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Analisi sulla presenza longobarda in

Abruzzo nei secoli VI-VIII

Facoltà di Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche e Studi


Orientali

Corso di Laurea in Scienze Archeologiche

Cattedra di Archeologia Medievale

Alessandro Rubei

N° Matricola 1656714

Relatore

Giorgia Maria Annoscia

A/A 2016/2017
INDICE

Introduzione ............................................................................................................. 2

Perché l’Abruzzo?................................................................................................ 4

Fonti storiche ....................................................................................................... 4

L’Abruzzo prima dei Longobardi ............................................................................ 6

I Longobardi in Abruzzo........................................................................................ 12

Le tappe della conquista longobarda ..................................................................... 13

Viabilità, città e centri amministrativi ................................................................... 21

Le testimonianze archeologiche............................................................................. 29

Edilizia Civile e Religiosa ..................................................................................... 42

Toponomastica ....................................................................................................... 50

Conclusioni ............................................................................................................ 52

Bibliografia ............................................................................................................ 55

Schede Topografiche ............................................................................................. 58

1
Introduzione

L’arrivo dei Longobardi in Italia nel 568 d.C. costituisce un importantissimo


evento. Possiamo infatti individuare nell’avanzata della Gens Langobardorum,
l’insediarsi di una cultura diametralmente opposta a quella delle popolazioni
autoctone. A differenza dei Goti, a lungo in contatto con i Romani, i Longobardi
appartengono ad un universo culturale totalmente estraneo al mondo romano-
bizantino. Ovviamente le grandi differenze culturali, miste alla violenta irruzione
di questo popolo, non resero facile una prima convivenza, soprattutto a causa della
forte instabilità politica che portarono con il loro arrivo. Inevitabile è il graduale
adattamento che questa popolazione ha apportato alla sua struttura iniziale,
modificando profondamente un’originaria aristocrazia guerriera di stampo tribale a
favore di una più complessa e capillare forma di organizzazione sociale e
amministrativa, principalmente generata dall’influenza dalla grande tradizione
romana che, con le sue leggi e con un apparato amministrativo estremamente
efficiente, non poteva che trovarsi in una posizione di evidente superiorità nei
confronti dei nuovi arrivati. Il processo di abbandono del paganesimo e la
successiva cristianizzazione del popolo longobardo è quanto di più rappresentativo
all’interno di un’ottica di adattamento e convivenza. Questo adattamento, una vera
e propria integrazione culturale, ha portato alla nascita di una nuova società mista,
una società romano-barbarica. Questa si manifesta attraverso lo scambio di usi e
costumi, novità nell’abbigliamento, nuove produzioni nel campo metallurgico,
ornamentale e del vestiario, nuove strutture architettoniche e forme d’arte.

Numerose sono le fonti e le testimonianze archeologiche relative alla presenza


longobarda in Italia; sfortunatamente, come nella totalità dei casi, non abbiamo una
distribuzione omogenea di dati in tutta la penisola.

In questa tesi verrà dunque presa in analisi la presenza dei Longobardi in Abruzzo.
Per prima cosa verrà analizzato il periodo precedente alla conquista longobarda,
così da poter fornire un quadro complessivo della situazione territoriale,
2
amministrativa, abitativa. Nel secondo capitolo verranno invece esposte le tappe
dell’avanzamento longobardo all’interno della regione. Successivamente verranno
analizzati i principali centri amministrativi e le principali città sotto il controllo
delle autorità longobarde, facendo particolare riferimento alle fonti storiche. Per
finire, verranno analizzate le testimonianze archeologiche, le tracce di edilizia e,
seppur con la dovuta cautela, verrà effettuata un’analisi della toponomastica.

Figura 1- Carta Fisica dell'Abruzzo

3
Perché l’Abruzzo?

La posizione geografica, le caratteristiche morfologiche del territorio, la presenza


del Tratturo Magno, importantissimo asse di collegamento tra l’Abruzzo ed il
Tavoliere delle Puglie, rendono questa regione un interessante elemento di studio.
Vediamo infatti come i grandi tratti pianeggianti, le aspre catene montuose, le
numerose conche naturali e i lunghi tratti costieri facciano dell’Abruzzo una regione
dalle numerose tipologie di insediamento. È proprio questa particolarità ad aver
causato la nascita di poli insediativi nettamente separati tra loro, aventi
caratteristiche molto differenti l’uno dall’altro. Si tratta di una regione fertile, adatta
all’agricoltura ed all’allevamento, specialmente degli ovini, frequentata sin dal
mesolitico ed epoca romana con la presenza di un grandissimo numero di reperti
preistorici e Villae1. Sfortunatamente la documentazione archeologica in merito alla
presenza longobarda appare lacunosa e particolarmente frammentata, con maggiore
quantità di fonti riguardanti il dominio dell’area costiera, da sempre centro di
maggior sviluppo. A questo proposito occorre sottolineare come, anche da quel
poco che ci è giunto, che consiste principalmente nel rinvenimento di sepolcreti,
possiamo notare una profonda differenza tra costa ed entroterra, una spaccatura,
spesso anche a livello sociale, tra la “civiltà” dei popoli costieri e la “barbarie” delle
popolazioni stanziate tra i monti.

Fonti storiche

Non disponiamo di fonti storiche particolarmente ricche di dati. Saranno soprattutto


alcune Lettere e i Dialogi di Gregorio Magno (590-604) oltre all’Historia
Langobardorum di Paolo Diacono (VIII sec.) a guidarci nel corso di questa tesi.
Queste sono infatti le fonti di maggior interesse e con la quantità di dati più
consistente. Saranno tuttavia menzionati autori di minor rilevanza in questo tipo di
studio. Tra questi abbiamo Giorgio Ciprio con la sua Descriptio Orbis Romani (VII

1
STAFFA, 2000, p. 47, 48.
4
sec.) che tuttavia necessita di una cauta lettura, data la presenza di numerose
incongruenze ed errori all’interno del testo.

Le primissime notizie sulla presenza longobarda vengono infatti dalle opere di


Gregorio Magno. Spesso nei Dialogi l’autore fa riferimento a territori dell’Abruzzo
come la regione dei Marsi, il territorio del Sannio e a importanti vie di
comunicazione come la Tiburtina Valeria2. La narrazione di Gregorio Magno
appare ricca di pathos, mirata a descrivere nel modo più chiaro possibile la violenza
dell’irruzione di questa “nefandissima gens” all’interno della regione. Fulcro del
discorso è la descrizione della crisi delle strutture vescovili locali3, con particolare
menzione dell’uccisione di due monaci in provincia Valeria […] quos longobardi
suspendio necaverunt, e della decapitazione del Diaconus Ecclesiae Marsicanae.
Alle lettere del 598-601 corrisponde invece la descrizione dei centri di Ortona e di
Aprutium (nome dell’antica città di Teramo o Interamnia) con particolare
attenzione allo stato di abbandono della chiesa ivi situata.

L’Historia Langobardorum di Paolo Diacono appare invece di carattere


tipicamente geografico, a causa del principale utilizzo di cataloghi delle province
italiane. Non abbiamo dunque notizie sull’avanzata dei Longobardi nella regione
ma possiamo ricostruire l’assetto amministrativo del territorio cercando di
rintracciare elementi di continuità con la precedente organizzazione romana4.

La Descriptio Orbis Romani di Giorgio Ciprio ci fornisce alcune informazioni


inerenti al processo di consolidamento del tratto costiero da parte dei bizantini
grazie alla menzione di numerosi Castra costruiti lungo la costa (Kastrum Novum,
Castrum Truentinum, Castrum Hortos, Castrum Veneris, Castrum Eurenica).
Tuttavia, come affermato precedentemente, è necessario trattare questi dati con la
dovuta cautela, data la presenza di siti omonimi in altre zone d’Italia, come ad
esempio il Castrum Novum di Civitavecchia, importante porto bizantino, o
Portovenere in Liguria5.

2
TORNESE, 2008-2009, p. 58.
3
STAFFA, 1997, p. 114.
4
TORNESE, 2008-2009, p. 57.
5
TORNESE, 2008-2009, p. 58.
5
L’Abruzzo prima dei Longobardi

Per comprendere al meglio le dinamiche e gli obiettivi della conquista da parte dei
Longobardi è necessario avere un quadro generale della situazione precedente al
loro arrivo.

Durante la dominazione dei Goti (493 -554 d.C.) assistiamo al permanere di una
situazione di grande spaccatura tra le due maggiori aree dell’Abruzzo a favore di
una costa particolarmente sviluppata e di un entroterra considerato marginale sin
dall’epoca tardoantica. In questo periodo le zone dell’entroterra montano
dell’appennino vivono in alcuni casi una situazione di distacco dalla civiltà a favore
di un conseguente avvicinamento ad una vita di brigantaggio. Questa
trasformazione, assieme al pregiudizio delle autorità imperiali, porta al
rafforzamento dei grandi assi commerciali potenziati dai precedenti imperatori
Valentiniano I, Valente e Graziano proprio per facilitare il transito verso la costa
senza il rischio di doversi imbattere in fenomeni di brigantaggio a cavallo. Abbiamo
notizie di una concentrazione del fenomeno nella provincia Valeria e nel Piceno
che intorno al 364 d.C. aveva portato all’emanazione di una vera e propria legge
che impediva l’utilizzo di cavalli6. Sin dal IV secolo e durante il V con i Goti, gli
assi di comunicazione tra versante tirrenico ed adriatico erano inoltre controllati da
“pattuglie” che molto probabilmente risiedevano in centri ben difesi posti lungo
l’area di interesse, riconducibili a dei Castra. Assistiamo inoltre, sempre per motivi
di difesa, a fenomeni di raggruppamento e consolidamento di latifondi in zone dove
l’agricoltura, e in minor parte l’allevamento, erano le principali fonti di
sostentamento e di commercio. Lungo la costa, nella zona del teramano e del
pescarese, la situazione appare ben diversa, con l’abbandono di alcuni siti e una
continuità di frequentazione di altrettante zone sin dal tardoantico. A testimonianza
di ciò vi è la permanenza e la continuità di utilizzo di numerose ville che ritroviamo
presso Colle Morino di Pineto, Case Bruciate di Roseto, Pescarina, S. Cosimo-

6
STAFFA, 2000, p. 49,50.
6
Caprara7. Tra le numerose testimonianze archeologiche che confermano la
presenza dei Goti nella regione, spiccano i rinvenimenti di alcune fibbie presso la
chiesa di S. Paolo di Barete8 e di alcuni Spangenhelm; uno rinvenuto tra i resti di
un edificio rurale presso Torricella Peligna ed un altro rinvenuto presso
Montepagano, in provincia di Teramo9.

Figura 2- Spangenhelm da Montepagano (TE). TORNESE. (2008-2009).

7
STAFFA, 2000, p. 49, 50.
8
REDI, DE IURE, DI BLASIO, 2012, p. 342.
9
TORNESE, 2008-2009, p. 46.
7
Figura 3 - Spangenhelm da Torricella Peligna (da V. Bierbrauer, Archeologia degli Ostrogoti in
Italia, in I Goti, cit., 191 fig. III.67)

La Guerra Gotica (535-553), con il successivo insediarsi dei Bizantini nella regione,
porta ad una situazione di crisi ed abbandono di numerose zone e ad un parallelo
rafforzamento di altre, utilizzate come bastioni per la difesa di aree di particolare
interesse o di importanti assi viari. Si tratta di un periodo estremamente duro che
verrà successivamente sconvolto dalla peste del 546 d.C.; campi non mietuti, interi
territori abbandonati; questo è quanto ci narra Procopio di Cesarea in merito ai
territori del Piceno e del Sannio. Durante la guerra assistiamo al passaggio degli
eserciti Bizantini lungo la valle dell’Aterno, in prossimità di importanti punti
strategici posti principalmente nei pressi di Peltuinum e nella vale del Raiale, di cui
abbiamo notizie solo dalla toponomastica. Alla dominazione bizantina corrisponde
il totale ripristino e la fortificazione di numerosi centri abitati quali Aternum
(Pescara), Hortona (Ortona, capitale dei Bizantini in Abruzzo), Anxanum
(Lanciano), Histonium (Vasto) e il ristabilirsi di contatti commerciali con numerose
zone dell’oriente10 con una successiva diffusione di nuove forme ceramiche come

10
A testimonianza del ristabilirsi di numerosi contatti commerciali abbiamo la presenza di ceramica
sigillata africana ed orientale e la stessa ceramica di tipo Crecchio, originariamente proveniente
dall’Egitto ed in seguito prodotta a Crecchio con le dovute differenze. È importante sottolineare
8
il tipo Val Pescara ed il tipo Crecchio (risalente agli ultimi decenni del VI secolo),
prodotto nell’omonima cittadina e diffuso nel territorio del chietino e della Val
Pescara11.

Figura 4- Brocca in ceramica di tipo Crecchio - Museo bizantino e altomedievale di Crecchio.


Giovanni Lattanzi

Il martirio di Vittorino presso Cotilia tra I e II secolo segna una tappa importante
nel processo di precoce cristianizzazione della regione. Nonostante ciò, la depositio
del martire avrà significato religioso solo verso la seconda metà del IV secolo e gli

come i centri di produzione saranno ancora in funzione durante la dominazione longobarda e i


prodotti si diffonderanno nelle restanti aree ancora sotto il controllo dei Bizantini.
11
DE IURE, 2012, p. 625.
9
inizi del V. Dal carteggio di Papa Gelasio abbiamo infatti notizie in merito alla
costruzione presso Amiternum, da parte del vescovo Quodvultdeus, di una chiesa
cattedrale, attualmente in fase di studio12, e di un mausoleo in blocchi e lastre di
spoglio con raffigurazioni antropomorfe di stampo paleocristiano, inserite tramite
lavorazione a bassorilievo. Il mausoleo si presenta come un vero e proprio
“potenziamento” e monumentalizzazione delle antiche catacombe di Amiternum,
sede della tomba di Vittorino. A Quodvultdeus è attribuita anche la costruzione di
un’aula absidata rivolta verso il mausoleo di Vittorino Un altro personaggio di
estrema importanza nel processo di cristianizzazione dell’Abruzzo è Equizio
Amiternino, abate vissuto probabilmente ad Amiternum fra 480-560, al quale è data
grande importanza grazie alla sua opera di evangelizzazione avvenuta presso la
provincia Valeria (territorio che comprende L’Aquila e Rieti). In varie occasioni i
Dialogi di Gregorio Magno ci narrano di questo personaggio come ad esempio
nell’episodio dello smascheramento del falso monaco Basilio, corso poi da Equizio
in cerca di aiuto e successivamente allontanato da quest’ultimo dopo aver scoperto
la sua vera identità. Equizio viene sempre descritto come un personaggio puro, un
Vir Sanctissimus secondo le parole di Gregorio Magno, sempre intento a lavorare
tra i contadini ed a istruirli in merito alla dottrina cristiana. Oltre al suo monastero
situato presso Marruci, a lui si deve la fondazione di numerose altre strutture nella
zona della Sabina e della valle dell’Aterno. La morte dell’abate intorno alla metà
del VI secolo, non fece altro che irrobustire ancor più quel sentimento cristiano da
lui diffuso nella regione. Il monastero verrà poi distrutto dai Longobardi che
lasceranno però intatta la sua tomba. Alle vicende di Equizio Amiternino si
aggiunge, a testimonianza della cristianizzazione dell’area, il rinvenimento, presso
l’area del teatro di Amiternum, da parte di Bevignani e Scrinari nel 1993 di una
capsella plumbea con decorazione a croce gemmata dal un lato e palma dal lato
opposto e di un medaglione in rame raffigurante una corona che circoscrive il
monogramma cristologico e le lettere alfa e omega, sulla soglia di un ambiente
absidato rinvenuto presso l’anfiteatro13.

Numerose sono le forme di abitato durante l’altomedioevo. Le tecniche di


costruzione romane ormai perse fanno spazio ad un utilizzo incerto ed

12
Ulteriori approfondimenti sulla cattedrale di Amiternum possono essere trovati su REDI,
FORGIONE, SAVINI, SIENA, DE IURE, CIAMMETTI, 2013.
13
REDI, DE IURE, DI BLASIO, 2012, p. 343.
10
approssimativo di murature ricavate tramite il riuso di materiali antichi. Viene
riutilizzato quello che rimane delle antiche costruzioni romane e tardoantiche con
una successiva ripartizione degli spazi interni per adattare i vari ambienti a nuove
funzioni, assieme all’ampliamento od alla riduzione dell’area della struttura. In
alcuni casi vediamo anche come vengano costruite strutture lignee sopra
fondazioni di epoca precedente. Molto diffuso è anche l’utilizzo di materiali
deperibili; vediamo infatti come nell’entroterra, specialmente nel settore montano,
ci sia una maggioranza di abitati lignei, atti a garantire una continuità abitativa
indipendentemente dalle condizioni climatiche. Una tipologia utilizzata
ininterrottamente sin dal mesolitico è quella delle case in terra realizzate con
blocchi in opera quadrata, frequente soprattutto lungo la costa. Si tratta di una
tecnica risalente all’epoca romana che ritroviamo presso le abitazioni di artigiani
e piccoli proprietari. Nel settore adriatico abbiamo una prevalenza dello schema
rettangolare ad un piano, come possiamo vedere nel caso di Colle S. Giovanni
d’Atri e potevano presentare uno o più vani al loro interno,14. Ovviamente
abbiamo casi in cui le varie tipologie precedentemente elencate si fondono in
nuove forme abitative. Da Pescara provengono esempi di case in terra realizzate
con telaio in legno di supporto così come anche case con basamento in muro a
secco ed alzato in terra, rinvenute anche a Penne e Giulianova. Infine, presso Colle
S. Giovanni, Sulmona, Penne e vari insediamenti montuosi, abbiamo esempi di
case realizzate con muri in pietre tenuti da terra e argilla15.

14
Le case a due piani sono infatti rarissime. I pochi casi rinvenuti presentano una scala lignea che
poteva essere situata all’interno o all’esterno della struttura, in funzione di collegamento tra i vari
ambienti.
15
STAFFA, 1994, p. 67-80.
11
I Longobardi in Abruzzo

Nel 568 assistiamo all’ingresso dei Longobardi in Italia che, attraverso Cividale del
Friuli, iniziano ad entrare nella regione passando per il Veneto ed espandendosi per
tutta l’Italia settentrionale. Alla loro espansione nel meridione si succedono le
fondazioni dei due importanti poli: i ducati di Spoleto (570) e di Benevento (576).
Le tappe della conquista longobarda in Abruzzo saranno graduali e distribuite in un
arco di tempo di alcuni decenni, fino al completo controllo della regione nel VII
secolo inoltrato. Come precedentemente illustrato, l’invasione viene accuratamente
descritta nei Dialogi di Gregorio Magno. Seppur in maniera parziale, data l’estrema
avversione dell’autore nei confronti dei nuovi arrivati, possiamo estrapolare
numerose informazioni dalla sua narrazione. La tomba dell’ormai defunto Equizio
Amiternino è meta di preghiera per i monaci abruzzesi, ed il suo monastero è il
rifugio per molti di questi. La devastazione descritta da Gregorio Magno fa
soprattutto perno sui danni recati all’apparato religioso del territorio. Dalle sue
parole possiamo infatti determinare come la popolazione longobarda scatenasse la
sua furia principalmente sulle autorità ecclesiastiche, come successivamente
vedremo con la caduta delle numerose diocesi della regione. Questo
comportamento è probabilmente attribuibile alla matrice ariano-pagana del popolo
invasore. Ad ogni modo è necessario prendere le parole di Gregorio Magno con la
dovuta cautela. La sua descrizione, essendo rivolta principalmente ad un pubblico
bizantino, è volutamente esasperata, per questo motivo la narrazione è incentrata
soprattutto sull’aspetto religioso. Vediamo inoltre come nei primi decenni
dell’avanzata longobarda non si attui un vero e proprio piano di conquista concreto
ed efficace, bensì, assistiamo ad un susseguirsi di rapide incursioni e saccheggi
mirati alla destabilizzazione del territorio ed alla rottura dei contatti tra i vari centri
bizantini.

12
Le tappe della conquista longobarda

Figura 5 – Un primo approccio alla ricostruzione della situazione territoriale in Abruzzo (STAFFA,
2000b, p. 119).

Grazie alle lettere di Gregorio Magno e, solo in piccola parte, alla Descriptio Orbis
Romani di Giorgio Ciprio, possiamo ricostruire in parte le tappe dell’avanzata
longobarda nella regione. Numerose sono le menzioni dei Castra bizantini, sintomo
di un consolidamento delle frontiere a protezione dei territori controllati. A seguito
della stabilizzazione centrale dei ducati di Spoleto e Benevento, al 578 possiamo
collocare il passaggio delle truppe longobarde attraverso la via Salaria, via che
permetterà loro di introdursi nella regione. A conferma di ciò abbiamo la presenza

13
di numerose stazioni nei pressi dell’ascolano, in difesa dell’asse viario. A seguito
della conquista di Ascoli, assistiamo alla successiva caduta di Firmum Picenum16.
Il versante teramano, compresa la costa, sarà il primo a cadere in toto nelle mani
della Gens Langobardorum. L’avanzata longobarda si fa incalzante e alla conquista
di Fermo si aggiunge quella dell’importante porto di Castrum Truentinum. A
conferma di ciò abbiamo definitiva scomparsa della diocesi ivi situata, connessa
alla desolazione dell’area ed al successivo innestarsi di una struttura nota come
Castellum Montis S. Pauli17, chiaro risultato di una profonda contrazione
dell’abitato. Il rapido avanzamento longobardo costringe i Bizantini a consolidare i
centri in loro possesso lungo la costa teramana. Sull’antica colonia romana di
Castrum Novum sorge infatti il centro fortificato di Κάστρων Νοβο, risultato
abitativo della contrazione dell’antica colonia intorno alla pieve di S. Flaviano,
situato in posizione strategica presso la foce del Tordino. All’arretramento dei
Bizantini corrisponde una loro parallela e parziale permanenza in alcune zone di
minor conflitto tra le quali Aprutium (Teramo), trasformata dai Bizantini nel
Castrum Aprutiensis e controllata stabilmente da questi anche nel corso del VII
secolo. Sulla conquista di Teramo si hanno varie teorie. Da una parte vediamo la
città in mano longobarda già dagli inizi del VI secolo, l’ipotesi di Tornese invece
estende ancora di più il periodo di controllo bizantino, arrivando anche al VII secolo
inoltrato, prima della totale conquista della regione da parte dei Longobardi. Non
possiamo di certo trascurare il clima di crisi all’interno della città, testimoniato
anche dalla drastica riduzione dell’abitato, ma possiamo vedere in Aprutium un
centro ancora particolarmente vitale, con intensa frequentazione accompagnata
dalla presenza di una stabile sede vescovile e da una produttività ancora
particolarmente stabile. Vediamo infatti come la città non venga menzionata
nell’elenco di Paolo Diacono e che, secondo le epistole di Gregorio Magno, appaia
ancora sotto il dominio bizantino durante il VII secolo. Probabilmente, è proprio
per questo motivo che nessuna fonte fa menzione di un gastaldato nell’area.
Possiamo intendere Teramo come unico punto di contatto con il sito di Castrum
Novum, in una situazione di accerchiamento quasi totale da parte dell’esercito

16
STAFFA, 1996, p. 188.
17
STAFFA, 1996, p. 189.
14
longobardo, stanziato a nord tra Tronto e Salinello e a sud, lungo la vallata del fiume
Vomano18.

Figura 6 Teramo: limiti del Castrum. (TORNESE, 2008-2009, p. 59)

Dalle lettere di Gregorio Magno veniamo inoltre a conoscenza di un tale Anione,


fondatore di un oratorio dedicato a S.Pietro, fatto consacrare per ordine del papa dal
vescovo Passivo19, e probabile responsabile di una struttura difensiva bizantina
situata nelle vicinanze della città della stessa Interamnia20. Il rinvenimento di
sepolture, risalenti al periodo in analisi, situate nei pressi di antiche strutture
romane, non fa altro che confermare il ruolo strategico dell’area durante l’avanzata
longobarda. Da questa considerazione è allo stesso modo possibile vedere nella
struttura fondata da Anione, situata molto probabilmente presso la chiesa di S.Pietro
di Campovalano, su una fondazione di epoca romana a contatto con l’edificio di
culto, un rifugio per tutti coloro che cercavano di sfuggire ai Longobardi21.
L’avanzata di questa popolazione costringe i Bizantini ad abbandonare Κάστρων
Νοβο e a ritirarsi presso il Castrum Guardiae, corrispondente all’attuale Guardia
Vomano. Nonostante ciò la loro permanenza nella zona durerà poco,
principalmente a causa della presenza di stanziamenti longobardi nei pressi di

18
TORNESE, 2008-2009, p. 109.
19
GREGORIO MAGNO, Registrum Epistularum, p. IX – 71.
20
STAFFA, 1996, p. 190, 191.
21
STAFFA, 1996, p. 191, 192.
15
Notaresco, presenza che porterà poi alla successiva occupazione dello stesso
Castrum Guardiae.22. L’esistenza di tali stanziamenti longobardi è confermata da
toponimi posti nei pressi di antiche ville romane come Curtis de Sala e Fara
S.Clementis, oltre al rinvenimento presso Veniglia di Notaresco di una sepoltura
con elementi del corredo di matrice barbarica23.

Sempre attraverso la via Salaria, i Longobardi irrompono nel territorio dell’Aquila,


gettando in una situazione di crisi l’apparato diocesano della zona. Come
precedente menzionato, in questo periodo assistiamo all’uccisione dei monaci della
provincia Valeria24. La crisi si estende ai centri di Peltuinum dove rintracciamo una
trasformazione del teatro in struttura fortificata ed un restringimento dell’abitato
nei pressi della via Claudia Nova, Aufinum ed in primis Amiternum, sede episcopale
fino al VII secolo, dove troviamo una situazione disastrosa dell’abitato e del
corrispondente Agro Amiternino, distrutto a seguito dell’invasione25. Nonostante
ciò la zona continuerà ad essere profondamente abitata durante tutto
l’altomedioevo. Nella zona del Fucino assistiamo ad una situazione non differente.
La presenza longobarda impedisce in parte le comunicazioni con il ducato romano
attraverso la Claudia Valeria. Il centro di Marruvium entra in un profondo stato di
crisi con una conseguente riduzione drastica dell’abitato, incentrato nei pressi
dell’asse centrale dell’impianto antico, oltre ad un fenomeno di intensa
ruralizzazione dell’area. Alla crisi di Marruvium ed al successivo spostamento della
sede vescovile di Marruvium-Marsi presso il Castrum Caelene (Celano), succede
l’abbandono del centro antico di Carsioli, a favore di un suo ricollocamento da
un’area pianeggiante ad una sopraelevata, situata a circa 3 km di distanza. In
risposta a ciò assistiamo alla resistenza bizantina nei pressi della via degli Abruzzi
(nome dell’antica via Minucia), importante tracciato che collegava la Val Pescara
ai centri di Isernia e Venafro, passando per Sulmona e l’altopiano delle Cinque
Miglia. Da ciò possiamo facilmente ipotizzare che alla difesa dell’asse viario
corrispondesse anche la difesa di Sulmona. Quest’ultima continua infatti ad essere
abitata dai Bizantini fino alla fine del VI secolo e vediamo come ai limiti dell’antica
città romana corrisponda l’area dell’insediamento altomedievale. Molto curiosa

22
STAFFA, 1996, p. 192.
23
STAFFA, 1997, p. 127.
24
GREGORIO MAGNO, Registrum Epistularum, IV, 24,22, pp.262, 260.
25
STAFFA, 1992, p. 796.
16
risulta inoltre la presenza di numerosi luoghi di culto, come anche grotte cultuali,
dedicati a S. Michele Arcangelo nei pressi della città, come nel caso della chiesa di
S. Angelo in Vetulis situata sul colle Scipione26. Ai luoghi di culto si aggiunge anche
la presenza di siti con toponimi di origine germanica che potrebbero confermare
un’occupazione longobarda dell’area tra VI e VII secolo. Possiamo fare l’esempio
di Fonte la Fara, importante punto strategico a controllo del passaggio che
attraverso la Valle del Vella arrivava verso Pacentro, il Guado si S. Leonardo e
Campo di Giove. Abbiamo poi Aringo, Gaita, Noce della Corte e Fara qud dicitur
Campeliano. Sono presenti tracce di occupazione anche presso Introdacqua. La
presenza longobarda in quest’area testimonia dunque un interesse legato alla
posizione del sito, prossimo sia alla via Claudia-Valeria che alla via degli Abruzzi.
Questa situazione di accerchiamento porta all’unione di Sulmona con le due diocesi
di Corfinio e Valva. La crisi affligge anche le sedi vescovili di Aufidena, spostata
da Castel di Sangro ad Alfedena e Aveia, ricollocata presso Forcona.

Nel pescarese la situazione appare ben diversa; a seguito della conquista longobarda
di Pinna Vestinorum, assistiamo al consolidamento di una frontiera con il versante
teramano data dal controllo ininterrotto da parte dei Bizantini nel versante costiero
dell’area che, con una serie di fortificazioni strategiche come Castrum Lauretum
(Loreto Aprutino) nella valle del Tavo, avevano segnato una netta linea di difesa
del proprio territorio. Pescara, che dalle fonti agiografiche appare munita, tra il 596
e il 597, di una cinta muraria e di un importante porto27, risulta danneggiata da un
incendio, probabilmente corrispondente agli scontri con i Longobardi ed alla
successiva riconquista bizantina. L’incendio provoca un abbandono di una parte
dell’insediamento e di opere di ripristino di una parte dell’abitato nell’area del
Bagno Borbonico28. A seguito di questo evento possiamo individuare una
riorganizzazione del territorio a favore di una maggior difesa della città e delle aree
limitrofe del versante costiero con particolare attenzione nei confronti del fiume
Pescara. Tutto ciò è confermato dal riuso di antiche ville romane e dalla presenza
di ceramica del tipo Crecchio lungo i siti attraversati dal fiume Pescara ed in
corrispondenza delle principali vie di collegamento con la città. Per poter garantire

26
La chiesa di S. Angelo in Vetulis risulta difficilmente attribuibile ad una dedicazione longobarda
a S. Michele Arcangelo in quanto il nome Vetulis deriverebbe dalla famiglia Vetulenus, presente
nella Valle del Tirino. REDI, 2010, p. 106.
27
CITTER, 2015, p. 282.
28
STAFFA, 1995, p. 316.
17
una vita a questi centri abitati era indubbiamente necessaria l’attivazione di nuovi
centri di produzione, per questo motivo possiamo individuare in alcuni tratti di
campagna, delle antiche strutture riadattate a centri di produzione ceramici;
possiamo fare l’esempio dell’abitato di Castellana-Piano Leone di Pianella dove è
stata rinvenuta una fornace per la produzione di ceramica comune29. Paolo Diacono
ci descrive la situazione di altre importanti aree limitrofe a Pescara. La contrazione
ed il decadimento degli abitati è ormai inevitabile e lo vediamo colpire Hatria
(Atri), così come Colle Fiorano, situato nei pressi del precedentemente citato Loreto
Aprutino. È possibile rintracciare sintomi di una stabilizzazione del dominio
longobardo presso la val Pescara, tramite la presenza di numerosi toponimi
barbarici e grazie anche al ritrovamento di molteplici sepolture con elementi di
corredo chiaramente longobardi, confrontabili con contesti limitrofi (Pettine in osso
decorato con motivi geometrici). A questo punto possiamo vedere nel fiume
Pescara il confine tra il ducato di Spoleto e quello di Benevento, in una loro azione
di “chiusura” della rimanente popolazione bizantina. Numerosi sono infatti i
toponimi che confermano il consolidamento delle aree di controllo da parte dei
Longobardi; tra questi possiamo citare la Fara de Macclis presso Cordano di Loreto
Aprutino, la Fara de Saratico presso Spoltore, il Castellum de Sculcula presso
Calcasacco-Castelluccio di Villanova di Cepagatti ma andremo ad analizzare la
toponomastica nel dettaglio nei capitoli successivi.

Così come Pescara, i territori del chietino sono interessati da articolate misure di
difesa da parte dei Bizantini per poter favorire un controllo delle importanti aree
portuali costiere, principali mezzi di comunicazione con l’esarcato ravennate.
Assistiamo dunque ad una fortificazione intensiva dei maggiori centri di Lanciano,
Vasto ed in primis Ortona, capitale bizantina in Abruzzo. Ortona viene menzionata
come Kàstron ‘Ortonos da Giorgio Ciprio e non a torto, considerando l’intensa
opera di fortificazione della città, sia nell’area del Palazzo Farnese che in quella del
Castello Aragonese. Nell’entroterra di Ortona abbiamo il sito strategico di
Vassarella-Casino Vezzani di Crecchio, posto in una zona di controllo degli assi
viari principali. Presso Lanciano, abbiamo segni dell’occupazione bizantina
nell’area dell’attuale Piazza del Plebiscito, presso piazza dei Frentani e Largo S.

29
Scavi della soprintendenza archeologica dell’Abruzzo, Aprile 1993. PETRONE, SIENA,
TROIANO, VERROCCHIO 1994.
18
Giovanni, grazie al ritrovamento di ceramica di tipo Crecchio. Vasto (Histonium)
presenta opere di difesa principalmente a causa della posizione strategica dell’area,
situata a controllo della via costiera che confinava con il Molise. Il porto di Punta
Penna è inoltre l’unico approdo naturale della costa meridionale della regione. La
città appare afflitta da uno stato di profondo restringimento dell’abitato,
testimoniato dalla presenza di isolate sepolture con ceramica di tipo Crecchio,
realizzate tramite il riuso di materiali di crolli. Sempre grazie alle fonti di Giorgio
Ciprio, possiamo rintracciare un Kàstron Reunias nei pressi della città, situato tra
Castrum Truentinum e Kàstron Beneren (Vicus Veneris), situato presso S. Giovanni
in Venere, a controllo della Val di Sangro, importante zona di passaggio per
accedere al versante costiero della regione. Il Kàstron Reunias, situato nei pressi
dell’abitato di Rahone, area che dovrebbe corrispondere all’attuale zona
dell’Aragona30. Chieti appare invece priva di consistenti informazioni, data la quasi
assente disponibilità di dati archeologici; assistiamo però ad un moltiplicarsi di
toponimi barbarici, sintomo di un avanzamento incalzante dell’esercito longobardo.
Come precedentemente sottolineato, tra i due ducati è quello di Benevento a
controllare, attraverso la via degli Abruzzi, l’area del chietino interno fino al
territorio di Sulmona ed è possibile affermare che, al compattamento della presenza
longobarda nel chietino interno, parallelo al consolidamento del versante costiero
da parte dei bizantini, si possa vedere un interesse bizantino mirato principalmente
al controllo degli assi marittimi per assicurarsi una via di comunicazione con
l’esarcato ravennate, rinunciando a territori di minor importanza situati
nell’entroterra. Sfortunatamente anche la costa subirà le stesse sorti del chietino
interno. Il fallimentare tentativo di riconquista dell’Italia meridionale da parte
dell’imperatore Costante II, sconfitto da Romualdo I nella seconda metà del VII
secolo, unito alla ripresa delle ostilità verso i Bizantini con l’arrivo di Grimoaldo I,
scatenano un conflitto che porterà questi ultimi alla graduale perdita dei territori
rimasti sotto il loro controllo. L’avanzamento longobardo appare differenziato; si
alternano fenomeni di distruzione ad altri, ben più rari, di stanziamento. Prestiamo
attenzione ad un dato che potrebbe essere solo in parte veritiero, data la fragilità
delle fonti toponomastiche: il rapido incremento di Fare all’interno del territorio,
probabilmente mirate all’isolamento dei vari abitati dai loro centri di riferimento

30
STAFFA, 1996, p. 211.
19
potrebbe infatti confermare la presenza di popolazioni in movimento dedite a rapide
incursioni e saccheggi. Nonostante ciò non sappiamo se queste Fare fossero di
diretta fondazione longobarda, in quanto non possiamo attribuire a tutti lo stesso
modus operandi. A questo fenomeno è dunque probabilmente riconducibile
l’assenza di reperti nell’area, collegabile ad un’assenza di insediamenti stabili da
parte del popolo invasore. La tattica di espansione a rete e il successivo isolamento
dei vari centri consente ai Longobardi di occupare gradualmente le città di Ortona,
controllata dai Bizantini fino alla metà del VII secolo dopo una sempre più evidente
chiusura dei contatti con i centri circostanti, Lanciano, ormai circondata da
stanziamenti Longobardi, e Vasto, con la notizia della scomparsa della diocesi ivi
situata. Abbiamo inoltre una concentrazione di numerosi toponimi presso il
territorio di Chieti, localizzabili principalmente in zone d’altura a controllo dei
fiumi che portavano alla costa31. Abbiamo Fara de Laento, Fara Filiorum Petri,
Fara S. Martino, Guardiagrele.

Giungiamo dunque, nel VII secolo inoltrato, ad una situazione di totale dominio
dell’Abruzzo da parte della popolazione longobarda con un controllo di tutte le aree
a nord del fiume Aterno da parte del ducato di Spoleto (Pinna Vestinorum,
Aprutium, Valva, Furcona, la Civitas Marsicana)32 e di tutte le aree a sud da parte
del ducato di Benevento (Ortona, Vasto, Lanciano, Chieti). Possiamo dunque
vedere nell’invasione da parte dei due ducati, una sorta di avanzamento a morsa che
da nord e sud costringe la popolazione bizantina all’arretramento ed alla creazione
di una linea fortificata a protezione dei centri costieri, centri che come abbiamo
visto, cadranno inevitabilmente sotto il dominio longobardo. Negli anni successivi
l’abilità di Gregorio Magno porterà tuttavia ad un clima di pace, con una
conversione del popolo longobardo al cattolicesimo. Assistiamo dunque ad un
termine dei conflitti ed una successiva integrazione dei Longobardi con le
popolazioni autoctone.

31
STAFFA, 1996, p. 215, 216.
32
TORNESE, 2008-2009, p. 74.
20
Viabilità, città e centri amministrativi

Abbiamo avuto modo di vedere nel capitolo precedente come la Salaria e la Claudia
Valeria siano state le principali vie di ingresso dei Longobardi di Spoleto all’interno
della regione. Per quanto riguarda i Longobardi di Benevento, la via degli Abruzzi,
identificabile con l’antica via Minucia, ha ricoperto un ruolo cardine nella conquista
del chietino e degli ultimi territori sotto il controllo bizantino, tramite il passaggio
di truppe attraverso il Passo di S. Leonardo, la Val Pescara e la valle dell’Aventino,
fino ad arrivare a Chieti. Basandoci sulla posizione dei toponimi nella regione, sui
rinvenimenti archeologici e sulla continuità insediativa dei centri maggiori,
possiamo constatare come anche in epoca longobarda, ben dopo la conquista
dell’Abruzzo, in un periodo di stabilità organizzativa, i principali assi viari romani
siano ancora totalmente funzionanti e, anche se in modo sporadico, soggetti ad
operazioni di manutenzione. Si può fare l’esempio della via Caecilia, asse di
collegamento tra Roma e Teramo, passante per Amiternum. La via appare infatti
ricca di toponimi longobardi, in particolare del toponimo “Cafaggio”. Così come
anche la via Tiburtina Valeria, dove il toponimo “Sculcola” sembra essere
particolarmente ricorrente33. Un’altra importante via di collegamento doveva essere
quella che portava al centro fortificato di Castrum Novum, probabilmente ancora
sotto il controllo longobardo data la sua posizione strategica di controllo sul mare
in difesa della città di Teramo. Al permanere di alcuni assi viari romani ne
corrisponde il declino di altri, soprattutto in zone abbandonate a causa degli iniziali
conflitti.

Già dal III secolo assistiamo ad un periodo di crisi che porta al restringimento ed
all’abbandono di numerosi abitati. L’invasione longobarda non fa che accentuare
questo fenomeno portando alla fortificazione di molti di questi a fini di difesa ed
alla ruralizzazione di molteplici aree con il successivo abbandono di centri minori.
Assistiamo ad un blocco di numerosi assi commerciali, compreso il Tratturo

33
REDI, 2010, p. 115.
21
Magno, in disuso già da tempo. Successivamente34 alla crisi portata dal conflitto,
assistiamo, durante la metà del VII secolo, ad un lento tentativo di ripristino delle
principali aree dell’Abruzzo da parte dell’aristocrazia longobarda. Paolo Diacono,
nella sua Historia Langobardorum, menziona i centri longobardi di maggior
importanza. Tra questi abbiamo Carsiolim, Furconam, Amiternum, la Regionem
Marsorum, Pinnis, Hadria e Teate

Valva

Il gastaldato di Valva è il più antico d’Abruzzo (metà VIII sec), seguito da quello
di Forcona. L’area è situata lungo la valle tritana e comprende Carapelle, Ofena,
Navelli, Calascio, i centri di Peltuinum, Corfinium, la valle Subequana, la conca
peligna, fino all’altopiano delle Cinquemiglia. Pratola Peligna è la sede vescovile
ed il capoluogo dell’area che prende appunto il nome di Valva in seguito alla
riduzione dell’abitato nei pressi del complesso di S. Pelino. Sappiamo che la contea
di Valva era una delle più estese del ducato di Spoleto e confinava direttamente con
i territori pertinenti al ducato di Benevento. I restanti limiti, seppur difficili da
indicare con certezza, confinavano con il territorio teatino, pinnense, marsicano e
furconino Abbiamo stabili contatti con il ducato di Spoleto a partire dagli inizi
dell’VIII secolo dove le fonti ci narrano del trasporto, da parte del duca Faroaldo,
delle reliquie di S. Lucia a Corfinio. Al persistere in zona collinare dell’originale
abitato di Corfinium, corrisponde la fortificazione del complesso episcopale di S.
Pelino, zona che diverrà poi la sede stabile del Gastaldato. Le notizie sulla presenza
longobarda nel territorio sono particolarmente interessanti ed hanno portato ad una
serie di approfonditi studi al fine di verificare la veridicità delle fonti. Al 689-706
corrisponde una donazione da parte di Gisulfo I al monastero di S. Vincenzo al
Volturno di alcuni territori e chiese situati nell’area valvense (S. Maria al Trigno,
S. Maria in due Basiliche) Un esempio è quello della costruzione del monastero di
S. Pietro ad Oratorium, anticamente indicato come monasterio Intride, poiché
situato lungo la valle del Trite. Il monastero appare di pertinenza di S. Vincenzo al
Volturno e la sua fondazione da parte dei longobardi è testimoniata dall’iscrizione
posta sull’architrave del portale della chiesa che presenta la frase: “A rege Desiderio

22
fundata milleno centeno renovata”. Facciamo risalire la fondazione del monastero
al 756 anche se il Chronicon Vulturnense ci conferma la presenza dell’edificio già
nel 752. Possiamo dunque supporre che Desiderio non sia stato propriamente il
fondatore del monastero ma che bensì abbia partecipato durante lavori di
ampliamento della cella, in occasione della concessione di alcuni possedimenti
lungo la valle del Trite al monastero di S. Vincenzo al Volturno. A S. Pietro era
inoltre legata la curtis Tritana, situata presso il fiume Tirino. Abbiamo inoltre
notizie di una disputa avvenuta nell’area, tra i monaci di S. Pietro e gli abitanti
dell’attuale Carapelle Calvisio, in merito all’appropriazione illecita ed il successivo
disboscamento di territori di proprietà del monastero, per fini agricoli e di
allevamento. Sappiamo che il duca Ildebrando invia Dagario a risolvere il conflitto,
terminato a favore del monastero35.

Amiternum

Il territorio di Amiternum risulta particolarmente importante durante la dominazione


longobarda. La tarda fondazione di un gastaldato, solo nel IX secolo, appare
incompatibile con quanto narrato da alcune fonti, essendo uno dei centri maggiori
durante il dominio longobardo. La documentazione archeologica appare lacunosa,
soprattutto per poter effettuare uno studio etnico della frequentazione
altomedievale. Il territorio è senz’altro caratterizzato dalla presenza di numerose
proprietà nell’area. Tutte le curtes situate in questo territorio appartengono
indubbiamente alle autorità longobarde; tra queste abbiamo la curtis di Poplito,
individuabile presso Coppito, presso la quale è attestato un riutilizzo di antiche ville
romane, e quella di San Sisto a L’Aquila. Al 745-752 risale un precetto in cui il
duca di Spoleto Lupo conferma all’abate del monastero di S. Vincenzo al Volturno,
Epifanio, il possesso di numerose case nel territorio amiternino e nella sabina36. Le
fonti ci parlano inoltre di una lunghissima serie di donazioni da parte di duchi e
membri dell’aristocrazia longobarda, che si protrae fino al IX secolo. Buona parte
di queste donazioni riguardano l’abbazia di Farfa, importantissima per il suo legame
con il ducato di Spoleto. Sappiamo infatti che il duca longobardo Teodicio dona

35
REDI, 2010, p. 125, 127, TORNESE, 2008-2009, p. 95, 99.
36
Precetto di Ludovico il Pio: 1 Aprile 851; doc. n° 55
23
all’abbazia le decime del grano provenienti dai grandi appezzamenti della curtis
amiternina, datata al 763 e situata presso la piana che circonda la città. Al duca
Teodicio corrispondono anche i gualdi di Ascle (Arischia), Rivus Curvus (Cagnano
Amiterno) e Mons Calvus dove parte del terreno è affidata al pascolo di buoi e
pecore dell’abbazia. Nel 776 assistiamo ad un’altra donazione, questa volta da parte
del successore di Teodicio, Ildeprando, il quale dona a Farfa la chiesa di S. Eleuterio
insieme ad un Casale situato nel territorio amiternino. Continuano a susseguirsi
numerose donazioni che perdurano anche nell’VIII secolo con il rapido
ampliamento del fundus dell’abbazia di Farfa grazie all’edificazione di numerose
curtes e domuscultae dotate di grandi appezzamenti di terreno per l’agricoltura e
l’allevamento. Abbiamo un atto de 770, ripetuto poi nel 771 da parte della monaca
Elina, zia di Hildericus, la quale dona a Farfa una serie di proprietà, mantenendone
l’usufrutto. Al 776 facciamo risalire il Gastaldus forconino Majorano. Al 777
corrisponde invece un testamento da parte di Vittore dove egli lascia numerose
proprietà tra le quali abbiamo case, vigneti, terre di ogni genere. Nel 778 assistiamo
alla donazione di Bassello di una casa massaricia e nel 786 a quella del chierico
Ilderico che dona alcune casae massariciae oltre molti suoi possedimenti in Sabina.
Successivamente assistiamo all’arrivo di Paolo, gasdino e successivamente
falconarius del duca Ildeprando, il quale dona numerose terre e case all’abbazia di
Farfa. Alcuni dei territori menzionati da Paolo sono rintracciabili ancora oggi:
abbiamo infatti la terram ad Pectinum, corrispondente al territorio di Pettino, la
terram in Cavallari, situata appunto presso Cavallari, nei pressi di Pizzoli, ed infine
la terram et vineam in Marruce, corrispondente all’attuale Marruci. Assistiamo a
donazioni anche da parte dei gastaldi Piccone e Probato, zii di Paolo di numerosi
appezzamenti terrieri, uno dei quali corrispondente alla zona del Vetoio37.

Alla dominazione longobarda corrisponde anche la costruzione di tombe poste in


posizione di privilegio presso le catacombe di S. Vittorino ad Amiternum.
Assistiamo inoltre alla dedica a San Michele Arcangelo della chiesa sub divo,
dedica che secondo Redi non venne effettuata prima del IX secolo, sulla base di un
documento riguardante delle donazioni da parte del duca Teodicio al monastero di
Farfa, nel quale la chiesa viene ancora identificata come aecclesia Sancti Victorini.
Caso molto interessante e probabile esempio dell’evergetismo attuato dalla classe

37
TORNESE, 2008-2009, p. 82.
24
aristocratica longobarda, appare il ritrovamento di un frammento di architrave di
VII secolo il quale potrebbe avere legami con l’appena citata chiesa sub divo e che
presenta sul retro l’iscrizione a]rdor[…] […fe]cit. secondo lo studioso Giacomo
Pani, potrebbe corrispondere a langoba]rdor(um) […fe]cit, integrazione che
andrebbe a confermare la presunta dedica della chiesa da parte dei Longobardi.
Probabilmente integrabile con il territorio di amiternino è quello di Furcone
(Forcona), sotto il controllo del Gastaldo Majorano, precedentemente menzionato.
Il territorio è caratterizzato da confini particolarmente fragili con l’area amiternina
e da una scarsa documentazione archeologica riassumibile nel ritrovamento, presso
la chiesa di S. Giustino a Paganica, di una lastra di recinzione presbiteriale
opistografa decorata con motivi floreali ed animalistici. Sul retro della lastra vi è
un’iscrizione che presenta i nomi dei committenti dell’opera, Ractecausus e Eudo,
nomi di origine germanica attribuibili a membri della nobiltà longobarda. Sono
attestati anche territori del fisco nell’area di Cesarano, nei pressi di Tempera,
Aragno e Camarda.

Figura 7: Lastra di recinzione presbiteriale presso San Giustino a Paganica, fronte. TORNESE
(2008-2009)

25
Figura 8: Lastra di recinzione presbiteriale presso San Giustino a Paganica, retro. TORNESE (2008-
2009)

La Marsica

Il territorio marsicano è l’esempio di quanto esposto nell’introduzione. A causa


della morfologia dell’area, la Marsica si trova isolata rispetto al resto della regione.
Nonostante il dissesto idrogeologico dell’area in seguito al terremoto del IV secolo,
il territorio si presenta estremamente ricco di risorse, principalmente grazie alla
presenza del lago del Fucino, sfruttato anche a livello ittico38, e di un territorio
pianeggiante particolarmente fertile. Si tratta di una zona dove è attestata una forte
presenza longobarda, dovuta, molto probabilmente, alle motivazioni appena
elencate. In quest’area abbiamo infatti l’importantissimo sito di Aielli (che verrà
descritto nei prossimi capitoli) il quale ha restituito gli unici reperti attribuibili senza
alcun dubbio al popolo longobardo. L’area marsicana, situata tra i ducati di Spoleto
e Benevento, è vittima di un lungo periodo di contesa per il controllo della valle del

38
La pratica della pesca presso il lago del Fucino è confermata da un documento del 773 e da uno
del 782 in cui il duca di Spoleto Ildeprando decide di donare al monastero di Montecassino numerose
zone poste nei pressi dell’attuale centro di La Restina. Nel documento viene fatta menzione di gruppi
di pescatori presso il lago. TORNESE, 2008-2009, p. 91.
26
Roveto, contesa conclusasi a favore del ducato di Spoleto. Possiamo individuare
tracce di riutilizzo di antichi edifici di culto in centri come Alba Fucens, o nel
rinvenimento di una calcara presso Marruvium, rivelatasi perfettamente
funzionante anche in epoca longobarda. Indizi di una continuità abitativa
provengono anche dagli scritti di Paolo Diacono, in cui egli fa menzione di centri
come Carsioli dove sfortunatamente le tracce di abbandono hanno prevalso sugli
indizi di una probabile frequentazione39. La Marsica appare ricca di terre di
proprietà di famiglie longobarde. Nel 761 si fa menzione dell’acquisto da parte
dell’abbazia di Farfa di alcune terre situate nella Sabina, precedentemente in
possesso di S. Vincenzo al Volturno. L’atto di acquisto in questione viene stipulato
nella regione dei marsi ed il documento viene sottoscritto dal gastaldo Gaiderisio,
probabile gastaldo della Marsica stessa40. Anche in questo caso torniamo a parlare
della donazione di Elina, avvenuta anche presso il territorio amiternino. In questo
caso sappiano che decide di donare all’abbazia di Farfa numerosi appezzamenti di
terra, case e vigneti, situati nei pressi di Carsioli. La famiglia di Elina, ed in
particolare il precedentemente citato Ilderico, nel momento in cui ricopre il ruolo
di gastaldo, decide di donare a Farfa una villa. Nel 782 il duca Ildeprando dona al
monastero di Montecassino dei suoi possedimenti situati nella marsica. Anche
Paolo, di cui abbiamo parlato per il territorio di Amiternum¸ nel 792 redige un
testamento dove dona all’abbazia di Farfa i suoi possedimenti nell’amiternino ed
anche nella Marsica.

In alcuni casi, ci sono centri, chiaramente occupati dai Longobardi, che


sfortunatamente non presentano una consistente quantità di dati tale da delineare un
quadro generale dell’organizzazione del territorio.

Vasto

Vasto, importantissima città portuale della regione, cade sotto il controllo del
ducato di Benevento con Autari. Non abbiamo molte informazioni sulla presenza
di un eventuale gastaldato nell’area. Possiamo però supporre che, data l’importanza
del sito e date le attestazioni di una frequentazione intensiva, ne fu certamente sede.
Nell’VIII secolo assistiamo alla costruzione del monastero di S. Stefano de Rahone.

39
REDI, 2010, p. 109.
40
TORNESE, 2008-2009, p. 90.
27
Penne

Penne sorge sul sito dell’antica città romana di Pinna Vestinorum. Si tratta di uno
dei territori meno estesi della regione ma nonostante ciò assume il ruolo di
principale centro amministrativo in epoca longobarda anche se avremo attestazioni
di un gastaldato solo in epoca successiva. Al 782 corrisponde la donazione di una
“curtem in territorio civitatis nostrae Pennesae, loco qui dicitur Castrianiano, da
parte del duca Ildeprando al monastero di Montecassino41. Tracce di presenza
longobarda nel territorio sono confermate dal rinvenimento di numerosi reperti
nelle aree limitrofe i quali verranno analizzati nel capitolo successivo.

41
TORNESE, 2008-2009, p. 103,104.
28
Le testimonianze archeologiche

Per quanto riguarda l’aspetto legato ai dati materiali del popolo longobardo,
l’Abruzzo appare caratterizzato da quel paradosso che affligge numerose aree della
penisola: la mancanza di una cospicua quantità di rinvenimenti archeologici che
possano essere direttamente attribuiti all’etnia in questione. Casi esemplari sono
quelli di Spoleto e Pavia che, pur essendo i principali centri amministrativi
longobardi, non presentano una soddisfacente quantità di dati archeologici. Spesso
non sappiamo infatti se un dato elemento possa essere attribuito a Goti o
Longobardi. L’Abruzzo è principalmente caratterizzato dalla presenza di numerosi
sepolcreti e sparsi42, a volte localizzati ai limiti di centri urbani come Amiternum,
Ortona, Penne, Teate43, i quali sono stati d’aiuto per comprendere il processo di
conquista della regione. In questa sede verranno presi in esame tutti i rinvenimenti
che, nonostante le difficoltà di attribuzione, presentano forti somiglianze con i
principali contesti sepolcrali italiani di Castel Trosino e Nocera Umbra, oltre ai
reperti di chiara matrice germanica inquadrabili tra VI e VIII secolo. È importante
notare come dopo tre secoli, in questo periodo le sepolture comincino a presentare
nuovamente tracce di corredo. Questo fenomeno, seppur nuovamente presente nel
III secolo, in corrispondenza con la ricomparsa dell’inumazione, può essere in parte
collegato all’inserirsi della popolazione longobarda nel territorio con la
conseguente reintroduzione di pratiche funerarie ormai abbandonate dalle
popolazioni autoctone44. Abbiamo inoltre un elemento che costituisce un problema
ma allo stesso tempo un dato molto importante per ricostruire il processo di
insediamento di questa popolazione germanica: non sappiamo infatti se molti dei
reperti rinvenuti appartengano direttamente ad individui longobardi o siano stati
utilizzati dalle popolazioni autoctone.

42
STAFFA, 2000b, p. 120.
43
STAFFA, 1996b, p. 161.
44
STAFFA, 1997, p. 120.
29
Gran parte delle sepolture che andremo ad analizzare sono principalmente ricavate
da elementi di riuso, così come abbiamo visto nel caso della ripresa della
frequentazione di determinati siti e nella successiva costruzione di strutture. Le
sepolture sono suddivise in tre tipologie principali, ad esclusione delle rare
eccezioni. Abbiamo sepolture semplici in fossa terragna, sepolture a cappuccina e
sepolture a cassone, in alcuni casi realizzato appunto tramite il riuso di frammenti
architettonici.

Teramo

Alle prime fasi dell’avanzata longobarda corrisponde una serie di numerosi


sepolcreti sparsi, situati nel territorio del teramano. Al periodo della conquista di
Castrum Truentinum ed Asculum, ed alla successiva formazione di una fascia di
frontiera con i Bizantini (580), corrisponde il sito di S. Egidio alla Vibrata, in
località Colle Chiovetti-Fonte Trocco, dove è stato rinvenuto un sepolcreto che
presenta un corredo collegabile ai materiali della necropoli di Castel Trosino. Tra i
rinvenimenti, oltre ad una serie di armi che ha reso il sepolcro collegabile ad un
insediamento longobardo, spiccano una borchia in oro a decorazioni filigranate di
stile longobardo, una anello in oro a doppio castone piatto ed un orecchino in oro
con granato.45 Spostandoci verso Civitella del Tronto, assistiamo al rinvenimento
di un sepolcreto che tra gli elementi di corredo ha restituito un bacile di stampo
copto, due anelli in oro ed un pendente in cristallo di rocca. Tutti i reperti, tranne
alcune monete con raffigurazioni di imperatori, presentano strette somiglianze con
i reperti di Castel Trosino. Il rinvenimento di inumati con armi, collegato con la
posizione strategica del sito di Civitella, suggerisce la possibile presenza di un
avamposto difensivo longobardo, probabilmente in funzione di controllo di parte
della valle del Tronto. Alla conquista di Fermo avvenuta poco dopo il 580,
corrisponde invece il rinvenimento, presso Casale Feriozzi di Martinsicuro, di una
fibbia ad ardiglione, collegabile a numerosi contesti longobardi, rinvenuta
all’interno di una tomba a cappuccina che ospitava il corpo di una bambina.

45
TORNESE, 2008-2009, p. 70, STAFFA, 1997, p. 121.
30
Notaresco ha restituito reperti archeologici di grande importanza individuabili nelle
aree di Veniglia e S. Lucia. Presso Veniglia è stata rinvenuta una tomba che
presentava uno scheletro con ossa sparse, il quale era accompagnato da un reperto
confrontabile con le tipologie di Castel Trosino; una fibula in metallo dorato con
granate incastonate. Ancor più interessante è quanto rinvenuto a S. Lucia, dove,
durante uno scavo di emergenza effettuato negli anni ’80, sono state portate alla
luce ben tre sepolture a cappuccina poste in fila, datate al VI-VII. Si suppone che
non fossero le uniche sepolture presenti nell’area e che le altre siano state
involontariamente distrutte tramite le ripetute arature del terreno46. Una delle
sepolture presentava due individui in posizione supina e accanto al cranio di uno
erano posti due spilloni in argento. Il resto del corredo presentava un vago di collana
in pasta vitrea blu, un collo di bottiglia in vetro, due aghi crinali in argento con
capocchia globulare, un pendaglio in vetro color ambra, simile ad un esemplare di
derivazione orientale rinvenuto in Sicilia, e due coppie di orecchini in argento dalla
difficile attribuzione etnica, data la loro somiglianza a manufatti di stampo
bizantino. Il pendaglio presenta una decorazione a stampo con raffigurazione
zoomorfa. Abbiamo reperti simili sempre a Notaresco, più precisamente presso la
villa di Grasciano. Per quanto riguarda gli anelli, la prima coppia è del tipo a
“Cestello”, di cui abbiamo confronti presso il sito di Cividale-Cella di VI-VII
secolo. Questa tipologia presenta un anello di sospensione liscio ed aperto. Una
delle estremità è a punta mentre l’altra presenta una rastrematura con modanatura
ad astragalo e chiusura ad innesto. Uno degli orecchini dispone anche di un
occhiello saldato lungo il cerchio, identificato come un probabile punto di aggancio
di un pendente. Anche la seconda coppia, del tipo a “globetti” (Fig. 8), è
caratterizzata da una chiusura ad innesto. L’esterno del cerchio presenta anch’esso
un occhiello saldato all’orecchino anche se quest’ultimo è caratterizzato dalla
presenza di tre gruppi di tre globetti saldati lungo il cerchio, in posizione
triangolare47.

46
STAFFA, 1997, p. 127.
47
TORNESE, 2008-2009, p. 69,70, STAFFA, 1997, p. 127-129.
31
Figura 9 : Orecchini a Globetti da S. Lucia di Notaresco (TE) (ANTONELLI 2006b)

I reperti di Notaresco sin ora elencati non permettono una chiara attribuzione etnica,
tantomeno appaiono di pertinenza longobarda. Come riportato da Tornese ed
analizzato da Antonelli, l’ubicazione dei reperti e la toponomastica fungono in
questo caso da elementi fondamentali per l’attribuzione di questi materiali ai
Longobardi. La dedica a Santa Lucia sembrerebbe infatti una pratica
particolarmente comune presso i Longobardi, soprattutto con il duca di Spoleto
Faroaldo48. Grazie a questi dati possiamo rilevare come la vicinanza di questi
toponimi sia il chiaro segnale di una presenza alloctona nel territorio, nonostante la
difficile correlazione dei reperti con la popolazione in esame.

L’Aquila

Anche il territorio dell’aquilano presenta numerose tracce materiali che, insieme


alle fonti, confermano la presenza longobarda nel territorio. Anche in questo caso,
molti dei rinvenimenti non consentono una definitiva attribuzione etnica. Un
esempio è costituito dal rinvenimento presso i margini dell’abitato di Corfinium,
più esattamente all’interno dell’oratorio di S. Alessandro presso la cattedrale di
Valva, di un gruppo di quattro sepolture di cui tre a cappuccina ed una a cassone,
realizzate tramite il riuso di antichi materiali romani. Gli scavi di Giuntella hanno

48
TORNESE, 2008-2009, p. 70.
32
restituito l’unico materiale datante di tutto il complesso, rinvenuto nella tomba 1, il
quale colloca le sepolture tra VI e VII secolo. Si tratta di un pettine in osso
particolarmente danneggiato, il quale presenta solamente una parte della presa e
della lamella di aggancio dei denti. La causa della scarsità di dati andrebbe ricercata
proprio nell’edificazione dell’oratorio di S. Alessandro, durante la quale le tombe
avrebbero subito numerosi danni. In alcuni casi, all’iniziale mancanza di reperti si
aggiunge anche il fenomeno del saccheggio, probabilmente ricollegabile ai beni
della corona, il quale ha reso ancor più difficile la ricostruzione di questo periodo
storico. Vediamo infatti come presso Colle Riina a Pescocostanzo, verso la fine
degli anni ’90 sia stata effettuata un’importantissima ricerca, compromessa però dal
fenomeno appena citato. Dall’iniziale rinvenimento di due tombe a cassone si è
passati, negli anni successivi, all’ampliamento del settore di scavo ed al
rinvenimento di ben quindici inumazioni in totale. Sfortunatamente, dodici di
queste erano state precedentemente danneggiate da scavi clandestini, il che ha reso
assai complicato il processo di identificazione e restauro dei pochi reperti rinvenuti.
Le sepolture apparivano suddivise in tre gruppi ciascuno dei quali aveva un
orientamento diverso. Le tombe erano di tipologie differenti con una prevalenza di
sepolture a fossa terragna (tt. 2, 10, 11, 13) ed una minor quantità di sepolture a
cappuccina (tt 9, 14) e a cassone (tt. 1,4). La tomba 2, una delle poche intatte
insieme alle tombe 1 e 14, è quella che ha restituito il corredo più ricco, composto
da una collana in pasta vitrea con vaghi di varie dimensioni e colori, un’armilla in
bronzo a sezione circolare con capi aperti, un’altra armilla bronzea a sezione
schiacciata con decorazione a zig zag, un piccolo anello in bronzo, vari frammenti
di ceramica comune accompagnati da altri frammenti di armilla. Anche la tomba
13 presentava un buon numero di elementi di corredo tra i quali possiamo
individuare 2 frammenti di balsamario in vetro, frammenti di ceramica di tipo
Hayes 81 ed Atlante 48.4, vaghi in pasta vitrea ed alcuni frammenti di bronzo. Sia
la tomba 2 che la 13, data la particolarità del corredo, sono state attribuite ad
individui femminili. La presenza di ceramica Hayes e Atlante ha consentito di
datare il nucleo al VI secolo. Le sepolture rimanenti presentavano tutte tracce di
corredo, testimoniate dalla presenza di frammenti in ceramica comune e di vario
tipo. Alla ceramica si aggiungono anche frammenti di armille a sezione lenticolare
ed alcune collane con vaghi in pasta vitrea che presentano somiglianze con i reperti
di Castel Trosino e Nocera Umbra. Abbiamo inoltre notizia del ritrovamento di
33
armi, rinvenute durante alcuni scavi clandestini. Questa notizia, seppur di scarsa
credibilità, potrebbe confermare l’appartenenza del nucleo sepolcrale ad una
popolazione barbarica, in questo caso longobarda.

Di importanza assoluta è stato lo scavo effettuato nel 1936 presso Aielli, più
precisamente in località Sant’Agostino. Il sito è posto lungo la via Tiburtina
Valeria, importante asse di comunicazione del tempo, presso il quale possiamo
individuare un intenso fenomeno di frequentazione dall’epoca romana sino a tutto
l’altomedioevo. Il caso di Aielli costituisce l’unico esempio di contesto
archeologico che ha consentito una certa attribuzione etnica dei materiali rinvenuti.
I lavori per lo scavo di un pozzo hanno restituito un gruppo di ben 4 tombe a camera
ellenistiche realizzate in Opus Incertum. Le tombe, dotate di preziosissimi letti in
osso, conservavano tracce di riutilizzo anche in epoca altomedievale. Tramite lo
studio dei corredi si è ipotizzato che quattro sepolture fossero femminili e la
rimanente maschile. Molti dei rinvenimenti sono ormai andati perduti ma si
possiede ancora una buona parte dei materiali. Abbiamo un monile con vaghi in
pasta vitrea, fibule in bronzo con terminazione a ricciolo, una fibbia di cintura in
bronzo decorata, una fibbia in ferro con placchetta ed ardiglione, una guarnizione
di cintura in ferro, una moneta in bronzo con foro per la sospensione di un monile,
frammenti di armille, anelli digitali ed aghi crinali in bronzo, un coperchio, sempre
in bronzo ed una fibula zoomorfa con raffigurazione di colomba49. Il riuso delle
tombe a camera in epoca altomedievale è sicuramente collegato ad una scelta di
distinzione sociale attuato da membri dell’alta classe longobarda. Ciò è inoltre
testimoniato dalla presenza di numerosi materiali di VI-VII secolo. Al corredo
femminile appartengono numerosi elementi del corredo, principalmente collegabili
al vestiario. Sono presenti spilloni fermamantello, pettini, fibule ad omega,
orecchini, vaghi di collana in pasta vitrea, pettini in osso, monete utilizzate come
pendagli o collane e fibbie, tra le quali spiccano due esemplari molto importanti,
una del tipo “a testa di cavallo” e l’altra del tipo “reniforme”. L’importanza di
queste fibule è data dalla loro chiara appartenenza ad una produzione longobarda;
possiamo infatti rintracciare esemplari simili presso la tomba di Pettinara-Casale
Lozzi a Nocera Umbra. La quantità di orecchini è particolarmente sorprendente e
le tipologie sono varie. Tra questi abbiamo un orecchino bronzeo circolare con

49
TORNESE, 2008-2009, p. 66.
34
piccolo anello per pendente, simile agli esemplari citati in precedenza, un altro
orecchino a cestello ed uno del tipo “Piguentino”, di metà VII secolo, il quale
presenta una base lunata decorata ad occhi di dado. Nonostante le tipologie di
orecchini appena elencate siano principalmente di matrice bizantina, possiamo
vedere come il tipo “Piguentino”, secondo gli studi di Francesca Romana Stasolla,
venga diffuso proprio dai longobardi, nonostante non fosse utilizzato da questi
poiché non affine al loro costume50.

Figura 10 - Fibbia "a testa di cavallo" da Aielli (TORNESE 2008-2009)

50
TORNESE, 2008-2009, p. 67.
35
Figura 11 - Orecchino a Cestello da Aielli (TORNESE 2008-2009)

Un altro dato di particolare importanza è costituito dal rinvenimento presso Civita


di Bagno di un’ascia barbuta longobarda. La scoperta è stata effettuata presso il
santuario imperiale ivi situato, dove è stato rinvenuto anche il sarcofago istoriato di
VII secolo appartenente al vescovo Albino. Il rinvenimento di quest’ascia
confermerebbe dunque la presenza di uno stanziamento militare longobardo presso
il santuario. Tracce di una frequentazione durante VI e VII secolo sono date dal
rinvenimento di materiali scultorei nei pressi del moderno nucleo abitativo ed
andrebbero a confermare la presenza di sepolture monumentali, appartenenti a
membri di alto rango, nei pressi del cimitero della cattedrale51. Assistiamo ad alcuni
rinvenimenti anche presso Peltuinum, dove sono state trovate sepolture di VII
secolo. Sempre nella zona in questione, presso una necropoli situata nell’area
occidentale della città, sarebbe stata rinvenuta una sepoltura datata al VI-VII secolo

51
REDI, DE IURE, DI BLASIO, 2012, p. 344.
36
contenente una brocchetta in ceramica, unico elemento datante, ed una crocetta
aurea, di particolare importanza. Dal bordo puntinato, con la raffigurazione di un
tralcio vitineo e la presenza di un castone centrale, la crocetta di Peltuinum
costituisce un unicum stilistico, attribuibile ad una matrice romano-bizantina,
poiché privo dei motivi animalistici tipici della tradizione longobarda. Nonostante
ciò, la crocetta è stata attribuita ad una donna longobarda, considerando come la
grande diffusione di questi manufatti corrisponda proprio all’arrivo di tale
popolazione e come la loro presenza sia attestata principalmente in contesti di
matrice germanica. Il rinvenimento di un paio di cesoie all’interno della sepoltura
andrebbe a rafforzare questa ipotesi, data la grande importanza simbolica di questo
manufatto presso i Longobardi. Nel corredo erano inoltre presenti dei fili d’oro,
spesso inseriti da questi nelle tombe appartenenti ad individui di alto rango52.
Questo indizio è senz’altro riconducibile alla presenza, indicata dalle fonti, di uno
sculdascio nella curtis di S. Angelo in Peltino, nel 78753. Sfortunatamente la
maggior parte dei dati appena elencati è praticamente irreperibile e gli studi
effettuati in merito sono stati fatti sulla base di documentazione lacunosa ed
imprecisa. Tutti gli indizi portano ad ogni modo a ritenere che la tomba sia
senz’altro di matrice longobarda.

Chieti

Anche nell’area del Chietino, i numerosi rinvenimenti, come quello delle fibule
circolari ed anelli di rame e ferro presso Ortona, antica capitale dei Bizantini,
testimoniano la presenza di stanziamenti di stirpe germanica nell’area54.
A Lanciano la situazione appare invece più particolare, con il rinvenimento presso
l’antico Municipium di materiali di pertinenza bizantina (ceramica tipo Crecchio)
paralleli a manufatti attribuibili ad una cultura estranea a quella autoctona.
Assistiamo infatti alla presenza di due sepolture dal corredo diametralmente

52
TORNESE, 2008-2009, p. 73.
53
REDI, DE IURE, SIENA, 2012, p. 200.
54
Nel 1882 era stata rinvenuta una necropoli presso Palazzo Farnese, contenente un <<un anellone
in rame o in ferro … fibule circolari con un solo ardiglione e fibule ovali e rettangolari con due
ardiglioni>> La presenza di analoghi reperti nell’area della chiesa altomedievale di S. Marco, ha
consentito la datazione dei manufatti al VI-VII secolo STAFFA, 1993, p. 18, DE NINO, 1882, p.
18.
37
opposto, dove la seconda presenta un’armilla in bronzo a sezione lenticolare ed un
vago in osso lavorato in forma conica con decorazione a cerchi concentrici,
riutilizzato in una fase successiva come pendente. La probabile presenza di un
Castello Longobardo nei pressi di palazzo Vergili andrebbero a confermare quanto
testimoniato dai manufatti rinvenuti. Abbiamo rinvenimenti anche a Cupello,
presso l’Azienda d’Avalos, dove due sepolture hanno portato alla luce una fibula
ad anello aperto con estremità volte a formare due cerchi e motivo decorativo a zig
zag. Il reperto presenta somiglianze con alcuni manufatti provenienti da Penne,
Loreto Aprutino, Ortona e dai sepolcreti di Casalpiano di Morrone del Sannio e
Vastogirardi55. Concludiamo l’analisi del territorio chietino con il rinvenimento a
Monterodomo, per l’esattezza presso S. Maria di Palazzo (Iuvanum) di una
sepoltura di bambina ricavata dagli strati di crollo formatisi con il terremoto del
346. Presso la sepoltura sono stati ritrovati vaghi in pasta vitrea, una borchia
decorata con motivi vegetali ed un orecchino a cestello in argento, di sicura
pertinenza longobarda e confrontabile con gli esemplari di Aielli precedentemente
citati.

Pescara

Le zone nei pressi di Pescara, come nel resto della regione, sono caratterizzate dal
riutilizzo di ville romane ed insediamenti antichi. Anche in questo caso non è
minore la presenza di sepolcreti nell’area, riscontrabili presso numerose località.
Abbiamo il caso di Penne, dove nei pressi di S. Angelo, il ritrovamento di un
sepolcreto nei pressi di una antica villa romana, ha restituito interessanti elementi
di corredo tra cui spiccano una fibula ad anello aperto con estremità volte a formare
un cerchio, reperto simile all’esemplare di Cupello precedentemente menzionato,
di una fibbia ad ardiglione ed una fibula in bronzo con ardiglione decorato ad X,
che presenta similitudini con un esemplare rinvenuto nei pressi di Ascoli Piceno 56.
Anche il centro storico di Penne ha restituito alcune sepolture, in questo caso
ottenute tramite il riuso di antichi materiali, che sfortunatamente non hanno
consentito un’attribuzione etnica anche se localizzabili in aree corrispondenti alla

55
STAFFA, 1997, p. 143.
56
STAFFA, 1997, p. 130.
38
contrazione dell’abitato a seguito dei numerosi conflitti in corso. Queste aree
corrispondono al Colle Castello, sella di piazza Luca di Penne e Colle Duomo.
Molto interessante appare il caso di Loreto Aprutino, più precisamente nell’area di
Colle Fiorano, dove il rinvenimento di una chiesa Paleocristiana con annessa fonte
battesimale ha portato all’ampliamento del settore di scavo con il successivo
ritrovamento di un sepolcreto che restituito elementi di corredo collegabili ad un
probabile stanziamento longobardo, data la presenza di un particolarissimo pettine
in osso, confrontabile con gli esemplari di Castel Trosino, Nocciano e Rosciano, e
di pezzo di guarnizione di cintura in ferro con lavorazione ad agemina in argento.
Di notevole importanza è anche il caso della necropoli situata presso Cappuccini.
Ad un iniziale rinvenimento di 12 sepolture, si è susseguita un’altra fase di scavo
che ha portato alla luce la parte più grande della necropoli, per un totale di 46
sepolture. Le inumazioni rinvenute nel ’97 appaiono precedenti al nucleo più
grande scoperto nel ’99 poiché è evidente una netta differenza nella tipologia di
sepoltura. Il nucleo più antico è caratterizzato dal riuso di laterizi e materiali di altro
tipo con una presenza di numerosi elementi ceramici nel corredo. Il secondo nucleo
appare più povero, caratterizzato da un generale ammassamento delle inumazioni,
spesso limitate in maniera quasi accennata, con una prevalenza di semplici fosse
terragne. L’assenza di corredo ha posto numerosi problemi ed ha reso impossibile
una chiara attribuzione etnica. L’unico reperto interessante consisteva in una
guarnizione di cintura di forma triangolare, simile al modello di cintura a cinque
pezzi longobardo. La collezione Casamarte esposta nell’Antiquarium di Loreto
Aprutino ha in parte colmato le numerose lacune grazie alla presenza di materiali
databili al VI-VII secolo provenienti da terreni privati in parte corrispondenti al
settore di scavo. Tra questi reperti spiccano quattro fibule ad anello di cui due con
ardiglione ed una curiosissima fibula a forma di cavallino. Un simile esemplare di
fibula è stato rinvenuto anche a Cepagatti, in località Cantò-Minguccitto, dove nel
1973, sono stati rinvenuti i resti di un’antica villa romana, probabilmente
trasformata in Domusculta, secondo il parere dell’allora soprintendente Scrinari
Santamaria. La fibula a cavallino ivi rinvenuta presentava una scritta incisa di
difficile lettura57. Di notevole importanza appare inoltre il rinvenimento di un
gruppo di sepolture presso Casali di Nocciano, a Nocciano. Le sepolture, situate

57
STAFFA, 2010, p. 190.
39
all’interno di una villa romana, riutilizzata tra V e VII secolo e successivamente
abbandonata con l’arrivo dei longobardi, si presentano gravemente danneggiate
dalle continue arature ad esclusione di una di queste, estremamente particolare. La
sepoltura appare realizzata con mattoni <<proprio a forma di cassa>> con pareti in
<<intonaco di creta liquida spalmata sulle pareti stesse>>. Una lasta di pietra di
riutilizzo copriva la cassa e presentava un’iscrizione. Presso la necropoli
dell’abitato sono state rinvenute tra numerose tombe, due in particolare dalla forma
di sarcofago. Una di questa tombe presentava all’interno cinque o sei scheletri,
segno di un probabile riuso nel corso degli anni. Come unico elemento di corredo è
stato rinvenuto un pettine in avorio. Sempre nell’area in questione è stato rinvenuto
un lebete bronzeo simile ai bacili copti spesso presenti in contesti di matrice
longobarda58. All’area di Rosciano corrisponde invece il ritrovamento di una
sepoltura all’interno di un sepolcreto, che presentava nel suo corredo una coppia di
orecchini a poliedro in argento ed uno spillone in bronzo. Un’altra sepoltura, questa
volta in sarcofago, situata nei pressi della villa romana di Taverna nuova, ha
restituito un pettine in osso finemente lavorato, datato al VII secolo. Il pettine trova
numerosi confronti con gli esemplari di Castel Trosino, Luni, Mezzolombardo e
anche con le limitrofe zone di Colle Fiorano di Loreto Aprutino e Casali di
Nocciano. Di particolare importanza appare il sito di Piano Fara, sempre nei pressi
di Rosciano, dove è stato effettuato uno scavo nei pressi di una villa romana che
presentava evidenti tracce di riutilizzo in epoca altomedievale, testimoniate non
solo dall’obliterazione di alcune pareti della struttura, ma anche dalla presenza di
tre sepolcreti posti nelle immediate vicinanze della struttura. Due di questi
sepolcreti, i più distanti dalla villa, sono quelli che hanno restituito il minor numero
di informazioni ed erano principalmente di piccole dimensioni e di semplice
costruzione, con prevalenza di fosse terragne. Il terzo sepolcreto, più vicino alla
villa, presentava invece un totale di 26 sepolture caratterizzate da un intenso
fenomeno di riuso. L’assenza di corredo non ci fornisce prove concrete per
collegare tale sepolcreto ad uno stanziamento alloctono nell’area. Nonostante ciò,
la presenza del toponimo Fara ed il riutilizzo delle sepolture, probabilmente

58
STAFFA, 2010, p. 190-192.
40
collegato ad un’organizzazione gerarchica-familiare, potrebbe farci pensare ad una
presenza longobarda nel sito in questione59.

Sulla base di quanto appena analizzato, vediamo come le varie tipologie di sepolture
siano distribuite in modo particolarmente omogeneo lungo tutta la regione. Non
appare dunque possibile evidenziare delle particolarità territoriali evidenti. Appare
omogenea anche la distribuzione delle sepolture in termini quantitativi; ciò
potrebbe apparire poco evidente in questa analisi poiché sono stati omessi tutti quei
contesti archeologici totalmente privi di informazioni etniche. Per approfondire tale
argomento è consigliata la lettura del testo di staffa I Longobardi in Abruzzo (secc.
VI-VIII). In conclusione appare difficile stabilire quali dei numerosi reperti
rinvenuti siano longobardi o meno, ad esclusione dei pochi esempi facilmente
riconducibili a questi. La difficoltà nello studio dei manufatti va anche collegata al
processo di pacificazione favorita dall’autorità ecclesiastica con Gregorio Magno
tramite il riconoscimento dell’autorità longobarda in Italia. Il passaggio degli anni
ed il conseguente cambio generazionale del popolo longobardo causano una lenta
perdita di quelle caratteristiche culturali che contraddistinguono questa
popolazione, a favore di un’integrazione chiaramente riscontrabile nei dati
materiali.

59
STAFFA, 2010, p. 192-195.
41
Edilizia Civile e Religiosa

Sfortunatamente l’Abruzzo, come molte altre regioni d’Italia, non vanta di opere
monumentali longobarde come quelle di Cividale del Friuli. Le scarse fonti
storiche, limitate principalmente alla narrazione dell’arrivo dei Longobardi e
successivamente alle donazioni effettuate dai membri di alto rango, unite alle
testimonianze archeologiche limitate invece ai sepolcreti di cui abbiamo parlato nel
capitolo precedente, non ci consentono di individuare con chiarezza le
caratteristiche dell’edilizia longobarda in Abruzzo, edilizia che certamente non
doveva essere così diffusa se consideriamo l’intenso fenomeno di riuso attuato sin
dal tardoantico, il quale portò comunque a delle trasformazioni degli abitati cittadini
e rurali. È stato riscontrato un unico elemento edile riconducibile ai Longobardi, il
quale ha suscitato notevole interesse tra gli studiosi ed è stato affrontato nei lavori
di Redi e Staffa: il “Gafio” (fig11).

Figura 12- Gafio in Legno dalla Valle Castellana (TE)

42
Si tratta di una tettoia sporgente realizzata in legno. La struttura è sostenuta da travi
oblique inserite in cavità realizzate all’interno dell’edificio in pietra. Le strutture di
tale tipo ancora presenti nella regione sono di costruzione non anteriore al XVI
secolo e si trovano diffuse in gran parte nell’area della montagna Teramana, come
ad esempio in Valle Castellana (Fig. 11), in valle Piola, a Castiglione della valle, a
Rocca S. Maria e nell’Aquilano, presso S. Demetrio nei Vestini, Barete e Camarda.
L’elemento che ha portato all’attribuzione di questa struttura ai Longobardi è
proprio il termine Gafio, oggi ancora in uso, e derivante dal termine germanico
“Waif”, un termine che indica un elemento “comune a più individui, non privato”.
Basandoci sull’etimologia del termine possiamo dunque attribuire al Gafio il valore
di struttura pubblica, probabilmente giuridica. Potrebbe infatti trattarsi di un
elemento pubblico inserito all’interno di un edificio ripartito in più spazi privati, in
funzione condominiale60. Gli statuti teramani del 1440, anche se molto tardi rispetto
al periodo in cui i Longobardi dominano nella regione, ci forniscono alcune
informazioni sulle norme di edificazione del Gafio. Questo deve infatti essere
costruito in corrispondenza di un’area pubblica, preferibilmente sopra le botteghe.
Per nessun motivo il Gafio doveva interferire con il suolo privato di un altro
cittadino, pena la demolizione della struttura61. Non sembra opportuno dunque,
sulla base del Gafio, intendere l’edilizia longobarda come la costruzione di
abitazioni in pietra dotate di solaio e balconata. Basandoci sull’assenza di simili
strutture databili al VII-VIII secolo, possiamo ritenere, seguendo il pensiero di
Redi, che il Gafio fosse in origine una struttura diversa, avente probabilmente la
stessa funzione all’interno di edifici quasi interamente lignei, adattatasi e plasmatasi
nel corso dei secoli fino a diventare quella che tutt’ora possiamo vedere. La teoria
di Redi, come egli stesso afferma, andrebbe però a cozzare con i rinvenimenti
effettuati fino ad oggi, i quali hanno restituito quasi esclusivamente strutture ad un
solo piano, prive di alcun tipo di balconata62. Per poter comprendere maggiormente
la funzione e l’origine di questa struttura è necessario uno studio sul territorio ed
un’attenzione maggiore nei confronti di questo ambito culturale, spesso trascurato
nelle fasi di scavo e studio.

60
REDI, 2010, p. 139,140.
61
STAFFA, 1994, p. 72.
62
REDI, 2010, p. 140.
43
Edilizia Religiosa

Figura 13- Distribuzione dei luoghi di culto nell'Abruzzo Interno (REDI 2010. P. 177)

44
I grandi possedimenti in Abruzzo dei monasteri di Montecassino, S. Vincenzo al
Volturno, Farfa e S. Clemente a Casauria, sono il luogo di numerose fondazioni di
edifici di culto. Le fonti ci parlano di una maggioranza di strutture religiose proprio
tra VII e VIII secolo alle cui fondazioni monastiche si accompagnano atti di
evergetismo da parte della classe dirigente longobarda. Sfortunatamente quanto
presente sulle fonti non corrisponde a ciò che è stato trovato. I resti di chiese sono
infatti molto inferiori rispetto a quanto menzionato dai testi in analisi. Sono stati
rinvenuti per lo più frammenti scultorei sparsi, spesso decontestualizzati o utilizzati
per le murature di edifici successivi. Vediamo come il maggior numero di luoghi di
culto sia presente lungo le sponde del Fucino, data anche la vicinanza alla via
Tiburtina Valeria, importante polo di edificazione di numerosi centri abitati. Anche
ad Amiternum, ancora sede vescovile, permane una certa vitalità. Il diffuso culto
micaelico presso i Longobardi potrebbe rendere superficiale ed imprecisa
l’attribuzione di un dato edificio di culto a questi ultimi. Abbiamo infatti casi in cui
tale dedica costituisce un importante indizio, unito ai molti altri già presenti, come
nei casi di S. Angelo in Barrea (AQ) fondata nell’VIII secolo, S. Michele presso
villa S. Angelo, luogo adibito alla Cura Animarum e Santa Maria di Ansedonia,
probabilmente corrispondente alla aecclesia Sancti Angeli citata nel Chronicon
Farfense. Allo stesso tempo ci sono casi in cui la dedica al santo ha portato a
numerose discordanze tra gli studiosi, come nel caso della chiesa di S. Michele
Arcangelo presso San Vittorino (AQ), di cui abbiamo precedentemente parlato,
originariamente dedicata al martire e, secondo il parere di Redi, dedicata a S.
Michele non prima del IX secolo. Uno degli esempi di probabile, o almeno
parziale fondazione longobarda è caso di San Pietro ad Oratorium (Capestrano,

45
AQ), di cui abbiamo già parlato nei capitoli precedenti.

Figura 14 - Portale della chiesa di S. Pietro ad Oratorium (Capestrano, AQ)

Puntiamo invece l’attenzione sulla chiesa di San Paolo a Barete (AQ), restaurata
nel XVI sec, dove gli approfonditi scavi di Redi hanno portato alla scoperta di tutte
le fasi dell’edificio, partendo da quella paleocristiana fino ad arrivare alla struttura
ottoniana. Importante in questo caso è vedere come durante la dominazione
longobarda, tra VII e VIII secolo, la struttura subisca alcune modifiche. Assistiamo
infatti al prolungamento dell’aula rettangolare di circa tre metri verso nord e ad una
riduzione a sud di 7,5 metri. Tali modifiche sono state collocate in questo periodo
tramite un’analisi cronologica relativa, in quanto il sito non presentava alcun
elemento datante63.

Diverso è il caso della chiesa di S. Pietro a Campovalano, costruita e modificata più


volte tra XII e XIII secolo, probabilmente sulla base di un edificio ben più antico,
risalente al VII-VIII secolo. Non abbiamo tracce dell’edificio originario ma il
ritrovamento di un sarcofago di epoca costantiniana daterebbe le prime fasi
dell’edificio al tardoantico. La continuità di utilizzo in epoca longobarda è
confermata dalla presenza di frammenti architettonici con croci greche incise
databili al VI-VII secolo64.

Il Chronicon Vulturnense, un carteggio del 779 e la menzione nelle bolle pontificie


di Pasquale II e di Clemente III ci parlano della chiesa di S. Cipriano presso

63
REDI, 2010, p. 120-124.
64
REDI, 2010, p. 124, 125.
46
Castelvecchio Calvisio. Le fonti scritte non menzionano nell’area nessun’altra
chiesa in questo periodo, se non quella di S. Lorenzo. S. Cipriano, edificata
probabilmente su un antico santuario della dea Concordia, è situata ai limiti del
pianoro ai piedi del centro di Castelvecchio. Il rinvenimento di una lastra con
decorazione viminea di stampo longobardo, murata nella facciata della chiesa, ha
reso possibile collocare l’edificazione del complesso all’VIII-IX secolo, complesso
probabilmente adibito alla Cura Animarum.

All’epoca altomedievale risale la chiesa di Santa Maria di Ansedonia (Prata


d’Ansidonia, Peltuinum AQ), precedentemente menzionata. La chiesa risulta
costruita con materiali di spoglio di epoca tardoantica, probabilmente provenienti
da un antico edificio di culto. Il Chronicon Farfense ci parla di una aecclesia Sancti
Angeli la cui dedica sarebbe attribuibile ai Longobardi, data la loro presenza
nell’area di Peltuinum intorno all’VIII secolo, attestata dall’elenco dei servi di S.
Vincenzo al Volturno, operanti nel territorio di Peltuinum, dove risulta un gran
numero di nomi longobardi. L’ulteriore rinvenimento di un frammento di
decorazione a nastro vitineo, datato all’VIII-IX secolo, suggerisce una continuità di
utilizzo del complesso, con probabili modifiche strutturali effettuate proprio dalla
popolazione longobarda ivi operante65.

Sempre presso Prata d’Ansidonia individuiamo la chiesa di S. Paolo ad Peltuinum,


posta all’esterno delle mura della città. La chiesa, realizzata con numerosi materiali
di reimpiego ha restituito alcuni elementi interessanti databili al VI-VII secolo tra i
quali abbiamo una croce decorata con intreccio vimineo, una lastra di pluteo con
raffigurazione di una colomba posta sulla testa di un cervo che morde un serpente,
un’iscrizione posta nel muro meridionale dove viene menzionato un prete di nome
Bonifacius ed infine una croce longobarda, scolpita in un concio di archivolto del
portale principale66.

All’intensificarsi dei pellegrinaggi verso il luogo d’apparizione di S. Michele


Arcangelo, presso la grotta di S. Michele del Gargano, corrisponde la costruzione
della chiesa di Sant’Angelo in Barrea (Villetta Barrea AQ), datata all’VIII secolo.

65
REDI, 2010, p. 131,132.
66
REDI, 2010, p. 132,133.
47
Sempre nell’VIII secolo la chiesa viene menzionata per indicare i confini del
territorio donato da di Gisulfo a San Vincenzo al Volturno.

Interessante è il caso di S. Giustino di Paganica, introdotto precedentemente. Si


tratta di una chiesa privata fondata probabilmente da membri di alto rango della
società longobarda. La chiesa ha restituito numerosi frammenti scultorei e vari
componenti di arredo liturgico. Abbiamo un frammento di Ciborio e vari frammenti
di pilastri e parti di lastre inseriti nella muratura dell’edificio. Tutti i reperti
presentano strette somiglianze con gli esemplari di Cividale del Friuli e sono
caratterizzati dal susseguirsi di varie tipologie di intreccio decorativo vimineo,
passando per la decorazione a singolo nastro, nodi salomonici ed intrecci a tre
nastri. Un altro frammento presenta una decorazione a ben sei nastri. Altri
presentano invece intrecci disordinati e di tipologia mista. Di notevole importanza
è la lastra opistografa di Ractecauso e Eudo, decorata con animali simbolici di
stampo paleocristiano e motivi floreali, introdotta nei capitoli precedenti in
relazione al centro di Amiternum. La lastra presenta un’aquila al centro della
composizione ed è arricchita da motivi a tralcio vitineo, accompagnati da grappoli
d’uva. Alcuni dei reperti presentano somiglianze con i rinvenimenti di S. Pietro ad
Oratorium, dove è stato portato alla luce un concio riutilizzato in uno dei pilastri
delle navate, insieme ad altri frammenti liturgici. Anche in questo caso, nella
decorazione di un pilastro, ricorrono i motivi di S. Giustino, con la presenza di tralci
vitinei a nastro e grappoli d’uva67.

È possibile dunque affermare che tracce di chiara edilizia religiosa longobarda,


confrontabili con reperti provenienti da Spoleto e Cividale del Friuli, si riassumono
principalmente nel rinvenimento di frammenti scultorei di vario tipo ed arredi
liturgici. Sono presenti lastre di recinzione, pilastri per il sostegno di queste ultime,
paliotti di altare. L’impianto decorativo è solitamente costituito da intrecci viminei
di vario genere. Abbiamo intrecci di uno o più nastri che si articolano in varie
tipologie di nodo. Ad una fase successiva appartengono i motivi vegetali stilizzati.
In alcuni casi vi sono anche raffigurazioni zoomorfe, spesso divise in quadranti
formati da croci. Gli animali inseriti nelle decorazioni sono quasi sempre presi dalla
simbologia paleocristiana e bizantina. Abbiamo pavoni, aquile, in alcuni casi anche

67
REDI, 2010, p. 149.
48
cervi ed agnelli, spesso immortalati nell’atto di dissetarsi presso un kantaros68.
Oltre ai siti precedentemente citati, abbiamo rinvenimenti anche presso S. Giusta di
Bazzano, S. Angelo di Vittorito, S. Cecilia ad Acciano, S. Marco a L’aquila, S.
Bartolomeo di Avezzano, S. Maria di Contra a Raiano. La presenza di questi
frammenti di VIII secolo è collegabile con il probabile instaurarsi di botteghe locali
e maestranze itineranti specializzate in diverse categorie stilistiche atte a soddisfare
esigenze di ogni tipo. I modelli presi in considerazione sono quelli di Cividale del
Friuli e Spoleto, come abbiamo avuto modo di constatare in questo capitolo69.

68
REDI, 2010, p. 153.
69
REDI, 2010, p. 159.
49
Toponomastica

Lo studio della toponomastica per tentare di ricostruire la situazione di un territorio


richiede molta cautela in quanto spesso si corre il rischio di non prendere in
considerazione numerosi fattori che possono rendere tale studio inaccurato e
lacunoso. Lo slittamento di toponimi, il riuso di questi in epoche successive, le
problematiche di tipo filologico, rendono particolarmente complesso questo campo
di analisi. Nonostante ciò la toponomastica ha svolto un ruolo cardine nella
ricostruzione delle varie fasi di conquista della regione da parte del popolo
longobardo. Questi dati ci consentono anche di attribuire determinati contesti
archeologici ad una data etnia, nel caso in cui questi appaiano privi di un numero
sufficiente di informazioni. L’Abruzzo, come abbiamo avuto modo di constatare
nei capitoli precedenti, si presenta come una regione ricchissima di toponimi
longobardi, ciò costituisce un vantaggio ed allo stesso tempo uno svantaggio in
quanto la grande mole di dati, seppur utilissima per una ricostruzione dell’assetto
territoriale e dei vari stanziamenti, può presentare una serie di toponimi non
attribuibili con certezza ad una presenza longobarda. Non meno rilevanti sono i
toponimi di origine greco-bizantina come Filetto, il quale indicherebbe aree
fortificate poste in punti strategici di avvistamento (Fylakteria – presidi, luoghi
fortificati), Ansidonia (Prata d’Ansidonia) probabilmente derivante dal greco siton,
utilizzato per indicare aree di coltivazione del grano, Camarda, dal bizantino
Kamarda, termine che indica la tenda o più in generale l’accampamento,
probabilmente in correlazione con stanziamenti militari durante le guerre greco-
gotiche o in occasione dell’invasione longobarda. Abbiamo poi il toponimo Ocre
(castello di Ocre), termine che deriva dal greco ocris (punta, sporgenza) ed indica
un punto d’altura70.

70
REDI, DE IURE, DI BLASIO, 2012, p. 343-344.
50
I toponimi che possiamo incontrare in questa analisi sono: Fara, Sala, Sculcola
(Skulk), Gualdo-Guardia (Wald), Cafaggio (Gahagi)71, e sono in maggior parte
rintracciabili lungo i centri e le vie di maggiori importanza.

Il toponimo più ricorrente in Abruzzo è senz’altro Fara, termine atto ad indicare


uno stanziamento longobardo con funzione aggregativa, militare ed esplorativa
dell’area. Il toponimo è distribuito eterogeneamente in tutta la regione, con una
prevalenza di Fare nel Chietino, dove se ne incontrano ben tredici, a fronte delle
otto presenti nel resto della regione72. Abbiamo infatti una Fara de Laento situata
lungo il corso dell’Alento, Fara Filiorum Petri nei pressi del fiume Foro, Fara S.
Martino presso il torrente Verde, Piano la Fara di Casoli lungo l’Aventino, Fara di
Archi, Fara di Piazzano di Atessa, Fara Filiorum Guarneri nei pressi di
Tornareccio, situato vicino la valle dell’Osento, Fara di Celenza, una Faretta presso
Coccetta di Lentella, nei pressi della valle del Trigno, Torre della Fara, Fara
Filiorum Bedorochii e Fara Benedicti filii Uberti. Il territorio teramano presenta
una Fara S. Clementis nella Val Vomano, nei pressi di una antica villa romana e
Leofara, mentre nell’aquilano abbiamo notizie di una Fara in loco qui dicitur
Campeliano, a testimonianza di un quasi certo stanziamento longobardo nei pressi
della Valle Peligna. Piano della Fara di Rosciano, Fara di Fontanelle, Fara di
Bolognano, Fara Ambrillae e il Castrum Fare compaiono invece nel territorio di
Pescara73.

Il toponimo Sala indica invece una struttura padronale ed è presente nel Teramano,
più esattamente nella Val Vomano, dove abbiamo una Curtis de Sala, nel territorio
dell’Aquila dove alcune fonti sublacensi parlano di una Curtem que Sala dicitur ed
una Sala Civitas qui dicitur Carso e nel pescarese dove possiamo individuare il
Colle della Sala di Alanno.

Il Toponimo Gualdo (Wald) indica lo stanziamento di gruppi di Longobardi in punti


strategici della regione ed è solitamente attestato nei pressi di antichi insediamenti
bizantini. La presenza di tale toponimo in queste aree andrebbe dunque a
confermarne la veridicità. Un Gualdum de Gomano74 è presente nel territorio di

71
REDI, DE IURE, DI BLASIO, 2012, p. 343.
72
STAFFA, 1996, p. 215.
73
STAFFA, 1996, p. 202,208,209.
74
REDI, 2010, p. 115, STAFFA, 1996, p. 192, STAFFA, 1997, p. 152.
51
Teramo, alla foce del Vomano. Nell’aquilano è attestato un Gualdum della Rovere
in tenimento de Trite ed un Ualdo nei pressi di Calascio e Carapelle75. Il territorio
di Chieti presenta invece un Gualdum situato presso Murata Bassa di S. Vito
Chietino, sito precedentemente occupato dai Bizantini, e nei pressi dell’antico
Castrum Rehunias76.

Anche il toponimo Sculcola (Skulk) indica uno stanziamento di controllo. Lo


vediamo nel pescarese dove abbiamo una Sculcula situata presso l’antico
stanziamento di Cephalia e successivamente indicata come Castellum de Sculcula
nelle fonti di XI secolo. È interessante notare come il toponimo Cephalia, derivante
da Kepha (Testa di Ponte)77 potrebbe indicare un’area dalla notevole importanza
strategica. Tale dato andrebbe a confermare la veridicità del toponimo longobardo
nella zona. Sempre nel pescarese abbiamo Colle Scurcola di Civitaquana, posto nei
pressi di un abitato frequentato anche in epoca tardoantica78. Tale toponimo risulta
presente anche nel territorio dell’Aquila. Le fonti menzionano infatti una Scolcola
nei pressi della foce del fiume Vomano.

Il Toponimo Cafaggio (Gahagi, “terreno privato”) compare molto raramente ed è


diffuso principalmente nell’aquilano. Incontriamo Fonte Cafaggio nella conca
peligna, Cafaio, situata nei pressi dell’attuale Arischia e menzionata nelle fonti
farfensi di X secolo. Il toponimo assume anche forme diverse come ad esempio
Caggio, Cafasse, Cafajo, Cascio79. Vediamo infatti come sempre nei pressi di
Arischia sia presente la località di Casci che dà il nome alla fonte ed alla chiesa ivi
situate.

75
REDI, 2010, p. 110.
76
STAFFA, 1997, p. 151,152, STAFFA, 1996, p. 218.
77
STAFFA, 1996, p. 202.
78
STAFFA, 1996, p. 208.
79
REDI, 2010, p. 115.
52
Conclusioni

In questa tesi abbiamo dunque avuto modo di comprendere tutte le dinamiche


dell’invasione e dello stanziamento dei Longobardi nella regione. è apparso
evidente come l’Abruzzo sia una delle aree meno ricche di dati archeologici
pertinenti a questa popolazione e come la ricerca sia stata particolarmente lacunosa
sotto questo punto di vista. La mancanza di dati sufficienti ha reso infatti difficile
uno studio preciso, atto a definire chiaramente tutti gli aspetti della presenza
longobarda nel territorio. Le guerre greco-gotiche hanno contribuito notevolmente
ad offuscare il panorama archeologico della regione, rendendo ancor meno
decifrabili quei reperti dall’incerta attribuzione etnica. Possiamo comunque
constatare come l’invasione longobarda abbia smosso radicalmente l’assetto e
l’organizzazione del territorio, portando i Bizantini a rafforzare i territori in loro
possesso per mantenere i contatti marittimi con la Pentapoli e l’Esarcato ravennate.
Con la dovuta prudenza, sulla base dei dati in possesso, possiamo affermare che
l’Abruzzo presenti una sorta di “Incastellamento precoce”, seppur con forme e modi
diversi, partito con le guerre Greco-gotiche e portato avanti durante l’invasione
longobarda. Vediamo infatti come la fortificazione di numerosi centri e la creazione
di altrettanti in zone d’altura a controllo degli assi viari, con il conseguente
abbandono di siti di pianura, rispecchi chiaramente il processo di incastellamento
in Italia nei secoli X-XIII. La graduale integrazione tra Longobardi e popolazioni
autoctone, si ripercuote notevolmente sulle testimonianze archeologiche e sulle
forme di abitato, elementi difficili da decifrare. Ciò nonostante, quanto avvenuto
durante questi secoli appare fondamentale per comprendere i processi di
trasformazione della regione, i cambiamenti in ambito urbano ed extraurbano, le
nuove forme di gestione del territorio ed i rapporti con le aree limitrofe. La presenza
longobarda nel territorio ci ha lasciato un’importante eredità rintracciabile nella
nascita di nuovi poli insediativi e nuove strutture religiose, seppur in parallelo
all’abbandono di altrettanti siti. In relazione a quanto appena detto si aggiunge il
dato toponomastico il quale, nonostante la sua non sempre certa attendibilità,
53
costituisce una testimonianza importante della presenza di questo popolo,
testimonianza viva e fruibile a tutti.

54
Bibliografia

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57
Schede Topografiche

Scheda n° 1
Comune Notaresco (TE)
Nome sito Santa Lucia
Denominazione Contesto Funerario
Periodo Medievale
Fase VI-VII sec. d.C.
Cronologia iniziale - finale VI – VII sec d.C.
Coordinate geografiche 42.6574200, 13.8949100°
Fonti
Descrizione e storia del sito Il sito di Notaresco è posizionato in
collina, a circa 25 km da Teramo.
A seguito dello scavo di emergenza
condotto nel 1983 presso Santa Lucia,
sono emerse tre sepolture a cappuccina
poste in fila. Alcuni resti presenti nelle
aree limitrofe testimoniavano la presenza
di altre sepolture, sfortunatamente
distrutte a causa delle ripetute arature.
Una delle sepolture presentava due adulti
in posizione supina con orientamento Est-
Ovest. Almeno due sepolture presentano
individui di sesso femminile. Ciò è
confermato dalla presenza di un
pendaglio in vetro color ambra, un vago di
collana in pasta vitrea blu, due aghi crinali
in argento con capocchia globulare e due
coppie di orecchini, una della tipologia a
“Cestello” e l’altra della tipologia a
“Globetti”, confrontabile con i reperti
provenienti dal sepolcreto di Rutigliano.
Scavi e ricerche Scavo di emergenza condotto dalla
Soprintendenza nel 1983 e successivo
recupero da parte della Guardia di
Finanza di alcuni reperti provenienti da
scavi clandestini
Bibliografia TORNESE, 2008, 2009, Presenze alloctone
nell'Italia centrale: tempi, modalità e
forme dell'Organizzazione territoriale
nell'Abruzzo Altomedievale, pp. 69-70
STAFFA, 1997 I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 127-129

58
59
Scheda n° 2
Comune S. Egidio alla Vibrata (TE)
Nome sito Colle Chiovetti-Fonte Trocco
Denominazione Sepolcreto
Periodo Medievale

Fase VI-VII sec d.C


Cronologia iniziale - finale VI sec d.C., VII sec d.C
Coordinate geografiche 42.833333°, 13.716667°
Fonti
Descrizione e storia del sito Nel 580 abbiamo la presenza di una netta
frontiera tra Longobardi, ormai possessori
di Asculum e del Castrum Truentinum, e
Bizantini, stanziati a Interamnia e nel
Castrum Novum. Allo stanziamento
longobardo possiamo collegare la
presenza di un sepolcreto dalle
caratteristiche collegabili alla necropoli di
Castel Trosino. Sono stati portati alla luce
numerosi elementi di corredo tra cui un
anello in oro a doppio castone piatto,
elementi in terracotta e pasta vitrea, un
orecchino d’oro con granato, armi e
soprattutto una borchia d’oro a
decorazioni filigranate di stampo
longobardo come quelle rinvenute a
Castel Trosino.
Scavi e ricerche Rinvenimenti tra il 1900 ed il 1907,
indagini di scavo nel 1913
Bibliografia TORNESE 2008, 2009, Presenze alloctone
nell'Italia centrale: tempi, modalità e
forme dell'Organizzazione territoriale
nell'Abruzzo Altomedievale, p.70
STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 121-122

60
Scheda n° 3
Comune Notaresco (Te)
Nome sito Veniglia
Denominazione Sepolcreto
Periodo Medievale
Fase
Cronologia iniziale - finale VI sec d.C. – n.d.
Coordinate geografiche 42.6574200°, 13.8949100°
Fonti
Descrizione e storia del sito Il Sito si trova su una collina localizzata
lungo la valle del Vomano. Gli scavi del
1930 hanno portato alla luce una
sepoltura con all’interno una Fibula
Barbarica in metallo dorato con due
granate incastonate. La fibula presenta
forti somiglianze con quelle rinvenute a
Castel Trosino.
Scavi e ricerche Scavi effettuati nel 1931
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(Secc. VI-VIII) p.127
TORNESE, 2008, 2009 Presenze alloctone
nell'Italia centrale: tempi, modalità e
forme dell'Organizzazione territoriale
nell'Abruzzo Altomedievale p.70

61
Scheda n° 4
Comune Civitella del Tronto (TE)
Nome sito Civitella del Tronto, “Fuori Porta di Napoli”
Denominazione Probabili Sepolture
Periodo Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale
Coordinate geografiche 42.7729800° , 13.6762600°
Fonti
Descrizione e storia del sito Tra i reperti rinvenuti in questo sito,
precedentemente sede della pieve
altomedievale di S. Lorenzo di Civitella,
spiccano per importanza due anelli in oro
con pietre diverse e un pendente in
cristallo di rocca, molto simili ad alcuni
reperti di Castel Trosino ; alcune medaglie
e monete d’oro tra cui una probabilmente
attribuibile all’imperatore Maurizio
Tiberio, una moneta bizantina con
raffigurazione della vittoria, pendenti di
collana in oro, un anello in oro, una
“scatolella”, una pisside ed un bacile
attribuibile alla serie di manufatti copti di
cui abbiamo notizie anche presso Castel
Trosino e Crecchio. Non si hanno molte
informazioni in merito al contesto di
rinvenimento e si è supposto che
appartenessero ad alcune sepolture. In
una lettera del Sindaco di Civitella si
precisava come, insieme ai reperti
precedentemente citati, fossero state
rinvenute anche delle ossa umane.
Scavi e ricerche 1859 Lavori di sbancamento del colle
corrispondente all’antica pieve di S.
Lorenzo di Civitella.
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 122-123

62
Scheda n° 5
Comune Martinsicuro (TE)
Nome sito Casale Feriozzi
Denominazione Sepolcreto
Periodo Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale
Coordinate geografiche 42.885133°, 13.915992°
Fonti
Descrizione e storia del sito Il sito si trova presso la foce del fiume
Tronto, in corrispondenza dell’antica città
di Truentum-Castrum Truentinum. Tra la
seconda metà del VI ed i primi decenni del
VII secolo assistiamo all’abbandono
dell’abitato. Sempre nello stesso periodo
collochiamo la demolizione di numerosi
complessi antichi e lo scavo di sepolture.
Queste si presentano di varie tipologie: a
cappuccina, a cassone o a fossa terragna.
Una tomba a cappuccina presenta i resti di
una bambina. Tra gli elementi del corredo
è stata rinvenuta una fibbia ad ardiglione
confrontabile con materiali di VI-VII secolo
presenti in alcune necropoli longobarde.
L’analisi della sezione stratigrafica
interessata dalla tomba ha portato a
collocare quest’ultima dopo il 580,
periodo della conquista di Fermo.
Scavi e ricerche Scavi avvenuti tra il 1991 ed il 1995
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 123-124

63
Scheda n° 6
Comune Forcona (AQ)
Nome sito Civita di Bagno
Denominazione Santuario
Periodo Romano-Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale Imperiale-n.d.
Coordinate geografiche 42.309722°, 13.424722°
Fonti Paolo Diacono, Historia Langobardorum”
Descrizione e storia del sito Il sito di Bagno si trova nel gruppo
montuoso Monte Ocre-Monte Cagno, alle
pendici dei Monti di Bagno, nella valle
dell’Aterno, a sud ovest del Gran Sasso. Il
sito è sempre stato di grande importanza,
sia in epoca romana che medievale.
Nei pressi del santuario imperiale di Civita
di Bagno, posto su un terrazzo naturale ai
piedi del Monte Ocre, vediamo lo stabilirsi
della sede vescovile di Forcona. Sono stati
rinvenuti vari frammenti scultorei
appartenenti molto probabilmente ad
aristocrazie locali sepolte nei pressi del
cimitero della cattedrale. Di grande
importanza è il sarcofago istoriato di VII
secolo del vescovo Albino. Sempre presso
l’area archeologica del santuario è stata
rinvenuta un’ascia barbuta in ferro
longobarda. Si tratta di uno dei pochi
rinvenimenti che possano attestare la
presenza di popolazioni alloctone in
questo territorio. Grazie agli interventi di
ripristino della cattedrale di Forcona, sono
stati rinvenuti i resti di un edificio di culto
altomedievale, inseriti all’interno di un
edificio più tardo, probabilmente di XI-XII
secolo. Dell’antica chiesa abbiamo le
cortine murarie absidate con archetti
circolari all’esterno, alcune parti della
cripta ad oratorio e la torre, posta
all’angolo nord dell’ormai scomparsa
facciata.
Scavi e ricerche Interventi di liberazione e ripristino dei
ruderi della cattedrale di Forcona nel
1971.
Scavi presso la collina di Moritola
Bibliografia REDI, DE IURE, SIENA L’Abruzzo tra Goti e
Bizantini. Aggiornamenti della ricerca
archeologica, pp. 205, 206
REDI, DE IURE, DI BLASIO, Amiternum,
Forcona, Peltuinum, Aufinum e il loro
territorio fra tarda antichità e

64
altomedioevo: analisi toponomastica e
archeologica. p.342,343
REDI, I longobardi nell’Abruzzo interno
TORNESE 2008, 2009, Presenze alloctone
nell'Italia centrale: tempi, modalità e
forme dell'Organizzazione territoriale
nell'Abruzzo Altomedievale. Pp. 87-89

65
Scheda n° 7
Comune Aielli (AQ)
Nome sito S.Agostino
Denominazione Necropoli
Periodo Romano-Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale – finale I a.C. - VII d.C.
Coordinate geografiche 42.081667°,13.591389°
Fonti
Descrizione e storia del sito Il sito di Aielli si trova in una posizione
geografica di rilievo poiché situato lungo la
via Tiburtina Valeria e nella piana del
Fucino, zona frequentata intensamente
sin dall'età preromana. Gli scavi del 1936
hanno riportato alla luce una serie di
tombe a camera ellenistiche poste una di
fianco all'altra. Sono stati rinvenuti vari
elementi di corredo insieme a due letti in
osso quasi certamente collegabili a
personalità di alto rango. Assistiamo ad un
riutilizzo delle tombe da parte dei
Longobardi nei secoli VI-VII confermatoci
sia dalla posizione strategica del sito, sia
dalla presenza di reperti databili in
quell'arco temporale. Sono stati rinvenuti
materiali attribuibili a corredi femminili di
almeno quattro sepolture. Abbiamo infatti
elementi di abbigliamento personale,
vaghi di collana in pasta vitrea, armille,
aghi crinali, orecchini a cestello e dei
particolari orecchini del tipo “Piguentino”.
Ad una sepoltura maschile è possibile
ricollegare alcune armi ed una fibbia a
Testa di cavallo di stampo prettamente
longobardo.
Buona parte dei materiali è stata esposta
nel 2001, in occasione della mostra “Il
tesoro del lago. L'archeologia del Fucino e
la collezione Torlonia”
Scavi e ricerche Primi scavi effettuati nel 1936 in occasione
dei lavori per lo scavo di un pozzo.
Restauro e ricomposizione nel 2015
Bibliografia TORNESE 2008, 2009 Presenze alloctone
nell'Italia centrale: tempi, modalità e
forme dell'Organizzazione territoriale
nell'Abruzzo Altomedievale, pp 64-68
SOMMA 2011, Rileggendo alcuni contesti
dell’Italia centrale. Per un contributo alla
conoscenza delle presenze alloctone in
area Medio adriatica in La trasformazione
del mondo romano e le grandi migrazioni.

66
Nuovi popoli dall’Europa settentrionale e
centro-orientale alle coste del
Mediterraneo. Atti del convegno
internazionale di studi Cimitile-Santa
Maria Capua Vetere 16-17 giugno 2011, a
cura di Carlo Ebanista e Marcello Rotili,
Tavolario edizioni 2012, pp. 90-91

67
Scheda n° 8
Comune L’Aquila (AQ)
Nome sito Amiternum
Denominazione Civitas
Periodo Preromano – Medievale
Fase VI-VIII
Cronologia iniziale - finale
Coordinate geografiche 42.400556°, 13.306°
Fonti PAOLO DIACONO, “Historia
Langobardorum”
GREGORIO MAGNO “Dialogi”
Descrizione e storia del sito La città sabina di Amiternum è localizzata
a nord-ovest dell’Aquila. Si tratta di un
centro molto importante, dotato persino
di un teatro e di un anfiteatro. La città
subisce un processo di cristianizzazione
con il culto di S. Vittorino, martirizzato a
Cotilia tra I e II secolo. Al IV-V secolo
appartengono una capsella plumbea ed un
medaglione di rame con corona,
monogramma cristologico e lettere Alfa e
Omega, rinvenuto durante gli scavi del
1975, i quali hanno portato alla luce una
domus posta immediatamente a sud
dell’anfiteatro. Abbiamo notizie in merito
alla presenza di una chiesa Cattedrale,
conseguenza del potenziamento della
tomba del martire vittorino da parte di
Quodvultdeus. La diocesi di Amiternum
cade in profonda crisi con l’ingresso dei
Longobardi nella regione. Al VII secolo,
durante il pieno dominio longobardo,
corrisponde la dedica a S. Michele
Arcangelo di una chiesa sub divo nei pressi
della tomba del martire e la presenza di un
gruppo di sepolture privilegiate poste
sempre nei pressi delle catacombe di
Vittorino. Abbiamo poi testimonianze che
confermano una serie di proprietà terriere
ed atti di donazione di alcune di queste da
parte dell’aristocrazia longobarda al
monastero di S. Vincenzo al Volturno.
Assistiamo anche al ritrovamento di un
frammento di architrave di VII secolo che
presenta l’iscrizione a]rdor[…] […fe]cit.
Sempre al territorio amiternino
corrisponde la chiesa di S. Giustino a
Paganica la quale ha restituito una lastra di
recinzione presbiteriale opistografa
decorata con motivi floreali ed
animalistici. Il retro della lastra presenta

68
un’iscrizione con i nomi dei committenti
dell’opera, Ractecausus e Eudo
Scavi e ricerche
Bibliografia TORNESE 2008, 2009 Presenze alloctone
nell'Italia centrale: tempi, modalità e
forme dell'Organizzazione territoriale
nell'Abruzzo Altomedievale, pp. 78-86
REDI. (2010). I Longobardi nell'Abruzzo
interno. In G. Roma, I Longobardi del Sud,
pp 99, 101-102, 110
STAFFA. (1996b). Sepolture urbane in
Abruzzo (secc. VI-VII). Atti del VII
seminario sul tardoantico e l'altomedioevo
in Italia centro-settentrionale. Convegno
archeologico del Garda, pp 161,162
STAFFA. (1997). I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII). L'Italia centro-settentrionale
in età longobarda (Ascoli Piceno, 6-7
ottobre 1995 ), pp 117-120

69
Scheda n° 9
Comune Prata d’Ansidonia (AQ)
Nome sito Peltuinum
Denominazione Città
Periodo Preromano-Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale Età Preromana – XVII sec d.C.
Coordinate geografiche 42.284832194°, 13.618830858°
Fonti
Descrizione e storia del sito Il sito è posto sul pianoro dell’altopiano
dell’Aquila, in una posizione
particolarmente strategica poiché
attraversato dal Tratturo Magno. Abitato
sin dall’epoca preromana e fortemente
danneggiato dal terremoto del 346 d.C.,
nel medioevo subisce un riassetto urbano
con l’introduzione di botteghe e officine
lungo la via Claudia Nova, strada
principale del sito. Nel V secolo vengono
istituite chiese private prevalentemente
appartenenti a membri dell’aristocrazia
ostrogota. Intorno al 580 assistiamo
all’avanzata dei longobardi che, attraverso
la via Salaria e la Forca di Corno,
penetrano nel territorio portando ad un
arretramento della controparte bizantina.
Anche durante la dominazione
longobarda vengono istituite chiese
private appartenenti all’aristocrazia
dominante. Per quanto riguarda l’epoca
medievale abbiamo la presenza di
strutture a ridosso della porta occidentale
dell’antica città romana. Le strutture sono
del tipo a doppio fornice con due torrioni
circolari. Sempre nei pressi della porta
occidentale abbiamo una struttura di culto
circondata da sepolture. Nonostante le
numerose ristrutturazioni nel corso dei
secoli, l’edificio originario dovrebbe
corrispondere ad un’aula rettangolare
orientata est-ovest con altri due ambienti
costruiti con materiale di spoglio romano.
Assistiamo anche ad una riorganizzazione
dell’area corrispondente alla Porticus
dell’Antico tempio di Apollo, con
l’introduzione di officine ed ambienti vari.
Le tombe poste intorno all’antico edificio
paleocristiano hanno restituito alcuni
reperti. In una di queste sepolture è stata
rinvenuta una brocchetta fittile databile
tra VI e VII secolo. Un’altra sepoltura ha

70
invece restituito un paio di cesoie,
frammenti vitrei, fili d’oro ed una crocetta
aurea decorata con perlinatura sui bordi e
con motivo vitineo realizzato a sbalzo. La
crocetta, di tipologia romano-bizantina, è
stata datata tra la seconda metà del VI ed
il VII secolo. Si tratta dell’unico esemplare
rinvenuto in Abruzzo.
Scavi e ricerche
Bibliografia TORNESE 2008, 2009 Presenze alloctone
nell'Italia centrale: tempi, modalità e
forme dell'Organizzazione territoriale
nell'Abruzzo Altomedievale, pp 71-73, 100
REDI I Longobardi nell’Abruzzo Interno
p.104
STAFFA 2000 Le campagne abruzzesi fra
Tarda Antichità e Alto Medioevo (secc. IV-
XII) “Archeologia medievale” XXVII, p. 51
STAFFA Una terra di frontiera: Abruzzo e
Molise fra VI e VII Secolo, pp 194-196
REDI, DE IURE, DI BLASIO Amiternum,
Forcona, Peltuinum, Aufinum e il loro
territorio fra tarda antichità e
altomedioevo: analisi toponomastica e
archeologica. p 342
REDI, DE IURE, SIENA 2011 L’Abruzzo tra
Goti e Bizantini. Aggiornamenti della
ricerca archeologica. “La trasformazione
del mondo romano e le grandi migrazioni.
Nuovi popoli dall’Europa settentrionale e
centro-orientale alle coste del
mediterraneo”. Atti del convegno
internazionale di studi Cimitile-Santa
Maria Capua Vetere, 16-17 giugno, a cura
di Carlo Ebanista e Marcello Rotili, pp.
195-199
REDI, SAVINI 2013 Luoghi di culto e
cimiteri fra Tarda Antichità e Medioevo
nell’alta valle dell’Aterno. Un
aggiornamento delle ricerche, “Territorio,
insediamenti e necropoli fra Tarda
antichità e Alto Medioevo”. Atti del
convegno internazionale di studi Cimitile-
Santa Maria Capua Vetere, 13-14 giugno,
a cura di Carlo Ebanista e Marcello Rotili,
p. 452

71
Scheda n° 10
Comune Pescocostanzo (AQ)
Nome sito Colle Riina
Denominazione Sepolcreto
Periodo Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale VI sec. d.c. – VII sec. d.C.
Coordinate geografiche 41.8872200°, 14.0661400°
Fonti
Descrizione e storia del sito Il sito si trova a circa 1395 m s.l.m., alle
pendici del Monte Calvario. Nella zona è
stato rinvenuto un sepolcreto
particolarmente esteso caratterizzato da
sepolture a cassone (tt. 1,4), a cappuccina
(tt 9, 14), a fossa terragna (tt. 2, 10, 11,
13). Sfortunatamente la maggior parte dei
corredi è stata portata via da scavi
clandestini. Solo le tombe 6, 7 e 12 non
sono state depredate. Sono stati rinvenuti
molti manufatti in ceramica, tra i quali
abbiamo due scodelle in sigillata africana
e due imitazioni di tipo Hayes 81 ed
Atlante 48,4. Sulla base di ciò, il sepolcreto
è stato datato alla fine del VI secolo. Le
due sepolture 2 e 13, probabilmente
femminili, presentano un corredo di ben
13 reperti. Sono state rinvenute armille in
bronzo dorato a sezione lenticolare,
collane in vaghi di pasta vitrea, anelli in
argento e bronzo. In nessuna tomba sono
state rinvenute armi, anche se si ha notizia
del rinvenimento di quello che potrebbe
essere l’umbone di uno scudo. Nei pressi
della tomba 10 è inoltre attestata la
presenza di un fuoco rituale.
L’impostazione della necropoli ed una
parte del corredo rimandano a contesti
come quello di Castel Trosino.
Scavi e ricerche Scavi avvenuti tra il 1995 e ripresi nel 1996
grazie all’Amministrazione Comunale di
Pescocostanzo
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 137-140

72
Scheda n° 11
Comune Corfinio (AQ)
Nome sito Corfinium
Denominazione Città
Periodo Romano – Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale Romano – n.d.
Coordinate geografiche 42.1214900°, 13.8394000°
Fonti
Descrizione e storia del sito Corfinium è situata nei pressi del fiume
Aterno. Abitata sin dall’epoca romana
(Municipium di Corfinio), continuerà ad
essere frequentata anche durante il
medioevo. L’area della città doveva
estendersi dall’attuale paese di Corfinio
fino alla cattedrale di S.Pelino. Nell’area
del teatro, dove nell’XI secolo verrà
corstruito un Castrum, assistiamo alla
costruzione di case con materiali di
reimpiego romano, posizionate sulla cavea
del teatro. Presso l’area sud dell’oratorio
di S.Alessandro sono stati condotti scavi
che hanno riportato alla luce parti del
complesso altomedievale,
successivamente demolito per far posto
all’Oratorio. Sono stati portati alla luce
numerosi frammenti scultorei fra i quali
spicca un sarcofago in pietra locale con
forma vagamente antropoide ed incasso a
loggette. Al di sopra dell’incasso abbiamo
un’incisione di forma ovale sormontata da
una piccola croce. Il sarcofago presenta
confronti con alcune sepolture barbariche
di VI-VII secolo rinvenute a Venosa.
Scavi e ricerche Scavi effettuati nei pressi dell’Oratorio di
S.Alessandro
Bibliografia REDI I longobardi nell’Abruzzo Interno
pp.102-103

73
Scheda n° 12
Comune Massa d’Albe (AQ)
Nome sito Alba Fucens
Denominazione Città – Sepolcreto
Periodo Romano – Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale Romano – n.d.
Coordinate geografiche 42.079894°, 13.408983°
Fonti
Descrizione e storia del sito Il sito di Alba Fucens, originariamente
fondato nel 303-304 a.C. dai romani, verrà
frequentato anche in epoca tardoantica e
altomedievale con il riuso, in una
situazione di degrado, di spazi
abbandonati e in rovina. Vediamo infatti
come siano presenti numerosi edifici di
culto, anche con funzioni sepolcrali,
proprio all’interno della città. La maggior
parte di questi edifici sorge grazie al riuso
di antiche strutture romane ed al recupero
di materiale reperibile tra i crolli di edifici
limitrofi. Grazie agli scavi del 1978-79 sono
state individuate anche numerose tracce
di restauro degli edifici, datate a dopo la
metà del IV secolo, in seguito al famoso
terremoto del 346. Molti di questi restauri
possono essere collegati anche al
terremoto avvenuto tra il 484 ed il 508, di
maggior interesse per il territorio
marsicano. Il sito fu frequentato dai
bizantini in occasione della guerra greco-
gotica, in relazione a esigenze di difesa
territoriale. La continuità di
frequentazione è testimoniata anche dalla
costruzione della chiesa di S. Pietro, sulla
base di un antico edificio romano, i cui
muri perimetrali corrispondono al lato
esterno delle navate laterali. Una zona di
particolare interesse è la cosiddetta “aia di
Santa Maria, posta al centro dell’abitato
attuale, dove è situata la chiesa di Sanctae
Maria…In Alba circondata da sepolture. I
corredi delle sepolture sono pertinenti a
vari periodi del medioevo, comprendenti
anche il periodo bizantino e quello
longobardo.
Scavi e ricerche Scavi effettuati nel 1978-79
dall’archeologo belga Mertens
Bibliografia REDI I longobardi nell’Abruzzo Interno
pp.107-108

74
Scheda n° 13
Comune San Benedetto dei Marsi (AQ)
Nome sito Marruvium
Denominazione Città
Periodo Romano – Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale Romano – X sec.
Coordinate geografiche 42.0065°, 13.6276°
Fonti
Descrizione e storia del sito Antico centro dei Marsi, Marruvium è
situata sulle sponde del lago del Fucino.
Durante il periodo Tardoantico-
Medioevale assistiamo ad un forte
depauperamento della zona con una
conseguente riduzione dell’abitato. Ivi
assistiamo alla costruzione della
cattedrale di Santa Sabina che suggerisce
una continuità di frequentazione, a
sfavore di un totale abbandono
dell’abitato. La presenza di depositi di
terreno colluviale ha restituito numerosi
materiali databili fino al tardoantico. Nella
zona N-E del sito sono state rinvenute
strutture per la produzione di calce datate
al IV sec. È stato effettuato uno scavo
presso una fornace ricavata in rottura dei
piani d’uso di una villa urbica romana. Si
tratta di una calcara ovoidale di 140 cm di
lunghezza e 110 di larghezza che presenta
un perimetro distrutto da lavori di
sbancamento. All’interno sono stati
ritrovati strati di carbone che tramite la
datazione al C14, hanno confermato un
utilizzo dell’impianto durante l’età
longobarda.
Scavi e ricerche Scavi effettuati sotto la direzione di Fabio
Redi
Bibliografia REDI I Longobardi nell’Abruzzo interno pp.
108-109

75
Scheda n° 14
Comune Barete (AQ)
Nome sito Chiesa di San Paolo
Denominazione Chiesa
Periodo Medievale
Fase VI-VIII
Cronologia iniziale - finale V sec d.C. – X sec. d.C.
Coordinate geografiche 42.451389°, 13.283056°
Fonti
Descrizione e storia del sito Presso Barete possiamo trovare la chiesa
di S. Paolo, chiesa che attualmente si
presenta nella sua forma cinquecentesca e
non lascia più intravedere fasi precedenti
di costruzione se non nell’abside
semicircolare romanica e nella parte del
lato destro della chiesa, riferibile ad un
edificio preromanico. Gli scavi effettuati
da Redi, insieme alla soprintendenza
archeologica abruzzese, hanno consentito
di riportare alla luce le strutture murarie di
età imperiale, tardoantica, longobarda,
carolingia, ottoniana e romanica, insieme
ad un buon numero di frammenti scultorei
appartenenti all’apparato liturgico di VIII-
IX sec.
L’edificio paleocristiano è situato
esternamente al lato orientale della chiesa
e consiste in un’esedra semicircolare
affiancata ad ognuna delle estremità da
una tomba a cassone in muratura. A nord,
all’interno del semicerchio dell’esedra,
abbiamo una presunta vasca battesimale a
cassa rettangolare, impermeabilizzata a
cocciopesto. L’aula rettangolare si
presenta in posizione trasversale rispetto
alla tribuna. Dal lato opposto alla tribuna,
l’edificio è preceduto da un portico a
piastri e da un sagrato ad acciottolato.
L’elemento datante della struttura è un
pettine in osso datato al V-VI secolo,
confrontabile con quelli rinvenuti sul
Palatino e nella Cripta Balbi. In epoca
longobarda l’aula rettangolare dell’edificio
paleocristiano subisce un prolungamento
verso Nord di circa 3 metri ed un
accorciamento a sud di 7,5 metri, con la
conseguente creazione di un’aula
rettangolare lunga 13 metri e larga 8. In
questo caso la datazione è relativa poiché
le modifiche alla struttura si collocano
dopo l’edificio paleocristiano e prima di

76
quello carolingio. Gli unici reperti datanti
rinvenuti sono frammenti scultorei
databili all’VIII-IX secolo, fuori contesto.
Scavi e ricerche Scavi condotti da Fabio Redi in
collaborazione con la Soprintendenza
Archeologica dell’Abruzzo.
Bibliografia REDI I Longobardi nell’Abruzzo interno pp.
120-123

77
Scheda n° 15
Comune Capestrano (AQ)
Nome sito Chiesa di S.Pietro ad Oratorium
Denominazione Chiesa
Periodo Medievale
Fase VIII
Cronologia iniziale - finale VIII sec. d.C.
Coordinate geografiche 42.269444°, 13.766667°
Fonti
Descrizione e storia del sito Dal placito del 779, inserito nel Chronicon
Vulturnense, abbiamo notizia dell’invio di
Dagari da parte del duca di Spoleto
Ildebrando nella zona di Carapelle per
risolvere una contesa avvenuta tra monaci
e abitanti delle aree limitrofe, in seguito al
disboscamento ed alla successiva
appropriazione di un territorio di
originaria pertinenza del monastero di S.
Pietro ad Oratorium, monastero facente
parte dei possedimenti di S. Vincenzo al
Volturno. In questo periodo il monastero
di S. Pietro gestisce una vasta parte della
contea di Valva. I documenti del Chronicon
Vulturnense sono stati però considerati
falsi. La chiesa di S. Pietro appare come
donazione desideriana da alcune fonti del
774. Anche queste fonti sono considerate
false ma alcuni reputano che siano una
sostituzione del documento originale. Di
particolare importanza è l’iscrizione
presente sull’architrave del portale
principale della chiesa. Vi è infatti scritto
“A REGE DESIDERIO FUNDATA MILLENO
CENTENO RENOVATA”. Possiamo dunque
identificare la chiesa come fondazione
desideriana dell’anno 756. Le fonti
documentano però l’esistenza della chiesa
già nel 752, anno in cui viene confermata
da papa Stefano II ai monaci del
Monastero di S. Vincenzo al Volturno. Si
può dunque collegare l’iscrizione
desideriana ad un successivo
ampliamento della cella di S. Pietro ad
Oratorium in occasione della concessione,
sempre da parte di Desiderio, di alcuni
possedimenti nella valle del Trite al
monastero si S. Vincenzo al Volturno.
Scavi e ricerche
Bibliografia TORNESE 2008, 2009, Presenze alloctone
nell'Italia centrale: tempi, modalità e

78
forme dell'Organizzazione territoriale
nell'Abruzzo Altomedievale pp. 96-101
REDI I Longobardi nell’Abruzzo interno pp.
125-127

79
Scheda n° 16
Comune Ortona (CH)
Nome sito S. Marco
Denominazione Necropoli
Periodo Romano – Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale Romano – VII sec. d.C.
Coordinate geografiche 42.3508700°, 14.4034200°
Fonti
Descrizione e storia del sito Inizialmente legata al popolo dei Frentani,
poi città Romana, Ortona diventa la
capitale dei Bizantini in Abruzzo. È stata
portata alla luce una necropoli situata
lungo il margine orientale della città. Le
tombe sono prevalentemente a cassone
con alcuni casi di sepolture sovrapposte.
Sono stati ritrovati anelli in rame e ferro e
fibule ad anello.
Scavi e ricerche Rinvenimenti nel 1882
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 141-142

80
Scheda n° 17
Comune Lanciano (CH)
Nome sito Largo S. Giovanni
Denominazione Sepolcreto
Periodo Romano – Medievale
Fase Vi-VII sec
Cronologia iniziale - finale Età Repubblicana – VII sec. d.C.
Coordinate geografiche 42.2271800°, 14.3902400°
Fonti
Descrizione e storia del sito Lanciano è situato lungo la fascia collinare
che dai piedi della Maiella giunge verso il
mare. Inizialmente legato ai Frentani, il
sito diventa municipio in epoca romana
(Anxanum) e continua ad essere
frequentato in epoca medievale. Nei
pressi di un edificio risalente alla tarda
repubblica, sono state rinvenute due
sepolture, una a fossa terragna e l’altra a
cassone. Le sepolture sono state
inquadrate in un periodo di abbandono
del sito. Nel terreno circostante sono stati
rinvenuti dei reperti collegati alle tombe in
questione: frammenti di brocchetta in
ceramica di tipo Crecchio, un’armilla in
bronzo dorato ad anello chiuso e sezione
lenticolare, un vago in osso di forma
conica con decorazione a cerchi
concentrici forato in due punti.
Scavi e ricerche Scavi del 1992 nell’ambito dei resti del
Municipium romano di Anxanum
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 142-143

81
Scheda n° 18
Comune Cupello (CH)
Nome sito Montalfano-Azienda d’Avalos
Denominazione Sepolcreto
Periodo Romano –Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale Romano – VII sec d.C.
Coordinate geografiche 42.0693600°, 14.6705400°
Fonti
Descrizione e storia del sito Il Sito si trova nell’entroterra dell’antica
città di Histonium. Nelle vicinanze di una
villa romana sono state rinvenute due
sepolture terragne con orientamento est-
ovest. Solo una sepoltura presenta un
elemento di corredo: una fibula ad anello
aperto con estremità volta indietro a
formare due cerchi. La fibula presenta
inoltre una decorazione a zig zag
confrontabile con esemplari provenienti
da Penne, Loreto Aprutino ed Ortona
nonché da Casalpiano di Morrone del
Sannio e Vastogirardi in Molise.
Scavi e ricerche Scavi effettuati nel 1992
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 142-143

82
Scheda n° 19
Comune Montenerodomo (CH)
Nome sito Santa Maria di Palazzo (Iuvanum)
Denominazione Sepoltura
Periodo Romano – Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale – finale Età Repubblicana – VII sec d.C.
Coordinate geografiche 41.9768200°, 14.2517700°
Fonti
Descrizione e storia del sito Inizialmente noto col nome di Juvanum,
antico municipium di epoca romana, il sito
presenta continuità di insediamento
anche in epoca medievale. Gli scavi
condotti dall’Università di Chieti hanno
infatti portato alla luce una sepoltura di
bambina, ricavata all’interno di strati di
crollo collo causati dal terremoto del 346.
Nei pressi dell’inumazione sono stati
rinvenuti un orecchino in argento del tipo
“a cestello”, vaghi in pasta vitrea ed una
borchia decorata con motivi vegetali.
L’orecchino trova numerosi confronti con
reperti longobardi.
Scavi e ricerche Scavi ancora in corso effettuati
dall’Università di Chieti
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 142-143

83
Scheda n° 20
Comune Penne (PE)
Nome sito S.Angelo
Denominazione Sepolcreto
Periodo Romano-Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale VI sec d.C – VII sec d.C
Coordinate geografiche 42.4547400°, 13.9275400°
Fonti
Descrizione e storia del sito A Penne si svilupperà il gastaldato nei
secoli VII-VIII.
Il sito è posto nelle vicinanze di una
preesistente villa romana, di cui abbiamo
le tracce grazie alla presenza di una
cisterna. Nel sepolcreto sono stati
rinvenuti materiali databili al VI-VII secolo.
Abbiamo una fibbia ad ardiglione
confrontabile con l’esemplare di
Martinsicuro, una fibula ad anello in
bronzo a sezione ovale collegabile a
reperti dell’Italia Settentrionale, una fibula
in bronzo ad anello chiuso con ardiglione
decorato da una X. In una zona non
precisabile di Penne sono stati poi
rinvenuti i seguenti reperti: una fibula in
bronzo (o anello di fibbia), una borchia in
bronzo con fascia piana e calotta
emisferica, una placchetta piatta circolare
in bronzo decorata ad incisione ed una
fibula o ciondolo in lamina di bronzo con
croce traforata al centro.
Scavi e ricerche Scavi del 1960 diretti dal barone
Gianbattista Leopardi.
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 130-131
STAFFA I Longobardi nell’Abruzzo Adriatico
fra VI e VII secolo pp.198-199.
TORNESE 2008, Presenze alloctone
nell'Italia centrale: tempi, modalità e
forme dell'Organizzazione territoriale
nell'Abruzzo Altomedievale, pp. 102-105

84
Scheda n° 21
Comune Loreto Aprutino (PE)
Nome sito Colle Fiorano
Denominazione Sepolcreti
Periodo Preromano – Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale – finale Età del Ferro– VII sec d.C
Coordinate geografiche 42.4310400°, 13.9805700°
Fonti
Descrizione e storia del sito In questo sito sono state rinvenute quattro
fibule ad anello attribuibili a sepolture di
VI-VII secolo situate presso la tenuta di
Casamarte di Colle fiorano, tra i resti di un
insediamento occupato sin dall’età del
ferro, con persistenza di occupazione
durante l’età repubblicana, imperiale e
medievale. Le sepolture si trovano nei
pressi di un edificio di culto paleocristiano
avente una struttura absidata a pianta
rettangolare realizzata con materiali di
riutilizzo provenienti da un complesso
rustico romano. Due di queste fibule
presentano somiglianze con quelle
rinvenute a Penne, Ortona e Cupello. Le
altre due fibule presentano una
decorazione animalistica di produzione
tardoromana adottate dai longobardi e
rinvenute anche nel sito di Castel Trosino
ed in altri siti delle Marche. Una delle
sepolture precedentemente citate ha
restituito una brocchetta in ceramica
depurata molto simile ad alcuni esemplari
di tipo Crecchio. È stata inoltre rinvenuta
una guarnizione triangolare da cintura
collegabile al modello delle cinture
longobarde a 5 pezzi. L’oggetto è datato al
VII secolo.
Scavi e ricerche Indagini di scavo avviate nel 1995
nell’ambito del progetto “Loreto Aprutino”
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 131-133
STAFFA I Longobardi nell’Abruzzo Adriatico
fra VI e VII secolo, pp.195-198

85
Scheda n° 22
Comune Rosciano (PE)
Nome sito Villa Oliveti/Taverna Nuova
Denominazione Necropoli
Periodo Romano Medievale
Fase VI-VII sec
Cronologia iniziale - finale Età Imperiale – VII secolo d.C.
Coordinate geografiche 42.3222700°, 14.0455500°
Fonti
Descrizione e storia del sito Il sito si colloca lungo il Tratturo Magno
che dall’Aquila arrivava a Foggia. Qui è
stato rinvenuto un abitato rustico di epoca
romana nelle cui vicinanze è stata trovata
una estesa necropoli occupata dall’età
imperiale sino al VII secolo d.C.
All’interno della necropoli è stata trovata
una sepoltura a cassone con spallette in
Opus Vittatum. Lo scheletro, privo di
cranio, era accompagnato un solo
elemento di corredo, un pettine in osso
con decorazione geometrica. La presa del
pettine è rinforzata da piastre in osso su
entrambi i lati, fissate con chiodi. Il pettine
presenta notevoli somiglianze con
esemplari analoghi provenienti dalle
necropoli longobarde di Nocera Umbra,
Castel Trosino, Acquii Terme, Testona, Luni
e Mezzolombardo.
Scavi e ricerche Scavi effettuati nel 1985-1986
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) p. 134
STAFFA I Longobardi nell’Abruzzo Adriatico
fra VI e VII secolo pp.192-194

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Scheda n° 23
Comune Rosciano (PE)
Nome sito Villa Oliveti/S. Lorenzo
Denominazione Sepolcreto
Periodo Romano – Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale – finale Romana – VII sec. d.C.
Coordinate geografiche 42.3222700°, 14.0455500°
Fonti BERTARIO DI MONTECASSINO
“Memoratorium”
Descrizione e storia del sito Il sito in questione si trova presso la
cisterna di una villa romana ormai
completamente distrutta. La villa viene
sostituita nell’alto medioevo dalla chiesa
di S. Lorenzo, in seguito abbandonata. La
presenza della chiesa ha consentito di
identificare la zona come l’abitato di
Olivetum. In prossimità della cisterna sono
state rinvenute delle tombe tra le quali
spicca una sepoltura che ha restituito due
piccoli orecchini in argento a poliedo ed
uno spillone in argento.
Scavi e ricerche Indagini d’urgenza condotte nel 1992
presso i resti di una cisterna romana
presso S. Lorenzo-Il Bicchiere di Villa
Oliveti.
Bibliografia STAFFA, 1997, I Longobardi in Abruzzo
(secc. VI-VII) pp. 134-135
STAFFA I Longobardi nell’Abruzzo Adriatico
fra VI e VII secolo pp.192-194

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Scheda n° 24
Comune Cepagatti (PE)
Nome sito Cantò-Minguccitto di Cepagatti
Denominazione Villa
Periodo Romano – Medievale
Fase VI-VII
Cronologia iniziale - finale
Coordinate geografiche 42.365833°, 14.076667°
Fonti
Descrizione e storia del sito Durante gli scavi del 1973 presso un’antica
villa romana, sono emerse fasi di modifica
e ristrutturazione dell’edificio in epoca più
tarda, tra tardoantico e altomedioevo. La
tradizione locale conserva infatti il ricordo
della presenza in situ dei resti di una
chiesa con monastero legati a S.Agata. Gli
scavi hanno portato alla luce una fibula a
cavallino di VI-VII secolo, confrontabile
con alcuni reperti rinvenuti in contesti
funerari altomedievali e longobardi, come
ad esempio un’esemplare proveniente
dalla chiesa paleocristiana di Colle
Fiorano. L’oggetto presenta un’incisione di
difficilissima lettura dato lo stato di
conservazione del reperto.
Scavi e ricerche Scavi effettuati nel 1973. Studi effettuati
nel 1974 da parte della soprintendente V.
Scrinari-Santamaria
Bibliografia STAFFA I Longobardi nell’Abruzzo Adriatico
fra VI e VII secolo p.190

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