Sei sulla pagina 1di 5

I CRETESI

(La teogonia ovvero un poema mitologico a opera di Esiodo dove si raccontano la storia degli dei). Creta
presenta una conformazione prevalentemente montuosa si trova inoltre in una posizione strategica perché
equidistante dall’Anatolia, dalle coste dell’Egitto e dalla Grecia ma anche perché Creta era un naturale
incrocio dei traffici che legavano la costa egizia a quella siro-palestinese, l’Asia minore e l’area greco-egea e
ciò favorì lo sviluppo dei commerci marittimi. I primi abitanti giunsero dall’Asia minore e si insediarono a
Cnosso sulla costa settentrionale intorno al 6000 a.C. L’attività principale era l’agricoltura (viti e ulivi)
praticavano anche l’allevamento degli ovini. Tra le maggiori risorse dell’isola c’era il legname, adatto alla
costruzione delle navi. Le merci prodotte nell’isola in particolare: tessuti, ceramiche e oggetti di metallo.
Tra il 2000 e il 1450 a.C. Creta impose la sua talassocrazia ossia dominio sul mare.  Il palazzo di Cnosso era
formato da un cortile detto Megaron intorno a cui c’erano le stanze residenziali, laboratori, luoghi di culto
e magazzini. Gli edifici raggiungevano addirittura i quattro piani e venivano utilizzati anche dei porticati. Un
ciondolo fortunato: nel 1989 Arthur Evans mostrò dei ciondoli che le donne all’epoca chiamavano pietre
del latte, perché si pensava che avessero potere. Evans si era reso conto che sulle superfici di quei minuscoli
amuleti era incisa una forma di scrittura che all’inizio viene definita geroglifica che aveva grande affinità con
la grafia in uso nell’Egitto dei faraoni.  Taurocatapsia consiste nel saltare un toro sostenendosi sul dorso
dell’animale, c’è anche un affresco chiamato sempre Taurocatapsia che riguarda questo gioco di destrezza
e agilità.  La civiltà di Creta è detta anche Minoica dal nome del re dell’isola Minosse, (re di Cnosso)
Minosse poteva anche essere un titolo regale; inoltre anche nella Divina Commedia di Dante, Virgilio e lui
trovano Minosse (Lo trovano all’ingresso del secondo cerchio, ovvero dei lussuriosi) ossia il giudice
infernale che ascolta le confessioni delle anime dannate e ogni suo giro di coda corrisponde un cerchio
dove dovranno andare le anime. Si è soliti suddividere la storia cretese integrando i periodi utilizzando
come riferimento la ceramica, essendo uno dei prodotti più caratteristici e principali di questa civiltà. Si
parla dunque di Antico Minoico (III millennio a.C.) Medio Minoico (dal 2000 al 1570 a.C.) e Tardo Minoico
(dal 1570 al 1050 a.C.). Un altro tipo di suddivisione è legata invece ai palazzi: e si suddivide in fase
Palaziale fino al (2000 a.C.) Protopalaziale fino al (1700 a.C.) ovvero dei primi palazzi iniziata con appunto la
costruzione dei primi palazzi e conclusasi con la distruzione di molti palazzi per calamità naturali;
Neopalaziale (1700-1450 a.C.) dei nuovi palazzi abbattuti e poi ricostruiti ma si chiude questa fase con la
devastazione dei palazzi per il vulcano Thera; Postpalaziale (dal 1450 a.C.) fase dopo i palazzi, isola viene
assoggettata dei Micenei nel 1450 a.C.  La civiltà Minoica conobbe tre tipi di scrittura tutti utilizzati a scopo
amministrativo. La prima è una scrittura geroglifica (ideogrammi, fase protopalaziale) si hanno
testimonianze grazie il disco di Festo. La seconda si chiama lineare A (nella fase Neopalazziale) alterna segni
idrografici segni sillabici e non è stata ancora decifrata. Infine il terzo tipo è la lineare B l’unica che stata
decifrata e il suo impiego è legata all’invasione di creata da parte di Micenei. Reperti più noti della civiltà
Cretese sono le cosiddette dee dei serpenti ovvero delle statuette in terracotta ritrovate sia Cnosso sia a
Festo. Queste sculture raffigurano una divinità femminile con i seni scoperti che stavano indicare fertilità, le
cui mani, sollevate verso il cielo stringono ciascuna un serpente che poteva essere interpretato come un
animale protettore della casa oppure si pensava fosse legato al mondo degli inferi alla sfera della morte. Le
statuette testimoniano il culto antropomorfo in cui era l’elemento divino femminile a prevalere, si parla
infatti di un culto della grande madre che assicurava la fertilità (agli uomini, animali e vegetali). Venivano
venerati però anche animali ed elementi naturali: fra primi il toro ma anche gli alberi ritenuti oggetto di
culto. Il mito legato a Creta: il minotauro, ossia il mostro nato dall’unione tra la regina Pasifae (moglie di
Minosse) e un toro venuto dal mare, una figura ibrida metà umana e metà toro (testa forma di toro). Il re
Minosse fece costruire all’architetto Dedano il labirinto (dal greco Labrys che voleva dire anche ascia
bipenne che ricordava l’immagine di un toro) per rinchiuderci il mostro, oltre a lui il re per farsi che non si
venisse mai a sapere dove fosse l’uscita rinchiuse anche Dedano e suo figlio Icaro all’interno del labirinto,
ma Dedano costruì delle ali di cera e istruì il figlio su come utilizzarle, cioè di non andare troppo vicino
all’acqua se no si sarebbero appesantite e di non andare troppo vicino al sole perché si sarebbero sciolte
(quindi sarebbe dovuto stare in mezzo, concetto ricorrente perché anche Aristotele filosofo greco diceva:
in medio stat virtus ossia la virtù sta nel mezzo o anche Orazio diceva: est modus in rebus ovvero c’è una
misura in tutto) Icaro però si avvicinò troppo al sole cadde in acqua e annegò. Il minotauro era una figura
antropofaga ossia si cibava di creature umane, e ogni anno gli venivano date impasto sette giovani e sette
fanciulle di Atene. Il mostro fu ucciso da Teseo ovvero figlio del re di Atene (Egeo re di Atene) che era
arrivato a Creta insieme alle altre vittime destinate al minotauro; con l’aiuto della figlia di Minosse di nome
Arianna grazie al allo stratagemma del filo, Teseo lo srotolava volta volta nel mentre che si addentrava
nell’labirinto e ciò gli consentì poi di trovare l’uscita. Teseo uccise il minotauro e scappò con Arianna ma
l’abbandonò a Nasso. In soccorso di Arianna arrivò il dio Bacco, a salvarla inoltre Lorenzo dei medici (il
magnifico) ci scrisse una poesia e la chiamo il trionfo di Bacco e Arianna. Prima che Teseo partisse per
uccidere il minotauro si stabilì che se fossero state innalzate le vele bianche avrebbe voluto dire che Teseo
aveva ucciso il Minotauro ed era vivo se avessero innalzato le vele nere avrebbe voluto dire che minotauro
era ancora vivo e che Teseo fosse morto, per sbaglio innalzarono le vele nere (si dice perché persero le vele
bianche e senza alcun tipo di vele non li avrebbero fatti approdare) quindi il re Egeo pensò che il figlio
Teseo fosse morto, talmente addolorato si gettò nel mare (suicidandosi) dando così il nome al mare
Egeo. 
I MICENEI
I micenei (detti anche Achei) sono una popolazione di origine indoeuropea, essi intorno al 1900 a.C.
giunsero e occupando la regione dell’Agròlide nel Peloponneso, in quella terra si formarono una serie di
piccoli regni che avevano mura possenti dette anche, mura ciclopiche (perché vista la loro grandezza si
credeva fossero state costruite dai giganteschi ciclopi). Fondarono molte città come ad esempio Agro e
Micene (tra le più importanti). I micenei vengono definiti popolazione guerriera perché tra i vari sovrani
achei si pensa che combattessero spesso fra di loro, per conquistare o difendere le scarse terre coltivabili
disponibili in un territorio montuoso come quello della Grecia.  La società Micenea era fortemente
gerarchizzata. Al vertice si trovava il re (wànax), affiancato dal capo militare dell’esercito (lawaghètas) e
dai guerrieri muniti di carro da guerra (hequetài) poi anche i proprietari terrieri. Poi c’erano i sacerdoti
(telestài) ossia coloro che ottenevano la concessione dei terreni dal re in cambio di prestazioni militari. I
funzionari reali (basilèus), gli artigiani e i fabbri e poi gli uomini liberi (dàmoi) e all’ultimo livello gli schiavi
(dòuloi).  Ovviamente l’attività commerciale non era sconosciuta ai micenei lo dimostra il fatto che molte
delle loro città erano poste lungo importanti rotte commerciali, soprattutto a oriente e occidente (Creta,
Rodi e Cipro furono occupati molto precocemente). La religione micenea venerava già deii come Zeus,
Poseidone o Dioniso. I micenei giunsero (per mare) fino a Rodi, e dal 1450 a.C. a Creta controllando l’egeo
e i traffici mercantili. I dati archeologici confermano l’esistenza di scambi commerciali tra i micenei e paesi
anche molto distanti: vennero infatti ritrovati frammenti nelle isole Eolie, in Sardegna, in Sicilia nel Golfo di
Napoli e via dicendo. Il desiderio di controllare le rotte marittime e commerciali portò i micenei verso le
regioni del Mediterraneo occidentale e orientale; e in questo bisogno di espandersi rientra anche la
spedizione contro Troia, in Asia minore. Dal punto di vista storico la guerra di Troia ci fu veramente, ed
effettivamente la città fu distrutta da un incendio intorno al 1220 a.C. nella storia si dice che la guerra
avvenne per motivi economici perché Troia si ipotizza che esercitasse un controllo economico sullo stretto
dei Dardanelli, tra il Mar Nero e il Mar Mediterraneo e che quindi la guerra scoppiò perché i micenei
volevano conquistare questa posizione strategica. Ancora più probabilmente organizzarono una spedizione
a scopo di saccheggio, perché nella cultura micenea la guerra era considerata un’attività onorevole e
potenzialmente molto redditizia (il bottino: ricchezze, donne, schiavi, terre). La civiltà cretese era molto
avanzata dal punto di vista artistico ed economico infatti influenza profondamente i micenei. Tanto è vero
che tutt’oggi si parla di civiltà minoico-micenea come se si trattasse di un’unica civiltà (tutto ciò che
sappiamo di essa viene da scoperte avviate non prima del tardo ottocento). Due grandi eventi: lo scavo
delle tombe di Micene, a opera di Schliemann decifrazione della scrittura dei micenei ossia la lineare B.
Heinrich Schliemann era un ricco commerciante tedesco, con una grande passione per la storia antica. Era
un grande lettore dei poemi omerici, perciò dal 1870 decise di iniziare degli scavi attraverso gli indizi che
aveva trovato nell’iliade; riuscì ad Identificare Troia sulla collina di Hissarlik nell’odierna Turchia e a trovare
il tesoro di Priamo. Scavi condotti nel 1900 con maggiore rigore chiarirono che quel sito comprendeva
parecchie stratificazioni (più precisamente nove) Troia quindi era stata distrutta e ricostruita più volte e la
città individuata da Schliemann era da datarsi a un periodo precedente (2600-2450 a.C. circa (secondo
strato) mentre la Troia omerica fu riconosciuta successivamente in uno strato riconducibile al 1300-1200
a.C. circa, ossia il settimo strato (partendo dal fondo dei nove strati Troia si trova al settimo strato mentre
Schliemann pensava si trovasse al secondo strato). Inoltre a Micene nel 1876 Schliemann Scoprì due circoli
di tombe uno più antico intorno alle mura, l’altro esterno e più recente. In queste tombe credette di
ritrovare le sepolture dei sovrani micenei descritti da Omero perché al loro interno trovò raffinatissimi
oggetti d’oro che costituivano il corredo funebre dei defunti, infatti tra esse compare una serie di maschere
collocate sul volto dei defunti (è la cosiddetta maschera di Agamennone che appartiene sicuramente è
un’epoca precedente a quella in cui si colloca la guerra di Troia ma ci piace ricordarla con questo nome). La
rocca di micene: era circondata da mura di spessore considerevole dette mura ciclopiche. L’accesso alla
rocca avveniva attraverso la porta dei leoni (una delle meraviglie del mondo) al punto più alto c’era il
palazzo, con vicino il centro di culto. Gli archeologi trovarono un grande numero di tavolette d’argilla che
soltanto nel 1952 il giovane architetto inglese Michael Ventris (esperto di linguaggio cifrati) in cui ciascuno
di questi segni corrispondeva non una lettera e nemmeno una parola ma piuttosto una sillaba; Dopo molti
tentativi ne ricostruì significato non si trattava ancora di una scrittura alfabetica ma era in ogni caso una
scrittura greca (sillabica). Una delle possibili cause della fine violenta dei micenei è stata individuata nelle
incursioni dei cosiddetti popoli del mare, che in quel periodo avevano aggredito anche l’Egitto. Tuttavia non
sono mai stati menzionati da documenti storici greci e difficile collegarli con sicurezza. (È possibile che la
loro incursione abbia determinato l’interruzione dei commerci con l’oriente). Un’altra causa del crollo dei
micenei è stata trovata nell’invasione di tribù provenienti dell’Europa centrale più tardi chiamate Dori, si
sarebbero insediati nel nord della Grecia e nel Peloponneso attraverso una graduale occupazione del
territorio, approfittando della crisi economica. L'invasione dei Dori non fu improvvisa ma fu un’occupazione
graduale. Nel corso del loro insediamento in Grecia, i dori incontrarono altre stirpi già insediate nell’aria: gli
Ioni (stanziati in Attica e in Eubea) e Eoli (popolavano la Tessaglia e la Beozia). inoltre Dori, Eoli e Ioni
utilizzavano dialetti diversi pur appartenendo allo stesso ceppo linguistico. La fase che inizia con la caduta
della civiltà micenea (9 secolo a.C.) era nota con la definizione di medioevo ellenico. Ciò aveva un duplice
significato da un lato indicava il periodo di grande fioritura della cultura micenea e della storia greca,
dall’altro intendeva anche un periodo di decadenza (calati i dori e crollò micenei) dando un’immagine
negativa del medioevo (età di mezzo, solitamente un periodo di crisi). la definizione di medioevo ellenico
viene utilizzata in senso cronologico senza implicare alcun giudizio negativo.   La Grecia si popolò di villaggi
piccoli, abitati da poche famiglie che si mantenevano nell’òikos, cioè nell’abitazione e nella terra che la
circondava (autoconsumo/autosufficienza), chi aveva più terre ricopriva il ruolo di capi o re.  La scomparsa
della scrittura è considerata un arretramento culturale proprio del “Medioevo ellenico”, la scrittura
scomparse perché oltre a non servire in un semplice villaggio essa aveva la funzione di tenere il resoconto
degli archivi del palazzo che però scomparvero (perché in un semplice villaggio erano inutili) ed è proprio
per quello che scomparve la scrittura. Successivamente in questo periodo nacquero delle nuove tecnologie
di lavorazione del ferro e della ceramica, si svilupparono inoltre nuove credenze religiose e nacquero nuove
figure sociali come quella dell’Aedo (colui che faceva rivivere nei suoi versi le vicende del passato eroico).  
Nel medioevo ellenico ci fu la prima colonizzazione: un vasto movimento migratorio che parte dal XI secolo
a.C. porta greci a fondare numerosi insediamenti sulle coste dell’Asia minore. La zona maggiormente
interessata fu detta Ionio d’Asia perché fu colonizzata in maggioranza da gruppi di stirpe ionica, inoltre i
greci entrarono in contatto con le antiche tradizioni dei luoghi e ciò diede origine a una fusione culturale.
Mileto e Efeso (entrambi sulla costa dell’Asia minore) queste due città divennero famose perché la prima
vide nascere la filosofia greca; la seconda perché dove vi è situata una delle sette meraviglie del mondo, il
tempio di Artemide. Principali centri della Ionio si organizzarono in una confederazione religiosa chiamata
dodecapoli ionica, lega tra 12 città a scopo difensivo (funzione di reciproco sostegno contro eventuali
attacchi da parte delle popolazioni locali). Inoltre c’era il Paniònion (cioè “di tutti gli ioni” = santuario
comune). Dalla spedizione micenea contro la città di Troia prende origine una serie di racconti che narrano
le vicende di quella guerra in termini leggendari, come la grande impresa dove erano coinvolti sia gli
uomini che gli dei. Altre opere letterarie riguardano il ritorno in patria di eroi greci quando finalmente dopo
10 anni di lungo conflitto si è arrivati al termine (Odissea). Per molto tempo questi racconti vennero
tramandati in forma esclusivamente orale da esecutori specializzati detti aedi che li narravano
accompagnandosi con la musica alle corti dei signori oppure in occasione delle grandi festività religiose; le
storie si arricchivano di ulteriori episodi a seconda di ogni aedo. Alla fine del medioevo ellenico qualcuno
mise insieme questi racconti collegandoli fra loro in una serie di poemi epici: si tratta dell’Iliade che narra
alcuni episodi dell’ultimo anno di guerra tra Greci e Troiani e dell’Odissea che racconta il lungo viaggio di
Odisseo (Odisseo poteva significare: cieco, ostaggio della poesia, discendente di Orfeo). I greci non avevano
un’idea chiara di come fossero nati i due poemi e quindi attribuirono a un poeta chiamato Omero che
immaginavano a sua volta come un aedo, è stato merito della filologia classica (disciplina che si dedica alla
ricostruzione dei testi a noi giunti dal mondo antico) l’aver intuito sin dalla fine del settecento che in realtà
l’Iliade e l’Odissea si erano formati attraverso un percorso durato secoli individuando all’interno dei poemi
tracce precise della loro originaria natura orale come l’uso di forme ricorrenti o di intere scene che si
ripetono che servivano a facilitarne la memorizzazione da parte dell’aedo; però l’idea dell’Odissea non sono
solo straordinarie opere di letteratura, ma anche preziosi fonti di informazioni sulla cultura e sulla società.
Omero intende infatti descrivere eventi che risalgono all’epoca dei micenei ma il tempo stesso sovrappone
racconto di quegli eventi, tratti e aspetti della civiltà greca. Essi inoltre venivano imparati a memoria da tutti
sino dall’infanzia e questo spiega perché ebbero un’influenza decisiva sulla letteratura successiva. Non
contenevano infatti solo il racconto di una guerra o di un ritorno; ma erano racchiusi i valori le norme e le
credenze religiose le conoscenze della civiltà greca. Ecco perché si è parlato dell’Iliade e dell’Odissea come
di un'enciclopedia tribale che racchiude tutto il sapere prodotto da un’intera civiltà. 

Potrebbero piacerti anche