, oltre a Geta perde la vita anche Papiniano, noto
giurista. Caracalla sarà al potere tra il 212 ed i 217 d.C, Caracalla è un cognomen derivato
dall'omonimo mantello germanico che amava portare. Caracalla sale al potere a 22 anni,
personaggio megalomane e spietato, vorrebbe emulare le gesta di Alessandro Magno.
Caracalla intende emulare i successi militari del padre, ma sul campo militare non è
all'altezza. Ad esempio, per fronteggiare gli alamanni in Retia, compra la pace pagando un
tributo. Successivamente nel 214 d.C. intraprende una nuova campagna contro i Parti,

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approfittando dei contrasti tra Vologese V ed Artabano V. Caracalla, quindi, pensa di
sposare la figlia di Artabano, ma questi rifiuta inesorabilmente l'offerta e scende in guerra.
Battuto Vologese da Artabano, Caracalla invade la Partia nel 215 d.C., con le operazioni
che vanno bene, ma arrivati al momento decisivo della spedizione, il prefetto al pretorio
Macrino ordisce una congiura eliminando Caracalla a Carre.
I provvedimenti di Caracalla
Caracalla introduce una nuova moneta argentea, postulamente denominata "antoniniano",
non ci è però pervenuto il suo valore nominale, ma solo il suo peso. Non si è scoperta la
base che ha portato alla creazione di questo conio. Tale conio resterà in circolazione fino al
regno di Diocleziano; dunque, sarà il conio dell'anarchia militare (235-284).
Inoltre, Caracalla emette la Constitutio Antoniniana de civitate, nel 212 d.C. Caracalla
allarga a tutti gli abitanti dell'impero la cittadinanza romana con l'unica eccezione dei
"dediticii" i quali sarebbero state popolazioni residenti in aree marginali dell'impero non
romanizzate abbastanza.
Cassio Dione motiva la scelta di Caracalla dei suoi provvedimenti, adducendogli un
aumento del gettito fiscale.
La questione della cittadinanza romana anche è andata svalutata nei secoli, ai tempi di
Caracalla non garantisce più i diritti ancestrali, perchè a fare la differenza è lo strato sociale
di appartenenza.
Le classi più alte erano dette honestiores (senatori, cavalieri e legati d'alta classe), tutti gli
altri sono detti "humiliores".
Tuttavia, vanno a variare i vari status cittadini delle comunità imperiali coi propri statuti,
mentre invece nell'esercito vanno ad azzerarsi le differenze tra legio ed auxilia, i quali
vengono uniformati.
Lo studio moderno invece da valore ai provvedimenti di Caracalla, sancendo il successo di
Roma per mano della sua forte caratteristica di integrazione.
Macrino, l'equites imperatore
Opellio Macrino, africano come Settimio Severo, di origini molto umili, realizza il sogno di
Seiano, con un cavaliere che diviene imperatore. Macrino si mette subito in cattiva luce ali
occhi del senato, stipulandi una pace con la Partia, pagando un tributo. Si inimica così
anche l'esercito. Appaiono così le donne della dinastia severiana.
Le donne della dinastia severiana, potere e sangue
la cognata di Julia Domna, Julia Mesa, alla stipula della pace di Macrino, presenta alla
legione siriaca suo nipote Elagabalo, figlio di una sua figlia Soemia, Mamea l'altra figlia è la
madre di Severo Alessandro.
Julia Mesa, dunque, propone di acclamare Elagabalo, di soli quindici anni, sacerdote del
culto solare di Ba'al. Le truppe accettano di buon grado, da qui in poi le donne severiane
saranno determinanti nella vita politica romana. Le donne severiane adducono che sia
Elagabalo che Alessandro siano in realtà i bastardi di Caracalla.
Elagabalo, un imperatore dissoluto
Elagabalo, persona spregiudicata, sposa una vestale, sfidando apertamente le tradizioni
romane.
Julia Mesa quindi gli fa associare al potere suo cugino Alessandro. Julia mesa fa poi
uccidere Elagabalo e sua madre Soemia, gettandoli nel Tevere nel 224 d.C.

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Alessandro, l'inizio dell'anarchia militare
Succeduto al cugino, Alessandro (in realtà più la madre e la nonna) tenta di rimediare agli
errori di Elsgabalo, in ambito religioso decreta la fine del culto di Ba'al, divenendo tollerante
nei confronti delle religioni, ma restaurando le istituzioni religiose romane. Collabora col
giurista Ulpiano.
Tuttavia, Alessandro deve affrontare il problema in Partia. Nel 224 d.C. la dinastia regnante
in Partia, viene soppiantata dalla dinastia Sasanide, con Artaserse I. I sasanidi erano molto
più aggressivi dei parti. Artaserse si fa acclamare re dei re, con la possibilità di fondare un
impero sull’enorme degli Achemeridi.
Negli anni tra il 230 ed il 232 d.C. i sasanidi attaccano le provincie orientali dell'impero, con i
romani che compiono errori militari gravi, il problema aumenta anche in Germania. Le truppe
quindi congiurano contro Alessandre, nel 235 d.C. vengono uccisi e gettati nel Reno la
congiura viene ordita da Massimino il Trace: ha inizio l'anarchia militare.

LEZIONE 27 – 13/12/21

L'anarchia militare (235-284)


Questo è un periodo caratterizzato dal predominio e l0influenza che esercitano i soldati. Le
fonti hanno una lacuna su alcuni periodi fino al 259, ma ciò non impedisce di capirne alcune
caratteristiche i regni sono brevi per circa una ventina di imperatori, più una cinquantina di
usurpatori diversi. L'impero è caratterizzato da difficoltà economiche e monetarie, oltre alla
pressine sui confini, rischiando la sua caduta anzitempo. I più importanti di questi imperatori
si caratterizzano per diversi provvedimenti significativi.
Massimino il Trace, un'imperatore "barbaro"
Nel 235 i soldati acclamano imperatore Massimino il Trace, che quindi diviene il primo
imperatore autenticamente militare e non prefetto, generale o console. Infatti, era
semplicemente un addestratore delle reclute.
Massimino viene scelto forse per la sua straordinaria forza fisica e per le sue capacità
militari. Massimino nasce da un goto ed un'alana, un imperatore del genere al senato è
assolutamente malvisto. Sui confini massimino riesce a contrastare le pressioni di Germani,
inoltre Massimino è l'unico imperatore a non mettere piede a Roma. Infatti, l'impegno sui
confini è altissimo, dunque cerca di ingraziarsi i senatori con una politica religiosa
sfavorevole al cristianesimo, poi dal punto di vista simbolico è costretto a dei provvedimenti
contro il senato, facendo mettere una statua in sento che lo raffigiura, quasi a monito. Altro
danno l’aumento della pressione fiscale che viene scaricato sui grandi proprietari terrieri,
Massimino cade nel 238, per via della situazione africana.
La proclamazione dei Gordiani e la fine di Massimino
L'Africa, granaio dell'impero, ingaggia un esercito mercenario, acclamando imperatore il
proconsole Gordiano, che associa al potere suo figlio Gordiano II. Il senato riconosce i due
Gordiani organizzando un comitatus di 20 membri in difsa dell'Italia in vista dell'arrivo di
Massimino. I due Gordino vengono però sconfitti dal governatore della Numidia, col senato
ch nomina altri due Augusti: Pupieno e Balbino, come Cesare viene nominato Gordiano III.
Massimino assedia Aquileia, ma l'esercito lo elimina, esasperato dagli scarsi
approvvigionamenti.
Stessa situazione accade con Pupieno e Balbino, eliminati dai pretoriani, dunque rimane
l'unico Cesare, ovvero Gordiano III, coi pretoriani che lo acclamano imperatore nel 238.

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Gordiano III (238-244)
Gordiano III ha solo tredici anni, dunque un vero e proprio imperatore fantoccio veicolato dal
prefetto a l pretorio Timesite, con Gordiano che ne sposa la figlia.
Primo problema da affrontare è la questione sasnide, con politica aggressività si Sapur I,
che punta ad Antiochia, con Tmesiteo che si reca in oriente ed ottiene grandi risultati,
morendo improvvisamente. Subentra come prefetto al pretorio Filippo, detto l'Arabo, che
diviene imperatore dopo una congiura contro Gordiano nel 244.
Filippo l'Arabo, l'imperatore "cristiano"
Secondo Procopio di Cesarea, Filippo sarebbe stato simpatizzante se non credente
cristiano. Nel 244 deve poi affrontare i Quadi e i Carpii. Nel 248, al millenario della nascita di
Roma, per ingraziarsi i senatori, indice i ludes seculares, giochi sfarzosissimi. Tuttavia, i
problemi alle fronieri non sono risolti, coi Goti che invadono la Mesia, con Filippo che prova
a porre rimedio mandando il prefectus urbi Traiano Quinto Messo Decio (il futuro imperatore
Decio), personaggio di rango senatorio, diorigine pannonica e stretto collaboratore di
Filippo. Vincendo delle battaglie in Mesia ed i suoi soldati lo acclamano imperatore. Torna in
Italia per disputarsi il potere con Filippo, sconfiggendo a Verona nel 249.
Decio, l'imperatore anticristiano
La prima mossa di Decio è la prima grande persecuzione ai cristiani, fino a quel momento i
cotrati sono stati sempre di carattere locale, limitati a determinate comunità. Decio invece
emana un editto col quale ordina a tutti i cittadini dell'impero di sacrificare agli dèi e
all'imperatore, in cambio si riceve il "libellus", un certificato che testimonia l'avvenuto
sacrificio. Il testo dell'editto ci è sconosciuto, ma è indubbio che il provvedimento vada
contro i cristiani. Grazie agli scritti di Cipriano di Cartagine, nel De lapsis, si pone il problema
dei cristiani che hanno deciso di seguire l'editto di Decio per riammetterli o meno nella
comunità cristiana.
Decio, insieme al figlio associato al potere, è il primo imperatore romano a morire in
battaglia combattendo contro i Goti nella battaglia di Abritto nel 251.
Tanti imperatori effimeri, l'entrata in scena di Valeriano e Gallieno
Tra il 251 ed il 253 vengono acclamati diversi imperatori, dove nel 253 emerge l'anziano
senatore italico Licino Valeriano. Giò collaboratore di Decio, viene appoggiato dalle truppe di
Rezia, associa al potere suo figlio Gallieno (253-268). L’associazione con Gallieno segna la
prima spaccatura dell'Impero, con Valeriano che amministra l'oOriente e Galieno
l'Occidente. Valeriano emana due editti anticristiani tra il 257 ed il 258, che a differenza di
quelli deciani, contrasta direttamente l'istituzione ecclesiastica per impossessarsi quindi dei
beni della stessa, partono quindi confische, norme restrittive ed isolamenti sociali. La cosa
che lo caratterizza maggiormente è la politica contro Sapur I che conquista Antiochia ed
invade la Siria, la Cilicia e la Cappadocia. Valeriano quindi si reca in verso Antiochia, con
Valeriano che viene catturato da Sapur che presso Persepoli fa erigere la res gestae divii
Saporis, un'iscrizione con un bassorilievo dove Sapur sottomette Valeriano. Valeriano poi
muore prigioniero dei nemici, vista l'impossibilità di gallieno di vendicare il padre, viste le
varie usurpazioni locali che affliggono l'impero.
L'età dei Trenta tiranni
nel 253 ci sono varie acclamazioni locali nelle vaie aree dell'impero, ma parallelamente si
forma due entità separatiste dall'impero: il regno di Palmira, che più di una secessione, è
una necessità per difendersi dai sasanidi, con la guida di Odenato che assume il titolo di
Corrector totius orientis. Alla sua morte Odenato assegnai l potere al figlio Avaballato ed alla
sua vedova Zenobia. Mentre in occidente secede anche lo stato autonomo in Gallia, dove
secede l'Imperio galliarum con a capo il generale Postumo, con Gallieno costretto a

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riconoscere queste entità, intanto i germani vaicano le alpi con Gallieno che nel 258 li vince
a Mediolanum.
I provvedimenti di Gallieno
Diversi sono i provedimenti di Gallieno, a partire da una politica pi tollerante verso i cristiani,
ma sopratutto spezza il legame tra senato ed amministrazione delle provincie e comandanti
militari, sostituendo governatori di rango senatorio con governatori di rango equestre, così
anche nelle legioni. Inoltre, riforma anche il sistema difensivo, in quanto il limes è divenuto
ormai obsoleto, con Gallieno che istituisce le vexillationes ovvero corpo speciali di fanteria,
insieme ai catafractarii (fanteria pesante) divisioni legionarie inserite all'interno dell'impero
stesso. Ciò che si verifica però è una delle più gravi crisi monetarie dell'impero, ciò lo si
evince dalle analisi condotte sulle monete per controllare la presenza del fino, ad esempio
l’Antonino contiene solo il 2 o 3% di fino, dunque quasi di rame. Inoltre, il sostentamento
dell'annona da parte delle élite cittadine è sempre più pesante, così come la situazione dei
contadini che sono ormai vincolati alla terra stessa (come accadrà con le corvees). Gallieno
viene ucciso poi nel 268 a Milano, dopo una congiura.
Claudio II il gotico e Quintillio, gli imperatori illirici
I congiuratimettono al comando il generale dacico Aureolo, che però viene sconfitto ed
eliminato da Claudio II, acclamato ed al regno dal 268 al 270. Primo illirico, passa lunghi
periodi lungo il limes gotico, morendo a Sirmium. La crisi monetaria dura ancora, gli succede
suo fratello Quintillo nel 270, ma decide di suicidarsi quando apprende che le truppe
danubiane hanno acclamato uno dei congiurati di Gallieno, ovvero Aureliano
Aureliano, il primo risolutore della crisi del terzo secolo
Dal 270 al 275, Aureliano riesce a riunificare l'impero di nuovo, poi tenta di rifondare il suo
potere facendo ricorso alla teologia solare. Inoltre, Aureliano devo impegnsi molto in campo
militare, in quanto la stessa italia è minacciata dai germani, fatta specie dai Vandali, sconfitti
da Aureliano nel 270, anche la stessa Roma corre rischi immani, dunque Aureliano fa
erigere delle imnenti mura alla città, le cosidette mura aureliane, per la costruzione impone
coattamente di lavorare ai membri dei collegia, pratica che poi proseguirà per il tardo-antico.
nel 274 sconfigge il Regno di Palmira e l'imperio galliarum portando il trionfo Tetrico e
Zenobia.
Oltre l'aspetto militare, Aurelisno agisce in campo fiscale, introducendo una nuova moneta,
che non risolve per nulla l'inflazione e la decuplicazione dei prezzi. Oltre le mura, per i
romani inurbati vengono elargiti altri privilegi, fornendo direttamente del pane
quotidianamente, oltre a ricevere razioni di carne di maiale e vino a prezzo politico. Le
distribuzioni hanno luogo nel nuovo tempo del Sole Invictus, in pratica sulle orme di
Elagabalo. Questo cultore molto diffuso all'interno dell'esercito.
La fine di Aureliano e la sanguinosa successione
Tuttavia anche Aureliano viene eliminato in una congiura presso Bisanzio, in quanto stava
organizzando una soedione contro i persiani, che dopo la distruzione di Palmira si erano
riorganizzati, ma dopo l'eliminazione di Aureliano viene acclamato l'anzianissimo senatore
italico Tacito, il quale malgrado l'età va a combattere i goti in Asia minor ed ucciso dai suoi
soldati, gi succede il prefetto al pretorio Floriano che però dopo tre mesi viene a sua volta
eliminato e gli succede il generale di Pannonia Probo, precedentemente acclamato dalle
sue truppe e regna dal 276 al 282. Probo, oltre a sedare le varie rivolte e secessioni, è
costretto a combattere lungo il limes danubiano e verso la fine del suo regno si muove verso
la Persia dopo la morte di Sapur I, ma viene eliminato a Sirmio nel 282, probabilmente a
causa dlla sua esagerata disciplina militare verso i suoi soldati. Dunque, nel 283 viene
acclamato il prefetto al pretorio Caro, che associa al potere i figli Carino e Numeriano ai

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quali vanno Occidente e Oriente rispettivamente, con caro che combatte in oriente con
Numeriano, riconquistano Ctesifonte, coi soldati che comunque eliminano Caro e
Numeriano, istigati dal prefetto al pretorio Apro (da aper, cinghiale). Nel 284 a Nicomedia
viene acclamato Diocleziano, originario della Dalmazia, ilquale era capo dei protectores di
Numeriano, Diocleziano prendi l potere dopo aver fatto eliminare anche Apro e Carino, con
l'anarchia militare che termina nel 284.
Se vi interessa gli imperatori del 253 sono Treboniano Gallo, Erennio Etrusco, Ostiliano ed
Emiliano

LEZIONE 28 – 14/12/21

Diocleziano, l'avvento alla tetrarchia


Nel 286 prima nomina cesare, poi augusto un suo collaboratre di nome Massimiano, che
invia a controllar l'Occidente dell'impero, ha via un regime diarchico con una divisione di
competenza per aree. Nel 293 tuttavia organizza un sistema di tetarchia con i due augusti
che a loro volta nominano due cesari, Diocleziano sceglie Galerio come cesare in oriente,
Galerio è un contadino nato a Serdica; invece, Massimiano sceglie Costanzo Cloro (padre di
Costantino) in occidente, Costanzo è un ufficiale già governatore provinciale di origine
illirica.
Il sistema tetrarchico mescola il sistema di successione dinastica ed adotiva, in quanto i
cesari devono sposare le figlie degli augusti. A mantenere la preminenza nella tetrarchia è
ovviamente Domiziano, che emana le direttive più importanti, delegando la realizzazione ai
responsabili delle singole aree imperiali, lo scopo è di ottenere un governo più agile e
presente sul territorio, specialmente contro le secessioni e le minaccie barbariche, dove
questo sistema funziona, in quanto contro i persiani nel 298 c'è la pace di Nisibi che
permette a Roma di ribadire il controllo sull'Armenia. Anche in Mesopotamia, Britannia ed
Egitto viene domata la situazione. Un'importante conseguenza della tetrarchia è la fine di
Roma come sede del potere unica; infatti, le città dove gli imperatori risiedono sono sempre
più vicine alle frontiere (Milano e Treviri in occidente, Nicomedia, Tessalonica e Serdica in
oriente).
La legittimazione religiosa del potere
Come Aureliano, Dioclesziano legittima il potere tramite la tradizione pagana, con
Diocleziano che assume il nome di Giovio e Massimiano quello di Herculeo, ciò vale anche
per i cesari. Inoltre, si adotta un cerimoniale di corte con connotati orientaleggianti con le
procedure della adoratio (inginocchiamento e bacio alla porprora dell'imperatore) e del
consistorium (restare in piedi per riverenza all'imperatore).
Le riforme di Diocleziano, esercito e fiscalità
Diocleziano per risolvere il problema post-anarchia militare, aumenta il numero degli effettivi
tra le fila militari Non essendo più utile il numero di volontari ed eredi, Diocleziano riporta in
auge la coscrizione obbligatoria, questo ricorso però funziona su basi differenti (in età
repubblicana doveva trascorrere diversi anni in guerra obbligatoriamente), in pratica c'è una
tassa che grava sui fondi agricoli obbligando i proprietari terrieri ad offrire come soldati una
parte di propri coloni, la trebitio tironum. L'aumento del numero di soldati porta anche a
problematiche sulle legioni, che vengono moltiplicate, ma con un numero di effettivi
ridimensionato. La grande novità legata all'esrcito naugurata da Diocleziano è la divisione
più netta tra i limitanei (soldati di frontiera) affiancati ai comitatenses (da cum ire), eserciti
mobili che accompagnano gli imperatori e che combattono effettivamente, ovviamente le
condizioni di servizio sono più gratificanti. l'aumento dei soldati fa ovviamente lievitare i
costi, l'aumento delle entrate è veicolato da una importante riforma della fiscalità.

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Uscendo dalla crisi del terzo secolo, non era facile garantire un gettito fiscle regolare, sia per
riscossione che per spese, i due tributi maggiori erano il tributum capites e il tributum soli, la
cosa che si era tentato di fare era la requisizione forzosa di beni; quindi, i tetrarchi pensano
di proporre una tassazione in natura, quindi lo scopo è quello di tentare di risolvere i
problemi di inflazione monetaria. Per questa riforma c'è bisogno di un censimento generale
della popolazione ed una visura catastale dei latifondi. La rifora è conosciuta come Iugatio
Capitatio, la riforma tiene molto presenti le faccend edell'impero, la riforma tiene presente lo
iugum ed il caput, il caput è un numero prefissato di contribuenti che devono pagare una
determinata tassa su una prefissata porzione di terra, coi contribuenti che già sanno quanto
devono pagare e con la possibilità da parte delle autorità centrali di modulre le entità di
iugum e caput, in merito alla qualita e quantità delle terre stesse. Coì si modula la pressione
fiscale e si può monitorare il fabbisogno dell’esercito; tuttavia, per far funzionare questo
sistema c'è bisogno di sviluppare un apparato amministrativo più opprimente dei precedenti,
prima del tardo-antico l'amministrazione imperiale delegava molto alle città queste funzioni,
coi tetrarchi si sviluppa molto un burocrazia centrale opprimente e capillare.
Il governo delle provincie e la fine dei privilegi dell'Italia
Dall'età augustea le provincie erano divise tra principe e popolo, coi tetrarchi scompaiono
totlalmente, con le singole provincie che vengono dimezzate nella loro entità territorile, con
le provincie che raddoppiano, con circa 100 province totali. Ad esempio, l'Egitto, da
provincia speciale, viene equiparato alle altre provincie, così come l'Italia, che da privilegiata
passa a provincia comune, ma che formalmnete viene divisa in regiones che però pagano la
tassa fondiaria come qualsiasi altra provincia.
Fino a quel momento i governatori delle province comandano le legioni ivi stanziate, ma
dalla tetrarchia c'è una divisione di poteri tra governatori provinciali e comandi degli eserciti
legionari. Nelle provincie ci sono dei governatori che prendono il nome di presides ed hanno
solo competenze amminstartive, mentre le legioni rispondono solo ai duces. Entrambe le
cariche sono quasi sempre appartenenti all'ordine equestre.
Il raddoppio del numero delle province porta anche ad una nuova circoscrizione
amministrativa: le diocesi.
le diocesi sono circoscrizioni amministrative più ampie dove vengono accoprate le province,
nell'impero ci sono 12 diocesi con un gruppo di province al suo interno. A capo delle diocesi
ci sono i vicari, funzionari che fanno le veci dei prefetti al pretorio, i quali sono ormai figure
con molte più competenze e controllano le attività dei governatori di provincia,
sovrintendendo alla riscossione fiscale. I prefetti al pretorio sono a capo di quattro prefetture
(Gallia, italia, Illirico ed Oriente). La divisione totale è: 4 prefetture, con 12 diocesi ed
all'interno determinate provincie.
La capillare divisione amministrativa porta al lievitatre dei costi di sostegno, ciò porta ad una
forte inflazione.
La lotta all'inflazione dei tetarchi
i tetrarchi lavorano ad una ristrutturazione radicale del sistema monetario, coi tetrarchi che
tentano di ripristinare un sistema trimetallico col denarius acome moneta portante. Coniano
quindi un denarius di 1/96 di libbra (sulle orme di Nerone). Coniano poi un aureo da 1/60 di
libbra ed infine coniano una moneta di rame argentato che vale 1/4 del denario, detta follis.
Al fianco di questi nuovi conii ci sono però le monete rislaenti all'anarchia militare che
assumono un valore intrinseco di fino che superano il valore effettivo del conio stesso. Il
mercato esplode alla scoperta del dislivello dei conii, dunque l'inflazione rischia di
aumentare, coi tetrarchi che provano ad attribuire ai nuovi conii un valore nominale inferiore
a quello che è il valore intrinseco, coniando dunque monete in perdita. Nel 301 si hanno due
provvedimenti: l'editto di Afrodisia, dove i tetrarchi decidono di tornare alla situazione
precedente aumentando il nominale delle monete, facendo riesplodere l'inflazione. L'altro

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editto è detto dei prezzi, che è un vero e proprio primo calmiere fiscale della storia, questo
editto dei prezzi forse è andato in vigore solo in oriente ad eccezione di un frammento
ritrovato in Abruzzo, tuttavia questo editto fissa i prezzi massimi per i manufatti, i salari ed i
costi delle tariffe di trasporto. tuttavia la responsabilità reale della situazione non viene
relamente attribuita, tant'è che i tetrarchi pensanoche sia colpa della cupidigia dei sudditi.
Questo editto è un primo tentativo di politica impositoria dei prezzi.
I tetrarchi ed il cristianesimo, tra persecuzioni e tolleranze
La politica religiosa è controversa, coi tetrarchi che si rifanno fortemente al paganesimo e
l'acrescente fama dei cristiani. Tuttavia per 20 anni sembra che la convivenza tra pagani e
cristiana sia pacifica, ma tra il 303 e 304 ci sono degli editti contro i cristiani che portano alla
grande persecuzione anti-cristiana, che nell'impero si sviluppa in amniera varia nelle singole
aree. Ad esempio in occidente la persecuzione termina già nel 306, mentre in oriente
termina nel 311 con l'editto di Galerio. Gli editti del 303 e 304 prevedono la distruzione delle
chiese, la traditio (consegna dei libri sacri), arresto di sacerdoti e vescovi, obbligo di
scarificare agli dèi. la valutazione più precisa di questi provvedimenti è problmatica per
carenza di dati significativi (numero di cristiano nell'impero e ragioni alla base delle
persecuzioni). le ipotesi avanzate si legano ai possibili problemi di insubordinazione
nell'esercito per via della pacificità del credo cristiano.
La successione ai tetrarchi e l'ascesa di Costantino
Problema assurdamente annoso in questa situazione è quello della successione.
Nel 305 scattano i 20 anni di potere di Diocleziano, con lui e Massimiano che abdicano e
quindi secondo il loro criterio i cesari divengono augusti con Galerio e Costanzo Cloro che
divengono Augusti in Oriente ed Occidente rispettivamente, i nuovi augusti devono
scegliersi dei Cesari con Costanzo che nomina Flavio Severo e Galerio che nomina
Massimino Daia.
Nel 306 muore improvvisamente Costanzo Cloro ed i soldati acclamano come imperatore
suo figlio Costantino, anziché far succedere Flavio Severo. Galerio ovviamente si oppone a
ciò per non ditruggere l'ordine della tetrarchia, d'altro canto a Roma il figlio di Massimiano,
Massenzio, escluso dalla successione, decide di farsi proclamare Augusto a Roma, col
beneplacito del padre. Galerio invia severo a Roma, che però viene ucciso.
Nel 308 c'è una riunione a Carnutum, dove vengono convocati anche Diocleziano e
Massimiano, sia arriva alla conclusione con la conferma di Galerio (Augusto) e Massimino
Daia (Cesrae) in Oriente, mentre in Occidente si affermano Costantino (Cesrae) e Licino
(Augusto), quest'ultimo è un commilitone di Galerio. Massenzio resta a Roma come
usurpatore. Dal 308 al 312 muoiono Massimiano e Diocleziano, nel 311 muore finanche
Galerio il quale emana l'editto di Serdica, col quale si riconosce la fine della persecuzione
anticristiana e la relativa sconfitta dei tetrarchi, che sancisce la vittoria dei cristiani, liberi di
professare il loro credo. Sulla scena restano dunque Costantino, Licino, Massimino Daia e
Massenzio: si prepara il terreno per l'ascesa di Costantino.

LEZIONE 29 – 15/12/21

La battaglia di Ponte Milvio e la caduta di Licinio, l'egemonia di Costantino


Nel 312 Costantino sconfigge Massenzio, forse già convertito al cristianemsimo, nel 313
viene sconfitto anche Massimino Daia da Licinio, muore forse Diocleziano, con l'impero
spartito tra Costantino e Licinio. Nel 313 i due redigono l'editto di Milano che prevede la
libertà di culto per tutte le religioni. Nonostante siano cognati, nel 324 i due si fanno guerra a
Crisopoli ed Adrianopoli. Licinio viene eliminato e Costantino diviene unico detentore del
potere.

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Provvedimenti di Costantino
Nel 326 Costantino entra a Roma per festeggiare i vicennalia del suo regno, con Costantino
che però elimina suo figlio Crispo e la seconda moglie Fausta, figlia di Massimiano,
entrambi accusati di avere una relazione. Dopo il 324 Costantino fonda sulla riva europea
del bosforo la nuova capitale dell'impero con Costantinopoli che oblitera Bisantium,nel 328
vengono inaugurate le mura e nel 330 l'intera città, che ricalca l'assetto urbanistico di Roma
(14 regiones, senato cosmopolita, palazzo imperiale, incentivazione del popolamento della
città con razioni gratuite di pane.
Costantino è un innovatore in diversi ambiti, specie in quello religioso. Costantino prende
molto in considerazione il cristianesimo, forse appunto convertito, il primo episodio che lo
vede partecipazione nella vita religiosa con l'organizzazione nel 325 del concilio di Nicea,
primo concilio ecumenico della storia, questo concilio è funzionale date le dispute
cristologiche aspre sulla natura di Cristo in relazione a Dio, vi è l'opposizione tra atanasiani
ed ariani, i due alessandrini erano agli antipodi: Ario diceva che Dio incarnato ma non fatto
uomo, Gesù sottoposto al padre. Atanasio, che avrà la meglio, sostiene che Gesù fu
generato e non creato. Costantino partecipa a questo concilio, dicendo di essere vescovo di
quello di fuori, estraniandosi dalle controversie della chiesa facendo da semplice spettatore.
Ciò però non porta al cristianesimo come religione di stato, infatti il paganesimo continua ad
essere professato, infatti il culto imperiale continua, testimoniata dalla richiesta di Hispellum
fatta a Costantino, dove gli ispellani chiedono la possibilità di edificare un tempio alla casa
imperiale, Costantino accetta a condizione che non vengano eseguiti dei sacrifici. Tuttavia
Cotantino privilegia la chiesa, come elargizioni fiscali e legati testamentari, ma soprattutto
l'episcopalis audientia: se due persone fossero in disputa e processo, potevano delegare la
risoluzione della disputa prendendo come arbitro il vescovo. Queste cose influenzano
alcune leggi promulgate da Costantino, ad esempio la penalizzazione del celibato viene
abolita.
Costantino è innovatore anche in ambito sociale ed amministartivo, la struttura socio-
amministrativa infatti viene cambiata con lo sfaldamento degli ordines almeno come li
abbiamo conosciuti, col senato sempre più ipertrofico che assorbe definitivamente l'ordine
equestre. L'aristocrazia imperiale costantinea si basa sulle dignitates, che sono i posti più
importanti all'interno della vita amministartiva che c'è a Roma, questi sono posti che
l'imperatore assegna a sua discrezione, acquisendo automaticamente una gerarchia di
rango, con un titolo tra illustris, spectabilis e clarissimus. Questi titoli spettano anche ai
senatori, i meno imortanti ovviamente ricevono il titolo di offiaciales. Quindi la necessità di
appartenere ad un ordo non influisce più nella carriera, ma ora conta il titolo affidato. Per
diventare senatore i modi sono quindi due: intraprendere la carriera politica fino alla
questura,m ad lectio ad personam dell'imperatore. Soltanto i senatori possono rivestire le
cariche importanti (prefectus urbi, prefettura al pretorio, vicaria, governatorati di alcune
provincie importnti) tra cui a nuova carica di questura palatina.
La riforma della prefettura al petrorio
I quattro prefetti al pretorio perdono le iniziali competenze militari e si trasformano in un a
sorta di vicerè che hanno quasi un controllo assoluto sulle loro prefetture, Costantino
aggiunge una Diocesi, si definiscono le competenze dei ministeri nelle competenze
dell'impero, ci sono uffici studi chiamati "Scrinia", i ministri che vanno a far parte di questo
consistorio sono quattro: il questore di palazzo (questor scarii palatii) un senatore che redige
le costituzioni imperiali, c'è poi un ministero delle finanze il comes sacrarum largitionum, che
accompagna l'imperatore, inoltre il carattere sacrale dell'autorità imperiale è ribadita in
questo nome, c'è poi un ministro che gestisce la res privatache assume il nome di come
claerum private ed infine il capo degli apparati pubblici chiamato magister officiorum.

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Esiste poi un prepositus sacrii cubiculi,in pratica un sovrintendente ai collaboratori imperiali,
ciò ci perviene mediante un documento (Notitia dignitarum) del 395, codice accompagnato
da varie illustrazioni di insigne delle cariche e corpi militari.
Il fenomeno della corruzione dilagante
L'esponenziale aumento della burocrazia porta al parallelo sviluppo della corruzione, un
fenomeno caratteristico è quello della aderatio (la possibilità data agli esattori di riscuotere in
moneta una tassazione in natura). Gli esattori quindi scucivano una cifra superiore al
corrispettivo in denaro del pagamento in natura.
Riforma militare di Costantino
I comitatenses assumono sempre più privilegi l’epoca costantinea, gli stessi seguendo
l'imperatore sono spesso stanziati in città, quindi scompare la separazione nella vita di civili
e militari, praticamente i comitatensi vivono come se fossero dei pretoriani. La fortuna di
Costantino è legata ai pochi problemi militari dei suoi primi anni.
La riforma monetaria di Costantino
Connuna consistente circolazione di moneta aurea vi è l'introduzione di un nuovo conio
d'oro, l'aureus di Costantino è detto solidus, un conio in rapporto 1/74 per libbra. Impostare il
sistema monetario su un solido aureo, penalizza enormemente i ceti meno abbienti. Questa
situazione potrebbe favorire il problema della tesaurizzazione di questi conii, dunque
Costantino liberalizza il prezzo dell'oro facendo scambiare le monete rispettando il valore
intrinseco di esse. Ma coi vantaggi delle autorità verso i ceti bassi, i prezzi dei conii
esplodono e l'inflazione decolla vertiginosamente rispetto al passato. Le tasse quindi
diventavano un problema tragico, visto che i poveri non avevano come pagare le tasse.
In pratica se si è decurione, dunque responsabile di esazione e riscossione fiscale, i figli
devono rivestire la stessa funzione come i padri visto che gli stessi sono costretti a pagare le
tasse anche per chi non è abbiente, stesso discorso per i coloni che però subiscono gravi
impedimenti alla libertà di movimento, legando i coloni indissolubilmente alla terra dove
lavora.
La successione di Costantino, Costante e Costanzo II
Costantino muore a Nicomedia nel 337, facendosi battezzare in punto di morte; tuttavia,
Costantino si sposta verso fine vita verso l'Arianesimo, così come Eusebio di Cesarea che lo
influenza. Ala sua morte ha tre figli: Costante, Costanzo e Costantino II che cerca di far
succedere a lui, prima di morire Costantino valorizza i fratellastri ed i figli di questi ultimi.
Ricordiamo che Costanzo Cloro ha dovuto sposare Teodora, figlia di Massimiano, con la
quale ha avuto figli. I miliari tuttavia, decidono di dare la successione solo ai tre figli di
Costantino con la parentela di Costantino quasi tutta sterminata ed eccezione di Giuliano ed
il fratello.
Nel 340 in Mesia, a Viminacium, i tre fratelli giungono alla tripartizione dell'impero, con
Costanzo si prende l'oriente, Costante l'Iberia e la Gallia e Costantino II il restante. I fratelli
arrivano tuttavia a combattere ad Aquileia nel 340 con Costante che uccide Costantino II ed
unifica tutto l'Occidente. Per i successivi dieci anni i due fratelli non hanno screzi, fino al
problema della fede religiosa, Costante è un Niceano mentre Costanzo è un Ariano.
Per placare gli animi si convoca un concilio a Serdica nel 344, ma si risolve in un nulla di
fatto.
Il problema dei donatisti (circumcelliones)
In occidente Costante deve affrontare il problema della riammissione dei cristiani traditori
durante la tetrarchia, mentre i donatisti sostengono che questi devono essere rifiutati a
priori. Ad esempio in Africa c'è un'aspra lotta tra donatisti e non, chiedendo l'aiuto di

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Costante che si schiera contro i donatisti, infine deve intervenire con le armi, massacrando i
donatisti ma senza successo.
Riforma monetaria di Costante e la sua morte.
Costante conia nuovi nominali bronzei che vengono subito tesaurizzati, questi problemi
portano nel 350 alla rivolta delle truppe galliche, che acclamano imperatore magnanenzio,
soldato barbaropagano, eliminando Costante, con Costanzo costretto a combattere con
Magnenzio presso Mursa sulla Drava, lo stesso viene sconfitto e costretto al suicidio nel
353, con Costanzo unico detentore del potere (Magnenzio non è stato mai riconosciuto se
non dal riconosciuto se non dalle truppe).
I provvedimenti di Costanzo II e l'ascesa di Giuliano l'apostata
Ammiano Marcellino, continuatore della storia di Tito ci dice che Costanzo II è impegnato in
ambito religioso.
Convinto ariano, tenta di far accreditare le sue posizioni col concilio di Costantinopoli del
360, con l'approvazione delle posizioni, questa risoluzione porta ad una ripercussione contro
i pagani, con la chiusura dei templi e la proibizione dei riti. Nel 357 Costanzo II si reca a
Roma, litigando rovinosamente col senato, rimuovendo dall'aula del senato l'Ara della
vittoria, che impersonificava il potere del santo.
Il problema dei limes attanaglia anche Costanzo, che decentra il potere affidando
l'Occidente al cugino Giuliano, con la carica di Cesare, sconfiggendo gli alamanii nel 357 a
Strasburgo, sostenendo una politica favorevole ai contribuenti, con diversi sgravi fiscali e
prelude ad una rottura tra i due quando Costanzo marcia contro i persiani. A Giuliano viene
chiesto aiuto, le truppe però rifiutano e lo acclamano imperatore, con Giuliano che muove
verso Costanzo, che però muore nel 361.

LEZIONE 30 – 20/12/21

Giuliano, l'ultimo imperatore pagano


Nel 361 accetta l'acclamazione, spostandosi verso Oriente per combattere Costanzo, ma lo
stesso muore e Giuliano diventa imperatore, regnando per i successivi due anni.
Giuliano è un intellettuale, scrivendo moltissime opere in greco come orazioni ed il
Misopovone, i Cesares (testo satirico sugli imperatori). Ad occuparsi dell'educazione di
Giuliano e gallo è stato Costanzo II, che ha eliminato il padre, venendo spedito in
Cappadocia ed educato ad una rigida educazione cristiana, ma con un occhio per i classici
e la letteratura, tratti acuiti ad Efeso ed Atene. La particolarità del suo regno sta nell'epiteto
lui attribuito "apostata", in quanto lui ha rinnegato la religione cristiana immediatamente
dopo la morte di Costanzo II, con Giuliano che intende ripristinare il paganesimo in pieno IV
secolo.
Giuliano, quindi, prova a stabilire la tolleranza per tutte le religioni, restaurando il clto
pagano con la riapertura dei templi e la ricostruzione di quelli demoliti, abolendo i privilegi
concessi al clero da Costantino e soprattutto il provvedimento di proibire ai professori
cristiani di insegnare la retorica e quindi leggere i classici pagani.
I provvedimenti di Giuliano falliscono tutti, in politica amministrativa i provvedimenti sono più
favorevoli alle classi meno abbienti, ridimensionando il peso della burocrazia, riducendo gli
oneri delle franchigie postali (come già fece Nerva nel III secolo).
La campagna in Oriente, la sua morte e la successione
In sospeso restava però sempre la spedizione in Persia contro Sapur II.

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Tra il 362 ed il 363 soggiorna ad Antiochia mentre si dirige in guerra, litigando violentemente
con la cristianissima plebe della città. In battaglia Giuliano sconfigge i persiani a Ctesifonte,
ma nel corso di una scaramuccia con l'esercito persiano muore, forse ucciso da soldati
cristiani. Con Giuliano si estingue la discendenza di Costantino.
Gli succede Gioviano, che stipula una pace con Sapur II, riattuando una serie di
provvedimenti pro-cristiani per cassare le direttive di Giuliano. Tuttavia dopo otto mesi di
regno Gioviano muore tra Ancira e Costantinopoli, con le truppe che acclamano il generale
pannonico Valentiniano nel 364.
Valentiniano I, Graziano e Valente
Elevato a Nivea, regna per i successivi dieci anni. Affida opportunamente una parte
dell'impero a suo fratello Valente, che avrà potere sull'oriente fino al 378, Valente era un
membro della guardia imperiale. Nel 367 Valentiniano associa al potere suo Figlio Graziano.
La situazione nell'impero è molto tumultuosa, con le frontiere ed i contrasti interni all'impero,
con Valente che deve fronteggiare l'usurpazione di Procopio. In occidente Valentiniano ha
problemi coi Germani sul Reno, ma anche in Africa c'è l'usurpazione del berbero Firmo, la
campagna contro firmo è affidata al magister militum Teodosio (padre dell'omonimo
imperatore). valentiniano attua una forte politica di rafforzamento dei limes su Reno e
Danubio, con la costruzione dei castella, senza eliminare le differenze tra comitatenses e
limitanei. In politica economica vien confinata la politica di Giuliano, cercando di porre freni
all'aderatio, stabilendo una tassa fissa da non superare. viene poi istituito nel 368 il defensor
plebis che serviva a difendere i più poveri dagli abusi dei potenti, questa carica è creata allo
scopo di limitare il patrocinium, coi più poveri che si affidano alla protezione dei potenti per
pagare meno tasse. in campo monetario Valentiniano placa l'inflazione.
La spaccatura religiosa e la morte di Valentiniano
Mentre Valentiniano è niceno, Valente è ariano.
Valentiniano muore a Carnuntum nel 375 per un colpo apoplettico, mentre discute
animatamente coi Quadii, le rruppe dell'illirico acclamano imperatore il fratellastro di
Graziano, ovvero Valentiniano II che viene controllato da un prefetto al pretorio, Pretonio
Probo. Gli augisti sono ora tre Valente, Graziano e valentiniano II.
La morte di Valente
Nel 378 muore durante la battaglia di Adrianopoli combattendo gli unni, la popolazione
nomade che spinge le popolazioni gotiche all'interno dell'impero, con l'impero che non riesce
ad arginare questa spinta; quindi, Valente accogli i goti in Tracia (sotto Teodosio saranno
come foderati), tuttavia la condizione non sta bene ai goti che distruggono Tracia e Balcani.
Graziano quindi nomina imperatore in Oriente il figlio di Teodosio, Teodosio I.
Teodosio I, l'affermazione del cristianesimo e l'ultimo imperatore unico
Inizialmente regnante sia ad oriente, nel 382 attua il foedus con i Goti, con la popolazione
accolta in Dacia e Tracia con condizioni favorevoli, vista l'ammissione negli auxilia e con
l'immunità fiscale. I provvedimenti non sono però visti dai tradizionalisti di Roma, di fatto la
possibilità organizzativa romana resta solo un vago ricordo.
Teodosio in politica religiosa attua nel 380 l'editto di Tessalonica, che sancisce la totale
affermazione del cristianesimo, riconosciuto come religione ufficiale nella corrente niceana.
Nl 391 ci sono due editti che vietano sacrifici e culto pagano definitivamente.
Nel 390 si assiste all'eccidio di Tessalonica, dov'è stanziata una guarnigione di truppe
schierate lungo il limes orientael, il genrale è un germanico, mentre è in una locanda, un suo
collaboratore subisce delle molestie da un famoso auriga del posto, che viene arrestato.
Scoppia un tumulto che porta alla morte del comandante della guarnigione. Teodosio, colto

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dall'ira, con una specie di sotterfugio fa concentrare i tessalonicesi nello stadio, facendo
mascrare circa 7000 persone.
Il contrasto con sant'Ambrogio
Teodosio entra anche in contrasto con Ambrogio di Milano, con il vescovo che gli impone di
pentirsi, pena l'interdetto. Teodosio fa dunque atto pubblico di penitenza per ricevere il
perdono, ormai il rapporto tra impero e chiesa è sempre più stretto.
Graziano, la scissione tra stato e religione
Graziano è il primo a rinunciare il titolo di Pontifex maximus, con l'eliminazione dei sussidi ai
sacerdozi pagani. Graziano, come Costanzo II fa rimuovere l'ara della vittoria in senato. Nel
383 Graziano viene eliminato durante una rivolta in Gallia, per mano di Magno Massimo,
acclamato dalle sue truppe Britanniche.
Magno Massimo, Arbogaste, Stilicone i principes pueri e la scissione definitiva dell'Impero
Inizialmente riconosciuto, viene sconfitto da Teodosio nel 388.
Valentiniano II è l'unico detentore del potere in Occidente, plagiato da Arbogaste che
possibilmente lo fa eliminare nel 393. Arbogaste la fa sostituire con Eugenio, un ricco retore
cristiano, non riconosciuto da Teodosio e sconfitto nel 394 presso il fiume Frigidum.
Nel 395 tuttavia Teodosio muore, ma preventivamente associa il potere ad il figlio Arcadio
(imperatore d'oriente) ed Onorio (Imperatore d'occidente), ma siccome sono troppo piccoli
entrambi, il controllo è delegato al generale semi-barbarico Stilicone, al quale Teodosio
affida i figli in quanto l'origine barbarica di Stilicone preclude ogni pretesa al trono.
Il piano di Teodosio ha subito problemi, con Arcadio che mal sopporta l'autorità di Stilicone,
che si trova a gestire il potere solo nella parte occidentale dell'impero. Stilicone cerca di
conciliarsi con l'aristocrazia romana, facendo rimettere l'ara della vittoria in senato. Ma in
aspetto militare fa una scelta fatale: l'esercito è fortemente barbarizzato per non gravare
pesantemente sui cittadini, con i tradizionalisti che vedono l'esercito macchiato di disonore.
La situazione orientale, un impero stabile. l'avvento del codice Teodosiano
Arcadio alla sua morte nel 408 lascia al trono suo figlio Teodosio II, che regna fino al 450.
Teodosio e la sua famiglia sono ossessionati dalla religione, veicolato da moglie e sorella.
Teodosio è colui che emana il codice Teodosiano nel 438, in vigore dall'anno successivo,
racchiude tutte le leggi da Costantino fino ai suoi tempi.
La sfaldatura dell'impero d'occidente: Alarico ed il sacco del 410
Fa il suo ingresso in scena il goto Alarico, re della popolazione stessa, già milite sotto
Teodosio e Stilicone. Nel 395 gli unni sfondano il limes ed invadono la Tracia, con Alarico
che si impadronisce della Grecia. Stilicone vorrebbe intervenire, ma Arcadio nomina lo
stesso Alarico comandante in essere del suo esercito. Tra il 402 ed il 406 l'Occidente vive
un momento bassissimo, con Alarico che attacca l'Italia, sconfitto da Stilicone a Pollenzo e
Verona. L'Italia rischia quindi di cadere nell'anarchia totale, ciò si verifica nel 408 quando
muoiono a stretto giro Arcadio e Stilicone, eliminato in una congiura.
Quando Onorio rifiuta il trasferimento del suo popolo in Pannonia, Alarico minaccia di
saccheggiare Roma, con Onorio che si rifugia a Ravenna, con la città che da questo punto
assume un'importanza sempre più grande. tra il 409 ed il 410 Alarico fa eleggere imperatore
Attalo, che regna per i successivi due Anni, Attalo è anche il prefectus urbi. Le trattative per
evitare il sacco di Roma falliscono e nel 410 l'Urbe viene saccheggiata il 24 agosto.

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Da qui Roma diventa una città sempre più in declino demografico, che dopo un secolo vedrà
la popolazione diminuita di tre volte.
Alarico punta l'Africa, quindi il bottino del sacco serve per spostarsi senza problemi, nek
viaggio Alarico porta con sé in ostaggio Galla Placidia (che se studiate arte medievale vi
farà buttare il sangue) tuttavia nel viaggio muore a Cosenza, con i Goti che si dimostrano
dei pessimi navigatori, con i goti che per seppellirlo avrebbero deviato il corso del fiume
Busento per evitare le profanazioni, notizia ovviamente mitologica. I Visigoti nominano
successore Ataulfo, che va in Gallia, sposandoci con Galla Placidia nel 414, matrimonio che
trova l'avversione di Flavio Costanzo che voleva sposare lui stesso Galla, alla morte di
Ataulfo dopo un anno, il suo successore Wallia, tratta uno scambio: L'Aquitania per Galla
Placidia, la trattativa in porto e galla Placidia va in moglie a Flavio Costanzo.
La successione di Onorio, Valentiniano III ed il baratro dell'impero.
Nel 421 Onorio associa Flavio al potere, ma muore subito, alla morte di Onorio nel 423 sale
al potere il figlio di Flavio e Galla: Valentiniano III che regna fino al 455.

LEZIONE 31 – 21/12 /21

Valentiniano III, Flavio Ezio, Attila e la fine dell'impero d'Occidente


Galla Placidia ed Onorio litigano, con Galla che va in Oriente da suo nipote Teodosio II, nel
423 al posto di Onorio viene eletto Giovanni Primicerio, capo della burocrazia imperiale,
tuttavia Teodosio II appoggia Galla, che con un esercito mette al potere Valentiniano III nel
425. valentiniano è pilotato da sua madre Galla Placidia. Se in realtà a gestire il potere è
Galla Placidia, la stessa deve trovare un forte braccio armato, affidandosi al generale Flavio
Ezio, di origine mesiana, forse figlio di uno scito o goto. Flavio Ezio sembra essere una
soluzione alla pressione germanica nell'impero, si affacciano sull'impero i Vandali,
popolazione ariana capeggiata da Genserico (o Gaiserico), regnante dal 428 al 477. I
vandali iniziano ad essere un problema serio per l'impero. I vandali partono dalla Betica
(Vandalusia), spostandosi nel 429 in Africa, conquistando Numidia e Mauretania, alleandosi
poi coi donatisti. Ezio è costretto a stipulare un foedus con queste popolazioni, soprattutto
per sopperire al problema delle popolazioni che spingono in occidente. Nonostante il foedus
del 429, nel 442 Ezio deve ritrattare un nuovo foedus, coi vandali che hanno conquistato
l'Africa proconsolare e la Sicilia occidentale.
Lungo il confine settentrionale dell'impero spingono i Visigoti ed i Burgundi, nel 443 Ezio
batte i burgundi alleandosi con gli unni. dalla vittoria di Ezio, nacque la saga di Sigfrido ed i
Nibelunghi. Tuttavia l'alleanza con gli unni è debole, con Attila che inizia a razziare la Gallia,
con Ezio che batte gli unni ai Campi Catalunici nel 452. L'Impero di Attila è anch'esso
debole, tuttavia dopo aver perso contro Ezio invade l'Italia, ma tuttavia si ritira in Pannonia
dove muore nel 453. Tuttavia alla morte di Galla nel 450, Valentiniano III può governarne da
solo, essendo in cattivi rapporti con Ezio, il quale viene invitato a cena nel 454 e lo passa a
fil di spada. Tuttavia Valentiniano muore in egual modo l'anno dopo per mano dei seguaci di
Ezio, istigati dal senato e forse capeggiato da Ricimero. Il senato elegge al potere il loro
fidato Petronio Massimo.
Petronio Massimo e l'invasione Vandala del 455
Acclamato dal senato e dall'esercito, Petronio costringe la vedova di Valentiniano a
sposarlo, ma rincara la dose promettendo in sposa la figlia di valentiniano III, Eudocia, a suo
figlio. In questo gioco diplomatico tra Roma e i germani, Eudocia era già stata promessa in
sposa al figlio di Genserico. Saputo ciò, il re vandalo promette vendetta a Roma, con
Petronio che viene pubblicamente linciato ed ucciso, tuttavia Genserico saccheggia Roma il
2 giugno del 455. Rispetto al sacco di Alarico, i vandali saccheggiano a man bassa tutto,
soggiogando altamente Roma con un altrettanto alto bottino di guerra. Il sacco del 455 è la

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batosta definitiva per Roma, perché nei successivi 21 anni in Occidente si susseguono
diversi imperatoti, mentre in Oriente solo tre (Marciano, Leone e Zenone).
Gli ultimi anni di Roma, la fine dell'occidente
In occidente nel 455 sale al potere Avito, collaboratore di Ezio, acclamato in Gallia e
riconosciuto a Roma dal senato. Ma per suo conto gestisce il potere il magister militum
Ricimero, generale e principe sebo, nipote di Wallia. Fino al 472 Ricimero mette e
destituisce una serie di imperatori, iniziando da Maggioriano nel 457 che prova a ristabilire
le cose, ma nel 461 viene eliminato, gli succede Libio Severo, che però non è riconosciuto
dall'imperatore d'Oriente Leone I, e quindi può guidare solo l'Italia, non riuscendo a
contenere le scorrerie vandale annuali, Ricimero lo elimina nel 465. Ricimero, non trovando
più imperatori, chiede a Leone di inviare un uomo di fiducia, chiedendo un aiuto contro i
vandali. Leone gli invia antemio (467-472) genero dell'Imperatore Marciano (450-457).
Riimero disconosce Antemio e richiede un nuovo uomo all'oriente che invia Olibrio che
lottano contro Antemio, vincendo nel 472, dove c'è un nuovo sacco di Roma e poco dopo
muoiono sia Olibrio che Ricimero.
Il nipote di Ricimero, Gundebaldo, prende le redini del poter, mettendo al potere al
comandante della guardia imperiale Glicerio nel 473. Leone non riconosce Glicerio, inviando
un contingente a Roma comandato da Giulio Nepote, sposato con la nipote di Leone. Giulio
depone nel 474 Glicerio, ma nel 475 deve scappare dall’Italia per la ribellione di Oreste, già
segretario di Attila. Oreste chiede indicazioni a Zenone, le indicazioni non sono chiare con
Oreste che mette al potere suo figlio Romolo Augustolo.
Romolo Augustolo, l'ultimo imperatore di Roma
Nonostante per Bisanzio l'imperatore sia Giulio Nepote, Romolo ha il potere in Italia, nel 476
le truppe di eruli, scirii e torciulingi capeggiate da Flavio Odoacre, chiedono ad Oreste un
terzo della penisola per le sue truppe, Oreste ovviamente rifiuta con Odoacre che si fa
acclamare re delle genti germaniche in Italia dalle sue truppe il 23 agosto del 476,
sconfiggendo ed eliminando Oreste a Piacenza. Odoacre depone Romolo e lo manda in
esilio al castrum Lucullanum, con Odoacre che invia le insegne imperiali a Costantinopoli,
con Zenone che lo nomina rex gentium e patricius italiae, l'Impero d'Occidente ha fine.
Il problema della caduta dell'impero ed i regni romano-barbarici
Il prof Momigliano né "La caduta senza rumore dell'Impero Romano d'occidente", fa notare
la deposizione di Romolo e la nomina di Odoacre a rex gentium e patricius non sarebbe
stato poi un fatto così eclatante per l'epoca. In realtà i regni barbarici erano ben mitigati
nell'occidente romano. Galli nelle mani di Franchi, Burgundi e Visigoti, Vandali e Sebi in
Spagna ed Africa, Ostrogoti in Carnia e Dalmazia del nord e la Britannia totalmente
abbandonata dai Romani, con i celti britanni cacciati in Normandia dai germani Angli e
Sassoni ed infine la Tracia finita in mano ai Gepidi. La coesistenza tra barbari e romani sono
regolati dalla hospitalitas, che probabilmente consiteva nella concessione di un terzo delle
terre o dei redditi, se non dell'annona. Ciò si rifà al modus operandi degli eserciti romani del
passato. La coesistenza coi romani non sempre è tranquilla, ma non ci sono mai attestazioni
di rapporti altamente esagitati, con una convivenza più o meno forzata. Le popolazioni
germaniche cercano di mutuare semplificando le leggi romane, ad esempio c'è la lex
romana visgotorum, dove Burgundi e Visigoti applicano semplificatamene le leggi romane.
Casualmente, i germani sono quasi tutti ariani, con la chiesa che si appropria delle strutture
statali romane (le diocesi).
Alla base della caduta imperiale ci sono diversissime teorie tra diversi studiosi, tra una
recisione diretta dell'impero da parte dei barbari, ad un indebolimento dovuto al
cristianesimo, passando dalle epidemie, al calo demografico, ai fattori climatici; infatti, tra V
e IX secolo le temperature si abbassano vertiginosamente.

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La fine del mondo antico non può dunque essere addotta al solo 476 d.C., ma racchiudere
un'era più ampia che può estendersi fino all'Europa carolingia.

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